L’Etruria sotto il precedente nome di Este (g.c. Mauro Millefiorini) |
Piroscafo da carico
di 2633 tsl e 1632 tsn, lungo 92,2 metri, largo 13,4 e pescante 5,1, con
velocità di 9 nodi. Appartenente alla Società Anonima di Navigazione D.
Tripcovich, con sede a Trieste, ed iscritto con matricola 308 al Compartimento
Marittimo di Trieste.
Breve e parziale cronologia.
1906
Costruito come
tedesco Eger nei cantieri Flensburger
Schiffsbau Gesellschaft di Flensburg (numero di costruzione 260), per la
Syndikats Rhederei GmbH di Amburgo. Stazza lorda e netta 2613 tsl e 1644 tsn, nominativo
di chiamata NOLF.
Impiegato sulla rotta
tra Amburgo e New York e Newport News (Stati Uniti), inizialmente in gestione
alla Hamburg-Amerika Linie.
30 luglio 1907
A Pensacola l’Eger sperona accidentalmente il
brigantino a palo norvegese Marra,
che si trova all’ormeggio.
1914
Lo scoppio della
prima guerra mondiale sorprende l’Eger
in Russia: essendo questa nazione divenuta nemica della Germania, il piroscafo
viene catturato dalle autorità russe.
Ribattezzato Glagol, viene trasferito alla Marina
imperiale russa come carboniera ed assegnato al gruppo navi da trasporto della
Flotta russa del Baltico, comandato dal commodoro Mitrofan Skalovski. In
particolare il Glagol, dislocato a
Naissaar (Estonia, allora parte dell’Impero russo), entra a far parte del 6a
Distaccamento Trasporti insieme ai trasporti Obsidian, Vassian e Buki, alle navi carboniere On e Pokoj,
alla nave frigorifera Sukhoma,
ed al “trasporto speciale” Vodolej
No. 2.
17 ottobre 1917
Autoaffondato come
ostruzione nel canale dragato dello stretto di Muhu, in Mar Baltico, per
ostruire il passaggio alle forze tedesche durante la battaglia dello stretto di
Muhu.
Tale battaglia è una
conseguenza dell’Operazione "Albion", l’invasione tedesca
dell’arcipelago estone occidentale (precedentemente in mano russa) iniziata il
12 ottobre: in pochi giorni, le forze tedesche hanno catturato 20.000
prigionieri e conquistato le isole principali dell’arcipelago, cioè Saaremaa,
Hiumaa e Muhu, intrappolando nel Golfo di Riga una squadra navale russa formata
dalle vecchie corazzate pre-dreadnought Slava
e Grazhdanin, da tre incrociatori,
tre cannoniere e 21 cacciatorpediniere. Il 17 ottobre, la squadra russa (appoggiata
da tre sommergibili britannici) viene inviata ad attaccare la flottiglia di
dragamine tedeschi che stanno dragando i campi minati russi posti
all’imboccatura dello stretto di Muhu (Moonsund), così scontrandosi con le
forze pesanti poste a protezione dei dragamine: le corazzate tedesche König e Kronprinz, due incrociatori leggeri e 16 torpediniere (facenti
parte di una più ampia squadra navale tedesca che comprende in tutto 10
corazzate, un incrociatore da battaglia, 9 incrociatori leggeri, un
incrociatore posamine e 50 tra cacciatorpediniere e torpediniere, appoggiati da
sei U-Boote). Nella successiva battaglia entrambe le parti subiscono danni e
perdite, ma i russi hanno la peggio: la squadra russa è costretta alla ritirata,
e la corazzata Slava, appesantita
dall’acqua imbarcata per i gravi danni subiti, non può più ritirarsi attraverso
lo stretto di Muhu (i cui fondali sono troppo bassi) e dev’essere
autoaffondata.
