L’Aradam (Coll. Fam. Bonadies, via Mirco Martinini e www.betasom.it) |
Insieme ai gemelli Adua, Alagi ed Axum, differiva dalle altre unità della classe per i motori: CRDA, sia diesel che elettrici (mentre sugli altri battelli i motori elettrici erano della Marelli, e quelli diesel in parte della FIAT ed in parte della Tosi).
Impostazione presso i Cantieri Riuniti dell’Adriatico di Monfalcone (numero di costruzione 1179).
18 ottobre 1936
Varo presso i Cantieri Riuniti dell’Adriatico di Monfalcone.
13 gennaio 1937
Entrata in servizio. Nei primi mesi di servizio è alle dipendenze del Comando Squadra Sommergibili (Maricosom).
L’Aradam ed il gemello Alagi in allestimento a Monfalcone (da “I sommergibili classe 600 serie Adua” di Alessandro Turrini, su “Rivista Italiana di Difesa” n. 3 del marzo 1986, via Marcello Risolo e www.naviearmatori.net) |
Assegnato alla XXIII Squadriglia Sommergibili, di base a Napoli. È comandante dell’Aradam il tenente di vascello Gino Spagone.
1937-1940
Compie crociere addestrative tra Tobruk, Bengasi ed il Dodecaneso.
Compie crociere addestrative tra Tobruk, Bengasi ed il Dodecaneso.
Monfalcone, 16 gennaio 1937: cerimonia di consegna della bandiera di combattimento all’Aradam (da “I sommergibili di Monfalcone” di Alessandro Turrini, su “Rivista Italiana di Difesa” n. 11 – novembre 1998, via Marcello Risolo e www.naviearmatori.net) |
Un’altra immagine scattata con ogni probabilità nella medesima occasione (da “Gli squali dell’Adriatico. Monfalcone e i suoi sommergibili nella storia navale italiana” di Alessandro Turrini, Vittorelli Edizioni, 1999, via www.betasom.it) |
Al comando del tenente di vascello Massimo Alesi, l’Aradam prende parte alla rivista navale "H" organizzata nel Golfo di Napoli per la visita in Italia di Adolf Hitler. Partecipa alla rivista la maggior parte della flotta italiana: le corazzate Cesare e Cavour, i sette incrociatori pesanti della I e III Divisione, gli undici incrociatori leggeri della II, IV, VII e VIII Divisione, 7 "esploratori leggeri" classe Navigatori, 18 cacciatorpediniere (le Squadriglie VII, VIII, IX e X, più il Borea e lo Zeffiro), 30 torpediniere (le Squadriglie IX, X, XI e XII, più le vecchie Audace, Castelfidardo, Curtatone, Francesco Stocco, Nicola Fabrizi e Giuseppe La Masa ed i quattro "avvisi scorta" della classe Orsa), ben 85 sommergibili della Squadra Sommergibili al comando dell’ammiraglio Antonio Legnani, e 24 MAS (Squadriglie IV, V, VIII, IX, X e XI), nonché le navi scuola Cristoforo Colombo ed Amerigo Vespucci, il panfilo di Benito Mussolini, l’Aurora, la nave reale Savoia e la nave bersaglio San Marco.
La Squadra Sommergibili è protagonista di uno dei momenti più spettacolari della parata, nella quale gli 85 battelli effettuano una serie di manovre sincronizzate: dapprima, disposti su due colonne, alle 13.15 passano contromarcia tra le due squadre navali che procedono su rotte parallele; poi, terminato il defilamento, alle 13.25 tutti i sommergibili effettuano un’immersione simultanea di massa, procedono per un breve tratto in immersione e poi emergono simultaneamente ed eseguono una salva di undici colpi con i rispettivi cannoni.
1939
È comandante dell’Aradam il tenente di vascello Mario Signorini, da Roma.
20 dicembre 1939
Assume il comando dell’Aradam, al posto del tenente di vascello Signorini, il capitano di corvetta Giuseppe Bianchini, 32 anni, da Palermo.
10 giugno 1940
L’Italia entra nella seconda guerra mondiale. L’Aradam (capitano di corvetta Giuseppe Bianchini) fa parte della LXXI Squadriglia Sommergibili del VII Grupsom di Cagliari, con i gemelli Adua, Alagi ed Axum.
Inviato in agguato offensivo a sud della Sardegna ed a nord dell’isola di La Galite (per altra fonte, era già in agguato al momento della dichiarazione di guerra).
14 giugno 1940
Fa ritorno a Cagliari, senza aver incontrato navi nemiche.
Un sommergibile classe Adua, probabilmente l’Aradam (Coll. Fam. Bonadies, via Mirco Martinini e www.betasom.it) |
Inviato in agguato nel Golfo del Leone al comando del capitano di corvetta Giuseppe Bianchini per attaccare il traffico francese diretto in Nordafrica, l’Aradam nota numerosi aerei in pattugliamento antisommergibili, che interpreta come segno del passaggio del convoglio.
23 giugno 1940
Alle 3.12 di notte avvista in posizione 42°40’ N e 04°25’ E un’unità leggera non identificata, ritenuta probabilmente francese, in navigazione ad elevata velocità; gli lancia un siluro, che però non colpisce per via delle sfavorevoli condizioni di lancio.
Luglio 1940
Inviato al largo di Gibilterra, non avvista navi nemiche.
Agosto 1940
Altra missione nelle acque di Gibilterra, di nuovo senza incontrare unità nemiche.
Ottobre 1940
Inviato al largo dell’isola di La Galite (su rilevamento 315° dall’isola), riceve successivamente ordine di spostarsi circa 60 miglia a nord di Cap de Fer (Algeria) e poi di spostarsi ancora 45 miglia a pontente di La Galite.
27 ottobre 1940
All’alba avvista un cacciatorpediniere e si disimpegna in immersione.
9 novembre 1940
Lascia Cagliari nel tardo pomeriggio diretto nelle acque a nord-nord-est dell’isola La Galite, per formare uno sbarramento a maglie larghe (assieme ad Alagi, Axum, Medusa e Diaspro) a sudovest della Sardegna a contrasto dell’operazione britannica «Coat», iniziata tre giorni prima e consistente nell’invio da Gibilterra a Malta di un convoglio (di navi da guerra: la corazzata Barham, l’incrociatore pesante Berwick, l’incrociatore leggero Glasgow ed i cacciatorpediniere Encounter, Gallant, Griffin e Greyhound, il tutto denominato Forza F, con una forza di copertura costituita dalla Forza H dell’ammiraglio James Somerville, formata dalla portaerei Ark Royal – che lo stesso 9 novembre lancerà anche un attacco aereo diversivo su Cagliari con bombardieri Fairey Swordfish, denominato operazione «Crack» –, dall’incrociatore leggero Sheffield e dai cacciatorpediniere Duncan, Forester, Fortune, Firedrake, Fury e Faulknor, che le dovranno accompagnare fino a sud della Sardegna) con truppe ed armi antiaeree, nell’ambito dell’operazione complessa «MB.8», che prevede anche altre operazioni secondarie: il trasferimento di unità da guerra da Gibilterra ad Alessandria (sempre nel quadro di «Coat»), l’invio da Alessandria a Malta del convoglio «MW. 3» (cinque mercantili, partiti il 4 novembre e scortati dagli incrociatori antiaerei Calcutta e Coventry e dai cacciatorpediniere Dainty, Vampire, Voyager e Waterhen); l’invio da Malta ad Alessandria del convoglio di ritorno «ME. 3» (i mercantili scarichi Clan Macauley, Clan Ferguson, Memnon e Lanarkshire, scortati dalla corazzata Ramillies, dal Coventry e dai cacciatorpediniere Dainty, Vampire e Waterhen), l’invio di convogli in Grecia (l’«AN. 6», formato da quattro navi cisterna partite da Port Said il 4 novembre e dirette a Suda con la scorta di un peschereccio armato, nonché l’invio da Alessandria a Suda degli incrociatori leggeri Ajax e Sydney il 5-6 novembre, poi ricongiuntisi con il grosso della Mediterranean Fleet, e l’invio al Pireo dell’incrociatore leggero Orion, tutti con rinforzi e rifornimenti per le truppe britanniche in Grecia); il transito del convoglio di ritorno «AS. 5» dalla Greca all’Egitto, l’attacco di aerosiluranti contro Taranto dell’11-12 novembre (operazione «Judgment», ad opera della portaerei Illustrious, scortata dagli incrociatori York, Berwick, Glasgow e Gloucester e dai cacciatorpediniere Havock, Hasty, Hyperion ed Ilex) ed una puntata offensiva contro convogli italiani nel Canale d’Otranto (da parte dei cacciatorpediniere Ajax, Orion e Sydney e dei cacciatorpediniere Nubian e Mohawk). L’operazione è coperta dal grosso della Mediterranean Fleet (Forza A, al comando dell’ammiraglio Andrew Browne Cunningham), con le corazzate Valiant, Warspite, Ramillies e Malaya, la portaerei Illustrious (che lancerà l’attacco contro Taranto), gli incrociatori Orion, York e Gloucester ed i cacciatorpediniere Nubian, Mohawk, Jervis, Janus, Juno, Hyperion, Hasty, Hereward, Hero, Havock, Ilex, Defender e Decoy; questa forza è anche quella incaricata dell’esecuzione di «Judgment» (gli aerei decolleranno dalla Illustrious).
L’Aradam e gli altri quattro battelli si posizionano sul rilevamento 315° da La Galite, a 30 miglia di distanza l’uno dall’altro, con l’incarico di effettuare ricerca notturna per parallelo senza spingersi a più di 120 miglia ad ovest rispetto alla linea dello schieramento. Supermarina (nella persona dell’ammiraglio Domenico Cavagnari) ha ordinato a Maricosom (ammiraglio Mario Falangola) la formazione di questo sbarramento nel Mediterraneo occidentale dopo averne già fatto formare un altro a sudest di Malta con i sommergibili Topazio, Pier Capponi e Fratelli Bandiera.
Agenti italiani appostati sulla costa spagnola dello stretto di Gibilterra hanno infatti riferito, la sera del 7 novembre, della partenza della Forza H (ammiraglio James Somerville) da quel porto, e lo stesso giorno un ricognitore S.M. 79 dell’Aeronautica della Libia ha notato la mancanza delle grandi unità della Mediterranean Fleet nel porto di Alessandria, notizia poi confermata dall’intercettazione di traffico radio, dalla quale Supermarina ha dedotto che debbano essere in navigazione da Alessandria verso ovest 2-3 corazzate, 6 incrociatori ed una dozzina di cacciatorpediniere. A Roma non si conosce, naturalmente, lo scopo di questi movimenti.
Scopo dello sbarramento di cui fa parte l’Aradam è di intercettare la Forza H, che secondo quanto riferito da ricognitori aerei francesi e spagnoli è in navigazione verso il Canale di Sicilia (per altra fonte, la Forza H sarebbe stata localizzata il mattino del 9 novembre dalla Regia Aeronautica in seguito all’attacco aereo contro Cagliari lanciato dagli Swordfish dell’Ark Royal). L’ordine di Cavagnari (n. 1772, urgentissimo e recapitato a mano), in particolare, stabilisce: «Disponete che cinque sommergibili pronti Cagliari partono al tramonto di oggi eseguendo durante la notte trasferimento su linea sbarramento orientata da La Galite per nord ovest (alt) Sommergibili a distanza di 30 miglia l'uno dall'altro su linea anzidetta rimarranno in agguato profondo idrofonico durante il giorno et eseguiranno durante ore notturne agguato in superficie spostandosi per parallelo entro limiti linea iniziale et linea parallela spostata 120 miglia verso ponente (alt) Scopo attaccare forze navali nemiche in movimento nelle acque fra la Sardegna e le Baleari (alt) Durante notte siano tenuti pronti 2 tubi lanciasiluri per ogni estremità (alt) Unità rientreranno all'ordine (alt) assicurare (alt) Cavagnari». Conseguentemente, nelle prime ore del 9 novembre Maricosom ha ordinato al VII Grupsom di Cagliari, con il messaggio numero 43846, di inviare cinque sommergibili (tra quelli scelti è appunto l’Aradam) che dovranno posizionarsi per parallelo a nordovest di La Galite, spostandosi nottetempo, navigando in superficie, di 120 miglia verso ovest.
Oltre a schierare sommergibili in entrambi i bacini del Mediterraneo, Supermarina allerta anche la flotta perché sia pronta a muovere entro l’8 mattina, e dispone crociere di vigilanza con alcuni MAS, la XIV Squadriglia Cacciatorpediniere e la XIV Squadriglia Torpediniere (MAS e cacciatorpediniere non potranno poi compiere tali pattugliamenti a causa del mare mosso). Vengono infine ordinate ricognizioni da parte degli idrovolanti dell’83° Gruppo della Ricognizione Marittima della Sicilia, che alle 11 dell’8 avvistano cinque piroscafi, scortati da un incrociatore e quattro cacciatorpediniere, 180 miglia ad est di Malta (dove evidentemente è diretto), ed alle 15.20 localizzano anche due corazzate, una portaerei e parecchi incrociatori e cacciatorpediniere che si trovano a nord del convoglio, con l’apparente compito di proteggerlo.
L’Aradam non avvista navi nemiche.
(da www.wrecksite.eu) |
Da poco tornato a Cagliari, in serata l’Aradam esce nuovamente in mare, unitamente all’Alagi ed ad un terzo sommergibile, il Diaspro, per contrastare l’operazione britannica «White», consistente nell’invio a Malta (mediante le portaerei della Forza H, uscita da Gibilterra) di quattordici aerei. La Forza H, uscita da Gibilterra il 15 novembre al comando dell’ammiraglio Somerville (la formano l’incrociatore da battaglia Renown, le portaerei Argus ed Ark Royal, gli incrociatori Despatch e Sheffield, i cacciatorpediniere Wishart, Duncan, Firedrake, Faulknor, Fortune, Fury, Foxhound e Forester; un altro incrociatore, il Newcastle, è distaccato per trasportare a Malta personale e materiale della RAF), si porta a sud della Sardegna, da dove l’Argus lancia dodici caccia Hawker Hurricane e due bombardieri Blackburn Skua; tuttavia, il lancio degli aerei è avvenuto a distanza eccessiva, a causa dell’uscita in mare della flotta italiana (corazzate Vittorio Veneto e Cesare, incrociatori pesanti Pola, Fiume, Gorizia, Trento, Trieste e Bolzano, cacciatorpediniere Ascari, Lanciere, Corazziere, Carabiniere, Bersagliere, Granatiere, Fuciliere, Alpino, Alfieri, Oriani, Gioberti, Carducci, Vivaldi, Da Noli, Tarigo e Malocello, salpati da Napoli, Messina e Palermo il 16 novembre al comando degli ammiragli Inigo Campioni ed Angelo Iachino), che ha indotto Somerville a spingersi prudenzialmente meno in là del previsto prima di lanciare gli aerei ed invertire la rotta (nei piani, il decollo degli aerei sarebbe dovuto avvenire a 400 miglia di distanza dall’isola). Il risultato sarà il fallimento dell’operazione, con nove aerei su quattordici che precipiteranno in mare od in Sicilia per esaurimento del carburante. Al contempo, un pianificato attacco aereo diversivo contro Alghero da parte dei velivoli dell’Ark Royal dovrà essere cancellato a causa delle avverse condizioni meteorologiche.
L’Aradam non avvista le navi nemiche.
18 novembre 1940
Ritorna alla base.
25 novembre 1940
Inviato a sud della Sardegna insieme ai sommergibili Axum, Diaspro ed Alagi, in seguito all’avvistamento da parte di un aereo civile italiano della Forza D britannica (corazzata Ramillies, incrociatore pesante Berwick ed incrociatore leggero Newcastle, usciti da Alessandria il 24 per trasferirsi a Gibilterra; incrociatore antiaerei Coventry e cacciatorpediniere Hereward, Defender, Gallant, Griffin e Greyhound, che le accompagneranno fino a sud della Sardegna, quando assumeranno la scorta di un convoglio proveniente da Gibilterra) ed alla segnalazione della partenza da Gibilterra della Forza B (forza di copertura, al comando del viceammiraglio James Somerville, composta dall’incrociatore da battaglia Renown, dalla portaerei Ark Royal, dagli incrociatori Sheffield e Despatch e dai cacciatorpediniere Firedrake, Forester, Fury, Faulknor, Encounter, Duncan, Wishart, Kelvin e Jaguar). Queste formazioni, insieme alla Forza A (corazzate Valiant e Warspite, portaerei Illustrious, incrociatori leggeri Ajax, Orion e Sydney e vari cacciatorpediniere, uscita in mare per proteggere la navigazione di un convoglio da Alessandria a Suda; l’Illustrious deve anche lanciare un attacco aereo contro Rodi), alla Forza C (corazzate Barham e Malaya e portaerei Eagle, incaricate di fornire copertura alla Forza D e di lanciare un attacco aereo contro Tripoli), alla Forza E (incrociatori York, Glasgow e Gloucester, di scorta al convoglio MW. 4 diretto a Malta) ed alla Forza F (incrociatori Manchester e Southampton, cacciatorpediniere Hotspur, corvette Gloxinia, Peony, Salvia e Hyacinth, salpati da Gibilterra per scortare il convoglio ME. 4 formato dai piroscafi Clan Forbes, Clan Fraser e New Zealand Star diretti a Malta e ad Alessandria), costituiscono il complesso navale britannico messosi in moto nel quadro dell’operazione "Collar", che sfocerà due giorni dopo nell’inconclusiva battaglia di Capo Teulada contro la flotta italiana.
L’Aradam non avvisterà nessuna unità.
Gennaio 1941
Inviato in agguato a nord di Biserta e 40 miglia ad est di La Galite, a contrasto dell’operazione britannica “Excess”.
