L'Ogaden, con bandiera finlandese e nome Naxos, a Capetown nei primi anni Trenta (foto del John H. Marsh -
Maritime Research Centre di Capetown, via Mauro Millefiorini)
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Piroscafo da carico
di 4546 tsl e 9300 tonnellate di dislocamento, lungo 114,90 metri fuori tutto, largo
15,1 metri e pescante 8,1, con velocità di 10,5 nodi. Di proprietà dell'armatore Ignazio Messina & C. di Genova, iscritto con matricola 2075 al Compartimento Marittimo di Genova, nominativo internazionale IBUK.
Breve e parziale cronologia.
9 febbraio 1905
Varato come Glenaffric nei cantieri Charles Connell
& Co. Ltd. di Scotstoun (numero di cantiere 292).
Marzo 1905
Completato come Glenaffric per la compagnia britannica Steamship
Gairloch Company Ltd. di Glasgow, e dato in gestione a James Gardiner & Company
– Western Steam Ship Company, di Glasgow. Piroscafo da carico, stazza lorda
4144 (o 4160) tsl, stazza netta 2685 (o 2560) tsn, portata lorda 7819 (o 6830)
tpl.
23 aprile-24 ottobre 1915
Requisito ed
impiegato come trasporto per conto dell'Expeditionary Force, nel trasporto di
rifornimenti dal Canada.
7 dicembre 1915-30 marzo 1916
Impiegato nel
trasporto di nitrati per conto dell'Expeditionary Force.
26 giugno-28 agosto 1916
Adibito nel trasporto
di nitrati per conto del Commercial Branch (delle forze armate del
Commonwealth).
29 agosto-30 ottobre 1916
Impiegato come carboniera
(n. 1258) dalla Royal Navy.
31 ottobre 1916-11 marzo 1917
Adibito al trasporto
di grano dall'Australia.
12 marzo-9 maggio 1917
Impiegato per la
Expeditionary Force (n. F0126) nel trasporto di autocarri di seconda mano da
Immingham a Dunkerque.
10 maggio-23 giugno 1917
Nuovamente impiegato
come carboniera (n. 1258) dalla Royal Navy, ma in servizio per il governo
italiano.
24 giugno-11 settembre 1917
Adibito al trasporto
di zucchero da Cuba.
12 settembre-25 novembre 1917
Usato di nuovo dalla
Royal Navy come carboniera n. 1258.
3 ottobre 1917
Venduto alla Furness,
Withy & Company Ltd.
14 novembre 1917
Venduto alla Rio-Cape
Line Ltd. (altra fonte lo dà come venduto a tale compagnia nel 1919, che ne
avrebbe cambiato il nome in Saxon Prince),
in gestione a Furness, Withy & Company Ltd. di Londra.
26
novembre 1917-26 febbraio 1918
Impiegato dal
Commercial Branch delle forze armate britanniche nel trasporto di nitrati dal
Cile.
27
febbraio-20 settembre 1918
Adibito al trasporto
di grano dal Golfo del Messico e dall'Argentina.
21 settembre-27 novembre 1918
Ancora impiegato come
carboniera n. 1258 dalla Royal Navy.
28 novembre 1918-31 gennaio 1919
Impiegato nel
trasporto di grano dal Rio de la Plata.
1° febbraio 1919
Assegnato alla Liner
Section.
1919-1920
In servizio per
trasporto merci sulla linea Hull-Santos-Buenos Aires-New York.
7 dicembre 1921
Ribattezzato Saxon Prince (altra fonte retrodata il
cambio di nome al 1919).
1922
In gestione alla
Prince Line.
1924
Acquistato da
compagnia finlandese Aktiebolaget (in gestione alla Naxos Mattson Rederi A/B di
Helsinki), ribattezzato Naxos. Stazza lorda 4157 tsl, netta 2560 tsn.
