sabato 12 marzo 2022

Eugenio C.

L’Eugenio C. sotto il suo precedente nome di Cedrus (da www.clydeships.co.uk)

Piroscafo da carico di 4077,91 tsl, 2508,79 tsn e 7750 tpl, lungo 112,8-116,07 metri, largo 15,67 e pescante 6,68-7,7, con velocità di 10,5 nodi. Di proprietà dell’armatore Giacomo Costa fu Andrea di Genova ed iscritto con matricola 1960 al Compartimento Marittimo di Genova; nominativo di chiamata radio IBEL. Aveva cinque stive per una capienza complessiva di 8804 metri cubi.
 
Breve e parziale cronologia.
 
1° settembre 1928
Varato come Cedrus nel cantiere di Burntisland (Scozia) della Burntisland Shipbuilding Company Ltd (numero di cantiere 149).
12 ottobre 1928
Completato come Cedrus per la Arbor Shipping Company Ltd. di Londra (in gestione a Howard Tenens Ltd./Bower Shipping, sempre di Londra). Porto di registrazione Londra, nominativo di chiamata GSQX (successivamente LCNM); stazza lorda originaria 4094 tsl, netta 2496 tsn.
1930
Noleggiato alla Commonwealth and Dominion Line.
23 giugno 1930
Mentre il Cedrus è in navigazione da Port Kembla a Melbourne (è al suo primo viaggio verso l’Australia e proviene da New York, con un carico di 500 tonnellate di merci varie), due clandestini escono da sotto il telo che copre una delle lance di salvataggio: si tratta di due inglesi immigrati in Australia due anni prima e disoccupati da un anno e mezzo, che si sono imbarcati clandestinamente durante la sosta per carbonamento a Port Kembla, dove settecento disoccupati vivacchiano accampati in tende. Nascosti nella scialuppa, i due sono rimasti per ventiquattr’ore snza cibo, esposti al freddo intenso dell’inverno australiano; si offrono di lavorare a bordo in cambio della possibilità di ritornare in Inghilterra con il Cedrus, e vengono presi nell’equipaggio.



Il Cedrus fotografato al largo del Nuovo Galles del Sud il 18 giugno 1930 (National Library of Australia)


1932
In seguito alla messa in liquidazione della Bower Shipping Company, il Cedrus viene posto ceduto, insieme a tutte le navi ed agli uffici della Bower Shipping Company, alla neonata Buries Markes Ltd. di Londra, senza cambiare nome. In gestione a Brian M. McGowan.
Il Cedrus è la prima nave acquistata e gestita dalla Buries Markes, costituita a Londra due anni prima: tuttavia la situazione ancora stagnante dei noli marittimi, dovuta al calo dei flussi di merci provocato dalla Grande Depressione, porta ad una sottoutilizzazione del piroscafo, che viene soltanto noleggiato saltuariamente quando ci sono carichi da trasportare. Già nel novembre 1932 la sfavorevole situazione del mercato spinge gli armatori e mettere il Cedrus in disarmo sul fiume Fal, in Cornovaglia: non navigherà più fino alla sua vendita agli armatori Costa. La Buries Markes diverrà inattiva fino al 1938, quando sarà “resuscitata” in seguito alla sua acquisizione da parte del ramo londinese della compagnia francese Louis Dreyfus.
1934 (o 1935)
Acquistato da Giacomo Costa fu Andrea di Genova e ribattezzato Eugenio C. L’anno successivo la ditta Costa acquisterà anche il suo gemello Cerarus, che ribattezzerà Enrico Costa.
 
Un’altra immagine della nave quando si chiamava Cedrus (da www.mondocrociere.net)

