Torpediniera della
classe Spica tipo Alcione (dislocamento standard di 670 tonnellate, in carico
normale 975 tonnellate, a pieno carico 1050 tonnellate).
La Libra e le gemelle Lupo, Lince e Lira (costruite a Fiume) si distinguevano rispetto alle altre unità della loro serie in quanto dotate di quattro tubi lanciasiluri singoli, anziché due binati (furono però modificate e dotate anch’esse di tubi lanciasiluri binati entro il 1941).
Nella parte iniziale
del conflitto la Libra operò in Egeo
alle dipendenze del Comando Marina di Lero, svolgendo attività di protezione
del traffico, dragaggio e vigilanza antisommergibili nel Dodecaneso; svolse
anche saltuarie missioni in acque italiane. Dopo la caduta della Grecia, fu
trasferita alle dipendenze del Comando Navale dell’Egeo, estendendo la sua
attività – sostanzialmente invariata in natura – alla Grecia continentale ed ai
suoi arcipelaghi.
Nella seconda metà del 1942 svolse alcune missioni di scorta verso Tobruk, mentre nel 1943 svolse nel Canale di Sicilia attività di scorta ai convogli diretti in Tunisia, fino alla caduta di quell’ultimo bastione dell’Asse in Africa. Complessivamente, nel periodo giugno 1940-settembre 1943 svolse oltre cento missioni di scorta a convogli o mercantili isolati, oltre a numerose missioni di vigilanza antisommergibili e di esplorazione, in massima parte in Egeo.
Nel corso di queste missioni diede più volte la caccia a sommergibili nemici e si scontrò con bombardieri ed aerosiluranti; in due occasioni attaccò col siluro convogli britannici diretti a Creta, lanciando contro unità maggiori di scorta, ma senza successo.
Rimasta nella Marina
Militare dopo la fine della guerra, fu la penultima unità della classe Spica ad
essere radiata, dopo 26 anni di servizio, precedendo di pochi mesi l’ultima, la
Sagittario.
Breve e parziale cronologia.
7 dicembre 1936
Impostazione presso i Cantieri Navali del Quarnaro di Fiume.
3 ottobre 1937
Varo presso i Cantieri Navali del Quarnaro di Fiume. Si tratta di una delle tre unità varate lo stesso giorno, in cantieri diversi, nel quadro del programma di ampliamento della flotta italiana: lo stesso 3 ottobre, infatti, vengono varati anche i sommergibili Gondar (a Taranto) ed Uebi Scebeli (a Fiume).
19 gennaio 1938
Entrata in servizio.
La sua attività iniziale comprende lunghi rimorchi sperimentali di squadriglie di tre MAS ed un periplo addestrativo della penisola italiana.
Successivamente, assegnata alla Flottiglia di Messina ed inquadrata nell’VIII Squadriglia Torpediniere (secondo una fonte, di base a Napoli per un periodo) con le gemelle Lupo, Lince e Lira, completa il suo addestramento in unità complessa, per poi essere assegnata alla Divisione Scuola Comando (avente sede ad Augusta), con la quale rimarrà fino all’entrata nel secondo conflitto mondiale, prendendo parte a tutte le sessioni addestrative della Scuola.
La Libra e le gemelle Lupo, Lince e Lira (costruite a Fiume) si distinguevano rispetto alle altre unità della loro serie in quanto dotate di quattro tubi lanciasiluri singoli, anziché due binati (furono però modificate e dotate anch’esse di tubi lanciasiluri binati entro il 1941).
Nella seconda metà del 1942 svolse alcune missioni di scorta verso Tobruk, mentre nel 1943 svolse nel Canale di Sicilia attività di scorta ai convogli diretti in Tunisia, fino alla caduta di quell’ultimo bastione dell’Asse in Africa. Complessivamente, nel periodo giugno 1940-settembre 1943 svolse oltre cento missioni di scorta a convogli o mercantili isolati, oltre a numerose missioni di vigilanza antisommergibili e di esplorazione, in massima parte in Egeo.
Nel corso di queste missioni diede più volte la caccia a sommergibili nemici e si scontrò con bombardieri ed aerosiluranti; in due occasioni attaccò col siluro convogli britannici diretti a Creta, lanciando contro unità maggiori di scorta, ma senza successo.
Impostazione presso i Cantieri Navali del Quarnaro di Fiume.
3 ottobre 1937
Varo presso i Cantieri Navali del Quarnaro di Fiume. Si tratta di una delle tre unità varate lo stesso giorno, in cantieri diversi, nel quadro del programma di ampliamento della flotta italiana: lo stesso 3 ottobre, infatti, vengono varati anche i sommergibili Gondar (a Taranto) ed Uebi Scebeli (a Fiume).
19 gennaio 1938
Entrata in servizio.
La sua attività iniziale comprende lunghi rimorchi sperimentali di squadriglie di tre MAS ed un periplo addestrativo della penisola italiana.
Successivamente, assegnata alla Flottiglia di Messina ed inquadrata nell’VIII Squadriglia Torpediniere (secondo una fonte, di base a Napoli per un periodo) con le gemelle Lupo, Lince e Lira, completa il suo addestramento in unità complessa, per poi essere assegnata alla Divisione Scuola Comando (avente sede ad Augusta), con la quale rimarrà fino all’entrata nel secondo conflitto mondiale, prendendo parte a tutte le sessioni addestrative della Scuola.
La Libra partecipa alla rivista navale "H", organizzata nel Golfo di Napoli in occasione della visita in Italia di Adolf Hitler.
6-7 aprile 1939
La Libra partecipa all’Operazione "OMT" ("Oltre Mare Tirana"), l’invasione ed occupazione dell’Albania. La torpediniera fa parte del II Gruppo Navale (al comando dell’ammiraglio di divisione Ettore Sportiello), quello principale, incaricato dello sbarco a Durazzo: oltre alla Libra, lo compongono le gemelle Lupo, Lince e Lira, gli incrociatori pesanti Zara, Pola, Fiume e Gorizia, i cacciatorpediniere Vittorio Alfieri, Alfredo Oriani, Vincenzo Gioberti e Giosuè Carducci, la nave appoggio idrovolanti Giuseppe Miraglia – carica di carri armati –, la nave officina Quarnaro, le cisterne militari Tirso ed Adige (unità bivalenti, impiegabili anche come navi da sbarco) ed i mercantili requisiti Adriatico, Argentario, Barletta, Palatino, Toscana e Valsavoia.
Il II Gruppo deve sbarcare la più nutrita delle quattro colonne su cui si articola il corpo di spedizione (le altre tre sono sbarcate a Valona, Santi Quaranta e San Giovanni di Medua), incaricata di conquistare Tirana; le truppe da sbarco sono al comando del generale Giovanni Messe. La forza da sbarco, che consta complessivamente di circa 4700 uomini, comprende un reggimento di formazione al comando del colonnello Alberto Mannerini, composto dal I e II Battaglione del 3° Reggimento Granatieri di Sardegna e dal I Battaglione del 47° Reggimento Fanteria; il 2° Reggimento Bersaglieri con il II e XVII Battaglione Bersaglieri, più il XIV Battaglione del 3° Reggimento Bersaglieri; un gruppo bersaglieri al comando del colonnello Amerigo Anderson, formato dal X e XXVII Battaglione Bersaglieri (appartenenti rispettivamente al 7° ed all’11° Reggimento Bersaglieri); un gruppo carri leggeri al comando del colonnello Giovanni D’Antoni, formato dal VIII e X Battaglione Carri del 4° Reggimento Fanteria Carrista, con carri armati L3/35; una batteria d’accompagnamento da 65/17 mm del 3° Reggimento Granatieri di Sardegna; una batteria contraerei da 20/65 mm del 14° Reggimento Artiglieria. Tali truppe sono trasportate da Adriatico, Argentario, Barletta, Palatino, Toscana, Quarnaro, Valsavoia, Adige, Tirso e Miraglia.
Le navi da guerra giungono a Durazzo già nel pomeriggio del 6 aprile (e la Lupo, prima di ricongiungersi alle altre unità, raggiunge il molo per recuperare il personale militare e diplomatico italiano), mentre quelle mercantili ed ausiliarie (che hanno a bordo le truppe ed i materiali da sbarcare) solo alle 4.50 del 7, con mezz’ora di ritardo a causa della nebbia incontrata. Prima di dare inizio all’attacco viene inviata a terra un’imbarcazione con a bordo una ventina di uomini, cui gli albanesi impediscono di passare; ne consegue il primo scambio di colpi, che dà inizio alla battaglia. Alle 5.25 ha inizio lo sbarco, che procede pur con qualche inconveniente (ordini di precedenza non rispettati per il ritardo di alcuni trasporti, impossibilità per alcuni di essi di entrare in porto a causa dell’eccessivo pescaggio).
Le prime truppe a prendere terra sono i distaccamenti da spiaggia e le compagnie da sbarco delle navi da guerra: a dispetto della calma apparente (la città è illuminata), non appena i militari italiani scendono sui moli divengono il bersaglio di violento tiro di fucili e mitragliatrici appostate tra i vicini edifici portuali.
La difesa albanese è comandata dal maggiore Abaz Kupi della gendarmeria e dal suo parigrado Alibali dell’esercito albanese; a contrastare lo sbarco vi sono un battaglione di guardia di frontiera, un battaglione dell’esercito albanese, un plotone di fanteria di Marina, una compagnia del Genio, una batteria da montagna (con due cannoni da 75/13 mm) e numerosi volontari, armati di fucili oltre a tre mitragliatrici Schwarzlose ed appoggiati dalla batteria costiera "Prandaj" (dotata di quattro cannoni Skoda da 75/27 mm, al comando del maggiore Gaqe Jorgo). Quest’ultima apre il fuoco sulle navi italiane, colpendo, secondo alcune fonti, la catapulta dell’idrovolante del Fiume; anche la Lupo viene colpita dal tiro proveniente da terra, senza riportare danni di rilievo ma subendo perdite tra l’equipaggio.
La seconda ondata italiana, ben più numerosa della prima, viene accolta dai difensori appostati dieto al frangiflutti del porto con tiro di mitragliatrice; ad essere risolutiva è la terza ondata, appoggiata dal tiro delle navi. Vengono sbarcati anche i mezzi corazzati; dopo alcune ore di combattimento, che si spinge in alcuni casi al corpo a corpo, le truppe albanesi sono costrette a ritirarsi, ed entro le nove del mattino Durazzo è saldamente in mano italiana.
Le perdite italiane ammontano a 25 morti e 97 feriti, quelle albanesi a 51 morti; insieme alla città ed alle batterie costiere vengono catturate quattro motovedette della Marina albanese. Nel complesso, quella trovata a Durazzo risulterà essere la resistenza più accanita incontrata dalle forze da sbarco italiane in Albania; da Durazzo la colonna del generale Messe avanzerà verso Tirana, che sarà conquistata il giorno seguente.
La Libra partecipa all’Operazione "OMT" ("Oltre Mare Tirana"), l’invasione ed occupazione dell’Albania. La torpediniera fa parte del II Gruppo Navale (al comando dell’ammiraglio di divisione Ettore Sportiello), quello principale, incaricato dello sbarco a Durazzo: oltre alla Libra, lo compongono le gemelle Lupo, Lince e Lira, gli incrociatori pesanti Zara, Pola, Fiume e Gorizia, i cacciatorpediniere Vittorio Alfieri, Alfredo Oriani, Vincenzo Gioberti e Giosuè Carducci, la nave appoggio idrovolanti Giuseppe Miraglia – carica di carri armati –, la nave officina Quarnaro, le cisterne militari Tirso ed Adige (unità bivalenti, impiegabili anche come navi da sbarco) ed i mercantili requisiti Adriatico, Argentario, Barletta, Palatino, Toscana e Valsavoia.
Il II Gruppo deve sbarcare la più nutrita delle quattro colonne su cui si articola il corpo di spedizione (le altre tre sono sbarcate a Valona, Santi Quaranta e San Giovanni di Medua), incaricata di conquistare Tirana; le truppe da sbarco sono al comando del generale Giovanni Messe. La forza da sbarco, che consta complessivamente di circa 4700 uomini, comprende un reggimento di formazione al comando del colonnello Alberto Mannerini, composto dal I e II Battaglione del 3° Reggimento Granatieri di Sardegna e dal I Battaglione del 47° Reggimento Fanteria; il 2° Reggimento Bersaglieri con il II e XVII Battaglione Bersaglieri, più il XIV Battaglione del 3° Reggimento Bersaglieri; un gruppo bersaglieri al comando del colonnello Amerigo Anderson, formato dal X e XXVII Battaglione Bersaglieri (appartenenti rispettivamente al 7° ed all’11° Reggimento Bersaglieri); un gruppo carri leggeri al comando del colonnello Giovanni D’Antoni, formato dal VIII e X Battaglione Carri del 4° Reggimento Fanteria Carrista, con carri armati L3/35; una batteria d’accompagnamento da 65/17 mm del 3° Reggimento Granatieri di Sardegna; una batteria contraerei da 20/65 mm del 14° Reggimento Artiglieria. Tali truppe sono trasportate da Adriatico, Argentario, Barletta, Palatino, Toscana, Quarnaro, Valsavoia, Adige, Tirso e Miraglia.
Le navi da guerra giungono a Durazzo già nel pomeriggio del 6 aprile (e la Lupo, prima di ricongiungersi alle altre unità, raggiunge il molo per recuperare il personale militare e diplomatico italiano), mentre quelle mercantili ed ausiliarie (che hanno a bordo le truppe ed i materiali da sbarcare) solo alle 4.50 del 7, con mezz’ora di ritardo a causa della nebbia incontrata. Prima di dare inizio all’attacco viene inviata a terra un’imbarcazione con a bordo una ventina di uomini, cui gli albanesi impediscono di passare; ne consegue il primo scambio di colpi, che dà inizio alla battaglia. Alle 5.25 ha inizio lo sbarco, che procede pur con qualche inconveniente (ordini di precedenza non rispettati per il ritardo di alcuni trasporti, impossibilità per alcuni di essi di entrare in porto a causa dell’eccessivo pescaggio).
Le prime truppe a prendere terra sono i distaccamenti da spiaggia e le compagnie da sbarco delle navi da guerra: a dispetto della calma apparente (la città è illuminata), non appena i militari italiani scendono sui moli divengono il bersaglio di violento tiro di fucili e mitragliatrici appostate tra i vicini edifici portuali.
La difesa albanese è comandata dal maggiore Abaz Kupi della gendarmeria e dal suo parigrado Alibali dell’esercito albanese; a contrastare lo sbarco vi sono un battaglione di guardia di frontiera, un battaglione dell’esercito albanese, un plotone di fanteria di Marina, una compagnia del Genio, una batteria da montagna (con due cannoni da 75/13 mm) e numerosi volontari, armati di fucili oltre a tre mitragliatrici Schwarzlose ed appoggiati dalla batteria costiera "Prandaj" (dotata di quattro cannoni Skoda da 75/27 mm, al comando del maggiore Gaqe Jorgo). Quest’ultima apre il fuoco sulle navi italiane, colpendo, secondo alcune fonti, la catapulta dell’idrovolante del Fiume; anche la Lupo viene colpita dal tiro proveniente da terra, senza riportare danni di rilievo ma subendo perdite tra l’equipaggio.
La seconda ondata italiana, ben più numerosa della prima, viene accolta dai difensori appostati dieto al frangiflutti del porto con tiro di mitragliatrice; ad essere risolutiva è la terza ondata, appoggiata dal tiro delle navi. Vengono sbarcati anche i mezzi corazzati; dopo alcune ore di combattimento, che si spinge in alcuni casi al corpo a corpo, le truppe albanesi sono costrette a ritirarsi, ed entro le nove del mattino Durazzo è saldamente in mano italiana.
Le perdite italiane ammontano a 25 morti e 97 feriti, quelle albanesi a 51 morti; insieme alla città ed alle batterie costiere vengono catturate quattro motovedette della Marina albanese. Nel complesso, quella trovata a Durazzo risulterà essere la resistenza più accanita incontrata dalle forze da sbarco italiane in Albania; da Durazzo la colonna del generale Messe avanzerà verso Tirana, che sarà conquistata il giorno seguente.
Dislocata a Lero (Dodecaneso) insieme alle gemelle Lupo (caposquadriglia), Lince e Lira, con le quali forma l’VIII Squadriglia Torpediniere, alle dipendenze del Comando Marina di Lero.
6 giugno-10 luglio 1940
La Libra, insieme a Lince e Lira, ai cacciatorpediniere Francesco Crispi e Quintino Sella ed al posamine ausiliario Lero, partecipa alla posa dei campi minati difensivi del Dodecaneso. In tutto, la Libra partecipa alla posa di diciotto sbarramenti antinave e tre antisommergibili, tutti con mine tipo Elia: dodici sbarramenti antinave di 30 mine ciascuno ed uno antisommergibili di 65 mine nelle acque di Lero, e sei sbarramenti antinave di 25 mine ciascuno e due antisommergibili, uno di 25 mine e l’altro di 50, nelle acque di Rodi.
10 giugno 1940
All’entrata dell’Italia nella seconda guerra mondiale, la Libra (tenente di vascello Ernesto Notari) fa parte della VIII Squadriglia Torpediniere, di base a Rodi, insieme alle gemelle Lupo, Lince e Lira. La squadriglia è alle dipendenze del Comando Gruppo Navale italiano in Egeo (o Comando Navale Mar Egeo), venendo adibita alla scorta al traffico mercantile ed ai trasporti di truppe e materiali fra le isole del Dodecaneso e la Grecia.
23 novembre 1940
Libra, Lupo, Lince e Lira bombardano al tramonto il porto dell’isola greca di Samo, nel quale è stata avvistata una concentrazione di una decina di motovelieri in aggiunta ai posamine-cannoniere elleniche Paralos e Pleias che vi hanno stabilmente base. Le torpediniere ritengono di aver colpito Paralos e Pleias e (erroneamente) di aver anche affondato una piccola motosilurante.
Effettivamente, dopo questi attacchi "deterrenti" non vi saranno altre sortite greche contro le isole in mano italiana.
27 gennaio 1941
La Libra lascia Tripoli alle 5 scortando la motonave Vettor Pisani (capitano di corvetta Giorgio Giobbe), con destinazione Bengasi.
La destinazione finale è, in realtà, Rodi: nel Dodecaneso, virtualmente sottoposto a blocco navale britannico (il Mar Egeo è di fatto controllato dalle forze aeronavali britanniche e greche), i viveri ormai scarseggiano, sia per la guarnigione che, soprattutto, per la popolazione civile. Nonostante l’invio delle motonavi Calino, Calitea e RAMB III (delle quali solo l’ultima, però, avente un carico di provviste), la situazione nelle isole rimane grave: la popolazione è già costretta ad un rigido razionamento (patate e formaggio sono già spariti definitivamente, salvo che per i contadini) e, se non arriveranno a breve nuove vettovaglie, il rischio è la resa per fame (che, secondo quanto riferito da informatori greci al Cairo, avverrebbe entro la fine del gennaio 1941) o la forzosa cessione dell’arcipelago alla Turchia.
La Pisani ha pertanto imbarcato il più consistente carico destinato al Dodecaneso dall’inizio della guerra: quasi 5000 tonnellate di viveri, oltre a 1321 tonnellate di materiali destinate alle forze militari italiane in quelle isole (compreso il materiale necessario a trasformare i piroscafi Sicilia e Toscana, là bloccati dall’inizio della guerra, in navi ospedale).
Il viaggio da Napoli a Bengasi è puramente a scopo di copertura, per nascondere ad eventuali ricognitori britannici la vera destinazione della nave, facendola sembrare diretta come al solito in Nordafrica. La Libra ha il ruolo di caposcorta, ed è coadiuvata nel suo compito da altre unità che si alternano durante il tragitto, sotto la sua supervisione.
28 gennaio 1941
Libra e Pisani arrivano in mattinata a Bengasi; la motonave prosegue poi per Lero da sola e senza scorta. Raggiungerà indenne Rodi il mattino del 31 gennaio.
31 gennaio 1941
La Libra e la Lupo (capitano di corvetta Francesco Mimbelli) salpano da Lero in serata per condurre un pattugliamento antisommergibili nel Canale di Caso, a nordest di Creta. Durante tale missione, in posizione 35°31' N e 25°34' E, le due torpediniere s’imbattono nel convoglio britannico AN 14, proveniente da Alessandria e Port Said e diretto al Pireo: lo formano dieci mercantili, sette britannici e tre greci, scortati dall’incrociatore antiaerei Calcutta (capitano di fregata Herbert Annesley Packer, caposcorta), dai cacciatorpediniere Dainty e Jaguar e dalle corvette Gloxinia e Peony. Il grosso del convoglio è partito da Port Said il 28 gennaio, scortato dalla Gloxinia; la motonave Levernbank e la cisterna militare Desmoulea sono salpati da Alessandria il 29, scortati da Calcutta e Peony, seguiti dopo qualche ora dal trasporto truppe Ethiopia, carico di personale della RAF e scortato dal cacciatorpediniere Hasty. Gli incrociatori leggeri Ajax e Perth (quest’ultimo australiano) forniscono copertura a distanza, mentre Dainty e Jaguar procedono in avanscoperta, rastrellando il Canale di Caso precedendo il convoglio.
(Secondo un’altra versione, invece, Libra e Lupo sarebbero partite da Lero la sera del 30 gennaio allo specifico scopo di intercettare il convoglio, segnalato dalla ricognizione aerea; alla partenza a salutarle personalmente sulla banchina era l’ammiraglio Luigi Biancheri, comandante delle forze della Marina nel Dodecaneso). Le condizioni sono favorevoli ad un attacco, grazie alla luna nuova (è la prima Volta, dall’inizio della guerra, che una formazione nemica passa entro il raggio d’azione delle forze navali del Dodecaneso durante un periodo di luna nuova), anche se il tempo va rapidamente peggiorando poco dopo la partenza delle torpediniere.
Libra e Lupo, avvistato il convoglio al largo di Capo Sidero, stimano che sia scortato da un incrociatore e tre cacciatorpediniere; la Libra attacca per prima, verso le 2.30 del 1° febbraio (altra fonte parla invece delle 18 del 31 gennaio), lanciando due siluri da 450 mm senza successo contro un incrociatore, e dopo alcuni minuti è il turno della Lupo, che lancia a sua Volta due siluri da soli 600 metri di distanza contro quello che viene identificato come una grossa petroliera (per altra fonte, probabilmente erronea, le due unità si sarebbero separate e la Libra avrebbe manovrato per creare un diversivo e distogliere l’attenzione della scorta dalla Lupo, che avrebbe attaccato per prima; poi anche la Libra avrebbe attaccato, lanciando infruttuosamente due siluri contro un incrociatore). Impegnate dalla scorta – che non le ha viste prima dell’attacco, ed è stata così colta di sorpresa – con violento ma confuso tiro d’artiglieria, le due torpediniere riescono a ripiegare indenni; i britannici crederanno per anni di essere stati attaccati da dei ben più piccoli MAS.
I siluri lanciati dalla
Libra mancano il bersaglio, mentre
uno dei due siluri lanciati dalla Lupo
colpisce la Desmoulea all’altezza
della sala macchine, incendiandola (sulla Lupo
si ritiene di aver messo a segno entrambi i siluri, affondando la petroliera). Abbandonata
dall’equipaggio (che però torna a bordo quando diviene chiaro che la nave non
sta affondando) e presa a rimorchio dal Dainty
due ore dopo l’attacco (il Perth si è
diretto sul posto per fornire assistenza, ma è stato richiamato dal comandante
in capo, per riprendere i suoi compiti di scorta), la Desmoulea verrà portata all’incaglio nella baia di Suda; non sarà
più riparata e rimarrà immobilizzata per il resto della guerra, utilizzata come
deposito galleggiante. Un’altra nave del convoglio torna indietro, mentre i
rimanenti raggiungeranno il Pireo il 2 febbraio.
In seguito a questo attacco, la maggior parte dei convogli britannici da e per la Grecia sarà fatta passare per il canale di Cerigo, seguendo una rotta più lunga ma meno esposta agli attacchi provenienti dal Dodecaneso rispetto a quella del canale di Caso.
1941
Lavori di rimodernamento: le mitragliere da 13,2 mm vengono sostituite con otto mitragliere da 20/65 mm (per altra fonte, invece, nel 1943-1943 una mitragliera binata da 13,2/76 mm sarebbe stata sbarcata, e sarebbero state installate quattro mitragliere singole Scotti-Isotta Fraschini da 20/70 mm), e vengono installati due lanciabombe per bombe di profondità, portando la riserva totale di bombe di profondità a 40 bombe.
29-30 aprile 1941
La sera del 29 Libra, Lince ed il cacciatorpediniere Francesco Crispi salpano da Lero per intercettare il convoglio britannico «GA 15», partito da Suda alle 11 del 29 aprile e diretto ad Alessandria con 6232 militari e 4699 tra infermiere, prigionieri, civili, feriti leggeri, personale della RAF e della Royal Navy, marittimi della Marina Mercantile e personale consolare evacuato dalla Grecia. Si tratta degli ultimi britannici evacuati dalla Grecia, nell’ambito dell’operazione "Demon": il loro imbarco è avvenuto nella confusione più completa, mentre i combattimenti infuriavano a pochi chilometri dalle spiagge. Formano il convoglio i mercantili Delane, Thurland Castle, Comliebank, Corinthia (unico greco, gli altri sono tutti britannici), Itria e Ionia e la nave cisterna militare Brambleleaf, scortati dall’incrociatore antiaereo Carlisle (capitano di vascello T. C. Hampton), dai cacciatorpediniere Kandahar (capitano di fregata W. G. A. Robson), Kingston (capitano di corvetta P. Somerville), Decoy (capitano di fregata E. G. McGregor) e Defender (capitano di corvetta G. L. Farnfield), dallo sloop Auckland (capitano di fregata E. G. Hewitt) e dalla corvetta Hyacinth (tenente di vascello F. C. Hopkins), con l’appoggio della Forza B costituita dagli incrociatori leggeri Orion (nave ammiraglia del viceammiraglio Henry Pridham-Wippell), Ajax, Perth e Phoebe e dai cacciatorpediniere Nubian, Hasty ed Hereward. Da Alessandria ha preso il mare per fornire copertura al convoglio, alle tre del pomeriggio del 29 aprile, anche il grosso della Mediterranean Fleet, al comando del contrammiraglio Bernard Rawlings: la compongono le corazzate Valiant e Barham, la portaerei Formidable ed i cacciatorpediniere Stuart, Greyhound, Vendetta, Vampire, Voyager e Waterhen.
Dopo la partenza da Suda, il convoglio ha fatto rotta verso est a dieci nodi in direzione del Canale di Caso; alle due del pomeriggio del 29 è stato raggiunto dalla Forza B, dopo di che ha doppiato Capo Sidero (estremità nordorientale di Creta) ed imboccato il Canale di Caso dopo il calare dell’oscurità.
Tra le 23.15 del 29 e le tre di notte del 30 Libra, Lince e Crispi effettuano diversi attacchi siluranti contro il convoglio nel Canale di Caso. La Libra lancia due siluri e ritiene di aver probabilmente colpito una nave nemica; anche il Crispi lancia due siluri, senza successo, mentre la Lince ritiene di aver colpito con due siluri un grosso cacciatorpediniere. In realtà, nessun siluro è andato a segno. Nubian, Hasty ed Hereward reagiscono con un intenso fuoco che mantiene a distanza gli attaccanti; sul lato opposto anche il Decoy avvista quella che ritiene essere una motosilurante ed apre il fuoco contro di essa, ma questa si dilegua subito nell’oscurità. Dopo una violenta azione di fuoco, alle tre di notte le unità italiane riescono a disimpegnarsi ed allontanarsi. Successivamente il convoglio verrà attaccato di nuovo da cinque MAS, che saranno però costretti a rinunciare all’attacco dalla violenta reazione della scorta, che li inseguirà a lungo.
Nessuna unità, da ambo le parti, è stata danneggiata; il convoglio raggiungerà Alessandria il 1° maggio. Come nell’attacco di fine gennaio, i britannici crederanno di essere stati attaccati da motosiluranti.
4 maggio 1941
Libra, Lupo e Lira scortano a Lesbo i piroscafi tedeschi Norburg ed Ithaka, aventi a bordo il 440° Reggimento Fanteria della 164a Divisione Fanteria tedesca, che procede all’occupazione dell’isola senza incontrare resistenza.
La Libra lascia Tripoli alle 5 scortando la motonave Vettor Pisani (capitano di corvetta Giorgio Giobbe), con destinazione Bengasi.
La destinazione finale è, in realtà, Rodi: nel Dodecaneso, virtualmente sottoposto a blocco navale britannico (il Mar Egeo è di fatto controllato dalle forze aeronavali britanniche e greche), i viveri ormai scarseggiano, sia per la guarnigione che, soprattutto, per la popolazione civile. Nonostante l’invio delle motonavi Calino, Calitea e RAMB III (delle quali solo l’ultima, però, avente un carico di provviste), la situazione nelle isole rimane grave: la popolazione è già costretta ad un rigido razionamento (patate e formaggio sono già spariti definitivamente, salvo che per i contadini) e, se non arriveranno a breve nuove vettovaglie, il rischio è la resa per fame (che, secondo quanto riferito da informatori greci al Cairo, avverrebbe entro la fine del gennaio 1941) o la forzosa cessione dell’arcipelago alla Turchia.