È nella fase finale
della battaglia che si compie la sorte del Glagol,
comunque decisa e preparata fin dall’inizio: prima di ritirarsi i russi, decisi
ad impedire ai tedeschi il passaggio nei canali dragati dello stretto di Muhu,
ostruiscono il canale principale dello stretto (largo 60 metri e profondo nove
nei punti meno profondi) autoaffondandovi il Glagol, altri due piroscafi (Pokoj
e General Zimmerman) e la nave-pilota
Arteljeschtschik. In questo modo, il
passaggio nel canale è precluso agli incrociatori leggeri tedeschi (per le
corazzate, lo è a prescindere, essendo il loro pescaggio comunque troppo
elevato). Il Glagol (che, insieme al Pokoj, è stato preparato all’autoaffondamento
già da prima della battaglia, in vista della probabile necessità delle forze
russe di ritirarsi verso nord), in particolare, viene affondato nella parte
meridionale del canale dal cacciatorpediniere Zabaikalets, che a tale scopo gli spara contro nove colpi da 100
mm. Dopo aver autoaffondato le quattro navi, lo Zabaikalets ed un altro cacciatorpediniere, il Voiskovoi, posano altre mine nelle vicinanze dei relitti.
1921
Recuperato e
riparato, ritorna in mano alla Syndikats Rhederei GmbH, che lo ribattezza Este. Stazza lorda e netta risultano
2667 tsl e 1632 tsn.
1931
Acquistato dalla compagnia
"Tripcovich" Servizi Marittimi del Mediterraneo (dal 1937 D.
Tripcovich & C. Società Anonima di Navigazione, Rimorchi e Salvataggi), di
Trieste, che lo ribattezza Etruria.
18 novembre 1942
Requisito a Palermo
dalla Regia Marina, senza essere iscritto nel ruolo del naviglio ausiliario
dello Stato.
25 novembre 1942
L’Etruria salpa da Palermo all’1.45,
in convoglio con i piroscafi Carlo
Zeno e XXI Aprile e con le
motozattere MZ 705 e MZ 756, scortato dalle
torpediniere Sirio (caposcorta,
capitano di corvetta Romualdo Bertone) e Groppo (capitano di corvetta Beniamino Farina).
Alle 11.55, mentre il
convoglio si trova in posizione 30°31’ N e 12°01’ E (a nordovest di
Marettimo), un idrovolante CANT Z. 501 della scorta aerea – appartenente
alla 197a Squadriglia dell’Aviazione Ausiliaria della Marina – avvista
un periscopio, sgancia una bomba circa 4 km a sinistra del convoglio
e segnala alla Groppo la presenza di
un sommergibile sulla sinistra. Il convoglio vira a dritta e la Groppo si dirige nel punto indicato
(38°31,5’ N e 12°01’ E, circa 40 miglia ad ovest/nordovest di Capo San Vito
Siculo), ottenendo un contatto all’ecogoniometro contro il quale esegue due
attacchi con cariche di profondità alle 12.14; ritenendo di aver affondato un
sommergibile (viene visto un ribollire d’acqua, seguito da una forte e continua
fuoriuscita di nafta ed anche da odore di cloro), la torpediniera si trattiene
sul posto per controllare fino alle 13.23 (ma non vede altro, a causa del mare
scuro e molto agitato), poi si riunisce al convoglio.
Alle 13.53, al largo
delle Egadi, un idrovolante CANT Z. 506 della scorta aerea sgancia una bomba
(seguita poi da una seconda dopo sette minuti) e segnala un sommergibile in
posizione 38°32’ N e 11°43’ E; la Groppo si
dirige di nuovo sul punto indicato e, dopo aver avvistato alle 14.13 quella che
sembra la scia di un siluro, lancia 15 bombe di profondità alle 15.25 contro un
contatto ottenuto all’ecogoniometro, perdendo poi il contatto e riunendosi al
convoglio per ordine della Sirio.