Violatore di blocco
 
L’ultimo viaggio dell’Eugenio C. prima dell’ingresso dell’Italia nel secondo conflitto mondiale ebbe inizio a Casablanca nel maggio 1940: dopo aver imbarcato un carico di fosfati, il piroscafo partì alla volta di Dublino, dove giunse il 29 maggio, mentre in Europa le armate tedesche dilagavano inarrestabili in Francia ed in Belgio. Dopo una sosta di pochi giorni, l’Eugenio C. lasciò Dublino prima del 5 giugno 1940 per rientrare in Mediterraneo, mentre si facevano sempre più insistenti le voci su un’imminente entrata in guerra dell’Italia: tuttavia il 10 giugno, data della dichiarazione di guerra a Francia e Regno Unito, la nave si trovava ancora nel porto iberico di El Ferrol, sulla costa settentrionale atlantica della neutrale Spagna.
Nell’impossibilità di tornare in Italia, non potendo passare per lo stretto di Gibilterra saldamente controllato dai britannici, l’Eugenio C. rimase nel porto spagnolo, dove venne internato – come prescriveva il diritto internazionale per le navi di Paesi belligeranti che sostavano in porti neutrali oltre il limite di tempo concesso – insieme ai piroscafi Drepanum e Fidelitas, venutisi a trovare nelle sue stesse condizioni. Passò quindi i successivi dodici mesi in uno stato di sostanziale disarmo.
La difficile situazione che la Marina britannica (che aveva appena concluso l’evacuazione da Dunkerque del corpo di spedizione britannico in Francia e si trovava in quel momento concentrata nelle acque del Regno Unito per contrastare un potenziale sbarco tedesco in Gran Bretagna) attraversava in quei giorni fu una vera benedizione per i mercantili italiani sorpresi dalla dichiarazione di guerra nell’Atlantico centrale e settentrionale: grazie all’inazione della Royal Navy, che non tentò di intercettarli, ben 32 bastimenti italiani (20 navi da carico per complessive 106.608 tsl e 12 navi cisterna per totali 67.952 tsl) riuscirono a rifugiarsi nei porti della Spagna atlantica e delle Canarie. Tredici navi raggiunsero porti della Spagna, diciassette quelli delle Canarie, una il possedimento coloniale spagnolo del Rio de Oro (Sahara spagnolo, Nordafrica occidentale) ed una quello di Fernando Po (Guinea Equatoriale).
Sebbene avessero evitato di cadere in mano nemica, però, queste navi si trovavano ora bloccate in tali porti neutrali, con la prospettiva di passarvi tutta la guerra senza poter essere in alcun modo di aiuto allo sforzo bellico italiano. Non era questa l’opinione dei Comandi della Marina italiana, che presero la decisione di cercare di trasferire almeno una parte di tali bastimenti, violando la sorveglianza aeronavale britannica, in porti controllati dall’Asse: segnatamente, quelli della costa atlantica francese, occupata dalle forze tedesche, e più precisamente quello di Bordeaux, che era divenuto sede di una base atlantica di sommergibili italiani, «Betasom». In tal modo, non senza rischi, sarebbe stato almeno possibile recuperare i carichi di quei mercantili, consistenti in gran parte in materiali che sarebbero stati molto utili per l’industria bellica e le forze armate dell’Asse.
Nella pianificazione del trasferimento dei mercantili italiani dai porti neutrali di mezzo mondo a quelli della Francia occupata, la scelta ricadde, per prima cosa, proprio sui bastimenti rifugiatisi in Spagna e nelle Canarie: decisione logica, in quanto i porti spagnoli e canarini erano quelli più vicini alla Francia, ergo le navi provenienti da tali sorgitori avrebbero compiuto un percorso più breve, e risultavano dunque più facilmente “recuperabili”. Agli inizi del 1941, le navi mercantili italiane internate in Spagna ed alle Canarie erano ancora in soddisfacenti condizioni di efficienza, ancorché la forzata inerzia in porto, protrattasi per diversi mesi, avesse influito negativamente sia sugli scafi che sugli equipaggi.
Le modalità ed i tempi per il trasferimento delle navi italiane dai porti neutrali a quelli francesi vennero definite a seguito di riunioni tenutesi a Roma tra rappresentanti dei Ministeri della Marina, delle Comunicazioni (che aveva competenza sulla Marina Mercantile), degli Esteri e degli Scambi e Valute nell’autunno del 1940, ed il 14 dicembre 1940 le relative disposizioni vennero trasmesse agli addetti navali italiani in Spagna ed in Brasile (altro Paese dal quale sarebbero partiti molti “violatori di blocco” diretti in Francia). Prima ancora che queste decisioni venissero poste in essere, tuttavia, nel febbraio 1941 venne deciso un primo trasferimento dalla Spagna alla Francia: due navi mercantili che si trovavano nei porti di Vigo e San Juan de Nieva (Avilés), la nave cisterna Clizia ed il piroscafo Capo Lena. Dopo essersi trasferiti a Bilbao nella prima metà di febbraio, i due bastimenti ne ripartirono il 24 di quel mese in compagnia del piroscafo tedesco Plus, col quale raggiunsero Bordeaux il 27 febbraio. Si passò poi alle navi cisterna Frisco e Franco Martelli, che salparono dal lontano Brasile a fine marzo, ed alle navi internate alle Canarie (Ida, Atlanta, Todaro, Burano, Capo Alga, Recco, Sangro, Ernani, Gianna M.), che partirono tra aprile e giugno con alterne fortune.
 
