Sommergibile di
piccola crociera, capoclasse della classe omonima, appartenente alla serie "600"
del tipo "Bernardis" (dal nome del progettista, generale del Genio
Navale Curio Bernardis), ossia a scafo semplice con doppi fondi centrali
resistenti (nei quali erano ricavate tutte le casse: zavorra, emersione,
emersione rapida e compenso) e controcarene esterne (aventi sia la funzione di
aumentare la stabilità laterale, sia di ospitare ulteriori serbatoi di
carburante).
Seconda delle cinque
classi di sommergibili di piccola crociera (Argonauta, Sirena, Perla, Adua,
Acciaio) che formavano la serie "600" (così detta per via del
dislocamento in superficie dei battelli che la componevano), la classe Sirena
fu composta da sommergibili semplici, pratici e resistenti, caratterizzati da
eccellente stabilità e manovrabilità sia in superficie che in immersione, buona
robustezza ed anche buona abitabilità, a dispetto delle ridotte dimensioni.
Derivati dalla classe
Argonauta, che aveva aperto la serie dei "600", i Sirena furono
impostati prima dell’entrata in servizio dei loro predecessori, il che impedì
di sfruttare appieno nella loro progettazione le prime esperienze emerse
dall’impiego della nuova classe. Nondimeno, furono giudicati unità ben riuscite,
come del resto gli Argonauta. Tra i Sirena e gli Argonauta vi erano alcune
leggere differenze relative allo scafo (che sui Sirena risultò leggermente più
corto e largo: 60,20 metri di lunghezza e 6,45 di larghezza contro i 61,5 e 5,65
degli Argonauta) ed alle sovrastrutture, derivanti da migliorie apportate in
fase progettuale; in particolare il dritto di prora, che sugli Argonauta aveva
forme simili a quelle dei più grandi sommergibili della classe Pisani (da cui
in parte erano derivati), venne leggermente rialzato sui Sirena, assumendo una
forma detta “a squalo”. Il dislocamento risultò leggermente maggiore rispetto
alla classe precedente (679 contro 666 tonnellate in superficie, e 842 contro
810 in immersione). Altre differenze erano costituite dal cannone di coperta,
costituito dal nuovo modello da 100/47 mm che andò a sostituire il più datato
102/35 degli Argonauta, e dai motori, anch’essi più moderni e di potenza (1350
CV contro 1250 CV) ed autonomia leggermente maggiori. In generale, furono
adottati apparati più moderni, onde migliorare le già buone qualità della
classe precedente; infatti le prestazioni dei Sirena risultarono migliori di
quelle, già soddisfacenti, degli Argonauta.
La decisione di
costruire la classe Sirena fu presa dalla Regia Marina in seguito alla
Conferenza navale di Londra del 1930, nella quale fu stabilito che non vi
sarebbe stata alcuna limitazione in merito al numero di sommergibili di
dislocamento standard in superficie non superiore alle 600 tonnellate che le
nazioni firmatarie avrebbero potuto costruire. Proprio per questo, la serie "600"
divenne il modello standard di tutti i sommergibili di piccola crociera
costruiti dalla Marina italiana nel corso degli anni Trenta.
Il Sirena dislocava 678,95 tonnellate in
superficie e 842,20 in immersione; il dislocamento variava leggermente tra i
sommergibili della classe costruiti in cantieri diversi, ed è variamente
indicato come 681, 691 o 701 tonnellate in superficie e 842, 850 o 860
tonnellate in immersione.
L’apparato propulsore
per la navigazione in superficie era costituito da due motori diesel FIAT della
potenza di 1350 o 1444 CV (650 o 675 CV a motore) su due eliche quadripale, che
consentivano una velocità massima di 14 nodi, mentre per la navigazione in
immersione c’erano due motori elettrici CRDA della potenza di 800 CV (400 CV a
motore), alimentati da una batteria di accumulatori al piombo composta da 104
elementi, che permettevano una velocità massima di 7,7 nodi. L’autonomia in
superficie, con una scorta di 80 tonnellate di carburante, era di 2200 miglia a
14 nodi (per altra fonte, 2280 miglia a 12 nodi) e 5000 (per altra fonte 5590) miglia
ad otto nodi (4480 miglia a 8,5 nodi); in immersione, di sette/otto miglia a
7,5 nodi e 72 (per altra fonte 84) miglia a quattro nodi.
Differivano in questo
i sommergibili della classe costruiti a Taranto e Fiume, che erano invece
propulsi da motori diesel Franco Tosi e motori elettrici Marelli, con
prestazioni di autonomia e velocità leggermente differenti.
I Sirena erano armati
con sei tubi lanciasiluri da 533 mm, quattro a prua e due a poppa, con una
riserva di sei siluri (per altra fonte, dodici siluri), e con un cannone OTO
Mod. 1931 da 100/47 mm (con scorta di 144 o 152 colpi) e due mitragliere
contraeree Breda Mod. 31 da 13,2/76 mm in impianti singoli (con scorta di 3000
colpi; secondo qualche fonte il numero di queste mitragliere sarebbe stato
successivamente portato a quattro).