Tale operazione prevede il transito simultaneo di un totale di quattro convogli tra Alessandria, Gibilterra, Malta ed il Pireo (convoglio MC. 4 da Gibilterra a Malta, con i piroscafi Essex, Empire Song, Clan Cumming e Clan MacDonald, scortati dall’incrociatore leggero Bonaventure e dai cacciatorpediniere Hasty, Hereward, Hero e Duncan; convoglio MW. 5 da Alessandria a Malta, con la cisterna militare Breconshire ed il piroscafo Clan Macaulay scortati dall’incrociatore antiaerei Calcutta e dai cacciatorpediniere Diamond e Defender; convoglio ME. 5 da Malta ad Alessandria, con i piroscafi scarichi Waiwera e Lanarkshire scortati dalle stesse unità del MW. 5; convoglio ME. 6 da Malta ad Alessandria, formato da due navi cisterna e sei mercantili scarichi con la scorta delle corvette Peony, Salvia e Hyacinth), con l’appoggio sia della Mediterranean Fleet uscita da Alessandria (corazzate Valiant e Warspite, portaerei Illustrious, cacciatorpediniere Dainty, Gallant, Griffin, Greyhound, Jervis, Nubian e Mohawk) che della Forza H uscita da Gibilterra (incrociatore da battaglia Renown, corazzata Malaya, portaerei Ark Royal, incrociatore leggero Sheffield, cacciatorpediniere Duncan, Faulknor, Firedrake, Forester, Fortune, Fury e Foxhound), nonché il trasporto da Alessandria a Malta di truppe e rifornimenti per mezzo di navi da guerra (incrociatori Gloucester e Southampton, cacciatorpediniere Janus ed Ilex) ed il trasferimento di alcune navi da guerra (incrociatori Orion e York, nave cisterna Brambleaf) da Alessandria a Suda, il tutto nell’arco di una settimana (tra il 6 ed il 13 gennaio). Manifestatosi il movimento nemico per “Excess”, Supermarina ha schierato dieci sommergibili in agguato tra Malta e la Tunisia, ed altri sette nello Ionio: nel primo gruppo rientra anche l’Aradam.
9 gennaio 1941
Alle 17.20 rileva all’idrofono rumori di eliche, e venti minuti più tardi viene sottoposto a caccia antisommergibili da parte di tre unità nemiche, caccia che si protrarrà fino alle 19.20.
Aprile 1941
Inviato in pattugliamento al largo della costa cirenaico-egiziana, nella prima metà del mese.
29 luglio 1941
Il capitano di corvetta Bianchini lascia il comando dell’Aradam, venendo sostituito dal tenente di vascello Oscar Gran, 32 anni, da Trieste.
Fine luglio-Inizio agosto 1941
Inviato, insieme ad altri tre sommergibili (Alagi, Diaspro e Serpente), in agguato a sudovest della Sardegna a contrasto dell'operazione britannica «Style». Quest’ultima, che ha preso il via il 30 luglio, consiste nell’invio a Malta dell’incrociatore posamine Manxman e degli incrociatori leggeri Hermione ed Arethusa (Forza X, al comando del contrammiraglio Edward Neville Syfret), in missione di trasporto veloce di 1746 uomini (70 ufficiali e 1676 sottufficiali e soldati, in parte rimasti a Gibilterra quando il piroscafo Leinster, facente parte del precedente convoglio «Substance» diretto a Malta, si era incagliato, in parte imbarcati su navi dello stesso convoglio che erano dovute rientrare a Gibilterra perché danneggiate) e 130 tonnellate di rifornimenti, con la scorta diretta dei cacciatorpediniere Lightning e Sikh ed indiretta di parte della Forza H dell’ammiraglio James Somerville (corazzata Nelson, incrociatore da battaglia Renown, portaerei Ark Royal, due incrociatori ed otto cacciatorpediniere). Quale azione diversiva, i britannici effettuano anche un bombardamento di Porto Conte ed Alghero da parte dei cacciatorpediniere Maori e Cossack e di nove bombardieri Fairey Swordfish della portaerei Ark Royal (attacchi compiuti tra le 2.15 e le 4.45 del 1° agosto, con danni trascurabili).
Le navi dirette a Malta hanno lasciato Gibilterra alle sei del mattino del 30 luglio, ed alle 17.30 la notizia (che la Forza H è partita da Gibilterra alle 7, diretta verso est) è giunta a Supermarina, che ha subito disposto l’invio in agguato di vari sommergibili (Aradam, Alagi, Diaspro e Serpente a sudovest della Sardegna; Tembien, Zaffiro, Bandiera e Manara tra Malta e Pantelleria), l’approntamento di sei torpediniere e varie altre misure (sospensione del traffico nel Mediterraneo Centrale, concentrazione a Trapani e Pantelleria di tredici MAS per effettuare rastrelli notturni nel Canale di Sicilia, ricognizioni aeree su vaste zone di entrambi i bacini del Mediterraneo, messa in stato di allarme delle difese costiere di Liguria, Sicilia, Sardegna e costa tirrenica italiana). Supermarina è già stata messa in allarme dall’intensificarsi, nei giorni precedenti, del traffico radio nemico a carattere operativo e degli attacchi aerei contro le basi aeree della ricognizione marittima in Sicilia e Sardegna, oltre che dalla comparsa di ricognitori britannici a Taranto e nelle basi del Tirreno meridionale: l’alto comando della Regia Marina prevede che la Forza H si stia spostando verso est e ritiene che potrebbe essere in atto un’operazione congiunta con la Mediterranean Fleet di Alessandria, siccome rivelazioni radiogoniometriche hanno rivelato la presenza di un’unità appartenente a quest’ultima alle 17.45 dello stesso giorno, a 60 miglia per 350° da Marsa Matruh. Alle due di notte del 31 luglio rilevazioni radiogoniometriche hanno individuato la Forza H nelle acque della Spagna, stimandone la velocità in una decina di nodi, e più tardi è giunta notizia della partenza da Gibilterra di alcuni mercantili e di tre incrociatori, con destinazione ignota (in realtà i mercantili sono diretti in Atlantico, e non c’è nessun incrociatore). Alle 8.45 il Servizio Informazioni dell’Aeronautica fa sapere che da Gibilterra sono partite, dirette in Mediterraneo, la portaerei Ark Royal, la corazzata Nelson, l’incrociatore da battaglia Renown e due incrociatori, arrivati nottetempo dall’Atlantico e di scorta a «due piroscafi carichi di truppe e otto mercantili carichi di materiali, munizioni e viveri, probabilmente destinati in Egitto (…) Fonte attendibile comunica che at Gibilterra si parla di rappresaglie contro l’Italia». Nonostante i ricognitori inviati dalla Sardegna durante il mattino a cercare tali forze non trovino nulla, alle 15.45 Supermarina dà ordine di approntare all’uscita in due ore la III Divisione Navale (incrociatori pesanti Trento, Trieste e Gorizia e XIII Squadriglia Cacciatorpediniere) a Messina e la V Divisione Navale (corazzate Cesare e Doria) e tutti i cacciatorpediniere disponibili a Taranto. Contestualmente viene ordinato anche alla IX Divisione Navale (corazzate Littorio e Vittorio Veneto) ed alla corazzata Duilio, a Napoli, di tenersi pronte a partire entro mezz’ora; viene ordinato che nella notte tra l’1 ed il 2 agosto inizino gli agguati di torpediniere e MAS al largo di Pantelleria e di Capo Bon; mentre la IV e VIII Divisione incrociatori, che si trovano a Palermo, vengono mantenuti in approntamento normale. In base alle informazioni raccolte, infatti, Supermarina ritiene più probabile che l’operazione britannica riguardi un attacco contro le coste tirreniche italiane che non l’invio di un convoglio attraverso il Canale di Sicilia, ritenuto a torto poco probabile. Alle 16.45 del 31 luglio un aereo di linea tedesco (della Lufthansa) segnala tredici navi da guerra, tra cui una portaerei, 50 miglia ad est delle Baleari, dirette verso est; durante la giornata del 1° agosto undici ricognitori dell’Aeronautica della Sardegna cercano la Forza H, che si è spostata a nordest delle Baleari, con rotta sudovest, e che è stata avvistata alle nove del mattino da un aereo francese (che ne ha stimato correttamente la composizione come una portaerei, due corazzate e dieci cacciatorpediniere, con rotta 160°), 35 miglia a nord di Minorca. Gli avvistamenti da parte di trimotori CANT Z. 1007 bis del 50° Gruppo segnalano che la Forza H sembra restare nello stesso punto in cui l’aveva trovata l’aereo francese (a nordest di Minorca e con rotta nordest), e quattro successivi rilevamenti radiogoniometrici individuano inoltre una nave sconosciuta a 70 miglia per 30° da Capo Sant’Antonio (a sud di Valencia). L’attenzione dell’apparato aeronavale italiano si concentra così sulla Forza H, mentre passa del tutto inosservato il transito in Mediterraneo occidentale della Forza X, che naviga ad alta velocità tenendosi vicina alle acque territoriali del nordafrica francese, seguendo la costa algerina e poi tunisina, dopo di che attraversa indisturbata il Canale di Sicilia. Supermarina, infatti, ha dato ordine che i MAS stanziati ad Augusta rimangano in porto in caso di mancato avvistamento di navi nemiche dirette verso il Mediterraneo centrale da parte della ricognizione (e nessun ricognitore le ha avvistate), mentre i MAS di Pantelleria non trovano niente a causa del mare grosso, che ne intralcia seriamente l’attività. Alle 7.35 del 2 agosto una rilevazione radiogoniometrica mostra che c’è un’unità britannica 50 miglia ad ovest di Malta, diretta verso tale isola; Supermarina chiede allora a Superaereo di condurre una ricognizione sul porto di La Valletta, e mette nuovamente in allarme la III Divisione a Messina e le corazzate a Napoli.
La Forza X raggiunge Malta alle nove del mattino del 2 agosto, scarica truppe e rifornimenti e riparte alle 16.30 per tornare a Gibilterra. Alle 18 la Forza X, in navigazione ad alta velocità una decina di chilometri a nordovest di Gozo (a levante di Malta), viene infine avvistata da dieci caccia Macchi Mc 200 del 10° Gruppo dell’Aeronautica della Sicilia, di ritorno dalla richiesta ricognizione su La Valletta, che riconoscono correttamente le navi avvistate come tre incrociatori e due cacciatorpediniere, diretti verso Gibilterra. In conseguenza di tale avvistamento, tre aerosiluranti S.M. 79 “Sparviero” della 278a Squadriglia decollano da Pantelleria per attaccare la Forza X (uno di essi, avvistata la formazione avversaria, lancia un siluro contro l’Hermione, che lo evita con la manovra); inoltre, la notizia arriva anche a Marina Messina, che intanto aveva ordinato un agguato notturno di quattro torpediniere ed altrettanti MAS tra Capo Bon, Pantelleria e Trapani, ed altri due MAS al largo di Malta. Alle 00.25 del 3 agosto Marina Messina ordina alla XV Squadriglia Cacciatorpediniere (Pigafetta, Pessagno, Da Mosto, Da Verrazzano ed Usodimare) di accendere le caldaie, ed alle 3.45 di salpare per portarsi entro le 8 trenta miglia a sud di Marettimo. Al contempo, Marina Messina ordina al Comando Militare Marittimo di Pantelleria di tenere le torpediniere Pallade e Castore in agguato sottocosta, vicino all’isola, e di tenere le batterie costiere pronte all’intervento. La Forza X passa però ad ovest di Pantelleria, dal lato opposto rispetto agli sbarramenti italiani, molto lontano dalle zone in cui si trovano le torpediniere ed i cacciatorpediniere italiani (che sono state scelte tenendo presente il concetto precauzionale di evitare un incontro notturno, data la superiorità britannica nel combattimento di notte), che non riescono così ad intercettarla (per loro fortuna, probabilmente, data la netta superiorità di armamento delle navi britanniche).
L’agguato dell’Aradam trascorre senza che vengano avvistate unità nemiche.
3 settembre 1941
Inviato in agguato al largo di La Galite.
25-29 settembre 1941
In agguato nelle acque della Tunisia, l’Aradam riceve ordine di trasferirsi ad est delle Baleari (nel Mar di Sardegna, tra la Sardegna e Minorca) e a sud di Minorca (precisamente, nel Canale di Minorca ed a nord di Capo Bougaroni) per un agguato difensivo, insieme ad altri tre sommergibili (Axum, Diaspro e Serpente), nel corso dell’operazione britannica «Halberd». Da Gibilterra è uscita in mare per l’operazione la Forza H, con le corazzate Prince of Wales, Rodney e Nelson, la portaerei Ark Royal ed i cacciatorpediniere Duncan, Fury, Lance, Legion, Lively, Gurkha, Zulu, Isaac Sweers (olandese), Garland (polacco) e Piorun (polacco). La formazione è stata suddivisa dai britannici in vari sottogruppi, partiti in momenti diversi tra il 24 ed il 25 settembre: suo scopo è proteggere la navigazione verso Malta di un convoglio con rifornimenti (WS. 11X, formato dalla cisterna militare Breconshire e dalle navi da carico Ajax, City of Lincoln, City of Calcutta, Clan MacDonald, Clan Ferguson, Rowallan Castle, Imperial Star e Dunedin Star con un carico complessivo di 81.000 tonnellate di rifornimenti e la scorta diretta degli incrociatori leggeri Edinburgh, Sheffield, Euryalus, Kenya ed Hermione e dei cacciatorpediniere Cossack, Farndale, Foresight, Forester, Heythrop, Laforey, Lightning ed Oribi della Forza X), che si svolgerà in contemporanea con la navigazione di un altro convoglio (tre mercantili scarichi, scortati da una corvetta) da Malta a Gibilterra e con un’azione diversiva della Mediterranean Fleet nel Mediterraneo orientale.
La partenza della Forza H in più gruppi, e le rotte seguite da questi fino alla riunione (che avviene il mattino del 27 settembre, cento miglia a sud di Cagliari), traggono in inganno i comandi italiani, che ritengono erroneamente che lo scopo dell’operazione sia un bombardamento navale contro obiettivi sulle coste della Penisola (come attestato dal "Notiziario 73" di Maristat Informazioni, del mattino del 25 settembre, secondo cui “Scopo missione sarebbe rappresaglia contro coste italiane”). Per contrastare questo ipotetico bombardamento, Supermarina ha inviato l’Aradam e gli altri tre sommergibili ad est delle Baleari, altri tre a sudovest della Sardegna, tre a sud/sudovest di Ibiza e cinque in Mar Ligure. Il Narvalo viene inviato al largo di Capo Bon, Adua, Dandolo, Squalo, Delfino, Turchese e Fratelli Bandiera a nord di Capo Ferrat.
La squadra britannica non transiterà nella zona d’agguato dell’Aradam, né degli altri sommergibili, perché tutti raggiungeranno le zone assegnate soltanto dopo che le formazioni britanniche le hanno già attraversate. Maricosom, di conseguenza, ordinerà a tutti i sommergibili di spostarsi più a sud, tentando d’intercettare le forze britanniche (il cui vero obiettivo è stato intanto compreso da Supermarina il mattino del 27, quando è giunta notizia dell’esistenza di un convoglio diretto a Malta) durante la fase di rientro, comunicando alle 20.45 del 27: “Forza navale nemica già attaccata e danneggiata da ARMERA (alt) Nella ricerca et nell’attacco agite con massimo impegno et precisione per infliggere al nemico ulteriori et più gravi danni possibili (alt) Sono certo che vi mostrerete degni della fiducia che in voi ripone la Marina (alt)”.
In effetti, lo spostamento verso sud dei sommergibili porterà a diversi avvistamenti: lo stesso Aradam, spostatosi più a sud, avvista alle 14 del 29 settembre cinque cacciatorpediniere nemici aventi rotta per sud-sud-est, 26 miglia a nord di Capo Bougaroni, ma non riesce ad attaccarli. Stessa sorte ha il Dandolo, mentre Adua, Serpente e Diaspro vanno all’attacco ma senza colpire: l’Adua, individuato dai cacciatorpediniere, verrà sottoposto a caccia con bombe di profondità ed affondato con tutto l’equipaggio.
Parimenti infruttuosa risulterà l’uscita in mare della squadra da battaglia al comando dell’ammiraglio Angelo Iachino (corazzate Littorio e Vittorio Veneto, incrociatori pesanti Trento, Trieste e Gorizia, incrociatori leggeri Muzio Attendolo e Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi, cacciatorpediniere Granatiere, Bersagliere, Fuciliere, Ascari, Lanciere, Corazziere, Carabiniere, Folgore, Maestrale, Grecale, Scirocco, Vincenzo Gioberti, Nicoloso Da Recco ed Emanuele Pessagno).
Ottobre 1941
Inviato in pattugliamento circa 60 miglia a levante di La Galite.
Novembre 1941
Agguato 45 miglia a nordest di Tunisi.
Dicembre 1941
Altro agguato nelle acque della Galite.
19 dicembre 1941
Inviato in pattugliamento a nord dell’Algeria, insieme all’Alagi e più ad est rispetto a Tricheco ed Axum (che sono stati schierati al largo di Capo Bougaroni), in previsione di un possibile ingresso in Mediterraneo della Forza H.
3 gennaio 1942
Inviato in agguato a sud (od est) di Malta, nell’area compresa tra i meridiani 14°40’ E e 15°20’ E ed i paralleli 34°00’ N e 34°20’ N, col compito di avvistare ed attaccare eventuali forze navali britanniche che dovessero prendere il mare per contrastare l’operazione «M. 43», consistente nell’invio di un grosso convoglio di rifornimenti in Libia. In totale, ben undici sommergibili (Aradam, Platino, Onice, Galatea, Beilul, Delfino, Alagi, Axum, Turchese, Zaffiro e Dessiè) vengono dislocati in agguato sulle probabili rotte che potrebbe percorrere una formazione navale britannica; un gruppo (Aradam, Axum, Turchese, Platino, Onice, Alagi e Delfino) viene dislocato ad est di Malta, contro eventuali provenienze da quest’isola, un altro (Beilul, Galatea e Dessiè) più a levante, tra Creta e la Cirenaica, sulla rotta che seguirebbe una formazione che prendesse il mare da Alessandria. I sommergibili hanno compito offensivo-esplorativo nelle ore diurne ed offensivo totale in quelle notturne.
