L’Iseo (g.c. W. Duncan via www.hhtandn.org)
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Piroscafo da carico
da 2366 tsl, 1349 tsn e 2990 tpl, lungo 86,87 metri, largo 12,8 e pescante 5,8,
con velocità massima 10 nodi. Appartenente alla Società Anonima di Navigazione
Adriatica, iscritto con matricola 363 al Compartimento Marittimo di Trieste;
nominativo internazionale IBMQ, nome in codice «Impiego».
Breve e parziale cronologia.
Maggio 1918
Varato dai cantieri
William Gray e Co. Ltd. di West Hartlepool (numero di cantiere 901) come War Shell (II).
Luglio 1918
Completato come
carboniera War Shell per lo Shipping
Controller di Londra (organismo del governo britannico); in gestione a S. Hogg
& Co. Si tratta di una nave da carico standard tipo “D”, uno dei molti tipi
di navi da carico standardizzate costruite durante la prima guerra mondiale per
velocizzare la costruzione e rimpiazzare rapidamente le perdite causate dagli
U-Boote. Stazza lorda originaria 2346 tsl.
1919 (o 1920)
Acquistato dalla
Navigazione Generale Italiana, con sede a Genova, e ribattezzato Brenta.
1923
Acquistato dalla
Società Italiana di Servizi Marittimi, con sede a Genova, e ribattezzato Iseo.
1932
Acquistato dal Lloyd
Triestino, con sede a Trieste.
1937
Trasferito alla
Società Anonima di Navigazione Adriatica, con sede a Venezia. Viene posto in
servizio sulla linea n. 60 Adriatico-Mar Nero.
24 agosto 1939
Cessa il servizio
sulla linea 60 ed inizia ad effettuare una serie di viaggi straordinari,
alternati a periodi di parziale disarmo a Trieste, Venezia e Bari.
Febbraio 1941
Noleggiato dal
Ministero della Marina.
5 marzo 1941
L’Iseo parte scarico da Valona per
Brindisi alle 7.30, in convoglio con i piroscafi Fertilia e Luigi Martini,
scortati dalla torpediniera Giuseppe
Cesare Abba. Il convoglio giunge a Brindisi alle 18.30.
11 marzo 1941
L’Iseo salpa da Brindisi per Valona alle
6.15, in convoglio con i piroscafi Silvano,
Fanny Brunner e Santa Maria. Le navi, aventi a bordo 80 militari, 496 quadrupedi,
2773 tonnellate di provviste, 1202 tonnellate di munizioni e 1082 tonnellate di
materiali, sono scortate dall’anziano cacciatorpediniere Augusto Riboty; arrivano a Valona alle 15.30.
21 marzo 1941
L’Iseo ed il piroscafo Diana, scarichi, lasciano Valona alle
12.30, scortati dall’incrociatore ausiliario Francesco Morosini; il convoglio giunge a Brindisi alle 22.20.
27 marzo 1941
Parte da Brindisi per
aggregarsi, in un punto prestabilito “Y”, ad un convoglio partito da Bari (piroscafo
Caterina ed incrociatore ausiliario Brioni, più il piroscafo Stampalia partito anch’esso da Brindisi)
e diretto a Valona. L’Iseo non riesce
tuttavia a trovare il convoglio, così ritorna a Brindisi.
28 marzo 1941
Riparte da Brindisi
alle 22, stavolta in convoglio con il piroscafo Silvano e la piccola nave frigorifera Genepesca II, scortati dalla torpediniera Abba. Il carico del convoglio assomma a 529 quadrupedi, 277,5
tonnellate di carne congelata e 1321 tonnellate di viveri vari, oltre ad 80
uomini.
29 marzo 1941
Il convoglio giunge a
Valona alle 7.
12 aprile 1941
L’Iseo ed i piroscafi Avionia e Favorita,
vuoti, partono da Valona alle 12.45 diretti a Brindisi, con la scorta della
torpediniera Solferino.
13 aprile 1941
Il convoglio giunge a
Brindisi alle 6.30.
19 aprile 1941
L’Iseo, i piroscafi Vesta e Sagitta e la
motonave Tergestea salpano da Bari
per Durazzo alle 22.30, scortati dall’incrociatore ausiliario Brioni. Il carico del convoglio è
composto in tutto da 101 automezzi, 2422 tonnellate di munizioni, 1480
tonnellate di viveri e 5546 tonnellate di materiali vari, più nove militari. A
Brindisi il Brioni viene sostituito
dalla torpediniera Giacomo Medici.
20 aprile 1941
Il convoglio
raggiunge Durazzo alle 15.20.
7 maggio 1941
Parte da Bari alle
20.30, con un carico di materiali vari, e raggiunge Valona isolato e senza
scorta.
30 maggio 1941
L’Iseo ed il piroscafo Miseno, carichi di materiali, salpano da
Bari per Durazzo alle 18.15, privi di scorta.
31 maggio 1941
I due piroscafi
giungono a Durazzo alle 10.
12 luglio 1941
Trasporta materiali
del Regio Esercito da Bari a Valona, senza scorta ed in convoglio con la
motonave Città di Marsala.
28 luglio 1941
Lascia Valona e torna
a Bari, da solo e senza scorta.
1° agosto 1941
Requisito a Brindisi
dalla Regia Marina, senza essere iscritto nel ruolo del naviglio ausiliario
dello Stato.
9 agosto 1941
L’Iseo ed un altro piroscafo, il Bosforo, salpano da Brindisi per Bengasi
alle 10 del mattino.
12 agosto 1941
Alle 5.30 la
torpediniera Partenope (capitano di
corvetta De Moratti) raggiunge i due piroscafi, assumendone la scorta.
Alle 10.45 il
sommergibile britannico Torbay
(capitano di corvetta Anthony Cecil Capel Miers) avvista fumi in lontananza su
rilevamento 010°, avvicinandosi per intercettare le navi che li emettono, e a
mezzogiorno avvista ed identifica queste ultime come due mercantili di 3000
tonnellate scortati da una torpediniera classe Spica, un grosso MAS ed un
aereo: si tratta del convoglio composto da Iseo,
Bosforo e Partenope.