La profondità di
collaudo era di 80 metri, con coefficiente di sicurezza (relativo alla sollecitazione
massima riferito al limite di elasticità del materiale) 3.
I dodici sommergibili
della classe furono battezzati per metà con nomi di “deità marine” (Sirena, Naiade, Nereide, Anfitrite, Ondina, Galatea) e per
l’altra metà con nomi di minerali (Ametista,
Diamante, Rubino, Topazio, Smeraldo, Zaffiro). I sei sommergibili del gruppo legato alla mitologia furono
costruiti dai CRDA di Monfalcone, mentre i restanti sei furono affidati, a
coppie, ad altri tre cantieri: Ametista
e Zaffiro ai cantieri OTO di La
Spezia; Diamante e Smeraldo ai cantieri Franco Tosi di
Taranto; Rubino e Topazio ai Cantieri del Quarnaro di
Fiume (primi ed unici sommergibili costruiti da questo cantiere per la Regia
Marina: si trattò di un “esperimento”, che non fu replicato).
Uno solo, il Galatea, sarebbe sopravvissuto alla
guerra: degli altri, nove sarebbero andati perduti in azione e due si sarebbero
autoaffondati in seguito all’armistizio di Cassibile. Quelli che sopravvissero
fino a dopo il 1941 furono sottoposti a lavori di riduzione della falsatorre,
onde ridurre i tempi d’immersione e renderli meno avvistabili da grande
distanza.
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Un’altra
immagine del Sirena (USMM via “KR
40-43: cronache di guerra” di Giulio Grilletta) |
Dai Sirena fu poi
derivata, con poche modifiche, la classe Perla; secondo alcune fonti anche il
Delfinul, sommergibile costruito nei Cantieri del Quarnaro per la Marina
romena, avrebbe costituito una versione modificata della classe Sirena, ma ciò
sembra alquanto strano se si considera che venne impostato nel 1927, quattro
anni prima dei Sirena e prima ancora degli stessi Argonauta (che furono impostati
soltanto nel 1929). Dato però che la sua costruzione andò per le lunghe,
terminando nel 1931-1932 (e non venne consegnato alla Marina romena fino al
1936), è possibile che sia stato modificato durante la costruzione sulla base
del progetto dei Sirena.
I Sirena avrebbero
dovuto essere i primi sommergibili della Regia Marina (salvo il vecchio H 3, impiegato per la sperimentazione)
ad essere dotati dell’apparato «ML», progettato nella prima metà degli anni
Venti dal maggiore del Genio Navale Pericle Ferretti. Tale apparato, aspirando
aria dalla superficie e scaricando all’esterno i gas combusti prodotti dai
motori, consentiva al sommergibile che lo usava di arieggiare i locali e di utilizzare
i motori diesel anche in immersione (purché rimanesse a quota periscopica): in
sostanza si trattava di un precursore dello snorkel, rivoluzionario apparato
sviluppato alcuni anni più tardi da tecnici della Marina olandese e poi
adottato da quella tedesca nella seconda guerra mondiale, per poi diffondersi
in tutte le Marine del mondo dopo la fine del conflitto. I vantaggi di questo
apparato erano molti, aumentando la velocità (secondo le stime del suo
progettista, di almeno tre nodi) ed autonomia in immersione, la sicurezza (anche
volendo usare i motori elettrici, il sommergibile poteva ricaricare le batterie
senza essere costretto ad emergere ed esporsi agli attacchi nemici) e la capacità
di attacco (grazie alla maggiore velocità in immersione, si sarebbe potuto
aumentare il settore utile d’attacco anche del 60 %) e libertà di movimento del
sommergibile che lo utilizzava (che senza emergere poteva tenere le batterie
sempre cariche), e che non era più costretto ad utilizzare i motori elettrici e
riemergere una volta al giorno per ricaricare le batterie; anche l’abitabilità
era migliorata, potendo ventilare i locali anche in immersione. Dopo il
successo dei test condotti per quattro anni sull’H 3, i vertici della Regia Marina ordinarono a Ferretti di
perfezionare il suo apparato per poi produrlo in serie ed installarlo sui
sommergibili della classe Sirena (e per una fonte, anche della classe
Argonauta): i disegni esecutivi per la produzione in serie dell’apparato «ML»,
realizzati dai CRDA di Monfalcone, risalgono al 1934-1935, ma nel 1938 il nuovo
comandante della flotta subacquea italiana, contrammiraglio Antonio Legnani,
fece sospendere la produzione di tali apparecchi e fece persino demolire quelli
già prodotti, per ragioni rimaste sconosciute a causa della successiva perdita
della relativa documentazione. Il risultato fu che né i Sirena, né nessun altro
sommergibile italiano poterono utilizzare lo snorkel fino a dopo la seconda
guerra mondiale, quando vennero introdotti anche nella Marina italiana gli
apparati derivati da quelli olandesi.
Non è del tutto chiaro
se questi apparati abbiano fatto in tempo ad essere installati o meno sui Sirena,
prima della decisione di Legnani: secondo qualche fonte, tra cui il libro
“Uomini sul fondo” di Giorgio Giorgerini, i Sirena furono predisposti per
l’installazione ma gli apparati non vennero mai installati, mentre secondo
quanto scritto dallo stesso Ferretti gli «ML» furono installati
sperimentalmente nel 1934 su alcuni dei Sirena in costruzione a Monfalcone,
salvo poi essere rimossi su decisione di Legnani («Vennero costruiti alcuni esemplari che, dopo collaudo in apposito
impianto di prova a terra, si incominciarono a montare sui tipi Sirena.