1936
Acquistato dall'armatore
genovese Ignazio Messina & C. e ribattezzato Ogaden. Sottoposto a lavori di ricostruzione per poter trasportare
anche passeggeri (in vista del servizio per l’Africa Orientale Italiana),
allungato a 119,3 metri, stazza lorda portata a 4546 (o 4553) tsl. Iscritto con
matricola 2075 al Compartimento Marittimo di Genova.
Impiegato sulla linea
regolare Genova-Livorno-Napoli-Massaua-Assab-Gibuti-Mogadiscio (quest'ultima
solo saltuariamente), la "linea postale per l'Impero Etiopico”", insieme ad altri tre piroscafi anch'essi acquistati dalla linea Messina nello stesso anno e battezzati con nomi di province della nuova colonia etiopica: Tembien (ex Mouni), Semien (ex Fortunastar) e Goggiam (ex Alga).
L'Ogaden con la livrea della compagnia Messina (g.c. Ignazio Messina& C. via www.naviearmatori.net) |
Marzo 1936
Il marinaio Rolando
Galli di Lerici, di 36 anni, muore per malattia a bordo dell'Ogaden, nel porto di Massaua.
7 settembre 1940
L'Ogaden ed i piroscafi Maria
Eugenia e Gloriastella partono da Napoli per Tripoli alle 7.30,
scortati dalla torpediniera Orione cui durante il viaggio si
alterneranno anche varie unità dei comandi locali. Le navi trasportano truppe, rifornimenti
e veicoli per la X Armata.
Qualche ora dopo la partenza, il
convoglio viene dirottato a Palermo in seguito ad un allarme.
8 settembre 1940
Il convoglio arriva a Palermo a
mezzogiorno.
9 settembre 1940
Il convoglio riparte da Palermo
alle 20.
12 settembre 1940
Arriva a Tripoli alle 11. Maria Eugenia e Gloriastella
proseguiranno poi per Bengasi scortati dalla torpediniera Fratelli
Cairoli.
27 settembre 1940
L'Ogaden, la motonave Città
di Livorno e la pirocisterna Marangona lasciano Tripoli per Palermo
alle 13, scortati dalla torpediniera Orsa.
29 settembre 1940
Il convoglio arriva a Palermo alle
12.30.
7 novembre 1940
L'Ogaden ed il piroscafo Ernesto
salpano da Palermo per Tripoli alle cinque, scortati dalla torpediniera Generale
Carlo Montanari.
9 novembre 1940
Il convoglio giunge a Tripoli alle
dieci (o 10.45).
7 dicembre 1940
L'Ogaden parte da Palermo
per Tripoli alle cinque, viaggiando da solo e senza scorta.
9 dicembre 1940
Arriva a Tripoli alle undici.
12 dicembre 1940
L'Ogaden ed il più piccolo
piroscafo Multedo lasciano Tripoli alle 21 per trasferirsi a Bengasi,
con la scorta della torpediniera Giuseppe La Farina.
19 dicembre 1940
Il convoglio rientra a Tripoli alle
16.15.
25 febbraio 1941
L'Ogaden lascia Bengasi per
Tripoli alle 18, scortato dalla torpediniera Orione.
27 febbraio 1941
Ogaden ed Orione arrivano a
Tripoli alle 19.
10 febbraio 1941
L'Ogaden lascia Tripoli per
Palermo alle otto, viaggiando da solo e senza scorta. Fa scalo intermedio a
Sfax.
15 febbraio 1941
Arriva a Palermo alle dieci.
10 aprile 1941
L'Ogaden lascia Palermo alle 13.30, diretto a Tripoli in convoglio
con le navi cisterna Persiano e Superga ed il piroscafo Bosforo e
la scorta delle torpediniere Perseo, Giuseppe Missori e Generale Carlo Montanari (caposcorta).