Nessuna forza navale britannica sortirà per attaccare il convoglio, essendo la Mediterranean Fleet ridotta ai minimi termini in conseguenza delle perdite inflitte a fine 1941 dalle mine, dai mezzi d’assalto italiani e dai sommergibili tedeschi (situazione di cui però a Roma non si ha contezza, così da portare a misure precauzionali estreme come questo dispiegamento di unità subacquee per proteggere la navigazione di un convoglio importante come «M. 43»); il convoglio raggiungerà indenne la propria destinazione, portando in Libia 15.379 tonnellate di carburante, 2417 tonnellate di munizioni, 10.242 tonnellate di materiali vari, 144 carri armati, 520 automezzi e 901 tra ufficiali, sottufficiali e soldati.
Alle 17.20 rileva all’idrofono rumori di eliche, e venti minuti più tardi viene sottoposto a caccia antisommergibili da parte di tre unità nemiche, caccia che si protrarrà fino alle 19.20.
Aprile 1941
Inviato in pattugliamento al largo della costa cirenaico-egiziana, nella prima metà del mese.
29 luglio 1941
Il capitano di corvetta Bianchini lascia il comando dell’Aradam, venendo sostituito dal tenente di vascello Oscar Gran, 32 anni, da Trieste.
Fine luglio-Inizio agosto 1941
Inviato, insieme ad altri tre sommergibili (Alagi, Diaspro e Serpente), in agguato a sudovest della Sardegna a contrasto dell'operazione britannica «Style». Quest’ultima, che ha preso il via il 30 luglio, consiste nell’invio a Malta dell’incrociatore posamine Manxman e degli incrociatori leggeri Hermione ed Arethusa (Forza X, al comando del contrammiraglio Edward Neville Syfret), in missione di trasporto veloce di 1746 uomini (70 ufficiali e 1676 sottufficiali e soldati, in parte rimasti a Gibilterra quando il piroscafo Leinster, facente parte del precedente convoglio «Substance» diretto a Malta, si era incagliato, in parte imbarcati su navi dello stesso convoglio che erano dovute rientrare a Gibilterra perché danneggiate) e 130 tonnellate di rifornimenti, con la scorta diretta dei cacciatorpediniere Lightning e Sikh ed indiretta di parte della Forza H dell’ammiraglio James Somerville (corazzata Nelson, incrociatore da battaglia Renown, portaerei Ark Royal, due incrociatori ed otto cacciatorpediniere). Quale azione diversiva, i britannici effettuano anche un bombardamento di Porto Conte ed Alghero da parte dei cacciatorpediniere Maori e Cossack e di nove bombardieri Fairey Swordfish della portaerei Ark Royal (attacchi compiuti tra le 2.15 e le 4.45 del 1° agosto, con danni trascurabili).
Le navi dirette a Malta hanno lasciato Gibilterra alle sei del mattino del 30 luglio, ed alle 17.30 la notizia (che la Forza H è partita da Gibilterra alle 7, diretta verso est) è giunta a Supermarina, che ha subito disposto l’invio in agguato di vari sommergibili (Aradam, Alagi, Diaspro e Serpente a sudovest della Sardegna; Tembien, Zaffiro, Bandiera e Manara tra Malta e Pantelleria), l’approntamento di sei torpediniere e varie altre misure (sospensione del traffico nel Mediterraneo Centrale, concentrazione a Trapani e Pantelleria di tredici MAS per effettuare rastrelli notturni nel Canale di Sicilia, ricognizioni aeree su vaste zone di entrambi i bacini del Mediterraneo, messa in stato di allarme delle difese costiere di Liguria, Sicilia, Sardegna e costa tirrenica italiana). Supermarina è già stata messa in allarme dall’intensificarsi, nei giorni precedenti, del traffico radio nemico a carattere operativo e degli attacchi aerei contro le basi aeree della ricognizione marittima in Sicilia e Sardegna, oltre che dalla comparsa di ricognitori britannici a Taranto e nelle basi del Tirreno meridionale: l’alto comando della Regia Marina prevede che la Forza H si stia spostando verso est e ritiene che potrebbe essere in atto un’operazione congiunta con la Mediterranean Fleet di Alessandria, siccome rivelazioni radiogoniometriche hanno rivelato la presenza di un’unità appartenente a quest’ultima alle 17.45 dello stesso giorno, a 60 miglia per 350° da Marsa Matruh. Alle due di notte del 31 luglio rilevazioni radiogoniometriche hanno individuato la Forza H nelle acque della Spagna, stimandone la velocità in una decina di nodi, e più tardi è giunta notizia della partenza da Gibilterra di alcuni mercantili e di tre incrociatori, con destinazione ignota (in realtà i mercantili sono diretti in Atlantico, e non c’è nessun incrociatore). Alle 8.45 il Servizio Informazioni dell’Aeronautica fa sapere che da Gibilterra sono partite, dirette in Mediterraneo, la portaerei Ark Royal, la corazzata Nelson, l’incrociatore da battaglia Renown e due incrociatori, arrivati nottetempo dall’Atlantico e di scorta a «due piroscafi carichi di truppe e otto mercantili carichi di materiali, munizioni e viveri, probabilmente destinati in Egitto (…) Fonte attendibile comunica che at Gibilterra si parla di rappresaglie contro l’Italia». Nonostante i ricognitori inviati dalla Sardegna durante il mattino a cercare tali forze non trovino nulla, alle 15.45 Supermarina dà ordine di approntare all’uscita in due ore la III Divisione Navale (incrociatori pesanti Trento, Trieste e Gorizia e XIII Squadriglia Cacciatorpediniere) a Messina e la V Divisione Navale (corazzate Cesare e Doria) e tutti i cacciatorpediniere disponibili a Taranto. Contestualmente viene ordinato anche alla IX Divisione Navale (corazzate Littorio e Vittorio Veneto) ed alla corazzata Duilio, a Napoli, di tenersi pronte a partire entro mezz’ora; viene ordinato che nella notte tra l’1 ed il 2 agosto inizino gli agguati di torpediniere e MAS al largo di Pantelleria e di Capo Bon; mentre la IV e VIII Divisione incrociatori, che si trovano a Palermo, vengono mantenuti in approntamento normale. In base alle informazioni raccolte, infatti, Supermarina ritiene più probabile che l’operazione britannica riguardi un attacco contro le coste tirreniche italiane che non l’invio di un convoglio attraverso il Canale di Sicilia, ritenuto a torto poco probabile. Alle 16.45 del 31 luglio un aereo di linea tedesco (della Lufthansa) segnala tredici navi da guerra, tra cui una portaerei, 50 miglia ad est delle Baleari, dirette verso est; durante la giornata del 1° agosto undici ricognitori dell’Aeronautica della Sardegna cercano la Forza H, che si è spostata a nordest delle Baleari, con rotta sudovest, e che è stata avvistata alle nove del mattino da un aereo francese (che ne ha stimato correttamente la composizione come una portaerei, due corazzate e dieci cacciatorpediniere, con rotta 160°), 35 miglia a nord di Minorca. Gli avvistamenti da parte di trimotori CANT Z. 1007 bis del 50° Gruppo segnalano che la Forza H sembra restare nello stesso punto in cui l’aveva trovata l’aereo francese (a nordest di Minorca e con rotta nordest), e quattro successivi rilevamenti radiogoniometrici individuano inoltre una nave sconosciuta a 70 miglia per 30° da Capo Sant’Antonio (a sud di Valencia). L’attenzione dell’apparato aeronavale italiano si concentra così sulla Forza H, mentre passa del tutto inosservato il transito in Mediterraneo occidentale della Forza X, che naviga ad alta velocità tenendosi vicina alle acque territoriali del nordafrica francese, seguendo la costa algerina e poi tunisina, dopo di che attraversa indisturbata il Canale di Sicilia. Supermarina, infatti, ha dato ordine che i MAS stanziati ad Augusta rimangano in porto in caso di mancato avvistamento di navi nemiche dirette verso il Mediterraneo centrale da parte della ricognizione (e nessun ricognitore le ha avvistate), mentre i MAS di Pantelleria non trovano niente a causa del mare grosso, che ne intralcia seriamente l’attività. Alle 7.35 del 2 agosto una rilevazione radiogoniometrica mostra che c’è un’unità britannica 50 miglia ad ovest di Malta, diretta verso tale isola; Supermarina chiede allora a Superaereo di condurre una ricognizione sul porto di La Valletta, e mette nuovamente in allarme la III Divisione a Messina e le corazzate a Napoli.
La Forza X raggiunge Malta alle nove del mattino del 2 agosto, scarica truppe e rifornimenti e riparte alle 16.30 per tornare a Gibilterra. Alle 18 la Forza X, in navigazione ad alta velocità una decina di chilometri a nordovest di Gozo (a levante di Malta), viene infine avvistata da dieci caccia Macchi Mc 200 del 10° Gruppo dell’Aeronautica della Sicilia, di ritorno dalla richiesta ricognizione su La Valletta, che riconoscono correttamente le navi avvistate come tre incrociatori e due cacciatorpediniere, diretti verso Gibilterra. In conseguenza di tale avvistamento, tre aerosiluranti S.M. 79 “Sparviero” della 278a Squadriglia decollano da Pantelleria per attaccare la Forza X (uno di essi, avvistata la formazione avversaria, lancia un siluro contro l’Hermione, che lo evita con la manovra); inoltre, la notizia arriva anche a Marina Messina, che intanto aveva ordinato un agguato notturno di quattro torpediniere ed altrettanti MAS tra Capo Bon, Pantelleria e Trapani, ed altri due MAS al largo di Malta. Alle 00.25 del 3 agosto Marina Messina ordina alla XV Squadriglia Cacciatorpediniere (Pigafetta, Pessagno, Da Mosto, Da Verrazzano ed Usodimare) di accendere le caldaie, ed alle 3.45 di salpare per portarsi entro le 8 trenta miglia a sud di Marettimo. Al contempo, Marina Messina ordina al Comando Militare Marittimo di Pantelleria di tenere le torpediniere Pallade e Castore in agguato sottocosta, vicino all’isola, e di tenere le batterie costiere pronte all’intervento. La Forza X passa però ad ovest di Pantelleria, dal lato opposto rispetto agli sbarramenti italiani, molto lontano dalle zone in cui si trovano le torpediniere ed i cacciatorpediniere italiani (che sono state scelte tenendo presente il concetto precauzionale di evitare un incontro notturno, data la superiorità britannica nel combattimento di notte), che non riescono così ad intercettarla (per loro fortuna, probabilmente, data la netta superiorità di armamento delle navi britanniche).
L’agguato dell’Aradam trascorre senza che vengano avvistate unità nemiche.
3 settembre 1941
Inviato in agguato al largo di La Galite.
25-29 settembre 1941
In agguato nelle acque della Tunisia, l’Aradam riceve ordine di trasferirsi ad est delle Baleari (nel Mar di Sardegna, tra la Sardegna e Minorca) e a sud di Minorca (precisamente, nel Canale di Minorca ed a nord di Capo Bougaroni) per un agguato difensivo, insieme ad altri tre sommergibili (Axum, Diaspro e Serpente), nel corso dell’operazione britannica «Halberd». Da Gibilterra è uscita in mare per l’operazione la Forza H, con le corazzate Prince of Wales, Rodney e Nelson, la portaerei Ark Royal ed i cacciatorpediniere Duncan, Fury, Lance, Legion, Lively, Gurkha, Zulu, Isaac Sweers (olandese), Garland (polacco) e Piorun (polacco). La formazione è stata suddivisa dai britannici in vari sottogruppi, partiti in momenti diversi tra il 24 ed il 25 settembre: suo scopo è proteggere la navigazione verso Malta di un convoglio con rifornimenti (WS. 11X, formato dalla cisterna militare Breconshire e dalle navi da carico Ajax, City of Lincoln, City of Calcutta, Clan MacDonald, Clan Ferguson, Rowallan Castle, Imperial Star e Dunedin Star con un carico complessivo di 81.000 tonnellate di rifornimenti e la scorta diretta degli incrociatori leggeri Edinburgh, Sheffield, Euryalus, Kenya ed Hermione e dei cacciatorpediniere Cossack, Farndale, Foresight, Forester, Heythrop, Laforey, Lightning ed Oribi della Forza X), che si svolgerà in contemporanea con la navigazione di un altro convoglio (tre mercantili scarichi, scortati da una corvetta) da Malta a Gibilterra e con un’azione diversiva della Mediterranean Fleet nel Mediterraneo orientale.
La partenza della Forza H in più gruppi, e le rotte seguite da questi fino alla riunione (che avviene il mattino del 27 settembre, cento miglia a sud di Cagliari), traggono in inganno i comandi italiani, che ritengono erroneamente che lo scopo dell’operazione sia un bombardamento navale contro obiettivi sulle coste della Penisola (come attestato dal "Notiziario 73" di Maristat Informazioni, del mattino del 25 settembre, secondo cui “Scopo missione sarebbe rappresaglia contro coste italiane”). Per contrastare questo ipotetico bombardamento, Supermarina ha inviato l’Aradam e gli altri tre sommergibili ad est delle Baleari, altri tre a sudovest della Sardegna, tre a sud/sudovest di Ibiza e cinque in Mar Ligure. Il Narvalo viene inviato al largo di Capo Bon, Adua, Dandolo, Squalo, Delfino, Turchese e Fratelli Bandiera a nord di Capo Ferrat.
La squadra britannica non transiterà nella zona d’agguato dell’Aradam, né degli altri sommergibili, perché tutti raggiungeranno le zone assegnate soltanto dopo che le formazioni britanniche le hanno già attraversate. Maricosom, di conseguenza, ordinerà a tutti i sommergibili di spostarsi più a sud, tentando d’intercettare le forze britanniche (il cui vero obiettivo è stato intanto compreso da Supermarina il mattino del 27, quando è giunta notizia dell’esistenza di un convoglio diretto a Malta) durante la fase di rientro, comunicando alle 20.45 del 27: “Forza navale nemica già attaccata e danneggiata da ARMERA (alt) Nella ricerca et nell’attacco agite con massimo impegno et precisione per infliggere al nemico ulteriori et più gravi danni possibili (alt) Sono certo che vi mostrerete degni della fiducia che in voi ripone la Marina (alt)”.
In effetti, lo spostamento verso sud dei sommergibili porterà a diversi avvistamenti: lo stesso Aradam, spostatosi più a sud, avvista alle 14 del 29 settembre cinque cacciatorpediniere nemici aventi rotta per sud-sud-est, 26 miglia a nord di Capo Bougaroni, ma non riesce ad attaccarli. Stessa sorte ha il Dandolo, mentre Adua, Serpente e Diaspro vanno all’attacco ma senza colpire: l’Adua, individuato dai cacciatorpediniere, verrà sottoposto a caccia con bombe di profondità ed affondato con tutto l’equipaggio.
Parimenti infruttuosa risulterà l’uscita in mare della squadra da battaglia al comando dell’ammiraglio Angelo Iachino (corazzate Littorio e Vittorio Veneto, incrociatori pesanti Trento, Trieste e Gorizia, incrociatori leggeri Muzio Attendolo e Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi, cacciatorpediniere Granatiere, Bersagliere, Fuciliere, Ascari, Lanciere, Corazziere, Carabiniere, Folgore, Maestrale, Grecale, Scirocco, Vincenzo Gioberti, Nicoloso Da Recco ed Emanuele Pessagno).
Ottobre 1941
Inviato in pattugliamento circa 60 miglia a levante di La Galite.
Novembre 1941
Agguato 45 miglia a nordest di Tunisi.
Dicembre 1941
Altro agguato nelle acque della Galite.
19 dicembre 1941
Inviato in pattugliamento a nord dell’Algeria, insieme all’Alagi e più ad est rispetto a Tricheco ed Axum (che sono stati schierati al largo di Capo Bougaroni), in previsione di un possibile ingresso in Mediterraneo della Forza H.
3 gennaio 1942
Inviato in agguato a sud (od est) di Malta, nell’area compresa tra i meridiani 14°40’ E e 15°20’ E ed i paralleli 34°00’ N e 34°20’ N, col compito di avvistare ed attaccare eventuali forze navali britanniche che dovessero prendere il mare per contrastare l’operazione «M. 43», consistente nell’invio di un grosso convoglio di rifornimenti in Libia. In totale, ben undici sommergibili (Aradam, Platino, Onice, Galatea, Beilul, Delfino, Alagi, Axum, Turchese, Zaffiro e Dessiè) vengono dislocati in agguato sulle probabili rotte che potrebbe percorrere una formazione navale britannica; un gruppo (Aradam, Axum, Turchese, Platino, Onice, Alagi e Delfino) viene dislocato ad est di Malta, contro eventuali provenienze da quest’isola, un altro (Beilul, Galatea e Dessiè) più a levante, tra Creta e la Cirenaica, sulla rotta che seguirebbe una formazione che prendesse il mare da Alessandria. I sommergibili hanno compito offensivo-esplorativo nelle ore diurne ed offensivo totale in quelle notturne.
Nessuna forza navale britannica sortirà per attaccare il convoglio, essendo la Mediterranean Fleet ridotta ai minimi termini in conseguenza delle perdite inflitte a fine 1941 dalle mine, dai mezzi d’assalto italiani e dai sommergibili tedeschi (situazione di cui però a Roma non si ha contezza, così da portare a misure precauzionali estreme come questo dispiegamento di unità subacquee per proteggere la navigazione di un convoglio importante come «M. 43»); il convoglio raggiungerà indenne la propria destinazione, portando in Libia 15.379 tonnellate di carburante, 2417 tonnellate di munizioni, 10.242 tonnellate di materiali vari, 144 carri armati, 520 automezzi e 901 tra ufficiali, sottufficiali e soldati.
10 febbraio 1942
Inviato a formare uno sbarramento nelle acque dell’Algeria, l’Aradam rileva all’idrofono e poi avvista una formazione navale diretta verso est, segnalandola ai Comandi a terra (per altra fonte, invece, l’avrebbe solo rilevata all’idrofono, senza riuscire ad avvistarla).
Marzo 1942
Agguato nelle acque di Capo Bougaroni.