Destinato l’ammiraglio Legnani a capo dei sommergibili, esso [sic] dispose che gli apparecchi già costruiti
venissero demoliti e degli altri in corso di costruzione venne interrotta la
costruzione»).
Secondo una fonte
l’abbandono dell’apparato «ML» sarebbe stato motivato da prestazioni
insoddisfacenti, e più precisamente un aumento della velocità in immersione,
usando i motori diesel, di “soltanto” 1,7 nodi (il che per la verità non
sembrerebbe una differenza da poco, considerato che la velocità massima con i
motori elettrici era di meno di otto nodi).
Durante la seconda
guerra mondiale, il Sirena operò
prevalentemente in missioni offensive nel Mediterraneo orientale, nel Canale d'Otranto ed in agguati protettivi nel Golfo di
Taranto; effettuò complessivamente 33 o 34 missioni di guerra (19
offensive/esplorative, una di trasporto e 14 di trasferimento), percorrendo
19.659 miglia nautiche in superficie e 3052 in immersione e trascorrendo 204 giorni
in mare.
Il motto del Sirena era "E gurgite dominans" (“dai gorghi [esco] dominante”).
Breve e parziale cronologia.
1° maggio 1931
Impostazione presso i
Cantieri Riuniti dell'Adriatico di Monfalcone (numero di costruzione 255).
26 gennaio 1933
Varo presso i
Cantieri Riuniti dell'Adriatico di Monfalcone. Posto subito a disposizione del
Comando Marina di Pola (il giorno stesso del varo), rimane a Monfalcone per i
collaudi e l'allestimento.
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Il Sirena pronto al varo (da “Gli squali
dell’Adriatico. Monfalcone e i suoi sommergibili nella storia navale italiana”
di Alessandro Turrini, Vittorelli Edizioni, 1999, via www.betasom.it)
|
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Il palco d’onore con le autorità che presenziarono al varo del Sirena (foto Giuseppe Cividini, Archivio Consorzio Culturale del Monfalconese) |
17 febbraio 1933
Durante
l’allestimento scoppia un principio d’incendio nella camera di lancio poppiera;
le fiamme vengono domate prima di poter causare danni di rilievo, e non vi sono
feriti.
2 ottobre 1933
Entrata in servizio.
23 novembre 1933
Posto alle dipendenze
dell’Ispettorato Sommergibili, viene assegnato alla X Squadriglia Sommergibili,
con base a Brindisi ed alle dipendenze del Comando Divisione Sommergibili, che
forma insieme ai gemelli Naiade, Nereide, Anfitrite, Ondina e Galatea; squadriglia chiamata, per via
dei nomi dei battelli che la compongono, delle "deità marine".
Primo comandante del Sirena è il capitano di corvetta Primo
Longobardo.
1934
Effettua una lunga crociera
addestrativa nel Mediterraneo orientale, facendo scalo al Pireo, ad Alessandria
d’Egitto, a Tobruk, a Bengasi ed a Tripoli.
Il Sirena passa sotto il ponte girevole di
Taranto al ritorno da un’esercitazione, nel maggio 1933. In coperta sono
visibili due siluri da esercitazione, recuperati dopo il lancio (da “Navi e
bugie” di Nino Bixio Lo Martire, Schena Editore, 1983, via Marcello Risolo e www.betasom.it)
1934-1936
Compie altre crociere
di addestramento lungo le coste italiane.
2 gennaio 1937
Il Sirena (capitano di corvetta Luigi
Caneschi), assegnato al IV Gruppo Sommergibili di Taranto, salpa da Napoli per
una missione clandestina al largo di Almeria e di Capo de Gata, in appoggio
alle forze franchiste, durante la guerra civile spagnola. Deve attaccare
eventuali navi da guerra spagnole repubblicane, nonché mercantili impegnati nel
trasporto di rifornimenti verso i porti controllati dai repubblicani; le regole
d’ingaggio, in merito a questi ultimi (il cui riconoscimento è alquanto
difficile), sono molto restrittive, al fine di evitare incidenti
internazionali, il che limita fortemente l’operatività dei sommergibili (come
scritto da Francesco Mattesini: «evitare
il siluramento al di fuori del limite assegnato, e portare a fondo gli attacchi
soltanto contro le navi da guerra o mercantili chiaramente identificate come
repubblicane o sovietiche e contro quelle che transitavano a luci oscurate
nelle zone prescritte per l’agguato. Queste imposizioni causarono, come avevano
previsto gli ammiragli Canaris e Cavagnari, un serio ostacolo all’attività dei
sommergibili italiani, dal momento che era effettivamente assai difficile il
poter identificare con sufficiente sicurezza un mercantile che navigava con
falsa bandiera»).