Non è chiaro perché l’Eugenio C. fu fatto salpare soltanto dopo la traversata di tutte queste navi partite da porti ben più lontani e non invece insieme o poco dopo Clizia e Capo Lena, considerata la relativa vicinanza di El Ferrol al confine francese, fattore che aveva portato alla scelta dei primi due bastimenti destinati a violare il blocco. Ad ogni modo, il 13 giugno 1941 giunse anche il suo turno, e la nave salpò da El Ferrol al comando del capitano di lungo corso Eugenio Cattarini, di Lussinpiccolo. Inosservato dalle forze aeronavali britanniche, il piroscafo seguì la costa spagnola e poi francese e raggiunse indenne Saint Nazaire il 14 giugno, al termine di una traversata breve e priva d’intoppi.
Questo viaggio, tuttavia, non rappresentava che l’inizio delle vicissitudini belliche dell’Eugenio C. Dopo un’accurata pulizia della carena – molto sporca per la forzata sosta in porto, protrattasi per un intero anno – ed un’altrettanto attenta revisione dell’apparato motore, il 31 agosto 1941 la nave venne noleggiata da una ditta tedesca, la "Neptun" di Brema, per trasportare nella Francia occupata minerale di ferro destinato all’industria bellica tedesca, da caricare a Bilbao. Il primo viaggio da Bilbao a Bordeaux, con un carico di 7500 tonnellate di ferro, ebbe luogo il 13 settembre 1941; ne seguirono molti altri, effettuati con bandiera ed equipaggio italiani cui nel 1942 si aggiunsero anche dieci militari tedeschi addetti alle mitragliere contraeree che furono contestualmente imbarcate (quattro mitragliere da 20 mm e due di calibro minore). Ad ogni modo, non vi fu mai necessità di adoperare tali armi, giacché l’Eugenio C. sembrò rimanere misteriosamente invisibile ai velivoli britannici che pattugliavano incessantemente il Golfo di Biscaglia trasformandolo in una tomba per sommergibili, violatori di blocco e “navi corsare” tedesche: non venne infatti mai avvistato.
 
L’Eugenio C. a Bilbao nel 1941, sono visibili a prua ed a poppa le piazzole realizzate per ospitare l’armamento (g.c. Mauro Millefiorini, via www.naviearmatori.net)