Se
davvero vi era un sommergibile (può anche essersi trattato di falso allarme),
doveva essere il britannico Utmost (tenente
di vascello John Walter David Coombe), scomparso in quei giorni tra Malta e
Biserta. Tuttavia il 25 novembre l’Utmost sarebbe
già dovuto essere in arrivo a Malta, e non si spiega perché sarebbe invece
dovuto restare nella zona dell’attacco senza comunicarlo alla base (anche se
alcuni hanno ipotizzato che si trovasse in quella posizione perché il suo
comandante, nel rientrare alla base, avesse scelto una rotta molto a nord per
aggirare i campi minati del Canale di Sicilia, ritenuti molto pericolosi);
inoltre le posizioni degli attacchi della Groppo non sono sulla rotta che l’Utmost avrebbe dovuto seguire, ed oggi alcuni autorevoli
storici, tra cui Platon Alexiades e Francesco Mattesini, ritengono che il
sommergibile sia in realtà affondato su un campo minato, mentre i
“sommergibili” delle 11.55 e 13.53 sarebbero stati in realtà frutto di falsi
allarmi.
26 novembre 1942
Il convoglio giunge a
Biserta a mezzogiorno.
L’affondamento
Alle 7.15 del 21
dicembre 1942 l’Etruria salpò da
Palermo diretto a Biserta, in convoglio con le motozattere tedesche F 478, F 482, F 483 e F 484. La scorta era costituita da due
unità che si ponevano agli antipodi in termini di caratteristiche e modernità:
una era la torpediniera di scorta Ardito
(tenente di vascello Emanuele Corsanego, caposcorta), nuova di zecca, in
servizio da pochi mesi; l’altra era la vetusta torpediniera Angelo Bassini (tenente di vascello
Mario Vaccarezza), una “tre pipe” risalente alla Grande Guerra.
Lasciata Palermo, il
convoglio fece scalo a Trapani, da dove ripartì alle 17.30 di quello stesso
giorno per raggiungere Biserta.
Alle 21.50 un aereo
nemico sorvolò il convoglio, che proseguì nella navigazione.
Da parte italiana se
ne era all’oscuro, ma i comandi britannici sapevano già da giorni del passaggio
del convoglio: già il 17 dicembre, infatti, ben quattro giorni prima della
partenza, i decrittatori di “ULTRA” avevano intercettato e decifrato messaggi
italiani che avevano permesso loro di scoprire che «l’Etruria e il Roselli
stanno caricando e sono pronti a partire da un porto italiano sconosciuto». Un
po’ poco per organizzare un’intercettazione, ma il 20 dicembre ulteriori
decrittazioni avevano permesso ai britannici di apprendere anche il porto di
destinazione dell’Etruria, Biserta, e
la sua prevista data di arrivo.
Alle 00.45 del 22
dicembre, al largo di Marettimo, l’Etruria
avvistò – grazie all’eccellente visibilità consentita dalla luna piena e dal
mare calmo – la scia di un siluro, che riuscì ad evitare accostando a dritta;
l’Ardito si precipitò a dare la
caccia al sommergibile, che continuò finché vide della nafta apparire sulla
superficie del mare.
Il siluro era stato
lanciato dal sommergibile britannico P 44
(poi United, al comando del tenente
di vascello John Charles Young Roxburgh), che aveva avvistato l’Etruria ed una delle torpediniere alle
23.53 del 21 dicembre, circa mezz’ora dopo aver avvistato (alle 23.26) del fumo
su rilevamento 080°. Roxburgh aveva stimato la rotta delle due navi come 240°,
ed alle 23.57 si era immerso nel punto 38°19’ N e 11°49’ E (circa sei miglia a
proravia del convoglio, ed una ventina di miglia a nordovest di Marettimo) per
portarsi all’attacco. Alle 00.15 il P
44 aveva avvistato anche la seconda torpediniera (una era circa 1370
metri a proravia dell’Etruria,
l’altra a poppavia; Roxburgh le identificava nel suo rapporto come
“cacciatorpediniere”) e le motozattere tedesche, che aveva scambiato per
motosiluranti facenti parte della scorta; il comandante britannico aveva
nuovamente apprezzato la rotta del convoglio in 240°, e la velocità in 7 nodi. Aveva
sovrastimato le dimensioni dell’Etruria,
stimandole in circa 4000 tsl.