Tra fine gennaio ed
inizio febbraio 1937 sono ben diciassette i sommergibili italiani schierati in
agguato al largo delle coste spagnole: il loro compito è di insidare i porti in
mano alla fazione repubblicana e tagliare i flussi di rifornimenti ivi diretti.
Durante la missione
il Sirena inizierà tre manovre di
attacco, che però non porterà a termine (per altra fonte, invece, non avrebbe
avvistato navi sospette).
19 gennaio 1937
Conclude la missione
rientrando alla base.
1938
Dislocato a Brindisi,
inquadrato nella XLII Squadriglia Sommergibili insieme a Naiade, Nereide, Anfitrite, Ondina e Galatea.
Il
marinaio Antonino Pane, imbarcato sul Sirena
prima e durante la guerra. Sotto, spilla, gemelli e medaglietta del
Sirena
(per g.c. del nipote Antonino Pane)
Libretto
di bordo di Antonino Pane, con indicati gli ufficiali del Sirena
ed i suoi incarichi a bordo del sommergibile (g.c. Antonino Pane)
5 maggio 1938
Al comando del
capitano di corvetta Luigi Caneschi, il Sirena prende
parte alla rivista navale "H" organizzata nel Golfo di Napoli per la
visita in Italia di Adolf Hitler. Partecipa alla rivista la maggior parte della
flotta italiana: le corazzate Cesare e Cavour, i 7 incrociatori pesanti della I
e III Divisione, gli 11 incrociatori leggeri della II, IV, VII e VIII
Divisione, 7 "esploratori leggeri" classe Navigatori, 18
cacciatorpediniere (le Squadriglie VII, VIII, IX e X, più il Borea e lo Zeffiro), 30 torpediniere (le
Squadriglie IX, X, XI e XII, più le vecchie Audace, Castelfidardo, Curtatone, Francesco Stocco, Nicola Fabrizi e Giuseppe La Masa ed i quattro
"avvisi scorta" della classe Orsa), ben 85 sommergibili della Squadra
Sommergibili al comando dell’ammiraglio Antonio Legnani, e 24 MAS (Squadriglie
IV, V, VIII, IX, X e XI), nonché le navi scuola Cristoforo Colombo ed Amerigo
Vespucci, il panfilo di Benito Mussolini, l’Aurora, la nave reale Savoia e
la nave bersaglio San Marco.
La Squadra
Sommergibili è protagonista di uno dei momenti più spettacolari della parata,
nella quale gli 85 battelli effettuano una serie di manovre sincronizzate:
dapprima, disposti su due colonne, alle 13.15 passano contromarcia tra le due
squadre navali che procedono su rotte parallele; poi, terminato il
defilamento, alle 13.25 tutti i sommergibili effettuano un’immersione
simultanea di massa, procedono per un breve tratto in immersione e poi emergono
simultaneamente ed eseguono una salva di undici colpi con i rispettivi cannoni.
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Marinai
del Sirena
a Napoli il 6 maggio 1938, il giorno dopo la
rivista "H" (g.c. Antonino Pane) |
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Il
Sirena al largo dell’arcipelago toscano il 1o
giugno 1938, durante la navigazione da Genova a Brindisi (g.c.
Antonino Pane) |
|
Antonino
Pane a bordo del Sirena a Brindisi, in una foto del 20 giugno
1938 (g.c. Antonino Pane) |
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Uomini
del Sirena al rientro dall’invasione dell’Albania, aprile
1939 (g.c. Antonino Pane) |
3 febbraio 1940
Assume il comando del Sirena il tenente di vascello Raul Galletti.
10 giugno 1940
All’entrata
dell'Italia nella seconda guerra mondiale, il Sirena fa parte della LXI Squadriglia Sommergibili, appartenente al
VI Grupsom di Tobruk, insieme ai similari Argonauta,
Smeraldo, Naiade e Fisalia.
12 giugno 1940
Il Sirena si trova ormeggiato a Tobruk quando alle 3.40 di notte alcune bombe cadono a poca distanza durante un attacco aereo; non subisce danni.
18 giugno 1940
Il Sirena (tenente di vascello Raul
Galletti) salpa da Tobruk per la prima missione di guerra, da svolgere al largo
del Golfo di Sollum, venti miglia a nord di Ras Uleima.
|
Alcune
fotografie scattate da Antonino Pane a Tobruk nel marzo-maggio 1940:
via Roma... |
|
...il
palazzo del governatore... |
|
...il
minareto di una moschea… |
|
...una
donna nel quartiere arabo (g.c. Antonino Pane) |
20 giugno 1940
Giunto nella zona
assegnata per la missione, alle 21 il Sirena
avvista un cacciatorpediniere britannico una ventina di miglia a nord di Ras
Uleima (Golfo di Sollum) e manovra per portarsi in posizione favorevole all’attacco
silurante, ma viene da questi localizzato prima di poter lanciare (per altra
fonte, sarebbe riuscito a lanciare un siluro, ma senza colpire, per poi essere
localizzato e sottoposto al contrattacco).