11 aprile 1941
I cacciatorpediniere britannici Jervis
(capitano di vascello Philip Mack), Janus, Nubian e Mohawk
lasciano Malta per intercettare il convoglio (secondo le previsioni,
l’intercettazione dovrebbe avvenire tra Lampione e le isole Kerkennah), ma
fortunatamente l’incontro non avviene, anche grazie alla mancata ricezione, da
parte dei cacciatorpediniere britannici, di un messaggio inviato dal
sommergibile Unique
che, avendo avvistato il convoglio, ne comunicava la velocità corretta (la
precedente informazione britannica al riguardo era invece sbagliata). Le unità britanniche non riescono
così a trovare quelle italiane, e devono rientrare a Malta.
Secondo alcune fonti lo stesso
giorno il convoglio viene infruttuosamente attaccato dal sommergibile
britannico Upholder al
largo di Capo Bon, ma si tratta probabilmente di un errore.
12 aprile 1941
Alle 8.30, quando il convoglio è 50
miglia a nord di Tripoli (per il Tetrarch, la posizione è 37 miglia per
340° dal faro di Tripoli) e la scorta è stata rinforzata da un aereo, le navi
vengono avvistate dal sommergibile britannico Tetrarch (capitano di
corvetta Richard Micaiah Towgood Peacock) mentre procedono su rotta 150° alla
velocità stimata di 10 nodi.
Passato all'attacco, il battello
lancia quattro siluri contro la Persiano, dalla distanza di 4115 metri,
per poi scendere in profondità: alle 8.50 (per altra versione 10.20) la Persiano
viene colpita da un siluro 30 miglia a nordovest del faro di Tripoli.
Incendiata a poppa, la petroliera viene assistita dalle torpediniere Partenope
e Polluce, uscite da Tripoli, mentre il resto del convoglio prosegue
verso il porto. La Montanari dà la
caccia al Tetrarch per tre ore dopo
l'attacco, lanciando senza risultato nove bombe di profondità, e poi di nuovo a
partire dalle 16.10, mentre il battello si sta allontanando, con 15 bombe di
profondità e di nuovo infruttuosamente.
La Persiano affonderà
l'indomani mattina, alle 10.30, nel punto 33°29' N e 14°01' E; l'equipaggio, eccetto
tre uomini rimasti uccisi, viene tutto recuperato dalle unità della scorta.
Il resto del convoglio giunge a
Tripoli alle 15 dello stesso 12 aprile.
28 giugno 1941
L'Ogaden salpa da Tripoli
alle 5.30 diretto a Palermo, scortato inizialmente dalla torpediniera Generale
Achille Papa, successivamente sostituita dalla gemella Generale Antonino
Cascino.
30 giugno 1941
Arriva a Palermo alle 9.30.
27 ottobre 1941
Requisito a Genova dalla Regia
Marina, senza essere iscritto nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato.
7 aprile 1942
Compie un
viaggio da Bari a Durazzo in convoglio con i piroscafi Aventino, Italia
e Titania e la scorta del cacciatorpediniere Euro, delle
torpediniere Angelo Bassini e Giacomo Medici e dell'incrociatore
ausiliario Brioni.
Bassini ed Aventino entrano in
collisione e devono rientrare a Bari; il resto del convoglio, invece, giunge regolarmente
a destinazione.
12 aprile 1942
Ogaden e Titania rientrano da
Durazzo a Bari, con la scorta dell’incrociatore ausiliario Arborea.
26 luglio 1942
Parte da Napoli per Tripoli alle 15,
scortato dalla torpediniera Centauro. A bordo ha 79 tra automezzi e
rimorchi ed appena 550 tonnellate di materiali vari, a fronte di una capacità
di carico di varie migliaia di tonnellate: la storia ufficiale dell'USMM
commenta a riguardo che “ciò non può significare se non che non v’era nient’altro
da imbarcare”, additando il caso dell'Ogaden come esempio del fatto
che uno dei principali motivi per cui nel luglio 1942 l'Armata corazzata
italo-tedesca in Egitto non ricevette un maggior quantitativo di rifornimenti
non fu per le perdite causate dagli attacchi britannici (che nel corso di quel mese non superarono il 6
% dei carichi partiti dall'Italia), ma semplicemente perché dall'Italia non fu
mandato niente di più.