27-29 marzo 1942
Inviato in agguato nel Canale di Sicilia, insieme ai sommergibili Narvalo, Turchese e Santorre Santarosa, per intercettare la Forza H (al comando dell’ammiraglio Neville Syfret), uscita da Gibilterra e diretta verso est, se questa dovesse spingersi fin lì. Tuttavia la formazione britannica, il cui scopo è lanciare aerei destinati a rinforzare le squadriglie di Malta (si tratta dell’operazione «Picket II», che vede le portaerei Eagle ed Argus salpare da Gibilterra il 27 marzo con la scora della corazzata Malaya, dell’incrociatore leggero Hermione e dei cacciatorpediniere Active, Anthony, Blankney, Croome, Duncan, Exmoor, Laforey, Lightning e Wishart, lanciando il 29 marzo otto caccia Supermarine Spitfire che raggiungeranno tutti Malta, mentre non sarà possibile lanciare, come previsto, sei aerosiluranti Fairey Albacore) si fermerà molto prima.
1° aprile 1942
Alle 00.45, in posizione 38°29’ N e 07°40’ E (a sudovest della Sardegna), l’Aradam viene avvistato su rilevamento 240°, mentre procede in superficie con rotta 340°, dal sommergibile olandese O 23 (capitano di corvetta Albertus Marinus Valkenburg). Questi manovra per avvicinarsi, restando in superficie, ma così facendo viene avvistato dall’Aradam, che s’immerge subito (alle 00.52) non essendo sicuro se l’unità avvistata sia amica o nemica. Alle 00.54 anche l’O 23 s’immerge, e riesce a rilevare il rumore dei motori dell’Aradam agli idrofoni, ma senza poter stabilire con esattezza distanza e rilevamento; dopo un’ora di infruttuosa caccia sottomarina, all’1.56, emerge e riprende la navigazione verso Alessandria.
4 aprile 1942
All’1.03, finito di imbarcare i viveri la sera precedente, l’Aradam (tenente di vascello Oscar Gran) lascia Cagliari insieme ad un altro sommergibile, il Turchese, per un agguato nelle acque tunisine, con il duplice scopo di proteggere i convogli italiani diretti in Libia dalle incursioni delle forze navali britanniche di base a Malta, e di attaccare eventuale traffico isolato britannico che dovesse attraversare queste acque. La zona d’agguato dell’Aradam è ad est di Capo Kelibia, quella del Turchese a nord di Capo Bon. L’ordine d’operazione di Maricosom (209/SRP del 3 aprile, ore 19.45) stabilisce: “Riservato personale (alt) Esecutivo agguati Kappa uno sommergibile Turchese et Kappa due sommergibile Aradam (alt) Sommergibile Turchese rotta andata numero uno (semialt) rotta ritorno numero quattro con rientro a Trapani sua nuova dislocazione (alt) Sommergibile Aradam rotta andata numero uno (semialt) rotta ritorno numero cinque con rientro a Trapani sua nuova dislocazione (alt) Lasciare agguato ad ordine (alt) Parziale modifica ordine generale di operazione Kappa durante agguato in ore diurne rimanere posati sul fondo senza venire quota periscopica per ascolto SITI (semialt) anziché tramonto giorno cinque arrivare su punti agguato al più presto possibile dopo eseguita navigazione occulta ore diurne giorno quattro”.
5 aprile 1942
L’Aradam raggiunge l’area assegnata, ad est di Kelibia (costa orientale della Tunisia), poco lontano dall’omonimo faro ed a sud di Capo Bon, ed inizia il pendolamento.
6 aprile 1942
Alle 3.12 il comandante in seconda dell’Aradam, sottotenente di vascello Edoardo Burattini, di guardia in plancia, avvista una sagoma scura con rotta stimata verso sud, e chiama in plancia il comandante Gran; la sagoma si rivela ben presto essere quella di un grosso cacciatorpediniere in navigazione verso ovest con rotte che randeggiavano la penisola di Capo Bon, con angolo beta di 25° a dritta, a circa 2400-2500 metri di distanza. Gran ordina di assumere una nuova rotta per intercettare l’unità nemica; il rapido calo della distanza indica che la nave avversaria procede a basso regime di giri, ragion per cui decide di mettere i motori al minimo. Il cacciatorpediniere passa tra l’Aradam e la costa della Tunisia, ad una distanza sufficiente da permetterne la rilevazione con il traguardo di mira del Panerai; alle 3.17, raggiunta una posizione (37°47’ (o 36°47’) N e 11°05’ E) ed una distanza (meno di 500 metri) idonea per il lancio e per il successivo rapido disimpegno, il comandante Gran ordina di lanciare due siluri dai tubi 3 e 4, regolati per tre metri di profondità ed un angolo di rotta di 15° a dritta. Mentre però il siluro del tubo numero 3 esce regolarmente, quello nel tubo 4 non parte, a causa del malfunzionamento del sistema di lancio elettrico; per di più, il rumore causato dal meccanismo Aicardi per il recupero della bolla d’aria compressa generata dal lancio ha coperto l’ordine di lancio manuale impartito dalla plancia al capo silurista, già preoccupato dal segnale d’immersione rapida con conseguente chiusura dei cappellotti esterni dei tubi di lancio. Non vengono sentite esplosioni, mentre l’equipaggio lavora per ripristinare l’assetto alterato dal cambio di peso dovuto al lancio (manovra complicata dai fondali particolarmente bassi in cui l’Aradam si è venuto a trovare); il comandante Gran decide di far appoggiare il sommergibile sul fondale, mentre agli idrofoni vengono seguite con attenzione le sorgenti di rumore, che fanno temere che in zona ci sia anche una seconda unità britannica, non notata in precedenza.
Dopo circa un’ora, dato che gli idrofoni non rilevano più fonti sonore, il comandante Gran decide di tornare a quota periscopica; così viene fatto alle 4.30, navigando in assetto silenzioso, ed al periscopio viene avvistato un cacciatorpediniere fermo su un rilevamento di una decina di gradi a sinistra, con un beta prossimo allo zero. Temendo di essere da questa unità rilevato e sottoposto a caccia, l’Aradam torna ad adagiasi sul fondale per un’altra ora; alle 5.52, siccome gli idrofoni continuano a non rilevare rumori, torna in affioramento per trasmettere il segnale di scoperta. Dopo una decina di minuti – è ormai l’alba – viene avvistato nuovamente il cacciatorpediniere, che appare immobile ed anzi immobilizzato; pur confuso dalla sua mancanza di reazione, Gran decide di tornare ancora una volta ad adagiarsi sul fondale, stavolta fino alle 7.30, quando decide di tornare a quota periscopica per esaminare più attentamente la situazione. Navigando al minimo dei giri, in modo da poter governare senza però produrre una scia troppo appariscente con il periscopio, l’Aradam avvista ancora una volta la poppa del cacciatorpediniere, che si staglia contro la costa di Kelibia, e vede che nubi di fumo nero si alzano dalla sua prua. Gran stima che il cacciatorpediniere abbia tentato di buttarsi in costa per tentare di salvarsi. L’idrofono, tuttavia, capta dei rumori “di notevole rilevanza”, inducendolo a tornare ancora una volta sul fondo.
L’Aradam rimane in zona per tutta la giornata del 6, al fine di sincerarsi che il cacciatorpediniere sia affondato.
7 aprile 1942
All’alba l’Aradam avvista un rimorchiatore vicino al cacciatorpediniere incagliato, e decide di tornare una volta di più sul fondale in attesa di nuovi sviluppi. In serata viene ricevuto un messaggio radio da Roma in cui viene confermata la presenza di un cacciatorpediniere incagliato ed incendiato e l’esattezza dei precedenti apprezzamenti di Gran.
Alcuni giorni dopo il Comando Militare Marittimo di Pantelleria invierà sul posto una squadriglia di MAS per appurare le condizioni del cacciatorpediniere, che continua ad emettere abbondante fumo; la nave, che risulta spezzata in due e semiaffondata in acque basse, verrà identificata dal distintivo ottico dipinto sulla murata, H 43, come il cacciatorpediniere britannico Havock.
Sulla scorta di ciò, nella sua relazione sull’accaduto Maricosom giudicherà che l’Havock sia stato silurato dall’Aradam; questa sarà la versione consegnata alla storiografia italiana. Scriverà ad esempio Giorgio Giorgerini nel suo libro "Uomini sul fondo": “L’Aradam aveva colpito il caccia nemico da una distanza di 500 metri, immobilizzandolo. L’Havock, proveniente da Malta e diretto a Gibilterra, tentò di salvarsi cercando di rimettere in funzione almeno una parte del suo apparato motore per tentare di andare a incagliarsi in costa, ma gli fu impedito dal violento incendio scoppiato a bordo. Poco dopo la nave britannica saltò in aria e affondò, spezzata in due tronconi”. Secondo alcune fonti, dopo il lancio l’Aradam emerse, osservando l’unità nemica immobilizzata in costa vicino a Ras el Mirk, con un incendio a bordo; andatosi ad incagliare in costa, l’Havock sarebbe stato poco dopo spezzato in due dall’esplosione dei depositi munizioni, osservata da bordo del sommergibile (ma non sembra esservi menzione di questa esplosione nella descrizione dell’azione del comandante Gran).
Alquanto diversa è la versione fornita dalle fonti britanniche, secondo cui l’Havock si sarebbe incagliato a causa di un errore di navigazione, senza alcun coinvolgimento dell’Aradam.
Il cacciatorpediniere, al comando del capitano di corvetta Geoffrey Robert Gordon Watkins, era stato danneggiato pochi giorni prima durante la seconda battaglia della Sirte (dal tiro della corazzata Littorio, che aveva danneggiato una caldaia, con otto vittime tra l’equipaggio) e poi ulteriormente danneggiato da un attacco aereo su Malta il 3 aprile, durante un primo tentativo di riparare i danni in un bacino di carenaggio della Valletta; aveva lasciato l’isola la sera del 5 aprile diretto a Gibilterra, con a bordo un centinaio di militari britannici che dovevano lasciare Malta.
Prima della partenza da Malta al comandante Watkins era stato raccomandato di scandagliare il fondale durante l’avvicinamento al faro di Kelibia (l’attraversamento delle acque tunisine sarebbe giocoforza avvenuto di notte), prestare attenzione ai bassifondali a nord del faro ed alle secche al largo di Ras el Mir e Capo Bon, e tenersi a non più di due miglia dalla costa onde evitare i campi minati situati più ad est; avrebbe dovuto decidere per conto proprio sulla velocità da tenere, e regolarsi in modo da trovarsi il più ad ovest possibile entro l’alba. Durante l’attraversamento della zona avrebbe potuto imbattersi in motosiluranti e dragamine nemici nonché in convogli dell’Asse diretti in Libia. Watkins aveva deciso di doppiare Capo Bon mantenendo una velocità di 30 nodi (sia per trovarsi il più a ovest possibile entro l’alba, sia per minimizzare le probabilità di avvistamento nel caso avesse incrociato una forza navale nemica nel canale), e di tenere l’armamento pronto per il caso di un incontro con motosiluranti italiane o tedesche.
Giunto in vista della costa tunisina, l’Havock aveva accostato per passare a circa un miglio mezzo dal faro di Kelibia, ad una decina di gradi da terra; la notte era chiara, senza luna e con banchi di nebbia sulla costa, e Watkins – che aveva assunto la direzione della navigazione poco prima – era stato informato dall’ufficiale di rotta Lack che la nave stava procedendo leggermente più verso terra rispetto alla rotta prevista, ma che ciò non avrebbe costituito un problema. Nel doppiare il faro di Kelibia, l’Havock aveva compiuto quattro accostate; Watkins aveva più volte chiesto a Lack se la nave stesse seguendo una rotta sicura, ricevendo ogni volta risposta che era “un po’” spostata verso terra, ma comunque al sicuro. Alle 3.50 Watkins, trattenutosi in plancia perché l’ultimo segmento della rotta tracciata da Lack per doppiare Capo Kelibia gli era sembrato strano, aveva avvistato quella che sembrava un’onda biancastra verso prua ed aveva fatto accostare un poco in fuori, per poi ordinare di mettere le macchine indietro tutta ed il timone tutto a dritta. Ma era già troppo tardi: alle 3.58 l’Havock si era incagliato a trenta nodi su un banco di sabbia a trecento metri dalla costa, vicino a Kelibia (più precisamente, alla spiaggia di Hammam Ghezzaz, in posizione variamente riportata come 36°52'23.1" N e 11°08'171" E o 36°52′18″ N e 11°8′24″ E o 36,87167° N e 11,14° E), in fondali di circa cinque metri. Un pozzetto della tubolatura principale del vapore era scoppiato, uccidendo un uomo ed ustionandone gravemente altri cinque, uno dei quali sarebbe poi deceduto in ospedale. Dopo un vano tentativo di alleggerire la nave gettando in mare le munizioni, il comandante aveva concluso che l’Havock era perduto ed aveva dato ordine all’equipaggio ed al personale di passaggio di sbarcare sulla vicina costa, avviando altresì i preparativi per autodistruggere la nave: i locali furono cosparsi con carburante e cordite, e dopo che tutto l’equipaggio fu sbarcato (era intanto giunta l’alba), la cordite fu incendiata e venne fatta brillare una carica di profondità sistemata nel locale sonar, dilaniando la prua e riducendo l’Havock ad un relitto inservibile. Prima dell’autodistuzione, alle 4.15, Watkins aveva comunicato che la nave si era incagliata a 2,5 miglia per 20° dal faro di Kelibia (in posizione 36°48’ N e 11°08’ E, o per altra fonte 36°52’ N e 11°08’ E), di non poterla disincagliare e di apprestarsi alla sua autodistruzione.
David Goodey e
Richard Osborne, autori di una monografia sulla storia dell’Havock (“Destroyer at War: The Fighting
Life and Loss of HMS Havock from the
Atlantic to the Mediterranean 1939-1942”), confrontano le versioni ufficiali
italiana e britannica ponendo l’accento sugli orari indicati da entrambe le
parti. Secondo i britannici, quando l’Havock
si incagliò l’orologio della sala macchine, che seguiva il fuso orario maltese
(Malta Standard Time), si fermò alle
3.58 quando la nave urtò la secca mentre procedeva a trenta nodi. L’Aradam seguiva presumibilmente il fuso
orario dell’Europa centrale; se le due unità seguivano lo stesso fuso orario,
l’Aradam avvistò probabilmente l’Havock mentre procedeva lungo la costa e
gli lanciò un siluro, mancandolo. In alternativa, l’Aradam avvistò l’Havock
quando già era incagliato ed il siluro esplose contro il fondale (data la
scarsa profondità) oppure mancò il bersaglio, essendo questo immobilizzato
mentre il comandante Gran aveva calcolato i dati di lancio per un’unità in
movimento. La descrizione dell’attacco secondo le fonti italiane – l’Havock colpito alle 3.17 da un siluro,
portato ad incagliare e poi spezzato in due dall’esplosione dei depositi
munizioni, provocata da un incendio scatenato dal siluro – risulta
incompatibile con quanto riferito dai superstiti dell’equipaggio, secondo cui
la nave non fu colpita da siluri al momento dell’incaglio né si verificò alcuna
esplosione fino alle due del pomeriggio seguente, quando l’equipaggio dell’Havock, già sotto sorveglianza dei
francesi e fuori vista rispetto al relitto, sentì una violenta esplosione e
vide una colonna di fumo alta centinaia di metri, e che Watkins attribuì alle
bombe di profondità e/o al deposito munizioni poppiero, raggiunti probabilmente
dagli incendi che ancora divampavano a bordo (e che per tutta la giornata
provocarono diversi scoppi minori di riservette ed altre munizioni).
In realtà, la controversa menzione di esplosioni sul relitto dell’Havock sembra essere frutto della rielaborazione a posteriori dell’attacco fatta dalle fonti secondarie, mentre nel resoconto originario si dice al contrario che non fu sentita nessuna esplosione, tanto che il comandante Gran rimase per diverse ore nell’impressione che il cacciatorpediniere fosse ancora in grado di contrattaccare, cosa impossibile se fosse stato silurato. Le versioni italiana (originale) e britannica non sembrano quindi in contrasto: la spiegazion più logica è che l’Aradam lanciò il siluro contro l’Havock, lo mancò, e mentre il sommergibile si disimpegnava adagiandosi sul fondale il cacciatorpediniere si incagliava per errore di navigazione, senza accorgersi di essere stato attaccato. Quando poi l’Aradam tornò a quota periscopica – solo per brevi momenti, a distanza di ore l’uno dall’altro – il cacciatorpediniere era già stato abbandonato ed incendiato dall’equipaggio, e questo spettacolo portò a credere erroneamente che fosse stato silurato.
Altre versioni riportate da fonti secondarie italiane affermano che l’Havock sarebbe stato silurato dall’Aradam ed avrebbe cercato di portarsi all’incaglio, venendo però spezzato in due dall’esplosione dei depositi munizioni; oppure che si sarebbe incagliato per conto proprio e sarebbe stato silurato e distrutto dall’Aradam dopo l’incaglio; od ancora che si sarebbe incagliato nel tentativo di evitare il siluro dell’Aradam, venendo poi autodistrutto dall’equipaggio una volta assodata l’impossibilità di disincagliarlo. Nessuna di queste versioni, però, trova conferma nel rapporto del comandante Watkins o nei racconti dei superstiti.
Secondo quanto annotato all’epoca nel diario della divisione operazioni dello Stato Maggiore della Kriegsmarine, “secondo le affermazioni dei prigionieri britannici [dell’Havock], il cacciatorpediniere si è incagliato ed è stato fatto saltare dal suo equipaggio dopo che un sommergibile italiano l’aveva attaccato senza successo”.
L’equipaggio dell’Havock, accampatosi sulla costa nei pressi del relitto, si consegnò alle autorità locali (fedeli alla Francia di Vichy) e fu condotto dapprima nella caserma della Guardia Costiera del vicino centro abitato di Kelibia, per poi essere internato nel campo di concentramento di Laghouat, in Algeria, dove i britannici furono di fatto trattati, più che come militari belligeranti internati da un Paese neutrale (quale la Francia di Vichy sosteneva di essere), come prigionieri di guerra in un Paese nemico; furono tenuti dai francesi in condizioni di vita peggiori rispetto a quelle dei britannici prigionieri in Italia e Germania fino al novembre 1942, quando vennero liberati in seguito agli sbarchi angloamericani nel Nordafrica francese (Operazione “Torch”) ed al passaggio alla causa Alleata delle truppe di Vichy ivi stanziate.