L’unità attaccata fa
parte di una formazione composta da due incrociatori francesi (il Suffren, pesante, ed il Duguay-Trouin, leggero) e tre
cacciatorpediniere britannici (Ilex, Nubian, Imperial) usciti da Alessandria d’Egitto alle 17.30 del giorno
precedente per condurre una ricerca di un incrociatore ed un cacciatorpediniere
italiani, la cui presenza è stata segnalata al largo di Tobruk, durante
l’operazione "MD. 3" (bombardamento di Bardia da parte di una
formazione anglo-francese composta dalla corazzata francese Lorraine, dagli incrociatori leggeri britannici
Orion e Neptune, dall’incrociatore leggero australiano Sydney, dai cacciatorpediniere britannici Dainty, Hasty e Decoy e dal cacciatorpediniere
australiano Stuart).
Localizzato dalle
unità avversarie dopo il fallimento dell’attacco, il Sirena viene sottoposto a pesante e precisa caccia con lancio di
numerose bombe di profondità (ne vengono contate 36, tra le 4.57 e le 12.20 del 21 giugno), che causano seri danni tra cui il danneggiamento
dei pressatrecce degli astucci porta elica, con conseguenti abbondanti infiltrazioni
d’acqua, tali da costringerlo ad interrompere la missione e rientrare alla base
(non è più in grado di navigare in immersione).
22 giugno 1940
Arriva a Tobruk.
Per la loro condotta
durante questa missione e durante gli attacchi aerei sul porto di Tobruk
riceveranno la Croce di Guerra al Valor Militare il sottotenente di vascello Giuseppe Di
Grande ed il guardiamarina Carmelo D’Urso (entrambi da Augusta), con motivazione: «Ufficiale imbarcato su sommergibile,
dislocato in una base avanzata sottoposta a violenti attacchi aerei nemici,
cooperava con spirito combattivo e ardimento alla reazione contraerea,
dirigendo il tiro delle mitragliere. Durante una missione di guerra, fatta
segno l'unità ad intensa e a prolungata caccia, che provocava avarie,
contribuiva validamente al disimpegno del sommergibile dall'azione nemica e
alla riparazione delle avarie subite». Il comandante Galletti riceverà la
Medaglia di Bronzo al Valor Militare («Comandante
di sommergibile, in missione di guerra, fatto segno a violenta, prolungata
caccia, fronteggiava con decisione e sereno ardimento la difficile situazione,
manovrando con perizia per sottrarsi alla ripetuta offesa delle forze nemiche.
Nonostante le avarie riportate dal sommergibile, riusciva abilmente a disimpegnarsi
e a ricondurre alla base l'unità al suo comando". (Golfo di Sollum, 19-22
giugno 1940)»).
25 giugno 1940
Compiute in loco le
prime riparazioni provvisorie, necessarie per poter prendere il mare con una
certa sicurezza, il Sirena (tenente
di vascello Raul Galletti) lascia Tobruk alle 20.25 diretto a Taranto, dove
potrà ricevere più approfonditi lavori di riparazione, non realizzabili con le
modeste attrezzature della base libica (deve entrare in bacino di carenaggio).
La navigazione avviene restando in superficie.
|
Il
tenente di vascello Raul Galletti, comandante del Sirena nei primi mesi del conflitto (USMM via “KR 40-43: cronache
di guerra” di Giulio Grilletta) |
26 giugno 1940
Alle prime luci
dell’alba il mare, rimasto calmo per tutta la notte, inizia ad incresparsi;
alle 9.36 il Sirena passa al traverso
di Ras el Hilal, mentre il vento da maestro soffia con crescente intensità,
fino a raggiungere forza 7-8 nel pomeriggio. Preoccupato dal forte beccheggio
del sommergibile, che teme possa provocare una fuoriuscita di liquido dagli
accumulatori od anche delle avarie allo scafo, alle 18.30 il comandante
Galletti dà ordine d’immergersi.
27 giugno 1940
Alle 8.20 il Sirena torna in superficie: adesso il
vento si è di molto calmato, mentre il mare è forza 3-4. Il battello procede in
superficie lungo la rotta Ras el Hilal-Capo Colonna.
Alle 17.15 viene
avvistato un bombardiere nemico che per la rotta che segue sembra essere in
volo da Alessandria a Malta: per evitare di essere avvistato, il Sirena s’immerge.
28 giugno 1940
Poco dopo mezzogiorno
il Sirena, in navigazione a quota
periscopica, avvista al periscopio due aerei che si avvicinano volando a quota
molto bassa; di nuovo il comandante Galletti decide di scendere a profondità
maggiore per non essere avvistato.
Riemerso nel tardo
pomeriggio, alle 17.37 – pochi minuti dopo essere tornato in superficie – il Sirena avvista verso poppa un altro
bombardiere, simile a quello avvistato il giorno prima: ancora una volta deve
essere ordinata l’immersione rapida.
29 giugno 1940
Alle 6.30 (o 6.35),
mentre procede in superficie in posizione 37°54' N e 18°04' E (al largo di Capo
Colonna ed a 70 miglia per 148° da Capo Rizzuto; ciò secondo il rapporto del Sirena, mentre fonti britanniche
indicano la posizione come 38°12' N e 18°06' E), il Sirena viene attaccato da un idrovolante Short Sunderland del 228th
Squadron della Royal Air Force (più precisamente, il velivolo "Q" del
228th Squadron, contrassegnato L. 5086).
