Il Tripolino sotto il precedente nome di Highland Coast, negli anni Venti (Coll. Rick Cox, via www.coasters-remembered.net) |
Piroscafo da carico
di 1071 tsl, lungo 76,2 metri, largo 10,4 e pescante 4,9, con velocità di 12
nodi. Di proprietà della Società Anonima di Navigazione Tripcovich D. & C.,
con sede a Trieste; iscritto con matricola 429 al Compartimento Marittimo di
Trieste, nominativo di chiamata radio IVBC.
Breve e parziale cronologia.
1912
Costruito nei
cantieri Ramage & Ferguson Ltd. di Leith come Princess Melita (numero di cantiere 231) per la Mathew H. Langlands
& Sons di Liverpool (o Glasgow). Porto di registrazione Liverpool;
nominativo di chiamata HWQB. Stazza lorda 1094 tsl, netta 431 o 458 tsn.
6 gennaio 1916
In mattinata il Princess Melita, in navigazione al largo
di Capo Wrath, s’imbatte nella corazzata King
Edward VII, immobilizzata e sbandata sulla dritta dopo aver urtato una mina
(facente parte di uno sbarramento di 252 ordigni posato una settimana prima
dalla nave corsara tedesca Möwe) alle
10.47, nel corso di una traversata da Scapa Flow a Belfast.
La corazzata segnala
al Princess Melita di avvicinarsi (ha
avvistato il piroscafo quando si trovava a circa cinque miglia di distanza, verso
sud/sudest, e ne ha attirato l’attenzione con salve di cannone e razzi di
segnalazione) e prenderla a rimorchio con un cavo da 12,7 cm che viene passato
da bordo della corazzata; poco dopo sopraggiunge anche il conduttore di
flottiglia Kempfenfelt, che si unisce
al tentativo di rimorchio usando un cavo da 16,5 cm. Questo ha inizio alle
14.15, ma la King Edward VII continua
ad imbarcare acqua ed incrementa il suo sbandamento (da 5° a 15°) mentre le
condizioni di vento e di mare vanno peggiorando (onde di due metri; inizialmente
la nave era orientata verso sud, verso la terraferma, ma dopo l’inizio del
rimorchio è ruotata mettendo la prua a nord, e non risulta più possibile rimetterla
sulla giusta rotta); alle 14.40 il cavo di rimorchio teso dal Kempfenfelt si spezza, e constatata
l’inutilità di ulteriori tentativi di rimorchio, il comandante della corazzata
ordina al Princess Melita di mollare
anche il suo (per altra fonte sarebbe successo il contrario, ma ciò contrasta
con quanto scritto nel suo rapporto del comandante della King Edward VII) dopo di che, in considerazione degli allagamenti
in aumento e dell’oscurità in arrivo, ordina di abbandonare la nave.
L’equipaggio della King Edward VII viene tratto in salvo
dai cacciatorpediniere Fortune, Marne, Musketeer e Nessus (vengono
tratti in salvo 776 dei 777 membri dell’equipaggio: unica vittima un marinaio che
cade in mare durante il trasbordo su una delle unità soccorritrici e viene
schiacciato tra i due scafi) tra le 14.45 e le 16.10, dopo di che la corazzata
si capovolge ed affonda alle 20.10.
27 aprile 1916
Il secondo ufficiale
di macchina del Princess Melita, John
Spence Clouston, muore di nefrite a Le Havre, all’età di 33 anni.
Marzo 1917
Il Princess Melita finisce al centro di un “caso”
internazionale quando le autorità dei neutrali Paesi Bassi gli negano
l’autorizzazione ad entrare nel porto di Hoek van Holland (all’imbocco della
Nieuwe Waterweg, il canale che consente alle navi d’altura di raggiungere Rotterdam,
dove il Princess Melita è diretto)
per via del suo armamento difensivo, costituito da un cannone installato a
poppa: le autorità olandesi, infatti, equiparano i mercantili armati alle navi
da guerra (perché i cannoni di cui sono armati per difendersi dagli U-Boote
possono essere usati anche per attaccare, e perché spesso sono armati da
personale militare), alle quali hanno interdetto l’accesso ai porti olandesi
nella loro dichiarazione di neutralità all’inizio del conflitto, posizione poi
ulteriormente precisata nel “libro arancione” pubblicato nell’ottobre 1915 e
fortemente criticata dai britannici, anche in considerazione del fatto che
molti altri Paesi neutrali, come Svezia e Norvegia, non hanno imposto analoghe
restrizioni.