Alle 11.48 (o 11.52),
a 4,6 miglia per 286° dal faro di Bengasi (cioè ad ovest di tale città), il Torbay lancia quattro siluri da 5500
metri contro il Bosforo, che si trova
in coda al convoglio in procinto di entrare nel porto di Bengasi (la Partenope sta per imboccare la rotta di
sicurezza), poi scende in profondità. Le armi mancano il bersaglio, ed alle
13.08 l’idrovolante CANT Z. 501 della 196a Squadriglia, che funge da
scorta aerea (sottotenente di vascello Ugo De Biaggi), lancia due bombe di
profondità regolate per 30 e 50 metri; anche il Bosforo segnala la presenza del sommergibile immerso nei pressi del
convoglio. Le due bombe sganciate dall’aereo esplodono abbastanza vicine al Torbay; la Partenope segnala immediatamente ai due piroscafi l’ordine di
entrare in porto, poi (dalle 12.15 alle 12.45) attacca il sommergibile con
sette bombe di profondità, mentre l’aereo spara raffiche di mitragliatrice. Viene
vista emergere una chiazza di nafta, ma in realtà il Torbay riesce a sfuggire senza danni.
Intanto, Iseo e Bosforo entrano a Bengasi alle 12.30.
19 agosto 1941
Iseo
e Bosforo, scortati nel tratto
iniziale dalla torpediniera Calliope,
lasciano Bengasi alle 19 per tornare a Brindisi.
22 agosto 1941
I due piroscafi
giungono a Brindisi alle 11.
30 agosto 1941
Alle 21, Iseo e Bosforo partono da Brindisi alla volta di Bengasi, scortati da
varie unità lungo la rotta.
4 settembre 1941
I due bastimenti
arrivano a Bengasi alle 14.
10 settembre 1941
Iseo
e Bosforo, scortati dalla
torpediniera Centauro, ripartono da
Bengasi per Brindisi alle 19.
13 settembre 1941
Il convoglio arriva a
Brindisi alle 10.30.
22 settembre 1941
L’Iseo ed il piroscafo Capo Faro, scortati dalla torpediniera Orione, salpano da Brindisi per Bengasi
alle 14.
25 settembre 1941
Alle 00.30 il
sommergibile britannico Thrasher
(capitano di corvetta Patrick James Cowell) avvista delle unità di scorta in
posizione 32°17’ N e 19°44’ E e, presumendo che siano dirette incontro ad un
convoglio, dirige ad alta velocità prima verso ovest e poi verso nord per
intercettarlo. All’1.32, in posizione 32°27’ N e 19°41’ E, il Thrasher avvista dapprima fumo su
rilevamento 280° e poco dopo (avendo accostato per avvicinarsi) il convoglio
che comprende l’Iseo, circa un miglio
e mezzo a poppavia. All’1.50, dopo essere passato a sinistra del convoglio, il Thrasher vira; dodici minuti dopo,
vedendo un “cacciatorpediniere” avvicinarsi, il sommergibile lancia quattro
siluri, poi vira a sinistra e – alle 2.05 – ne lancia un quinto, tutti contro
il mercantile più vicino; alle 2.06 s’immerge. Nessuno dei siluri va a segno, e
l’attacco non viene neanche notato; alle 2.28 il Thrasher riemerge e si pone all’inseguimento del convoglio, ma alle
3.04 avvista di nuovo delle unità di scorta che gli si dirigono incontro, così
s’immerge di nuovo alle 3.11 ed abbandona l’inseguimento.
L’Iseo e le altre navi raggiungono Bengasi
alle 6.
2 ottobre 1941
Iseo
e Capo Faro lasciano Bengasi alle 18.10
(o 18.50), diretti a Brindisi con la scorta della torpediniera Pegaso.
3 ottobre 1941
Alle 2.10 il
sommergibile britannico Perseus
(capitano di corvetta Edward Christian Frederic Nicolay) avvista due
torpediniere a 4,5 miglia per 225° (evidentemente uno dei due piroscafi viene
scambiato da Nicolay per una torpediniera), su rotta 330°, e poco dopo anche
una nave mercantile a poppavia di esse: si tratta di Iseo, Capo Faro e Pegaso. Avvicinatosi per attaccare (la
posizione del convoglio è 32°50’ N e 19°18’ E, una cinquantina di miglia a
nordovest di Bengasi), alle 2.39 il Perseus
lancia due siluri da 4570 metri, ma senza successo; il Capo Faro avvista una scia di siluro alle 2.55. Dato che le navi
sono dirette in Italia, dunque scariche, Nicolay decide di non perseverare
nell’attacco.
5 ottobre 1941
Il convoglio giunge a
Brindisi alle 13.
20 ottobre 1941
Parte da Brindisi
alle 13.50 in convoglio con il piroscafo Bolsena,
scortato dal cacciatorpediniere Strale.
22 ottobre 1941
Il convoglio viene
dirottato a Navarino, dove giunge alle 10.50, per allarme navale: il giorno
precedente la ricognizione aerea ha infatti avvistato la Forza K britannica –
incrociatori leggeri Aurora e Penelope e cacciatorpediniere Lance e Lively – in arrivo a Malta, e Supermarina ha disposto per misura
precauzionale la temporanea sospensione del traffico da e per la Libia.
23 ottobre 1941
Dato che la rotta
Brindisi-Bengasi passa ad oltre 300 miglia da Malta, rendendo fortemente
improbabile che una formazione navale possa attaccare le navi su quella rotta
senza essere prima avvistata, Supermarina dispone la ripresa dei collegamenti
con Bengasi. L’Iseo riparte alle
20.50 diretto a Bengasi con Bolsena e
Strale; le navi fanno tappa
intermedia al Pireo, il 24 ottobre.
25 ottobre 1941
Il convoglio giunge a
Bengasi alle 13.30.