L'aereo viene
avvistato dalle vedette in torretta su rilevamento polare 315°, quando è ancora
a tre chilometri di distanza, e sta volando ad una quota di circa 500 metri con
rotta perpendicolare a quella del Sirena,
diretto verso il sommergibile; presentando una grossa fascia bianca verticale
dipinta sul piano verticale della coda, che da grande distanza può essere
scambiata per la croce bianca dipinta sugli aerei della Regia Aeronautica, il
velivolo viene inizialmente scambiato per italiano, anche perché sta
effettuando una manovra di avvicinamento perfettamente conforme alle
prescrizioni in vigore nella Regia Marina (il comandante Galletti scriverà nel
suo rapporto: «Alla distanza di circa
3000 m, l’aereo accosta a dritta mettendosi su rotta parallela e opposta
alla mia. Esegue la manovra analoga a quella prescritta dalla S.M. 6
S. e cioè passando di poppa e sempre alla distanza prescritta e a
quota invariabile, si porta sulla mia dritta e contro sole»).
Di conseguenza,
credendo di avere a che fare con un aereo amico, il comandante Galletti fa
mostrare la bandiera italiana; soltanto quando l'idrovolante, giunto a 60° a
proravia del traverso a dritta, accosta rapidamente a sinistra ed inizia a scendere
in picchiata puntando decisamente sul Sirena,
Galletti si rende conto che si tratta di un aereo nemico: ma ormai è troppo
tardi per potersi sottrarre all’attacco con l’immersione rapida (il Sunderland
sgancerebbe le sue bombe proprio mentre il Sirena
è più vulnerabile, in fase d'immersione: non ancora sott’acqua, ed al contempo
impossibilitato a difendersi con le mitragliere), pertanto Galletti ordina di
aprire il fuoco con le mitragliere, già pronte all’uso, e si mette lui stesso
alla mitragliera prodiera di dritta («Metto
il bersaglio in un settore di circa 20° a dritta a partire dalla prora»).
Il Sirena accosta a sinistra, in modo
da agevolare il tiro della mitragliera di prora dritta, ma non appena inizia
tale manovra anche il Sunderland modifica la rotta, così da prendere il
sommergibile d’infilata da prora a poppa. Galletti fa allora accostare ancora
di più verso sinistra, dopo di che ordina subito un’altra accostata, stavolta a
dritta; il fuoco viene aperto quando la distanza è calata a 700 metri.
Il Sunderland
modifica la rotta di avvicinamento per attaccare e sorvola il Sirena da prua a poppa, da soli 50 metri
di quota, sganciando quattro bombe che cadono in mare sui lati del sommergibile,
a proravia della torretta, a distanze comprese tra 5 e 15 metri, due a dritta e
due a sinistra («L’aereo frattanto,
giunto a una distanza di 75-100 metri, velocissimo e con rotta quasi
attraversante il Smg. da prora a poppa lancia, da una quota di poco inferiore
ai 50 metri, quattro bombe che cadono due a dritta e due a sinistra dello
scafo, alla distanza di circa 5 o 10 metri ed a 15 metri circa a proravia
della torretta»), aggiungendo nuovi danni a quelli causati dalle bombe di
profondità nove giorni prima al largo di Sollum. Contemporaneamente al lancio
delle bombe da parte del Sunderland, il comandante Galletti spara cinque colpi
di mitragliera verso l’idrovolante; poi aumenta l’alzo dell’arma ed aspetta che
l’aereo si avvicini fino a soli trenta metri, per poi scaricargli addosso
l’intero caricatore, ritenendo di aver messo a segno diversi colpi («Contemporaneamente alla visione delle
quattro bombe sganciatisi dalla coda dell’aereo, sparo 5 colpi di
mitragliera e poi aumento l’alzo aspettando un maggior avvicinamento
dell’aereo per colpirlo con certezza. Giunto l’aereo a circa 30 metri
a proravia della torretta, riapro il fuoco scaricandogli contro
tutti i colpi del caricatore e colpendolo ripetutamente in
varie parti»).
L'idrovolante sembra
essere visibilmente colpito dal tiro delle mitragliere del Sirena, e sembra perdere subito quota; giunto a poppavia della
torretta, apre il fuoco a sua volta con le sue mitragliatrici, prendendo di
mira il personale presente in torretta, ma la raffica è brevissima (non più di
tre secondi) ed imprecisa, colpendo soltanto la base della torretta senza recar
danno a nessuno, tanto che il comandante Galletti riterrà che ciò sia dovuto al
mortale ferimento del mitragliere britannico da parte del tiro del Sirena («Il velivolo nemico ha subito
perduto rapidissimamente quota; giunto a poppavia della
torretta del Smg. ha mitragliato il personale
trovantesi sulla torretta stessa. Ritengo che il mitragliere avversario
sia stato colpito mortalmente perché la raffica di mitraglia nemica,
imprecisa, ha avuto la durata massima di 3 secondi ed essendo stata
eseguita nella fase di caduta dell’aereo ha colpito solo la base della torretta»).