Dopo essersi
presentato davanti al porto una prima volta la sera del 5 marzo (poche ore dopo
essere stato infruttuosamente attaccato da un U-Boot con il lancio di un
siluro) ed essere stato respinto (intimazione a lasciare le acque territoriali
olandesi entro mezz’ora, pena l’internamento), il Princess Melita si ripresenta però l’indomani mattina, dopo aver
smontato il cannone, chiedendo nuovamente il permesso di entrare per sbarcare
un marinaio malato ed imbarcare una quantità di acqua potabile sufficiente per
il viaggio di ritorno in Inghilterra: questa volta il permesso viene accordato,
ma solo per il tempo strettamente necessario per sbarcare l’infermo ed
imbarcare l’acqua. Per poter entrare in porto e rimanervi, le autorità olandesi
impongono che il cannone venga completamente rimosso dalla nave: pertanto il Princess Melita, preso nuovamente il
largo, si ripresenta davanti al porto il mattino del 9 marzo dopo aver gettato in
mare il cannone al di fuori delle acque territoriali olandesi, insieme alle
relative munizioni. Dopo che le autorità olandesi hanno verificato che il
cannone non sia effettivamente più presente a bordo, la nave riceve
l’autorizzazione a proseguire per Rotterdam.
Questa imposizione
viene duramente criticata dalle autorità britanniche (che il 12 marzo 1917
asseriscono che “le condizioni sono cambiate” dall’epoca della promulgazione
della dichiarazione di neutralità olandese, con l’avvio da parte della Germania
della guerra sottomarina senza restrizioni) e francesi, che sostengono il
diritto dei loro mercantili, dotati di armamento difensivo, di visitare i porti
olandesi (il governo francese arriverà a vietare ai loro mercantili di
trasportare merci olandesi o dirette nei Paesi Bassi); anche quelle tedesche
protestano, ma nel loro caso perché ritengono l’atteggiamento delle autorità
olandesi troppo morbido, asserendo che la nave avrebbe dovuto essere internata
ed accusando gli olandesi di aver commesso “un atto non neutrale” permettendole
di ripartire il 6 marzo, in quanto la necessità di rifornirsi di acqua potabile
e la presenza a bordo di un malato non costituivano ragione sufficiente a
permetterle l’ingresso in porto (la reazione tedesca è influenzata anche dal
fatto che nello stesso periodo il sommergibile tedesco U 30, incagliatosi sulle coste olandesi, è stato invece internato).
Il governo olandese respingerà le proteste degli uni e degli altri,
sottolineando di aver chiaramente delineato all’inizio della guerra le
condizioni della propria neutralità, e che modificarle nel terzo anno di guerra
indebolirebbe il suo status neutrale; ai britannici viene rinfacciato che
proprio loro, alla seconda conferenza dell’Aia del 1907, avevano dichiarato che
un Paese neutrale non può modificare le proprie condizioni di neutralità mentre
la guerra è in corso, se non nel senso di una maggiore restrittività.
A fine marzo anche
gli Stati Uniti, neutrali ancora per poco (entreranno in guerra il mese
successivo), chiedono alle autorità olandesi se il divieto di ingresso si
applichi anche ai mercantili armati neutrali, come appunto quelli statunitensi,
e se ci sia differenza se la nave è stata armata dal governo o dall’armatore.
L’arrivo del Princess Melita a Hoek van Holland non è
stato casuale, ma voluto deliberatamente dal ministro britannico Robert Cecil,
nel tentativo di forzare la mano agli olandesi per saggiarne la reazione e
riaprire la questione dell’accesso dei mercantili armati ai porti olandesi,
come giustamente ipotizzato il 18 marzo dal "Nieuwe Rotterdamsche
Courant" («l’invio di questa nave è
stato un mero incidente? C’è motivo di dubitarlo. (…) Quando l’Inghilterra ha inviato la sua nave come prova sapeva quale
ricezione la attendeva, e che il governo olandese non poteva cambiare il suo
atteggiamento. Era intenzione del governo britannico di costringerci ad
abbandonare la nostra stretta neutralità?»).
