mercoledì 1 luglio 2020

Torquato Gennari

Il Torquato Gennari sotto l’originario nome di England (Coll. Simon Bang, via www.tynebuiltships.co.uk)

Piroscafo da carico di 1012,16 tsl e 599,26 tsn, lungo 75,30 (o 72,8) metri, largo 8,65-8,9 e pescante 3,86, con velocità di 8-9 nodi. Appartenente all’armatore Ubaldo Gennari, di Pesaro, ed iscritto con matricola 22 al Compartimento Marittimo di Rimini; nominativo di chiamata internazionale IUYX.

Breve e parziale cronologia.

9 luglio 1889
Impostato nei cantieri William Dobson & Co. (Walker Yard) di Newcastle-upon-Tyne (numero di cantiere 33).
7 dicembre 1889
Varato come danese England nei cantieri William Dobson & Co. (Walker Yard) di Newcastle-upon-Tyne.
23 gennaio 1890
Completato come England per la compagnia danese A/S Dampskibsselskabet Nordsøen (di proprietà ed in gestione ad Alfred Christensen) di Copenhagen, che ha pagato 14.000 sterline (335.000 corone danesi) per la sua costruzione.
Dimensioni originarie: 809,28 tsl, 532,57 tsn, 1093 tpl, 60,96 metri di lunghezza, 8,6 di larghezza e 3,84 di pescaggio. Registrato a Copenhagen il 19 febbraio 1890; nominativo di chiamata NBSH.
16 aprile 1894
Durante un viaggio da Pillau a Rouen con un carico di 7095 sacchi di vecce, al comando del capitano H. P. F. Hansen, l’England entra in collisione con il piroscafo britannico Charles Mitchell sulla Senna.
L’England ha imboccato la Senna nel pomeriggio del 16 aprile, dopo aver imbarcato un pilota locale. Alle 21.15, mentre il piroscafo sta risalendo il fiume, viene avvistato un altro piroscafo in zavorra – il Charles Mitchell – che procede in direzione opposta puntando dritto sull’England: per ordine del pilota francese, la nave danese lancia due fischi ed accosta a sinistra, in modo da tenersi nella parte sinistra del fiume, dove l’acqua è più profonda. Il Charles Mitchell lancia a sua volta un breve fischio, accosta anch’esso a sinistra e sperona l’England a poppa, sul lato sinistro, arrecandogli seri danni. Nondimeno, l’England riuscirà a raggiungere Rouen il giorno seguente. La collisione è stata causata da un’infrazione dei regolamenti marittimi: entrambe le navi, infatti, dopo il reciproco avvistamento avrebbero dovuto accostare a dritta, mentre hanno fatto esattamente il contrario, il che ha portato alla collisione. Viene avanzata anche l’ipotesi che l’errata manovra dell’England sia stata causata da un malinteso relativo all’ordine impartito dal pilota francese, che il timoniere danese avrebbe frainteso (il pilota avrebbe detto “timone a sinistra” per dire di virare a sinistra, mentre in danese mettere la barra a sinistra avrebbe significato virare a dritta), ma il capitano Hansen affermerà di ritenere che ciò non abbia avuto alcuna influenza sulla collisione.

L’England all’ormeggio (foto di Knud Fredfeldt, via M/S Museet for Søfart/Maritime Museum of Denmark)