Dopo quest'ultimo tentativo di offesa, secondo il rapporto di Galletti, il
Sunderland continua a perdere quota, fino a che non sembra precipitare in mare
circa 200 metri a poppavia del sommergibile: «…perdendo velocemente quota, come già detto, giunto circa 200 metri
di poppa, si è abbassato improvvisamente di coda e si è inclinato di circa
90° a sinistra disponendo le ali pressoché nel piano verticale e cadendo
in acqua pesantemente ed in modo certo da ritenerlo perduto».
In realtà, il
Sunderland riuscirà a rientrare a Malta; secondo le fonti britanniche, anzi, non
avrebbe subito alcun danno.
Terminato l’attacco,
siccome durante la fase di avvicinamento del Sunderland era stato avvistato
all’orizzonte quello che sembrava essere un altro aereo, e temendo quindi di
essere nuovamente attaccato in superficie, senza potersi adeguatamente
difendere (in quanto la mitragliera di poppa è inceppata per un proiettile
rimasto nella canna), Galletti ordina l’immersione rapida e prosegue così verso
Taranto.
Alle 14.10 il Sirena riemerge, ma due ore dopo viene
avvistato l’ennesimo aereo nemico, in volo a bassissima quota sulla stessa
rotta di prima, ed ancora una volta il battello italiano è costretto ad
immergersi.
Per il loro
comportamento nel duello con il Sunderland, verranno decorati con la Croce di
Guerra al Valor Militare il sottotenente di vascello Giuseppe Di Grande, il guardiamarina Carmelo D'Urso,
il secondo capo silurista Mario Saluzzo ed il marinaio scelto Giannino Loffredo
(«Imbarcato su sommergibile in missione
di guerra, in occasione di un attacco aereo … prestava la sua opera alla
manovra difensiva con serenità e perizia»). Il comandante Galletti, anche
per via dell’errata convinzione che l’aereo attaccante sia stato abbattuto,
riceverà la Medaglia d’Argento al Valor Militare («Comandante di sommergibile in navigazione di guerra, si sottraeva
abilmente a ripetute azioni di caccia del nemico. Essendo attaccato da un
quadrimotore nemico a bassa quota con lancio di bombe e fuoco di mitragliera,
prontamente sceglieva ed eseguiva la più adatta manovra difensiva e
controffensiva, e col fuoco della mitragliera personalmente abbatteva l'aereo
nemico. Esempio di prontezza di decisione, di calma, di sprezzo del pericolo.
(Mediterraneo Orientale, 25 giugno - 1° luglio 1940)»).
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La
succinta nota che riassume l’attacco al Sirena
nell’Operations Record Book del 228th Squadron RAF (National
Archives UK, via Cristiano D’Adamo) |
30 giugno 1940
Alle 6.30 il Sirena riemerge e fa rotta su Crotone,
dove giunge alle 9.40. Dalla partenza da Tobruk ha percorso 553 miglia
nautiche, di cui 124 in immersione. Dopo aver ormeggiato il sommergibile, il
comandante Galletti fa telegrafare a Supermarina ed a Maricosom un primo
sintetico resoconto sull’accaduto: «Nave Sirena
– Giorno 29 corrente ore 06.30 a circa miglia 70 148° da Capo Rizzuto
bombardato et mitragliato bassa quota da idrovolante 4 motori nemico alt Nemico
ripetutamente colpito et abbattuto alt Non ripeto non accertata distruzione».
1° luglio 1940
Alle 5.18 il Sirena lascia Crotone alla volta di
Taranto, dove giunge qualche ora più tardi. Dopo l’arrivo, il comandante
Galletti trasmette un altro telegramma a Maricosom: «Nave Sirena – Durante trasferimento Tobruk-Taranto notato presenza
giornaliera su congiungente Ras el Hilal-Capo Colonne entro settore Malta Corfù
et Malta Alessandria d’Egitto grossi idrovolanti inglesi quadrimotori che su
piano timoni verticali portano striscia verticale bianca et avvicinano
sommergibili eseguendo manovra analoga a quella prescritta da S.M. 6/S pagina
n° 13 alt».
Raggiunta Taranto, il
Sirena viene immesso in bacino di
carenaggio nell’Arsenale per le riparazioni.
15-17-19-21 agosto 1940
Uscite da Taranto per esercitazioni dopo il completamento dei lavori di riparazione.
29 agosto 1940
Salpa da Taranto alle 5.40 per un pattugliamento a sud di Creta.
30 agosto 1940
All'1.50 avvista un sommergibile emerso a 1200 metri di distanza e si avvicina fino a 700 metri, ma non attacca per timore che si tratti del Ruggiero Settimo, che sa trovarsi nei paraggi.
31 agosto 1940
Il Sirena, in agguato a sud di Creta, non
avvista la Mediterranean Fleet (corazzate Warspite
e Malaya, portaerei Eagle, incrociatori leggeri Orion e Sydney, cacciatorpediniere Stuart,
Voyager, Vampire, Vendetta, Defender, Decoy, Hereward, Garland ed Imperial) uscita da Alessandria il giorno precedente per l’operazione
"Hats" (consistente in varie sotto-operazioni: trasferimento da
Gibilterra ad Alessandria, per rinforzare la Mediterranean Fleet, della
corazzata Valiant, della
portaerei Illustrious e
degli incrociatori Calcutta e Coventry; invio di un convoglio da
Alessandria a Malta e di uno da Nauplia a Porto Said; bombardamenti di basi
italiane in Sardegna e nell’Egeo), e transitata non lontano dalla sua zona di
agguato.