19 dicembre 1917
Il Princess Melita trae in salvo
l’equipaggio del piroscafo norvegese General
Munthe, affondato quattro miglia a nord di Dieppe in seguito ad una
collisione con il piroscafo norvegese Torwald,
mentre era in navigazione da Sunderland a Rouen con un carico di carbone
(entrambe le navi navigavano con le luci oscurate).
I naufraghi vengono
sbarcati a Ramsgate.
1918
In gestione a John T.
Tulloch di Glasgow.
1919
Acquistata dalla
Coast Lines Ltd. di Liverpool (Powell, Bacon & Hough Lines Ltd.; per altra
fonte con sede a Londra), in gestione a M. Langlands & Sons Ltd.
1920
Ribattezzato Highland Coast.
1° ottobre 1923
L’Highland Coast s’incaglia sugli scogli
vicino a Coverack, ma può essere disincagliato e raggiunge Falmouth senza aver
subito danni gravi.
1927
In gestione ad Alfred
H. Read di Londra.
1934
Il nominativo di
chiamata cambia in MDTQ.
1936
È in servizio sulla
costa occidental del Regno Unito.
1938
Acquistato dalla D.
Tripcovich & C. Società Anonima di Navigazione, Rimorchi e Salvataggi di
Trieste, e ribattezzato Tripolino.
Porto di registrazione Trieste; stazza lorda 1075 tsl, netta 438 tsn.
Posto in servizio
sulla linea mensile Adriatico-Malta-Libia insieme al piroscafo Algerino, di simili dimensioni.
16 luglio 1940
Il marinaio Giovanni
Barcovich, da Moschiena, muore per un incidente a bordo del Tripolino.
27 dicembre 1940
Requisito a Trieste
dalla Regia Marina, senza essere iscritto nel ruolo del naviglio ausiliario
dello Stato.
19 gennaio 1941
Il Tripolino (adibito a traffico civile),
il piroscafo Miseno (con a bordo 559
tonnellate di viveri) e la piccola nave cisterna Abruzzi (adibita a traffico civile) salpano da Bari alle 20.05
diretti a Durazzo, con la scorta della torpediniera Generale Marcello Prestinari.
20 gennaio 1941
Il convoglio giunge a
Durazzo alle 13.20.
2 marzo 1941
Il Tripolino ed i piroscafi Scarpanto ed Anna Capano salpano da Durazzo alle 18.30 per rientrare a Bari, con
la scorta della torpediniera Curtatone.
3 marzo 1941
Il convoglio giunge a
Bari alle 10.15.
17 marzo 1941
Il Tripolino ed il piroscafo Aprilia, aventi a bordo 453,5 tonnellate
di foraggio e 1247 di viveri, salpano da Brindisi alle 4.15 diretti a Valona, dove
giungono dieci ore più tardi, con la scorta dell’anziano cacciatorpediniere Carlo Mirabello.
24 marzo 1941
Il Tripolino e le motonavi Piero Foscari e Città di Marsala lasciano scarichi Valona alle 14.30, scortati
dall’incrociatore ausiliario Barletta,
e raggiungono a Brindisi dopo otto ore di navigazione.
30 marzo 1941
Il Tripolino ed i piroscafi Scarpanto, Marirosa e Luigi Martini
salpano da Brindisi alle 22.30 diretti a Valona, con a bordo in tutto 154
soldati, 1022 quadrupedi, 988 tonnellate di vettovaglie e 90 di materiali vari.
Li scorta la torpediniera Castelfidardo.
Scarpanto e Luigi Martini devono
tornare indietro a causa dello stato del mare.
31 marzo 1941
Tripolino, Marirosa e Castelfidardo raggiungono Valona alle
10.45.
9 aprile 1941
Il Tripolino ed i piroscafi Pontinia, Dormio e Leonardo Palomba
lasciano scarichi Valona alle 8.15 con la scorta della torpediniera Giacomo Medici. Arrivano a Brindisi alle
19.30.