Sempre nel 1942 venne presa la decisione di trasferire l'Eugenio C. in Germania, forzando il blocco britannico nel Canale della Manica. Altre navi erano andate perdute nel tentativo di attraversare il Canale, infestato da cacciatorpediniere e motosiluranti britanniche e battuto, nel punto più stretto, dalle artiglierie britanniche di Dover, che arrivavano a colpire la costa francese; ma l'Eugenio C. riuscì una volta di più a passare indenne. L’attraversamento della parte più ristretta, e quindi pericolosa, della Manica, lo stretto di Dover, avvenne nella notte tra il 20 ed il 21 giugno 1942: il piroscafo italiano salpò da Boulogne-sur-Mer con la scorta di ben 16 motodragamine della 12. Räumbootflottille e sette motovedette tedesche (Vorpostenboote: precisamente si trattava di V 1505, V 1506, V 1507, V 1509, V 1511, V 1811 e V 1813). Durante la navigazione il convoglio venne attaccato al largo di Calais dalle motosiluranti britanniche MTB 218, MTB 219 e MTB 221 (che formavano la Forza A) e da diversi caccia notturni della RAF: i britannici, al corrente del trasferimento dell’Eugenio C. da Boulogne verso est (il piroscafo era stato visto arrivare a Boulogne il mattino del 20 giugno), avevano dislocato ben tre gruppi di motosiluranti in agguato presso la boa numero 2 dello stretto, denominati Forza A (MTB 218, 219 e 221), Forza B (MTB 44, 45 e 48) e Forza Y (motocannoniere MGB 315, 319 e 329). La prima e l’ultima avrebbero attaccato congiuntamente, al largo di Calais, mentre la Forza B avrebbe attaccato subito dopo.
Il mare era calmissimo, con una foschia che aleggiava sulla costa francese, riducendo la visibilità a 2-3 miglia; alle 23.30 del 20 giugno i radar delle motosiluranti britanniche rilevarono una decina di imbarcazioni, delle quali una o due di grosse dimensioni, in uscita da Boulogne con rotta verso est, ad una velocità di sei nodi. La mancata accensione della boa numero 2, che non poté così essere trovata dalle motosiluranti, compromise l’accuratezza dell’intercettazione del convoglio, che si rivelò inoltre più lento di quanto preventivato dai britannici; per giunta la Forza A e la Forza Y si persero di vista, così che dovettero condurre i loro attacchi separatamente, contrariamente a quanto previsto. I caccia dell’11° Gruppo del Coastal Command della RAF, intanto, sorvolavano il convoglio a scopo diversivo, attirando su di sé un intenso tiro contraereo ed illuminante sia da terra che dalle navi; cacciabombardieri Hawker Hurricane furono inviati all’attacco del convoglio ma dovettero rinunciare a causa della scarsa visibilità.
Per due ore le motosiluranti della Forza A scambiarono colpi con le unità della scorta tedesca, ma non riuscirono a superarne lo schermo protettivo, ed alla fine dovettero ritirarsi senza essere riuscite a recare danno all'Eugenio C., che raggiunse indenne Dunkerque verso le 4.30 del mattino del 21 giugno. Nessuna unità, in entrambi gli schieramenti, aveva subito danni o perdite.
Da Dunkerque il piroscafo proseguì poi per la Germania, dopo di che riprese a fare la spola, stavolta tra la Germania e la Norvegia. (Secondo una fonte sarebbe passato definitivamente sotto controllo tedesco ad Amburgo il 9 marzo 1943, per poi tornare a Bordeaux od a Saint Nazaire dove si trovava all’epoca dell’armistizio: questo appare però piuttosto illogico).
 
La buona stella che vegliava sulle sorti del piroscafo della Costa si esaurì però l’8 settembre 1943, giorno della proclamazione dell’armistizio tra l’Italia e gli Alleati: sorpreso dalla ferale notizia al largo di Amburgo (per altra fonte, in quel porto), il 9 settembre l'Eugenio C. venne catturato dagli ex alleati. Mantenendo a bordo il proprio equipaggio italiano, ma con un’incrementata presenza tedesca, il piroscafo fu affidato in gestione alla Rickmers Reederei AG di Berlino (o di Amburgo) e continuò a trasportare minerale di ferro tra Germania e Norvegia, con il nuovo nominativo di chiamata radio DYBX.
Alle 18.30 dell'11 ottobre 1943 l'Eugenio C. salpò da Reppefjord diretto a Kirkenes insieme ad un numeroso convoglio (denominato NW Ost K3) che comprendeva altri dieci mercantili (Ammerland, Alsterdamm, Fink, Kora, Spree, Ulv, Banco, Rogn, Tripp ed Unkas) scortati dai dragamine M 272, M 273, M 306, M 364, M 365 e MRS 3, dai cacciasommergibili UJ 1206, UJ 1207 e UJ 1208 e dalle vedette V 6101, V 6012, V 6104, V 6106, V 6107,  V 6111 e V 6113. Alle 7.48 (ora tedesca; 8.59 secondo l'orario sovietico) del 12 ottobre il convoglio venne attaccato dal sommergibile sovietico S 55 (tenente di vascello Lev Mihailovich Sushkin), che affondò l’Ammerland con quattro siluri al largo di Porsangerfjord, in posizione 70°59' N e 26°26' E. La scorta contrattaccò infruttuosamente col lancio di settanta bombe di profondità, dopo di che il convoglio proseguì per Kirkenes, ove giunse alle 17.15 del 13 ottobre. Da qui l'Eugenio C. proseguì per Petsamo, in Finlandia, dove giunse il 28 ottobre, facendone ritorno il 12 novembre. Il 22 novembre si trovò di nuovo a far parte di un convoglio, il NW West K3 (che comprendeva anche i piroscafi Asien, Alsterdamm, Hanau, Algol, Duburg e Minna Cords, scortati dalla cannoniera K 3, dai dragamine M 273 e M 365, dal motodragamine R 121, dalle vedette V 6102, V 6104, V 6106, V 6108, V 6111, RAU. 7, Nki 15 e Nki 25 e dai cacciasommergibili UJ 1206 e UJ 1219), attaccato da un sommergibile sovietico, l'L 15 del capitano di corvetta Vasily Isakovich Komarov, sempre al largo di Porsangerfjord: questa volta, però, i sei siluri lanciati dal battello sovietico alle 13.25 mancarono tutti il bersaglio, ed il convoglio non si accorse neanche di essere stato attaccato.
 