28 ottobre 1941
Danneggiato nel porto
di Bengasi da un mitragliamento aereo
(secondo “Navi mercantili perdute” ciò sarebbe avvenuto anche il 24
ottobre; ma in quella data, in realtà, la nave non era ancora arrivata a Bengasi).
1° novembre 1941
Iseo
e Bolsena lasciano Bengasi alle 18.30
per tornare a Brindisi, scortati dalla torpediniera Procione.
4 novembre 1941
Il convoglio arriva a
Brindisi alle 12.45.
28 novembre 1941
Dopo una pausa di
alcuni giorni nei traffici con la Libia, seguita alla distruzione, da parte
della Forza K britannica, del convoglio «Maritza» (avvenuta il 24 novembre),
viene deciso di ordinare la partenza per la Libia – dove è necessario il rapido
invio di rifornimenti per le truppe italo-tedesche, duramente impegnate
dall’offensiva britannica «Crusader» – di tutte le navi cariche e pronte ed in
attesa nei porti della Grecia e dell’Italia meridionale, dove hanno dovuto
prolungare la loro sosta per via della sospensione delle partenze sopra citata.
L’Iseo ed il Capo Faro, pertanto, salpano da Brindisi per Bengasi alle 16,
scortati dalla torpediniera Procione
(capitano di corvetta Villa).
La velocità prevista
per la navigazione è di 9 nodi, già non molti, ma il maltempo – vento e mare
forza 6 da levante scirocco – costringono a ridurre la velocità effettiva a 5 e
poi 4 nodi.
29 novembre 1941
Nel pomeriggio, il
convoglio viene avvistato da un sommergibile.
30 novembre 1941
In mattinata, il
convoglio viene avvistato da ricognitori britannici, i quali informano della
sua presenza l’ammiraglio britannico Rawlings, comandante della Forza B
britannica (un’unità simile alla Forza K), ed al comando di Malta.
Per proteggere questo
e gli altri convogli in mare da attacchi da parte di forze di superficie
britanniche, si trova in mare una forza di sostegno composta dalla corazzata
Duilio, dalla VII Divisione (incrociatori leggeri Emanuele Filiberto Duca d’Aosta, Muzio Attendolo e Raimondo
Montecuccoli) e VIII Divisione (incrociatore leggero Giuseppe Garibaldi) e dalle Squadriglie Cacciatorpediniere XI e
XIII; ad ogni modo, il convoglio dell’Iseo
(comunque coperto dalla VII Divisione) è in posizione tale che le navi
britanniche non tentano nemmeno d’intercettarlo.
Vengono invece
inviati da Malta quattro bombardieri Bristol Blenheim del 18th
Squadron della Royal Air Force, che piombano sul convoglio alle dieci del
mattino, in posizione 37°28’ N e 19°20’ E (al centro del Mar Ionio, a 70 miglia
per 260° da Zante).
Sprovviste di scorta
aerea, le navi del convoglio reagiscono con le armi di bordo: la reazione,
però, è insufficiente (specie quella dei piroscafi, armati solo con poche
mitragliere contraeree). L’Iseo
subisce solo danni lievi, ma il Capo Faro
viene centrato da tre bombe, si capovolge ed affonda rapidamente.
Mentre i Blenheim si
allontanano, la Procione ordina all’Iseo di dirottare su Argostoli, poi recupera
113 naufraghi, dopo di che raggiunge l’Iseo
(sul quale trasborda i naufraghi) e torna ad assumerne la scorta nella
navigazione verso Argostoli. Qui le due navi giungono alle 22.30; l’Iseo farà poi ritorno in Italia.
12 dicembre 1941
L’Iseo ed il piroscafo Capo Orso salpano da Taranto alle 11
diretti ad Argostoli, scortati dai cacciatorpediniere Turbine e Strale
(caposcorta).
13 dicembre 1941
Il convoglio arriva
ad Argostoli in mattinata, ma ne riparte alle 15.30 (o 18) per Bengasi,
nell’ambito dell’operazione di traffico «M. 41» (ora è caposcorta il Turbine). Dopo le gravi perdite subite
dai convogli diretti in Libia nelle settimane precedenti, infatti, le forze
italo-tedesche in Nordafrica si trovano in situazione di grave carenza di
rifornimenti proprio mentre è in corso una nuova offensiva britannica,
l’operazione «Crusader», ed urge rifornirle.
Con la «M. 41»,
Supermarina intende inviare a Tripoli e Bengasi tutti i mercantili già carichi
presenti nei porti dell’Italia meridionale, mobilitando per la loro protezione,
diretta e indiretta, pressoché tutta la flotta in condizioni di efficienza.
Sono previsti tre
convogli: l’«A», da Messina a Tripoli, formato dalle moderne motonavi Fabio Filzi e Carlo Del Greco scortate dai cacciatorpediniere Nicoloso Da Recco ed Antoniotto Usodimare (poi dirottato su
Taranto per unirsi da subito all’«L» ma distrutto durante tale percorso dal
sommergibile britannico Upright);
l’«L», da Taranto per Tripoli, formato dalle motonavi Monginevro, Napoli e Vettor Pisani scortate dai
cacciatorpediniere Freccia ed Emanuele Pessagno (con a bordo il
contrammiraglio Amedeo Nomis di Pollone) e dalla torpediniera Pegaso; e l’«N», da Navarino ed Argostoli
per Bengasi, costituito da Iseo, Capo Orso, Turbine e Strale, cui si
devono aggiungere la motonave tedesca Ankara,
il cacciatorpediniere Saetta e la
torpediniera Procione provenienti da
Argostoli.
Ogni convoglio deve
fruire della protezione di una forza navale di sostegno, che di giorno si terrà
in vista dei trasporti e di notte a stretto contatto con essi. Il gruppo
assegnato al convoglio «N» è composto dalla corazzata Andrea Doria e dalla VII Divisione (ammiraglio di divisione
Raffaele De Courten) con gli incrociatori leggeri Muzio Attendolo ed Emanuele
Filiberto Duca d’Aosta, mentre gli altri due convogli saranno protetti
dalla corazzata Duilio (nave
ammiraglia dell’ammiraglio di squadra Carlo Bergamini) e da un’eterogenea VIII
Divisione composta per l’occasione dagli incrociatori leggeri Giuseppe Garibaldi (nave di bandiera
dell’ammiraglio Giuseppe Lombardi, comandante della VIII Divisione) e Raimondo Montecuccoli e
dall’incrociatore pesante Gorizia
(con a bordo l’ammiraglio di divisione Angelo Parona).