18 aprile 1941
Tripolino, Scarpanto, la nave
cisterna Lina e la piccola motonave
frigorifera Amba Aradam salpano da
Brindisi all’1.15 alla volta di Valona, scortati dalla torpediniera Giuseppe Cesare Abba. Lina ed Amba Aradam sono in zavorra, mentre Tripolino e Scarpanto
trasportano 1023 tonnellate di vino e 203 di gasolio. Il convoglio giunge a
Valona alle 10.30.
25 aprile 1941
Tripolino, Luigi Martini ed il
piroscafo Fertilia lasciano scarichi
Valona alle sei del mattino e fanno ritorno a Brindisi, dove giungono
quattordici ore più tardi, con la scorta della Prestinari.
3 maggio 1941
Il Tripolino e le motonavi Città di Alessandria, Città di Savona e Città di Trapani partono da Brindisi alle 00.00 diretti a Valona,
con la scorta del Mirabello e
dell’incrociatore ausiliario Zara. A
bordo hanno complessivamente 910 militari, nonché quadrupedi e materiali vari.
Il convoglio giunge a Valona alle 8.15.
16 maggio 1941
Il Tripolino, il piroscafo Andrea Contarini e la motonave Tergestea, carichi di automezzi,
quadrupedi e materiali vari, salpano da Durazzo alle 4.30 diretti a Bari,
scortati dalla Prestinari. Arrivano a
destinazione alle 18.30.
5 giugno 1941
Il Tripolino compie un viaggio da Bari a
Durazzo, da solo e senza scorta.
8 giugno 1941
Rientra da Durazzo a
Bari, sempre da solo e senza scorta.
16 giugno 1941
Viaggio da Bari a
Valona, di nuovo in navigazione isolata.
3 luglio 1941
Trasporta materiali
dell’Esercito da Valona a Brindisi, navigando insieme al piroscafo Bucintoro.
11 luglio 1941
Trasporta materiali
dell’Esercito da Bari al Pireo, viaggiando da solo e senza scorta.
12 luglio 1941
Trasporta un carico
di materiali vari da Brindisi a Patrasso, viaggiando in convoglio con il
piroscafo Loreto e con la scorta
dell’incrociatore ausiliario Olbia.
25 luglio 1941
Compie un viaggio da
Patrasso a Bari, da solo e senza scorta.
3 agosto 1941
Trasporta materiali
dell’Esercito da Brindisi a Porto Edda, navigando da solo e senza scorta.
7 settembre 1941
Lascia Porto Edda e
ritorna a Brindisi, insieme al piroscafo Acilia.
19 settembre 1941
Trasporta materiali
vari da Bari a Durazzo, viaggiando insieme al piroscafo Enrico.
12 ottobre 1941
Compie un viaggio da
Bari a Valona, navigando da solo e senza scorta.
14 ottobre 1941
Lascia
Valona e raggiunge Corfù, sempre in navigazione isolata.
2 novembre 1941
Lascia
Corfù e fa ritorno a Bari, insieme al piroscafo Andrea Contarini.
3 dicembre 1941
Viaggio
da Patrasso a Bari, solo e senza scorta.
5 marzo 1942
Alle 8.10 il Tripolino, insieme ai piroscafi Sidamo e Liv, salpa da Taranto alla volta di Messina, con la scorta della
torpediniera Francesco Stocco.
6 marzo 1942
Alle 2.20 (una
quindicina di miglia a sud di Capo Colonne), poco dopo che il convoglio ha
incontrato il sommergibile Ammiraglio
Millo, questi, che vi si è accodato per un tratto, avvista una scia di
siluro che gli passa 150 metri a proravia, e 50 metri a poppavia della Stocco; allerta allora la torpediniera
di aver captato i rumori di un sommergibile nemico a due miglia di distanza, su
rilevamento 140°. La Stocco inverte
la rotta ed alle 2.41 lancia dieci bombe di profondità (quattro da 100 kg e sei
da 30 kg) per poi riunirsi al convoglio alle 2.50.
Si
è trattato in realtà di un falso allarme, dato che non ci sono sommergibili
nemici attivi in zona. Il convoglio raggiunge Messina in giornata.