6 maggio 1896
Durante un viaggio da Ventspils a Cherbourg con un carico di legname, l’England (capitano I. C. Petersen) s’incaglia all’ingresso del porto di Cherbourg.
In arrivo al molo, dopo aver già ridotto la velocità, il pilota locale ordina di virare a dritta, indicandolo anche con un cenno della mano, ma il comandante Petersen, ritenendo tale manovra erronea e temendo di andare così a finire contro l’estremità del molo occidentale, ordina invece di virare a sinistra e mettere le macchine indietro tutta; il pilota ribadisce l’ordine di virare a dritta, sottolineandolo nuovamente con un gesto della mano, ma ormai è troppo tardi, e l’England s’incaglia a poca distanza dal molo.
Per disincagliarlo, dopo il fallimento dei prmi tentativi con mezzi propri (e temendo che aspettando troppo, la bassa marea possa causare danni strutturali allo scafo), si rende necessario trasbordare parte del carico su delle chiatte; così alleggerito, l’England potrà infine liberarsi il 7 maggio con l’aiuto di un rimorchiatore. Nell’incaglio sono stati riportati soltanto danni di modesta entità, che vengono rapidamente riparati. Il capitano Petersen sarà multato per 100 corone danesi dall’Associazione dei capitani marittimi danesi, per aver violato i regolamenti marittimi e causato l’incaglio della sua nave.
Febbraio-Maggio 1897
Sottoposto ad importanti lavori di modifica, effettuati presso i cantieri A/S Burmeister & Wain di Copenhagen (dove giunge il 4 febbraio): l’England viene allungato di quasi dodici metri, portandone la lunghezza a 72,82 metri (viene anche allargato: da 8,22 metri la larghezza massima diviene di 8,90 metri), la stazza lorda a 1014 tsl (993 tsl per altra fonte), quella netta a 626 tsn (609 tsn per altra fonte) e la portata lorda a 1445 tpl (1360 tpl per altra fonte).
5 maggio 1897
Ultimati i lavori, lascia Windau diretto a Copenhagen.
26 settembre 1901
Durante un viaggio in zavorra da Norrköping (Svezia) a Neder Kalix (sempre in Svezia), l’England (capitano J. Degn) entra in collisione con la goletta svedese Hilma (diretta ad Assens con un carico di legname) al largo della costa del Norrbotten, a causa della nebbia.
Il primo segnale della presenza di un’altra nave si ha sull’England alle 14.15, quando viene sentito il suono di un corno da nebbia verso dritta: il comandante Degn ordina dapprima di rallentare (avanti adagio) e poi di fermare le macchine, ma subito dopo vengono sentiti due fischi di corno da nebbia emessi da un veliero che si trova sulla sinistra (l’Hilma), al che Degn ordina di accostare a sinistra e mettere le macchine sull’indietro tutta. Ciò non basta ad evitare la collisione: poco dopo quest’ordine, l’England sperona l’Hilma a centro nave, sulla dritta, aprendo nel suo fasciame una falla dalla quale l’acqua si riversa copiosa nello scafo: in breve tutti i locali sono allagati, e soltanto il carico di legname mantiene a galla il veliero semisommerso. All’England non rimane che prendere a bordo l’equipaggio dell’Hilma e prendere a rimorchio il relitto della goletta, portandolo a Bredskär.
16 maggio 1914
La A/S Dampskibsselskabet Nordsøen viene dichiarata in stato di bancarotta dalla Corte marittima e commerciale (Sø- og Handelsretten Skifteretsafdeling) di Copenhagen; le sue navi (England compreso) e tutte le sue proprietà sono confiscate dalla Corte, nell’ambito delle procedure di bancarotta.
18 o 27 luglio 1914
La Corte marittima e commerciale di Copenhagen rivende l’England alla A/S Dansk Engelsk Dampskibsselskab, sempre in gestione ad Alfred Christensen e sempre con sede a Copenhagen.
24 giugno 1915
Venduto alla Dampskibsselskabet Nakskov A/S (agente Caspar Andreas, poi H. E. Rasmussen) di Nakskov (Danimarca) e ribattezzato Fredsholm; porto di registrazione Nakskov, nominativo di chiamata NBGH.
4 novembre 1915
Rivenduto dopo pochi mesi, per 350.000 corone, alla compagnia norvegese Dampskibsselskabet A/S Mineral di Narvik (in gestione a Bernhard Schattenstein di Narvik, che ha personalmente acquistato la nave per poi trasferirla alla compagnia) e ribattezzato Mineral (va a sostituire un altro piroscafo dallo stesso nome, affondato pochi mesi prima da un U-Boot tedesco). Registrato a Narvik, con matricola 33; il nominativo di chiamata diviene MLSG.
Durante la prima guerra mondiale è impiegato nel trasporto di merci da Narvik all’Inghilterra.
23 novembre 1917
Verso le quattro del mattino il Mineral, in navigazione in convoglio da Le Havre a Swansea, entra in collisione il piroscafo britannico Myrtlegrove, in navigazione da Manchester alla Francia con un carico di 1187 tonnellate di fieno e sei vagoni ferroviari, 10 miglia ad ovest-sud-ovest di Needles (nel Canale della Manica). Ad avere la peggio nella collisione è il Myrtlegrove, che imbarca acqua e dev’essere preso a rimorchio dapprima dal piroscafo norvegese Astrea e successivamente, dopo la rottura dei cavi di rimorchio, dal piropeschereccio John Abbott, che lo prende a rimorchio da poppa e cerca di portarlo nella baia di Freshwater; ma ogni sforzo è inutile, il piroscafo cola a picco al largo della costa inglese. Non vi sono perdite umane.
I proprietari del Myrtlegrove intenteranno una causa contro gli armatori del Mineral; nella successiva vertenza legale relativa alla collisione, tenutasi nel 1919, il giudice riterrà che entrambe le navi siano state responsabili per la collisione, attribuendo però una colpa maggiore al Myrtlegrove (“tre quarti”) ed una molto minore al Mineral (“un quarto”).
1923
Acquistato dalla Rederi A/B Hvitra (di proprietà di Christian Hviid-Nielsen) di Halmstad (Svezia) e ribattezzato Hvitra; nominativo di chiamata KFJM. Stazza lorda e netta risultano essere rispettivamente 1009,49 tsl e 732,42 tsn.