Infine, a tutela
dell’intera operazione contro un’eventuale uscita in mare delle corazzate della
Mediterranean Fleet, prende il mare la IX Divisione Navale (ammiraglio di
squadra Angelo Iachino, comandante superiore in mare) con le moderne corazzate Littorio e Vittorio Veneto, scortate dalla XIII Squadriglia Cacciatorpediniere
(Granatiere, Bersagliere, Fuciliere, Alpino). Queste navi si dovranno
posizionare nel Mediterraneo centrale.
A completamento dello
schieramento, un gruppo di sommergibili viene dislocato nel Mediterraneo
centro-orientale con compiti esplorativi ed offensivi; è inoltre previsto un
imponente intervento della Regia Aeronautica.
Per via della carenza
di navi scorta e del tempo necessario a reperirne, l’operazione, inizialmente
prevista per il 12 dicembre, viene posticipata di un giorno.
Nel tardo pomeriggio
del 13, quando i convogli sono già in mare, la ricognizione aerea comunica a
supermarina che una consistente forza britannica, comprensiva di corazzate ed
incrociatori (in realtà sono solo quattro incrociatori leggeri: i ricognitori
hanno grossolanamente sovrastimato la composizione e potenza della forza
avvistata), si trova tra Tobruk e Marsa Matruh, diretta verso ovest. La somma
delle forze italiane in mare è complessivamente superiore, ma si trova divisa
in gruppi tra loro distanziati e vincolati a convogli lenti e poco manovrieri;
per questo, alle ore 20 Supermarina decide di sospendere l’operazione, ed i
convogli ricevono ordine di rientrare. Ciò non basterà ad evitare danni: durante
la notte, il sommergibile britannico Urge
silurerà la Vittorio Veneto,
danneggiandola gravemente.
Alle 22.50 il Turbine ordina ad Iseo e Capo Orso, che
procedono in linea di fronte, d’invertire la rotta: durante la manovra, a
coronamento di una delle notti più funeste della guerra per la Marina italiana,
l’Iseo sperona il Capo Orso, ed entrambe le navi riportano
danni piuttosto seri, per quanto non tali da impedire loro di rientrare in
porto con i propri mezzi.
14 dicembre 1941
Entrambi i piroscafi
e la loro scorta riescono a raggiungere Argostoli alle nove-dieci del mattino.
30 dicembre 1941
L’Iseo ed il Capo Orso, scortati dalla torpediniera Pegaso, salpano da Patrasso per Brindisi trasportando personale
militare rimpatriante e materiali.
12 aprile 1942
Terminate le
riparazioni, salpa da Brindisi per Bengasi alle 19, scortato dalla torpediniera
Orsa.
15 aprile 1942
All’alba si unisce al
piccolo convoglio, 80 miglia a nord di Bengasi, anche il rimorchiatore tedesco Max Barendt, proveniente da Messina e diretto
anch’esso in quel porto. Alle 10.30 Iseo,
Orsa e Barendt giungono a Bengasi.
20 aprile 1942
L’Iseo salpa da Bengasi per Brindisi alle
19.30, scortato dal cacciatorpediniere Turbine.
22 aprile 1942
Iseo
e Turbine arrivano a Brindisi
all’1.30.
17 maggio 1942
Alle 20.05 (19.30 per
altra fonte) l’Iseo ed il Bolsena salpano Bengasi diretti a
Taranto, con la scorta della torpediniera Pegaso
(tenente di vascello Acton).
Dopo lo sbarco del
pilota, il convoglio si dispone in linea di fila, con la Pegaso in testa, l’Iseo
al centro ed il Bolsena in coda,
procedendo a 7-8 nodi.
Del passaggio del
convoglio, tuttavia, è già stato informato il sommergibile britannico Turbulent, al comando del capitano di
fregata John Wallace Linton: il “merito” dell’agguato è dell’organizzazione
britannica «ULTRA», che il 17 maggio, sulla base di quanto ricavato da messaggi
italiani intercettati e decifrati, ha comunicato che Iseo e Bolsena devono
lasciare Bengasi alle 19.30 di questo stesso giorno, scortati dalla Pegaso, diretti l’uno a Brindisi e
l’altro a Taranto. ULTRA indica anche la velocità prevista: dieci nodi.
Il Turbulent si porta quindi in posizione
idonea all’attacco, giungendovi alle 23.20 del 17 maggio, e nove minuti dopo,
nel punto 32°02’ N e 19°30’ E, avvista le tre navi italiane in avvicinamento
(con rotta 260°, poi cambiata in 335° da un’accostata, e velocità 10 nodi), che
identifica come due mercantili di 4000 tsl ed un cacciatorpediniere di scorta,
iniziando l’attacco.
18 maggio 1942
All’1.40 del 18 (ora
di bordo del Turbulent, 00.40 per
l’orario italiano), dopo aver lungamente manovrato per portarsi in una
posizione favorevole all’attacco, il sommergibile accosta per lanciare contro
il piroscafo di coda, il Bolsena, ma
Winton rileva che la distanza è maggiore di quanto in precedenza abbia stimato,
perciò assume rotta parallela al convoglio e si rimette all’inseguimento. Alle
due di notte (l’una per l’orario italiano) il battello britannico accosta di
nuovo per lanciare contro il Bolsena,
ed alle 2.10 (1.10 ora italiana), nel punto 32°16’ N e 19°16’ E, lancia tre
siluri da 1830 metri.
All’1.12 (ora italiana) del 18 maggio il Bolsena
viene colpito da due siluri, ed affonda in appena mezzo minuto nel punto 32°36’
N e 19°16’ E, portando con sé 48 degli 86 uomini a bordo.