18 aprile 1942
Alle 20.10 il Tripolino, la piccola nave cisterna Ennio ed il motoveliero Egusa salpano da Trapani per Tripoli,
scortati dalla torpediniera Perseo e
dal motodragamine tedesco R 13.
Quest’ultimo lascia il convoglio a Lampedusa.
19 aprile 1942
Dalle 7.30 alle 19 il
convoglio sosta a Pantelleria.
20 aprile 1942
Alle otto del mattino
il convoglio giunge a Lampedusa, dove sosterà per tre giorni.
21 aprile 1942
Alle due di notte si
unisce alla scorta la torpediniera Pegaso,
proveniente da Tripoli.
23 aprile 1942
Alle dieci il
convoglio lascia Lampedusa per proseguire il viaggio.
24 aprile 1942
Il convoglio giunge a
Tripoli alle 9.40.
13 maggio 1942
Alle 9.30 il Tripolino, il piroscafo tedesco Savona ed il rimorchiatore R 24 Priamar lasciano Tripoli alla volta
di Bengasi, scortati dalla torpediniera Pallade
(caposcorta) e dalle motosiluranti tedesche S
9 e S 12.
15 maggio 1942
Priamar e motosiluranti si fermano a Buerat, dove sosteranno per tre
giorni, mentre Tripolino, Pallade e Savona arrivano a Bengasi alle 11.30.
18 maggio 1942
Alle 19 il Tripolino ed il piroscafo Bravo lasciano Bengasi per rientrare a
Tripoli, scortati dal cacciatorpediniere Turbine.
20 maggio 1942
Le tre navi arrivano
a Tripoli alle 15.15.
26 maggio 1942
Il Tripolino ed il piroscafo tedesco Sparta ripartono da Tripoli alle sei del
mattino per un altro viaggio di cabotaggio verso Bengasi, scortati da un
cacciasommergibili tedesco.
28 maggio 1942
Il piccolo convoglio
giunge a Bengasi alle 9.30.
14 giugno 1942
Il Tripolino e la motonave Anna Maria salpano da Bendasi per
Tripoli alle 19.30, con la scorta della torpediniere Lince. All’altezza di Buerat, questa viene sostituita dalla
torpediniera Generale Carlo Montanari.
17 giugno 1942
Il convoglio giunge a
Tripoli alle 12.30.
27 giugno 1942
Il Tripolino e la piccola motonave
frigorifera Amba Aradam salpano da
Tripoli per Bengasi a mezzogiorno, scortati dalla torpediniera Clio.
29 giugno 1942
Il piccolo convoglio
giunge a Bengasi alle 11.30.
6 luglio 1942
Alle 19.30 il Tripolino ed i piroscafi tedeschi Brook e Sturla lasciano Bengasi per Tobruk e Marsa Matruh, scortati dalla
torpediniera Circe e da due
cacciasommergibili tedeschi.
8 luglio 1942
Tripolino e Sturla giungono a
Tobruk alle 10.40, mentre il Brook
prosegue per Marsa Matruh.
14 luglio 1942
Alle 18 il Tripolino lascia Tobruk per tornare a
Bengasi, scortato dalla torpediniera Generale
Antonio Cantore.
16 luglio 1942
Tripolino e Cantore arrivano a
Bengasi alle 6.30.
20 luglio 1942
Il Tripolino ed il piroscafo Pertusola salpano da Tripoli per Tobruk
alle 20.30, scortati dalla cannoniera-cacciasommergibili Oriole.
23 luglio 1942
Il piccolo convoglio
giunge a Bengasi alle 17.30, sostandovi per ventiquattr’ore.
24 luglio 1942
Il convoglio riparte
alle 17.30, con la scorta della torpediniera Clio.
26 luglio 1942
Il convoglietto
giunge a Tobruk alle 7.40.
(Per altra fonte, il Tripolino sarebbe ripartito da Bengasi
alle 19 del 24, scortato da un cacciasommergibili italiano ed uno tedesco,
giungendo a Tobruk alle otto del 26).
3 agosto 1942
Alle 19 il Tripolino ed il piroscafo tedesco Menes
lasciano Tobruk per tornare a Bengasi, scortati dalla Cantore.