27 luglio 1942
Il convoglio arriva a Messina e vi
sosta.
28 luglio 1942
Ogaden e Centauro ripartono da
Messina alle 14.
31 luglio 1942
Le due navi arrivano a Tripoli alle
10.30.
7 agosto 1942
Lascia Tripoli alle 12.30 diretto a Bengasi, con
la scorta della torpediniera Procione.
9 agosto 1942
Ogaden e Procione arrivano a Bengasi alle 10.45.
L'affondamento
Alle 12.30 dell'11 agosto 1942 l'Ogaden
partì da Bengasi diretto a Tripoli (per altra fonte, probabilmente erronea, a
Tobruk), al comando del capitano Salvatore Cacace e con a bordo 200 prigionieri
di guerra britannici oltre
all'equipaggio. Secondo il superstite Giovanni Croci, quelli imbarcati sull'Ogaden erano
prigionieri che avevano deciso di collaborare con l'Italia; la scorta era fornita dalla vecchia torpediniera Generale
Carlo Montanari, che venne però colta da un'avaria alle macchine durante la
navigazione.
Il 12 agosto, l'organizzazione
britannica "Ultra" intercettò e decifrò un messaggio delle 02.33 di quello
stesso giorno che riferiva che l'Ogaden era diretto a Tobruk lungo la
rotta costiera, e che alle 4.30 del 12 si sarebbe trovato al largo di Derna. (Non risulta invece che in questa occasione, a differenza che in altre, "ULTRA" avesse permesso ai britannici di sapere che sulla nave si trovavano loro soldati prigionieri, anche se è improbabile, considerato cosa accadde in casi in cui questa informazione era disponibile, che le cose sarebbero andate diversamente). Il
sommergibile britannico Porpoise (al comando del tenente di vascello
Leslie William Abel Bennington), impegnato nella posa di mine al largo di
Sollum, venne così informato del passaggio del convoglio.
Il Porpoise aveva ordine di posare un campo minato in posizione 32°42'
N e 23°05'5" E, a nordovest di Ras el Tin: poco prima di iniziare la posa
avvistò un convoglio in avvicinamento, ma il comandante Bennington decise di
procedere ugualmente con la posa. Questa era conclusa da appena due minuti
quando le navi del convoglio – i piroscafi Albachiara
e Sibilla, in navigazione da Tobruk a
Bengasi con la scorta della cannoniera-cacciasommergibili Selve – erano passate proprio in mezzo al campo minato: le mine non
avevano ancora avuto il tempo di armarsi, e le tre navi avevano così superato
indenni il campo minato, senza avere idea del rischio che avevano corso. Bennington
giudicò che se fossero passate dieci minuti più tardi, sarebbero saltate tutte
e tre: comprensibilmente seccato, alle 7.55 lanciò un siluro contro la seconda
nave del convoglio, ma questa mancò il bersaglio.
Il comandante del Porpoise doveva probabilmente pensare
che quella non era la sua giornata fortunata, ma subito dopo questo
fallimentare attacco avvistò verso ovest un'altra nave che procedeva lungo la
costa, con rotta opposta rispetto al convoglio di prima: era l'Ogaden. Bennington stimò la stazza del
nuovo arrivato come compresa tra le 2500 e le 3000 tsl, con una sottostima
abbastanza insolita tra i comandanti di sommergibili, più propensi a sbagliare in
senso opposto; avvistò anche la Montanari,
che identificò come un “cacciatorpediniere”, ed un aereo di scorta, ma alle
8.05 si portò all’attacco, ed alle 8.32 lanciò due siluri contro l'Ogaden.
Alle 8.35 una delle due armi colpì il
piroscafo in sala caldaie; l'Ogaden
si arrestò immediatamente, iniziando a sbandare, e venne subito abbandonato da
equipaggio e prigionieri.