Nella notte tra il 7 e l’8 aprile 1942 il relitto dell’Havock venne abbordato dal rimorchiatore italiano Instancabile ed ispezionato da militari italiani al comando del capitano di fregata Ernesto Forza, che s’impadronirono di documenti segreti rimasti a bordo (anche questo, però, è in contrasto con quanto dichiarato dal comandante Watkins, secondo cui tutti i documenti segreti sarebbero stati distrutti con il fuoco prima dell’abbandono della nave, distruzione estesa persino ad apparati come il sonar ed il radiogoniometro ed ai siluri, lanciati verso il mare aperto per evitare che potessero venirne rinvenuti dei pezzi). Era questo, evidentemente, il rimorchiatore osservato dall’Aradam vicino al relitto dell’Havock.
La notizia dell’affondamento dell’Havock venne annunciata dal Comando Supremo italiano nel bollettino di guerra n. 675 del 7 aprile 1942 (“…Nostri mezzi navali hanno incendiato ed affondato il cacciatorpediniere britannico Havok”) e poi ulteriormente precisata nel bollettino n. 691 del 23 aprile (“Ulteriori accertamenti hanno permesso di stabilire che il cacciatorpediniere britannico Havock di cui al bollettino n. 675 è stato silurato e affondato dal nostro sommergibile Aradam al comando del tenente di vascello Oscar Gran in rientro da una crociera”). Il comandante Gran sarà decorato con la Medaglia di Bronzo al Valor Militare ("Comandante di sommergibile, in missione di guerra in Mediterraneo, attaccava e silurava con sereno ardimento e perizia un cacciatorpediniere nemico, dimostrando di possedere elevato spirito combattivo e belle qualità militari"), ed il suo secondo, sottotenente di vascello Edoardo Burattini, con la Croce di Guerra al Valor Militare ("Ufficiale in seconda di sommergibile, assicurava l'efficienza bellica dell'unità e coadiuvava con sereno coraggio e ardimento il comandante nell'attacco e nel siluramento di un cacciatorpediniere nemico").
Inviato a formare uno sbarramento nelle acque dell’Algeria, l’Aradam rileva all’idrofono e poi avvista una formazione navale diretta verso est, segnalandola ai Comandi a terra (per altra fonte, invece, l’avrebbe solo rilevata all’idrofono, senza riuscire ad avvistarla).
Marzo 1942
Agguato nelle acque di Capo Bougaroni.
27-29 marzo 1942
Inviato in agguato nel Canale di Sicilia, insieme ai sommergibili Narvalo, Turchese e Santorre Santarosa, per intercettare la Forza H (al comando dell’ammiraglio Neville Syfret), uscita da Gibilterra e diretta verso est, se questa dovesse spingersi fin lì. Tuttavia la formazione britannica, il cui scopo è lanciare aerei destinati a rinforzare le squadriglie di Malta (si tratta dell’operazione «Picket II», che vede le portaerei Eagle ed Argus salpare da Gibilterra il 27 marzo con la scora della corazzata Malaya, dell’incrociatore leggero Hermione e dei cacciatorpediniere Active, Anthony, Blankney, Croome, Duncan, Exmoor, Laforey, Lightning e Wishart, lanciando il 29 marzo otto caccia Supermarine Spitfire che raggiungeranno tutti Malta, mentre non sarà possibile lanciare, come previsto, sei aerosiluranti Fairey Albacore) si fermerà molto prima.
1° aprile 1942
Alle 00.45, in posizione 38°29’ N e 07°40’ E (a sudovest della Sardegna), l’Aradam viene avvistato su rilevamento 240°, mentre procede in superficie con rotta 340°, dal sommergibile olandese O 23 (capitano di corvetta Albertus Marinus Valkenburg). Questi manovra per avvicinarsi, restando in superficie, ma così facendo viene avvistato dall’Aradam, che s’immerge subito (alle 00.52) non essendo sicuro se l’unità avvistata sia amica o nemica. Alle 00.54 anche l’O 23 s’immerge, e riesce a rilevare il rumore dei motori dell’Aradam agli idrofoni, ma senza poter stabilire con esattezza distanza e rilevamento; dopo un’ora di infruttuosa caccia sottomarina, all’1.56, emerge e riprende la navigazione verso Alessandria.
4 aprile 1942
All’1.03, finito di imbarcare i viveri la sera precedente, l’Aradam (tenente di vascello Oscar Gran) lascia Cagliari insieme ad un altro sommergibile, il Turchese, per un agguato nelle acque tunisine, con il duplice scopo di proteggere i convogli italiani diretti in Libia dalle incursioni delle forze navali britanniche di base a Malta, e di attaccare eventuale traffico isolato britannico che dovesse attraversare queste acque. La zona d’agguato dell’Aradam è ad est di Capo Kelibia, quella del Turchese a nord di Capo Bon. L’ordine d’operazione di Maricosom (209/SRP del 3 aprile, ore 19.45) stabilisce: “Riservato personale (alt) Esecutivo agguati Kappa uno sommergibile Turchese et Kappa due sommergibile Aradam (alt) Sommergibile Turchese rotta andata numero uno (semialt) rotta ritorno numero quattro con rientro a Trapani sua nuova dislocazione (alt) Sommergibile Aradam rotta andata numero uno (semialt) rotta ritorno numero cinque con rientro a Trapani sua nuova dislocazione (alt) Lasciare agguato ad ordine (alt) Parziale modifica ordine generale di operazione Kappa durante agguato in ore diurne rimanere posati sul fondo senza venire quota periscopica per ascolto SITI (semialt) anziché tramonto giorno cinque arrivare su punti agguato al più presto possibile dopo eseguita navigazione occulta ore diurne giorno quattro”.
5 aprile 1942
L’Aradam raggiunge l’area assegnata, ad est di Kelibia (costa orientale della Tunisia), poco lontano dall’omonimo faro ed a sud di Capo Bon, ed inizia il pendolamento.
6 aprile 1942
Alle 3.12 il comandante in seconda dell’Aradam, sottotenente di vascello Edoardo Burattini, di guardia in plancia, avvista una sagoma scura con rotta stimata verso sud, e chiama in plancia il comandante Gran; la sagoma si rivela ben presto essere quella di un grosso cacciatorpediniere in navigazione verso ovest con rotte che randeggiavano la penisola di Capo Bon, con angolo beta di 25° a dritta, a circa 2400-2500 metri di distanza. Gran ordina di assumere una nuova rotta per intercettare l’unità nemica; il rapido calo della distanza indica che la nave avversaria procede a basso regime di giri, ragion per cui decide di mettere i motori al minimo. Il cacciatorpediniere passa tra l’Aradam e la costa della Tunisia, ad una distanza sufficiente da permetterne la rilevazione con il traguardo di mira del Panerai; alle 3.17, raggiunta una posizione (37°47’ (o 36°47’) N e 11°05’ E) ed una distanza (meno di 500 metri) idonea per il lancio e per il successivo rapido disimpegno, il comandante Gran ordina di lanciare due siluri dai tubi 3 e 4, regolati per tre metri di profondità ed un angolo di rotta di 15° a dritta. Mentre però il siluro del tubo numero 3 esce regolarmente, quello nel tubo 4 non parte, a causa del malfunzionamento del sistema di lancio elettrico; per di più, il rumore causato dal meccanismo Aicardi per il recupero della bolla d’aria compressa generata dal lancio ha coperto l’ordine di lancio manuale impartito dalla plancia al capo silurista, già preoccupato dal segnale d’immersione rapida con conseguente chiusura dei cappellotti esterni dei tubi di lancio. Non vengono sentite esplosioni, mentre l’equipaggio lavora per ripristinare l’assetto alterato dal cambio di peso dovuto al lancio (manovra complicata dai fondali particolarmente bassi in cui l’Aradam si è venuto a trovare); il comandante Gran decide di far appoggiare il sommergibile sul fondale, mentre agli idrofoni vengono seguite con attenzione le sorgenti di rumore, che fanno temere che in zona ci sia anche una seconda unità britannica, non notata in precedenza.
Dopo circa un’ora, dato che gli idrofoni non rilevano più fonti sonore, il comandante Gran decide di tornare a quota periscopica; così viene fatto alle 4.30, navigando in assetto silenzioso, ed al periscopio viene avvistato un cacciatorpediniere fermo su un rilevamento di una decina di gradi a sinistra, con un beta prossimo allo zero. Temendo di essere da questa unità rilevato e sottoposto a caccia, l’Aradam torna ad adagiasi sul fondale per un’altra ora; alle 5.52, siccome gli idrofoni continuano a non rilevare rumori, torna in affioramento per trasmettere il segnale di scoperta. Dopo una decina di minuti – è ormai l’alba – viene avvistato nuovamente il cacciatorpediniere, che appare immobile ed anzi immobilizzato; pur confuso dalla sua mancanza di reazione, Gran decide di tornare ancora una volta ad adagiarsi sul fondale, stavolta fino alle 7.30, quando decide di tornare a quota periscopica per esaminare più attentamente la situazione. Navigando al minimo dei giri, in modo da poter governare senza però produrre una scia troppo appariscente con il periscopio, l’Aradam avvista ancora una volta la poppa del cacciatorpediniere, che si staglia contro la costa di Kelibia, e vede che nubi di fumo nero si alzano dalla sua prua. Gran stima che il cacciatorpediniere abbia tentato di buttarsi in costa per tentare di salvarsi. L’idrofono, tuttavia, capta dei rumori “di notevole rilevanza”, inducendolo a tornare ancora una volta sul fondo.
L’Aradam rimane in zona per tutta la giornata del 6, al fine di sincerarsi che il cacciatorpediniere sia affondato.
7 aprile 1942
All’alba l’Aradam avvista un rimorchiatore vicino al cacciatorpediniere incagliato, e decide di tornare una volta di più sul fondale in attesa di nuovi sviluppi. In serata viene ricevuto un messaggio radio da Roma in cui viene confermata la presenza di un cacciatorpediniere incagliato ed incendiato e l’esattezza dei precedenti apprezzamenti di Gran.
Alcuni giorni dopo il Comando Militare Marittimo di Pantelleria invierà sul posto una squadriglia di MAS per appurare le condizioni del cacciatorpediniere, che continua ad emettere abbondante fumo; la nave, che risulta spezzata in due e semiaffondata in acque basse, verrà identificata dal distintivo ottico dipinto sulla murata, H 43, come il cacciatorpediniere britannico Havock.
Sulla scorta di ciò, nella sua relazione sull’accaduto Maricosom giudicherà che l’Havock sia stato silurato dall’Aradam; questa sarà la versione consegnata alla storiografia italiana. Scriverà ad esempio Giorgio Giorgerini nel suo libro "Uomini sul fondo": “L’Aradam aveva colpito il caccia nemico da una distanza di 500 metri, immobilizzandolo. L’Havock, proveniente da Malta e diretto a Gibilterra, tentò di salvarsi cercando di rimettere in funzione almeno una parte del suo apparato motore per tentare di andare a incagliarsi in costa, ma gli fu impedito dal violento incendio scoppiato a bordo. Poco dopo la nave britannica saltò in aria e affondò, spezzata in due tronconi”. Secondo alcune fonti, dopo il lancio l’Aradam emerse, osservando l’unità nemica immobilizzata in costa vicino a Ras el Mirk, con un incendio a bordo; andatosi ad incagliare in costa, l’Havock sarebbe stato poco dopo spezzato in due dall’esplosione dei depositi munizioni, osservata da bordo del sommergibile (ma non sembra esservi menzione di questa esplosione nella descrizione dell’azione del comandante Gran).
Alquanto diversa è la versione fornita dalle fonti britanniche, secondo cui l’Havock si sarebbe incagliato a causa di un errore di navigazione, senza alcun coinvolgimento dell’Aradam.
Il cacciatorpediniere, al comando del capitano di corvetta Geoffrey Robert Gordon Watkins, era stato danneggiato pochi giorni prima durante la seconda battaglia della Sirte (dal tiro della corazzata Littorio, che aveva danneggiato una caldaia, con otto vittime tra l’equipaggio) e poi ulteriormente danneggiato da un attacco aereo su Malta il 3 aprile, durante un primo tentativo di riparare i danni in un bacino di carenaggio della Valletta; aveva lasciato l’isola la sera del 5 aprile diretto a Gibilterra, con a bordo un centinaio di militari britannici che dovevano lasciare Malta.
Prima della partenza da Malta al comandante Watkins era stato raccomandato di scandagliare il fondale durante l’avvicinamento al faro di Kelibia (l’attraversamento delle acque tunisine sarebbe giocoforza avvenuto di notte), prestare attenzione ai bassifondali a nord del faro ed alle secche al largo di Ras el Mir e Capo Bon, e tenersi a non più di due miglia dalla costa onde evitare i campi minati situati più ad est; avrebbe dovuto decidere per conto proprio sulla velocità da tenere, e regolarsi in modo da trovarsi il più ad ovest possibile entro l’alba. Durante l’attraversamento della zona avrebbe potuto imbattersi in motosiluranti e dragamine nemici nonché in convogli dell’Asse diretti in Libia. Watkins aveva deciso di doppiare Capo Bon mantenendo una velocità di 30 nodi (sia per trovarsi il più a ovest possibile entro l’alba, sia per minimizzare le probabilità di avvistamento nel caso avesse incrociato una forza navale nemica nel canale), e di tenere l’armamento pronto per il caso di un incontro con motosiluranti italiane o tedesche.
Giunto in vista della costa tunisina, l’Havock aveva accostato per passare a circa un miglio mezzo dal faro di Kelibia, ad una decina di gradi da terra; la notte era chiara, senza luna e con banchi di nebbia sulla costa, e Watkins – che aveva assunto la direzione della navigazione poco prima – era stato informato dall’ufficiale di rotta Lack che la nave stava procedendo leggermente più verso terra rispetto alla rotta prevista, ma che ciò non avrebbe costituito un problema. Nel doppiare il faro di Kelibia, l’Havock aveva compiuto quattro accostate; Watkins aveva più volte chiesto a Lack se la nave stesse seguendo una rotta sicura, ricevendo ogni volta risposta che era “un po’” spostata verso terra, ma comunque al sicuro. Alle 3.50 Watkins, trattenutosi in plancia perché l’ultimo segmento della rotta tracciata da Lack per doppiare Capo Kelibia gli era sembrato strano, aveva avvistato quella che sembrava un’onda biancastra verso prua ed aveva fatto accostare un poco in fuori, per poi ordinare di mettere le macchine indietro tutta ed il timone tutto a dritta. Ma era già troppo tardi: alle 3.58 l’Havock si era incagliato a trenta nodi su un banco di sabbia a trecento metri dalla costa, vicino a Kelibia (più precisamente, alla spiaggia di Hammam Ghezzaz, in posizione variamente riportata come 36°52'23.1" N e 11°08'171" E o 36°52′18″ N e 11°8′24″ E o 36,87167° N e 11,14° E), in fondali di circa cinque metri. Un pozzetto della tubolatura principale del vapore era scoppiato, uccidendo un uomo ed ustionandone gravemente altri cinque, uno dei quali sarebbe poi deceduto in ospedale. Dopo un vano tentativo di alleggerire la nave gettando in mare le munizioni, il comandante aveva concluso che l’Havock era perduto ed aveva dato ordine all’equipaggio ed al personale di passaggio di sbarcare sulla vicina costa, avviando altresì i preparativi per autodistruggere la nave: i locali furono cosparsi con carburante e cordite, e dopo che tutto l’equipaggio fu sbarcato (era intanto giunta l’alba), la cordite fu incendiata e venne fatta brillare una carica di profondità sistemata nel locale sonar, dilaniando la prua e riducendo l’Havock ad un relitto inservibile. Prima dell’autodistuzione, alle 4.15, Watkins aveva comunicato che la nave si era incagliata a 2,5 miglia per 20° dal faro di Kelibia (in posizione 36°48’ N e 11°08’ E, o per altra fonte 36°52’ N e 11°08’ E), di non poterla disincagliare e di apprestarsi alla sua autodistruzione.
In realtà, la controversa menzione di esplosioni sul relitto dell’Havock sembra essere frutto della rielaborazione a posteriori dell’attacco fatta dalle fonti secondarie, mentre nel resoconto originario si dice al contrario che non fu sentita nessuna esplosione, tanto che il comandante Gran rimase per diverse ore nell’impressione che il cacciatorpediniere fosse ancora in grado di contrattaccare, cosa impossibile se fosse stato silurato. Le versioni italiana (originale) e britannica non sembrano quindi in contrasto: la spiegazion più logica è che l’Aradam lanciò il siluro contro l’Havock, lo mancò, e mentre il sommergibile si disimpegnava adagiandosi sul fondale il cacciatorpediniere si incagliava per errore di navigazione, senza accorgersi di essere stato attaccato. Quando poi l’Aradam tornò a quota periscopica – solo per brevi momenti, a distanza di ore l’uno dall’altro – il cacciatorpediniere era già stato abbandonato ed incendiato dall’equipaggio, e questo spettacolo portò a credere erroneamente che fosse stato silurato.
Altre versioni riportate da fonti secondarie italiane affermano che l’Havock sarebbe stato silurato dall’Aradam ed avrebbe cercato di portarsi all’incaglio, venendo però spezzato in due dall’esplosione dei depositi munizioni; oppure che si sarebbe incagliato per conto proprio e sarebbe stato silurato e distrutto dall’Aradam dopo l’incaglio; od ancora che si sarebbe incagliato nel tentativo di evitare il siluro dell’Aradam, venendo poi autodistrutto dall’equipaggio una volta assodata l’impossibilità di disincagliarlo. Nessuna di queste versioni, però, trova conferma nel rapporto del comandante Watkins o nei racconti dei superstiti.
