mercoledì 19 aprile 2023

F 20 Enrica

L'Enrica in una foto scattata a Messina (g.c. Mauro  Millefiorini)

Piroscafo rimorchiatore di 269,01 tsl e 74,90 tsn, lungo 39,52 metri, largo 7,31 e pescante 3,23. Di proprietà dell'Impresa Domenico Vitali di Roma, iscritto con matricola 159 al Compartimento Marittimo di Roma (secondo "Navi mercantili perdute" dell'USMM; tuttavia il Libro Registro del RINA del 1938 lo dà invece come iscritto con matricola 18 al Compartimento Marittimo di Messina, ed anche i registri dei Lloyd's del 1941 danno come porto di registrazione Messina), nominativo di chiamata ITLR.
 
Breve e parziale cronologia.
 
Ottobre 1913
Completato dai cantieri Philip & Son Ltd. di Dartmouth come Vincent Grech (numero di costruzione 420), per la Vincent Grech's British Salvage Company, una delle principali ditte di recuperi navali attive nella zona dei Dardanelli. Stazza lorda 253 tsl.
Aprile 1915
Attivo a Tenedo.
1915 o 1916
Acquisito al Pireo dalla Royal Navy durante la prima guerra mondiale e ribattezzato Alice. Impiegato come rimorchiatore di salvataggio a Malta, in Grecia e più in generale nel Mediterraneo, inizialmente (fino al 1917) alle dipendenze dell'His Majesty’s Dockyard Service.
Norman Thomas Gilroy, radiotelegrafista su una nave britannica attiva nelle acque di Gallipoli (e futuro primo cardinale australiano della storia), descriveva così l'Alice/Vincent Grech nel suo diario: “È un buon grosso rimorchiatore di circa 500 tonnellate [sic], con macchine in grado di spingerlo a 14 nodi; i suoi alloggi sono sorprendentemente buoni, con un salone e due cabine molto grandi e locali ben arredati”.
Autunno 1915
È attivo a Mudros, e successivamente a Port Said.
Gennaio 1916
Trasporta personale della Royal Navy a Stavros.
30 aprile 1916
Rimorchia da Mudros a Malta il cacciatorpediniere HMS Bulldog, che ha perso la poppa su una mina al largo di Gallipoli. Lo scorta nella navigazione un altro rimorchiatore, il Nero.
Maggio 1916
Compie vari viaggi a Lero.
Ottobre 1916
Compie vari viaggi da Malta a Milo trasportando equipaggi di preda prelevati dall’equipaggio della vecchia corazzata britannica Exmouth.
21-26 febbraio 1917
Insieme ai rimorchiatori Sampson e Veteran, l'Alice disincaglia il piroscafo Hellenes; per questo lavoro, l'equipaggio dell'Alice riceverà una ricompensa dalla Marina britannica.
30 gennaio-1° febbraio 1918
Disincaglia il piroscafo Sagama River; anche stavolta l’equipaggio riceve una ricompensa.
31 dicembre 1918
Si trova a Milo.
Settembre 1925
Radiato dai quadri della Royal Navy e venduto a privati; ribattezzato Salvator.
1935 o 1936
Acquistato dall'Impresa Domenico Vitali di Roma e ribattezzato Enrica.
11 maggio 1940
Requisito dalla Regia Marina.
1° giugno 1940
Iscritto nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato (dalle 00.00 del 1° giugno) con sigla F 20, venendo adibito al servizio di scorta convogli e pilotaggio foraneo.
13 agosto 1940
Radiato dal ruolo del naviglio ausiliario dello Stato, rimanendo però requisito.
20 aprile 1943
Nuovamente iscritto nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato, a partire dalle 16 del 20 aprile, stavolta nella categoria delle navi onerarie.
6 maggio 1943
L'Enrica si trova a Trapani quando la città viene colpita da un'incursione aerea della 12th U. S. Air Force, seguita da un'altra da parte di bombardieri Vickers Wellington del 142nd Squadron della Royal Air Force, che causa l'affondamento del motoveliero requisito V 298 Maria Camali ed il danneggiamento del V 291 Anna M. Nel bombardamento perdono la vita anche due membri dell'equipaggio dell'Enrica, il marinaio venticinquenne Antonio D'Anna, da Acireale, ed il quarantacinquenne sottocapo fuochista Domenico Zanti, da Augusta.
 