La Pisani ha pertanto imbarcato il più consistente carico destinato al Dodecaneso dall’inizio della guerra: quasi 5000 tonnellate di viveri, oltre a 1321 tonnellate di materiali destinate alle forze militari italiane in quelle isole (compreso il materiale necessario a trasformare i piroscafi Sicilia e Toscana, là bloccati dall’inizio della guerra, in navi ospedale).
Il viaggio da Napoli a Bengasi è puramente a scopo di copertura, per nascondere ad eventuali ricognitori britannici la vera destinazione della nave, facendola sembrare diretta come al solito in Nordafrica. La Libra ha il ruolo di caposcorta, ed è coadiuvata nel suo compito da altre unità che si alternano durante il tragitto, sotto la sua supervisione.
28 gennaio 1941
Libra e Pisani arrivano in mattinata a Bengasi; la motonave prosegue poi per Lero da sola e senza scorta. Raggiungerà indenne Rodi il mattino del 31 gennaio.
La Libra e la Lupo (capitano di corvetta Francesco Mimbelli) salpano da Lero in serata per condurre un pattugliamento antisommergibili nel Canale di Caso, a nordest di Creta. Durante tale missione, in posizione 35°31' N e 25°34' E, le due torpediniere s’imbattono nel convoglio britannico AN 14, proveniente da Alessandria e Port Said e diretto al Pireo: lo formano dieci mercantili, sette britannici e tre greci, scortati dall’incrociatore antiaerei Calcutta (capitano di fregata Herbert Annesley Packer, caposcorta), dai cacciatorpediniere Dainty e Jaguar e dalle corvette Gloxinia e Peony. Il grosso del convoglio è partito da Port Said il 28 gennaio, scortato dalla Gloxinia; la motonave Levernbank e la cisterna militare Desmoulea sono salpati da Alessandria il 29, scortati da Calcutta e Peony, seguiti dopo qualche ora dal trasporto truppe Ethiopia, carico di personale della RAF e scortato dal cacciatorpediniere Hasty. Gli incrociatori leggeri Ajax e Perth (quest’ultimo australiano) forniscono copertura a distanza, mentre Dainty e Jaguar procedono in avanscoperta, rastrellando il Canale di Caso precedendo il convoglio.
(Secondo un’altra versione, invece, Libra e Lupo sarebbero partite da Lero la sera del 30 gennaio allo specifico scopo di intercettare il convoglio, segnalato dalla ricognizione aerea; alla partenza a salutarle personalmente sulla banchina era l’ammiraglio Luigi Biancheri, comandante delle forze della Marina nel Dodecaneso). Le condizioni sono favorevoli ad un attacco, grazie alla luna nuova (è la prima Volta, dall’inizio della guerra, che una formazione nemica passa entro il raggio d’azione delle forze navali del Dodecaneso durante un periodo di luna nuova), anche se il tempo va rapidamente peggiorando poco dopo la partenza delle torpediniere.
Libra e Lupo, avvistato il convoglio al largo di Capo Sidero, stimano che sia scortato da un incrociatore e tre cacciatorpediniere; la Libra attacca per prima, verso le 2.30 del 1° febbraio (altra fonte parla invece delle 18 del 31 gennaio), lanciando due siluri da 450 mm senza successo contro un incrociatore, e dopo alcuni minuti è il turno della Lupo, che lancia a sua Volta due siluri da soli 600 metri di distanza contro quello che viene identificato come una grossa petroliera (per altra fonte, probabilmente erronea, le due unità si sarebbero separate e la Libra avrebbe manovrato per creare un diversivo e distogliere l’attenzione della scorta dalla Lupo, che avrebbe attaccato per prima; poi anche la Libra avrebbe attaccato, lanciando infruttuosamente due siluri contro un incrociatore). Impegnate dalla scorta – che non le ha viste prima dell’attacco, ed è stata così colta di sorpresa – con violento ma confuso tiro d’artiglieria, le due torpediniere riescono a ripiegare indenni; i britannici crederanno per anni di essere stati attaccati da dei ben più piccoli MAS.
In seguito a questo attacco, la maggior parte dei convogli britannici da e per la Grecia sarà fatta passare per il canale di Cerigo, seguendo una rotta più lunga ma meno esposta agli attacchi provenienti dal Dodecaneso rispetto a quella del canale di Caso.
1941
Lavori di rimodernamento: le mitragliere da 13,2 mm vengono sostituite con otto mitragliere da 20/65 mm (per altra fonte, invece, nel 1943-1943 una mitragliera binata da 13,2/76 mm sarebbe stata sbarcata, e sarebbero state installate quattro mitragliere singole Scotti-Isotta Fraschini da 20/70 mm), e vengono installati due lanciabombe per bombe di profondità, portando la riserva totale di bombe di profondità a 40 bombe.
29-30 aprile 1941
La sera del 29 Libra, Lince ed il cacciatorpediniere Francesco Crispi salpano da Lero per intercettare il convoglio britannico «GA 15», partito da Suda alle 11 del 29 aprile e diretto ad Alessandria con 6232 militari e 4699 tra infermiere, prigionieri, civili, feriti leggeri, personale della RAF e della Royal Navy, marittimi della Marina Mercantile e personale consolare evacuato dalla Grecia. Si tratta degli ultimi britannici evacuati dalla Grecia, nell’ambito dell’operazione "Demon": il loro imbarco è avvenuto nella confusione più completa, mentre i combattimenti infuriavano a pochi chilometri dalle spiagge. Formano il convoglio i mercantili Delane, Thurland Castle, Comliebank, Corinthia (unico greco, gli altri sono tutti britannici), Itria e Ionia e la nave cisterna militare Brambleleaf, scortati dall’incrociatore antiaereo Carlisle (capitano di vascello T. C. Hampton), dai cacciatorpediniere Kandahar (capitano di fregata W. G. A. Robson), Kingston (capitano di corvetta P. Somerville), Decoy (capitano di fregata E. G. McGregor) e Defender (capitano di corvetta G. L. Farnfield), dallo sloop Auckland (capitano di fregata E. G. Hewitt) e dalla corvetta Hyacinth (tenente di vascello F. C. Hopkins), con l’appoggio della Forza B costituita dagli incrociatori leggeri Orion (nave ammiraglia del viceammiraglio Henry Pridham-Wippell), Ajax, Perth e Phoebe e dai cacciatorpediniere Nubian, Hasty ed Hereward. Da Alessandria ha preso il mare per fornire copertura al convoglio, alle tre del pomeriggio del 29 aprile, anche il grosso della Mediterranean Fleet, al comando del contrammiraglio Bernard Rawlings: la compongono le corazzate Valiant e Barham, la portaerei Formidable ed i cacciatorpediniere Stuart, Greyhound, Vendetta, Vampire, Voyager e Waterhen.
Dopo la partenza da Suda, il convoglio ha fatto rotta verso est a dieci nodi in direzione del Canale di Caso; alle due del pomeriggio del 29 è stato raggiunto dalla Forza B, dopo di che ha doppiato Capo Sidero (estremità nordorientale di Creta) ed imboccato il Canale di Caso dopo il calare dell’oscurità.
Tra le 23.15 del 29 e le tre di notte del 30 Libra, Lince e Crispi effettuano diversi attacchi siluranti contro il convoglio nel Canale di Caso. La Libra lancia due siluri e ritiene di aver probabilmente colpito una nave nemica; anche il Crispi lancia due siluri, senza successo, mentre la Lince ritiene di aver colpito con due siluri un grosso cacciatorpediniere. In realtà, nessun siluro è andato a segno. Nubian, Hasty ed Hereward reagiscono con un intenso fuoco che mantiene a distanza gli attaccanti; sul lato opposto anche il Decoy avvista quella che ritiene essere una motosilurante ed apre il fuoco contro di essa, ma questa si dilegua subito nell’oscurità. Dopo una violenta azione di fuoco, alle tre di notte le unità italiane riescono a disimpegnarsi ed allontanarsi. Successivamente il convoglio verrà attaccato di nuovo da cinque MAS, che saranno però costretti a rinunciare all’attacco dalla violenta reazione della scorta, che li inseguirà a lungo.
Nessuna unità, da ambo le parti, è stata danneggiata; il convoglio raggiungerà Alessandria il 1° maggio. Come nell’attacco di fine gennaio, i britannici crederanno di essere stati attaccati da motosiluranti.
4 maggio 1941
Libra, Lupo e Lira scortano a Lesbo i piroscafi tedeschi Norburg ed Ithaka, aventi a bordo il 440° Reggimento Fanteria della 164a Divisione Fanteria tedesca, che procede all’occupazione dell’isola senza incontrare resistenza.
Libra (a sinistra), Lupo, Lira e Norburg a Mitilene il 4 maggio 1941 (Coll. Byron Tesapsides, via Francesco De Domenico e www.regiamarinaitaliana.forumgratis.org) |
Durante la battaglia di Creta (operazione "Merkur"), la Libra e le tre gemelle, al pari delle altre unità navali alle dipendenze del Comando Forze Armate dell’Egeo (i cacciatorpediniere Crispi e Sella, i MAS 520, 523, 536, 540, 542 e 546 e quattro sommergibili), vengono messe a disposizione dell’ammiraglio Karlgeorg Schuster, comandante navale tedesco in Egeo, per compiti di scorta ed appoggio alla conquista di Creta, in seguito a richiesta avanzata dai Comandi tedeschi al Comando Supremo italiano. Partecipano inoltre, tra fine aprile ed inizio maggio, all’occupazione delle isole minori situate a nord di Creta e lungo la costa meridionale della Grecia.
22 maggio 1941
In seguito a richiesta avanzata il pomeriggio precedente dall’alto comando tedesco, la Libra parte dal Pireo alle cinque del mattino insieme alla gemella Lince, ai cacciatorpediniere Francesco Crispi (capo formazione) e Quintino Sella ed alla più vecchia torpediniera Monzambano trasportando truppe tedesche (alcuni battaglioni rinforzati di Gebirgsjäger, cioè truppe alpine) dirette a Maleme (per altra fonte, a Candia od a Suda), a rinforzo dei reparti che vi stanno già sostenendo duri combattimenti nell’ambito dell’operazione «Merkur» per la conquista dell’isola (dopo che il giorno precedente altri due convogli di caicchi diretti a Creta, carichi di truppe tedesche e scortati dalle torpediniere Lupo e Sagittario, sono l’uno semidistrutto e l’altro costretto al rientro da attacchi britannici). La situazione a Candia, per le forze tedesche, è critica, e da parte tedesca è stato richiesto a Marisudest (il Comando Gruppo Navale Italiano dell’Egeo Settentrionale) che le cinque navi (che dopo la partenza dal Pireo hanno assunto rotta verso sud) sbarchino le truppe in aperta spiaggia, nelle vicinanze di Maleme.
Alle 8.15, però, l’avvistamento, da parte della ricognizione aerea, di una grossa formazione navale britannica – la Forza D – composta da quattro incrociatori leggeri (Naiad, Perth, Carlisle e Calcutta) e tre cacciatorpediniere (Nubian, Kandahar e Kingston), le stesse navi nelle quali si è imbattuto il convoglio della Sagittario (che grazie alla reazione della torpediniera si è posto in salvo al completo, ricevendo però ordine di rientro), costringe ad ordinare alle cinque navi di tornare in porto. Subito dopo l’inversione di rotta, alle 8.45, le unità vengono anche accidentalmente attaccate da bombardieri in picchiata Junkers Ju. 87 “Stuka” dello St.G.2 della Luftwaffe, che le scambiano per nemiche: il Sella viene di poco mancato da una bomba, che cade in mare qualche metro a poppavia sulla dritta, e viene poi anche mitragliato dallo stesso aereo che ha sganciato l’ordigno, subendo lievi danni ma diverse perdite tra l’equipaggio (tre morti e 15 feriti) e le truppe tedesche imbarcate (due morti e 17 feriti). (Secondo il libro "Target Corinth Canal" di Platon Alexiades, invece, soltanto il Sella sarebbe tornato indietro, a causa dei danni causati dagli Stukas; la Libra e le altre navi sarebbero invece proseguite verso Creta, giungendo a destinazione).
28 maggio 1941
Libra, Lince e Lira vengono assegnate, insieme al cacciatorpediniere Francesco Crispi (caposcorta) ed a sei MAS (MAS 520, MAS 523, MAS 536, MAS 540, MAS 542, MAS 546), alla scorta di un convoglio incaricato di trasportare a Creta il corpo di spedizione italiano (2585 uomini del 9° Reggimento Fanteria della 50a Divisione Fanteria "Regina", due compagnie della Regia Marina per un totale di 500 marinai, un drappello di carabinieri, un reparto di camicie nere, tredici carri armati leggeri L3/35 del CCCXII Battaglione Meccanizzato Misto dell'Egeo, tra 205 e 400 muli a seconda delle fonti, due automobili, due autocarri, nove motociclette, sei cannoni da 65/17 mm, sei cannoni da 47/32 mm, 46 mitragliatrici Fiat da 8 mm, 18 mortai da 45 mm, 6 mortai da 81 mm, equipaggiamenti, viveri e munizioni per cinque giorni) inviato sull’isola per dare manforte alle truppe tedesche impegnate da giorni in duri combattimenti contro le truppe del Commonwealth, che stanno perdendo terreno ma hanno inflitto pesantissime perdite agli invasori: l’invio di questo corpo di spedizione, al comando del colonnello Ettore Caffaro, è stato deciso da Mussolini quando le sorti della battaglia apparivano ancora incerte, ed è stato accettato dai tedeschi nella speranza che possa distrarre, se non truppe Alleate, quanto meno i partigiani cretesi che hanno preso a loro Volta le armi contro gli invasori.
(Ciò secondo lo storico Francesco Mattesini; secondo il volume USMM "La difesa del traffico con l’Albania, la Grecia e l’Egeo", invece, l’idea di una partecipazione di truppe italiane alla battaglia di Creta sarebbe stata inizialmente avanzata dai comandanti della Marina e dell’Aeronautica del Dodecaneso, ammiraglio Luigi Biancheri e generale Ulisse Longo, raccogliendo subito il consenso del locale comando dell’Esercito e del governatore Bastico. I comandi tedeschi avrebbero inizialmente respinto tale proposta, salvo poi mutare del tutto avviso in seguito al fallimento dei tentativi d’inviare a Creta truppe via mare ed all’aggravarsi della situazione delle truppe paracadutate ed aerotrasportate impegnate nei combattimenti, finendo col sollecitare l’invio di rinforzi da parte italiana).
Il 25 maggio è stata condotta un’esercitazione di sbarco a Rodi con esiti tutt’altro che soddisfacenti, ma si è deciso di procedere ugualmente.
L’eterogeneo ed improvvisato convoglio, salpato da Rodi alle 17 del 27 maggio al comando del capitano di vascello Aldo Cocchia, è formato dai una moltitudine di piccole unità frettolosamente racimolate nel Dodecaneso ed adattate alla meglio: i piroscafetti costieri Giorgio Orsini e Tarquinia, il piroscafetto lagunare Giampaolo, i rimorchiatori Aguglia ed Impero, il piroscafo fluviale Porto di Roma (trasformato in nave da sbarco carri armati), le piccole motonavi frigorifere Assab ed Addis Abeba, i motopescherecci Sant’Antonio, San Giorgio, Plutone e Navigatore, la piccola nave cisterna Nera ed i cisternini portuali CG 89 e CG 167. Il capitano di vascello Cocchia, nelle sue memorie, descriverà questa improvvisata flottiglia come “insieme eterogneo e pittoresco del quale facevano parte navi mercantili requisite, altre noleggiate, alcune iscritte regolarmente nei quadri del R. Naviglio, certo le più modeste e le più brutte navi che abbiano mai solcato i mari”; la storia ufficiale dell’USMM non si esprime molto diversamente: “…un convoglio che era quanto di più vario, raccogliticcio ed “arrangiato” si potesse immaginare: i gazolini [motopescherecci], lenti e di scarsa capienza; le due [navi] frigorifere, di discreto tonnellaggio, utilizzabili solo in coperta essendo le stive suddivise in celle; il vaporetto lagunare, dotato, sì, di un cannone da 76, ma inadatto alla navigazione in mare aperto; la cisterna, piccolissima e anch’essa inadatta al mare aperto; i due rimorchiatori requisiti, lenti e privi di stive. Ottimi invece i due piroscafetti, l’Orsini ed il Tarquinia (…) Ottima anche la nave fluviale, il Porto di Roma, sulla quale furono imbarcati i carri armati leggeri. Da tenere inoltre presenti le mancanze o insufficienze di locali adatti al riparo delle truppe (la navigazione richiedeva circa 24 ore), di servizi igienici, di cucine, e infine, di mezzi di comunicazione R.T. tra nave e nave”.
La decisione di impiegare questi mezzi è stata presa in considerazione che navi di grande tonnellaggio, oltre ad essere più vulnerabili, avrebbero dovuto fermarsi al largo della costa e trasbordare truppe e materiali sulle imbarcazioni per effettuare lo sbarco; pertanto si è preferito utilizzare navicelle in grado di portarsi direttamente all’incaglio sulla spiaggia, onde sbarcare più rapidamente truppe e mezzi corazzati. Le unità prescelte sono state concentrate a Rodi in quarantott’ore dal locale Comando della Zona Militare Marittima; ad ognuna di esse è stato assegnato un ufficiale di Marina come comandante militare. L’unità più “grande” è il Giampaolo, di 250 tsl; la più piccola il Plutone, di 50 tsl. Per la scorta, non essendo disponibili Sella e Lupo che necessitano di riparazioni, sono state scelte le unità restituite dal Comando Marina Sud-Est: Libra, Lince, Lira e Crispi, insieme ai sei MAS ed alla torpediniera Aldebaran, momentaneamente trasferita da Marisudest per disposizione del Comando tedesco. Data la scarsa efficienza delle unità di scorta, e ritenendo che il rischio di un attacco navale britannico sia maggiore nelle ore notturne, è stato deciso che la navigazione del convoglio da Rodi a Sitia dovrà avvenire in modo da attraversare il Canale di Caso di giorno, in modo da fruire della protezione dell’Aeronautica dell’Egeo e della Luftwaffe, con arrivo previsto a Sitia per le 16 del 28 maggio, dopo 137 miglia di navigazione (seguendo una rotta diretta il tragitto sarebbe di 122 miglia, ma l’ammiraglio Biancheri, in considerazione delle condizioni dei natanti, ha ritenuto più opportuno far costeggiare al convoglio le isole di Caso e Scarpanto per tutta la loro lunghezza, a costo di allungare il percorso di 15 miglia). La scelta di sbarcare le truppe all’estremità orientale di Creta (la più vicina al Dodecaneso), benché la battaglia si stia svolgendo nlla parte occidentale, è dovuta alla necessità di ridurre al minimo la lunghezza della navigazione, data la scarsa adeguatezza dei mezzi scelti ad una lunga navigazione con truppe a bordo. Le navi sono state munite di passerelle di sbarco ed adattate alla meglio per la bisogna; i soldati – imbarcati insieme all’equipaggiamento tra le 6 e le 18 del 27 maggio – sono sistemati dove c’è spazio in coperta, con i salvagente indosso, senza adeguati servizi igienici.
La Libra, le gemelle ed il Crispi raggiungono il convoglio all’alba del 28, al largo dell’isola di Saria (estremità settentrionale di Scarpanto, vicino all’imbocco del Canale di Caso), passando alle dirette dipendenze del capitano di vascello Cocchia; la notte precedente l’hanno passata incrociando nel Canale di Scarpanto, insieme all’Aldebaran. Dall’alba gli aerei dell’Aeronautica dell’Egeo conducono meticolose ricognizioni a nord ed a sud di Creta, fino al Canale di Caso, a Suez e ad Alessandria; in tutto vengono impiegati ben quattordici aerosiluranti Savoia Marchetti S.M. 79 “Sparviero”, due S. 84 e due CANT Z. 1007 bis del 41°, 50° e 92° Gruppo. Al contempo, 23 caccia italiani FIAT CR. 42 e caccia tedeschi Messerschmitt Bf 110 dello ZG. 26, partendo dalle basi di Rodi e Scarpanto, vigilano sul convoglio (e successivamente sull’area dello sbarco).
Il tempo è buono, sebbene soffi un vento di maestrale piuttosto teso; il convoglio procede con grande lentezza, a soli 7-7,5 nodi di velocità media (durante la notte precedente, solo 6 nodi), e per omogeneizzare ed aumentare la velocità le unità più lente vengono prese a rimorchio da quelle più veloci (nel primo pomeriggio del 28, perciò, la Lince riceve l’ordine di prendere a rimorchio la nave più lenta del convoglio, onde ottenere un pur minimo incremento della bassissima velocità). Anche i MAS 536 e 542, partiti insieme al convoglio (gli altri quattro si uniranno invece ad esso in un secondo momento, dopo un agguato nel Canale di Caso), vengono presi a rimorchio dall’Orsini, per risparmiare carburante. Si intende portare la velocità ad otto nodi, per raggiungere Creta prima di incappare in una forza britannica di tre incrociatori e sei cacciatorpediniere – segnalata alle 13.10 dalla ricognizione aerea, diretta a tutta forza verso il Canale di Caso – che entro le 17 potrebbe raggiungere la formazione italiana davanti a Sitia (si tratta della Forza B britannica, proveniente da Alessandria e diretta ad Heraklion per imbarcare truppe britanniche): per accorciare la rotta, essendo il convoglio in ritardo (causa la lentezza delle operazioni di partenza e la bassa velocità tenuta durante la notte: seguendo le rotte costiere prescritte, si giungerebbe a Sitia non prima del tramonto), il capitano di vascello Cocchia decide di tagliare rispetto a quella prevista, evitando di costeggiare Caso e Scarpanto e facendo rotta diretta da Saria a Sitia alla massima velocità possibile (cioè, appunto, otto nodi), riducendo così la lunghezza del percorso da 137 a 122 miglia. Mancando la maggior parte delle unità da sbarco di apparecchiature radio, i MAS fungono da collegamento, portando gli ordini da un’unità all’altra della bizzarra flottiglia.
Qualcuna delle imbarcazioni più lente, rimaste in posizione arretrata, devia verso l’isola di Caso; raggiungeranno Creta l’indomani. Alle 14 il Crispi viene distaccato per distruggere il faro e la stazione di Capo Sidero; alle 15.45 dello stesso 28, quando il convoglio è giunto in vista di Capo Sidero e della baia di Sitia, Libra, Lince e Lira vengono richiamate per ordine superiore per essere destinate ad un nuovo incarico, lasciando così il convoglio con la scorta del solo Crispi (che è intanto di ritorno dalla sua missione) e dei MAS. Lo sbarco avviene comunque senza incidenti e senza contrasto, tra le 16.45 e le 17.20 (le operazioni di sbarco del materiale proseguiranno poi per tutta la notte), mentre le navi britanniche segnalate dai ricognitori saranno attaccate dalla Luftwaffe nel Canale di Caso verso le 18, due ore dopo il transito del convoglio italiano che è così scampato di stretta misura a sicura distruzione. Le truppe italiane inizieranno la loro avanzata verso l’interno a mezzogiorno del 29 maggio, senza incontrare resistenza all’infuori di qualche scaramuccia con i partigiani, facilmente respinti; il giorno seguente, dopo aver marciato per 60 km in due giorni sotto il sole cocente, incontreranno reparti tedeschi al bivio di Ierapetra.
7 giugno 1941
La Libra scorta la motonave Calino da Salonicco a Rodi.
1° luglio 1941
La Libra scorta dal Pireo a Porto Vathi (Samos) la motonave Città di Savona ed il piroscafo Città di Tripoli, aventi a bordo i primi reparti della Divisione "Cuneo", in corso di trasferimento dalle Sporadi alle Cicladi, destinati all’occupazione di Samo.
La sera stessa la torpediniera riparte da Porto Vathi per scortare i due mercantili che ritornano scarichi al Pireo.
2 luglio 1941
Alle sei del mattino, a nordest di Zea, un aereo tedesco raggiunge il convoglio per assumerne la scorta antisommergibili, come richiesto da Marisudest al Comando navale tedesco dell’Egeo; ma né il velivolo né la Libra rilevano la presenza del sommergibile britannico Torbay (capitano di corvetta Anthony Cecil Capel Miers), che alle 5.38 avvista il convoglio italiano a 4,9 miglia per 295° da Punta San Nicolò (Zea), identificandone correttamente la composizione come due navi passeggeri (stimate da Miers come di 4000 tsl la prima e 2000 la seconda) con alte sovrastrutture, due alberi ed un fumaiolo, scortate da una torpediniera “classe Libra” e da un aereo Arado 95 che gira in cerchio sul cielo del convoglio. Alle 5.50 il convoglio accosta per 255° verso il lato meridionale di capo Agalistro (Macronisi); trovandosi a grande distanza dal convoglio e temendo che aumentando la velocità per avvicinarsi verrebbe avvistato dall’aereo di scorta grazie al mare calmo, Miers decide di attaccare senza ridurre ulteriormente le distanze. Alle 6.22, a 4,5 miglia per 304° da Punta San Nicolò, il Torbay lancia tre siluri da 3000 metri di distanza contro il mercantile di testa – il Città di Tripoli –, con angolazione 90° (mentre rotta e velocità del bersaglio sono stimate in otto nodi e 255 gradi); alle 6.24 ne lancia altri tre (per altra fonte, due) contro la Città di Savona, per poi scendere subito in profondità, assumendo rotta verso nordest.
L’aereo tedesco avvista per primo le scie dei siluri e le segnala subito alle navi; anche il Città di Tripoli avvista i siluri diretti contro di esso, ma ha appena iniziato ad accostare per evitarli quando alle 6.23 viene colpito da uno degli ordigni a centro nave. In breve tempo il piroscafo affonda in posizione 37°41’ N e 24°15’ E (o 37°42’ N e 24°16’ E), nel canale di Zea, a nord di tale isola (tra questa e Macronisi) ed a sud di Atene. La Libra, che al momento dell’attacco stava zigzagando di prora al convoglio, si porta sulla presunta posizione del sommergibile per sottoporlo a caccia con bombe di profondità, lanciandone 18 (singolarmente) tra le 6.30 e le 7.40, ma non rileva segni che dimostrino l’avvenuta distruzione del battello avversario; infatti, nessuna delle bombe è esplosa vicino al Torbay, che riemergerà alle 20.50 dopo che le navi italiane se ne sono ormai andate. Alle 7.40 la Libra conclude la caccia e lascia la zona; intanto, la Città di Savona, che è riuscita ad evitare i siluri ad essa destinati, ha recuperato 48 superstiti del Città di Tripoli. I dispersi sono undici.
20 luglio 1941
La Libra salpa dal Pireo alle cinque del mattino insieme alla Lince, all’incrociatore ausiliario Brioni ed ai MAS 535 e 539, per scortare a Sira le motonavi Città di Agrigento e Città di Trapani (convoglio «Cuneo»).
Alle 9.28, nel punto 37°31’ N e 24°26’ E (a circa 1,7 miglia per 360° da Capo Kephalos), il convoglio, passato il Canale di Thermia con rotta verso nord, viene avvistato dal sommergibile britannico Tetrarch (capitano di corvetta George Henry Greenway), che si prepara ad attaccare. Greenway identifica la composizione del convoglio come due mercantili di 5000 tsl, scortati da un incrociatore ausiliario (il Brioni), due “cacciatorpediniere” (Libra e Lince), due MAS e due aerei. Il battello britannico tenta di attaccare il mercantile di sinistra, ma prima di poter lanciare deve interrompere l’attacco a causa dell’improvviso cambio di rotta del Brioni, che dirige verso di esso e passa sopra la sua poppa (senza però attaccare); poi lancia un siluro contro l’altro mercantile, quello di dritta, da 3660 metri, ma manca il bersaglio. Dalle 10.15 alle 10.46 la scorta contrattacca con 16 cariche di profondità, ma nessuna di esse esplode vicino al Tetrarch, che non riporta danni.
8 agosto 1941
La Libra scorta i piroscafi Aprilia e Città di Bergamo da Sira a Lero.
1° settembre 1941
Scorta la motonave Città di Agrigento dal Pireo a Rodi.
2 settembre 1941
La Libra e la gemella Cassiopea scortano la cisterna militare Tarvisio dai Dardanelli a Rodi.
9 settembre 1941
La Libra e la cannoniera Mario Sonzini scortano i piroscafi Fertilia ed Ezilda Croce, carichi di 1800 tonnellate di materiale militare e derrate per la popolazione civile, dal Pireo a Rodi, via Sira.
12 settembre 1941
La Libra scorta da Rodi al Pireo i piroscafi Polcevera ed Ezilda Croce.
18 settembre 1941
Libra e Lupo scortano il piroscafo Sagitta, carico di 3930 tonnellate di munizioni e materiali vari, dal Pireo a Rodi.
26 settembre 1941
La Libra parte dal Pireo insieme al cacciatorpediniere Quintino Sella ed all’incrociatore ausiliario Brioni (caposcorta, capitano di fregata Mario Menini), per scortare a Candia le motonavi italiane Città di Marsala e Città di Bastia ed i piroscafi Trapani (tedesco) e Sant’Agata (italiano). Questi ultimi trasportano materiali italiani e tedeschi, mentre le due motonavi hanno a bordo truppe della 51a Divisione Fanteria "Siena", destinate a rinforzare la guarnigione di Creta. Il convoglio è diviso in due gruppi che procedono a poca distanza l’uno dall’altro: davanti le due le due motonavi scortate da Libra e Brioni, più indietro i due piroscafi scortati dal Sella.