L’Hvitra arriva danneggiato al molo sudest di Frederiksskans (Gävle) il 7 agosto 1924 (Sjöhistoriska museet)

1926
Venduto a M. Öfverberg di Halmstad, senza cambiare nome.
1929
Acquistato dall’armatore Ubaldo Gennari fu Torquato, di Rimini (per altra fonte, di Pesaro, pur essendo Rimini il porto di registrazione del Torquato Gennari), e ribattezzato Torquato Gennari. Stazza lorda e netta 1012 tsl e 605 tsn; nominativo di chiamata PJNI (IUYX dal 1934).
28 aprile 1932
Durante un viaggio da Rimini a Gallipoli, il Torquato Gennari viene coinvolto in un incidente nelle acque di Gallipoli.
Durante gli anni successivi, il Torquato Gennari subirà parecchi incidenti od avarie nelle acque dell’Adriatico: il 16 marzo 1935 (durante un viaggio da Rimini a Gallipoli, via Bari), il 23 giugno 1935 (durante un viaggio da Brindisi a Gallipoli), il 22 luglio 1935 (durante un viaggio da Ravenna a Gallipoli), il 21 dicembre 1935 (durante un viaggio da Pesaro a Torre del Greco via Gallipoli), il 29 gennaio 1936 (durante un viaggio da Pesaro a Gallipoli al comando del capitano Tersilio Gennari di Rimini), il 23 marzo 1936 (durante un viaggio da Pesaro a Gallipoli), il 15 febbraio 1937 (durante un viaggio da Pesaro a Gallipoli via Ancona), l’8 aprile 1937 (durante un viaggio da Pesaro a Torre Annunziata via Ancona, Gallipoli, Taranto, Crotone, Catanzaro, Soverato, Reggio Calabria, Villa San Giovanni, Gioia Tauro, Porto Santa Venere e Castellammare di Stabia), l’11 giugno 1937 (durante un viaggio da Ravenna a Gallipoli ed altri porti).
Ottobre 1935
Il Torquato Gennari, partito da Napoli intorno al 19 ottobre, trasporta in Africa Orientale rifornimenti per le truppe dell’Esercito impegnate nella guerra d’Etiopia, scoppiata poche settimane prima.
2 settembre 1942
Requisito a Venezia dalla Regia Marina.
Nei giorni seguenti carica a Venezia rifornimenti da trasportare in Libia, poi si trasferisce ad Ancona.
20 settembre 1942
Lascia Ancona diretto verso sud. Successivamente raggiunge Palermo, da dove dovrà proseguire per Tripoli.
4 ottobre 1942
Alle cinque del mattino il Torquato Gennari salpa da Palermo alla volta di Tripoli, navigando da solo e senza scorta.
Alle dieci del mattino, dieci miglia a nord/nordovest di Capo Gallo (nel Golfo di Palermo), il piroscafo viene attaccato da un sommergibile col lancio di due siluri: l’attacco va a vuoto, ma induce il piroscafo ad una sosta prudenziale a Trapani, dove entra alle sei di sera. Viene disposta la caccia contro il sommergibile attaccante.
Da parte britannica risulta effettivamente un attacco contro il Torquato Gennari a nord-nord-ovest di Capo Gallo, però vi è una discrepanza relativa alla data: il 3 ottobre, anziché il 4. L’attaccante era il sommergibile P 46 (poi diventato Unruffled, tenente di vascello John Samuel Stevens), che avvistò il Torquato Gennari alle 9.15, in posizione 38°22’ N e 13°15’ E, identificandolo come un piccolo mercantile di circa 800 tsl, e lo attaccò alle 9.47 (in posizione 38°21’ N e 13°14’ E) con il lancio di due siluri da 640 metri di distanza. Nonostante la ridotta distanza, il Torquato Gennari riuscì ad avvistare in tempo le scie dei siluri, e ad evitarli con una pronta accostata a dritta.
6 ottobre 1942
Alle 13.30 il Torquato Gennari lascia Trapani per riprendere la navigazione verso Tripoli.
9 ottobre 1942
Raggiunge Tripoli senza ulteriori inconvenienti, alle 15.30.
16 ottobre 1942
Iscritto nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato, categoria navi onerarie.
18 novembre 1942
Insieme ai piroscafi Algerino, Emilio Morandi e Salona (quest’ultimo tedesco), il Torquato Gennari riceve ordine di caricare carburante e munizioni da trasportare a Buerat el Hsum, lungo la rotta costiera. Il 22 novembre i decrittatori britannici di “ULTRA” intercettano e decifrano una comunicazione relativa a questo viaggio (non è chiaro se il Torquato Gennari lo abbia poi effettivamente compiuto: non ve n’è traccia nella cronologia del libro USMM "La difesa del traffico con l’Africa Settentrionale dal 1° ottobre 1942 alla caduta della Tunisia").