L'ultimo atto della storia dell'Eugenio C. si consumò il mattino del 26 aprile 1944, quando il convoglio di cui faceva parte venne attaccato da ben 83 aerei britannici (altra fonte parla di 30-40) decollati dalle portaerei Furious e Victorious nel fiordo di Bodø (Fugløyfjord), nella Norvegia settentrionale.
Le due portaerei facevano parte di una squadra navale salpata da Scapa Flow il precedente 21 aprile al comando del viceammiraglio Henry Ruthven Moore, vicecomandante della Home Fleet, che comprendeva altre quattro portaerei, più piccole, di scorta (Searcher, Striker, Pursuer ed Emperor), la corazzata Anson, l'incrociatore pesante Kent, gli incrociatori leggeri Royalist e Jamaica ed i cacciatorpediniere Algonquin, Sioux, Serapis, Swift, Kelvin, Javelin, Kempenfelt, Ursa, Undaunted, Vigilant, Venus, Wakeful, Wizard e Piorun (quest’ultimo polacco), diretta al largo della costa settentrionale norvegese per una triplice operazione. La Forza 7, composta da Furious, Victorious, Anson, Kent, Kempenfelt, Venus, Vigilant, Algonquin, Sioux, Swift e Kelvin, aveva l’incarico di attaccare la corazzata tedesca Tirpitz, che proprio dei fiordi della Norvegia aveva fatto il suo nascondiglio, braccata con crescente insistenza dalle forze aeree di sua maestà: tale operazione era stata denominata "Planet". La seconda operazione era denominata "Ridge" e consisteva in due separati attacchi, "Ridge Able" e "Ridge Baker", diretti rispettivamente contro il naviglio tedesco nelle acque di Bodø ed in quelle di Rorvik. Il primo avrebbe dovuto essere effettuato dalla Forza 7 dopo l'attacco alla Tirpitz, mentre il secondo sarebbe stato compito della Forza 8, composta da Searcher, Pursuer, Striker, Emperor, Royalist, Jamaica, Serapis, Ursa, Undaunted, Wizard, Wakeful, Javelin e Piorun. Infine, l’operazione "Veritas" prevedeva un volo di ricognizione sulla baia di Narvik da parte di velivoli decollati dalla Victorious, allo scopo di verificare le condizioni per un possibile sbarco anfibio nella zona.
L'operazione "Planet" era fallita a causa del maltempo, che aveva impedito agli aerei di decollare sia il 24 che il 25 aprile; in seguito alla sua cancellazione, l’ammiraglio Moore aveva deciso di annullare anche "Ridge Baker" e di impiegare entrambe le forze navali per "Ridge Able", lanciando un attacco in due ondate sul fiordo di Bodø: la prima avrebbe attaccato il porto di Bodø, mentre la seconda avrebbe setacciato gli approcci a sud di tale località in cerca di naviglio da attaccare. Dopo aver mandato i cacciatorpediniere a rifornirsi, la piccola flotta al comando dell’ammiraglio Moore raggiunse la posizione prestabilita per il decollo degli aerei all'alba del 26 aprile 1944; le condizioni meteorologiche erano ancora una volta tutt’altro che ideali, e particolarmente avverse sulla costa, così che quando i ricognitori avvistarono un convoglio di quattro-cinque mercantili scortati in navigazione verso sud, in posizione 67°06' N e 13°57' E, venne deciso che tutti gli aerei l’avrebbero attaccato, anche quelli destinati all’attacco sul porto di Bodø.
Il convoglio in questione, denominato Bo-224-Rö, era quello di cui faceva parte l'Eugenio C., partito da Narvik e diretto in Germania con un carico di minerale di ferro: oltre al piroscafo ex italiano, formavano il convoglio i piroscafi Leena, Itauri e Lotte Leonhardt, scortati dalle vedette V 5905 Varanger e V 5906 Nordpol.
Colpito da varie bombe, l'Eugenio C. si inabissò verso le cinque di quel mattino (fonti tedesche parlano delle 5.48) nelle gelide acque del fiordo, al largo di Gildeskål e venti miglia a sud di Bodø.
 