Secondo “La difesa del traffico con l’Albania, la Grecia e l’Egeo” dell’USMM, la sera del 26 il sommergibile britannico Tetrarch (capitano di corvetta George Henry Greenway), in agguato nella zona, avrebbe ricevuto il segnale di scoperta del convoglio, ma si sarebbe trovato in posizione sfavorevole per attaccare. Il battello britannico avrebbe allora approfittato della notte per superare il convoglio italiano e raggiungere una posizione adeguata all’attacco.
Dal giornale di bordo del Tetrarch stesso, riportato in estratti su Uboat.net, sembrerebbe però che in realtà il primo ed unico avvistamento da parte del Tetrarch sia avvenuto alle 5.53 del 27 settembre, appena mezz’ora prima dell’attacco.
27 settembre 1941
Alle 5.53 il Tetrarch avvista il convoglio, identificandone la composizione come due mercantili di 5000 tsl scortati da un grosso incrociatore ausiliario (il Brioni) e da una torpediniera, che viene correttamente identificata come la Libra, seguiti a cinque miglia di distanza da altri due mercantili scortati da un cacciatorpediniere (il Sella).
Alle 6.20 il Tetrarch lancia due siluri da 1370 metri contro la Città di Bastia, seconda unità del convoglio, immergendosi subito dopo in profondità per sfuggire alla prevedibile reazione della scorta.
Alle 6.21 del 27 settembre le due motonavi, in navigazione a dieci nodi su rotta 147°, stanno passando dalla linea di fila alla linea di fronte, mentre le unità di scorta zigzagano ad elevata velocità sui fianchi del convoglio (non è ancora arrivato, invece, l’aereo assegnato per la scorta aerea), quando la Città di Bastia viene colpita da un siluro a poppa sinistra, tra le stive 3 e 4.
Un altro siluro, quasi contemporaneamente, passa 60 metri a poppa del Brioni. La Città di Marsala prosegue per la sua rotta, mentre il Brioni, dopo aver eseguito le segnalazioni previste per simili casi, subito si avvicina alla Città di Bastia per recuperarne i naufraghi. La Libra ed il Sella (avvicinatosi dopo l’attacco), frattanto, danno la caccia al sommergibile con tutti i mezzi a disposizione, anche per evitare che questi possa attaccare il Brioni impegnato nei soccorsi (il Tetrarch conta 17 bombe di profondità, la prima alle 6.30 e l’ultima alle 7.14, nessuna delle quali esplode vicina).
Dopo solo un quarto d’ora, alle 6.36, la Città di Bastia affonda in posizione 36°21’ N e 24°33’ E, circa 10-12 miglia a sud di Milo (secondo i rapporti italiani, mentre il Tetrarch indica la posizione dell’attacco come 36°21’ N e 24°23’ N, circa 18 miglia a sud di Milo), portando con sé un quarto degli uomini imbarcati. Solo due scialuppe possono essere calate; la maggior parte dei superstiti – molti non sanno neanche nuotare – si aggrappa alle zattere di salvataggio ed ai rottami che galleggiano. Il Brioni mette a mare quattro lance di salvataggio e due di servizio per recuperare i superstiti, ma il mare agitato costituisce un grave ostacolo, sbattendo le imbarcazioni del Brioni contro lo scafo e contro il barcarizzo dell’incrociatore ausiliario: dopo i primi colpi le lance, a fasciame sovrapposto, iniziano ad imbarcare parecchia acqua. Ai soccorsi partecipano anche le due stesse lance del Città di Bastia e, dalle dieci del mattino, anche una del Sella. Nel frattempo arriva sul posto anche la torpediniera Cassiopea.
Alle 8.13 il Tetrarch torna a quota periscopica, e vede il Brioni vicino al punto in cui è affondata la Città di Bastia, e Libra e Sella impegnate nella caccia circa 2700 metri a poppavia. Due idrovolanti sono in pattugliamento nella zona. Spostatosi più a nord, per avvicinarsi al secondo gruppo del convoglio, Greenway stima la stazza dei due mercantili che lo compongono in 7000 e 4000 tsl; siccome si sovrappongono nel periscopio, formando un bersaglio unico, il Tetrarch si porta in posizione idonea all’attacco ed alle 8.26 lancia altri due siluri da 4600 metri di distanza, senza colpire.
Alle 8.34 l’equipaggio del sommergibile sente l’esplosione di una bomba di profondità, seguita da altre quattro nei minuti seguenti, tutte molto lontane.
Alle undici del mattino le operazioni di salvataggio sono terminate: in tutto 432 uomini sono stati tratti in salvo. In 150 hanno perso la vita.
Concluso il recupero dei superstiti, il caposcorta ordina a Libra e Sella di scortare a Candia il Trapani ed il Sant’Agata ed alla Cassiopea di fare lo stesso con la Città di Marsala, mentre il Brioni, come ordinato da Marisudest (il Comando Gruppo Navale dell'Egeo Settentrionale), fa rotta a tutta forza per il Pireo ed Istmia.
La Libra scorta i piroscafi Aprilia e Città di Bergamo da Sira a Lero.
1° settembre 1941
Scorta la motonave Città di Agrigento dal Pireo a Rodi.
2 settembre 1941
La Libra e la gemella Cassiopea scortano la cisterna militare Tarvisio dai Dardanelli a Rodi.
9 settembre 1941
La Libra e la cannoniera Mario Sonzini scortano i piroscafi Fertilia ed Ezilda Croce, carichi di 1800 tonnellate di materiale militare e derrate per la popolazione civile, dal Pireo a Rodi, via Sira.
12 settembre 1941
La Libra scorta da Rodi al Pireo i piroscafi Polcevera ed Ezilda Croce.
18 settembre 1941
Libra e Lupo scortano il piroscafo Sagitta, carico di 3930 tonnellate di munizioni e materiali vari, dal Pireo a Rodi.
La Libra parte dal Pireo insieme al cacciatorpediniere Quintino Sella ed all’incrociatore ausiliario Brioni (caposcorta, capitano di fregata Mario Menini), per scortare a Candia le motonavi italiane Città di Marsala e Città di Bastia ed i piroscafi Trapani (tedesco) e Sant’Agata (italiano). Questi ultimi trasportano materiali italiani e tedeschi, mentre le due motonavi hanno a bordo truppe della 51a Divisione Fanteria "Siena", destinate a rinforzare la guarnigione di Creta. Il convoglio è diviso in due gruppi che procedono a poca distanza l’uno dall’altro: davanti le due le due motonavi scortate da Libra e Brioni, più indietro i due piroscafi scortati dal Sella.
Secondo “La difesa del traffico con l’Albania, la Grecia e l’Egeo” dell’USMM, la sera del 26 il sommergibile britannico Tetrarch (capitano di corvetta George Henry Greenway), in agguato nella zona, avrebbe ricevuto il segnale di scoperta del convoglio, ma si sarebbe trovato in posizione sfavorevole per attaccare. Il battello britannico avrebbe allora approfittato della notte per superare il convoglio italiano e raggiungere una posizione adeguata all’attacco.
Dal giornale di bordo del Tetrarch stesso, riportato in estratti su Uboat.net, sembrerebbe però che in realtà il primo ed unico avvistamento da parte del Tetrarch sia avvenuto alle 5.53 del 27 settembre, appena mezz’ora prima dell’attacco.
27 settembre 1941
Alle 5.53 il Tetrarch avvista il convoglio, identificandone la composizione come due mercantili di 5000 tsl scortati da un grosso incrociatore ausiliario (il Brioni) e da una torpediniera, che viene correttamente identificata come la Libra, seguiti a cinque miglia di distanza da altri due mercantili scortati da un cacciatorpediniere (il Sella).
Alle 6.20 il Tetrarch lancia due siluri da 1370 metri contro la Città di Bastia, seconda unità del convoglio, immergendosi subito dopo in profondità per sfuggire alla prevedibile reazione della scorta.
Alle 6.21 del 27 settembre le due motonavi, in navigazione a dieci nodi su rotta 147°, stanno passando dalla linea di fila alla linea di fronte, mentre le unità di scorta zigzagano ad elevata velocità sui fianchi del convoglio (non è ancora arrivato, invece, l’aereo assegnato per la scorta aerea), quando la Città di Bastia viene colpita da un siluro a poppa sinistra, tra le stive 3 e 4.
Un altro siluro, quasi contemporaneamente, passa 60 metri a poppa del Brioni. La Città di Marsala prosegue per la sua rotta, mentre il Brioni, dopo aver eseguito le segnalazioni previste per simili casi, subito si avvicina alla Città di Bastia per recuperarne i naufraghi. La Libra ed il Sella (avvicinatosi dopo l’attacco), frattanto, danno la caccia al sommergibile con tutti i mezzi a disposizione, anche per evitare che questi possa attaccare il Brioni impegnato nei soccorsi (il Tetrarch conta 17 bombe di profondità, la prima alle 6.30 e l’ultima alle 7.14, nessuna delle quali esplode vicina).
Dopo solo un quarto d’ora, alle 6.36, la Città di Bastia affonda in posizione 36°21’ N e 24°33’ E, circa 10-12 miglia a sud di Milo (secondo i rapporti italiani, mentre il Tetrarch indica la posizione dell’attacco come 36°21’ N e 24°23’ N, circa 18 miglia a sud di Milo), portando con sé un quarto degli uomini imbarcati. Solo due scialuppe possono essere calate; la maggior parte dei superstiti – molti non sanno neanche nuotare – si aggrappa alle zattere di salvataggio ed ai rottami che galleggiano. Il Brioni mette a mare quattro lance di salvataggio e due di servizio per recuperare i superstiti, ma il mare agitato costituisce un grave ostacolo, sbattendo le imbarcazioni del Brioni contro lo scafo e contro il barcarizzo dell’incrociatore ausiliario: dopo i primi colpi le lance, a fasciame sovrapposto, iniziano ad imbarcare parecchia acqua. Ai soccorsi partecipano anche le due stesse lance del Città di Bastia e, dalle dieci del mattino, anche una del Sella. Nel frattempo arriva sul posto anche la torpediniera Cassiopea.
Alle 8.13 il Tetrarch torna a quota periscopica, e vede il Brioni vicino al punto in cui è affondata la Città di Bastia, e Libra e Sella impegnate nella caccia circa 2700 metri a poppavia. Due idrovolanti sono in pattugliamento nella zona. Spostatosi più a nord, per avvicinarsi al secondo gruppo del convoglio, Greenway stima la stazza dei due mercantili che lo compongono in 7000 e 4000 tsl; siccome si sovrappongono nel periscopio, formando un bersaglio unico, il Tetrarch si porta in posizione idonea all’attacco ed alle 8.26 lancia altri due siluri da 4600 metri di distanza, senza colpire.
Alle 8.34 l’equipaggio del sommergibile sente l’esplosione di una bomba di profondità, seguita da altre quattro nei minuti seguenti, tutte molto lontane.
Alle undici del mattino le operazioni di salvataggio sono terminate: in tutto 432 uomini sono stati tratti in salvo. In 150 hanno perso la vita.
Concluso il recupero dei superstiti, il caposcorta ordina a Libra e Sella di scortare a Candia il Trapani ed il Sant’Agata ed alla Cassiopea di fare lo stesso con la Città di Marsala, mentre il Brioni, come ordinato da Marisudest (il Comando Gruppo Navale dell'Egeo Settentrionale), fa rotta a tutta forza per il Pireo ed Istmia.
La nave con colorazione mimetica, durante la guerra (Coll. Luciano Tedeschi, via www.icsm.it) |
La Libra ed il Quintino Sella salpano da Iraklion per scortare al Pireo la motonave Città di Marsala ed il piroscafo tedesco Yalova, carichi di truppe e materiali vari italiani e tedeschi.
Alle 23.15, a 24 miglia per 170° (cioè a sud) dall’isola di San Giorgio (in posizione 37°10’ N e 24°00’ E), il sommergibile britannico Tetrarch avvista delle navi in avvicinamento, che vengono poi identificate come due grossi mercantili scortati da due torpediniere o cacciatorpediniere, sui lati verso prua, con rotta 350° e velocità otto nodi. Si tratta del convoglio di cui fa parte la Libra: per la terza Volta in tre giorni, la torpediniera incontra di nuovo il Tetrarch. Alle 23.29 il sommergibile s’immerge, ed alle 23.37 lancia due siluri (dovrebbero essere tre, ma il terzo non parte per un guasto) contro lo Yalova, da 2300 metri di distanza. Dopo un minuto e 45 secondi, le armi vanno a segno: con nove vittime a bordo, lo Yalova dev’essere portato all’incaglio a Termia per evitarne l’affondamento (ma sarà nuovamente silurato pochi giorni dopo da un altro sommergibile britannico, il Talisman, andando definitivamente perduto). Dalle 23.47 alle 00.45 del 29 il Tetrarch viene sottoposto a caccia con bombe di profondità; solo uno degli ordigni esplode vicino al sommergibile, per puro caso.
1° ottobre 1941
La Libra scorta i piroscafi Lauretta (italiano) ed Arkadia (tedesco), carichi di materiali vari italiani e tedeschi, dal Pireo a Kavaliani.
Alle 8.54, in posizione 37°35’ N e 23°57’ E (sei miglia a sudovest di Capo Colonna, ad ovest del Canale di Zea), le alberature del convoglio vengono avvistate dal sommergibile britannico Talisman (capitano di corvetta Michael Willmott), che prepara sei tubi lanciasiluri al lancio. Willmott avvista tre piccole unità antisommergibili ad un fumaiolo, di aspetto simile a dei rimorchiatori, qualche miglio a proravia del convoglio e sui lati, verso prua; un cacciatorpediniere o torpediniera che segue questo “schermo” di unità antisommergibili con violenti zig zag; indi un mercantile di 4000 tsl con scafo grigio, sovrastrutture lucide, fumaiolo ed alberi neri. Due idrovolanti sono in pattugliamento nell’area.
Alle dieci del mattino il Talisman lancia tre siluri da 2300 metri contro il convoglio, per poi scendere a 64 metri di profondità; nonostante sul sommergibile sia stata sentita un’esplosione dopo due minuti e mezzo, nessuna nave è stata colpita. La Libra reagisce sottoponendo l’attaccante a pesante caccia, con il lancio di 24 bombe di profondità (sul Talisman vengono contate 37 esplosioni) dalle 10.04 alle 10.49; alcune delle bombe esplodono piuttosto vicine al sommergibile, ma causano soltanto lievi danni, sebbene sulla Libra si creda di averlo affondato.
3 ottobre 1941
Libra e Cassiopea scortano il piroscafetto Tarquinia, con a bordo 400 tonnellate di materiali vari del Regio Esercito, dal Pireo a Porto Vathi (Samo).
La Libra salpa da Lero per scortare al Pireo il piroscafo Fanny Brunner.
25 ottobre 1941
Alle 13.18, mentre il convoglio formato da Libra e Brunner sta incrociandone un altro proveniente dal Pireo e diretto ad Iraklion, formato dai piroscafi Sant’Agata e Monrosa scortati dalla torpediniera Sirio e dal cacciatorpediniere Sella, sulla rotta di sicurezza tra le isole di Gaidaro e Phleva, quest’ultimo viene attaccato dal sommergibile britannico Triumph (capitano di corvetta Wilfrid John Wentworth Woods). Da bordo della Libra viene notato il velivolo di scorta aerea scendere in picchiata verso il mare, sganciando bombe; pochi attimi dopo, il Monrosa viene colpito da uno o due siluri, mentre altri tre esplodono in costa sull’isolotto di Arsida. In pochi minuti il Monrosa affonda nel punto 37°41’ N e 23°53’ E, portando con sé 148 dei 265 uomini a bordo. Il Sella si dirige subito sul punto in cui l’aereo di scorta ha sganciato le bombe, eseguendo attacchi con bombe di profondità e lanciando in mare un segnale; anche la Libra, risalendo la scia di un siluro con rotta vera 230°, si porta nella zona in cui si trova il Sella e poi, con una leggera accostata a dritta, si porta nel punto in cui due aerei della ricognizione stanno effettuando violente e ripetute picchiate. Poco prima di arrivare sul punto, la Libra avvista due grosse bolle d’aria di prua, sulle quali lancia sette bombe di profondità; poi inverte la rotta e nota una grossa chiazza di nafta nella sua scia, sulla quale lancia altre due bombe da 100 kg. Anche la Sirio partecipa alla caccia, così come, in un secondo momento, il MAS 534, che ritiene di averlo affondato; in realtà il Triumph, che tra le 13.20 e le 14.36 ha contato 60-70 esplosioni di bombe di profondità, che lo hanno scosso violentemente mentre si ritirava verso ovest a bassa velocità, è stato soltanto danneggiato.
30 ottobre 1941
Libra e Sella salpano dal Pireo per scortare a Rodi, via Lero, le motonavi Calino e Calitea, con a bordo 1063 militari e 1332 tonnellate di materiali vari.
Il convoglio deve rifugiarsi ad Alimnia a causa delle avverse condizioni meteomarine. Raggiungerà poi regolarmente Rodi.
1° novembre 1941
Libra e Cassiopea lasciano Rodi per scortare Calino e Calitea a Patrasso, via Sira.
La Libra scorta Calino e Calitea da Patrasso a Bari, via Brindisi.
23 novembre 1941
La Libra scorta dal Pireo a Rodi il piroscafo Ezilda Croce, avente a bordo 840 tonnellate di materiale militare.
27 novembre 1941
La Libra e la vecchia torpediniera Giuseppe La Masa, insieme ai MAS 510 e 515 della X Flottiglia, scortano l’incrociatore leggero Giovanni delle Bande Nere in una breve uscita addestrativa da La Spezia, durante la quale l’incrociatore esegue tiri contro un bersaglio rimorchiato.
7 dicembre 1941
Libra e Sella scortano i piroscafi Dubac e Vesta, con 4900 tonnellate di materiali vari e veicoli, dal Pireo a Rodi.
Alle sei del mattino la Libra salpa da Messina insieme ai cacciatorpediniere Aviere e Fuciliere, per scortare a La Spezia l’incrociatore leggero Giovanni delle Bande Nere (capitano di vascello Ludovico Sitta), diretto nell’arsenale di quella base per essere sottoposto a lavori di grande manutenzione e riparazione dei danni subiti in una tempesta pochi giorni prima, al rientro dalla seconda battaglia della Sirte. Le navi fruiscono anche della scorta aerea di un idrovolante CANT Z. 501, con compiti antisommergibili.
Appena superate le ostruzioni, tuttavia, iniziano i problemi: l’ecogoniometro della Libra si guasta, e subito dopo che la torpediniera ha comunicato il problema, anche il Fuciliere riferisce di un’avaria, alla motrice di dritta. Il comandante del Bande Nere autorizza allora il Fuciliere a tornare in porto, ordinando invece alla Libra di rimanere di scorta fino a Napoli (originariamente era previsto che sarebbe rimasta per un tratto più breve). La formazione si dispone quindi con Bande Nere al centro, Libra a dritta (prendendo posizione alle 8.30 un miglio sulla dritta dell’incrociatore) ed Aviere a sinistra, a meno di un miglio di distanza l’una dall’altra; si procede a 18 nodi, senza zigzagare, con mare leggermente mosso (forza 3).
Alle nove del mattino, otto miglia a sudest di Stromboli (per altra fonte, ad undici miglia per 144°, cioè a sudovest, dall’isola), il Bande Nere viene colpito in rapida successione da due siluri lanciati dal sommergibile britannico Urge.
Questi ha avvistato alle 8.41 le sovrastrutture prodiere del Bande Nere dopo essere tornato a quota periscopica dopo aver rilevato debole rumore di motori, essendo precedentemente (alle 8.30) sceso a 26 metri in seguito all’avvistamento di un idrovolante proveniente da Messina e diretto lungo la rotta per Napoli. Alle 8.44 ha identificato il bersaglio come un incrociatore pesante scortato da due “cacciatorpediniere”, in navigazione a 21 nodi su rotta 330°; alle 8.54 ha lanciato quattro siluri da 4600 metri di distanza, in posizione 38°37’5” N e 15°22’ E.
Nel giro di tre minuti l’incrociatore affonda spezzato in due, portando con sé metà dell’equipaggio; la Libra si dedica subito al salvataggio dei naufraghi, mentre l’Aviere dà infruttuosamente la caccia al sommergibile attaccante (che conta 38 esplosioni di bombe di profondità a partire dalle 9.07, nessuna delle quali vicina; tornato a quota periscopica alle 9.40, vede Libra ed Aviere e tre idrovolanti mentre l’incrociatore è scomparso, indi scende in profondità si ritira verso ovest). Successivamente si uniscono ai soccorsi anche le torpediniere Pallade e Centauro, la nave soccorso Capri ed il piccolo incrociatore ausiliario Lago Tana. Di 772 uomini imbarcati sul Bande Nere, ne vengono tratti in salvo 391.
7 aprile 1942
La Libra scorta la nave cisterna bulgara Balkan da Brindisi a Patrasso.
12 aprile 1942
La Libra scorta i piroscafi Pozzuoli e Caterina M. da Argostoli a Brindisi.
15 aprile 1942
Scorta i piroscafi Vesta, Cagliari e Mameli da Brindisi a Patrasso.
21 aprile 1942
Scorta il piroscafo Vesta dal Pireo a Rodi.
La Libra e la cannoniera Sonzini scortano il piroscafo fluviale Porto di Roma e la motonave Tabarca da Suda al Pireo.
9 maggio 1942
Libra e Sonzini scortano Porto di Roma ed Ezilda Croce dal Pireo a Rodi, con un carico di materiali vari.
La Libra scorta dal Pireo a Lero il piroscafo Re Alessandro, carico di materiali vari.
13 maggio 1942
La Libra scorta il Re Alessandro da Lero al Pireo.
17 maggio 1942
La Libra e la piccola nave scorta ausiliaria F 79 Morrhua scortano i piroscafi Arsia, Motia ed Acilia dal Pireo a Rodi.
21 maggio 1942
Libra e Lira scortano dal Pireo a Rodi, via Lero, la motonave Calino, avente a bordo 330 soldati e 1324 tonnellate di automezzi, rimorchi, materiali vari e merci per la popolazione.
Libra e Lira scortano la Calino che ritorna da Rodi al Pireo.
La Libra scorta dal Pireo a Rodi la motonave Calino, carica di personale militare, automezzi e materiali vari.
13 giugno 1942
Libra e Sonzini scortano dal Pireo a Rodi i piroscafi Palermo e Vesta.
La Libra scorta da Suda al Pireo il piroscafo Tripoli.
21 giugno 1942
Libra e Sonzini scortano Vesta e Palermo da Rodi al Pireo.
La Libra scorta i piroscafi Contarini e Bucintoro dal Pireo a Lero.
12 luglio 1942
Scorta la nave cisterna Ossag da Salonicco al Pireo.
15 luglio 1942
La Libra e la più anziana torpediniera Monzambano scortano dal Pireo ai Dardanelli il piroscafo romeno Alba Julia e le navi cisterna italiane Albaro e Celeno.
21 luglio 1942
La Libra scorta la motonave Calino, con 1056 tonnellate di materiali vari, dal Pireo a Rodi.
24 luglio 1942
Scorta la Calino di ritorno da Rodi al Pireo.
26 luglio 1942
Scorta dal Pireo a Rodi, via Lero, i piroscafi Vesta, Motia e Fanny Brunner.
12 agosto 1942
La Libra scorta dal Pireo a San Nicola (Creta) i piroscafi Silva e Versilia.
23 agosto 1942
Alle 14.55 la Libra salpa da Suda per scortare a Tobruk il piroscafo tedesco Kreta.
25 agosto 1942
Libra e Kreta arrivano a Tobruk alle 21.35.
La Libra lascia Tobruk alle 19.30 per scortare a Suda la nave cisterna Alberto Fassio.
30 agosto 1942
Libra e Fassio giungono a Suda alle 7,30.
La Libra lascia Suda alle 9.10, insieme alla Lira, per scortare a Tobruk la nave cisterna Proserpina.
Alle 14.30, nel canale di Cerigotto, Libra, Lira e Proserpina si uniscono ad un convoglio formato dai piroscafi Anna Maria Gualdi e Menes, provenienti dal Pireo con la scorta del cacciatorpediniere Nicoloso Da Recco (caposcorta, capitano di vascello Aldo Cocchia) e delle torpediniere Lupo, Castore e Sirio (quest’ultima costretta a rientrare in porto per avaria di macchina).
Qualche problema si verifica nella fase di riunione, quando una delle torpediniere provenienti da Suda non riesce ad assumere, per un po’ di tempo, la posizione assegnata, girando lungamente attorno al convoglio senza comprendere dove posizionarsi (la storia ufficiale dell’USMM commenta in proposito che “la Proserpina e le due torpediniere che l’accompagnavano si aggregarono alla formazione quando questa era già in mare e ciò non permise un contatto preliminare diretto tra caposcorta ed unità dipendenti; le navi mercantili inoltre non erano fornite né di apparecchi radiotelegrafici ad onde ultracorte né di radiosegnalatori a portata ridotta e pertanto le comunicazioni nell’interno del convoglio erano oltremodo difficili e difficilissime, di conseguenza, le manovre d’urgenza da effettuarsi, specie di notte, per evitare l’offesa aerea avversaria”).
Il convoglio, che procede a circa 10 nodi con i tre mercantili in linea di fronte (Proserpina al centro) e la scorta tutt’intorno, gode anche, nelle ore diurne, di notevole scorta aerea.
Quale ulteriore protezione contro gli aerei nemici, la Proserpina è munita anche di un pallone frenato – uno dei primi impieghi di tale strumento per la difesa antiaerea di una nave in convoglio –, che si alza nel cielo sopra la nave ad una quota di circa 200 metri. Nella notte, però, il cavo che lo tiene legato alla nave si spezza, ed il pallone va così perduto.
26 settembre 1942
Alle 00.00 la Lira apre il fuoco con le mitragliere e con i cannoni da 100 mm, fortunatamente senza esito, contro un aereo che lancia poi il segnale di riconoscimento tedesco: è stato inviato per la scorta notturna, ma le navi non sono state informate del suo arrivo. Menes e Gualdi, però, scambiano i colpi di cannone della Lira per il segnale di allarme per sommergibile (questo sarebbe infatti il loro significato, ma di giorno, non di notte), accostano in fuori, così sparpagliando il convoglio; dato che i mercantili non hanno né radio ad onde ultracorte né radiosegnalatori a bassa portata, e dunque non è possibile comunicare con essi se non con segnale luminosi, il caposcorta Cocchia ordina alla Castore di portarsi sottobordo a Menes e Gualdi e farli tornare in rotta, mentre lo stesso Da Recco si porta sottobordo alla Proserpina (che è rimasta sulla sua rotta) e le ordina col megafono di seguirlo, per riavvicinarla alla zona dove ora i due piroscafi si sono spostati. Alle 00.50 il convoglio può dirsi ricostituito. All’1.06 ed all’1.30 si accendono dei bengala, il primo a prora a dritta ed il secondo a sinistra; le unità di scorta emettono cortine fumogene, smettendo subito dopo lo spegnimento dei bengala per evitare che le stesse cortine di nebbia, messe in risalto dalla luce lunare, agevolino l’individuazione del convoglio da parte di unità nemiche. All’1.38 delle bombe cadono in mare a proravia del convoglio, piuttosto lontane; ad intervalli tutte le navi della scorta sparano colpi di mitragliera contro gli aerei che riescono ad avvistare anche a notevole distanza, grazie all’eccezionale chiarezza della notte di luna piena. All’1.50 delle bombe esplodono a poppavia del Da Recco, all’1.54 tra le unità prodiere della scorta ed i mercantili, mentre le unità poppiere aprono il fuoco. Sempre all’1.54, un aereo che vola a bassa quota passa tra Libra e Da Recco con rotta parallela a quella del convoglio; entrambe le unità aprono il fuoco contro di esso ed il velivolo, rapidamente inquadrato, lancia il segnale di riconoscimento identificandosi come tedesco. Viene allora cessato il fuoco, e l’aereo si allontana verso sinistra, mentre una bomba cade in mare tra la Libra ed il Da Recco.
Alle 14.30 il convoglio arriva senza danni a Tobruk: la Proserpina sarà l’ultima petroliera dell’Asse a raggiungere Tobruk. Con le tre navi arrivano a Tobruk 6484 tonnellate di benzina, 2000 di munizioni, 161 di materiali vari e 151 tra automezzi e rimorchi, oltre a quattordici militari di passaggio.
La Libra lascia Tobruk già alle 18, insieme alle gemelle Lupo (caposcorta) e Castore, per scortare al Pireo i piroscafi Dora (tedesco), Nerucci e Fougier. Alle 19.10, tuttavia, lascia il convoglio (che giungerà indenne al Pireo due giorni dopo).
30 settembre 1942
In serata la Libra, la gemella Sirio (caposcorta, capitano di corvetta Romualdo Bertone) e la moderna torpediniera di scorta Ciclone salpano da Suda per scortare a Tobruk il piroscafo Tagliamento (con a bordo 146 tra automezzi e rimorchi, 2246 tonnellate di munizioni e materiale d’artiglieria, 680 tonnellate di materiali vari e 115 militari) e la nave cisterna Lina Campanella (con a bordo 4000 tonnellate di materiali vari ed acqua). (Per altra fonte, il convoglio sarebbe partito da Pireo alle 23.35 del 29 e della scorta avrebbe fatto parte anche la torpediniera Solferino, mentre la Libra lo avrebbe lasciato già alle sette del mattino del 30).
1° ottobre 1942
Nel tardo pomeriggio il convoglio, che procede a 6,8 nodi, viene attaccato da bombardieri che a dispetto della scorta aerea sganciano bombe sul convoglio per oltre mezz’ora, senza però metterne a segno neanche una.