La Montanari risalì le scie dei siluri ed attaccò il Porpoise con otto bombe di profondità, dopo
di che tornò presso la nave colpita per prestarle assistenza; alle 9.18, mentre
era ferma ed intenta a recuperare naufraghi, la torpediniera venne a sua volta
attaccata dal Porpoise con il lancio
di un siluro, che passò sotto lo scafo della torpediniera senza esplodere e
scoppiò poi contro la vicina spiaggia.
Siccome l'Ogaden appariva fermo e abbandonato ma non dava segni di voler
affondare, alle 9.22 il Porpoise
lanciò un altro siluro per finirlo: l'arma andò a segno, determinando stavolta il rapido
affondamento del piroscafo a nove miglia per 308° da Ras el Tin.
La Montanari interruppe il salvataggio dei naufraghi e risalì
nuovamente le scie dei siluri fino al loro punto di origine, distante circa
1200 metri, per poi lanciare altre quattro bombe di profondità, mentre anche
l'aereo sganciò una bomba che cadde in mare un centinaio di metri sulla dritta
della torpediniera. L'esito della caccia venne ritenuto “incerto” dal
comandante della Montanari, ed in
effetti nessuna delle bombe di profondità da essa lanciate aveva causato danni
al Porpoise, mentre la bomba
sganciata dall’aereo subito dopo aveva provocato la rottura delle tubature
della macchina dell'anidride carbonica situate nello scafo esterno a prua (il
danno non impedì comunque al Porpoise
di proseguire la sua missione). Alle undici il sommergibile iniziò la manovra
di allontanamento dal luogo dell'attacco, ricaricando al contempo i tubi
lanciasiluri.
Terminata la caccia, la Montanari ritornò a dedicarsi al
salvataggio dei naufraghi, a partire da quelli che si trovavano in acqua,
mentre due scialuppe cariche di prigionieri si dirigevano verso la costa. In
tutto la torpediniera trasse in salvo il comandante Cacace, altri otto
ufficiali, 44 tra civili e militari dell'equipaggio o di passaggio (38 italiani
e 6 tedeschi) e 109 prigionieri; altri superstiti, principalmente
prigionieri, raggiungono invece la costa libica a bordo delle scialuppe. Un
membro dell'equipaggio civile dell'Ogaden,
rimasto gravemente ferito, spirò a bordo della Montanari.
Ai MAS 539 e 561, frattanto
sopraggiunti, venne ordinato di proseguire la caccia, anche se il MAS 539 dovette abbandonarla poco dopo a
causa di un’avaria ai motori.
Sull'entità delle perdite umane
nell’affondamento dell'Ogaden
esistono notizie piuttosto discordanti. Il volume "La difesa del traffico con
l'Africa Settentrionale dal 1° ottobre 1941 al 30 settembre 1942", edito
dall'Ufficio Storico della Marina Militare, afferma che la Montanari trasse in salvo 259 persone, la quasi totalità del
personale imbarcato, e che vi furono solo tre vittime, "due dispersi e un morto
per l'esplosione dei siluri"; documenti esistenti all'USMM e consultati dal
ricercatore Platon Alexiades parlano di tre o quattro vittime, compreso il
membro dell'equipaggio morto dopo il salvataggio a causa delle ferite. In tutto
la Montanari recuperò 162 persone (compreso il marittimo poi deceduto per le ferite),
come menzionato più sopra, mentre un imprecisato numero di naufraghi, in gran
parte prigionieri, raggiunse la costa su due scialuppe; in tutto, secondo il rapporto della Montanari, l'Ogaden aveva a bordo circa 260 persone.
Lo storico statunitense James
Sadkovich afferma in una delle sue opere che 200 prigionieri sarebbero morti nell’affondamento,
ed anche Riccardo Croci, figlio del superstite dell'Ogaden
Giovanni Croci, ha riferito al sito Trentoincina che secondo i
ricordi del padre quasi tutti i prigionieri affondarono con l'Ogaden e
vi furono pochi sopravvissuti, recuperati dopo ore. Queste notizie sono quasi
certamente errate, dal momento che tra coloro che raggiunsero la costa sulle
lance e coloro che furono recuperati dalla Montanari
la maggior parte dei duecento prigionieri imbarcati sopravvisse; tuttavia è
recentemente emerso un elemento che solleva qualche dubbio sul bilancio di 3-4
vittime complessive riportato dal citato volume dell'USMM.