La Pegaso, dopo aver visto la sagoma del Bolsena colpito sparire in una manciata
di secondi per lasciare il posto solo a pochi segnali luminosi dei mezzi di
salvataggio, raggiunge il probabile punto del lancio dei siluri e lancia alcune
bombe di profondità a scopo intimidatorio, non riuscendo a localizzare il
sommergibile attaccante con l’ecogoniometro; poi, senza fermarsi a raccogliere
i superstiti (verranno inviate allo scopo altre unità), prosegue all’1.50
scortando l’Iseo.
Alle 16.45 l’Iseo viene attaccato a sua volta, in
questo caso da aerosiluranti, ma la reazione della Pegaso costringe gli aerei alla ritirata.
20 maggio 1942
Iseo
e Pegaso giungono a Taranto alle
15.30.
25 giugno 1942
L’Iseo salpa da Trapani per Tripoli alle
23.55, scortato dai cacciasommergibili Eso,
Selve ed Oriole.
Eso
ed Oriole entrano però in collisione,
e sono costretti a tornare a Trapani, scortati dal Selve.
28 giugno 1942
L’Iseo giunge a Tripoli alle 20.30.
11 luglio 1942
Mentre l’Iseo si trova nel porto di Tobruk, tra
le 22.45 e le 2.30 si svolge un attacco aereo britannico, con l’utilizzo di
bombe incendiarie. Tre di queste bombe colpiscono l’Iseo: una centra la cabina del tenente E. Pezzi, del 551° Gruppo
Mitragliere da 20 mm dell’Esercito (è da tempo abitudine imbarcare sui mercantili
più importanti reparti di mitraglieri dell’Esercito, con armi da 20 mm, per
rinforzarne le difese antiaeree), altre due una stiva carboniera. Vengono
abbattuti tre aerei britannici; nei rottami di uno di esso vengono trovati, secondo
quanto annotato dallo stesso tenente Pezzi nel suo diario, i cadaveri del
pilota e di una donna in abito da sera.
20 luglio 1932
L’Iseo parte da Tobruk per Bengasi alle
21, scortato dalla torpediniera Generale
Marcello Prestinari.
22 luglio 1942
Iseo
e Prestinari raggiungono Bengasi alle
sei del mattino.
7 agosto 1942
L’Iseo lascia Bengasi per Tobruk alle
otto, scortato dai cacciasommergibili Selve
ed Oriole.
8 agosto 1942
Le tre navi arrivano
a Tobruk alle 17.30.
18 agosto 1942
L’Iseo riparte da Tobruk alle 19, diretto
a Bengasi con la scorta della torpediniera Lince.
19 agosto 1942
Alle 5.20 (4.30 per
l’orario italiano), al largo di Derna, il convoglio s’imbatte nel sommergibile
britannico Porpoise (tenente di
vascello Leslie William Abel Bennington), diretto nelle acque di Tobruk per
attaccare naviglio dell’Asse. Il Porpoise,
avvistata la Lince alle 5.20, in
posizione 32°41’ N e 23°32’ E, ad una distanza di 3200 metri, s’immerge subito
a 25 metri ed assume rotta 180°, per allontanarsi, senza neanche tentare un
attacco (per una fonte imprecisata, l’Iseo
avrebbe riferito di essere stato mancato; in tal caso, comunque, non può
essersi trattato del Porpoise, che
s’immerse senza attaccare); la torpediniera, però, l’ha già localizzato, e lo
attacca con tre pacchetti di nove bombe di profondità ciascuno.
La prima bomba
esplode alle 5.24, molto vicina al Porpoise:
il sommergibile viene scosso violentemente, alcune luci si spengono, parecchio
sughero si stacca dal soffitto, e la sezione n. 1 della batteria principale
rimane danneggiata, inizia ad emettere esalazioni e viene pertanto isolata.
Dopo tre minuti, la Lince inverte la rotta e lancia altre
bombe di profondità, che esplodono anch’esse molto vicine al Porpoise; le sezioni 2 e 3 della
batteria principale vengono danneggiate. Mantenendo saldamente il contatto, la Lince passa e ripassa una dozzina di
volte sopra il Porpoise, lanciando
bombe di profondità; alle 5.52 Bennington vira per 210°, ma dopo qualche
difficoltà la Lince ritrova il
contatto e riprende a bombardarlo con precisione. Alle 6.10 il sommergibile
scende a 45 metri, ed alle 7 a 60 metri; a questo punto la Lince perde il contatto. Il comandante della torpediniera ritiene
di aver danneggiato il sommergibile, ed ha ragione: il Porpoise ha subito danni molto gravi, tanto che, riemerso alle
20.50, non sarà più in grado di ricaricare la batteria per via dei danni
subiti, e dovrà abbandonare la missione e ritornare a Malta in superficie (non
potendosi più immergere) con scorta aerea. Necessiterà di un mese di
riparazioni.
Sempre al largo di
Derna, la Lince viene sostituita nel
suo ruolo di scorta dalla gemella Sagittario.
20 agosto 1942
Iseo
e Sagittario arrivano a Bengasi alle
7.30.
8 settembre 1942
L’Iseo lascia Bengasi per Tobruk alle 6,
scortata dalla torpediniera Calliope.
Alle 22 le due navi sono attaccate da aerei, ma non subiscono danni.
9 settembre 1942
Allarme sommergibile
dall’1.30 alle 2, poi allarme aereo fino alle 4; a poca distanza si vedono
bagliori di bengala a luce bianca, intermittente, ed alcuni aerei britannici
sorvolano la zona, ma non riescono ad individuare le navi italiane.
Iseo
e Calliope arrivano a Tobruk alle
13.45.
14 settembre 1942
L’Iseo, con altre navi, si trova nel porto
di Tobruk quando la piazzaforte è attaccata da centinaia di commandos britannici,
provenienti dal deserto e dal mare, nell’operazione «Agreement». L’attacco
britannico fallisce completamente, grazie alla ferma reazione dei difensori
della base (un battaglione del reggimento «San Marco», nonché alcune decine di
carabinieri e marinai italiani e tedeschi), che uccidono o catturano quasi 1400
uomini.