2 ottobre 1942
Il convoglio giunge a Tobruk a mezzogiorno (o 12.15).
Alle 16.30 Libra e Sirio (caposcorta) lasciano Tobruk per scortare a Patrasso il piroscafo Anna Maria Gualdi.
3 ottobre 1942
Il convoglio giunge al Pireo alle quattro del mattino, sostandovi fino al giorno seguente.
5 ottobre 1942
Libra, Sirio e Gualdi lasciano il Pireo alle tre di notte, raggiungendo a Patrasso dodici ore più tardi.
10 ottobre 1942
La Libra (capitano di corvetta Carlo Brancia di Apricena, caposcorta), insieme alle gemelle Lira (tenente di vascello Agostino Caletti) e Perseo (tenente di vascello Saverio Marotta), salpa dal Pireo alle 18.30 per scortare a Tobruk il piroscafo Petrarca e la motonave Tergestea, che formano il convoglio «FF».
La Libra (sopra) nel manuale di riconoscimento della Marina statunitense “ONI 202 – Italian Naval Vessels” (da www.ibiblio.org) |
Alle 7.20 si unisce alla scorta, quale rinforzo, anche la torpediniera Climene (tenente di vascello Mario Colussi), proveniente da Suda. In mattinata il convoglio passa tra Cerigotto e Creta.
Alle 17.20 (mentre il convoglio è scortato anche da 3-4 aerei in funzione antisommergibili), a 40 miglia per 200° (cioè a sud) da Capo Krio, vengono avvistati verso nord-nord-est otto bombardieri statunitensi Consolidated B-24 "Liberator", che si avvicinano al convoglio in doppia losanga di quattro, a 4500 metri di quota; la torpediniera apre subito il fuoco, e manovra per portarsi tra gli aerei ed il convoglio, ma alle 17.25 vengono sganciate due salve di bombe, mentre compaiono altri nove "Liberators", in formazione a cuneo di tre gruppi, dalla stessa direzione. Le prime due salve colpiscono entrambi i mercantili; alle 17.27 il secondo gruppo sgancia altre tre salve: due cadono in mare sulla sinistra della Perseo, ma la terza colpisce il Petrarca. Alle 17.39 il Tergestea colpisce accidentalmente un velivolo tedesco della scorta aerea, che è costretto all’ammaraggio, inabissandosi subito dopo; i superstiti vengono recuperati dalla Perseo.
Mentre la Tergestea, che ha una falla in sala macchine (causata da una bomba esplosa vicinissima allo scafo), deve tornare indietro, scortata da Perseo e Lira (riuscirà a raggiungere Suda), il Petrarca, sebbene danneggiato (è stato colpito sul castello di prua), è in grado di proseguire per Tobruk.
12 ottobre 1942
Dopo aver superato indenni altri attacchi aerei tra l’1.15 e le tre di notte, Libra, Climene e Petrarca arrivano a Tobruk alle 16.30.
14 ottobre 1942
La Libra (caposcorta), la gemella Climene e la motosilurante MS 12 salpano da Tobruk alle 16 per scortare al Pireo il piroscafo Anna Maria.
15 ottobre 1942
Alle 20.45, in posizione 35°09’ N e 22°56’ E, il convoglio composto da Libra, Climene ed Anna Maria viene avvistato dal sommergibile britannico Traveller (tenente di vascello Michael Beauchamp St. John) in posizione 35°09’ N e 22°56’ E, a ponente di Creta. Il Traveller, che identifica Libra e Climene come cacciatorpediniere e sovrastima la stazza dell’Anna Maria in 5000 tsl (in realtà solo 1205 tsl), manovra per attaccare e, non riuscendo a ridurre la distanza oltre un certo limite, si accontenta infine di lanciare quattro siluri da 2740 metri. Nessuno dei siluri va a segno; la Climene avvista le loro quattro scie.
16 ottobre 1942
Alle 7.30 la MS 12 lascia il convoglio per raggiungere Suda; le altre navi arrivano al Pireo alle 16.30.
20 ottobre 1942
Libra, Lupo, Climene e l’incrociatore ausiliario Barletta scortano dal Pireo a Rodi i piroscafi Argentina, Italia e Milano, carichi di personale militare e materiali vari.
Libra, Lupo, Climene e Barletta lasciano Rodi (per altra fonte, Alimnia) per scortare Argentina ed Italia che ritornano al Pireo.
Alle 2.40 il sommergibile britannico Thrasher (tenente di vascello Hugh Stirling Mackenzie) avvista il convoglio scortato dalla Libra, in posizione 36°08’ N e 26°45’ E (ad ovest di Rodi), a circa otto miglia di distanza. Il Thrasher vira verso il convoglio per attaccare, ed alle 2.50 s’immerge per completare l’attacco a quota periscopica, alla luce della luna piena. Una delle torpediniere (che Mackenzie identifica come cacciatorpediniere) zigzaga davanti al convoglio, mentre le altre due sono posizionate ai lati, verso poppa. Alle 3.22 il Thrasher lancia quattro siluri da 4570 metri di distanza, con un angolo di 140°, due contro ciascun mercantile; nessuna delle armi va a segno, e la Lupo avvista le scie alle 3.25, ordinando pertanto alla Libra (capitano di corvetta Carlo Brancia di Apricena) di di dare la caccia al sommergibile. La Libra esegue un primo attacco con bombe di profondità, piuttosto blando (vengono lanciate solo tre bombe di profondità, che esplodono lontane dal sommergibile), verso le quattro del mattino (secondo il Thrasher sarebbero due le torpediniere ad eseguire questo attacco, una delle quali poi allontanatasi verso nordest alle cinque, mentre l’altra – la Libra – avrebbe ottenuto un contatto sonar alle 5.20 per poi tornare alla carica), e poi altri sei attacchi, molto più precisi, dalle 5.28 alle 7, con lancio in ogni passaggio di un numero variabile da quattro a sei bombe di profondità. Alla fine il Thrasher capita sotto uno strato d’acqua a bassa densità a 82 metri, il che determina la pedita del contatto da parte della Libra, che lancia soltanto tre altre bombe di profondità, e permette al sommergibile di far perdere le proprie tracce. Nonostante la violenza ed accuratezza del contrattacco (riconosciuta dallo stesso Thrasher) ed il lancio di 36 bombe di profondità, il sommergibile ha subito soltanto lievi danni.
17 novembre 1942
La Libra scorta la nave cisterna Stige da Lero al Pireo.
1° dicembre 1942
Scorta i piroscafi Goggiam, Versilia ed Elvira Vaselli da Rodi al Pireo.
5 dicembre 1942
Libra e Lira scortano la motocisterna tedesca Ossag dal Pireo ai Dardanelli.
La Libra, il cacciatorpediniere Euro e la torpediniera Castore scortano dal Pireo a Rodi il piroscafo Argentina e la motonave Donizetti.
9 dicembre 1942
Libra, Euro e la vecchia torpediniera Calatafimi scortano Argentina, Donizetti ed il piroscafo tedesco Ardena da Rodi al Pireo.
Libra, Euro e Castore scotano i Ardena, Argentina, Donizetti ed il piroscafo Hermada dal Pireo a Rodi.
Libra, Castore ed il cacciatorpediniere Turbine scortano Donizetti, Ardena ed Argentina da Rodi al Pireo.
Libra, Castore e Turbine scortano Donizetti, Argentina ed Ardena dal Pireo a Rodi.
Libra, Castore e Turbine scortano Donizetti, Ardena ed Argentina da Rodi al Pireo.
Libra e Turbine scortano Donizetti, Ardena ed il piroscafo Re Alessandro dal Pireo ad Iraklion.
Libra e Turbine scortano Donizetti, Ardena, Re Alessandro, Città di Savona e la motonave bulgara Burgas da Iraklion al Pireo.
La Libra scorta la piccola nave cisterna Alfredo da Salonicco al Pireo.
17 gennaio 1943
Alle 2.30 Libra, Castore (caposcorta) e la più vecchia torpediniera Generale Carlo Montanari salpano da Palermo per scortare a Tunisi i piroscafi tedeschi Gerda Toft e Jacques Schiaffino e l’italiano Campania (convoglio "Campania").
Alle 20.30 il convoglio viene infruttuosamente attaccato da un sommergibile a nordovest di Marettimo.
18 gennaio 1943
Dalle 00.30 all’1.30, al largo delle Egadi, il convoglio viene infruttuosamente attaccato da aerei.
Le navi arrivano a Tunisi alle sette del mattino; tre ore più tardi Libra, Castore (sempre caposcorta) e Montanari ne ripartono di scorta ai piroscafi XXI Aprile e Valdirosa, di ritorno in Italia.
Dalle otto di sera il convoglio viene ripetutamente attaccato da aerei, fino alle 00.30 del 19.
19 gennaio 1943
Il convoglio giunge a Palermo alle tre del pomeriggio.
21 gennaio 1943
La Libra (tenente di vascello Giulio Riccardi) salpa da Palermo alle 18 insieme alle gemelle Castore (caposcorta, tenente di vascello Gaspare Tezel) e Climene (tenente di vascello Mario Colussi), scortando il piroscafo italiano Chisone e la motonave tedesca Ruhr, dirette a Biserta.
22 gennaio 1943
All’alba si aggregano alla scorta anche due corvette, in funzione antisommergibili, che poi lasciano il convoglio alle 10.55.
Alle 11.10 una squadriglia di bombardieri attacca il convoglio a bassa quota a 42 miglia da Biserta, nonostante la presenza di una scorta aerea composta da otto velivoli da caccia della Regia Aeronautica e della Luftwaffe. Ambedue i mercantili vengono colpiti: mentre il Chisone, sebbene immobilizzato da due bombe, rimane a galla, la Ruhr affonda alle 11.30 con quattro vittime tra l’equipaggio. Dopo che i bombardieri hanno portato a fondo l’attacco, la scorta aerea li impegna in combattimento; nel successivo scontro viene abbattuto uno Junkers Ju 88.
La Libra prende a rimorchio il danneggiato Chisone, che tuttavia dalle 16.15 è nuovamente in grado di proseguire con il proprio motore,
Alle 20.30 Chisone e scorta arrivano a Biserta.
24 gennaio 1943
Libra (tenente di vascello Giulio Riccardi), Castore (caposcorta, tenente di vascello Gaspare Tezel) e Climene (tenente di vascello Mario Colussi) lasciano Biserta alle 7 per scortare a Palermo la motonave Col di Lana ed i piroscafi tedeschi Henri Estier e Gerd.
Il convoglio arriva a Palermo alle 6.30.
28 gennaio 1943
Nel pomeriggio la Libra (tenente di vascello Giulio Riccardi) esce da Palermo per sostituire la gemella Calliope (tenente di vascello Marcello Giudici), colta da un’avaria, nella scorta ad un convoglio proveniente da Messina e diretto a Tunisi e Biserta. Formano il convoglio i piroscafi Parma, Vercelli, Sabbia, Stella e Lanusei, scortati dalle torpediniere Ardito (caposcorta, capitano di corvetta Silvio Cavo), Animoso (tenente di vascello Camillo Cuzzi) e Generale Marcello Prestinari (tenente di vascello Agostino Caletti) e dalle corvette Persefone (tenente di vascello Roberto Lucciardi) e Procellaria (tenente di vascello Giorgio Volpe). La Libra raggiunge il convoglio alle 19.40.
Già dal momento della partenza, tuttavia, i comandi britannici sanno – grazie a messaggi intercettati e decifrati dall’organizzazione “ULTRA” – che «il Vercelli ed il Parma dovevano arrivare a Tunisi nel pomeriggio del 29». Un attacco aereo viene conseguentemente preparato.
29 gennaio 1943
Si aggregano al convoglio anche tre MAS, provenienti da Biserta.
Alle 11.15 (o 11.25), a trenta miglia per 337° da (a nord/nordovest di) Capo Bon, una nutrita formazione di bombardieri statunitensi (a seconda delle fonti, North American B-25 Mitchell o Martin B-26 Marauder) attacca il convoglio volando a bassa quota. Torpediniere, corvette, piroscafi e MAS reagiscono con un furioso fuoco contraereo, ed anche i caccia italiani e tedeschi della scorta aerea vanno al contrattacco; ma inutilmente. Mentre il Lanusei viene danneggiato solo leggermente da raffiche di mitragliatrice (vi è anche un principio d’incendio, prontamente domato), il Vercelli è colpito in pieno da due bombe, che centrano i locali delle macchine. Dodici membri dell’equipaggio rimangono uccisi, e la nave sbanda sulla sinistra, immobilizzata e con alcuni compartimenti allagati.
Prestinari e Persefone vengono distaccate per dare assistenza al danneggiato Vercelli, che affonderà nella notte seguente; il resto del convoglio prosegue ed alle 12.10 si scinde in due gruppi, di cui quello formato da Libra, Ardito, Parma e Lanusei dirige per Tunisi, mentre l’altro fa rotta per Biserta.
30 gennaio 1943
In mattinata Libra, Ardito, Parma e Lanusei salpano per entrare nel porto di Tunisi, ma alle 8.10 il Parma, mentre procede sulla rotta d’ingresso del canale di La Goletta, viene scosso dall’esplosione di una mina magnetica – posata dodici giorni prima dal sommergibile britannico Rorqual – ed inizia ad affondare. Portato ad incagliare (secondo una fonte, ad est dell’Isola dei Cani, ad una ventina di miglia da Tunisi), rimane con la coperta a fior d’acqua; sarà possibile recuperare almeno i veicoli sistemati in coperta.
Libra, Ardito e Lanusei entrano a Tunisi alle dieci del mattino; Libra, Ardito e Persefone ne ripartono poco dopo per scortare in Italia il piroscafo italiano Campobasso ed i tedeschi Rhea e Caterina Schiaffino (l’orario della partenza, dalla cronologia ufficiale dell’USMM, risulterebbe essere le 17.30 del 29, ma ciò risulta in contrasto con l’orario di arrivo delle due torpediniere e della corvetta a Tunisi, indicato come avvenuto il 30 nella medesima cronologia).
La nave in un manuale di riconoscimento britannico, probabilmente successivo alla fine del 1943, che singolarmente chiama la classe Spica “classe Libra” |
Libra e Schiaffino arrivano a Messina alle 18.35.
La Libra e la torpediniera Orione lasciano Napoli per Biserta alle quattro del mattino, scortando la motonave italiana Ines Corrado, il piroscafo tedesco Pierre Claude ed il trasporto militare tedesco KT 13. La Libra, tuttavia, lascia il convoglio poco dopo la partenza (alle tre di notte del 5, secondo la cronologia ufficiale dell’USMM; ma ciò risulta evidentemente incompatibile con l’orario di partenza).
9-10 febbraio 1943
La Libra ed il cacciatorpediniere tedesco Hermes scortano il piroscafo Alcamo da Livorno a Palermo. Nel basso Tirreno la scorta viene rinforzata dalla torpediniera Sagittario, uscita da Palermo; i cacciasommergibili VAS 213 e VAS 228 conducono un rastrello antisom a nordovest del capoluogo siciliano, nelle acque che il convoglio dovrà attraversare, impedendo al sommergibile britannico P 54 (tenente di vascello Jack Whitton) di avvistare ed attaccare il convoglio, che raggiungerà Palermo indenne.
8 marzo 1943
Alle 17.30 la Libra (caposcorta, capitano di corvetta Gustavo Lovatelli) salpa da Napoli insieme alla vecchia torpediniera Giuseppe Dezza (tenente di vascello Aldo Cecchi) ed ai cacciasommergibili tedeschi UJ 2201, UJ 2202, UJ 2203, UJ 2204 e UJ 2210, scortando un convoglio composto dai piroscafi Venezia, Lucera (diretti a Messina) e Todi (diretto a Palermo), dalla pirocisterna Rosario (diretta a Palermo) e dalla cisterna militare Devoli (diretta a Trapani).
9 marzo 1943
A causa di mare e vento tempestosi da scirocco, in serata il convoglio deve mettersi alla cappa nel Golfo di Sant’Eufemia.
10 marzo 1943
Migliorato sensibilmente il tempo, il convoglio riprende la navigazione, ma i motori della Devoli vanno in avaria e la cisterna deve puggiare a Vibo Valentia, scortata dalla Dezza, mentre il resto del convoglio prosegue. Venezia e Lucera raggiungono Messina dopo una faticosa navigazione, mentre la Libra prosegue per Palermo, insieme ai cinque cacciasommergibili nonché a Todi e Rosario.
Alle 15.20 il sommergibile britannico Trooper (tenente di vascello John Somerton Wraith) avvista quattro aerei che volano in cerchio verso est, ed alle 15.45 rileva impulsi sonar su rilevamento 070°; cinque minuti più tardi avvista del fumo sullo stesso rilevamento, ed alle 16.15, con il miglioramento della visibilità verso est, avvista sei navi in avvicinamento, che non riesce però a distinguere. Alle 16.20 scoppia un violento piovasco, che annulla completamente la visibilità per i successivi 25 minuti, mentre gli impulsi sonar ed il rumore delle macchine delle navi diventano sempre più forti; Wraith stima che il convoglio abbia rotta 250°, onde passare tra Vulcano e Capo Milazzo, ed alle 16.45, quando la pioggia cessa, avvista di nuovo il convoglio, che sembra procedere con una formazione piuttosto disordinata. Non rilevato dai cacciasommergibili a causa del mare mosso, il Trooper riesce ad avvicinarsi ed alle 16.54, a quattro miglia per 040° (cioè a nordest) da Capo Milazzo, lancia quattro siluri contro la Rosario da 1370 metri di distanza.
Due delle armi vanno a segno, affondando la pirocisterna; UJ 2203 ed UJ 2210 danno infruttuosamente la caccia all’attaccante.
Mentre tre dei cacciasommergibili recuperano i naufraghi della Rosario, la Libra con gli altri due prosegue scortando il Todi verso Palermo.
11 marzo 1943
Libra, Todi ed i due cacciasommergibili raggiungono Palermo alle 6.05.
12 marzo 1943
Uscita da Palermo nel pomeriggio, la Libra (capitano di corvetta Gustavo Lovatelli) si unisce alle 16.10 (o 16), al largo di Capo Cefalù, al convoglio «D», salpato da Napoli per Tunisi e formato dai piroscafi tedeschi Esterel e Caraibe e dalla cisterna militare Sterope, con una poderosa scorta di ben sette unità: le torpediniere Sirio (capitano di corvetta Antonio Cuzzaniti, caposcorta capitano di vascello Corrado Tagliamonte), Pegaso (capitano di corvetta Mario De Petris), Cigno (capitano di corvetta Carlo Maccaferri), Orione (capitano di corvetta Luigi Colavolpe) e Generale Antonino Cascino (tenente di vascello Gustavo Galliano) e le nuovissime corvette Persefone (capitano di corvetta Oreste Tazzari) e Cicogna (tenente di vascello Augusto Migliorini). Un’ottava unità, la torpediniera di scorta Ardito, è dovuta rientrare a Napoli a causa di una grave avaria.
Più tardi la scorta viene ulteriormente rinforzata dai cacciasommergibili VAS 231 e VAS 232.
Già dal 10 marzo, tuttavia, i comandi britannici – attraverso le decrittazioni di “ULTRA” – sanno che la nave cisterna Sterope e la motonave Nicolò Tommaseo devono arrivare a Messina alle 20 del 9, provenienti da Brindisi, per poi unirsi ad Esterel e Caraibe ed alla motonave Manzoni, provenienti da Napoli e diretti a Messina o Trapani, e fare rotta insieme verso Tunisi e Biserta, dove giungere nel pomeriggio dell’11. Il 12 marzo “ULTRA” ha poi appreso del rinvio di 48 ore di tale programma, con l’arrivo a Messina di Sterope e Tommaseo alle 14 dell’11 anziché la sera del 9; i comandi britannici deducono correttamente che la prevista riunione in mare avverrà nella giornata del 12, e pertanto inviano numerosi aerei a cercare il convoglio.
Lo trovano alle 20.40: tra quell’ora e le 21.20 il convoglio viene continuamente sorvolato da aerosiluranti, bersagliati più volte dal tiro di tutte le navi (per altra fonte, il convoglio sarebbe stato localizzato per la prima Volta alle otto di sera da un velivolo munito di proiettore «Leigh Light», che avrebbe illuminato le navi e comunicato l’avvistamento, scatenando alle nove di sera l’attacco degli aerosiluranti). Uno di essi, un Bristol Beaufort del 39th Squadron pilotato dal tenente Arnold M. Feast, viene abbattuto dal tiro della scorta; la Persefone recupera tre superstiti, tra cui lo stesso Feast. Ciononostante, alle 21.25 (o 21.35), dodici miglia ad ovest di Capo Gallo, la Sterope viene colpita a prora sinistra da un siluro, sganciato da un altro Beaufort del 39th Squadron R.A.F. (pilotato dal capitano Stanley Muller-Rowland). Per ordine del caposcorta, Pegaso e Cascino sono distaccate per assistere la petroliera danneggiata, mentre il resto del convoglio prosegue.
Altri quattro Beaufort attaccano le navi italiane, senza ottenere ulteriori centri; due di essi sono colpiti, uno dei quali (sergente William A. Blackmore) viene abbattuto senza superstiti e l’altro (sergente J. T. Garland) viene gravemente danneggiato ma riesce a tornare a Luqa (Malta).
Alle 22.19 (o 22.10) il convoglio viene nuovamente attaccato, staVolta dal sommergibile britannico Thunderbolt (capitano di corvetta Cecil Bernard Crouch), che silura e danneggia l’Esterel sei miglia ad est di Capo San Vito siculo (Sicilia nordoccidentale; per altra fonte, due miglia a nord di tale Capo).
Il Thunderbolt è partito da Malta il precedente 9 marzo per la sua quindicesima missione di guerra, la sesta in Mediterraneo, con l’ordine di pattugliare le acque ad ovest di Marettimo e la costa nordoccidentale della Sicilia e poi raggiungere Algeri al termine della missione; non si è mai avuta una formale conferma che sia stato questo battello a silurare l’Esterel, non essendo il Thunderbolt mai rientrato dalla sua missione (come si vedrà più sotto), ma non avendo alcun altro sommergibile britannico rivendicato un attacco in circostanze compatibili con questo siluramento, è pressoché certo che sia stata proprio opera del Thunderbolt.
Dopo l’attacco, il convoglio viene raggiunto da due cacciasommergibili, il VAS 231 ed il VAS 232, che danno assistenza all’Esterel per qualche minuto prima di allontanarsi di nuovo. Su ordine della Sirio, la Persefone e l’Orione danno assistenza all’Esterel; il piroscafo danneggiato viene anch’esso preso a rimorchio (prima dall’Orione e successivamente da due rimorchiatori inviati da Trapani) e portato a Trapani, dove giungerà l’indomani alle 14.20 (ma non sarà mai riparato).
Dopo l’attacco, la Libra viene distaccata dalla Sirio per dare la caccia al sommergibile, che riesce a localizzare con l’ecogoniometro alle 23.42, in posizione 38°17’ N e 12°57’E (una dozzina di miglia a nordest di Capo San Vito siculo; il sommergibile si sta muovendo a tre nodi), mantenendo poi un buon contatto per due ore – agevolata dalla scia fosforescente che il sommergibile si lascia alle spalle – e bombardandolo con sette scariche di bombe di profondità tra le 23.47 e l’1.38 del 15. Dopo l’ultima scarica, l’equipaggio della Libra vede emergere una colonna d’acqua e fumo nero e sente un forte odore di nafta (per altra fonte, sarebbe stato avvistato nell’oscurità qualcosa che galleggiava in superficie, oppure dei rottami), il che induce il suo comandante a ritenere di avere affondato il sommergibile. Con il senno di poi, è più probabile che il Thunderbolt sia stato danneggiato in questo attacco, per poi essere affondato dalla Cicogna, inviata insieme alla Persefone a proseguire la caccia contro il sommergibile attaccato dalla Libra; ma esiste anche la possibilità, seppur minore, che sia stato proprio l’attacco della Libra ad affondarlo (è questa la versione accettata dalla storia ufficiale dell’USMM, che afferma che “…la Tp Libra rimaneva sul posto a dar caccia al sommergibile affondandolo alle 1.37 del 13: era il sommergibile inglese Thunderbolt, come si è saputo a guerra finita”).
13 marzo 1943
In seguito ai siluramenti di Esterel e Sterope, il convoglio riceve ordine di interrompere la traversata verso Tunisi e di entrare invece a Trapani (secondo altra fonte, invece, il dirottamento a Trapani del convoglio sarebbe stato determinato dall’avvistamento – verificatosi alle 20.18 del 12, da parte di un ricognitore della Luftwaffe – di quattro cacciatorpediniere britannici al largo di Bona, con rotta nordest ed elevata velocità). Anche la Libra, terminata la caccia, si dirige in questo porto, come pure Cascino e Pegaso, dopo che queste hanno scortato la Sterope a Palermo (tutte e tre vi giungono nella giornata del 13).
Alle 22.45 Caraibe e scorta, ora costituita da Sirio (caposcorta), Cigno, Libra, Orione, Cascino e Pegaso nonché dalle VAS 231 e 232 (le quali precedono il convoglio per effettuare dragaggio nei fondali di profondità inferiore ai 300 metri), ripartono da Trapani per unirsi, 70 miglia a sudovest della città e dieci miglia ad est del banco di Skerki, ad un altro convoglio formato dalle motonavi Manzoni e Mario Roselli, provenienti da Olbia e dirette a Biserta.
14 marzo 1943
All’1.34 aerei avversari iniziano a sorvolare il convoglio, e tra le 2.42 e le 2.44 questi lanciano tre siluri: la Pegaso abbatte un aereo, ma alle 2.44 il Caraibe viene colpito da un siluro, il terzo lanciato. Subito incendiato, il piroscafo – carico di munizioni – viene scosso da una serie di esplosioni ed affonda alle 4.35; le unità della scorta subiscono insistenti attacchi di bombardieri ed aerosiluranti fino alle quattro del mattino, ma non subiscono danni. Cascino e Pegaso recuperano 63 sopravvissuti del Caraibe (su un centinaio di uomini presenti a bordo) e dirigono per Trapani.
Le altre torpediniere raggiungono il convoglio formato da Manzoni e Roselli, che giunge a Biserta alle 17 (per altra versione, anche la Pegaso si sarebbe riunita alla scorta delle due motonavi nell’ultimo tratto di navigazione); Libra ed Orione, prima di entrare a Biserta, ricevono ordine di recarsi a Tunisi.
15 marzo 1943
All’una di notte la Libra lascia Tunisi scortando il piroscafo tedesco Charles Le Borgne, diretto a Napoli.
Alle 5.10, al largo di Zembretta, Libra e Le Borgne si uniscono al convoglio «Volta», partito da Biserta la sera precedente e composto dai piroscafi italiani Volta, Teramo (entrambi carichi di prigionieri di guerra, circa 500 tra tutti e due) e Forlì, dal, dalla piccola motocisterna italiana Labor e dalla nave cisterna tedesca Ethylene, con la scorta delle torpediniere Cigno e Sirio (caposcorta).
Alle 12.30 la scorta del convoglio viene rinforzata dalle corvette Cicogna e Persefone, provenienti da Trapani; alle 17.40 il convoglio riceve ordine di raggiungere proprio Trapani, per sostarvi qualche ora.
Alle 18.34, a poca distanza dalle Egadi, scoppia sull’Ethylene un incendio, causato da autocombustione di gas di benzina presenti nelle sue cisterne vuote: la petroliera tedesca viene presa a rimorchio dalla Libra, che la traina fino alle 21 circa, quando viene rilevata nel rimorchio dal rimorchiatore Tifeo, appositamente uscito da Trapani.
16 marzo 1943
Il convoglio, compresa la danneggiata Ethylene, raggiunge Trapani all’una di notte; le navi sostano in rada per tre ore, dopo di che ripartono alle quattro (o 4.30) del mattino, senza più l’Ethylene che rimane invece a Trapani.
Lasciata Trapani, il convoglio segue la costa siciliana fino a Palermo, dove arriva alle 12.15 dello stesso giorno; alcune torpediniere si riforniscono di carburante, mentre il Teramo viene rifornito di viveri per i prigionieri (per altra fonte, sia il Volta che il Teramo avrebbero sbarcato i prigionieri a Palermo). Completato il rifornimento, il convoglio lascia Palermo alle 16.17 (o 12.15) alla Volta di Napoli, senza più Cicogna, Persefone, Labor e Volta, rimasti nel capoluogo siciliano, ma con l’aggiunta dei piroscafi Ferrara e Potenza.
17 marzo 1943
Alle 11.10 il sommergibile britannico Trooper (tenente di vascello John Somerton Wraith) avvista fumo e tre aerei verso sudovest, ed alle 11.35 avvista il convoglio, di cui apprezza la composizione in quattro navi mercantili, su due colonne, e tre “cacciatorpediniere”, uno a proravia della formazione ed uno su ogni lato.
Alle 12.11 il Trooper lancia in tre siluri da 4570 metri contro il mercantile di testa della colonna di dritta, indi accosta a sinistra e ne lancia altri tre contro il secondo mercantile della medesima colonna.
Alle 12.20 uno dei siluri colpisce il Forlì, che affonda in pochi minuti nel punto 40°16' N e 14°15' E, 18 miglia a sud di Capri. La Libra recupera i 16 sopravvissuti (su 26 uomini imbarcati), mentre Cigno (unica unità dotata di ecogoniometro) e Sirio danno la caccia al sommergibile (in tutto vengono lanciate 22 bombe di profondità, lanciate nell’arco di un lasso di tempo piuttosto prolungato), ritenendo di averlo danneggiato, avendo visto affiorare in superficie molta nafta (in realtà il Trooper non ha subito danni, sebbene il contrattacco gli abbia impedito di tornare a quota periscopica per verificare gli esiti del suo attacco: Wraith crede di aver colpito entrambi i mercantili, e forse anche un “cacciatorpediniere”).