Nel corso di ricerche sui caduti
siciliani nel secondo conflitto mondiale, il ricercatore Michele Strazzeri ha
infatti rintracciato negli archivi degli atti di morte di Messina una copia di un verbale di scomparizione in mare relativo
a membri dell'equipaggio dell'Ogaden,
redatto dal comando del porto di Tobruk il 7 ottobre 1942. Il documento, a
firma del comandante del porto di Tobruk capitano di porto Sergio Stocchetti, elenca
ben dodici membri dell'equipaggio civile dell'Ogaden scomparsi in mare in seguito all'affondamento del piroscafo:
Corrado
Altomare, marinaio, 49 anni, da Molfetta
Sirio
Antonini, giovanotto di 2a, 29 anni, da Livorno
Alfio
Barbarino, carbonaio, 46 anni, da Riposto
Nunzio Eco,
capo fuochista, 57 anni, da Torre del Greco
Giovanni
Friarone, piccolo, 16 anni, da Olbia
Antonino
Frisone, marinaio, 28 anni, da Messina
Giuseppe
Frisone, nostromo, 57 anni, da Messina
Romeo
Grassetti, cambusiere, 44 anni, da Este
Luigi Marsano,
maestro di casa, 28 anni, da Sant’Ilario
Amedeo
Metrano, marittimo, 55 anni, da Porto Santo Stefano
Angelo Piccione,
fuochista, 46 anni, da Messina
Antonino
Serra, terzo ufficiale di macchina, 35 anni, da Sassari
Giuseppe ed Antonino Frisone erano probabilmente
padre e figlio: entrambi erano nati e domiciliati nella borgata messinese di
Pace, ed il padre di Antonino Frisone risultava essere Giuseppe Frisone.
Se queste furono le perdite tra l'equipaggio
civile, viene spontaneo domandarsi se anche tra il personale militare di
passaggio e, soprattutto, tra i prigionieri le perdite non furono maggiori di
quelle solitamente riportate. Di certo vi è che il bilancio di 3 o 4 tra morti
e dispersi complessivi, riportato da "La difesa del traffico", è da considerarsi
tristemente errato.
Il verbale di scomparizione in mare dei marittimi dell'Ogaden (g.c. Michele Strazzeri)
L'affondamento dell'Ogaden nel giornale di bordo del Porpoise (da Uboat.net):
"0802 hours - Started minelaying
near position 32°42'N, 23°05'5"E. Shortly before the lay an enemy convoy
was sighted. The leading ship was seen passing over the minefield shortly after
the lay. The other ship of the convoy and their escort passed over the
minefield shortly afterwards.
After the lay Porpoise maneuvered
to get into a suitable attack position for an attack on this convoy.
0855 hours - Fired one torpedo at
the second ship of the convoy from about 3000 yards. It missed.
Almost immediately afterwards
sighted another ship close inshore to the westward. She was steering an
opposite course to the ship just attacked.
0905 hours - Started attack. The
vessel appeared to be of 2500 - 3000 tons. She was escorted by one destroyer
(actually torpedo-boat) and one aircraft.
0932 hours - Fired two torpedoes.
Obtained one hit on this merchant vessel.
1018 hours - Fired one torpedo at
the escorting torpedo-boat. It ran under and exploded on the beach shortly
afterwards.
1022 hours - Fired one torpedo at
the merchant vessel which was stopped and by now abandoned. She had shown no
signs of sinking. The torpedo hit and she sank almost at once.
The destroyer counter attacked with
13 depth charges. The last of these, the only one to do
damage, fractured the C.O.2 machine supply tree in the forward casing.
1100 hours - Retired from the area
and reloaded the torpedo tubes".
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