15 settembre 1942
L’Iseo e la torpediniera Castore salpano da Tobruk per Suda alle
18.15.
17 settembre 1942
Iseo
e Castore arrivano a Suda alle 16.10.
1° ottobre 1942
Dopo un primo rinvio,
di cui “ULTRA” ha avuto contezza (inizialmente la partenza era prevista per le
12 del 30 settembre), l’Iseo lascia
il Pireo alle sei del mattino, insieme al piroscafo Dandolo ed alla nave recuperi Raffio.
La destinazione è Bengasi.
2 ottobre 1942
Iseo
e Dandolo vengono dirottati a Suda.
Da lì proseguirà poi il solo Dandolo,
che verrà affondato da aerosiluranti britannici.
12 novembre 1942
L’Iseo lascia Suda e raggiunge Pireo, in
convoglio con il piroscafo Anna Maria
e la pirocisterna Lina Campanella,
scortati da un cacciasommergibili tedesco.
La nave sotto il precedente nome di War Shell (da www.marina-mercantile-italiana.net) |
L’affondamento
Alle 7.30 del 24
dicembre 1942 l’Iseo, in convoglio
con una motozattera tedesca, salpò da Taranto avendo come destinazione finale
Tunisi. Era il suo primo viaggio verso la Tunisia, ma la guerra aeronavale nel
Mediterraneo era cambiata; la battaglia dei convogli per la Tunisia sarebbe
stata ancora più sanguinosa di quella per la Libia. L’Iseo sarebbe stato una delle prime vittime. Il suo carico consisteva
di 2088 tonnellate materiale militare: in massima parte esplosivi e munizioni.
Inizialmente
piroscafo e motozattera vennero scortati dalla vetusta torpediniera Antonio
Mosto, che li accompagnò fino a Messina. Dopo aver qui sostato nel pomeriggio
di Natale, l’Iseo e la motozattera ne
ripartirono con la scorta della torpediniera Partenope; quest’ultima li scortò fino a Trapani, dove giunsero
alle 16 del 27 e si trattennero fino alle 18.35 del 28. A quell’ora, l’Iseo e la motozattera partirono per
l’ultimo tratto della perigliosa navigazione verso la Tunisia, scortati ora dal
cacciatorpediniere Freccia (capitano
di corvetta Giuseppe Andreani), unità dotata di apparato Metox per
l’intercettazione delle onde emesse dai radar degli aerei nemici.
Tali emissioni radar
vennero rilevate dal Metox del Freccia
già a partire dalle 19.15, segno evidente della presenza di ricognitori
britannici nelle vicinanze: nelle ore successive fu un crescendo, finché tra le
2.30 e le 3 del 29 dicembre esse divennero così vicine e continue da rendere
evidente che il piccolo convoglio era stato localizzato ed era tenuto sotto
controllo da ricognitori britannici.
“ULTRA” stavolta non
aveva fatto un buon lavoro – il 26 dicembre aveva semplicemente ricavato da
messaggi decrittati che l’Iseo era
atteso in Tunisia «in un qualsiasi momento dopo il giorno 28» –, ma la
ricognizione britannica era riuscita a trovare il piroscafo anche senza la sua
assistenza.
Gli aerosiluranti non
tardarono ad arrivare: quattro Fairey Albacore degli Squadrons 821 e 828 della
Fleet Air Arm, di base a Malta. Alle 3.20 (o 3.30) l’Iseo, intento a sparare con le proprie mitragliere contro un aereo
che aveva avvistato nella luce della luna, venne colpito da un siluro a centro
nave, sul lato di dritta: il disgraziato piroscafo esplose ed affondò in un
minuto, nel punto 37°12’ N e 11°37’ E (o 37°18’ N e 11°40’ E; a 28 miglia per
077° da, cioè ad est di, Capo Bon). Schegge e rottami dell’esplosione caddero
anche addosso al Freccia, che
contemporaneamente venne mancato di poco da tre bombe.
Al Freccia ed alla motozattera tedesca non
rimase altro da fare che recuperare i naufraghi. Secondo il volume dell’USMM
relativo a tale periodo (“La difesa del traffico con l’Africa Settentrionale
dal 1° ottobre 1942 alla caduta della Tunisia”), l’Iseo aveva a bordo 90 uomini e ne vennero salvati 42, quasi tutti
feriti. Un messaggio del 29 dicembre del comandante del Porto di Trapani,
Cesare Timossi, riferiva invece che l’Iseo
aveva a bordo 37 uomini di equipaggio civile e 35 militari, e che erano
scomparsi in mare l’intero equipaggio civile, due militari della Regia Marina e
venti del Regio Esercito; la scorta aveva recuperato soltanto sei uomini
dell’Esercito, sbarcati a Trapani.
Tra le tante vittime
dell’affondamento dell’Iseo vi fu il
tenente di complemento del Regio Esercito Michele Ferrante, foggiano: in quanto
padre di quattro figli, era esentato dal richiamo obbligatorio; ma si era
ugualmente arruolato, volontario. Era partito ai primi di dicembre, e nelle
lettere scritte alla moglie aveva chiesto di inviargli un pacco con le fotografie
dei figli, un passamontagna (ormai faceva freddo) e la sua inseparabile
macchina fotografica: il pacco venne spedito subito insieme a dei dolci
natalizi e ad una cartolina della figlia (che augurava il ritorno e chiedeva
una bambola), ma sarebbe tornato intatto al mittente. Nell’ultima lettera,
Ferrante aveva chiesto perdono alla moglie per averla fatta, forse
inconsapevolmente, soffrire, ed aveva scritto di essersi appena confessato –
forse presagendo la sua imminente morte. Il suo corpo non fu mai ritrovato.