5 agosto 1942
Le tre navi giungono
a Bengasi alle 7.30; alle 17 il Tripolino
ne riparte insieme alla piccola motocisterna Ennio, diretto a Tripoli con la scorta della Cantore.
7 agosto 1942
Alle 16 la Cantore lascia la scorta del
convoglietto, venendo rimpiazzata un’ora dopo dalla Montanari. Le navi giungono a Tripoli alle 22.40.
19 agosto 1942
Il Tripolino salpa da Tripoli per Bengasi
alle cinque del mattino, scortato dalla Cantore.
21 agosto 1942
Arriva a Bengasi alle
dieci.
4 settembre 1942
Alle 22 il Tripolino parte scarico da Tobruk per
Bengasi, con la scorta della torpediniera Calliope.
6 settembre 1942
Tripolino e Calliope arrivano a
Bengasi alle 17.
22 settembre 1942
Il Tripolino viene danneggiato da un
pesante bombardamento aereo su Bengasi, insieme al piroscafo Pertusola, alla motonave Ravello e ad una torpediniera. La grande
e moderna motonave Apuania, carica di
quasi 1700 tonnellate di munizioni, salta in aria alle 18.50, poco dopo la fine
dell’incursione, travolgendo ed affondando il motoveliero Anita, ormeggiato nei pressi; affonda, colpito da bombe, anche un
altro motoveliero, il Silvio.
4 ottobre 1942
Iscritto nel ruolo
del naviglio ausiliario dello Stato, nella categoria delle «navi onerarie».
Impiegato nel traffico costiero in Libia.
12 ottobre 1942
Alle 17.40 il Tripolino salpa da Bengasi diretto a
Tobruk, scortato dalle cannoniere-cacciasommergibili Eso ed Oriole.
14 ottobre 1942
Arriva a Tobruk alle
15.15.
21 ottobre 1942
Il Tripolino ed il piccolo piroscafo
tedesco Ostia lasciano Tobruk alle 16
diretti a Bengasi, con la scorta dell’Oriole
e dell’anziana torpediniera Giacomo
Medici (caposcorta).
23 ottobre 1942
Il convoglio giunge a
Bengasi a mezzogiorno.
(g.c. Mauro Millefiorini via www.naviearmatori.net) |
L'affondamento
Alle 16.45 (17.30 per
altra versione) del 30 ottobre 1942 il Tripolino,
al comando del capitano Vincenzo Barbali, salpò da Bengasi diretto a Tobruk in
convoglio con un piroscafetto tedesco, l’Ostia,
e con la scorta della torpediniera Circe
(capitano di corvetta Stefano Palmas). Il Tripolino
era carico di 410 tonnellate di provviste e 318 (o 370) tonnellate di munizioni
(qualche fonte parla anche di carburante), il piccolo Ostia trasportava appena 57 tonnellate di viveri e 52 di munizioni,
tutte destinate all'Armata Corazzata Italo-Tedesca (ACIT) che combatteva in
Egitto: infuriava in quei giorni la seconda battaglia di El Alamein. Il piccolo
convoglio, che doveva seguire le rotte costiere, fruiva anche di una scorta
aerea, composta da sei velivoli, che tuttavia se ne andarono al tramonto, come
d’uso.
Gli aerei ritornarono
l’indomani mattina, e per tutta la giornata del 31 ottobre la navigazione del
convoglio procedette tranquilla, sotto buona scorta aerea; ma si trattava di
una calma illusoria. Il 29 ottobre, infatti, i decrittatori britannici di
“ULTRA” avevano intercettato messaggi dell’Asse da cui avevano appreso che Tripolino ed Ostia avrebbero lasciato Bengasi "al più presto" per Tobruk, ed il 31 decifrarono altre
comunicazioni da cui seppero che "Tripolino
ed Ostia hanno lasciato Bengasi alle 16.00 del 30, velocità 7 nodi, e devono
giungere a Tobruk alle 09.30 del 1° novembre".
