sabato 17 gennaio 2015

Beatrice C.


Il piroscafo quando si chiamava Clara Camus (State Library of New South Wales, via www.regiamarinaitaliana.forumgratis.org)


Piroscafo da carico da 6132 tsl, 3673 tsn e 9700 tpl, lungo 132,58-137,5 metri, largo 16,46 e pescante 8,2-8,41, velocità 10,5-11,5 nodi. Appartenente all’armatore genovese Giacomo Costa, matricola 2022 al Compartimento Marittimo di Genova.

Breve e parziale cronologia.

23 maggio 1914
Impostato nel Cantiere Navale San Marco di Trieste (Stabilimento Tecnico Triestino) per la società Gerolimich & C. Navigazione Generale Austriaca di Trieste (numero di costruzione 514).
20 novembre 1914
Varato nel Cantiere Navale San Marco di Trieste con il nome di Parsifal. La guerra impedirà il proseguimento dei lavori.
26 maggio 1920
Completato per la società Gerolimich & C., ora divenuta italiana, come Clara Camus. Con una stazza lorda originaria di 7015 tsl, il Clara Camus è la più grande nave della flotta Gerolimich.
19 giugno 1924
Alle 8.45, sette miglia a sud/sudest di Cape Race (Newfoundland), il Clara Camus, proveniente da Montreal (dov’è giunto da Londra il 9 giugno) e diretto a Le Havre con un carico di grano canadese, sperona nella nebbia fitta il transatlantico Metagama, della compagnia Canadian Pacific (in navigazione da Montreal a Glasgow con a bordo 695 passeggeri), investendolo sul lato sinistro a centro nave, presso la stiva carboniera numero 2. Secondo una versione, a causa della nebbia estremamente fitta, che ha impedito anche solo che una delle due navi lanciasse un segnale d’allarme prima dell’impatto, non c’è stato alcun tentativo di evitare la collisione, che avviene a tutta forza; secondo un’altra versione il comandante del Clara Camus ha ordinato di fermare le macchine, proprio a causa della nebbia, poco prima che le due navi entrassero in collisione. In ogni caso, l’impatto è estremamente violento: la prua del Clara Camus si accartoccia vistosamente, venendo schiacciata sino all’altezza del picco di carico prodiero, mentre il Metagama (che ha nello scafo uno squarcio lungo 4,6 metri e largo uno) imbarca acqua e sbanda fortemente sulla sinistra. Subito dopo la collisione le due navi si perdono di nuovo di vista nella nebbia; il Clara Camus, scomparso a poppa del Metagama, lo contatta poco dopo e segnala che sta per affondare (la stiva prodiera si sta allagando), chiedendo immediata assistenza. Entrambe le navi, nonostante i gravi danni, riescono a raggiungere con i propri mezzi il porto di St. John’s, dove il Clara Camus – che entra in porto alle sei di sera, una o due ore prima del Metagama, il quale è scortato dal piroscafo Rosalind e da un paio di rimorchiatori – si ormeggia al molo Kuraess Withy. Nonostante la violenza dell’impatto e la gravità dei danni, non vi è alcuna vittima né sul Clara Camus (sul quale non ci sono neanche feriti) né sul Metagama.
13 settembre 1928
Il Clara Camus entra in collisione, al largo di Glückstadt (Schleswig-Holstein, Germania), con il piroscafo tedesco Claus Rickmers, che dev’essere portato all’incaglio per non affondare.
1934
È in servizio sulle linee merci per l’Estremo Oriente (Trieste-Venezia-Brindisi-Porto Said-Suez-Aden-Karachi-Bombay-Colombo-Penang-Singapore-Saigon-Hong Kong-Shanghai-Kobe-Yokohama), a noleggio del Lloyd Triestino.
1935 (o 1937)
Acquistato dall’armatore Giacomo Costa di Genova (insieme ai piroscafi Monte Bianco – gemello del Clara Camus – e Generale Petitti, ribattezzati Antonietta Costa e Giacomo C.) e ribattezzato Beatrice C. La stazza lorda e netta vengono ridotte da 7048 tsl e 4416 tsn a 6680 tsl e 4131 tsn (e poi ancora a 6132 tsn e 3763 tsn nel 1938).
10 giugno 1940
L’Italia entra nella seconda guerra mondiale. Sul Beatrice C., nel porto di Trieste, vengono confiscati 175 fardi di lana (del peso di 61.175 kg) destinati alla Ionian Bank Ltd. di Londra, 100 tamburi di olio di lino cotto (del peso di 22.021 kg) destinati alla Rabone Peterson & C. Ltd di Alessandria d’Egitto, 1000 pelli secche (del peso di 9479 kg) destinate alla New Zealand Loand and Mercantile Agency Company Ltd., 10 balle di lana sporca (del pesco di 2777 kg) destinate alla H. Dawson Sons e Co Ltd. di Londra e 400 casse di carne conservata (del pesco di 8886 kg) destiate alla ditta Drossor e Co. di Alessandria d’Egitto.
31 dicembre 1940
Requisito dalla Regia Marina, senza essere iscritto nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato.
14 marzo 1941
Lascia Napoli diretto a Tripoli carico di rifornimenti per l’Afrika Korps, in convoglio con i piroscafi tedeschi Adana, Aegina, Galilea ed Heraklea e la scorta dei cacciatorpediniere Freccia e Luca Tarigo e delle torpediniere Giuseppe La Farina, Giuseppe Missori e Rosolino Pilo (il convoglio è denominato «Sonnenblume 11»).
18 marzo 1941
Il convoglio giunge a Tripoli.
31 marzo 1941
Il Beatrice C., insieme al Galilea ed ai piroscafi Caffaro ed Aquitania, lascia Tripoli all’una di notte per tornare in Italia con la scorta delle torpediniere Cigno, Clio, Calliope e Pegaso.
Alle 6.25 del mattino, nel punto 33°39’ N e 12°40’ E (al largo delle secche di Kerkennah), il convoglio, in navigazione su rotta 350°, viene avvistato su rilevamento 220° dal sommergibile britannico Upright (tenente di vascello Edward Dudley Norman). Alle 7.39 l’Upright lancia due siluri da 915 metri, colpendo il Galilea, che riporta gravi danni (nonché 2 vittime e 3 feriti tra l’equipaggio). Alle 7.51 la scorta contrattacca con quattro bombe di profondità, seguite da altre due alle 8.06 (queste ultime esplodono piuttosto vicine e causano alcuni modesti danni); il Galilea verrà preso a rimorchio dalla Pegaso (poi sostituita dal rimorchiatore Polifemo) e scortato dalla Calliope fin vicino a Tripoli, distante una sessantina di miglia, dove verrà portato all’incaglio per evitarne l’affondamento.
Il resto del convoglio prosegue, venendo raggiunto dalla torpediniera Pleiadi e da un’altra unità in sostituzione di Calliope e Pegaso, rimaste con il Galilea.