L’affondamento

Alle 22.30 del 27 dicembre 1942 il Torquato Gennari, al comando del tenente del CREM militarizzato Antonio Cortopassi, lasciò Tripoli per fare ritorno a Trapani: come nel viaggio di andata, navigava da solo e senza scorta.
La presenza italiana in Tripolitania era ormai agli sgoccioli: dopo la decisiva vittoria di El Alamein ad inizio novembre, le truppe dell’VIII Armata britannica avanzavano pressoché incontrastate verso ovest, mentre i resti dell’Armata corazzata italo-tedesca di Rommel si ritiravano verso la Tunisia, dove si sarebbe svolta l’ultima resistenza. Tobruk era caduta il 13 novembre, Derna due giorni dopo, Bengasi il 20, Sirte (dopo un’ultima battaglia di retroguardia combattuta dagli italo-tedeschi ad El Agheila, tra l’11 ed il 18 dicembre) il giorno di Natale. Di difendere Tripoli non si parlava neanche più; si trattava ormai soltanto di salvare il salvabile, sgomberando truppe e materiale militare via terra e via mare. Le forze aeronavali britanniche, intanto, concentravano ed intensificavano i loro attacchi sulla rotta per Tripoli – ormai l’unica rimasta, essendo caduti in mano britannica tutti gli altri porti della Libia: un percorso obbligato, e quindi facile da tenere sotto controllo – per recidere una volta per tutte quel sempre più esile cordone che univa l’Italia al suo ultimo possedimento in terra africana. Le perdite nel mese di dicembre erano andate crescendo: su 19 bastimenti, tra piroscafi e motovelieri, che erano partiti da o per Tripoli, nove erano stati affondati.
È in questo drammatico contesto che il piccolo, decrepito Torquato Gennari, in quegli ultimi giorni del 1942, lasciò Tripoli sperando di riuscire a raggiungere l’Italia, fidando unicamente, contro eventuali attacchi di navi, aerei e sommergibili nemici, nel proprio armamento.