Secondo quanto annotato all’epoca nel diario della divisione operazioni dello Stato Maggiore della Kriegsmarine, “secondo le affermazioni dei prigionieri britannici [dell’Havock], il cacciatorpediniere si è incagliato ed è stato fatto saltare dal suo equipaggio dopo che un sommergibile italiano l’aveva attaccato senza successo”.
L’equipaggio dell’Havock, accampatosi sulla costa nei pressi del relitto, si consegnò alle autorità locali (fedeli alla Francia di Vichy) e fu condotto dapprima nella caserma della Guardia Costiera del vicino centro abitato di Kelibia, per poi essere internato nel campo di concentramento di Laghouat, in Algeria, dove i britannici furono di fatto trattati, più che come militari belligeranti internati da un Paese neutrale (quale la Francia di Vichy sosteneva di essere), come prigionieri di guerra in un Paese nemico; furono tenuti dai francesi in condizioni di vita peggiori rispetto a quelle dei britannici prigionieri in Italia e Germania fino al novembre 1942, quando vennero liberati in seguito agli sbarchi angloamericani nel Nordafrica francese (Operazione “Torch”) ed al passaggio alla causa Alleata delle truppe di Vichy ivi stanziate.
Nella notte tra il 7 e l’8 aprile 1942 il relitto dell’Havock venne abbordato dal rimorchiatore italiano Instancabile ed ispezionato da militari italiani al comando del capitano di fregata Ernesto Forza, che s’impadronirono di documenti segreti rimasti a bordo (anche questo, però, è in contrasto con quanto dichiarato dal comandante Watkins, secondo cui tutti i documenti segreti sarebbero stati distrutti con il fuoco prima dell’abbandono della nave, distruzione estesa persino ad apparati come il sonar ed il radiogoniometro ed ai siluri, lanciati verso il mare aperto per evitare che potessero venirne rinvenuti dei pezzi). Era questo, evidentemente, il rimorchiatore osservato dall’Aradam vicino al relitto dell’Havock.
La notizia dell’affondamento dell’Havock venne annunciata dal Comando Supremo italiano nel bollettino di guerra n. 675 del 7 aprile 1942 (“…Nostri mezzi navali hanno incendiato ed affondato il cacciatorpediniere britannico Havok”) e poi ulteriormente precisata nel bollettino n. 691 del 23 aprile (“Ulteriori accertamenti hanno permesso di stabilire che il cacciatorpediniere britannico Havock di cui al bollettino n. 675 è stato silurato e affondato dal nostro sommergibile Aradam al comando del tenente di vascello Oscar Gran in rientro da una crociera”). Il comandante Gran sarà decorato con la Medaglia di Bronzo al Valor Militare ("Comandante di sommergibile, in missione di guerra in Mediterraneo, attaccava e silurava con sereno ardimento e perizia un cacciatorpediniere nemico, dimostrando di possedere elevato spirito combattivo e belle qualità militari"), ed il suo secondo, sottotenente di vascello Edoardo Burattini, con la Croce di Guerra al Valor Militare ("Ufficiale in seconda di sommergibile, assicurava l'efficienza bellica dell'unità e coadiuvava con sereno coraggio e ardimento il comandante nell'attacco e nel siluramento di un cacciatorpediniere nemico").
Il relitto dell’Havock in una fotografia scattata da un aereo italiano l’11 aprile 1942 (da “In Passage Perilous” di Vincent O’Hara) |
Essendo previsto il passaggio in zona di un convoglio italiano, scortato dalla torpediniera Lince e dal cacciatorpediniere Premuda, l’Aradam riduce la sua attività, onde evitare incidenti.
15 aprile 1942
Rilevati forti rumori agli idrofoni, che vengono però attribuiti al transito di un convoglio francese segnalato da Roma e che secondo le previsioni dovrebbe passare proprio al largo di Kelibia.
18 aprile 1942
A dispetto del mare mosso e della foschia che riduce la visibilità, l’Aradam avvista una nave, ma poco dopo nota anche un idrovolante CANT Z. 506 sulla sua verticale, il che indica che si tratta di un bastimento dell’Asse cui l’idrovolante fornisce scorta aerea.
19 aprile 1942
Avvista al largo di Capo Bon un piroscafo italiano, il Nino Claudio, avente rotta verso nord.
20 aprile 1942
La visibilità peggiora ancora, tanto che risulta più proficuo rimanere a quota periscopica per effettuare ascolto idrofonico. Vengono infatti captati rumori di eliche, ed il sommergibile emerge per tentare di avvistare la o le navi in questione; risulta però impossibile distinguere sia il numero, sia la tipologia delle navi rilevate agli idrofoni, ed essendo stato segnalato il passaggio in zona di un convoglio italiano (nave cisterna Panuco e due torpediniere), il comandante Gran preferisce rinunciare ad avvicinarsi, per evitare incidenti di fuoco amico.
Alle 22.24 l’Aradam riceve ordine di rientrare alla base, trasmesso alle 18.10 («N. 162173 – Smg Aradam – zona A – Smg Micca fittizio. Maricosom – Annullo mie precedenti comunicazioni (alt) Lasciate subito agguato rientrando Cagliari (alt) Rotte ritorno inverse quella andata»). Durante la missione ha ricevuto da Supermarina ben 45 telegrammi relativi alla possibile presenza in zona di altri bersagli.
Maggio 1942
Inviato in agguato a nord di Capo Blanc.
11 giugno 1942
Viene inviato, assieme ad altri quattro sommergibili (Ascianghi, Onice, Corallo e Dessiè), in agguato dapprima presso Capo Blanc e poi ad ovest di Malta (nel triangolo compreso tra Malta, Pantelleria e Lampedusa), a contrasto dell’operazione britannica "Harpoon" (consistente nell'invio da Gibilterra a Malta di un convoglio formato dai mercantili Burdwan, Kentucky, Chant, Orari, Troilus e Tanimbar, carichi di rifornimenti e scortati dall'incrociatore antiaerei Cairo, da nove cacciatorpediniere e da quattro dragamine di squadra, oltre ad una forza pesante di copertura a distanza nel primo tratto della navigazione), nell'ambito della battaglia di Mezzo Giugno. In tutto sono 16 i battelli schierati nel Mediterraneo centrale e centro-occidentale per contrastare "Harpoon"; la dottrina d’impiego dei sommergibili è mutata rispetto al passato: ora è previsto l’impiego a massa contro navi o gruppi di navi avvistati e segnalati dagli aerei. Mentre a Mezzo Agosto, due mesi più tardi, questa tattica avrà grande successo, a Mezzo Giugno i sommergibili non coglieranno alcun risultato (per quelli dislocati al largo di Malta, anche a causa della forte vigilanza antisommergibili da parte degli aerei).
L’Aradam, infatti, non avvista navi nemiche; il convoglio subirà gravi perdite per opera dell'azione congiunta degli aerei italo-tedeschi e della VII Divisione Navale dell'ammiraglio Alberto Da Zara, cui poi si aggiungeranno quelle causate dai campi minati. Complessivamente andranno a fondo quattro mercantili e due cacciatorpediniere, mentre diverse altre unità riporteranno seri danni. (Secondo U-Historia, il 14 giugno l’Aradam avrebbe avvistato una formazione nemica diretta verso Malta e ne avrebbe informato l’Alagi, meglio posizionato per un attacco. Sembra però probabile un errore).
4 settembre 1942
Il tenente di vascello Gran lascia il comando dell’Aradam, venendo sostituito dal parigrado Alpinolo Cinti, 35 anni, da Ripatransone.
20 ottobre 1942
Il tenente di vascello Cinti lascia il comando dell’Aradam e viene avvicendato dal parigrado Carlo Forni, 34 anni, da Genova.
7 novembre 1942
In seguito all’avvistamento di ingenti forze navali angloamericane in navigazione da Gibilterra verso ovest (è la flotta d’invasione dell’Operazione "Torch", lo sbarco Alleato nel Nordafrica francese, ma Supermarina – pur ritenendo che uno sbarco in Nordafrica sia l’ipotesi più probabile – non esclude anche la possibilità che sia un convoglio diretto a Malta), l’Aradam viene inviato a pattugliare il Golfo di Philippeville, nelle acque dell’Algeria, insieme a numerosi altri sommergibili italiani (Acciaio, Argento, Asteria, Brin, Dandolo, Emo, Galatea, Mocenigo, Porfido, Platino e Velella). In totale, Maricosom – in base ad ordine di Supermarina, trasmesso alle 22.06 del 6 novembre – invia ben ventuno sommergibili nel Mediterraneo occidentale e centro-occidentale, per contrastare l’operazione nemica: dodici sommergibili del VII Grupsom (tra cui l’Aradam) vengono schierati ad ovest dell’isola di La Galite (zona "A"), sette sommergibili dell’VIII Grupsom vengono inviati al largo di Biserta (zona "B"), ed altri due in posizione avanzata tra l’Algeria e le Baleari. La direttiva è di «ampliare le acque assegnate all’agguato dei sommergibili (…) per dare loro maggiore liberà di azione nelle zone stesse». Queste posizioni si riveleranno troppo lontane dalle effettive zone dello sbarco (Orano ed Algeri), ma non verranno modificate, perché i comandi tedeschi ritengono, erroneamente, che gli Alleati potrebbero tentare ulteriori sbarchi anche in Tunisia (nel qual caso i sommergibili italiani si troverebbero in posizione ideale).
Alle 15.31 Maricosom (il Comando Squadra Sommergibili) comunica a tutti i sommergibili in agguato nel Mediterraneo occidentale la posizione di una squadra navale britannica e di un convoglio nemico, riferita alle 10.40. Alle 20.07 il Comando Squadra Sommergibili segnala la posizione di due convogli avvistati in due distinte occasione, aventi entrambi rotta verso est e formati da mercantili scortati da corazzate, portaerei, incrociatori e navi scorta.
8 novembre 1942
Gli sbarchi hanno inizio: 500 navi da trasporto angloamericane, scortate da 350 navi da guerra di ogni tipo, sbarcano in tutto 107.000 soldati sulle coste dell’Algeria e del Marocco. Siccome tali operazioni avvengono nelle zone di Algeri e di Orano, i sommergibili italiani si trovano troppo ad est per intervenire; dato che i comandi tedeschi ritengono che gli Alleati potrebbero effettuare ulteriori sbarchi più ad est, verso la Tunisia, inizialmente si decide di lasciare i sommergibili dove sono.
9 novembre 1942
Alle 19.09 il comando della flotta subacquea italiana, Maricosom, segnala a tutti i battelli in mare che piroscafi nemici si stanno spostando verso est, e che stanno verificandosi sbarchi a Bona ed a Philippeville; dà quindi ordine di attaccare ogni nave mercantile o militare in uscita da tali porti, evitando però (per non rischiare incidenti di “fuoco amico” con le altre unità inviate in zona) di attaccare sommergibili, MAS e motosiluranti.
13 novembre 1942
Informata dello sbarco di truppe britanniche a Bona e Philippeville, Supermarina ordina alle 18.38 ai sommergibili di entrare in tali rade, attaccare con la massima risolutezza e poi tornare nei rispettivi settori d’agguato all’alba. In particolare, Aradam, Emo, Granito e Volframio vengono inviati nella rada di Bona, mentre Argento, Ascianghi, Asteria, Mocenigo e Velella in quella di Philippeville. Nessuno dei battelli, però, coglie successi: molti non avvistano nessuna nave, gli altri non riescono ad attaccarle per le sfavorevoli condizioni d’avvistamento e la rigida vigilanza nemica.
14 novembre 1942
Alle 18.02 Maricosom dispone una nuova puntata offensiva nella rada di Philippeville: Aradam, Granito, Emo e Volframio ricevono ordine di svolgere una ricerca offensiva durante la notte, agendo con la massima decisione, facendo poi ritorno nei rispettivi settori d’agguato. Anche questa seconda scorreria è però priva di risultati.
16 novembre 1942
Al comando del tenente di vascello Carlo Forni, l’Aradam penetra nottetempo nella baia di Bona per una ricognizione offensiva; avvistato un convoglio diretto verso Bona (per altra fonte, verso ovest) e formato da tre mercantili, con nutrita scorta di unità sottili (per altra fonte avrebbe invece avvistato una nave isolata, con rotta 210°), si avvicina in superficie con il favore di ripetuti piovaschi e lancia due coppiole di siluri contro un mercantile di 2500 tsl, la prima alle 3.58 e la seconda alle 5.06, da distanza ravvicinata (500 metri, in entrambi i casi). Tutte le armi mancano i bersagli, a causa delle contromanovre delle navi attaccate; essendo ormai giunto in acque troppo basse per tentare un nuovo attacco con i siluri, alle 5.14 l’Aradam attacca il mercantile più vicino, che sta dirigendo verso la costa, con il cannone, ritenendo di averlo danneggiato leggermente (il terzo colpo sparato sembra andare a segno tra la plancia ed il fumaiolo; secondo altra fonte, avrebbe messo a segno diversi colpi); alle 5.44, tuttavia, un colpo esplode prematuramente fuori della volata del cannone, abbagliando i serventi e costringendoli a cessare il tiro. A questo punto, trovandosi a sole tre miglia a sudest dall’imboccatura del porto di Bona, Forni rinuncia all’inseguimento per via della ridotta disponibilità di energia e dei bassi fondali: l’Aradam sta già strisciando sul fondo, e continuando così finirebbe con l’incagliarsi. Si disimpegna dunque verso il largo, immergendosi. (Per altra fonte, dopo aver cannoneggiato e colpito il piroscafo si sarebbe disimpegnato in immersione a causa della pronta reazione della scorta).
(Secondo Giorgio Giorgerini, invece, questo attacco sarebbe avvenuto nella rada di Bougie, mentre la forte sorveglianza antisommergibili nemica avrebbe impedito all’Aradam di penetrare nella rada di Bona. Secondo una versione ancora differente, quest’azione si svolse nella baia di Bona, e successivamente l’Aradam cercò di forzare nuovamente questa rada, senza riuscirci per via della sorveglianza nemica).
Il convoglio attaccato era probabilmente l’ET. 1, formato da cinque navi e salpato da Algeri il 18 febbraio e giunto a Gibilterra il 20 novembre. Alternativamente, ma meno probabilmente, è possibile che si trattasse del TE. 3, formato da una quindicina di unità, partito da Gibilterra l’11 novembre e giunto a Bona il 17.
Di quest’azione il Comando Supremo darà notizia nel bollettino di guerra n. 906 del 17 novembre: «Un nostro sommergibile al comando del tenente di vascello Carlo Forni, ha forzato l’entrata nella rada di Bona ed ha gravemente danneggiato a cannonate un grosso mercantile nemico».
20 novembre 1942
Alle 20.30 il sommergibile britannico P 228 (poi Splendid, tenente di vascello Ian Lachlan Mackay McGeogh) rileva rumore di motori diesel verso sudovest e dopo qualche minuto, iniziata la manovra d’attacco contro quello che presume correttamente essere un sommergibile, nota di essere al traverso a sinistra di un sommergibile in avvicinamento, che viene identificato come italiano. Alle 20.40, in posizione 40°38’ N e 13°48’ E (al largo di Napoli), il P 228 lancia una salva di sei siluri dai tubi di prua; nessuno va a segno, due delle armi esplodono a fine corsa dopo dodici minuti. McGeogh concluderà di aver mancato il bersaglio per averne sottostimato la velocità. Il sommergibile attaccato è molto probabilmente l’Aradam, che non si accorge dell’attacco.
Dicembre 1942
Agguato infruttuoso nelle acque della Cirenaica.
Gennaio 1943
Altro agguato al largo della Cirenaica.
Febbraio 1943
Ulteriore agguato nelle acque della Cirenaica (Golfo della Sirte).
Marzo 1943
Agguato nel Golfo della Sirte.
10 aprile 1943
L’Aradam si trova a La Maddalena quando, a partire dalle ore 14.37, la base sarda viene sottoposta ad un pesante bombardamento da parte di 84 bombardieri Boeing B-17 “Flying Fortress” dell’USAAF.
Dato che il sistema di avvistamento della piazza della Maddalena non dispone né di aerofoni né tanto meno di radar, i bombardieri giungono praticamente senza preavviso: l’allarme viene dato uno o due minuti prima che inizino a cadere le bombe. I velivoli si dividono in tre gruppi, ognuno dei quali ha un preciso compito: i loro obiettivi sono la base dei sommergibili e gli incrociatori pesanti Trieste e Gorizia della III Divisione, trasferita da Messina a La Maddalena qualche mese prima. 36 bombardieri (del 97th Bomb Group) attaccano il Gorizia, 24 (del 99th Bomb Group) il Trieste, 24 le installazioni a terra e la base dei sommergibili, dove sono cinque i battelli all’ormeggio, tutti appartenenti al VII Gruppo Sommergibili: l’Aradam, il Sirena, il Topazio, il Dandolo ed il Mocenigo.
Le bombe, tra cui vi sono ordigni da 1000 libbre (450 kg), sono sganciate da una quota compresa tra i 5000 e i 6000 metri, cioè al di fuori della portata delle batterie contraeree che difendono la base; l’incursione risulta precisa e devastante. Il Trieste, colpito in pieno, affonda capovolgendosi dopo un paio d’ore; il Gorizia, pesantemente danneggiato, rimane a galla, ma non verrà mai riparato. Le 24 "Fortezze Volanti" del 301st Bomb Group (32nd Bomb Squadron), incaricate di colpire le installazioni di terra e la base dei sommergibili, sganciano più di 200 bombe da 500 libbre contro i moli e le officine: in tutto, oltre 45 tonnellate di esplosivo. La base navale di La Maddalena viene ridotta ad un cumulo di rovine: vengono pressoché distrutte la centrale elettrica, l’officina sommergibili, l’officina siluri, l’officina artiglieria, l’officina autoreparto, parte dell’officina falegnameria, il locale argano, lo scalo d’alaggio, gli uffici spedizioni e ragioneria; sono gravemente danneggiati gli alloggi degli ufficiali e dei sottufficiali, la caserma per il locale distaccamento, la casermetta dei MAS, la caserma dei carabinieri ed il magazzino dei fari; molte banchine vengono sconvolte dalle bombe e crollano. Tutta la base, o quel che ne resta, rimane senza energia elettrica; vengono interrotte in gran parte le comunicazioni telefoniche e telegrafiche. Vanno in pezzi sotto le bombe due idrovolanti della III Divisione, i MAS 501 e 503 (che si trovano in lavori), sei imbarcazioni e tutti i veicoli che si trovano in riparazione; affondano nelle acque del porto anche i motovelieri requisiti V 266 Eliana, O 88 Maria Pia e V 143 Carmen Adele (il primo e l’ultimo adibiti alla vigilanza foranea, il secondo alla guardia alle ostruzioni). Vengono resi inagibili anche l’alloggio e l’ufficio del capo gruppo sommergibili e la caserma "Faravelli", in cui sono alloggiati gli equipaggi dei sommergibili.