Alle 00.38, quando
stava per lanciare gli ultimi due siluri rimastigli da 1830 metri di distanza,
il P 44 aveva visto che la
torpediniera a proravia dell’Etruria aveva
improvvisamente accostato verso di lui, aumentando la velocità: il sommergibile
era allora sceso in profondità ed aveva lanciato due siluri basandosi
unicamente sul sonar. Secondo fonti britanniche, i due siluri furono lanciati
in ritardo perché il contrattacco italiano era già iniziato prima del lancio
(avendo l’Ardito localizzato il P 44 al sonar prima che questi lanciasse):
l’ordine di lancio non era stato sentito a causa del contemporaneo scoppio di
una prima bomba di profondità sulla verticale del P 44 (e molto vicina), così i siluri erano stati lanciati con
14 secondi di ritardo, mancando il bersaglio. La successiva caccia, con il
lancio di 14 bombe di profondità da parte di entrambe le torpediniere, non
aveva arrecato danni al sommergibile, in quanto nessuna bomba era esplosa vicina
ad esso.
Se da una parte
l’ottima visibilità aveva aiutato l’Etruria
ad avvistare il siluro lanciato dal sommergibile ed evitare così tale insidia,
dall’altra questa funzionava a doppio taglio: la visibilità era buona anche per
gli aerei angloamericani, che dall’1.45 alle 2.30 sorvolarono continuamente il
convoglio, potendolo seguire senza neanche il bisogno di gettare bengala per
illuminare i bersagli. Gli attaccanti erano quattro aerosiluranti britannici
Fairey Albacore dell’828th Squadron della Fleet Air Arm, decollati
da Malta; secondo fonti britanniche ("A History of the Mediterranean Air
War, 1940-1945") l’attacco avrebbe avuto luogo “subito prima di
mezzanotte”, con una certa discrepanza rispetto all’orario italiano.
Tutte le navi
reagirono con violento tiro contraereo ai ripetuti attacchi dei velivoli
nemici: il primo Albacore a portarsi all’attacco, pilotato dal sottotenente di
vascello Clarke, non riuscì a mettere a segno il proprio siluro, e venne
gravemente danneggiato da un proiettile di cannone contraereo che ne colpì la
fusoliera, anche se riuscì a rientrare alla base. Fu poi il turno dell’aereo
del sottotenente di vascello White, che attaccò una delle torpediniere della
scorta; nel suo rapporto di missione, White avrebbe affermato che la torpediniera
fosse “corsa” incontro al suo siluro, venendo colpita e saltando in aria, ma questo
era evidentemente un apprezzamento sbagliato, perché nessuna delle torpediniere
subì alcun danno nel corso dell’attacco. L’attacco dell’Albacore del tenente di
vascello M. R. Maund fu purtroppo ben più preciso: fu Maund a colpire l’Etruria con un siluro, sul lato di
dritta, alle 2.29 del 22 dicembre (secondo l’orario italiano). Maund osservò che
l’impatto del siluro sul bersaglio causò “un’esplosione ed un’enorme nube di
fumo bianco e nero, a forma di fungo, che si levò da poppavia del fumaiolo”,
dopo di che il piroscafo colpito s’incendiò.
Nel giro di
pochissimo tempo – a seconda delle fonti, uno o tre minuti – l’Etruria colò a picco nel punto 38°08’ N
e 11°36’ E, 22 miglia a nord-nordovest di Marettimo (posizione indicata da "La
difesa del traffico con l’Africa Settentrionale dall’1.10.1942 alla caduta
della Tunisia", che indica l’ora di affondamento nelle 2.30; "Navi
mercantili perdute" afferma invece che la nave affondò alle 2.32 ed indica
una posizione leggermente diversa, 38°06’ N e 11°33’ E, ad ovest delle Isole
Egadi).
Nonostante la
rapidità dell’affondamento, la maggior parte degli uomini imbarcati sull’Etruria riuscirono a salvarsi: le
torpediniere e le motozattere recuperarono dal mare 112 sopravvissuti, su un
totale di 130 tra membri dell’equipaggio e personale di passaggio presente a
bordo del piroscafo. Morirono diciotto uomini.
Torpediniere e
motozattere fecero poi ritorno a Trapani, dove giunsero a mezzanotte di quel
giorno (per altra versione, invece, le motozattere sarebbero proseguite per
Biserta, sempre arrivandovi alle 24 del 22).
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