L’affondamento

Alle 19.30 del 1° giugno 1941 il Beatricee C., carico di benzina in fusti, partì da Napoli diretto a Tripoli, costituendo, insieme ai piroscafi Aquitania, Caffaro, Nirvo e Montello ed alla moderna motonave cisterna Pozarica, il convoglio «Aquitania». Parte del carico del convoglio era destinato alla 5a Squadra dell’Aeronautica della Libia. La scorta diretta era formata dai cacciatorpediniere Aviere, Dardo, Geniere e Camicia Nera e dalla vetusta torpediniera Giuseppe Missori; inoltre, essendo l’«Aquitania» era uno dei più grandi convogli sino ad allora inviati in Libia, ed in assoluto uno dei più grandi dell’intera battaglia dei convogli nordafricani, era uscita da Palermo anche una potente forza di copertura a distanza, consistente nell’intera VIII Divisione Navale con i moderni incrociatori leggeri Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi e Giuseppe Garibaldi ed cacciatorpediniere Granatiere, Bersagliere, Fuciliere ed Alpino. Completava l’apparato difensivo la scorta aerea, fornita da due caccia FIAT CR. 42.
Il convoglio, che procedeva a non più di otto nodi (non molto), venne tuttavia avvistato già il 2 giugno sia da un sommergibile britannico che da un idroricognitore Short Sunderland, che comunicarono quanto visto: poco dopo mezzogiorno decollarono quindi da Malta, per attaccare le navi italiane, cinque bombardieri Bristol Blenheim (o Martin Maryland) della RAF.
Intorno alle 14 gli aerei britannici avvistarono il convoglio, ma, avendo visto anche i due CR. 42 della scorta aerea, non attaccarono subito e si tennero invece a distanza, volando bassi sul mare, tallonando il convoglio in attesa di condizioni favorevoli per l’attacco. Alle 14.15 anche le navi italiane avvistarono i Blenheim, ma, dato che all’epoca gli attacchi aerei diurni non erano ancora divenuti molto frequenti, pensarono che fossero bombardieri tedeschi Junkers Ju 88.
Alle 14.30 (16.30 per altra fonte) si avverarono infine le aspettative degli attaccanti: i due CR. 42, dovendo tornare alla base, lasciarono il convoglio e vennero sostituiti da un idrovolante antisommergibile CANT Z. 501, un velivolo lento, superato, poco armato: inadatto a contrastare un attacco aereo (e difatti era impiegato nella scorta antisommergibile).
In quel momento il convoglio era in posizione 35°25’ N e 11°57’ E, circa venti miglia a nordest delle Isole Kerkennah e dodici miglia a nordest della boa numero 1 delle secche di Kerkennah, al largo della Tunisia.
Il CANT Z. 501 si posizionò a proravia del convoglio in funzione di ricognizione antisommergibile, ed alle 14.45 i Blenheim passarono all’attacco: volando a 500 metri di quota, raggiunsero il convoglio provenendo da poppavia e lo risalirono dalla coda alla testa sganciando le loro bombe.
Le navi della scorta stavano procedendo ai lati del convoglio, il sole era quasi sceso sull’orizzonte, quando il rombo di motori preannunciò l’arrivo degli aerei nemici, che si avvicinarono bassi sul mare, provenendo dalla direzione del sole. L’attacco colse le navi italiane di sorpresa.
Uno dei Blenheim fu abbattuto durante l’avvicinamento (per una versione dal fuoco contraereo delle navi del convoglio, per un’altra dai CR. 42 dei tenenti Marco Marinone ed Antonio Bizio, entrambi appartenenti alla 70a Squadriglia del 23° Gruppo Caccia Terrestre) e precipitò in fiamme, ma gli altri sganciarono con precisione le loro bombe, che andarono a segno.
Il Montello, carico di munizioni e di benzina, fu colpito e si disintegrò in una colossale esplosione. Anche il Beatrice C. venne colpito, nella stiva centrale (che conteneva parte dei fusti di benzina), e prese fuoco. Il Camicia Nera tentò di salvare il piroscafo in fiamme, ma ogni tentativo si rivelò vano, ed alla il cacciatorpediniere dovette ordinare all’equipaggio del mercantile di abbandonare la nave. Alle sette del mattino il Camicia Nera adempì al triste compito di porre fine all’esistenza del Beatrice C., che venne affondato a cannonate una ventina di miglia a nordest delle Kerkennah.
Non si lamentarono perdite tra il personale imbarcato.


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