Oltre all'Eugenio C., sotto le bombe sganciate dagli aerei britannici affondarono anche l'Itauri (che, incendiato da due bombe, fu portato all’incaglio per poi affondare in un secondo momento) ed il Lotte Leonhardt; la V 5905 venne colpita ed incendiata, pur senza affondare, mentre il Leena, unico piroscafo a non subire danni seri, venne abbandonato dall'intero equipaggio, salvo il comandante ed il nostromo, che si mise in salvo sulle lance all'inizio dell'attacco. Uno dei velivoli britannici mitragliò le scialuppe del Leena, costringendone gli occupanti a gettarsi in mare; conclusa l’incursione, gli uomini del Leena tornarono a bordo della nave – che, trovandosi al centro della formazione, aveva subito solo lievi danni per effetto del mitragliamento – che riprese la navigazione con la scorta della V 5906, raggiungendo Sandnessjøen.
I britannici, che rivendicarono centri su quattro mercantili ed una unità di scorta (tutto sommato una rivendicazione molto vicina alla realtà, eccedendo solo per un mercantile), di cui un mercantile incendiato ed incagliato (l'Itauri, correttamente identificato come nave più grossa del convoglio) ed altri due incendiati (Eugenio C. e Lotte Leonhardt), persero cinque aerei abbattuti dal tiro delle navi o dalla caccia tedesca: un bombardiere Fairey Barracuda e quattro caccia, di cui un Grumman F4F Wildcat, un Grumman F6F Hellcat e due Vought F4U Corsair. Un sesto aereo, un altro Hellcat, si schiantò in fase di appontaggio sull’Emperor.
Qualche aereo britannico separatosi dalla formazione rivolse le sue attenzioni verso altri obiettivi: due bombardieri Fairey Barracuda e diversi caccia attaccarono il porto di Bodø a dispetto del maltempo, rivendicando una bomba a segno su un grosso mercantile, mentre altri due Barracuda attaccarono un mercantile abbandonato sulla costa, ritenendo di averlo colpito con almeno una bomba.
Terminata "Ridge", alle 7.30 del 26 Victorious, Kent, Venus e Vigilant si separarono dal grosso per condurre "Veritas", mentre il resto delle forze 7 e 8 assunse rotta verso Scapa Flow, dove sarebbero giunte il 28 aprile.
 
Le perdite tra l'equipaggio dell'Eugenio C. furono estremamente pesanti: di 45 uomini imbarcati, soltanto in dodici, otto marinai italiani e quattro militari tedeschi addetti all’armamento contraereo, poterono essere tratti in salvo dalle vedette tedesche V 5905 e V 5906. Persero la vita 17 marinai italiani, cinque marinai tedeschi, dieci militari tedeschi addetti all’armamento contraereo ed il pilota norvegese.

Le vittime tra l'equipaggio italiano:

Salvatore Barca, cuoco, da Torre del Greco
Emilio Berisso, capitano di lungo corso, da Sestri Levante
Adriano Carezzano, carbonaio, da Genova
Giulio Conte, marittimo, da Imperia
Giuseppe De Luca, marinaio, da Torre del Greco
Duilio Doero, capitano di lungo corso, da La Spezia
Luigi Falanga, caporale di macchina, da Torre del Greco
Silvio Giribaldo, marittimo, da Imperia
Leonardo Mistrali, cameriere, da Parma
Ostilio Molinari, fuochista, da Genova
Carlo Navone, marinaio, da Chiavari
Bartolomeo Olcese, marinaio, da Santa Margherita Ligure
Umberto Oneto, marinaio, da Portofino
Orazio Orsono, fuochista, da Vittorio
Vincenzo Saglietto, nostromo, da Imperia
Nicola Stagnaro, fuochista, da Sestri Levante
Enrico Tassara, marinaio, da Santa Margherita Ligure
 

 
D/S Eugenio C
L’Eugenio C. su Wrecksite
Il Cedrus su Clydeships
Due mercantili italiani a Dublino il 1° giugno 1940 e i loro destini
Buries Markes Limited – London
La flotta Costa su Histarmar
La flotta Costa su Theshipslist
Buries Markes Ltd., London
La Buries Markes Ltd
War Diary, German Naval Staff Operations Division, September 1943
L’HMS Searcher su Uboat.net

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