Tra coloro che
assisterono alla fine dell’Iseo, da
bordo di uno dei tre dragamine inviati a dragarne la rotta tra Tunisi e Capo
Bon, vi era anche il corrispondente di guerra Vero Roberti, autore nel
dopoguerra del libro “Con la pelle appesa a un chiodo”. Per Roberti, l’Iseo non era una nave qualsiasi: in
gioventù, vent’anni prima, il futuro giornalista vi era stato imbarcato come
marinaio. Era stata la sua prima nave. Così Roberti ricordò, nel suo libro, la
fine dell’Iseo: “Cartagine, 31 dicembre
1942. Mi domando se un marinaio possa piangere la perdita del bastimento sul
quale imbarcò per la prima volta nella sua vita. (…) L’altro ieri, sono uscito
da La Goletta con un dragamine per una missione «segreta e personale». Sono
uscito in mare per andare incontro ad una carretta, sulla quale, un giorno,
caricai tutte le mie speranze, dopo aver lasciato le delusioni su una squallida
banchina del porto di Ancona. Lungo una delle «rotte della morte» dirigeva su
Tunisi il mio caro e decrepito Iseo,
con un carico di munizioni. (…) Ricuperavo i miei ricordi, li legavo insieme e
me li sgranavo come le palline di un rosario greco. Erano passati vent’anni. Mi
rivedevo a bordo dell’Iseo sulle
rotte della «Soria A» e della «Soria B»: Calamata, il Pireo, Limassol, Tripoli
soriaco, Beirut, Haifa, Giaffa, Porto Said poi con un sol balzo a 7 nodi fino a
Brindisi. Si navigava anche alla busca, ma facevamo il carico con le mandorle,
le noci, le olive, il caffè dell’Arabia e le spezie. Tra un porto e l’altro
della Soria, imbarcavamo inevitabilmente capre e pecore a centinaia e intere
famiglie di arabi e di armeni. Si navigava all’antica, la panatica era buona,
ma il soldo sempre scarso. Eppure l’equipaggio non si lamentava: metà per la
casa e l’altra metà per qualche innocente mercato e per i soliti peccati. Le
rotte della Soria erano come le straducole di un grande bazar. In ogni bottega
avevamo un amico che regolarmente cercava d’ingannarci e che noi puntualmente
ripagavamo con la stessa moneta. Le «pratiche» erano degli incontri cordiali,
si negoziavano come i contratti nelle fiere di campagna, poi i medici della
Sanità, i doganieri e i poliziotti si trattenevano a bordo per un lauto pasto.
Così talvolta chiudevano anche un occhio. Il Levante era ancora un Paese pacifico
e civile.
L’Iseo navigava in convoglio con una
motozattera tedesca, scortato dal cacciatorpediniere Freccia. Quando la notte scese, ci ancorammo in una insenatura
della costa a poche miglia da Capo Bon. Verso le 03.00 fui svegliato dalla
gente di bordo, che aveva udito rumori di aerei. Era scomparsa la luna e il
mare era calmo. Rimanemmo in attesa finché alle 03.25 vedemmo all’orizzonte
accendersi una fontana di traccianti di mitragliera. Intuii che l’Iseo era stato attaccato. Pregai Iddio
che si salvasse. Ma alle 3.40 vedemmo una vampata di luce violetta, poi, dopo
pochi secondi, una esplosione illuminare il cielo. Una gigantesca palla di
fuoco rotolò sul mare, frantumandosi in centinaia di esplosioni minori. L’Iseo era morto in gloria.
Il Comandante del
nostro dragamine, mise in moto e dopo quaranta minuti eravamo sul luogo del
sinistro. Nella primissima luce dell’alba, il mare ci apparve seminato di
rottami. Disperatamente guardammo se tra i resti dell’Iseo vi fosse qualche naufrago. Vedemmo solo quattro corpi umani
col viso nell’acqua. Tutto era finito. Ritornammo al nostro ancoraggio e si
riprese a dragare. Avevo perduto gli anni della speranza, dilaniati da un
odioso e ripugnante siluro.”
Pochi giorni Libero
Accini, un altro corrispondente di guerra che avrebbe in seguito scritto un libro
sulla sua esperienza in Marina (“La rotta della morte”), vide i rottami dell’Iseo da bordo della silurante su cui era
imbarcato.
Alcuni dei marittimi e militari periti
nell’affondamento dell'Iseo:
Benno Albrecht, primo ufficiale di macchina, da Trieste (equipaggio civile)
Michele Amato, giovanotto, 17 anni, da Molfetta (equipaggio civile)
Lorenzo Bagnato, fuochista, da Parghelia (equipaggio civile)
Irmo Baldassini, secondo capo cannoniere, 29
anni, da Carrara (equipaggio militare)
Edoardo Bartolomeo, sottocapo radiotelegrafista, da Salve (equipaggio militare)
Giovanni Bauzon (o Baucon), maestro di casa, da Trieste (equipaggio civile)
Leonardo Bertuzzi, fuochista, da Trieste (equipaggio civile)
Menotti Boniciolli, ufficiale di macchina, da
Trieste (equipaggio civile)
Domenico Bottani, ufficiale radiotelegrafista, da Arena Po (equipaggio civile)
Orlando Brunella, marinaio cannoniere, da Laveno Mombello (equipaggio militare)
Michele Bufo, piccolo di cucina, da Molfetta (equipaggio civile)
Antonio Bursich, operaio, da Pirano (equipaggio civile)
Michele Camella (o Cannella), direttore di macchina, da Palermo (equipaggio civile)
Massimo Caravani, marinaio cannoniere, da Buggerru (equipaggio militare)
Pasquale Carbone, mozzo, da Mola di Bari (equipaggio civile)
Salvatore Castagna, marinaio, da Casamicciola (equipaggio civile)
Ciro Catania, marinaio segnalatore, da Padula (equipaggio militare)
Giuseppe Danieli, fuochista, da Trieste (equipaggio civile)