"U vapuri"
 
Il 19 maggio 1943 l'Enrica lasciò Messina rimorchiando il pontone a biga Titano, che doveva portare a Salerno (con un carico di munizioni, secondo una versione), ma alle tre di quel pomeriggio il minuscolo convoglio venne avvistato nel Golfo di Sant'Eufemia dal sommergibile britannico Unbroken, al comando del tenente di vascello Bruce John Bevis Andrew. L'Unbroken, che aveva al suo attivo già diversi successi (tra gli altri, il siluramento degli incrociatori Bolzano e Muzio Attendolo nell’agosto precedente), era salpato da Malta sei giorni prima per la sua diciassettesima missione di guerra, un pattugliamento a nord della Sicilia; Enrica e Titano furono le prime navi da esso avvistate nel corso della nuova missione, ed il comandante britannico decise di attaccare con il siluro, scelta abbastanza insolita per un bersaglio così piccolo, anche se Andrew ne aveva stimato la stazza in 600 tsl, più del doppio del reale.
L'Unbroken manovrò dunque per avvicinarsi ai due natanti italiani, che procedevano verso nord tenendosi sottocosta, con un idrovolante di scorta sul loro cielo; proprio questo idrovolante costituì un “leggero fastidio”, costringendo il sommergibile a scendere in profondità a più riprese durante la manovra di avvicinamento. Andrew notò che l'Enrica aveva colorazione mimetica ed apprezzò la sua velocità in sei nodi, basandosi su una stima della sua lunghezza e cronometrandone l’avanzamento rispetto ad un punto cospicuo della costa. Alle 15.47 l'Unbroken lanciò ben due siluri contro l'Enrica, da 2700 metri di distanza, regolandoli per una profondità di 2,45 metri e mirando alle due estremità (“subito a poppavia del dritto di prora e subito a proravia della poppa”).
Due minuti e sei secondi dopo i lanci (le fonti italiane riportano l'orario come le 15.50) l'Enrica venne colpito in pieno da uno dei siluri, affondando immediatamente a tre miglia per 260° (cioè ad ovest) da Pizzo Calabro e due miglia a nord di Briatico, nel punto 38°45' N e 16°00' E.
 
Dei ventuno uomini che componevano l'equipaggio dell'Enrica, soltanto otto sopravvissero; a raccoglierli fu l'idrovolante di scorta, subito ammarato sul punto dell’affondamento. Di sei delle vittime vennero recuperati i corpi, mentre i rimanenti sette vennero dichiarati dispersi.
 
Le vittime:
 
Rosario Caprino, capo meccanico di seconda classe, 39 anni, da Pizzo Calabro
Salvatore Contarino, marinaio militarizzato, 19 anni, da Riposto 
Giuseppe Danise, marinaio, 29 anni, da Trapani
Giuseppe Di Maio, marinaio, 23 anni, da Palmi 
Giacomo Diana, capo nocchiere di prima classe, 46 anni, da Piazza Armerina 
Roberto Guarnera, marinaio fuochista, 23 anni, da Catania
Michele Maddalena, marinaio fuochista, 27 anni, da Bisceglie
Settimo Munna, marinaio, 45 anni, da Trapani
Antonio Pasceri, sottocapo, 28 anni, da Pizzo Calabro
Salvatore Ruocco, marinaio fuochista, 25 anni, da Massa Lubrense
Giovanni Scimone, marinaio segnalatore, 21 anni, da Messina
Giorgio Spatafora, marinaio fuochista, 22 anni, da Corigliano Calabro
Giovanni Strazzullo, marinaio fuochista, 28 anni, da Napoli
Salvatore Vindigni, marinaio, 30 anni, da Pozzallo
 

L'affondamento dell'Enrica nel rapporto di missione dell'Unbroken (g.c. Platon Alexiades)