Il resto del convoglio giunge a Napoli alle 16.30.
21 marzo 1943
La Libra (capitano di corvetta Gustavo Lovatelli, caposcorta) parte da Napoli alle 5.30 per scortare a Biserta, insieme alle torpediniere Perseo (capitano di corvetta Saverio Marotta) e Tifone (capitano di corvetta Stefano Baccarini, aggregatasi dopo la partenza), le motonavi Monti ed Ombrina, cariche di carburante e di munizioni. Ci sono anche due squadriglie di MAS italiani ed una di motosiluranti tedesche per fornire protezione antisommergibile a distanza. I due mercantili procedono in linea di fila, con Perseo e Libra rispettivamente a dritta ed a sinistra; arrivata la Tifone, la Perseo le cede il proprio posto in formazione per portarsi in testa al convoglio. Poco dopo appare un ricognitore nemico, che si tiene fuori portata del tiro delle navi ma viene messo in fuga dall’intervento dei caccia tedeschi di scorta; si verificano anche alcuni allarmi per sommergibili, ma la Perseo ordina alla Tifone di proseguire, delle corvette saranno inviate a dar loro la caccia.
22 marzo 1943
Poco dopo mezzogiorno viene avvistata a prora dritta una formazione di bombardieri Consolidated B-24 “Liberator” che volano ad alta quota, ma gli aerei, avendo evidentemente un altro obiettivo, passano lontani dal convoglio senza attaccare. Alle 13.45, già sulle rotte di sicurezza per Biserta (vicino all’isola Plane), l’Ombrina viene investita dallo scoppio di una mina magnetica, riportando gravi danni alla poppa; l’equipaggio civile, da poco imbarcato e ancora non affiatato, abbandona la nave, mentre quello militare, al comando del tenente di vascello Enrico Rossinelli, rimane a bordo.
Mentre la Perseo dà protezione ed assistenza alla nave danneggiata ed immobilizzata, la Monti viene fatta proseguire con la scorta di Libra e Tifone, sorvolate dai dodici caccia tedeschi Messerschmitt Bf 109 della scorta aerea, che incrociano nel cielo sopra al convoglio da un orizzonte all’altro, allontanandosi anche parecchio dalle navi prima di tornare indietro. Intorno alle 14, mentre la parte più avanzata del convoglio si trova al largo dell’isola di Plane ed i caccia tedeschi si trovano lontani, dalla parte opposta delle navi, sopraggiungono due formazioni di bombardieri “Liberator” (in tutto una decina) scortati da parecchi caccia Lockheed P-38 “Lightning”.
Mentre questi ultimi, dopo aver mitragliato le navi, vanno incontro ai Messerschmitt per impegnarli (da parte loro i caccia tedeschi avvistano solo i “Lightning”, senza invece accorgersi dei bombardieri), i bombardieri si dividono per attaccare entrambi i gruppi di navi: Monti, Libra e Tifone da una parte; Ombrina (che è ancora immobilizzata) e Perseo dall’altra. Mentre l’Ombrina, pur essendo ferma, viene mancata, quasi subito la Monti viene colpita da un grappolo di bombe: a bordo scoppia un incendio che si estende rapidamente, poi – alle 15.15, a 18 miglia da Biserta – la nave esplode investendo le torpediniere con una folata di aria arroventata e lanciando rottami nel cielo per un centinaio di metri in altezza. Le torpediniere ritengono di aver abbattuto due dei bombardieri (in totale saranno tre gli aerei persi dagli attaccanti). I caccia tedeschi e Alleati, ancora in combattimento, spariscono verso ovest (nello scontro i Messerschmitt abbattono un “Lightning” e subiscono a loro volta la perdita di un Me 109): sono le 15.30 e l’attacco è terminato. La Libra rimane sul posto a soccorrere i naufraghi, mentre la Tifone si riunisce alla Perseo nella scorta alla danneggiata Ombrina, che nel frattempo è riuscita a rimettere in moto alle 14.25. Perseo e Tifone, per tenere il passo con la malconcia motonave, devono procedere alla minima velocità; alle 17 le tre unità entrano infine in porto a Biserta. La Libra, dopo aver recuperato 102 naufraghi della Monti (i dispersi sono 41) coadiuvata dai dragamine che si trovano sul posto dopo aver ultimato il dragaggio preventivo per la sicurezza del convoglio, raggiunge a sua volta Biserta alle 18.10.
24 marzo 1943
Libra (caposcorta), Tifone e Perseo ripartono da Biserta all’una di notte scortando la motonave Niccolò Tommaseo ed il piroscafo Saluzzo, carichi di prigionieri di guerra e diretti a Livorno.
Alle 9,25, nel punto
37°52’ N e 11°27’ E (30 miglia ad ovest-sud-ovest di Marettimo; per altra
fonte, 40 miglia a ponente di quell’isola), il sommergibile britannico Unseen (tenente di vascello Michael
Lindsay Coulton Crawford) avvista il convoglio scortato dalla Libra (che identifica come composto da
due mercantili di 3500 e 4000 tsl, scortati da due “cacciatorpediniere”),
provvisto anche di scorta aerea, mentre naviga a 12-12,5 nodi su rotta 050°.
Alle 10.11 l’Unseen lancia quattro
siluri contro il Saluzzo (da
4570 metri di distanza), che alle 10.15 ne avvista due e li evita di stretta
misura con un’accostata che per poco non lo fa finire in collisione con
la Tommaseo; Libra e Perseo contrattaccano, individuando il sommergibile e
ritenendo a torto di averlo danneggiato (lanciano soltanto quattro bombe di
profondità, delle quali due esplodono vicine all’Unseen, ma senza causare danni), mentre la Tifone gira intorno ai mercantili
tenendosi pronta ad intervenire.
Giunto nel Golfo di Napoli durante un bombardamento, il convoglio viene fatto sostare a ridosso di Capri fino alla notte, gettando di tanto in tanto qualche bomba di profondità intimidatoria (la zona è infatti infestata dai sommergibili). Infine il convoglio rimette in moto e prosegue verso Napoli, tranne la Tifone, che alle 21.40 riceve ordine di effettuare un rastrello antisommergibile al largo di Gaeta.
25 marzo 1943
Libra, Perseo, Saluzzo e Tommaseo arrivano a Livorno alle 13.40.
5 aprile 1943
Alle 3.20 la Libra (capitano di corvetta Gustavo Lovatelli) parte da Napoli per Biserta insieme alle torpediniere Orione (capitano di corvetta Luigi Colavolpe), Pallade (capitano di corvetta Antonio Giungi) e Perseo (capitano di corvetta Saverio Marotta; a bordo anche il comandante superiore in mare, capitano di fregata Ernesto Pellegrini), di scorta ad un convoglio formato dai piroscafi italiani Caserta e Rovereto e dai tedeschi Carbet e San Diego.
Alle 16.15 si uniscono alla scorta anche il vecchio cacciatorpediniere Augusto Riboty (tenente di vascello di complemento Nicola Ferrone) e la torpediniera Clio (capitano di corvetta Carlo Brambilla), usciti da Messina.
Subito dopo la partenza, il Caserta subisce un’avaria al timone, non riparabile in mare, che lo costringe a tornare in porto.
6 aprile 1943
Alle 2.30 il Carbet, scortato dal Riboty, si separa dal convoglio e fa rotta per Trapani, dove giunge alle 9.30 di quel giorno. Le rimanenti sette navi proseguono verso Biserta.
Già il 5 aprile “ULTRA” ha scoperto, tramite le sue decrittazioni, che Rovereto, San Diego e Caserta dovrebbero giungere a Biserta (i primi due) e Tunisi (il terzo) in breve tempo; questa informazione, di per sé insufficiente a pianificare un attacco, viene però arricchita l’indomani da nuove decrittazioni: i britannici vengono così a sapere che Rovereto, San Diego e Caserta sono partiti dal Golfo di Napoli intorno alle tre di notte del 5 aprile, a dieci nodi di velocità, e che all’1.30 del 6, 15 miglia a nordovest di Trapani, il Caserta si dovrebbe separare da loro per raggiungere tale porto, mentre gli altri due piroscafi dovrebbero raggiungere Biserta alle 15.30 dello stesso giorno.
La maggior parte del viaggio trascorre senza intoppi; quando le navi giungono in vista dell’isola di Zembra, viene avvistata l’anziana torpediniera Enrico Cosenz (tenente di vascello Alessandro Senzi), salpata da Biserta e mandata incontro al convoglio per pilotarlo sulla rotta di sicurezza di Zembra, che il convoglio ha appena imboccato. Poco dopo l’accostata sulla rotta di sicurezza, alle 9.25, sopraggiungono 18 bombardieri angloamericani, che vengono ingaggiati dai caccia della Luftwaffe che costituiscono la scorta aerea del convoglio. Nel combattimento tra gli aerei, uno dei velivoli tedeschi viene abbattuto; le navi del convoglio escono però indenni dalla pioggia di bombe sganciate dagli aerei avversari. Alle 9.54 la Cosenz raggiunge il convoglio.
Alle 11.10 l’attacco viene replicato, da parte di altri 18 bombardieri; la Perseo richiama ripetutamente sul posto i caccia tedeschi, ma questi non possono intervenire, perché a loro volta impegnati contro altri aerei nemici tra Tunisi e Biserta. Anche questo bombardamento viene tuttavia superato senza danni.
Alle 17.17, al largo di Capo Zebib, ha inizio il terzo attacco aereo: il convoglio ha appena accostato in direzione di Biserta – l’ultima accostata da compiere durante la navigazione – quando vengono avvistati 22 quadrimotori che volano in formazione a 3000 metri di quota, con rotta perpendicolare a quella del convoglio. Si tratta di bombardieri statunitensi Boeing B 17, le famose “fortezze volanti”. I sei caccia che formano in quel momento la scorta aerea tentano di intercettare gli aerei Alleati, ma invano.
La prima ondata di bombardieri non fa danni, ma la seconda colpisce sia il Rovereto che il San Diego: mentre quest’ultimo viene colpito a prua, con conseguente incendio a bordo, il Rovereto viene centrato in pieno dalle bombe e, avendo a bordo anche un notevole quantitativo di munizioni, salta in aria otto miglia ad est di Biserta.
La Clio e la Cosenz recuperano i pochi naufraghi del Rovereto (le vittime sono oltre cento), mentre il caposcorta Pellegrini manda l’Orione a Biserta per chiedere mezzi di salvataggio (vi arriverà alle 18.20 e da quel porto usciranno i rimorchiatori Tebessa e Gabes, rispettivamente tedesco e francese, per tentare un rimorchio del San Diego), ed al contempo Libra, Pallade e Perseo si avvicinano al San Diego per prestare assistenza. Pellegrini vuole valutare la possibilità di prenderlo a rimorchio da poppa, ma il progetto deve essere ben presto abbandonato in quanto l’incendio sviluppatosi nella stiva colpita, piena di benzina, si estende subito alle munizioni caricate a proravia della plancia, che iniziano a deflagrare. I 125 tra marinai e soldati imbarcati sul San Diego si gettano in mare; alle 19.15, dopo averli tratti in salvo, Perseo, Pallade e Libra si allontanano dal piroscafo tedesco, che può esplodere da un momento all’altro. Questo avviene alle 19.27.
Le torpediniere, con a bordo i naufraghi dei piroscafi affondati, raggiungono Biserta tra le 20.10 e le 21.35; i naufraghi vengono sbarcati e portati nei bunker di La Cariere, dove ricevono le prime cure.
15 aprile 1943
Alle sei del mattino la Libra e la Perseo raggiungono la motonave Marco Foscarini, in navigazione da Napoli (da dov’è partita alle 5.10 del giorno precedente) a Biserta con la scorta delle torpediniere Cigno, Cassiopea, Groppo e Sagittario (caposcorta, capitano di fregata Marco Notarbartolo), e sostituiscono Cigno e Cassiopea, che devono rientrare a Trapani. Tra Trapani e Zembra il convoglio viene attaccato ben sei volte da aerei isolati, con lancio di varie bombe e di un siluro; nessuna nave subisce danni.
Il convoglio arriva a Biserta alle 11.08.
16 aprile 1943
La Libra salpa da Biserta e viene inviata incontro ad un convoglio in arrivo da Livorno, via Trapani, formato dalla motonave Belluno e dalla torpediniera di scorta Tifone (capitano di corvetta Stefano Baccarini), per pilotarlo sulle rotte di sicurezza. (Originariamente facevano parte della scorta anche le torpediniere Cigno, Climene e Cassiopea, ma la notte precedente Cigno e Cassiopea si sono scontrate con i cacciatorpediniere britannici Paladin e Pakenham che hanno tentato di intercettare il convoglio: Cigno e Pakenham sono affondati, mentre la Cassiopea, gravemente danneggiata, è stata rimorchiata a Trapani dalla Climene). Lo incontra alle 14.25; poco più tardi, le navi vengono sorvolate da un aeroconvoglio formato da ben 70 aerei da trasporto. Alle 15.42 un secondo aeroconvoglio, in transito alcune miglia più vicino alla costa, viene attaccato da un gruppo di caccia britannici Supermarine Spitfire, che abbattono quattro trimotori Savoia Marchetti S.M. 82, subendo a loro volta una perdita. La Libra si separa dal convoglio per andare in soccorso del personale degli aerei abbattuti: in tutto riesce a salvare 70 superstiti degli aerei italiani ed il pilota dello Spitfire abbattuto.
Il convoglio raggiunge Tunisi alle 17.15.
17 aprile 1943
Alle sette del mattino la Libra si unisce alla torpediniera Orione nella scorta di un convoglio partito alcune ore prima da Trapani e diretto a Tunisi, formato dal piroscafo Caserta e dai trasporti militari tedeschi KT 11 e KT 21. Le navi giungono a Tunisi alle 15.
21 aprile 1943
Alle 4.30 la Libra (capitano di corvetta Gustavo Lovatelli) e la torpediniera di scorta Ardimentoso (capitano di corvetta Domenico Ravera, caposcorta) lasciano Biserta per scortare a Napoli la motonave Marco Foscarini.
Alle 11.54 il sommergibile britannico Unison (tenente di vascello Anthony Robert Daniell), in agguato in posizione 37°48’ N e 11°32’ E, rileva rumori di un motore diesel che procede a bassa velocità su rilevamento 230°, e si porta a quota periscopica per vedere di cosa si tratta; giuntovi, alle 11.57, avvista la Foscarini ed una delle due torpediniere di scorta. Iniziata la manovra d’attacco, lancia quattro siluri da mille metri di distanza.
Alle 12.18 la Foscarini viene colpita da due siluri lanciati, affondando rapidamente nel punto 37°50’ N e 11°30’ E, a 28 miglia per 270° da Marettimo e 40 miglia ad ovest di Favignana. La Libra contrattacca sottoponendo il sommergibile attaccante a violenta caccia (sull’Unison vengono contate quattordici esplosioni di bombe di profondità a partire dalle 12.13 – evidente la discrepanza di orario –, nessuna delle quali esplode vicina, perché la torpediniera non riesce ad ottenere un contatto sonar), e vede affiorare in superficie una chiazza di nafta, interpretata come segno di un certo danneggiamento. In realtà, l’Unison (che alle 13.12 sente cessare gli impulsi sonar) non ha subito danni.
A dispetto del mare grosso, Libra ed Ardimentoso riescono a salvare 96 superstiti, su 120 imbarcati sulla motonave (per altra fonte, 53 superstiti su una sessantina di uomini imbarcati); uno di essi, un ufficiale tedesco, morirà successivamente per le ferite riportate.
Successivamente la Libra si unisce al cacciatorpediniere Lampo (caposcorta) nella scorta al piroscafo Caserta, partito da Tunisi alle 7 dello stesso 21 aprile e diretto a Napoli, via Trapani.
Il convoglio giunge a Trapani alle otto della stessa sera, per poi proseguire alla volta di Napoli.
22 aprile 1943
In serata, nel Golfo di Napoli, il convoglio di cui fa parte la Libra ne incontra un altro in navigazione con rotta opposta; a causa della notte scura e senza luna, il Caserta entra in collisione con una nave dell’altro convoglio, rimanendo danneggiato. Dopo l’impatto il piroscafo rimane con le macchine ferme in attesa di ordini; alle 22.10 la Libra gli si avvicina e gli ordina di seguirlo.
23 aprile 1943
Libra, Lampo e Caserta arrivano a Napoli alle 00.20.
27 maggio 1943
La Libra scorta il piroscafo Capitaine Luigi a La Maddalena.
Alle 20.11 il sommergibile britannico Seraph (tenente di vascello Norma Limbury Auchinleck Jewell) avvista del fumo su rilevamento 115°, e si avvicina per vedere di cosa si tratti; alle 21, nell’oscurità incipiente, avvista un piccolo mercantile (il Capitaine Luigi) ed un “sommergibile”, che in realtà è la Libra (non c’è nessun sommergibile nei pressi), più il fumo di una terza unità verso dritta. Alle 21.10 il Seraph inizia la manovra per attaccare il “sommergibile”, ma con il calare del buio lo perde di vista alle 21.36; pertanto riemerge alle 22 e localizza nuovamente i bersagli con il radar, dopo di che, alle 22.29, avvista la nave più vicina – identificata come un grosso piropeschereccio o piccolo mercantile – e decide di attaccarla, lanciandole tre siluri da 1650 metri, in posizione 41°02’ N e 10°07’ E (ad est-nord-est di La Maddalena).
Il bersaglio, però, inizia un’accostata proprio mentre sta venendo lanciato il secondo siluro; tutte le armi mancano così il bersaglio, ed il Seraph, immersosi alle 22.30, rileva il lancio di un primo pacchetto di quattro bombe di profondità alle 22.54 (esplode sulla dritta, senza fae danni) seguito da un altro, anch’esso di quattro bombe, alle 22.55 (sempre sulla dritta e sempre senza arrecare danni), e poi da altre due alle 23.54, ben più lontane, verso poppa. Poi più nulla.
Dalle fonti italiane risulterà che il convoglio avvistò le scie di due siluri e la Libra lanciò due bombe di profondità a scopo intimidatorio; venne poi raggiunta dalla corvetta Folaga, ma nessuna delle due unità riuscì ad ottenere un contatto fino all’1.59 del 28, quando venne lanciato un pacchetto di bombe di profondità. Essendo il contatto poco convincente, però, le due unità non proseguirono nella caccia, ed il convoglietto riprese la navigazione verso La Maddalena.
10 marzo 1943
Migliorato sensibilmente il tempo, il convoglio riprende la navigazione, ma i motori della Devoli vanno in avaria e la cisterna deve puggiare a Vibo Valentia, scortata dalla Dezza, mentre il resto del convoglio prosegue. Venezia e Lucera raggiungono Messina dopo una faticosa navigazione, mentre la Libra prosegue per Palermo, insieme ai cinque cacciasommergibili nonché a Todi e Rosario.
Alle 15.20 il sommergibile britannico Trooper (tenente di vascello John Somerton Wraith) avvista quattro aerei che volano in cerchio verso est, ed alle 15.45 rileva impulsi sonar su rilevamento 070°; cinque minuti più tardi avvista del fumo sullo stesso rilevamento, ed alle 16.15, con il miglioramento della visibilità verso est, avvista sei navi in avvicinamento, che non riesce però a distinguere. Alle 16.20 scoppia un violento piovasco, che annulla completamente la visibilità per i successivi 25 minuti, mentre gli impulsi sonar ed il rumore delle macchine delle navi diventano sempre più forti; Wraith stima che il convoglio abbia rotta 250°, onde passare tra Vulcano e Capo Milazzo, ed alle 16.45, quando la pioggia cessa, avvista di nuovo il convoglio, che sembra procedere con una formazione piuttosto disordinata. Non rilevato dai cacciasommergibili a causa del mare mosso, il Trooper riesce ad avvicinarsi ed alle 16.54, a quattro miglia per 040° (cioè a nordest) da Capo Milazzo, lancia quattro siluri contro la Rosario da 1370 metri di distanza.
Due delle armi vanno a segno, affondando la pirocisterna; UJ 2203 ed UJ 2210 danno infruttuosamente la caccia all’attaccante.
Mentre tre dei cacciasommergibili recuperano i naufraghi della Rosario, la Libra con gli altri due prosegue scortando il Todi verso Palermo.
11 marzo 1943
Libra, Todi ed i due cacciasommergibili raggiungono Palermo alle 6.05.
Uscita da Palermo nel pomeriggio, la Libra (capitano di corvetta Gustavo Lovatelli) si unisce alle 16.10 (o 16), al largo di Capo Cefalù, al convoglio «D», salpato da Napoli per Tunisi e formato dai piroscafi tedeschi Esterel e Caraibe e dalla cisterna militare Sterope, con una poderosa scorta di ben sette unità: le torpediniere Sirio (capitano di corvetta Antonio Cuzzaniti, caposcorta capitano di vascello Corrado Tagliamonte), Pegaso (capitano di corvetta Mario De Petris), Cigno (capitano di corvetta Carlo Maccaferri), Orione (capitano di corvetta Luigi Colavolpe) e Generale Antonino Cascino (tenente di vascello Gustavo Galliano) e le nuovissime corvette Persefone (capitano di corvetta Oreste Tazzari) e Cicogna (tenente di vascello Augusto Migliorini). Un’ottava unità, la torpediniera di scorta Ardito, è dovuta rientrare a Napoli a causa di una grave avaria.
Più tardi la scorta viene ulteriormente rinforzata dai cacciasommergibili VAS 231 e VAS 232.
Già dal 10 marzo, tuttavia, i comandi britannici – attraverso le decrittazioni di “ULTRA” – sanno che la nave cisterna Sterope e la motonave Nicolò Tommaseo devono arrivare a Messina alle 20 del 9, provenienti da Brindisi, per poi unirsi ad Esterel e Caraibe ed alla motonave Manzoni, provenienti da Napoli e diretti a Messina o Trapani, e fare rotta insieme verso Tunisi e Biserta, dove giungere nel pomeriggio dell’11. Il 12 marzo “ULTRA” ha poi appreso del rinvio di 48 ore di tale programma, con l’arrivo a Messina di Sterope e Tommaseo alle 14 dell’11 anziché la sera del 9; i comandi britannici deducono correttamente che la prevista riunione in mare avverrà nella giornata del 12, e pertanto inviano numerosi aerei a cercare il convoglio.
Lo trovano alle 20.40: tra quell’ora e le 21.20 il convoglio viene continuamente sorvolato da aerosiluranti, bersagliati più volte dal tiro di tutte le navi (per altra fonte, il convoglio sarebbe stato localizzato per la prima Volta alle otto di sera da un velivolo munito di proiettore «Leigh Light», che avrebbe illuminato le navi e comunicato l’avvistamento, scatenando alle nove di sera l’attacco degli aerosiluranti). Uno di essi, un Bristol Beaufort del 39th Squadron pilotato dal tenente Arnold M. Feast, viene abbattuto dal tiro della scorta; la Persefone recupera tre superstiti, tra cui lo stesso Feast. Ciononostante, alle 21.25 (o 21.35), dodici miglia ad ovest di Capo Gallo, la Sterope viene colpita a prora sinistra da un siluro, sganciato da un altro Beaufort del 39th Squadron R.A.F. (pilotato dal capitano Stanley Muller-Rowland). Per ordine del caposcorta, Pegaso e Cascino sono distaccate per assistere la petroliera danneggiata, mentre il resto del convoglio prosegue.
Altri quattro Beaufort attaccano le navi italiane, senza ottenere ulteriori centri; due di essi sono colpiti, uno dei quali (sergente William A. Blackmore) viene abbattuto senza superstiti e l’altro (sergente J. T. Garland) viene gravemente danneggiato ma riesce a tornare a Luqa (Malta).
Alle 22.19 (o 22.10) il convoglio viene nuovamente attaccato, staVolta dal sommergibile britannico Thunderbolt (capitano di corvetta Cecil Bernard Crouch), che silura e danneggia l’Esterel sei miglia ad est di Capo San Vito siculo (Sicilia nordoccidentale; per altra fonte, due miglia a nord di tale Capo).
Il Thunderbolt è partito da Malta il precedente 9 marzo per la sua quindicesima missione di guerra, la sesta in Mediterraneo, con l’ordine di pattugliare le acque ad ovest di Marettimo e la costa nordoccidentale della Sicilia e poi raggiungere Algeri al termine della missione; non si è mai avuta una formale conferma che sia stato questo battello a silurare l’Esterel, non essendo il Thunderbolt mai rientrato dalla sua missione (come si vedrà più sotto), ma non avendo alcun altro sommergibile britannico rivendicato un attacco in circostanze compatibili con questo siluramento, è pressoché certo che sia stata proprio opera del Thunderbolt.
Dopo l’attacco, il convoglio viene raggiunto da due cacciasommergibili, il VAS 231 ed il VAS 232, che danno assistenza all’Esterel per qualche minuto prima di allontanarsi di nuovo. Su ordine della Sirio, la Persefone e l’Orione danno assistenza all’Esterel; il piroscafo danneggiato viene anch’esso preso a rimorchio (prima dall’Orione e successivamente da due rimorchiatori inviati da Trapani) e portato a Trapani, dove giungerà l’indomani alle 14.20 (ma non sarà mai riparato).
Dopo l’attacco, la Libra viene distaccata dalla Sirio per dare la caccia al sommergibile, che riesce a localizzare con l’ecogoniometro alle 23.42, in posizione 38°17’ N e 12°57’E (una dozzina di miglia a nordest di Capo San Vito siculo; il sommergibile si sta muovendo a tre nodi), mantenendo poi un buon contatto per due ore – agevolata dalla scia fosforescente che il sommergibile si lascia alle spalle – e bombardandolo con sette scariche di bombe di profondità tra le 23.47 e l’1.38 del 15. Dopo l’ultima scarica, l’equipaggio della Libra vede emergere una colonna d’acqua e fumo nero e sente un forte odore di nafta (per altra fonte, sarebbe stato avvistato nell’oscurità qualcosa che galleggiava in superficie, oppure dei rottami), il che induce il suo comandante a ritenere di avere affondato il sommergibile. Con il senno di poi, è più probabile che il Thunderbolt sia stato danneggiato in questo attacco, per poi essere affondato dalla Cicogna, inviata insieme alla Persefone a proseguire la caccia contro il sommergibile attaccato dalla Libra; ma esiste anche la possibilità, seppur minore, che sia stato proprio l’attacco della Libra ad affondarlo (è questa la versione accettata dalla storia ufficiale dell’USMM, che afferma che “…la Tp Libra rimaneva sul posto a dar caccia al sommergibile affondandolo alle 1.37 del 13: era il sommergibile inglese Thunderbolt, come si è saputo a guerra finita”).
13 marzo 1943
In seguito ai siluramenti di Esterel e Sterope, il convoglio riceve ordine di interrompere la traversata verso Tunisi e di entrare invece a Trapani (secondo altra fonte, invece, il dirottamento a Trapani del convoglio sarebbe stato determinato dall’avvistamento – verificatosi alle 20.18 del 12, da parte di un ricognitore della Luftwaffe – di quattro cacciatorpediniere britannici al largo di Bona, con rotta nordest ed elevata velocità). Anche la Libra, terminata la caccia, si dirige in questo porto, come pure Cascino e Pegaso, dopo che queste hanno scortato la Sterope a Palermo (tutte e tre vi giungono nella giornata del 13).
Alle 22.45 Caraibe e scorta, ora costituita da Sirio (caposcorta), Cigno, Libra, Orione, Cascino e Pegaso nonché dalle VAS 231 e 232 (le quali precedono il convoglio per effettuare dragaggio nei fondali di profondità inferiore ai 300 metri), ripartono da Trapani per unirsi, 70 miglia a sudovest della città e dieci miglia ad est del banco di Skerki, ad un altro convoglio formato dalle motonavi Manzoni e Mario Roselli, provenienti da Olbia e dirette a Biserta.
14 marzo 1943
All’1.34 aerei avversari iniziano a sorvolare il convoglio, e tra le 2.42 e le 2.44 questi lanciano tre siluri: la Pegaso abbatte un aereo, ma alle 2.44 il Caraibe viene colpito da un siluro, il terzo lanciato. Subito incendiato, il piroscafo – carico di munizioni – viene scosso da una serie di esplosioni ed affonda alle 4.35; le unità della scorta subiscono insistenti attacchi di bombardieri ed aerosiluranti fino alle quattro del mattino, ma non subiscono danni. Cascino e Pegaso recuperano 63 sopravvissuti del Caraibe (su un centinaio di uomini presenti a bordo) e dirigono per Trapani.
Le altre torpediniere raggiungono il convoglio formato da Manzoni e Roselli, che giunge a Biserta alle 17 (per altra versione, anche la Pegaso si sarebbe riunita alla scorta delle due motonavi nell’ultimo tratto di navigazione); Libra ed Orione, prima di entrare a Biserta, ricevono ordine di recarsi a Tunisi.
15 marzo 1943
All’una di notte la Libra lascia Tunisi scortando il piroscafo tedesco Charles Le Borgne, diretto a Napoli.
Alle 5.10, al largo di Zembretta, Libra e Le Borgne si uniscono al convoglio «Volta», partito da Biserta la sera precedente e composto dai piroscafi italiani Volta, Teramo (entrambi carichi di prigionieri di guerra, circa 500 tra tutti e due) e Forlì, dal, dalla piccola motocisterna italiana Labor e dalla nave cisterna tedesca Ethylene, con la scorta delle torpediniere Cigno e Sirio (caposcorta).