La navigazione proseguì senza intoppi fino al mattino del 29 dicembre, quando il Torquato Gennari venne avvistato dal sommergibile britannico Safari (capitano di fregata Benjamin Bryant).
Questo battello era partito da Malta il 16 dicembre per la sua settima missione di guerra, da svolgere inizialmente al largo di Hammamet (Tunisia) e poi nelle acque di Tripoli, e nei giorni precedenti al suo incontro col Torquato Gennari aveva già mietuto diverse vittime, sebbene si trattasse in tutti i casi di unità di modeste dimensioni: il 18 dicembre aveva affondato a cannonate il motoveliero Eufrasia C. nel Golfo di Hammamet; il 20 aveva danneggiato a cannonate la nave scorta ausiliaria F 139 Costantina (un piroscafetto requisito di 345 tsl), costringendola a portarsi all’incaglio (fu poi considerata perduta per la gravità dei danni subiti); il 21 aveva affondato, sempre a colpi di cannone, il dragamine ausiliario DM 23 Rosina S. al largo di Hammamet. Aveva poi fatto ritorno a Malta il 23 dicembre per sbarcare i prigionieri (dodici naufraghi del Rosina S., compreso il comandante, che aveva recuperato dopo l’affondamento) e rifornirsi di carburante e proiettili per il cannone, per poi ripartire dall’isola dopo tre ore onde riprendere la missione; il 27 aveva affondato, ancora una volta a cannonate, il motoveliero Eleonora Rosa una decina di miglia a sud di Susa. Il Torquato Gennari si apprestava adesso a diventare l’ultima e più grande (si fa per dire) vittima di questa missione.
Bryant identificò correttamente la sua preda come una piccola nave mercantile (ne valutò la stazza in circa 1500 tsl), e notò in cielo alcuni bombardieri tedeschi Junkers Ju 88, in pattugliamento; avvistò anche quelle che ritenne essere quattro motosiluranti (“E-Boats”) di scorta al piroscafo, per quanto dalle fonti italiane non risulti che il Torquato Gennari avesse alcuna scorta.
Dopo l’avvistamento, il Safari ci mise parecchio tempo per raggiungere una posizione idonea al lancio, ma alle 8.51 riuscì infine a lanciare tre siluri contro il piroscafo italiano, da 3660 metri di distanza, da una posizione situata grosso modo a tre quarti di poppa del Torquato Gennari. Dopo aver lanciato, il sommergibile scese subito in profondità; alle 8.53, mentre si trovava a venti metri, venne investito dall’esplosione di alcune bombe di profondità lanciate da uno degli Ju 88, che non provocarono danni seri (si ruppero diverse lampadine, e si staccò un po’ di sughero del rivestimento interno dello scafo).
Dopo un altro minuto, alle 8.54, uno dei siluri andò a segno, colpendo il Torquato Gennari, che iniziò subito ad affondare. Alle 9.13 il Safari tornò a quota periscopica e vide che la nave italiana era fortemente appoppata ed in via di affondamento; entro le 9.50, del Torquato Gennari non c’era più traccia. Il vecchio piroscafo si era inabissato nel punto 34°20’ N e 10°49’ E (o 34°20’ N e 10°54’ E), sedici miglia a sud della boa più meridionale delle Kerkennah (cioè la numero 8), 25 miglia a sud di Sfax e 35 miglia a sudest di Mahres.
Il Safari iniziò la navigazione di rientro a Malta, dove giunse il giorno seguente.

Dei 32 uomini che formavano l’equipaggio del Torquato Gennari, otto affondarono con la nave; i 24 superstiti, tra cui tre feriti gravi, raggiunsero la costa tunisina sbarcando a Sfax.

La storia ufficiale dell’USMM commenta a riguardo: “Per quanto il piroscafo fosse di modeste dimensioni (1012 tsl) aveva un buon armamento e perciò si può presumere che il sommergibile avesse preferito silurarlo anziché attaccarlo in superficie col cannone”.
La storia ufficiale britannica ("British and Allied Submarine Operations in World War II", Cap. XVI: "Operation 'Torch' – The Landings In North Africa: November – December 1942") afferma che il siluramento del Torquato Gennari sarebbe stato preceduto da un lungo inseguimento: “Il 29 [gennaio], poco dopo l’alba, il P 211 [Safari] avvistò una nave, ma questa entrò nel porto di Zuara. Ne uscì di nuovo al crepuscolo ed il P 211 la inseguì per tutta la notte, portandosi in posizione adeguata per un attacco all’alba (…) Questo inseguimento e l’attacco si protrassero per 27 ore e mezza”. Ciò collocherebbe l’attacco al mattino del 30 dicembre, invece che del 29; ma sia le fonti ufficiali italiane che il giornale di bordo del Safari sono concordi nell’indicare la data dell’affondamento come il 29.

I decrittatori di “ULTRA” intercettarono e decifrarono un messaggio relativo alla partenza del Torquato Gennari, informando i comandi britannici che «T. Gennari ha lasciato Tripoli alle 00.01 del 28 per Trapani»: ma siccome questo avvenne il giorno stesso del suo affondamento – 29 dicembre – si può dubitare che questa decrittazione abbia avuto un qualche ruolo nella perdita di questo piroscafo. Il 30 dicembre “ULTRA” intercettò altre comunicazioni in cui si dava notizia della perdita del Torquato Gennari.


L’affondamento del Torquato Gennari nel giornale di bordo del Safari (da Uboat.net):

“0851 hours - After a long time to find a favourable firing position fired three torpedoes at a small merchant vessel from 4000 yards. Went deep after firing.
0853 hours - When at 65 feet when several depth charges were dropped by one of the patrolling JU 88's. A number of lamps were broken and corking fell down but no real damage was caused.
0854 hours - A torpedo was heard to hit the target.
0913 hours - Returned to periscope depth. Saw the ship down by the stern and sinking.
0950 hours - The ship had now completely disappeared”.
 
Un’altra immagine della nave come England (M/S Museet for Søfart/Maritime Museum of Denmark)

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