In mezzo a tanto sfacelo i sommergibili, trovandosi ormeggiati in rada, rimangono miracolosamente indenni; soltanto uno, il Mocenigo, viene colpito, senza comunque riportare danni gravi. Paradossalmente, tuttavia, i sommergibili registrano diverse vittime e feriti tra il personale che si trova a terra, coinvolto nel bombardamento della Caserma Faravelli e della base navale: l’Aradam lamenta in tal modo due feriti. Uno di essi morì probabilmente per le ferite poche ore dopo, in quanto il marinaio elettricista Emilio Poletti dell’Aradam, genovese, ventunenne, risulta deceduto in data 10 aprile 1943.
Altri tredici feriti, e cinque tra morti e dispersi, si registrano tra gli equipaggi di Topazio, Mocenigo e Sirena, mentre il personale della Stazione Sommergibili (Maristasom) lamenta tre morti, un disperso e due feriti. Alle 21.15 il VII Gruppo Sommergibili comunica a Maricosom la drammatica situazione della sua base della Maddalena: «Ore 14.50 subito attacco aereo di cui un obiettivo est stata base sommergibili alt Alloggi sia ufficiali che per personale praticamente temporaneamente inutilizzabili alt Officina sommergibili et officina siluri colpite in pieno da bombe inutilizzate alt Unità presenti solo sommergibile Mocenigo forato doppio fondo numero 2 dritta cassa nafta et tubolatura compenso esterna et tubolatura sfogo aria doppio fondo numero 2 dritta alt Disposto salvo contrordine sommergibile Aradam dislochi subito Bonifacio alt Disposto opportuno diradamento altre unità alt Su sommergibile Mocenigo et sommergibile Topazio non est possibile utilizzare lavori semialt Propongo trasferimento altra sede alt Unità presenti da ore 08.00 corrente eseguiranno tutte ascolto r t continuo alt Tenente Vascello Garofani Luciano Tenente G. N. Vigiari Carlo Maggiore G.N. Sini Mauro Sottotenente Vascello Sella Gregorio feriti alt Riservomi comunicare numero vittime et feriti alt Sommergibile Sirena non est attualmente in condizioni dato numero personale ferito eseguire missione alt».
Complessivamente, il bombardamento di La Maddalena causa tra il personale della Regia Marina oltre 160 morti e 250 feriti, in massima parte tra gli equipaggi di Trieste e Gorizia; muoiono anche quattro carabinieri addetti alla sorveglianza della base e quattro operai militarizzati. È stato invece risparmiato l’abitato di La Maddalena, dove non vi è alcuna vittima tra la popolazione civile; temendo però altri e meno precisi bombardamenti in futuro, dopo questo attacco gli abitanti della cittadina sfolleranno in massa.
Subito dopo il bombardamento, l’Aradam viene trasferito a Bonifacio, per sottrarlo ad eventuali nuovi attacchi aerei.
Aprile 1943
Un controllo giudica come “buono” lo stato di efficienza dell’Aradam, evidenziando però le pessime condizioni dei segnalatori acustici. Più curioso risulta il giudizio espresso riguardo lo stato dell’equipaggio: “regolare”.
Maggio 1943
Pattugliamento a ponente della Sardegna.
Estate 1943
Entra in cantiere a Genova per essere trasformato in sommergibile “avvicinatore” di siluri a lenta corsa (SLC), con l’installazione in coperta degli appositi contenitori cilindrici per il trasporto di questi mezzi d’assalto. Supermarina intende intensificare le operazioni di mezzi d’assalto contro il naviglio angloamericano, ed a questo scopo incrementa il numero di sommergibili “avvicinatori” sia con la conversione di unità esistenti (l’Aradam), sia adattando sommergibili in costruzione (come i tre nuovi Murena, Grongo e Sparide della classe Tritone).
Epilogo
L’armistizio tra
l’Italia e gli Alleati, l’8 settembre 1943, sorprese l’Aradam (sempre al comando del tenente di vascello Carlo Forni, ma
secondo altra fonte all’atto dell’armistizio sarebbe stato momentaneamente al
comando del tenente di vascello Mario Tromba) a Genova, in lavori per revisione
e manutenzione nonché di conversione in sommergibile “avvicinatore” di siluri a
lenta corsa.
Il comando superiore del porto di Genova, così come del locale Comando Marina, era retto dall’ammiraglio di divisione Carlo Pinna: questi, non appena ebbe appreso via radio dell’armistizio, telefonò al suo superiore a La Spezia, ammiraglio di squadra Giotto Maraghini, per avere disposizioni sul da farsi, dopo di che si recò a colloquio con l’ammiraglio Luigi Biancheri, comandante dell’VIII Divisione Navale (di stanza a Genova) e poi fece lo stesso con il generale Amerigo Coppi, comandante militare territoriale di Genova. L’incontro con quest’ultimo mise in evidenza la sostanziale impossibilità di difendere il capoluogo della Liguria: le uniche truppe disponibili sul posto erano infatti due battaglioni male armati, mentre già alle quattro del mattino del 9 settembre preponderanti e bene armate forze tedesche erano alle porte della città. Entro le sei del mattino queste avevano già bloccato tutti gli accessi al porto ed iniziato l’occupazione dei cantieri navali; ad ogni modo, l’ammiraglio Pinna aveva dato esecuzione agli ordini ricevuti, che prevedevano di far partire per il sud tutte le navi mercantili e militari in grado di prendere il mare, autoaffondare le unità militari non in grado di partire, sabotare le navi mercantili non in grado di partire e comunicare al locale Comando della Kriegsmarine di far uscire dal porto le unità tedesche. A questi ordini fu data esecuzione entro le 8.30 del 9 settembre.
L’ammiraglio Pinna, riferendo per telefono alle sette del mattino il sottocapo di Stato Maggiore della Marina, ammiraglio Luigi Sansonetti, che ormai i tedeschi erano in città, fu da questi autorizzato a lasciare Genova per non essere catturato; radunò quindi il personale dipendente, lo lasciò libero e, dopo aver distrutto i documenti segreti e messi al sicuro i fondi della cassa, partì con il treno delle dieci per Firenze, dove si diede alla macchia entrando nella locale rete della Resistenza.
Trovandosi
nell’impossibilità di salpare, l’Aradam
venne autoaffondato dall’equipaggio il 9 settembre, per impedire che cadesse
intatto in mano tedesca. Si autoaffondarono anche i cacciatorpediniere Maestrale e Corazziere, in grandi lavori di riparazione (avevano perso, l’uno
per mina e l’altro per bombe, rispettivamente la poppa e la prua), ed il
sommergibile ex francese FR 113, in
corso di riattamento dopo la sua cattura a Biserta dieci mesi prima, nonché la
nave cisterna militare FR 85
(anch’essa ex francese); furono invece catturati un altro sommergibile ex
francese, l’FR 118, il
cacciatorpediniere ex francese FR 32
(in riattamento dopo l’autoaffondamento a Tolone ed il successivo recupero), i
cacciatorpediniere Dardo e Premuda, la torpediniera Generale Achille Papa (sabotata dall’equipaggio),
il posamine Arbe, il dragamine RD 62, la nave posareti Giasone II, i cacciasommergibili VAS 301 e VAS 304, la motosilurante MS
16 (sabotata), i MAS 502, 504 e 562, le motozattere MZ 759
e MZ 760 ed i rimorchiatori militari Colosso, Porto d’Anzio, Sant’Antioco
e Palmaria, anch’essi ai lavori,
insieme a numeroso naviglio mercantile ed a svariate unità militari in
costruzione od allestimento nei cantieri della città (le portaerei Aquila e Sparviero, l’incrociatore leggero Cornelio Silla, i cacciatorpediniere Comandante Toscano e Comandante
De Cristofaro, le torpediniere Intrepido,
Eridano, Arturo, Auriga, Dragone e Rigel, le corvette Strolaga,
Ardea, Tuffetto e Marangone, le VAS da 306 a 312 e quindici
motozattere). Il posamine Pelagosa
venne affondato dal tiro di batterie tedesche mentre tentava di prendere il
largo.
L’equipaggio dell’Aradam si disperse; il marinaio ventitreenne Gregorio Barone, dopo l’autoaffondamento del sommergibile, riuscì a lasciare Genova ed attraversare la Penisola precipitata nel caos, raggiungendo la sua casa a Torre del Greco dove rimase nascosto per sottrarsi ai rastrellamenti durante la breve occupazione tedesca della città. Giunti gli Alleati, tornò alla vita civile avviando un’edicola.
I tedeschi riportarono
l’Aradam a galla, dopo di che
esistono informazioni non del tutto concordi sui dettagli della sua fine.
Secondo la maggior parte delle fonti, tra cui il libro "Attacco dal mare"
di Giorgio Giorgerini, i tedeschi lo cedettero alla X Flottiglia MAS di Junio
Valerio Borghese, a loro fedele, perché lo riparasse e lo impiegasse come unità
avvicinatrice per mezzi d’assalto; nel dicembre 1943, infatti, la X MAS aveva
ricostituito il gruppo operativo SSB, provvisto dei nuovi Siluri San
Bartolomeo, realizzati nelle officine della stessa X MAS ed evoluzione dei
Siluri a Lenta Corsa impiegati con successo nelle incursioni contro
Alessandria, Algeri e Gibilterra tra il 1940 ed il 1943. Il sommergibile, già
munito degli appositi cilindri per il trasporto di SLC e SSB, venne immesso in
bacino di carenaggio per le riparazioni, e venne costituito a Genova il Gruppo
trasporto mezzi d'assalto "Aradam" (alle dipendenze del Reparto mezzi
d’assalto subacquei della X MAS) destinato a fornirne l’equipaggio ed il
necessario supporto. Al suo comando venne designato il tenente di vascello
Carlo Forni, il suo vecchio comandante pre-armistizio, che aveva intanto
aderito alla Repubblica Sociale Italiana.
Secondo "Navi e marinai italiani nella seconda guerra mondiale" di Erminio Bagnasco, invece, dopo l’autoaffondamento l’Aradam venne recuperato dalla Marina Nazionale Repubblicana, la piccola Marina della Repubblica Sociale Italiana, di cui teoricamente la X MAS faceva parte ma che in realtà costituiva una forza da essa nettamente distinta ed anzi rivale, dal momento che Borghese rispondeva direttamente ai tedeschi e non correva buon sangue tra lui ed i vertici della M.N.R. Il 18 agosto 1944, mentre l’Aradam era in corso di riattamento, i tedeschi se ne impadronirono “con la forza”, episodio che Bagnasco porta ad esempio dei difficili rapporti esistenti tra la M.N.R. ed i tedeschi, costellati di “incidenti” anche di notevole gravità, ben diversi da quelli che correvano tra i tedeschi e la X MAS.
In ogni caso, i lavori di riattamento non giunsero mai al termine, perché il 4 settembre 1944 l’Aradam, ancora in riallestimento, venne affondato a Genova da un bombardamento aereo statunitense.
Versione ancora
diversa è quella contenuta nel libro "Il principe nero" di Alessandro
Massignani e Jack Greene, secondo cui la X MAS avrebbe rimesso l’Aradam in efficienza entro il gennaio
1944; ma sembra probabile un errore. Errata è anche la data dell’affondamento,
indicata nel 1° settembre 1944 anziché nel 4 settembre. Massignani e Greene
ipotizzano anche che il bombardamento non sarebbe stato casuale, e che “la Regia Marina del sud fosse ben informata
del fatto che l’Aradam era pronto con i contenitori per portare i “maiali”
oltre le linee Alleate”. Anche un sito dedicato alla X MAS afferma che nel
gennaio 1944 l’Aradam “poté eseguire le prove in mare ed entrare in
azione”, tuttavia non risulta alcuna missione svolta da questa unità dal
gennaio al settembre 1944; un altro, rifacendosi apparentemente ad un libro di
Sergio Nesi, afferma che l’Aradam fu
rimesso in efficienza ed iniziò a inizio gennaio 1944 le prove in mare, ma fu
affondato in settembre prima di poter operare.
L’Aradam in bacino di carenaggio a Genova,
probabilmente nella primavera del 1944 (g.c. STORIA militare) Il bombardamento di
Genova del 4 settembre 1944, effettuato tra le 12.50 e le 14.10 da ben 144
bombardieri B-17 e B-24 del 449th e 550th Group
dell’USAAF, ebbe effetti particolarmente devastanti sul naviglio in porto:
furono affondati, insieme all’Aradam,
il relitto del Corazziere (riportato
a galla dai tedeschi dopo l’autoaffondamento), il cacciatorpediniere
tedesco TA 33 (ex
italiano Corsaro II,
ex Squadrista, al termine
dell’allestimento), la torpediniera TA
28 (ex italiana Rigel),
la corvetta UJ 6085 (ex
italiana Renna), i
sommergibili UIT 5 (ex
italiano Sparide), UIT 6 (ex italiano Murena), UIT 20 (ex italiano Grongo)
ed Ambra, il cacciasommergibili Antonio Landi della Marina Nazionale
Repubblicana, il posamine Vallelunga
(il cui carico di mine esplose), i rimorchiatori Urania, Capodistria, Tiravanti, Senigallia e Taormina,
la piccola nave cisterna Portovecchio,
la motovedetta M.B. 43 della
Guardia di Finanza, ed i trasporti militari tedeschi KT 14, KT 16, KT 19, KT 20, KT 43, KT 44, KT 45 e KT 46 che
si trovavano in varie fasi di costruzione. Andarono distrutte anche le officine
riparazione navi e molte bombe, come al solito (l’obiettivo era il porto con le
sue navi, ma i bombardieri dell’epoca erano caratterizzati da cronica
imprecisione), caddero anche sul centro cittadino, provocando distruzioni e
vittime tra la popolazione civile. Venne quasi completamente distrutto
l’ottocentesco Teatro Carlo Felice, già pesantemente danneggiato da precedenti
incursioni, e furono danneggiati il Palazzo Arcivescovile ed il santuario di
Nostra Signora delle Grazie al Molo.
Si trattò forse del più pesante bombardamento aereo mai subito da Genova e certamente del più sanguinoso, con centinaia di morti (320, secondo una fonte: 143 persone morirono nel solo rifugio antiaereo delle Grazie, colpito in pieno dalle bombe) e di feriti.
Trovò la morte nel
bombardamento il sottocapo Giovanni Croce, 22 anni, da Piove di Sacco, facente
parte dell’equipaggio dell’Aradam. Un
altro membro dell’equipaggio, il marinaio Salvatore Frega, morì il 2 dicembre
1944 nel sanatorio di Santa Tecla a Genova, per malattia contratta in servizio.
L’affondamento dell’Aradam comportò anche lo scioglimento
del Gruppo trasporto mezzi d’assalto della X MAS.
Il relitto del sommergibile venne recuperato nel marzo 1947, proprio pochi giorni dopo la sua formale radiazione dai quadri dell’ormai non più regia Marina, avvenuta il 27 febbraio dello stesso anno. Fu quindi demolito dalla ditta Bartoli e Cavalletti di Savona.
L’Aradam sul sito del Museo della
Cantieristica di Monfalcone
I sommergibili classe Adua su Betasom
Regio Sommergibile Aradam, su Grupsom
Il Regio Sommergibile Aradam contro l’Havock
Destroyer at War: The Fighting Life and Loss of HMS Havock from the Atlantic to the Med 1939-1942
I sommergibili italiani dal settembre 1943 alla fine del conflitto
I sommergibili dell’Asse e l’operazione “Torch”
Regio Sommergibile Aradam: Regolamento per il servizio del materiale subacqueo
Il tenente di vascello Cinti lascia il comando dell’Aradam e viene avvicendato dal parigrado Carlo Forni, 34 anni, da Genova.
7 novembre 1942
In seguito all’avvistamento di ingenti forze navali angloamericane in navigazione da Gibilterra verso ovest (è la flotta d’invasione dell’Operazione "Torch", lo sbarco Alleato nel Nordafrica francese, ma Supermarina – pur ritenendo che uno sbarco in Nordafrica sia l’ipotesi più probabile – non esclude anche la possibilità che sia un convoglio diretto a Malta), l’Aradam viene inviato a pattugliare il Golfo di Philippeville, nelle acque dell’Algeria, insieme a numerosi altri sommergibili italiani (Acciaio, Argento, Asteria, Brin, Dandolo, Emo, Galatea, Mocenigo, Porfido, Platino e Velella). In totale, Maricosom – in base ad ordine di Supermarina, trasmesso alle 22.06 del 6 novembre – invia ben ventuno sommergibili nel Mediterraneo occidentale e centro-occidentale, per contrastare l’operazione nemica: dodici sommergibili del VII Grupsom (tra cui l’Aradam) vengono schierati ad ovest dell’isola di La Galite (zona "A"), sette sommergibili dell’VIII Grupsom vengono inviati al largo di Biserta (zona "B"), ed altri due in posizione avanzata tra l’Algeria e le Baleari. La direttiva è di «ampliare le acque assegnate all’agguato dei sommergibili (…) per dare loro maggiore liberà di azione nelle zone stesse». Queste posizioni si riveleranno troppo lontane dalle effettive zone dello sbarco (Orano ed Algeri), ma non verranno modificate, perché i comandi tedeschi ritengono, erroneamente, che gli Alleati potrebbero tentare ulteriori sbarchi anche in Tunisia (nel qual caso i sommergibili italiani si troverebbero in posizione ideale).