Alle 12.30 la scorta del convoglio viene rinforzata dalle corvette Cicogna e Persefone, provenienti da Trapani; alle 17.40 il convoglio riceve ordine di raggiungere proprio Trapani, per sostarvi qualche ora.
Alle 18.34, a poca distanza dalle Egadi, scoppia sull’Ethylene un incendio, causato da autocombustione di gas di benzina presenti nelle sue cisterne vuote: la petroliera tedesca viene presa a rimorchio dalla Libra, che la traina fino alle 21 circa, quando viene rilevata nel rimorchio dal rimorchiatore Tifeo, appositamente uscito da Trapani.
16 marzo 1943
Il convoglio, compresa la danneggiata Ethylene, raggiunge Trapani all’una di notte; le navi sostano in rada per tre ore, dopo di che ripartono alle quattro (o 4.30) del mattino, senza più l’Ethylene che rimane invece a Trapani.
Lasciata Trapani, il convoglio segue la costa siciliana fino a Palermo, dove arriva alle 12.15 dello stesso giorno; alcune torpediniere si riforniscono di carburante, mentre il Teramo viene rifornito di viveri per i prigionieri (per altra fonte, sia il Volta che il Teramo avrebbero sbarcato i prigionieri a Palermo). Completato il rifornimento, il convoglio lascia Palermo alle 16.17 (o 12.15) alla Volta di Napoli, senza più Cicogna, Persefone, Labor e Volta, rimasti nel capoluogo siciliano, ma con l’aggiunta dei piroscafi Ferrara e Potenza.
17 marzo 1943
Alle 11.10 il sommergibile britannico Trooper (tenente di vascello John Somerton Wraith) avvista fumo e tre aerei verso sudovest, ed alle 11.35 avvista il convoglio, di cui apprezza la composizione in quattro navi mercantili, su due colonne, e tre “cacciatorpediniere”, uno a proravia della formazione ed uno su ogni lato.
Alle 12.11 il Trooper lancia in tre siluri da 4570 metri contro il mercantile di testa della colonna di dritta, indi accosta a sinistra e ne lancia altri tre contro il secondo mercantile della medesima colonna.
Alle 12.20 uno dei siluri colpisce il Forlì, che affonda in pochi minuti nel punto 40°16' N e 14°15' E, 18 miglia a sud di Capri. La Libra recupera i 16 sopravvissuti (su 26 uomini imbarcati), mentre Cigno (unica unità dotata di ecogoniometro) e Sirio danno la caccia al sommergibile (in tutto vengono lanciate 22 bombe di profondità, lanciate nell’arco di un lasso di tempo piuttosto prolungato), ritenendo di averlo danneggiato, avendo visto affiorare in superficie molta nafta (in realtà il Trooper non ha subito danni, sebbene il contrattacco gli abbia impedito di tornare a quota periscopica per verificare gli esiti del suo attacco: Wraith crede di aver colpito entrambi i mercantili, e forse anche un “cacciatorpediniere”).
Il resto del convoglio giunge a Napoli alle 16.30.
21 marzo 1943
La Libra (capitano di corvetta Gustavo Lovatelli, caposcorta) parte da Napoli alle 5.30 per scortare a Biserta, insieme alle torpediniere Perseo (capitano di corvetta Saverio Marotta) e Tifone (capitano di corvetta Stefano Baccarini, aggregatasi dopo la partenza), le motonavi Monti ed Ombrina, cariche di carburante e di munizioni. Ci sono anche due squadriglie di MAS italiani ed una di motosiluranti tedesche per fornire protezione antisommergibile a distanza. I due mercantili procedono in linea di fila, con Perseo e Libra rispettivamente a dritta ed a sinistra; arrivata la Tifone, la Perseo le cede il proprio posto in formazione per portarsi in testa al convoglio. Poco dopo appare un ricognitore nemico, che si tiene fuori portata del tiro delle navi ma viene messo in fuga dall’intervento dei caccia tedeschi di scorta; si verificano anche alcuni allarmi per sommergibili, ma la Perseo ordina alla Tifone di proseguire, delle corvette saranno inviate a dar loro la caccia.
22 marzo 1943
Poco dopo mezzogiorno viene avvistata a prora dritta una formazione di bombardieri Consolidated B-24 “Liberator” che volano ad alta quota, ma gli aerei, avendo evidentemente un altro obiettivo, passano lontani dal convoglio senza attaccare. Alle 13.45, già sulle rotte di sicurezza per Biserta (vicino all’isola Plane), l’Ombrina viene investita dallo scoppio di una mina magnetica, riportando gravi danni alla poppa; l’equipaggio civile, da poco imbarcato e ancora non affiatato, abbandona la nave, mentre quello militare, al comando del tenente di vascello Enrico Rossinelli, rimane a bordo.
Mentre la Perseo dà protezione ed assistenza alla nave danneggiata ed immobilizzata, la Monti viene fatta proseguire con la scorta di Libra e Tifone, sorvolate dai dodici caccia tedeschi Messerschmitt Bf 109 della scorta aerea, che incrociano nel cielo sopra al convoglio da un orizzonte all’altro, allontanandosi anche parecchio dalle navi prima di tornare indietro. Intorno alle 14, mentre la parte più avanzata del convoglio si trova al largo dell’isola di Plane ed i caccia tedeschi si trovano lontani, dalla parte opposta delle navi, sopraggiungono due formazioni di bombardieri “Liberator” (in tutto una decina) scortati da parecchi caccia Lockheed P-38 “Lightning”.
Mentre questi ultimi, dopo aver mitragliato le navi, vanno incontro ai Messerschmitt per impegnarli (da parte loro i caccia tedeschi avvistano solo i “Lightning”, senza invece accorgersi dei bombardieri), i bombardieri si dividono per attaccare entrambi i gruppi di navi: Monti, Libra e Tifone da una parte; Ombrina (che è ancora immobilizzata) e Perseo dall’altra. Mentre l’Ombrina, pur essendo ferma, viene mancata, quasi subito la Monti viene colpita da un grappolo di bombe: a bordo scoppia un incendio che si estende rapidamente, poi – alle 15.15, a 18 miglia da Biserta – la nave esplode investendo le torpediniere con una folata di aria arroventata e lanciando rottami nel cielo per un centinaio di metri in altezza. Le torpediniere ritengono di aver abbattuto due dei bombardieri (in totale saranno tre gli aerei persi dagli attaccanti). I caccia tedeschi e Alleati, ancora in combattimento, spariscono verso ovest (nello scontro i Messerschmitt abbattono un “Lightning” e subiscono a loro volta la perdita di un Me 109): sono le 15.30 e l’attacco è terminato. La Libra rimane sul posto a soccorrere i naufraghi, mentre la Tifone si riunisce alla Perseo nella scorta alla danneggiata Ombrina, che nel frattempo è riuscita a rimettere in moto alle 14.25. Perseo e Tifone, per tenere il passo con la malconcia motonave, devono procedere alla minima velocità; alle 17 le tre unità entrano infine in porto a Biserta. La Libra, dopo aver recuperato 102 naufraghi della Monti (i dispersi sono 41) coadiuvata dai dragamine che si trovano sul posto dopo aver ultimato il dragaggio preventivo per la sicurezza del convoglio, raggiunge a sua volta Biserta alle 18.10.
24 marzo 1943
Libra (caposcorta), Tifone e Perseo ripartono da Biserta all’una di notte scortando la motonave Niccolò Tommaseo ed il piroscafo Saluzzo, carichi di prigionieri di guerra e diretti a Livorno.
Giunto nel Golfo di Napoli durante un bombardamento, il convoglio viene fatto sostare a ridosso di Capri fino alla notte, gettando di tanto in tanto qualche bomba di profondità intimidatoria (la zona è infatti infestata dai sommergibili). Infine il convoglio rimette in moto e prosegue verso Napoli, tranne la Tifone, che alle 21.40 riceve ordine di effettuare un rastrello antisommergibile al largo di Gaeta.
25 marzo 1943
Libra, Perseo, Saluzzo e Tommaseo arrivano a Livorno alle 13.40.
Alle 3.20 la Libra (capitano di corvetta Gustavo Lovatelli) parte da Napoli per Biserta insieme alle torpediniere Orione (capitano di corvetta Luigi Colavolpe), Pallade (capitano di corvetta Antonio Giungi) e Perseo (capitano di corvetta Saverio Marotta; a bordo anche il comandante superiore in mare, capitano di fregata Ernesto Pellegrini), di scorta ad un convoglio formato dai piroscafi italiani Caserta e Rovereto e dai tedeschi Carbet e San Diego.
Alle 16.15 si uniscono alla scorta anche il vecchio cacciatorpediniere Augusto Riboty (tenente di vascello di complemento Nicola Ferrone) e la torpediniera Clio (capitano di corvetta Carlo Brambilla), usciti da Messina.
Subito dopo la partenza, il Caserta subisce un’avaria al timone, non riparabile in mare, che lo costringe a tornare in porto.
6 aprile 1943
Alle 2.30 il Carbet, scortato dal Riboty, si separa dal convoglio e fa rotta per Trapani, dove giunge alle 9.30 di quel giorno. Le rimanenti sette navi proseguono verso Biserta.
Già il 5 aprile “ULTRA” ha scoperto, tramite le sue decrittazioni, che Rovereto, San Diego e Caserta dovrebbero giungere a Biserta (i primi due) e Tunisi (il terzo) in breve tempo; questa informazione, di per sé insufficiente a pianificare un attacco, viene però arricchita l’indomani da nuove decrittazioni: i britannici vengono così a sapere che Rovereto, San Diego e Caserta sono partiti dal Golfo di Napoli intorno alle tre di notte del 5 aprile, a dieci nodi di velocità, e che all’1.30 del 6, 15 miglia a nordovest di Trapani, il Caserta si dovrebbe separare da loro per raggiungere tale porto, mentre gli altri due piroscafi dovrebbero raggiungere Biserta alle 15.30 dello stesso giorno.
La maggior parte del viaggio trascorre senza intoppi; quando le navi giungono in vista dell’isola di Zembra, viene avvistata l’anziana torpediniera Enrico Cosenz (tenente di vascello Alessandro Senzi), salpata da Biserta e mandata incontro al convoglio per pilotarlo sulla rotta di sicurezza di Zembra, che il convoglio ha appena imboccato. Poco dopo l’accostata sulla rotta di sicurezza, alle 9.25, sopraggiungono 18 bombardieri angloamericani, che vengono ingaggiati dai caccia della Luftwaffe che costituiscono la scorta aerea del convoglio. Nel combattimento tra gli aerei, uno dei velivoli tedeschi viene abbattuto; le navi del convoglio escono però indenni dalla pioggia di bombe sganciate dagli aerei avversari. Alle 9.54 la Cosenz raggiunge il convoglio.
Alle 11.10 l’attacco viene replicato, da parte di altri 18 bombardieri; la Perseo richiama ripetutamente sul posto i caccia tedeschi, ma questi non possono intervenire, perché a loro volta impegnati contro altri aerei nemici tra Tunisi e Biserta. Anche questo bombardamento viene tuttavia superato senza danni.
Alle 17.17, al largo di Capo Zebib, ha inizio il terzo attacco aereo: il convoglio ha appena accostato in direzione di Biserta – l’ultima accostata da compiere durante la navigazione – quando vengono avvistati 22 quadrimotori che volano in formazione a 3000 metri di quota, con rotta perpendicolare a quella del convoglio. Si tratta di bombardieri statunitensi Boeing B 17, le famose “fortezze volanti”. I sei caccia che formano in quel momento la scorta aerea tentano di intercettare gli aerei Alleati, ma invano.
La prima ondata di bombardieri non fa danni, ma la seconda colpisce sia il Rovereto che il San Diego: mentre quest’ultimo viene colpito a prua, con conseguente incendio a bordo, il Rovereto viene centrato in pieno dalle bombe e, avendo a bordo anche un notevole quantitativo di munizioni, salta in aria otto miglia ad est di Biserta.
La Clio e la Cosenz recuperano i pochi naufraghi del Rovereto (le vittime sono oltre cento), mentre il caposcorta Pellegrini manda l’Orione a Biserta per chiedere mezzi di salvataggio (vi arriverà alle 18.20 e da quel porto usciranno i rimorchiatori Tebessa e Gabes, rispettivamente tedesco e francese, per tentare un rimorchio del San Diego), ed al contempo Libra, Pallade e Perseo si avvicinano al San Diego per prestare assistenza. Pellegrini vuole valutare la possibilità di prenderlo a rimorchio da poppa, ma il progetto deve essere ben presto abbandonato in quanto l’incendio sviluppatosi nella stiva colpita, piena di benzina, si estende subito alle munizioni caricate a proravia della plancia, che iniziano a deflagrare. I 125 tra marinai e soldati imbarcati sul San Diego si gettano in mare; alle 19.15, dopo averli tratti in salvo, Perseo, Pallade e Libra si allontanano dal piroscafo tedesco, che può esplodere da un momento all’altro. Questo avviene alle 19.27.
Le torpediniere, con a bordo i naufraghi dei piroscafi affondati, raggiungono Biserta tra le 20.10 e le 21.35; i naufraghi vengono sbarcati e portati nei bunker di La Cariere, dove ricevono le prime cure.
15 aprile 1943
Alle sei del mattino la Libra e la Perseo raggiungono la motonave Marco Foscarini, in navigazione da Napoli (da dov’è partita alle 5.10 del giorno precedente) a Biserta con la scorta delle torpediniere Cigno, Cassiopea, Groppo e Sagittario (caposcorta, capitano di fregata Marco Notarbartolo), e sostituiscono Cigno e Cassiopea, che devono rientrare a Trapani. Tra Trapani e Zembra il convoglio viene attaccato ben sei volte da aerei isolati, con lancio di varie bombe e di un siluro; nessuna nave subisce danni.
Il convoglio arriva a Biserta alle 11.08.
16 aprile 1943
La Libra salpa da Biserta e viene inviata incontro ad un convoglio in arrivo da Livorno, via Trapani, formato dalla motonave Belluno e dalla torpediniera di scorta Tifone (capitano di corvetta Stefano Baccarini), per pilotarlo sulle rotte di sicurezza. (Originariamente facevano parte della scorta anche le torpediniere Cigno, Climene e Cassiopea, ma la notte precedente Cigno e Cassiopea si sono scontrate con i cacciatorpediniere britannici Paladin e Pakenham che hanno tentato di intercettare il convoglio: Cigno e Pakenham sono affondati, mentre la Cassiopea, gravemente danneggiata, è stata rimorchiata a Trapani dalla Climene). Lo incontra alle 14.25; poco più tardi, le navi vengono sorvolate da un aeroconvoglio formato da ben 70 aerei da trasporto. Alle 15.42 un secondo aeroconvoglio, in transito alcune miglia più vicino alla costa, viene attaccato da un gruppo di caccia britannici Supermarine Spitfire, che abbattono quattro trimotori Savoia Marchetti S.M. 82, subendo a loro volta una perdita. La Libra si separa dal convoglio per andare in soccorso del personale degli aerei abbattuti: in tutto riesce a salvare 70 superstiti degli aerei italiani ed il pilota dello Spitfire abbattuto.
Il convoglio raggiunge Tunisi alle 17.15.
17 aprile 1943
Alle sette del mattino la Libra si unisce alla torpediniera Orione nella scorta di un convoglio partito alcune ore prima da Trapani e diretto a Tunisi, formato dal piroscafo Caserta e dai trasporti militari tedeschi KT 11 e KT 21. Le navi giungono a Tunisi alle 15.
21 aprile 1943
Alle 4.30 la Libra (capitano di corvetta Gustavo Lovatelli) e la torpediniera di scorta Ardimentoso (capitano di corvetta Domenico Ravera, caposcorta) lasciano Biserta per scortare a Napoli la motonave Marco Foscarini.
Alle 11.54 il sommergibile britannico Unison (tenente di vascello Anthony Robert Daniell), in agguato in posizione 37°48’ N e 11°32’ E, rileva rumori di un motore diesel che procede a bassa velocità su rilevamento 230°, e si porta a quota periscopica per vedere di cosa si tratta; giuntovi, alle 11.57, avvista la Foscarini ed una delle due torpediniere di scorta. Iniziata la manovra d’attacco, lancia quattro siluri da mille metri di distanza.
Alle 12.18 la Foscarini viene colpita da due siluri lanciati, affondando rapidamente nel punto 37°50’ N e 11°30’ E, a 28 miglia per 270° da Marettimo e 40 miglia ad ovest di Favignana. La Libra contrattacca sottoponendo il sommergibile attaccante a violenta caccia (sull’Unison vengono contate quattordici esplosioni di bombe di profondità a partire dalle 12.13 – evidente la discrepanza di orario –, nessuna delle quali esplode vicina, perché la torpediniera non riesce ad ottenere un contatto sonar), e vede affiorare in superficie una chiazza di nafta, interpretata come segno di un certo danneggiamento. In realtà, l’Unison (che alle 13.12 sente cessare gli impulsi sonar) non ha subito danni.
A dispetto del mare grosso, Libra ed Ardimentoso riescono a salvare 96 superstiti, su 120 imbarcati sulla motonave (per altra fonte, 53 superstiti su una sessantina di uomini imbarcati); uno di essi, un ufficiale tedesco, morirà successivamente per le ferite riportate.
Successivamente la Libra si unisce al cacciatorpediniere Lampo (caposcorta) nella scorta al piroscafo Caserta, partito da Tunisi alle 7 dello stesso 21 aprile e diretto a Napoli, via Trapani.
Il convoglio giunge a Trapani alle otto della stessa sera, per poi proseguire alla volta di Napoli.
22 aprile 1943
In serata, nel Golfo di Napoli, il convoglio di cui fa parte la Libra ne incontra un altro in navigazione con rotta opposta; a causa della notte scura e senza luna, il Caserta entra in collisione con una nave dell’altro convoglio, rimanendo danneggiato. Dopo l’impatto il piroscafo rimane con le macchine ferme in attesa di ordini; alle 22.10 la Libra gli si avvicina e gli ordina di seguirlo.
23 aprile 1943
Libra, Lampo e Caserta arrivano a Napoli alle 00.20.
La Libra scorta il piroscafo Capitaine Luigi a La Maddalena.
Alle 20.11 il sommergibile britannico Seraph (tenente di vascello Norma Limbury Auchinleck Jewell) avvista del fumo su rilevamento 115°, e si avvicina per vedere di cosa si tratti; alle 21, nell’oscurità incipiente, avvista un piccolo mercantile (il Capitaine Luigi) ed un “sommergibile”, che in realtà è la Libra (non c’è nessun sommergibile nei pressi), più il fumo di una terza unità verso dritta. Alle 21.10 il Seraph inizia la manovra per attaccare il “sommergibile”, ma con il calare del buio lo perde di vista alle 21.36; pertanto riemerge alle 22 e localizza nuovamente i bersagli con il radar, dopo di che, alle 22.29, avvista la nave più vicina – identificata come un grosso piropeschereccio o piccolo mercantile – e decide di attaccarla, lanciandole tre siluri da 1650 metri, in posizione 41°02’ N e 10°07’ E (ad est-nord-est di La Maddalena).
Il bersaglio, però, inizia un’accostata proprio mentre sta venendo lanciato il secondo siluro; tutte le armi mancano così il bersaglio, ed il Seraph, immersosi alle 22.30, rileva il lancio di un primo pacchetto di quattro bombe di profondità alle 22.54 (esplode sulla dritta, senza fae danni) seguito da un altro, anch’esso di quattro bombe, alle 22.55 (sempre sulla dritta e sempre senza arrecare danni), e poi da altre due alle 23.54, ben più lontane, verso poppa. Poi più nulla.
Dalle fonti italiane risulterà che il convoglio avvistò le scie di due siluri e la Libra lanciò due bombe di profondità a scopo intimidatorio; venne poi raggiunta dalla corvetta Folaga, ma nessuna delle due unità riuscì ad ottenere un contatto fino all’1.59 del 28, quando venne lanciato un pacchetto di bombe di profondità. Essendo il contatto poco convincente, però, le due unità non proseguirono nella caccia, ed il convoglietto riprese la navigazione verso La Maddalena.
8 settembre 1943
L’annuncio dell’armistizio tra l’Italia e gli Alleati trova la Libra (capitano di corvetta Nicola Riccardi) a Genova, inquadrata nella II Squadriglia Torpediniere.
L’annuncio dell’armistizio tra l’Italia e gli Alleati trova la Libra (capitano di corvetta Nicola Riccardi) a Genova, inquadrata nella II Squadriglia Torpediniere.
In mattinata, in seguito all’avvistamento alle 7.30 di forze navali nemiche dirette verso il golfo di Salerno (è la flotta d’invasione Alleata incaricata dell’operazione “Avalanche”), Supermarina ha ordinato l’approntamento della flotta da battaglia, di stanza a Genova e La Spezia, per uscire in mare a contrastare l’invasione; successivamente, a mezzogiorno, ha ordinato al Comando delle Forze Navali da Battaglia di aggregare alla flotta la Libra ed altre cinque torpediniere (Orsa, Orione, Ardimentoso, Pegaso ed Impetuoso), inquadrate in un’unica squadriglia (al comando del capitano di fregata Riccardo Imperiali), per incrementare la scorta avanzata alle grandi unità della flotta o per recuperare gli equipaggi in caso di autoaffondamento delle navi maggiori.
La notizia dell’armistizio (data da Radio Algeri alle 18.30 e confermata dall’EIAR alle 19.45), però, sconvolge tutti i piani.
9 settembre 1943
Nelle prime ore del 9 settembre la squadra da battaglia di stanza a La Spezia, per ordine di Supermarina, prende il mare per sottrarsi alla cattura da parte delle forze tedesche, che hanno dato il via all’operazione “Achse” per l’eliminazione delle forze armate italiane e l’occupazione del territorio italiano. Contestualmente, alle 2.45 (o 2.47), salpano da Genova anche la Libra ed i tre incrociatori leggeri dell’VIII Divisione (Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi, Giuseppe Garibaldi ed Emanuele Filiberto Duca d’Aosta), al comando dell’ammiraglio di divisione Luigi Biancheri, con l’ordine di ricongiungersi al grosso della flotta: la destinazione per tutte le navi è la base di La Maddalena, in Sardegna, dove la flotta dovrà inizialmente trasferirsi (come il capo di Stato Maggiore Raffaele De Courten ha spiegato al comandante della squadra, ammiraglio Carlo Bergamini, la sera prima, ordine poi ufficializzato da un fonogramma di Supermarina delle 23.45) per poi ricevere ulteriori istruzioni sul da farsi: nella base sarda, l’ammiraglio Bruno Brivonesi dovrà consegnare all’ammiraglio Bergamini i documenti relativi all’armistizio (i cui dettagli non sono noti a Bergamini) e gli ordini conseguenti (nelle intenzioni di De Courten, la squadra dovrebbe sostare a La Maddalena nel pomeriggio del 9 e ripartire nella notte, in modo da incontrarsi all’alba del 10 con la Forza H britannica e la scorta aerea angloamericana al largo di Bona). Inizialmente, era previsto anche che il re ed il governo si sarebbero dovuti trasferire da Roma a La Maddalena (così ha detto a De Courten, il 6 settembre, il capo di Stato Maggiore generale, generale Vittorio Ambrosio), ma poi gli eventi prenderanno una piega diversa.
La notizia dell’armistizio (data da Radio Algeri alle 18.30 e confermata dall’EIAR alle 19.45), però, sconvolge tutti i piani.
9 settembre 1943
Nelle prime ore del 9 settembre la squadra da battaglia di stanza a La Spezia, per ordine di Supermarina, prende il mare per sottrarsi alla cattura da parte delle forze tedesche, che hanno dato il via all’operazione “Achse” per l’eliminazione delle forze armate italiane e l’occupazione del territorio italiano. Contestualmente, alle 2.45 (o 2.47), salpano da Genova anche la Libra ed i tre incrociatori leggeri dell’VIII Divisione (Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi, Giuseppe Garibaldi ed Emanuele Filiberto Duca d’Aosta), al comando dell’ammiraglio di divisione Luigi Biancheri, con l’ordine di ricongiungersi al grosso della flotta: la destinazione per tutte le navi è la base di La Maddalena, in Sardegna, dove la flotta dovrà inizialmente trasferirsi (come il capo di Stato Maggiore Raffaele De Courten ha spiegato al comandante della squadra, ammiraglio Carlo Bergamini, la sera prima, ordine poi ufficializzato da un fonogramma di Supermarina delle 23.45) per poi ricevere ulteriori istruzioni sul da farsi: nella base sarda, l’ammiraglio Bruno Brivonesi dovrà consegnare all’ammiraglio Bergamini i documenti relativi all’armistizio (i cui dettagli non sono noti a Bergamini) e gli ordini conseguenti (nelle intenzioni di De Courten, la squadra dovrebbe sostare a La Maddalena nel pomeriggio del 9 e ripartire nella notte, in modo da incontrarsi all’alba del 10 con la Forza H britannica e la scorta aerea angloamericana al largo di Bona). Inizialmente, era previsto anche che il re ed il governo si sarebbero dovuti trasferire da Roma a La Maddalena (così ha detto a De Courten, il 6 settembre, il capo di Stato Maggiore generale, generale Vittorio Ambrosio), ma poi gli eventi prenderanno una piega diversa.
Alle due di notte l’ammiraglio Bergamini ha diramato un telecifrato con i dettagli di trasferimento e di navigazione: "DA COMANDO IN CAPO FF.NN. – 15749 TABELLA ASTI – Previsione partenza Forza Navale da La Spezia 030009 velocità 24 punto 42°36’ latitudine 8°19’ longitudine; 41°09’ latitudine 8°19’ longitudine (alt) Arrivo La Maddalena ore 1430 (alt) Ore 060009 riunione con 8a Divisione et torpediniera LIBRA (alt) Torpediniere PEGASO Torpediniera IMPETUOSO Torpediniera ORSA Torpediniera ORIONE precedono Forza Navale scorta avanzata (alt) 020009". Il mare è calmo, ben illuminato dalla luna.
Le navi partite da Genova – la Libra precede i tre incrociatori – assumono rotta 170° e velocità 24 nodi e si uniscono al resto della squadra alle 6.15 (o 6.30), a nord di Capo Corso, per poi proseguire in un unico gruppo lungo una rotta ad ovest della Corsica, procedendo a 22 nodi e tenendosi ad una quarantina di miglia dalla costa corsa. Compongono la squadra le tre moderne corazzate della IX Divisione, Roma (nave ammiraglia di Bergamini), Italia (nave di bandiera dell’ammiraglio di divisione Enrico Accorretti, comandante della IX Divisione) e Vittorio Veneto; gli incrociatori leggeri Raimondo Montecuccoli, Attilio Regolo (che al contempo ricopre anche il ruolo di conduttore di flottiglia del Gruppo Cacciatorpediniere di Squadra, formato dalle Squadriglie X, XI e XIV e comandato dal capitano di vascello Franco Garofalo: quest’ultimo, però, si è imbarcato sull’Italia invece che sul Regolo) ed Eugenio di Savoia della VII Divisione Navale (al comando dell’ammiraglio di divisione Romeo Oliva, con bandiera sull’Eugenio di Savoia); i cacciatorpediniere Mitragliere (caposquadriglia, capitano di vascello Giuseppe Marini), Fuciliere (capitano di fregata Uguccione Scroffa), Carabiniere (capitano di fregata Gian Maria Bongiovanni) e Velite (capitano di fregata Antonio Raffai) della XII Squadriglia; i cacciatorpediniere Grecale (capitano di vascello Benedetto Ponza di San Martino), Artigliere (capitano di fregata Mario Tabucchi), Legionario (caposquadriglia, capitano di vascello Amleto Baldo) ed Alfredo Oriani (capitano di fregata Pietro Scammacca) della XIV Squadriglia; le torpediniere Pegaso (caposquadriglia, capitano di fregata Riccardo Imperiali), Impetuoso, Orsa ed Orione del Gruppo Torpediniere.
Dopo la riunione, la Libra si aggrega temporaneamente alla XIV Squadriglia Cacciatorpediniere, mentre la VII e la VIII Divisione si scambiano Regolo e Duca d’Aosta per ottenere una maggiore omogeneità delle due formazioni.
Le navi partite da Genova – la Libra precede i tre incrociatori – assumono rotta 170° e velocità 24 nodi e si uniscono al resto della squadra alle 6.15 (o 6.30), a nord di Capo Corso, per poi proseguire in un unico gruppo lungo una rotta ad ovest della Corsica, procedendo a 22 nodi e tenendosi ad una quarantina di miglia dalla costa corsa. Compongono la squadra le tre moderne corazzate della IX Divisione, Roma (nave ammiraglia di Bergamini), Italia (nave di bandiera dell’ammiraglio di divisione Enrico Accorretti, comandante della IX Divisione) e Vittorio Veneto; gli incrociatori leggeri Raimondo Montecuccoli, Attilio Regolo (che al contempo ricopre anche il ruolo di conduttore di flottiglia del Gruppo Cacciatorpediniere di Squadra, formato dalle Squadriglie X, XI e XIV e comandato dal capitano di vascello Franco Garofalo: quest’ultimo, però, si è imbarcato sull’Italia invece che sul Regolo) ed Eugenio di Savoia della VII Divisione Navale (al comando dell’ammiraglio di divisione Romeo Oliva, con bandiera sull’Eugenio di Savoia); i cacciatorpediniere Mitragliere (caposquadriglia, capitano di vascello Giuseppe Marini), Fuciliere (capitano di fregata Uguccione Scroffa), Carabiniere (capitano di fregata Gian Maria Bongiovanni) e Velite (capitano di fregata Antonio Raffai) della XII Squadriglia; i cacciatorpediniere Grecale (capitano di vascello Benedetto Ponza di San Martino), Artigliere (capitano di fregata Mario Tabucchi), Legionario (caposquadriglia, capitano di vascello Amleto Baldo) ed Alfredo Oriani (capitano di fregata Pietro Scammacca) della XIV Squadriglia; le torpediniere Pegaso (caposquadriglia, capitano di fregata Riccardo Imperiali), Impetuoso, Orsa ed Orione del Gruppo Torpediniere.