Al calare del buio, la
sera del 31, i velivoli della scorta aerea se ne andarono nuovamente, ed ebbero
inizio i guai. Il convoglio era stato avvistato fin dalla partenza (il
ricognitore britannico ne aveva identificato la composizione come un mercantile
di medie dimensioni, un mercantile di piccole dimensioni e due
cacciatorpediniere), ed alle 19.30 iniziarono ad accendersi attorno ad esso
delle linee di bengala; altre ne seguirono, ad intermittenza, fino alle 20.45,
poi tornò a regnare la calma, senza che si fossero manifestati attacchi. Ma
dalle basi egiziane si apprestavano a decollare nove Vickers Wellington, con
l’incarico di attaccare il convoglio: due, appartenenti al 221st
Squadron della Royal Air Force, erano muniti di radar per ricerca navale ASV
(Air to Surface Vessel) ed avevano il compito di cercare il convoglio ed
indirizzare gli altri aerei su di esso; sei, appartenenti al 38th
Squadron, erano armati di siluri; uno, appartenente al 458th
Squadron, era armato con bombe.
Il lancio di bengala
riprese subito dopo mezzanotte: nelle successive due ore, il convoglio venne
costantemente sorvolato da aerei ed illuminato, mentre la Circe sparava furiosamente sui velivoli avversari ed evoluiva ad
alta velocità intorno ai due mercantili, stendendo attorno ad essi una cortina
nebbiogena che li celava alla vista degli attaccanti.
Questo sistema
funzionò fino alle 2.08 del 1° novembre, quando il Tripolino uscì accidentalmente dalla cortina nebbiogena che l’aveva
protetto fino a quel momento: subito lo sventurato piroscafo venne colpito a
centro nave da un siluro lanciato da uno dei Wellington del 38th
Squadron, saltando in aria nel punto 32°21' N (o 32°31' N) e 23°24' E (nel
Golfo di Bomba, a nordovest di Tobruk e trenta miglia a nord-nord-est di Ras el
Tin, a levante di Derna).
(Questa è la dinamica
descritta dal volume "La difesa del traffico con l’Africa Settentrionale
dal 1° ottobre 1942 alla caduta della Tunisia", dell'Ufficio Storico della
Marina Militare; "Navi mercantili perdute", pure dell'USMM, afferma
invece che la nave fu colpita dal siluro all’1.45, ma esplose solo alle 2.08).
Non potendo lasciare
da solo l'Ostia, la Circe non poté nemmeno fermarsi a
recuperare eventuali naufraghi, almeno sul momento; le due navi rimaste
effettuarono invece una deviazione verso nord, allo scopo di disorientare gli
aerei avversari che non demordevano dai loro attacchi (tra le 2.35 e le 2.43 un
bombardiere lanciò infruttuosamente una salva di bombe contro l'Ostia, ed alle tre di notte si verificò
un attacco di aerosiluranti, sventato con la manovra), e poi tornarono sul
luogo di affondamento del Tripolino
per tentare un qualche soccorso. Alle 6.20, la Circe trovò e recuperò un naufrago gravemente ferito: era l’unico
superstite dell’intero equipaggio del Tripolino.
Le disgrazie per il
piccolo convoglio non erano finite, alle 6.30 – quando le due navi rimaste
avevano appena rimesso in rotta per Tobruk – venne avvistato un aerosilurante
Bristol Beaufort (appartenente al 47th Squadron della RAF e
decollato all’alba insieme ad altri due), che a dispetto del tiro contraereo
aperto da entrambe le unità dell’Asse riuscì a colpire l'Ostia con un siluro: il piroscafetto tedesco esplose ed affondò come
il Tripolino prima di lui, in
posizione 32°29' N e 23°22' E.
Alla Circe non rimase che recuperare i
naufraghi (sedici, quattordici tedeschi e due italiani) e poi proseguire per
Tobruk, dove diede fondo vicino al pontile della nafta alle 13.56 di quel
funesto 1° novembre.
La perdita di Tripolino ed Ostia con i loro carichi, insieme a quella di altre navi affondate
nei giorni precedenti ed immediatamente successivi, contribuì ad indebolire la
posizione dell’Armata Corazzata Italo-Tedesca nei cruciali giorni di El
Alamein; di lì a poco Rommel, rimasto a corto di mezzi, carburante e munizioni,
avrebbe dovuto dare l’ordine di ritirata. Il mattino del 1° novembre Mussolini,
nel corso di un colloquio con il capo di Stato Maggiore generale Ugo Cavallero,
fece presente di aver ripetutamente raccomandato che i convogli impegnati nel
traffico costiero si tenessero a non più di cento miglia dalla costa, in modo
da permettere di portare le navi all’incaglio in caso di danneggiamento, così da
recuperarne almeno il carico (come successo qualche giorno prima con un altro
piroscafo, l’Amsterdam); il dittatore domandò se tale norma fosse stata
osservata per il Tripolino.