Secondo il ricordo di Domenico Prostamo, pescatore di Briatico, un ferito venne trovato sulla spiaggia di Cocca, dove furono portati anche i corpi che fu possibile recuperare. Un altro superstite, un sottufficiale, raccontò ai soccorritori che al momento del siluramento si trovava a prua estrema dell'Enrica ed era stato lanciato in aria per venti metri dall’esplosione, ricadendo in mare pressoché indenne.
Sembra uno strano scherzo del destino la sorte del capo meccanico Rosario Caprino e del sottocapo Antonio Pasceri, che proprio a Pizzo Calabro erano nati rispettivamente 39 e 28 anni prima: la loro vita finì così a pochi chilometri da dove era iniziata. Caprino, insieme al capo nocchiere Giacomo Diana ed al marinaio Settimo Munna (entrambi siciliani e quarantaseienni), era di gran lunga il più “anziano” tra gli uomini morti sull'Enrica, gli altri avevano tutti tra i venti e i trent'anni. (Non è stato possibile appurarlo con certezza, ma in considerazione del grado sembra molto probabile che Diana e Caprino fossero rispettivamente il comandante ed il direttore di macchina dell'Enrica).
L'Unbroken osservò l'idrovolante intento a recuperare i superstiti – il comandante Andrew annotò nel rapporto che il suo idrofonista ebbe in questa circostanza l’insolita occasione di ascoltare all'idrofono i rumori dei motori un aereo, invece che di una nave – fino alle 16.15, quando Andrew decise di scendere in profondità e ritirarsi verso ovest in seguito all’arrivo di una motosilurante, apparentemente proveniente da Vibo Marina. Poco dopo, alle 16.20, l'idrovolante, ultimato il salvataggio dei naufraghi, decollò ed iniziò la caccia antisommergibili, ma ormai l'attaccante si era dileguato; l'Unbroken sentì soltanto un'esplosione lontana di una bomba di profondità alle 16.58. In serata, alle 21.33, poté riemergere.
Il Titano, rimasto alla deriva (il comandante britannico credette che fosse stato portato all'incaglio), venne preso a rimorchio da tre dragamine inviati sul posto. (Secondo il ricordo di Domenico Prostamo il pontone, che avrebbe avuto a bordo duecento tonnellate di mine anticarro, munizioni ed esplosivi, sarebbe stato rimorchiato dai dragamine a Vibo Marina dopo l'affondamento dell'Enrica, venendo però rimorchiato nuovamente al largo la notte successiva ed autoaffondato in acque profonde nel timore che esplodesse con conseguenze disastrose per la città).
 
Il giorno seguente, l'Unbroken attaccò un altro rimorchiatore, il Costante, intento a rimorchiare alcune attrezzature portuali, ma questa volta i siluri mancarono il bersaglio e la pronta reazione dell'equipaggio del rimorchiatore, che aprì il fuoco contro il periscopio del sommergibile, indusse Andrew a desistere. Meglio gli andò il giorno ancora successivo, quando affondò il piroscafo Bologna al largo di Capo Vaticano. Fece poi ritorno a Malta il 26 maggio.

 

L'affondamento dell'Enrica (erroneamente menzionato come “Enrico”) nei diari di Supermarina (g.c. Platon Alexiades)


I corpi di alcune delle vittime dell'Enrica vennero recuperati dalla gente del luogo. Domenico Prostamo avrebbe ricordato a decenni di distanza: "li abbiamo portati con le barche da lassù fino a riva, fino a sotto la fontana di Cocca, i cadaveri allineati sulla spiaggia, poi portati con dei carri sopra la timpa e con dei camion militari trasportati al cimitero di Briatico e successivamente a Messina, Pizzo Calabro, Palmi e in altri paesi, per la sepoltura"; Franco Accorinti e Vincenzo e Pasquale Prostamo, anch’essi abitanti di Briatico, avrebbero similmente ricordato che i loro padri e nonni "furono incaricati dalle autorità militari di recuperare, con dei rampini e degli uncini, le vittime che venivano agganciate sul fondale e portate a bordo delle barche per essere poi trasportate a riva, sulla spiaggia sotto la fontana di Cocca. Ad un ultimo recupero avevano già legato dai piedi il corpo di un marinaio, quando fu dato ordine, da terra e con un megafono, di sganciare il cadavere in mare e di rientrare velocemente alla marina e di scendere a terra. Troppo pericoloso terminare le operazioni, il coprifuoco e la notte si stavano avvicinando ed erano state segnalate presenze nemiche in mare, nelle vicinanze".
Il secondo siluro, quello che aveva mancato il bersaglio, era esploso contro lo scoglio detto "da Maija", davanti al rione di Cocca (usato, per via della sua forma, a mo’ di piscina dai ragazzi del luogo), distruggendolo ed uccidendo innumerevoli pesci che "furono ritrovati disseminati tra la vegetazione, sul terra del pianoro soprastante la timpa, ad oltre cinquanta metri sopra il livello del mare"; la gente del posto li raccolse direttamente nell’erba, ed ebbe di che mangiare per un mese. L'esplosione fece tremare l’antica torre di avvistamento della Rocchetta. Un giovane del luogo, Alfonso Prostamo, intento alla raccolta delle patelle sulla vicina scogliera, scampò per miracolo; si ritrovò aggrappato ad uno scoglio. Il marchese Renato Bisogni, un notabile del luogo, recuperò in seguito un pezzo del siluro, che collocò poi all’ingresso della sua villa di Briatico.
Il pescatore Vincenzo Prostamo, all’epoca sedicenne, qualche giorno dopo la tragedia trovò in acqua una valigia contenente alcuni effetti personali di uno dei marinai dell'Enrica: rasoio, pennello e sapone da barba, ma anche un paio di scarpe in buone condizioni, che prese per sé, dato che lui non ne aveva. Trovò e portò a casa anche una panca in legno, che in origine era stata sul ponte della nave.
A lungo, nel dopoguerra e fino alla fine degli anni Cinquanta, palombari s'immersero sul relitto dell'Enrica per recuperare metallo da rivendere; i rottami recuperati venivano temporaneamente immagazzinati nella contrada Sant'Irene di Briatico. Venne recuperata anche la campana di bordo, su cui era incisa la frase «Naviga e lavora in pace».
Un giovane del luogo, Antonio Morello, vi s'immerse a più riprese in apnea, recuperando piatti ed altre suppellettili, fino a quando un giorno rimase intrappolato dall’improvvisa chiusura di un portellone in ferro da cui era entrato. Riuscì ad uscire da un oblò ed a risalire in superficie, ma subì un danno irreparabile ad un occhio a causa della pressione.
 