Dopo la riunione, la Libra si aggrega temporaneamente alla XIV Squadriglia Cacciatorpediniere, mentre la VII e la VIII Divisione si scambiano Regolo e Duca d’Aosta per ottenere una maggiore omogeneità delle due formazioni.
Il Gruppo Torpediniere (di cui non fa parte la Libra) precede la flotta di alcune miglia, oltre l’orizzonte; la Libra procede in testa alla squadra seguita dagli incrociatori, che procedono su due colonne parallele, con i cacciatorpediniere sui fianchi. Le corazzate sono per ultime, in posizione centrale rispetto alle colonne degli incrociatori.
Alle 6.30 Supermarina trasmette a tutte le unità un breve messaggio dell’ammiraglio De Courten: “Supermarina 18475: Truppe tedesche marciano su Roma (alt) Fra poco Supermarina potrà non poter comunicare (alt) Per ordine del Re eseguite lealmente clausole armistizio (alt) Con questa leale esecuzione la Marina renderà altissimo servizio al Paese”. Alla stessa ora l’ammiraglio Bergamini ordina “Da CC.FF.NN.BB. a tutti: Disponetevi secondo dispositivo di marcia G.E. 12, 5a colonna”, e la squadra si dispone con la Libra in avanguardia ravvicinata seguita dalla IX Divisione in posizione centrale, la VII Divisione a proravia sinistra di quest’ultima e con la XII Squadriglia sul lato esterno e l’VIII Divisione a proravia dritta della IX Divisione e con la XIV Squadriglia sul lato esterno. Rotta 220°, la velocità viene portata a 22 nodi. Alle 6.50 Bergamini comunica alla Libra "Prendete posto di prora alla mia corazzata distanza 4.500 metri".
Alle 8.40 le navi di Bergamini avvistano le torpediniere del comandante Imperiali, che si mantengono in avanguardia lontana come scorta avanzata. Già alle 4.13 l’ammiraglio Bergamini ha comunicato a tutte le unità «Attenzione agli aerosiluranti all’alba», ed alle 7.07 ribadisce «Massima attenzione attacchi aerei». In testa alla formazione procede la Libra, seguita dalle due divisioni di incrociatori che navigano su due colonne parallele, con Duca degli Abruzzi, Garibaldi e Regolo a dritta ed Eugenio, Duca d’Aosta e Montecuccoli a sinistra; le tre corazzate procedono in linea di fila a poppavia degli incrociatori. La XIV Squadriglia Cacciatorpediniere è in posizione di scorta laterale sulla dritta della formazione, in linea di fila, mentre la XII Squadriglia ha analoga posizione sul lato opposto.
Alle nove del mattino le navi, arrivate nel punto di atterraggio previsto per fare rotta verso il Golfo dell’Asinara, accostano a sinistra, riducono la velocità a 20 nodi ed assumono rotta 180° (verso sud), procedendo a zig zag.
I movimenti della squadra italiana non sono passati inosservati; le navi italiane vengono avvistate e seguite da alcuni ricognitori britannici (il primo, alle 9.45, è un Martin Marauder, che dopo l’avvistamento prende a girare intorno alla flotta) ed alle 9.41 sono localizzate anche da un ricognitore della Luftwaffe, uno Junkers Ju 88, che allerta immediatamente il proprio comando, informandolo della rotta e composizione della squadra italiana.
Alle 10.29 viene avvistato un altro aereo, anch’esso tedesco, con conseguente allarme aereo; la velocità della squadra viene portata a 27 nodi, ed anche le torpediniere si ricongiungono con il resto della squadra, dispiegandosi in formazione di battaglia. Temendo un prossimo attacco aereo, che avverrebbe senza la minima copertura aerea nazionale, le navi iniziano a zigzagare. Alle 10.46 viene avvistato un terzo aereo, identificato come Alleato, e viene dato ancora l’allarme aereo; alle 10.56 viene avvistato un ulteriore ricognitore, riconosciuto come britannico. Alle 11, dato che alcune navi hanno aperto il fuoco col proprio armamento contraereo, l’ammiraglio Bergamini ordina a tutte le unità di non aprire il fuoco contro aerei riconosciuti come britannici o statunitensi.
In tutto, tra le 9.45 e le 10.56, sono quattro gli allarmi aerei causati dall’avvistamento di ricognitori che si tengono fuori tiro; l’ultimo allarme aereo cessa alle 11, quando viene accertato che gli aerei avvistati sono britannici. Alle 11.24 Supermarina comunica a tutte le unità in mare “PAPA n. 85982 – Non eseguite eventuali ordini dirottamento se nel testo non figura la parola convenzionale Milano alt Per alti Comandi verranno dati ordini a parte 092609”.
A mezzogiorno, ormai in prossimità delle coste della Sardegna, l’ammiraglio Bergamini ordina alla Libra di unirsi alle torpediniere del Gruppo Pegaso, ed a quest’ultimo di passare in scorta ravvicinata; alle 12.04 ordina di assumere il dispositivo di marcia GE11, ossia una formazione in linea di fila con il Gruppo torpediniere in testa, seguito nell’ordine dalla VII, VIII e IX Divisione, con i cacciatorpediniere in scorta ravvicinata sui lati. Viene cessato lo zigzagamento. Alle 12.05 la squadra italiana, giunta nei pressi dell’imboccatura occidentale delle Bocche di Bonifacio, aggira un’ampia zona di mare minata (al largo di Golfo di Porto, in Corsica) per poi raggiungere La Maddalena. Alle 12.10, avvistata l’Asinara, la formazione accosta di 45° a sinistra per imboccare la rotta di sicurezza verso l’ingresso occidentale dell’estuario della Maddalena; le due squadriglie di cacciatorpediniere vengono disposte di poppa alle navi maggiori, con la XIV Squadriglia in coda alla formazione (a poppavia della XII Squadriglia), mentre la direzione della navigazione passa all’Eugenio di Savoia. L’ordine della linea di fila è Gruppo torpediniere-Eugenio-Duca d’Aosta-Montecuccoli-Duca degli Abruzzi-Garibaldi-Regolo-Roma-Italia-Vittorio Veneto-Mitragliere-Fuciliere-Carabiniere-Velite-Legionario-Oriani-Artigliere-Grecale.
Le torpediniere sono tornate in testa alla formazione, e sono prossime a giungere a destinazione, quando vengono avvistati da bordo numerosi incendi sulla vicina costa della Sardegna. Poco dopo (secondo una fonte, alle 13.30, ma le 12.30 sembrano orario più verosimile) il semaforo di Capo Testa inizia ad eseguire una sequenza di segnali luminosi, comunicando in codice morse che il presidio della Maddalena sta per essere sopraffatto dalle forze tedesche, che hanno attaccato gli ex alleati, e dissuadendo le navi italiane dall’entrare a La Maddalena ("Fermate! I tedeschi hanno occupato la base!"). Il comandante del Gruppo Torpediniere, capitano di fregata Riccardo Imperiali sulla Pegaso, decide allora di invertire la rotta d’iniziativa. Mentre comunica la notizia all’ammiraglio Bergamini, vede che il resto della flotta, a dieci miglia di distanza, sta a sua volta invertendo la rotta.
Ciò che è successo è che il generale Carl Hans Lungerhausen, comandante della 90a Divisione tedesca di stanza in Sardegna, ha concordato con il comandante militare dell’isola, generale Antonio Basso, la pacifica evacuazione delle sue truppe (32.000 uomini) verso la Corsica, attraverso il porto di La Maddalena, ed il capitano di fregata Helmut Hunäus, sottoposto di Lungerhausen ed ufficiale di collegamento tedesco presso Marisardegna, ha a sua Volta preso accordi con l’ammiraglio Bruno Brivonesi, comandante militare marittimo della Sardegna, affinché il passaggio delle truppe tedesche attraverso La Maddalena avvenga senza atti di ostilità (ed in questo senso, d’altro canto, andavano gli ordini impartiti dal generale Basso all’ammiraglio Brivonesi); ma alle 11.25 di quel 9 settembre Hunäus ha tradito l’accordo preso, attuando un colpo di mano con le sue truppe ed assumendo così il controllo di diverse posizioni chiave all’interno del perimetro della base. Le truppe tedesche hanno circondato anche il Comando Marina di La Maddalena; l’ammiraglio Brivonesi, prima di essere catturato, ha però fatto in tempo ad avvertire Supermarina di quanto sta accadendo, ed alle 13.16 Supermarina ne informa a sua volta Bergamini, ordinandogli di fare rotta per Bona, in Algeria (messaggio ricevuto sulla Roma alle 14.24).
Alle 13.21 viene avvistato un altro aereo, riconosciuto per tedesco, e viene dato l’allarme aereo; le navi accostano a sinistra per 120°.
Alle 13.29, per attraversare in sicurezza una zona di campi minati, viene assunta una formazione in linea di fila con in testa il Gruppo torpediniere seguito, nell’ordine, dalla Libra, dalla VII, VIII e IX Divisione e dalla XII e XIV Squadriglia Cacciatorpediniere. La velocità viene ridotta a 20 nodi, e la squadra accosta a sinista, assumendo rotta 110°.
Secondo il volume dell’USMM relativo agli eventi seguiti all’armistizio, alle 13.16 Supermarina, saputo verso le 13 dell’occupazione di La Maddalena, ordina alla squadra di Bergamini di cambiare rotta e dirigere per Bona; tale messaggio viene ricevuto sulla Roma alle 14.24 (secondo altra fonte, alle 14.37), ed alle 14.45 la formazione inverte la rotta ad un tempo di 180° sulla sinistra (accostata eseguita alla velocità di 24 nodi), puntando in direzione dell’Asinara, finendo con l’invertire l’ordine di marcia precedentemente assunto: ora la XIV Squadriglia Cacciatorpediniere è finita in testa, seguita nell’ordine dalla XII Squadriglia, dalla Libra, dalla IX Divisione, dall’VIII Divisione e dalla VII Divisione, con le navi ammiraglie o caposquadriglia che procedono in coda alle rispettive Divisioni e Squadriglie (ordine: Grecale, Artigliere, Oriani, Legionario, Velite, Carabiniere, Fuciliere, Mitragliere, Libra, Vittorio Veneto, Italia, Roma, Regolo, Garibaldi, Duca degli Abruzzi, Montecuccoli, Duca d’Aosta, Eugenio). In coda alla formazione è il Gruppo Torpediniere.
Alle 13.30 viene assunta rotta 65°, per dirigere verso le Bocche di Bonifacio; alle 14.41 l’ammiraglio Bergamini ordina per ultracorte a tutte le unità dipendenti "Accostate ad un tempo di 180° a sinistra", in modo da ridurre il raggio di evoluzione delle navi ed evitare così di finire sui campi minati. Alle 14.46 il Comando Forze Navali da Battaglia ordina di ridurre la velocità a 18 nodi ed assumere rotta 285°, la rotta di sicurezza che dovrà condurre le navi fuori dal Golfo dell’Asinara, dove poi accosteranno verso sud per raggiungere Bona.
Un ricognitore tedesco, tuttavia, osserva la squadra italiana durante la manovra d’inversione della rotta; apprezzati i dati relativi alla nuova rotta e velocità, alle 14.47 li riferisce al Comando della II. Luftflotte, retto dal feldmaresciallo Von Richtofen. Quest’ultimo, avuta così la certezza che la flotta italiana sia ora diretta in un porto Alleato, ordina al Kampfgeschwader 100 (100° Stormo da Bombardamento) di inviare i bombardieri ad attaccarla: dall’aeroporto di Istres (nei pressi di Marsiglia), pertanto, decollano in tre ondate 28 bombardieri bimotori Dornier Do 217K, undici dei quali appartenenti al 2° Gruppo del Kampfgeschwader 100 (sono stati trasferiti da Cognac e li comanda il capitano Franz Hollweck) e 17 al 3° Gruppo del Kampfgeschwader 100 (maggiore Bernhard Jope). (Per altra fonte, l’avvistamento da parte del ricognitore tedesco sarebbe avvenuto alle 13.23, ed i bombardieri sarebbero decollati alle 14).
Intanto, la flotta di Bergamini si sta dirigendo a nord dell’Asinara; all’ammiraglio giungono le drammatiche notizie degli scontri in corso in tutti i porti italiani, che si concludono invariabilmente con la loro caduta in mano tedesca. Di tornare in Italia, ormai, non c’è più la possibilità: non rimane altro da fare che dirigere su Bona, come ordinato.
Proprio in questi confusi e critici momenti, alle 15.15 (quando la flotta si trova 14 miglia a sudovest di Capo Testa, a ponente delle Bocche di Bonifacio), si verifica un nuovo allarme aereo, con l’avvistamento verso ponente di un gruppo di aerei che si avvicinano: dopo un minuto questi vengono identificati dalle navi come “Junkers” tedeschi, e la Roma alza a riva il segnale "Posto di combattimento pronti ad aprire il fuoco".
Gli aerei avvistati sono gli undici Dornier Do 217 K2 del III. Gruppe del Kampfgeschwader 100, decollati da Istres ed armati con innovative bombe plananti radioguidate FX 1400, meglio note come “Fritz X”, precorritrici dei moderni missili antinave radiocomandati. Un’arma rivoluzionaria, che vede qui uno dei suoi primi impieghi in combattimento: a differenza delle normali bombe “a caduta”, questi ordigni possono essere sganciati da un’angolazione di oltre 80 gradi rispetto all’obiettivo (quelle normali non possono essere invece sganciate da un’angolazione superiore ai 60 gradi), e poi guidati a distanza da un operatore che si trova sull’aereo che li ha sganciati, mediante impulsi radio; la loro velocità di caduta è di 300 metri al secondo, molto superiore rispetto alle bombe “tradizionali”.
Alle 15.37 i primi cinque Do 217K (guidati dal maggiore Bernhard Jope), volando a 5000-6000 metri di quota, hanno già oltrepassato il punto di angolo massimo previsto per lo sgancio di bombe a caduta (60 gradi, come sopra detto: a bordo si ignora l’esistenza delle “Fritz X”) senza aver sganciato alcunché: sulle navi italiane, pertanto, si pensa che ormai i bombardieri siano in allontanamento, dato che non possono più sganciare bombe con un angolo tanto elevato. Non avendo gli aerei manifestato “definite azioni ostili”, non è possibile aprire preventivamente il fuoco contraereo, nell’incertezza sulle intenzioni degli ex alleati.
Pochi attimi dopo, però, gli aerei iniziano a sganciare le loro bombe, mirando soprattutto a colpire le corazzate. La codetta luminosa della prima bomba viene inizialmente scambiata per un segnale di riconoscimento, ma subito dopo si comprende che è invece una bomba; viene allora ordinata l’apertura del fuoco. Alle 15.36 la prima FX-1400, mancato il bersaglio, cade in mare vicino alla poppa dell’Italia, sollevando un’immensa colonna d’acqua e mettendone momentaneamente fuori uso il timone.
Subito la formazione si dirada, manovrando in modo da ostacolare la punteria dei bombardieri, e viene aperto il fuoco con tutte le armi a disposizione, alla massima elevazione; le torpediniere si avvicinano al grosso della squadra facendo fuoco con le mitragliere, e manovrando in modo tale da proteggere le navi maggiori col loro tiro di sbarramento senza però intralciarne le evoluzioni. Libra, Orione ed Ardimentoso, rimaste in coda alla formazione, perdono progressivamente il contatto con Pegaso, Orsa ed Impetuoso; l’unità caposquadriglia, avendo la radio ad ultracorte in avaria e potendo quindi comunicare soltanto a mezzo radiosegnalatore, fatica a comunicare con le unità dipendenti (secondo la storia ufficiale dell’USMM, Libra ed Orione sarebbero rimaste indietro, fino a perdere il contatto con le altre unità, per “irregolare funzionamento dell’apparato motore”). Il pur violento fuoco contraereo delle navi italiane risulta inutile, dato che gli aerei sganciano le loro bombe tenendosi fuori tiro, a quota troppo elevata per le armi contraeree delle navi italiane.
Alle 15.42 (o 15.50) la Roma, nave ammiraglia di Bergamini, viene colpita da una prima bomba: l’ordigno la raggiunge a poppavia dritta, trapassandone lo scafo ed esplodendo sotto di esso, aprendo una falla che causa l’allagamento delle motrici poppiere. Ciò riduce la velocità e manovrabilità della corazzata, che dieci minuti dopo viene centrata da una seconda bomba, questa volta a proravia sinistra: nell’esplosione sono coinvolti i depositi munizioni delle torri prodiere da 381 mm, che erompono in una catastrofica deflagrazione, proiettando in aria la torre numero 2 da 381 ed investendo il torrione prodiero con un’enorme fiammata che uccide l’ammiraglio Bergamini e tutto il suo stato maggiore. Nel giro di meno di venti minuti, la Roma si capovolge, si spezza in due ed affonda, portando con sé 1393 dei 2021 uomini dell’equipaggio.
In seguito alla morte dell’ammiraglio Bergamini, il comando della squadra passa all’ammiraglio Oliva, comandante della VII Divisione, essendo questi il più anziano tra i tre ammiragli di divisione (Oliva, Biancheri, Accorretti): questi comunica di aver assunto il comando alle 16.12. Già tre minuti prima, alle 16.09, Oliva ha preso l’iniziativa di distaccare il Regolo, la XII Squadriglia Cacciatorpediniere e le torpediniere del gruppo "Pegaso" per il salvataggio dei naufraghi della Roma. Tutte queste unità, ad eccezione dell’Orione e del Velite, rimasti con la squadra, non si riuniranno più al resto della formazione: dopo aver recuperato i naufraghi, infatti, raggiungeranno le Baleari, dove saranno internate dalle autorità spagnole (o, nel caso di Pegaso ed Impetuoso, si autoaffonderanno per evitare l’internamento). Nella baraonda seguita all’affondamento della Roma, però, la Libra e l’Orione hanno perso il contatto con le altre torpediniere, a causa dei problemi della radio ad ultracorte della Pegaso: proseguiranno per conto proprio, senza partecipare al salvataggio dei naufraghi, tentando di riunirsi al grosso della flotta.
Alle 16.20 Oliva contatta Supermarina dando notizia dell’affondamento della Roma e dell’assunzione del comando da parte sua, e chiedendo istruzioni: messaggio che tuttavia potrà essere trasmesso soltanto alle 17, a causa del sovraccarico dei canali radio. Nel mentre, alle 16.49, l’ammiraglio Biancheri, il più riluttante a portare le navi in un porto Alleato, contatta Oliva proponendogli di rientrare a La Spezia; Oliva respinge tuttavia la proposta, invitando il collega ad attenersi agli ordini del re.
Nel mentre, la Luftwaffe torna ripetutamente all’attacco, non paga del successo già conseguito: un nuovo attacco aereo ha luogo alle 16.29, quando anche l’Italia viene colpita a prua da una FX 1400, ma nel suo caso la bomba, trapassato lo scafo, esplode in mare limitandosi ad aprire una falla; la corazzata imbarca ottocento tonnellate d’acqua, ma è in grado di proseguire alla velocità di 24 nodi.
Ulteriori attacchi tedeschi hanno luogo alle 18, alle 18.34 ed alle 19.10, tutti accolti dalla vivace reazione contraerea delle navi e tutti senza successo, grazie anche alle continue evoluzioni eseguite dalle navi della squadra per confondere la mira dei bombardieri.
Durante uno di questi attacchi gli aerei tedeschi abbattono un ricognitore britannico che seguiva la formazione italiana: il suo equipaggio è tratto in salvo dal Legionario.
Alle 18.40 l’ammiraglio Oliva riceve conferma dell’ordine di raggiungere Bona; per disorientare eventuali ricognitori tedeschi, tuttavia, il nuovo comandante della squadra navale decide di continuare la navigazione verso ovest fino alle 21, quando ormai è calata l’oscurità, accostando verso sud (verso Bona) soltanto a quel punto. Alle 20.15 (con messaggio trasmesso alle 20.30) Oliva comunica questa decisione a Supermarina, fornendo altresì maggiori dettagli sull’affondamento della Roma, sul danneggiamento dell’Italia e sulla decisione di distaccare parte delle unità per il salvataggio dei naufraghi (e sull’impossibilità di contattarle); chiede infine di poter inviare i cacciatorpediniere rimasti a Bona e di raggiungere Algeri con le navi maggiori. Dal canto suo Supermarina, alle 20.25, ha diramato un messaggio circolare cifrato volto ad informare tutte le unità della situazione generale: «Supermarina 47570 – Situazione ore 19 alt Forza Navale da battaglia ore 17 in lat. 41°17’ long. 08°22’ rotta ponente dirette Bona semialt corazzata Roma colpita da bombe velivoli inglesi [informazione, quest’ultima, errata] est affondata ore 16.30 semialt corazzata Italia colpita non gravemente alt 5a Divisione partita da Taranto per Malta ore 17 alt Piroscafi Vulcania et Saturnia con torp. Audace su cui est Altezza Reale in partenza da Venezia alt Risultano parzialmente occupate da tedeschi Genova Livorno Civitavecchia Comando Marina La Maddalena Trieste alt Mancano notizie La Spezia alt Conflitto a Bari alt Truppe germaniche stanno avvicinandosi a Roma alt Unità germaniche attaccano sistematicamente nostre unità alt Amm. Martinengo deceduto in azione tra due vedette antisom et motosiluranti tedesche presso Gorgona alt Chiesto notizie ammiraglio Bergamini alt Milano [parola convenzionale inserita nel messaggio per confermare che provenisse realmente da Supermarina] alt 192609».
Alle 20.29 il comando della VII Divisione comunica alla Libra, che si trova in testa alla formazione, "202909 Onda UT da Comando 7^ Divisione a Nave Libra. Alle 21.00 dirigete per Bona punta Trefittanon"; alle 21 la torpediniera assume rotta 178° e velocità 23 nodi.
Alle 21.07 la squadra navale accosta a 23 nodi per rotta 168° verso Bona: ormai la compongono esclusivamente la VII, VIII ed IX Divisione (queste ultime due, private rispettivamente di Regolo e Roma), la XIV Squadriglia Cacciatorpediniere ed il Velite.
10 settembre 1943
Durante la notte l’ammiraglio Oliva fa trasmettere alle unità dipendenti un proclama dell’ammiraglio De Courten delle 11.50 del giorno precedente («Marinai d'Italia – Durante quaranta mesi di durissima guerra avete tenuto testa alla più potente Marina del mondo compiendo eroismi che rimarranno scritti a lettere d'oro nella nostra storia e affrontando sacrifici di sangue che vi hanno meritato l'ammirazione della Patria e il rispetto del nemico. Avreste meritato di poter compiere il vostro dovere fino all'ultimo combattendo ad armi pari le forze navali nemiche. Il destino ha voluto diversamente: le gravi condizioni materiali nelle quali versa la Patria ci costringono a deporre le armi. E' possibile che altri duri doveri vi saranno riservati, imponendovi sacrifici morali rispetto ai quali quello stesso del sangue appare secondario: occorre che voi dimostriate in questi momenti che la salDezza del vostro animo è pari al vostro eroismo e che nulla vi sembra impossibile quando i futuri destini della Patria sono in giuoco. Sono certo che in ogni circostanza saprete essere all'altezza delle vostre tradizioni nell'assolvimento dei vostri doveri. Potete dunque guardare fieramente negli occhi gli avversari di quaranta mesi di lotta, perché il vostro passato di guerra ve ne dà pieno diritto. de Courten») e l’ordine del re di eseguire lealmente le clausole dell’armistizio, che non comportano la cessione delle navi né l’abbassamento della bandiera.
Alle 6.30 Supermarina trasmette a tutte le unità un breve messaggio dell’ammiraglio De Courten: “Supermarina 18475: Truppe tedesche marciano su Roma (alt) Fra poco Supermarina potrà non poter comunicare (alt) Per ordine del Re eseguite lealmente clausole armistizio (alt) Con questa leale esecuzione la Marina renderà altissimo servizio al Paese”. Alla stessa ora l’ammiraglio Bergamini ordina “Da CC.FF.NN.BB. a tutti: Disponetevi secondo dispositivo di marcia G.E. 12, 5a colonna”, e la squadra si dispone con la Libra in avanguardia ravvicinata seguita dalla IX Divisione in posizione centrale, la VII Divisione a proravia sinistra di quest’ultima e con la XII Squadriglia sul lato esterno e l’VIII Divisione a proravia dritta della IX Divisione e con la XIV Squadriglia sul lato esterno. Rotta 220°, la velocità viene portata a 22 nodi. Alle 6.50 Bergamini comunica alla Libra "Prendete posto di prora alla mia corazzata distanza 4.500 metri".
Alle 8.40 le navi di Bergamini avvistano le torpediniere del comandante Imperiali, che si mantengono in avanguardia lontana come scorta avanzata. Già alle 4.13 l’ammiraglio Bergamini ha comunicato a tutte le unità «Attenzione agli aerosiluranti all’alba», ed alle 7.07 ribadisce «Massima attenzione attacchi aerei». In testa alla formazione procede la Libra, seguita dalle due divisioni di incrociatori che navigano su due colonne parallele, con Duca degli Abruzzi, Garibaldi e Regolo a dritta ed Eugenio, Duca d’Aosta e Montecuccoli a sinistra; le tre corazzate procedono in linea di fila a poppavia degli incrociatori. La XIV Squadriglia Cacciatorpediniere è in posizione di scorta laterale sulla dritta della formazione, in linea di fila, mentre la XII Squadriglia ha analoga posizione sul lato opposto.
Alle nove del mattino le navi, arrivate nel punto di atterraggio previsto per fare rotta verso il Golfo dell’Asinara, accostano a sinistra, riducono la velocità a 20 nodi ed assumono rotta 180° (verso sud), procedendo a zig zag.
I movimenti della squadra italiana non sono passati inosservati; le navi italiane vengono avvistate e seguite da alcuni ricognitori britannici (il primo, alle 9.45, è un Martin Marauder, che dopo l’avvistamento prende a girare intorno alla flotta) ed alle 9.41 sono localizzate anche da un ricognitore della Luftwaffe, uno Junkers Ju 88, che allerta immediatamente il proprio comando, informandolo della rotta e composizione della squadra italiana.
Alle 10.29 viene avvistato un altro aereo, anch’esso tedesco, con conseguente allarme aereo; la velocità della squadra viene portata a 27 nodi, ed anche le torpediniere si ricongiungono con il resto della squadra, dispiegandosi in formazione di battaglia. Temendo un prossimo attacco aereo, che avverrebbe senza la minima copertura aerea nazionale, le navi iniziano a zigzagare. Alle 10.46 viene avvistato un terzo aereo, identificato come Alleato, e viene dato ancora l’allarme aereo; alle 10.56 viene avvistato un ulteriore ricognitore, riconosciuto come britannico. Alle 11, dato che alcune navi hanno aperto il fuoco col proprio armamento contraereo, l’ammiraglio Bergamini ordina a tutte le unità di non aprire il fuoco contro aerei riconosciuti come britannici o statunitensi.
In tutto, tra le 9.45 e le 10.56, sono quattro gli allarmi aerei causati dall’avvistamento di ricognitori che si tengono fuori tiro; l’ultimo allarme aereo cessa alle 11, quando viene accertato che gli aerei avvistati sono britannici. Alle 11.24 Supermarina comunica a tutte le unità in mare “PAPA n. 85982 – Non eseguite eventuali ordini dirottamento se nel testo non figura la parola convenzionale Milano alt Per alti Comandi verranno dati ordini a parte 092609”.
A mezzogiorno, ormai in prossimità delle coste della Sardegna, l’ammiraglio Bergamini ordina alla Libra di unirsi alle torpediniere del Gruppo Pegaso, ed a quest’ultimo di passare in scorta ravvicinata; alle 12.04 ordina di assumere il dispositivo di marcia GE11, ossia una formazione in linea di fila con il Gruppo torpediniere in testa, seguito nell’ordine dalla VII, VIII e IX Divisione, con i cacciatorpediniere in scorta ravvicinata sui lati. Viene cessato lo zigzagamento. Alle 12.05 la squadra italiana, giunta nei pressi dell’imboccatura occidentale delle Bocche di Bonifacio, aggira un’ampia zona di mare minata (al largo di Golfo di Porto, in Corsica) per poi raggiungere La Maddalena. Alle 12.10, avvistata l’Asinara, la formazione accosta di 45° a sinistra per imboccare la rotta di sicurezza verso l’ingresso occidentale dell’estuario della Maddalena; le due squadriglie di cacciatorpediniere vengono disposte di poppa alle navi maggiori, con la XIV Squadriglia in coda alla formazione (a poppavia della XII Squadriglia), mentre la direzione della navigazione passa all’Eugenio di Savoia. L’ordine della linea di fila è Gruppo torpediniere-Eugenio-Duca d’Aosta-Montecuccoli-Duca degli Abruzzi-Garibaldi-Regolo-Roma-Italia-Vittorio Veneto-Mitragliere-Fuciliere-Carabiniere-Velite-Legionario-Oriani-Artigliere-Grecale.