Costanzo De Domenico, marinaio, da Messina (equipaggio militare)
Angelo De Pinto, capitano di lungo corso, da Molfetta (equipaggio civile)
Luigi De Santis, fuochista, da Gallipoli (equipaggio civile)
Bartolomeo Fanizza, marinaio, da Mola di Bari (equipaggio militare)
Giuseppe Felice, fuochista, da Augusta (equipaggio civile)
Michele Ferrante, tenente dell'Esercito, 30
anni, da Cagnano Varano
Marco Filipas, marinaio, da Cherso (equipaggio civile)
Santo Fontanot, fuochista, da Capodistria (equipaggio civile)
Giovanni Gams, fuochista, da Trieste (equipaggio civile)
Ferdinando Gulic, ufficiale di macchina, da Trieste (equipaggio civile)
Ernesto Ianatti, cameriere, da Trieste (equipaggio civile)
Paolo La Fauci, capitano di lungo corso, da Messina (equipaggio civile)
Pasquale Meffe, marinaio, da Trivento (equipaggio militare)
Vito Mevoli (o Meroli), garzone di cucina, da Monopoli (equipaggio civile)
Giammaria Modugno, marinaio, da Molfetta (equipaggio civile)
Vito Monaco, nostromo, da Brindisi (equipaggio civile)
Teodoro Naccari, carpentiere, 62 anni, da Muggia (equipaggio civile)
Mario Pausich, fuochista, da Isola d'Istria (equipaggio civile)
Mario Pavone, sottocapo cannoniere, da Melfi (equipaggio militare)
Mario Pecenco, panettiere, 27 anni, da
Capodistria (equipaggio civile)
Giuseppe Pitau (o Pitton), fuochista, da Maniago (equipaggio civile)
Giovanni Rocco, carbonaio, da Rovigno (equipaggio civile)
Marino Ruzzier, marinaio, da Pirano (equipaggio civile)
Matteo Pasquale Sacco, militare, 28 anni, da Accettura
Oreste Salich, dispensiere, da Trieste (equipaggio civile)
Francesco Surdich, marinaio, da Cherso (equipaggio civile)
Antonio Tassara, carbonaio, da Torre del Greco (equipaggio civile)
Bernardo Tricarico, carbonaio, da Gallipoli (equipaggio civile)
Giorgio Vucich, capitano di lungo corso, da Trieste (equipaggio civile)
Giuseppe Zacchigna, dispensiere, da Umago (equipaggio civile)
Documento
del tribunale di Trieste relativo alla scomparsa in mare dell’equipaggio dell’Iseo (g.c. Michele Strazzeri)
Thank you Lorenzo for posting this article. My Great Uncle was Giorgio Vucich
RispondiEliminaThank you Lorenzo for posting this article. My Great Uncle was Giorgio Vucich
RispondiEliminaMio padre era imbarcato sull'Iseo
RispondiEliminaerà abbordo quando affondò
RispondiEliminaera abbordo quando affondò . volevo caricare le foto della nave ma non sò come fare
RispondiEliminaBuongiorno, potrebbe magari inviarmele per e-mail all'indirizzo lorcol94@gmail.com? Con il suo permesso, poi, le inserirei in questa pagina.
EliminaBuongiorno, anche mio nonno (Ferdinado Gulic) era sulll' Iseo, se lei ha delle notizie, foto, qualsiasi cosa, mi contatti per cortesia.
EliminaGrazie e saluti
aleksijgulic@gmail.com
Grazie al curatore della pagina e a tutti i partecipanti.
Eliminaun caro saluto.
Aleksij Gulic
Grazie. Il mio bisnonno era Menotti Boniciolli.
RispondiEliminaBuongiorno, anche mio nonno (Ferdinado Gulic) era ufficiale di macchina sulll' Iseo, se lei ha delle notizie, foto, qualsiasi cosa, mi contatti per cortesia.
EliminaGrazie e saluti
aleksijgulic@gmail.com
ho le foto fatte in Grecia.in africa menre sbarcano carri armati e . l'equipaggio... e il funerale del pilota inglese abbattuto da mio padre che era artigliere imbarcato per difendere la nave assieme a dei tedeschi che all'epoca erano alleati . quando la nave fù colpita mio padre cadde in mare perchè fù calata male la scialuppa e prese con se un tedesco con il suo solo salvagente.. fu recuperato dopo 46 ore da un idrovolante Cant z che sorvolando la zona vide i due macapitati in mezzo ad alcuni pezzi che galleggiavano.. erano abbandonati a loro stessi.. per forza maggiore
RispondiEliminaBuongiorno, mio nonno era sull' Iseo, mi interessa qualsiasi notizia, tanto più
Eliminafoto, se ci sono.
il mio mail è aleksijgulic@gmail.com
grazie e saluti
Sarebbe possibile condividere queste foto che hai? Chissà che non ci sia anche mio nonno (Angelo De Pinto). Puoi anche scrivermi direttamente a ughdp”chiocciola”outlook”punto”com
EliminaMio nonno paterno, Ferdinando Gulic, ufficiale macchinista, mori insieme agli altri il 29.12,1942. Lasciò una vedova e due orfani, mio padre di 8 anni e sua sorella di 10.
RispondiEliminamio zio Capitano Di vascello Roberto Carpinelli era il Comandante posso avere altre notizie GRAZIE
RispondiEliminaPurtroppo non ho notizie specifiche su di lui...
EliminaBuongiorno,
Eliminami risulterebbe che Roberto Carpinelli, tenente di vascello, non fosse il comandante dell'Iseo bensì del Torquato Gennari, altro piroscafo affondato nella medesima data.
Lorenzo, sai chi comandava l’Iseo quando è stata affondata?
EliminaPurtroppo no, mi spiace...
EliminaAnche mio nonno era sulla nave Iseo si chiamava Sacco Matteo Pasquale avete delle foto o altro mi farebbe molto piacere avere qualcosa di lui mi chiamo anch'io Matteo grazie
RispondiEliminaMio nonno era Angelo De Pinto (capitano di lungo corso) sull’Iseo quando fu affondato. Ho sempre sentito qualche storia da mio padre sul nonno che io purtroppo non ho mai conosciuto, ma mai tutti questi dettagli. Grazie infinite per questo articolo.
RispondiElimina