Provvedimento in realtà inutile, in questo caso, visto che la nave era esplosa
dopo essere stata colpita, e non avrebbe quindi comunque potuto essere portata
ad incagliare; ad ogni modo, Cavallero girò la domanda al capo di Stato
Maggiore della Marina, ammiraglio Arturo Riccardi, che propose di "mettere in rilievo che la [rotta] Bengasi-Tobruch è poco conveniente e che sta
diventando poco conveniente anche la Tripoli-Bengasi e quindi bisognerà
orientarsi alla via di terra".
I seguenti militari della Regia Marina
risultano dispersi in Mediterraneo centrale il 1° novembre 1942, quasi
certamente nell'affondamento del Tripolino
(unica nave italiana affondata in tale data):
Daniele Cok, secondo capo meccanico, da
Trieste
Natale Dobrini, marinaio, da Albona
Luigi Albenga, marinaio cannoniere, da Torino
Eliso Alberti, marinaio cannoniere, da Sulzano
Stelio Andreini, sottotenente C.R.E.M., da
Trieste
Vincenzo Barbali, capitano di lungo corso, da
Lussinpiccolo (comandante) (**)
Marco Bonetta, capo meccanico di seconda
classe, da Fianona
Aurelio Calligaris, tenente del Genio Navale,
da Trieste
Natale Caminiti, marinaio, da Taurianova (*)
Michele Colamaria, marinaio, da Giovinazzo
Salvatore Cuomo, marinaio, da Barano d’Ischia
Ciro De Luca, capo meccanico di seconda
classe, da Torre del Greco
Giuseppe Dua, sottocapo radiotelegrafista, da
Novara di Sicilia
Emilio Eccel, sergente segnalatore, da
Roncegno
Domenico Federico, secondo capo nocchiere, da
Torre del Greco
Natale Ferrara, sottocapo fuochista, da
Palermo
Alberto Gabriele, sottocapo nocchiere, da
Trapani
Giovanbattista Gallia, marinaio, da Siderno
Giovanni Garzia, sottocapo fuochista, da
Ercolano
Giuseppe Giacalone, marinaio, da Trapani (*)
Emilio Jurinovich, capo nocchiere di seconda
classe, da Moschiena
Antonio Lizzul Belcich, marinaio, da Fianona
Francesco Magliozzi, sottocapo furiere, da
Gaeta (*)
Camillo Pacilio, secondo capo cannoniere, da
Avigliano
Nicola Palazzo, marinaio cannoniere, da
Bisceglie
Antonino Palermo, sottocapo cannoniere, da
Palermo
Ciro Palomba, marinaio, da Torre del Greco
Gino Piccotti, marinaio fuochista, da Gubbio
Pietro Romeo, secondo capo nocchiere, da
Reggio Calabria
Luigi Zigante, sottocapo fuochista, da Abbazia
(*) I nomi contrassegnati da
asterisco appartengono a marinai che è stato possibile stabilire con certezza
essere effettivamente morti nell’affondamento del Tripolino.
(**) Il comandante Barbali non
era un militare, ma un civile. Il suo nome è stato ricavato da un articolo
dell’“Arena di Pola” risalente al 1998.
Morirono inoltre sul Tripolino i seguenti militari tedeschi (nominativi tratti da
Historisches Marinearchiv):
Gerhard Dittrich, da Glashütte
Robert Eilers, capitano, da Brema
Walter Hiller, marinaio di prima classe, da
Retz
Rudolf Jakob, marinaio
Heinz-Rolf Kranepuhl, da Gelsenkirchen
Alois Maier, marinaio, da Weilheim
Theodor Mehlen, marinaio
Ernst Nell, marinaio, da Karpau
Josef Pichalek, marinaio, da Raiborhammer
Heinz Thiede, marinaio, da Putlitz
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