Le torpediniere sono tornate in testa alla formazione, e sono prossime a giungere a destinazione, quando vengono avvistati da bordo numerosi incendi sulla vicina costa della Sardegna. Poco dopo (secondo una fonte, alle 13.30, ma le 12.30 sembrano orario più verosimile) il semaforo di Capo Testa inizia ad eseguire una sequenza di segnali luminosi, comunicando in codice morse che il presidio della Maddalena sta per essere sopraffatto dalle forze tedesche, che hanno attaccato gli ex alleati, e dissuadendo le navi italiane dall’entrare a La Maddalena ("Fermate! I tedeschi hanno occupato la base!"). Il comandante del Gruppo Torpediniere, capitano di fregata Riccardo Imperiali sulla Pegaso, decide allora di invertire la rotta d’iniziativa. Mentre comunica la notizia all’ammiraglio Bergamini, vede che il resto della flotta, a dieci miglia di distanza, sta a sua volta invertendo la rotta.
Ciò che è successo è che il generale Carl Hans Lungerhausen, comandante della 90a Divisione tedesca di stanza in Sardegna, ha concordato con il comandante militare dell’isola, generale Antonio Basso, la pacifica evacuazione delle sue truppe (32.000 uomini) verso la Corsica, attraverso il porto di La Maddalena, ed il capitano di fregata Helmut Hunäus, sottoposto di Lungerhausen ed ufficiale di collegamento tedesco presso Marisardegna, ha a sua Volta preso accordi con l’ammiraglio Bruno Brivonesi, comandante militare marittimo della Sardegna, affinché il passaggio delle truppe tedesche attraverso La Maddalena avvenga senza atti di ostilità (ed in questo senso, d’altro canto, andavano gli ordini impartiti dal generale Basso all’ammiraglio Brivonesi); ma alle 11.25 di quel 9 settembre Hunäus ha tradito l’accordo preso, attuando un colpo di mano con le sue truppe ed assumendo così il controllo di diverse posizioni chiave all’interno del perimetro della base. Le truppe tedesche hanno circondato anche il Comando Marina di La Maddalena; l’ammiraglio Brivonesi, prima di essere catturato, ha però fatto in tempo ad avvertire Supermarina di quanto sta accadendo, ed alle 13.16 Supermarina ne informa a sua volta Bergamini, ordinandogli di fare rotta per Bona, in Algeria (messaggio ricevuto sulla Roma alle 14.24).
Alle 13.21 viene avvistato un altro aereo, riconosciuto per tedesco, e viene dato l’allarme aereo; le navi accostano a sinistra per 120°.
Alle 13.29, per attraversare in sicurezza una zona di campi minati, viene assunta una formazione in linea di fila con in testa il Gruppo torpediniere seguito, nell’ordine, dalla Libra, dalla VII, VIII e IX Divisione e dalla XII e XIV Squadriglia Cacciatorpediniere. La velocità viene ridotta a 20 nodi, e la squadra accosta a sinista, assumendo rotta 110°.
Secondo il volume dell’USMM relativo agli eventi seguiti all’armistizio, alle 13.16 Supermarina, saputo verso le 13 dell’occupazione di La Maddalena, ordina alla squadra di Bergamini di cambiare rotta e dirigere per Bona; tale messaggio viene ricevuto sulla Roma alle 14.24 (secondo altra fonte, alle 14.37), ed alle 14.45 la formazione inverte la rotta ad un tempo di 180° sulla sinistra (accostata eseguita alla velocità di 24 nodi), puntando in direzione dell’Asinara, finendo con l’invertire l’ordine di marcia precedentemente assunto: ora la XIV Squadriglia Cacciatorpediniere è finita in testa, seguita nell’ordine dalla XII Squadriglia, dalla Libra, dalla IX Divisione, dall’VIII Divisione e dalla VII Divisione, con le navi ammiraglie o caposquadriglia che procedono in coda alle rispettive Divisioni e Squadriglie (ordine: Grecale, Artigliere, Oriani, Legionario, Velite, Carabiniere, Fuciliere, Mitragliere, Libra, Vittorio Veneto, Italia, Roma, Regolo, Garibaldi, Duca degli Abruzzi, Montecuccoli, Duca d’Aosta, Eugenio). In coda alla formazione è il Gruppo Torpediniere.
Alle 13.30 viene assunta rotta 65°, per dirigere verso le Bocche di Bonifacio; alle 14.41 l’ammiraglio Bergamini ordina per ultracorte a tutte le unità dipendenti "Accostate ad un tempo di 180° a sinistra", in modo da ridurre il raggio di evoluzione delle navi ed evitare così di finire sui campi minati. Alle 14.46 il Comando Forze Navali da Battaglia ordina di ridurre la velocità a 18 nodi ed assumere rotta 285°, la rotta di sicurezza che dovrà condurre le navi fuori dal Golfo dell’Asinara, dove poi accosteranno verso sud per raggiungere Bona.
Un ricognitore tedesco, tuttavia, osserva la squadra italiana durante la manovra d’inversione della rotta; apprezzati i dati relativi alla nuova rotta e velocità, alle 14.47 li riferisce al Comando della II. Luftflotte, retto dal feldmaresciallo Von Richtofen. Quest’ultimo, avuta così la certezza che la flotta italiana sia ora diretta in un porto Alleato, ordina al Kampfgeschwader 100 (100° Stormo da Bombardamento) di inviare i bombardieri ad attaccarla: dall’aeroporto di Istres (nei pressi di Marsiglia), pertanto, decollano in tre ondate 28 bombardieri bimotori Dornier Do 217K, undici dei quali appartenenti al 2° Gruppo del Kampfgeschwader 100 (sono stati trasferiti da Cognac e li comanda il capitano Franz Hollweck) e 17 al 3° Gruppo del Kampfgeschwader 100 (maggiore Bernhard Jope). (Per altra fonte, l’avvistamento da parte del ricognitore tedesco sarebbe avvenuto alle 13.23, ed i bombardieri sarebbero decollati alle 14).
Intanto, la flotta di Bergamini si sta dirigendo a nord dell’Asinara; all’ammiraglio giungono le drammatiche notizie degli scontri in corso in tutti i porti italiani, che si concludono invariabilmente con la loro caduta in mano tedesca. Di tornare in Italia, ormai, non c’è più la possibilità: non rimane altro da fare che dirigere su Bona, come ordinato.
Proprio in questi confusi e critici momenti, alle 15.15 (quando la flotta si trova 14 miglia a sudovest di Capo Testa, a ponente delle Bocche di Bonifacio), si verifica un nuovo allarme aereo, con l’avvistamento verso ponente di un gruppo di aerei che si avvicinano: dopo un minuto questi vengono identificati dalle navi come “Junkers” tedeschi, e la Roma alza a riva il segnale "Posto di combattimento pronti ad aprire il fuoco".
Gli aerei avvistati sono gli undici Dornier Do 217 K2 del III. Gruppe del Kampfgeschwader 100, decollati da Istres ed armati con innovative bombe plananti radioguidate FX 1400, meglio note come “Fritz X”, precorritrici dei moderni missili antinave radiocomandati. Un’arma rivoluzionaria, che vede qui uno dei suoi primi impieghi in combattimento: a differenza delle normali bombe “a caduta”, questi ordigni possono essere sganciati da un’angolazione di oltre 80 gradi rispetto all’obiettivo (quelle normali non possono essere invece sganciate da un’angolazione superiore ai 60 gradi), e poi guidati a distanza da un operatore che si trova sull’aereo che li ha sganciati, mediante impulsi radio; la loro velocità di caduta è di 300 metri al secondo, molto superiore rispetto alle bombe “tradizionali”.
Alle 15.37 i primi cinque Do 217K (guidati dal maggiore Bernhard Jope), volando a 5000-6000 metri di quota, hanno già oltrepassato il punto di angolo massimo previsto per lo sgancio di bombe a caduta (60 gradi, come sopra detto: a bordo si ignora l’esistenza delle “Fritz X”) senza aver sganciato alcunché: sulle navi italiane, pertanto, si pensa che ormai i bombardieri siano in allontanamento, dato che non possono più sganciare bombe con un angolo tanto elevato. Non avendo gli aerei manifestato “definite azioni ostili”, non è possibile aprire preventivamente il fuoco contraereo, nell’incertezza sulle intenzioni degli ex alleati.
Pochi attimi dopo, però, gli aerei iniziano a sganciare le loro bombe, mirando soprattutto a colpire le corazzate. La codetta luminosa della prima bomba viene inizialmente scambiata per un segnale di riconoscimento, ma subito dopo si comprende che è invece una bomba; viene allora ordinata l’apertura del fuoco. Alle 15.36 la prima FX-1400, mancato il bersaglio, cade in mare vicino alla poppa dell’Italia, sollevando un’immensa colonna d’acqua e mettendone momentaneamente fuori uso il timone.
Subito la formazione si dirada, manovrando in modo da ostacolare la punteria dei bombardieri, e viene aperto il fuoco con tutte le armi a disposizione, alla massima elevazione; le torpediniere si avvicinano al grosso della squadra facendo fuoco con le mitragliere, e manovrando in modo tale da proteggere le navi maggiori col loro tiro di sbarramento senza però intralciarne le evoluzioni. Libra, Orione ed Ardimentoso, rimaste in coda alla formazione, perdono progressivamente il contatto con Pegaso, Orsa ed Impetuoso; l’unità caposquadriglia, avendo la radio ad ultracorte in avaria e potendo quindi comunicare soltanto a mezzo radiosegnalatore, fatica a comunicare con le unità dipendenti (secondo la storia ufficiale dell’USMM, Libra ed Orione sarebbero rimaste indietro, fino a perdere il contatto con le altre unità, per “irregolare funzionamento dell’apparato motore”). Il pur violento fuoco contraereo delle navi italiane risulta inutile, dato che gli aerei sganciano le loro bombe tenendosi fuori tiro, a quota troppo elevata per le armi contraeree delle navi italiane.
Alle 15.42 (o 15.50) la Roma, nave ammiraglia di Bergamini, viene colpita da una prima bomba: l’ordigno la raggiunge a poppavia dritta, trapassandone lo scafo ed esplodendo sotto di esso, aprendo una falla che causa l’allagamento delle motrici poppiere. Ciò riduce la velocità e manovrabilità della corazzata, che dieci minuti dopo viene centrata da una seconda bomba, questa volta a proravia sinistra: nell’esplosione sono coinvolti i depositi munizioni delle torri prodiere da 381 mm, che erompono in una catastrofica deflagrazione, proiettando in aria la torre numero 2 da 381 ed investendo il torrione prodiero con un’enorme fiammata che uccide l’ammiraglio Bergamini e tutto il suo stato maggiore. Nel giro di meno di venti minuti, la Roma si capovolge, si spezza in due ed affonda, portando con sé 1393 dei 2021 uomini dell’equipaggio.
In seguito alla morte dell’ammiraglio Bergamini, il comando della squadra passa all’ammiraglio Oliva, comandante della VII Divisione, essendo questi il più anziano tra i tre ammiragli di divisione (Oliva, Biancheri, Accorretti): questi comunica di aver assunto il comando alle 16.12. Già tre minuti prima, alle 16.09, Oliva ha preso l’iniziativa di distaccare il Regolo, la XII Squadriglia Cacciatorpediniere e le torpediniere del gruppo "Pegaso" per il salvataggio dei naufraghi della Roma. Tutte queste unità, ad eccezione dell’Orione e del Velite, rimasti con la squadra, non si riuniranno più al resto della formazione: dopo aver recuperato i naufraghi, infatti, raggiungeranno le Baleari, dove saranno internate dalle autorità spagnole (o, nel caso di Pegaso ed Impetuoso, si autoaffonderanno per evitare l’internamento). Nella baraonda seguita all’affondamento della Roma, però, la Libra e l’Orione hanno perso il contatto con le altre torpediniere, a causa dei problemi della radio ad ultracorte della Pegaso: proseguiranno per conto proprio, senza partecipare al salvataggio dei naufraghi, tentando di riunirsi al grosso della flotta.
Alle 16.20 Oliva contatta Supermarina dando notizia dell’affondamento della Roma e dell’assunzione del comando da parte sua, e chiedendo istruzioni: messaggio che tuttavia potrà essere trasmesso soltanto alle 17, a causa del sovraccarico dei canali radio. Nel mentre, alle 16.49, l’ammiraglio Biancheri, il più riluttante a portare le navi in un porto Alleato, contatta Oliva proponendogli di rientrare a La Spezia; Oliva respinge tuttavia la proposta, invitando il collega ad attenersi agli ordini del re.
Nel mentre, la Luftwaffe torna ripetutamente all’attacco, non paga del successo già conseguito: un nuovo attacco aereo ha luogo alle 16.29, quando anche l’Italia viene colpita a prua da una FX 1400, ma nel suo caso la bomba, trapassato lo scafo, esplode in mare limitandosi ad aprire una falla; la corazzata imbarca ottocento tonnellate d’acqua, ma è in grado di proseguire alla velocità di 24 nodi.
Ulteriori attacchi tedeschi hanno luogo alle 18, alle 18.34 ed alle 19.10, tutti accolti dalla vivace reazione contraerea delle navi e tutti senza successo, grazie anche alle continue evoluzioni eseguite dalle navi della squadra per confondere la mira dei bombardieri.
Durante uno di questi attacchi gli aerei tedeschi abbattono un ricognitore britannico che seguiva la formazione italiana: il suo equipaggio è tratto in salvo dal Legionario.
Alle 18.40 l’ammiraglio Oliva riceve conferma dell’ordine di raggiungere Bona; per disorientare eventuali ricognitori tedeschi, tuttavia, il nuovo comandante della squadra navale decide di continuare la navigazione verso ovest fino alle 21, quando ormai è calata l’oscurità, accostando verso sud (verso Bona) soltanto a quel punto. Alle 20.15 (con messaggio trasmesso alle 20.30) Oliva comunica questa decisione a Supermarina, fornendo altresì maggiori dettagli sull’affondamento della Roma, sul danneggiamento dell’Italia e sulla decisione di distaccare parte delle unità per il salvataggio dei naufraghi (e sull’impossibilità di contattarle); chiede infine di poter inviare i cacciatorpediniere rimasti a Bona e di raggiungere Algeri con le navi maggiori. Dal canto suo Supermarina, alle 20.25, ha diramato un messaggio circolare cifrato volto ad informare tutte le unità della situazione generale: «Supermarina 47570 – Situazione ore 19 alt Forza Navale da battaglia ore 17 in lat. 41°17’ long. 08°22’ rotta ponente dirette Bona semialt corazzata Roma colpita da bombe velivoli inglesi [informazione, quest’ultima, errata] est affondata ore 16.30 semialt corazzata Italia colpita non gravemente alt 5a Divisione partita da Taranto per Malta ore 17 alt Piroscafi Vulcania et Saturnia con torp. Audace su cui est Altezza Reale in partenza da Venezia alt Risultano parzialmente occupate da tedeschi Genova Livorno Civitavecchia Comando Marina La Maddalena Trieste alt Mancano notizie La Spezia alt Conflitto a Bari alt Truppe germaniche stanno avvicinandosi a Roma alt Unità germaniche attaccano sistematicamente nostre unità alt Amm. Martinengo deceduto in azione tra due vedette antisom et motosiluranti tedesche presso Gorgona alt Chiesto notizie ammiraglio Bergamini alt Milano [parola convenzionale inserita nel messaggio per confermare che provenisse realmente da Supermarina] alt 192609».
Alle 20.29 il comando della VII Divisione comunica alla Libra, che si trova in testa alla formazione, "202909 Onda UT da Comando 7^ Divisione a Nave Libra. Alle 21.00 dirigete per Bona punta Trefittanon"; alle 21 la torpediniera assume rotta 178° e velocità 23 nodi.
Alle 21.07 la squadra navale accosta a 23 nodi per rotta 168° verso Bona: ormai la compongono esclusivamente la VII, VIII ed IX Divisione (queste ultime due, private rispettivamente di Regolo e Roma), la XIV Squadriglia Cacciatorpediniere ed il Velite.
10 settembre 1943
Durante la notte l’ammiraglio Oliva fa trasmettere alle unità dipendenti un proclama dell’ammiraglio De Courten delle 11.50 del giorno precedente («Marinai d'Italia – Durante quaranta mesi di durissima guerra avete tenuto testa alla più potente Marina del mondo compiendo eroismi che rimarranno scritti a lettere d'oro nella nostra storia e affrontando sacrifici di sangue che vi hanno meritato l'ammirazione della Patria e il rispetto del nemico. Avreste meritato di poter compiere il vostro dovere fino all'ultimo combattendo ad armi pari le forze navali nemiche. Il destino ha voluto diversamente: le gravi condizioni materiali nelle quali versa la Patria ci costringono a deporre le armi. E' possibile che altri duri doveri vi saranno riservati, imponendovi sacrifici morali rispetto ai quali quello stesso del sangue appare secondario: occorre che voi dimostriate in questi momenti che la salDezza del vostro animo è pari al vostro eroismo e che nulla vi sembra impossibile quando i futuri destini della Patria sono in giuoco. Sono certo che in ogni circostanza saprete essere all'altezza delle vostre tradizioni nell'assolvimento dei vostri doveri. Potete dunque guardare fieramente negli occhi gli avversari di quaranta mesi di lotta, perché il vostro passato di guerra ve ne dà pieno diritto. de Courten») e l’ordine del re di eseguire lealmente le clausole dell’armistizio, che non comportano la cessione delle navi né l’abbassamento della bandiera.
Alle dieci Libra ed Orione, che hanno precedentemente perso il contatto con la
formazione, vengono avvistate verso nord dal grosso della squadra, che
frattanto è stata raggiunta dalla Mediterranean Fleet ed ha assunto rotta verso
Malta: a corto di nafta, vengono mandate a Bona per fare rifornimento.
Giunte nel porto algerino il mattino stesso, le due torpediniere si riforniscono e poi ripartono nel tardo pomeriggio alla volta di Malta.
12 settembre 1943
Libra ed Orione giungono a Malta all’alba e vanno ad ancorarsi a Marsa Scirocco; il resto della flotta le ha precedute l’11 settembre.
13 settembre 1943
Libra ed Orione si spostano da Marsa Scirocco a St. Paul’s Bay insieme ad altre unità (il cacciatorpediniere Augusto Riboty ed i sommergibili Atropo, Jalea, Fratelli Bandiera e Ciro Menotti).
17 settembre 1943
Libra, Orione e Riboty, insieme alla portaidrovolanti Giuseppe Miraglia ed al piroscafetto requisito Luana (frattanto giunti a St. Paul’s Bay), tornano a Marsa Scirocco.
Giunte nel porto algerino il mattino stesso, le due torpediniere si riforniscono e poi ripartono nel tardo pomeriggio alla volta di Malta.
12 settembre 1943
Libra ed Orione giungono a Malta all’alba e vanno ad ancorarsi a Marsa Scirocco; il resto della flotta le ha precedute l’11 settembre.
Libra ed Orione si spostano da Marsa Scirocco a St. Paul’s Bay insieme ad altre unità (il cacciatorpediniere Augusto Riboty ed i sommergibili Atropo, Jalea, Fratelli Bandiera e Ciro Menotti).
Libra, Orione e Riboty, insieme alla portaidrovolanti Giuseppe Miraglia ed al piroscafetto requisito Luana (frattanto giunti a St. Paul’s Bay), tornano a Marsa Scirocco.
Libra ed Orione lasciano Malta per fare ritorno in Italia, insieme agli incrociatori leggeri Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi, Giuseppe Garibaldi e Pompeo Magno, ai cacciatorpediniere Legionario ed Alfredo Oriani ed alla torpediniera Calliope (lo stesso giorno partono da Malta per l’Italia, ma separatamente, anche le corvette Ape, Danaide, Minerva, Pellicano e Cormorano, le motosiluranti MS 35, MS 54, MS 55, MS 56, MS 61 e MS 64 ed i cacciasommergibili VAS 201, VAS 204, VAS 224, VAS 233, VAS 237, VAS 240, VAS 241, VAS 246 e VAS 248).
La Libra, insieme alla gemella Calliope ed alla più moderna torpediniera di scorta Fortunale, scorta da Taranto ad Algeri e poi sulla rotta inversa il primo convoglio di navi italiane impiegate al servizio degli Alleati: lo formano l’incrociatore ausiliario Barletta, la piccola motonave frigorifera Genepesca I ed il piroscafo Anna Capano.
Fine 1943-1945
Impiegata principalmente nella scorta di convogli angloamericani carichi di rifornimenti per il fronte italiano. Partecipa anche ad alcune esercitazioni antisommergibili con unità britanniche.
1945-1946
Dopo la fine della guerra, la Libra viene impiegata per qualche tempo nei collegamenti urgenti tra l’Italia settentrionale e meridionale, fino a fine 1946; svolge inoltre crociere di repressione di traffici clandestini nell’Adriatico.
1947
Ritorna alla normale attività di squadra, inquadrata dapprima nella I Squadriglia Torpediniere e successivamente nella III Squadriglia. Prende parte alle crociere delle Forze Navali e svolge saltuaria vigilanza sulla pesca nel Basso Adriatico.
La Libra nel 1947-1948, ancora con i colori della cobelligeranza (da www.betasom.it) |
La Libra e la corvetta Baionetta vengono messe in stato di allerta in previsione di un possibile viaggio a Durazzo al fine di rimpatriare un gruppo di 260 civili italiani, bloccati in Albania da anni dal regime comunista di Enver Hoxha (ce ne sono almeno 600, secondo il Ministero degli Esteri), che le autorità albanesi hanno dato disponibilità a lasciar partire, nel tentativo di riallacciare le relazioni diplomatiche con l’Italia. Condizione posta dalle autorità albanesi è che il rimpatrio avvenga a mezzo di navi fornite dall’Italia; inizialmente vengono scelte per questo compito Libra e Baionetta, ma la proposta è subito rifiutata dagli albanesi, che non intendono consentire a navi militari italiane di avvicinarsi alle loro coste. Da parte italiana si propone di utilizzare le stesse due unità per rimpatriare anche l’equipaggio di un dragamine albanese, incagliatosi davanti a Brindisi qualche mese prima (l’11 dicembre 1948); ma le autorità di Tirana reiterano il loro rifiuto. Alla fine verrà inviato a Durazzo un motoveliero civile, il Laura II, che potrà imbarcare soltanto 66 civili, avendo le autorità albanesi frattanto ridimensionato di molto il gruppo cui hanno concesso di poter rimpatriare.
20 ottobre 1949
La Libra scorta da Venezia fino al limite delle acque territoriali albanesi la motonave Stadium, che deve imbarcare a Valona un altro gruppo di 276 civili italiani, cui le autorità albanesi hanno concesso il rimpatrio in un nuovo gesto di distensione dei rapporto tra i due Paesi, in seguito alla riapertura della Legazione italiana a Tirana. La Stadium, imbarcati i profughi (in attesa da settimane sulle banchine del porto – non trovando posto né negli alberghi, né nelle abitazioni private – in condizioni igienico-sanitarie disastrose, a corto di viveri ed altri generi di prima necessità; un altro centinaio di civili, che avrebbero dovuto imbarcarsi anch’essi, viene trattenuto dalla polizia albanese, che confisca anche tutti i beni dei partenti, quale “anticipo sul pagamento delle riparazioni di guerra” dovute dall’Italia all’Albania), li sbarca a Brindisi la sera del 20 ottobre.
1950
Riclassificata corvetta (per altra fonte, corvetta veloce).
1950-1951
Sottoposta a lavori di manutenzione straordinaria ed ammodernamento dell’armamento, in parte a Brindisi ed in parte a Taranto (ove viene rimorchiata dal cacciatorpediniere Grecale): vengono potenziati l’armamento antiaereo, con l’installazione di quattro cannoncini singoli da 40/56 mm, e quello antisommergibili, con l’installazione di due lanciabombe antisom, due scaricabombe ed un lanciatore antisom “Porcospino” ASWRL Mk 10 da 178 mm a 24 canne, mentre vengono eliminati i tubi lanciasiluri ed uno dei tre pezzi da 100/47 mm. Vengono inoltre installati radar e sonar.
Completati i lavori, riprende l’attività di squadra, partecipando ai cicli addestrativi ed alle crociere delle Forze Navali, ed alle esercitazioni NATO sia in acque italiane che altrove nel Mediterraneo.
1953
In seguito all’ingresso dell’Italia nella NATO, riceve il codice identificativo F 552.
La Libra a Trieste il 28 luglio 1953 (g.c. Giorgio Parodi, via www.naviearmatori.net) |
La Libra (capitano di fregata Renato Cordinoletti) presenzia a Trieste, riunita all’Italia da pochi giorni, alla parata militare organizzata per l’anniversario della Vittoria, alla presenza del presidente della Repubblica Luigi Einaudi. Sono in porto insieme ad essa, tutte ormeggiate di punta alle banchine nel bacino di San Giusto, la gemella Cassiopea (capitano di corvetta Giovanni Veronese), i cacciatorpediniere Artigliere (capitano di fregata Marcello Sanfelice di Monteforte), Grecale (capitano di fregata Danilo Silvestri) e Granatiere (capitano di vascello Renato Frascolla), la nave scuola Amerigo Vespucci (capitano di vascello Alcide Bardi; con a bordo gli allievi dell’Accademia Navale di Livorno) e gli incrociatori leggeri Raimondo Montecuccoli (capitano di vascello Alberto Villa) e Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi (capitano di vascello Raffaele Barbera; nave di bandiera dell’ammiaglio Candido Bigliardi, comandante la II Divisione Navale); tutte le navi issano il gran pavese. Guglielmo Lodato, presente a bordo del Montecuccoli, ricorda così quella giornata: “Le Rive erano tanto assiepate da cittadini d'ogni età che indossavano sciarpe tricolori e sventolavano bandierine tricolori che non permettevano di intravedere il selciato. (…) La giornata era splendente di sole, le finestre e i balconi dei palazzi austeri delle Rive erano gremiti di cittadini ed esponevano grandi bandiere tricolori. Il Montecuccoli e il Vespucci, navi scuola dell'Accademia navale di Livorno, erano arrivati il 3 novembre dopo aver sbarcato gli allievi al termine della crociera estiva. Il Montecuccoli, in particolare, tornava da Alessandria d'Egitto dopo aver colà portato i reduci di El Alamein, per partecipare a una commemorazione della battaglia. Molti di loro erano giovani trentenni che avevano gloriosamente combattuto appena diciottenni”.
La Libra in un’immagine datata 1° novembre 1954 (g.c. Giorgio Parodi, via www.naviearmatori.net) |
Assegnata al I Gruppo delle Forze Navali di riserva, vede una riduzione della sua attività.
1958
Nuovo rimodernamento: vengono sbarcati i due rimanenti cannoni da 100/47 mm, sostituiti con due mitragliere singole Mk 3 da 40/60 mm.
Settembre 1958-Febbraio 1963
Assegnata al Comando Militare Marittimo della Sardegna per servizi locali.
25 giugno 1961
La Libra incontra al largo del faro di Capo Ferro e scorta a La Maddalena la motonave Arborea, con a bordo 700 “camicie rosse” dell’Associazione Nazionale Veterani e Reduci Garibaldini, in pellegrinaggio a Caprera nell’ambito delle celebrazioni per il centenario dell’unità d’Italia ("Italia ‘61"). L’Arborea è accolta a La Maddalena dai rimorchiatori militari Albenga e Panaria, a un picchetto d’onore di marinai e da una folla di civili; all’attracco salgono a bordo della motonave il deputato Francesco Cossiga, rappresentante della Camera, il dottor Cossu Rocca, viceprefetto di Sassari (in rappresentanza del prefetto), il capitano di vascello Franceco Ferrari, comandante della locale base navale, ed il vicesindaco di La Maddalena, ragioniere Giuseppe Sforazzini.
Assegnata al Comando Militare Marittimo della Sardegna per servizi locali.
25 giugno 1961
La Libra incontra al largo del faro di Capo Ferro e scorta a La Maddalena la motonave Arborea, con a bordo 700 “camicie rosse” dell’Associazione Nazionale Veterani e Reduci Garibaldini, in pellegrinaggio a Caprera nell’ambito delle celebrazioni per il centenario dell’unità d’Italia ("Italia ‘61"). L’Arborea è accolta a La Maddalena dai rimorchiatori militari Albenga e Panaria, a un picchetto d’onore di marinai e da una folla di civili; all’attracco salgono a bordo della motonave il deputato Francesco Cossiga, rappresentante della Camera, il dottor Cossu Rocca, viceprefetto di Sassari (in rappresentanza del prefetto), il capitano di vascello Franceco Ferrari, comandante della locale base navale, ed il vicesindaco di La Maddalena, ragioniere Giuseppe Sforazzini.
Un’altra immagine della Libra negli anni Cinquanta (da “Le torpediniere italiane 1881-1964” dell’Ufficio Storico della Marina Militare, seconda edizione, Roma 1974, via Marcello Risolo) |
Posta in disarmo a La Spezia.
1° aprile 1964
Radiata dai quadri del naviglio militare, penultima unità della classe ad essere radiata.
Successivamente demolita (non prima del 1969, quando ancora era in disarmo a La Spezia).
La Libra (al centro) in disarmo a La Spezia in una foto del 19 marzo 1969; sulla destra la corvetta Fenice, sulla sinistra la torpediniera Orione (g.c. Carlo Martinelli, via www.naviearmatori.net) |
La Libra su Trentoincina
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