Domenico Prostamo con un articolo del "Quotidiano del Sud" relativo all'Enrica (g.c. Franco Vallone)

L'ubicazione del relitto dell'Enrica era pubblicamente nota fin dagli anni Cinquanta, come attesta l'edizione del 1958 delle "Sailing Directions for the Mediterranean Sea" edita dall'Ufficio Idrografico della Marina degli Stati Uniti, che menzionano che “il relitto del rimorchiatore Enrica giace affondato in circa 13 e mezza braccia [venticinque metri] a circa un miglio dalla riva, al traverso della stazione ferroviaria [di Briatico]”. Localmente, però, il nome della nave affondata scomparve ben presto dalla memoria comune; il relitto divenne semplicemente noto come “u vapuri”, il vapore. Solo nel 2020 ai rottami dello sfortunato rimorchiatore è stato finalmente restituito il nome.
I resti dell'Enrica, semidistrutti dai lavori di recupero del dopoguerra ed in gran parte insabbiati, giacciono davanti a Briatico a profondità compresa tra i venti e i trenta metri, ad un miglio dalla baia di Riaci; grossi pezzi di carbone sono sparpagliati nel relitto, colonizzato da alghe e spugne nere. I pescatori evitano la zona, memori delle reti impigliate e perdute sui resti del rimorchiatore affondato.
Annualmente, in occasione delle celebrazioni della Madonna del Carmine il 16 luglio, la processione delle barche di Briatico passa anche nel punto in cui venne affondato l'Enrica, sul quale vengono lanciati una corona d’alloro e fasci di fiori in memoria delle vittime.
 

Sopra, alcuni rottami dell'Enrica sui fondali di Briatico, e sotto, un rottame riportato in superficie (foto Leonardo Dorrico, via Franco Vallone)



L'affondamento dell'Enrica nel giornale di bordo dell'Unbroken (da Uboat.net):
 
"1500 hours - Sighted a floating sheer-legs towed by a large tug close inshore proceeding north. Started attack.
1547 hours - Fired two torpedoes from 3000 yards. 2m 6s after firing a hit was heard followed swiftly by breaking up noises. On returning to periscope depth the tug had sunk. The sheer-legs appeared to be beached. The escorting seaplane landed and picked up the survivors."
 
Si ringraziano Franco Vallone e Platon Alexiades.
 
 
L'Enrica su Wrecksite
L'HMS Unbroken su Uboat.net
L'affondamento dell’Enrica nel libro “The History of the British 'U' Class Submarine”
L'Enrica nei Lloyd’s Registers del 1941
L'Enrica sul Libro Registro del RINA del 1938
Torna a casa dopo tantissimi anni…

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