Alle 15.31 Maricosom (il Comando Squadra Sommergibili) comunica a tutti i sommergibili in agguato nel Mediterraneo occidentale la posizione di una squadra navale britannica e di un convoglio nemico, riferita alle 10.40. Alle 20.07 il Comando Squadra Sommergibili segnala la posizione di due convogli avvistati in due distinte occasione, aventi entrambi rotta verso est e formati da mercantili scortati da corazzate, portaerei, incrociatori e navi scorta.
8 novembre 1942
Gli sbarchi hanno inizio: 500 navi da trasporto angloamericane, scortate da 350 navi da guerra di ogni tipo, sbarcano in tutto 107.000 soldati sulle coste dell’Algeria e del Marocco. Siccome tali operazioni avvengono nelle zone di Algeri e di Orano, i sommergibili italiani si trovano troppo ad est per intervenire; dato che i comandi tedeschi ritengono che gli Alleati potrebbero effettuare ulteriori sbarchi più ad est, verso la Tunisia, inizialmente si decide di lasciare i sommergibili dove sono.
9 novembre 1942
Alle 19.09 il comando della flotta subacquea italiana, Maricosom, segnala a tutti i battelli in mare che piroscafi nemici si stanno spostando verso est, e che stanno verificandosi sbarchi a Bona ed a Philippeville; dà quindi ordine di attaccare ogni nave mercantile o militare in uscita da tali porti, evitando però (per non rischiare incidenti di “fuoco amico” con le altre unità inviate in zona) di attaccare sommergibili, MAS e motosiluranti.
13 novembre 1942
Informata dello sbarco di truppe britanniche a Bona e Philippeville, Supermarina ordina alle 18.38 ai sommergibili di entrare in tali rade, attaccare con la massima risolutezza e poi tornare nei rispettivi settori d’agguato all’alba. In particolare, Aradam, Emo, Granito e Volframio vengono inviati nella rada di Bona, mentre Argento, Ascianghi, Asteria, Mocenigo e Velella in quella di Philippeville. Nessuno dei battelli, però, coglie successi: molti non avvistano nessuna nave, gli altri non riescono ad attaccarle per le sfavorevoli condizioni d’avvistamento e la rigida vigilanza nemica.
14 novembre 1942
Alle 18.02 Maricosom dispone una nuova puntata offensiva nella rada di Philippeville: Aradam, Granito, Emo e Volframio ricevono ordine di svolgere una ricerca offensiva durante la notte, agendo con la massima decisione, facendo poi ritorno nei rispettivi settori d’agguato. Anche questa seconda scorreria è però priva di risultati.
16 novembre 1942
Al comando del tenente di vascello Carlo Forni, l’Aradam penetra nottetempo nella baia di Bona per una ricognizione offensiva; avvistato un convoglio diretto verso Bona (per altra fonte, verso ovest) e formato da tre mercantili, con nutrita scorta di unità sottili (per altra fonte avrebbe invece avvistato una nave isolata, con rotta 210°), si avvicina in superficie con il favore di ripetuti piovaschi e lancia due coppiole di siluri contro un mercantile di 2500 tsl, la prima alle 3.58 e la seconda alle 5.06, da distanza ravvicinata (500 metri, in entrambi i casi). Tutte le armi mancano i bersagli, a causa delle contromanovre delle navi attaccate; essendo ormai giunto in acque troppo basse per tentare un nuovo attacco con i siluri, alle 5.14 l’Aradam attacca il mercantile più vicino, che sta dirigendo verso la costa, con il cannone, ritenendo di averlo danneggiato leggermente (il terzo colpo sparato sembra andare a segno tra la plancia ed il fumaiolo; secondo altra fonte, avrebbe messo a segno diversi colpi); alle 5.44, tuttavia, un colpo esplode prematuramente fuori della volata del cannone, abbagliando i serventi e costringendoli a cessare il tiro. A questo punto, trovandosi a sole tre miglia a sudest dall’imboccatura del porto di Bona, Forni rinuncia all’inseguimento per via della ridotta disponibilità di energia e dei bassi fondali: l’Aradam sta già strisciando sul fondo, e continuando così finirebbe con l’incagliarsi. Si disimpegna dunque verso il largo, immergendosi. (Per altra fonte, dopo aver cannoneggiato e colpito il piroscafo si sarebbe disimpegnato in immersione a causa della pronta reazione della scorta).
(Secondo Giorgio Giorgerini, invece, questo attacco sarebbe avvenuto nella rada di Bougie, mentre la forte sorveglianza antisommergibili nemica avrebbe impedito all’Aradam di penetrare nella rada di Bona. Secondo una versione ancora differente, quest’azione si svolse nella baia di Bona, e successivamente l’Aradam cercò di forzare nuovamente questa rada, senza riuscirci per via della sorveglianza nemica).
Il convoglio attaccato era probabilmente l’ET. 1, formato da cinque navi e salpato da Algeri il 18 febbraio e giunto a Gibilterra il 20 novembre. Alternativamente, ma meno probabilmente, è possibile che si trattasse del TE. 3, formato da una quindicina di unità, partito da Gibilterra l’11 novembre e giunto a Bona il 17.
Di quest’azione il Comando Supremo darà notizia nel bollettino di guerra n. 906 del 17 novembre: «Un nostro sommergibile al comando del tenente di vascello Carlo Forni, ha forzato l’entrata nella rada di Bona ed ha gravemente danneggiato a cannonate un grosso mercantile nemico».
20 novembre 1942
Alle 20.30 il sommergibile britannico P 228 (poi Splendid, tenente di vascello Ian Lachlan Mackay McGeogh) rileva rumore di motori diesel verso sudovest e dopo qualche minuto, iniziata la manovra d’attacco contro quello che presume correttamente essere un sommergibile, nota di essere al traverso a sinistra di un sommergibile in avvicinamento, che viene identificato come italiano. Alle 20.40, in posizione 40°38’ N e 13°48’ E (al largo di Napoli), il P 228 lancia una salva di sei siluri dai tubi di prua; nessuno va a segno, due delle armi esplodono a fine corsa dopo dodici minuti. McGeogh concluderà di aver mancato il bersaglio per averne sottostimato la velocità. Il sommergibile attaccato è molto probabilmente l’Aradam, che non si accorge dell’attacco.
Dicembre 1942
Agguato infruttuoso nelle acque della Cirenaica.
Gennaio 1943
Altro agguato al largo della Cirenaica.
Febbraio 1943
Ulteriore agguato nelle acque della Cirenaica (Golfo della Sirte).
Marzo 1943
Agguato nel Golfo della Sirte.
10 aprile 1943
L’Aradam si trova a La Maddalena quando, a partire dalle ore 14.37, la base sarda viene sottoposta ad un pesante bombardamento da parte di 84 bombardieri Boeing B-17 “Flying Fortress” dell’USAAF.
Dato che il sistema di avvistamento della piazza della Maddalena non dispone né di aerofoni né tanto meno di radar, i bombardieri giungono praticamente senza preavviso: l’allarme viene dato uno o due minuti prima che inizino a cadere le bombe. I velivoli si dividono in tre gruppi, ognuno dei quali ha un preciso compito: i loro obiettivi sono la base dei sommergibili e gli incrociatori pesanti Trieste e Gorizia della III Divisione, trasferita da Messina a La Maddalena qualche mese prima. 36 bombardieri (del 97th Bomb Group) attaccano il Gorizia, 24 (del 99th Bomb Group) il Trieste, 24 le installazioni a terra e la base dei sommergibili, dove sono cinque i battelli all’ormeggio, tutti appartenenti al VII Gruppo Sommergibili: l’Aradam, il Sirena, il Topazio, il Dandolo ed il Mocenigo.
Le bombe, tra cui vi sono ordigni da 1000 libbre (450 kg), sono sganciate da una quota compresa tra i 5000 e i 6000 metri, cioè al di fuori della portata delle batterie contraeree che difendono la base; l’incursione risulta precisa e devastante. Il Trieste, colpito in pieno, affonda capovolgendosi dopo un paio d’ore; il Gorizia, pesantemente danneggiato, rimane a galla, ma non verrà mai riparato. Le 24 "Fortezze Volanti" del 301st Bomb Group (32nd Bomb Squadron), incaricate di colpire le installazioni di terra e la base dei sommergibili, sganciano più di 200 bombe da 500 libbre contro i moli e le officine: in tutto, oltre 45 tonnellate di esplosivo. La base navale di La Maddalena viene ridotta ad un cumulo di rovine: vengono pressoché distrutte la centrale elettrica, l’officina sommergibili, l’officina siluri, l’officina artiglieria, l’officina autoreparto, parte dell’officina falegnameria, il locale argano, lo scalo d’alaggio, gli uffici spedizioni e ragioneria; sono gravemente danneggiati gli alloggi degli ufficiali e dei sottufficiali, la caserma per il locale distaccamento, la casermetta dei MAS, la caserma dei carabinieri ed il magazzino dei fari; molte banchine vengono sconvolte dalle bombe e crollano. Tutta la base, o quel che ne resta, rimane senza energia elettrica; vengono interrotte in gran parte le comunicazioni telefoniche e telegrafiche. Vanno in pezzi sotto le bombe due idrovolanti della III Divisione, i MAS 501 e 503 (che si trovano in lavori), sei imbarcazioni e tutti i veicoli che si trovano in riparazione; affondano nelle acque del porto anche i motovelieri requisiti V 266 Eliana, O 88 Maria Pia e V 143 Carmen Adele (il primo e l’ultimo adibiti alla vigilanza foranea, il secondo alla guardia alle ostruzioni). Vengono resi inagibili anche l’alloggio e l’ufficio del capo gruppo sommergibili e la caserma "Faravelli", in cui sono alloggiati gli equipaggi dei sommergibili.
In mezzo a tanto sfacelo i sommergibili, trovandosi ormeggiati in rada, rimangono miracolosamente indenni; soltanto uno, il Mocenigo, viene colpito, senza comunque riportare danni gravi. Paradossalmente, tuttavia, i sommergibili registrano diverse vittime e feriti tra il personale che si trova a terra, coinvolto nel bombardamento della Caserma Faravelli e della base navale: l’Aradam lamenta in tal modo due feriti. Uno di essi morì probabilmente per le ferite poche ore dopo, in quanto il marinaio elettricista Emilio Poletti dell’Aradam, genovese, ventunenne, risulta deceduto in data 10 aprile 1943.
Altri tredici feriti, e cinque tra morti e dispersi, si registrano tra gli equipaggi di Topazio, Mocenigo e Sirena, mentre il personale della Stazione Sommergibili (Maristasom) lamenta tre morti, un disperso e due feriti. Alle 21.15 il VII Gruppo Sommergibili comunica a Maricosom la drammatica situazione della sua base della Maddalena: «Ore 14.50 subito attacco aereo di cui un obiettivo est stata base sommergibili alt Alloggi sia ufficiali che per personale praticamente temporaneamente inutilizzabili alt Officina sommergibili et officina siluri colpite in pieno da bombe inutilizzate alt Unità presenti solo sommergibile Mocenigo forato doppio fondo numero 2 dritta cassa nafta et tubolatura compenso esterna et tubolatura sfogo aria doppio fondo numero 2 dritta alt Disposto salvo contrordine sommergibile Aradam dislochi subito Bonifacio alt Disposto opportuno diradamento altre unità alt Su sommergibile Mocenigo et sommergibile Topazio non est possibile utilizzare lavori semialt Propongo trasferimento altra sede alt Unità presenti da ore 08.00 corrente eseguiranno tutte ascolto r t continuo alt Tenente Vascello Garofani Luciano Tenente G. N. Vigiari Carlo Maggiore G.N. Sini Mauro Sottotenente Vascello Sella Gregorio feriti alt Riservomi comunicare numero vittime et feriti alt Sommergibile Sirena non est attualmente in condizioni dato numero personale ferito eseguire missione alt».
Complessivamente, il bombardamento di La Maddalena causa tra il personale della Regia Marina oltre 160 morti e 250 feriti, in massima parte tra gli equipaggi di Trieste e Gorizia; muoiono anche quattro carabinieri addetti alla sorveglianza della base e quattro operai militarizzati. È stato invece risparmiato l’abitato di La Maddalena, dove non vi è alcuna vittima tra la popolazione civile; temendo però altri e meno precisi bombardamenti in futuro, dopo questo attacco gli abitanti della cittadina sfolleranno in massa.
Subito dopo il bombardamento, l’Aradam viene trasferito a Bonifacio, per sottrarlo ad eventuali nuovi attacchi aerei.
Aprile 1943
Un controllo giudica come “buono” lo stato di efficienza dell’Aradam, evidenziando però le pessime condizioni dei segnalatori acustici. Più curioso risulta il giudizio espresso riguardo lo stato dell’equipaggio: “regolare”.
Maggio 1943
Pattugliamento a ponente della Sardegna.
Estate 1943
Entra in cantiere a Genova per essere trasformato in sommergibile “avvicinatore” di siluri a lenta corsa (SLC), con l’installazione in coperta degli appositi contenitori cilindrici per il trasporto di questi mezzi d’assalto. Supermarina intende intensificare le operazioni di mezzi d’assalto contro il naviglio angloamericano, ed a questo scopo incrementa il numero di sommergibili “avvicinatori” sia con la conversione di unità esistenti (l’Aradam), sia adattando sommergibili in costruzione (come i tre nuovi Murena, Grongo e Sparide della classe Tritone).
Un’altra immagine dell’Aradam (da www.grupsom.com) |
Il comando superiore del porto di Genova, così come del locale Comando Marina, era retto dall’ammiraglio di divisione Carlo Pinna: questi, non appena ebbe appreso via radio dell’armistizio, telefonò al suo superiore a La Spezia, ammiraglio di squadra Giotto Maraghini, per avere disposizioni sul da farsi, dopo di che si recò a colloquio con l’ammiraglio Luigi Biancheri, comandante dell’VIII Divisione Navale (di stanza a Genova) e poi fece lo stesso con il generale Amerigo Coppi, comandante militare territoriale di Genova. L’incontro con quest’ultimo mise in evidenza la sostanziale impossibilità di difendere il capoluogo della Liguria: le uniche truppe disponibili sul posto erano infatti due battaglioni male armati, mentre già alle quattro del mattino del 9 settembre preponderanti e bene armate forze tedesche erano alle porte della città. Entro le sei del mattino queste avevano già bloccato tutti gli accessi al porto ed iniziato l’occupazione dei cantieri navali; ad ogni modo, l’ammiraglio Pinna aveva dato esecuzione agli ordini ricevuti, che prevedevano di far partire per il sud tutte le navi mercantili e militari in grado di prendere il mare, autoaffondare le unità militari non in grado di partire, sabotare le navi mercantili non in grado di partire e comunicare al locale Comando della Kriegsmarine di far uscire dal porto le unità tedesche. A questi ordini fu data esecuzione entro le 8.30 del 9 settembre.
L’ammiraglio Pinna, riferendo per telefono alle sette del mattino il sottocapo di Stato Maggiore della Marina, ammiraglio Luigi Sansonetti, che ormai i tedeschi erano in città, fu da questi autorizzato a lasciare Genova per non essere catturato; radunò quindi il personale dipendente, lo lasciò libero e, dopo aver distrutto i documenti segreti e messi al sicuro i fondi della cassa, partì con il treno delle dieci per Firenze, dove si diede alla macchia entrando nella locale rete della Resistenza.
L’equipaggio dell’Aradam si disperse; il marinaio ventitreenne Gregorio Barone, dopo l’autoaffondamento del sommergibile, riuscì a lasciare Genova ed attraversare la Penisola precipitata nel caos, raggiungendo la sua casa a Torre del Greco dove rimase nascosto per sottrarsi ai rastrellamenti durante la breve occupazione tedesca della città. Giunti gli Alleati, tornò alla vita civile avviando un’edicola.
Secondo "Navi e marinai italiani nella seconda guerra mondiale" di Erminio Bagnasco, invece, dopo l’autoaffondamento l’Aradam venne recuperato dalla Marina Nazionale Repubblicana, la piccola Marina della Repubblica Sociale Italiana, di cui teoricamente la X MAS faceva parte ma che in realtà costituiva una forza da essa nettamente distinta ed anzi rivale, dal momento che Borghese rispondeva direttamente ai tedeschi e non correva buon sangue tra lui ed i vertici della M.N.R. Il 18 agosto 1944, mentre l’Aradam era in corso di riattamento, i tedeschi se ne impadronirono “con la forza”, episodio che Bagnasco porta ad esempio dei difficili rapporti esistenti tra la M.N.R. ed i tedeschi, costellati di “incidenti” anche di notevole gravità, ben diversi da quelli che correvano tra i tedeschi e la X MAS.
In ogni caso, i lavori di riattamento non giunsero mai al termine, perché il 4 settembre 1944 l’Aradam, ancora in riallestimento, venne affondato a Genova da un bombardamento aereo statunitense.
Si trattò forse del più pesante bombardamento aereo mai subito da Genova e certamente del più sanguinoso, con centinaia di morti (320, secondo una fonte: 143 persone morirono nel solo rifugio antiaereo delle Grazie, colpito in pieno dalle bombe) e di feriti.
Il relitto del sommergibile venne recuperato nel marzo 1947, proprio pochi giorni dopo la sua formale radiazione dai quadri dell’ormai non più regia Marina, avvenuta il 27 febbraio dello stesso anno. Fu quindi demolito dalla ditta Bartoli e Cavalletti di Savona.
I sommergibili classe Adua su Betasom
Regio Sommergibile Aradam, su Grupsom
Il Regio Sommergibile Aradam contro l’Havock
Destroyer at War: The Fighting Life and Loss of HMS Havock from the Atlantic to the Med 1939-1942
I sommergibili italiani dal settembre 1943 alla fine del conflitto
I sommergibili dell’Asse e l’operazione “Torch”
Regio Sommergibile Aradam: Regolamento per il servizio del materiale subacqueo
Lorenzo,
RispondiEliminaCan you provide a source for your information? I am researching the H-Class submarines and has been vey hard finding information on the Italian vessels.
Hello,
EliminaI have replied to your email. Anyway, the books I use as sources are listed in the page 'Fonti', the websites at the end of each page.
Carlo Forni mio nonno.
RispondiElimina