Settembre 1940
Inviato in missione a
sud di Creta, tra Gaudo ed Alessandria d'Egitto.
23 ottobre 1940
Uscita da Taranto per prove in mare.
24 e 26 ottobre 1940
Uscite da Taranto per esercitazione.
27 ottobre 1940
Il tenente di vascello Raul Galletti cede il comando del Sirena al parigrado Corrado Dal Pozzo.
5-7-9-14-16-18 novembre 1940
Uscite da Taranto per esercitazione.
22 novembre-1° dicembre 1940
Inviato in
pattugliamento nel Canale d'Otranto (al largo di Corfù), a protezione dei convogli in navigazione
tra l'Italia e l'Albania. Partenza e rientro da Taranto, al comando del tenente di vascello Corrado Dal Pozzo.
22 dicembre 1940-10 gennaio 1941
In lavori a Taranto. All'inizio dei lavori, il 22 dicembre, sbarca il comandante Dal Pozzo, che viene sostituito per la durata dei lavori (fino al 10 gennaio) dal tenente di vascello Giovanni Celeste. Il 10 gennaio assume il comando del Sirena il capitano di corvetta Rodolfo Scarelli.
11-15-19 gennaio 1941
Uscite da Taranto per esercitazione.
23-24 gennaio 1941
Pattugliamento difensivo nel Golfo di Taranto.
25-30 gennaio 1941
Si trasferisce da Taranto a Lero, sua nuova base.
7 e 13 febbraio 1941
Uscite da Lero per esercitazione.
16-19 febbraio 1941
Il Sirena ed un altro sommergibile, il Beilul, vengono inviati a pattugliare le
acque dell'Egeo. Il Sirena, in particolare, è inviato al largo di Kupho Nisi (Creta), ma deve abbandonare prematuramente la missione a causa di avarie.
6-15-16-17-20-30 marzo 1941
Uscite da Lero per esercitazione.
4-8-12 aprile 1941
Uscite da Lero per esercitazione.
14 aprile 1941
Inviato a pattugliare
un tratto di mare 25 miglia a nord di Suda, a controllo degli accessi da
nordest del Canale di Cerigo.
Verso le 23 il Sirena (tenente di vascello Rodolfo
Scarelli), in navigazione in superficie a nord di Candia, avvista un
cacciatorpediniere britannico “classe Afridi” (cioè classe Tribal) in
navigazione verso est ad elevata velocità in posizione 36°07' N e 24°15' E (a
nord/nordovest di Capo Spada); alle 23.37, avvicinatosi a meno di 2000 metri di
distanza, lancia due siluri dai tubi di prua contro l’unità nemica, restando
poi in superficie – approfittando della fitta oscurità – per osservare il
risultato del lancio. A bordo viene avvertita una forte detonazione dopo un
minuto e 42 secondi, anche se non vengono avvistate colonne d’acqua; il
cacciatorpediniere sembra ridurre sensibilmente la velocità ed accostare verso
il Sirena, che a questo punto si
disimpegna immergendosi. Il comandante Scarelli ritiene di aver probabilmente
colpito il bersaglio con una delle armi, senza affondarlo; in realtà, tuttavia,
i siluri non sono andati a segno. (Qualche fonte Internet identifica il
cacciatorpediniere attaccato con l'HMS Afridi,
ma ciò è impossibile, essendo stata questa unità affondata già nel maggio 1940;
si tratta di un fraintendimento dell'identificazione del bersaglio, da parte del
comandante Scarelli, come un'unità “tipo Afridi”, cioè classe Tribal).
16 aprile 1941
Viene informato di due convogli partiti dal Pireo e da Alessandria e si porta 15 miglia ad ovest di Capo Malea per intercettarli, ma rileva soltanto rumori all'idrofono da grande distanza, senza avvistare niente.
18 aprile 1941
Lascia la zona
d'agguato per rientrare alla base.
19/20 aprile 1941
Conclude la missione arrivando
a Lero.
3 maggio 1941
Parte da Lero per un pattugliamento al largo di Policandro e Santorini e tra Santorini e Suda.
8 maggio 1941
Viene informato di un convoglio diretto verso Suda attraverso il Canale di Suda, e si sposta verso sud per intercettarlo.
9 maggio 1941
Riceve da Maricosom ordine di spostarsi di nuovo per intercettare il convoglio, ma non riesce ad avvistarlo, captando soltanto rumori in lontananza all'idrofono.
10 maggio 1941
Rientra a Lero.
26 maggio 1941
Salpa da Lero per un pattugliamento al largo di Creta. E' tra i dieci sommergibili (oltre ad esso Uarsciek, Tricheco, Topazio, Fisalia, Adua, Malachite, Dessiè, Squalo e Smeraldo) inviati nelle acque tra Creta, Sollum ed Alessandria diEgitto per appoggiare l'assalto tedesco contro Creta (Operazione "Merkur").
28 maggio 1941
Alle 18.35, mentre procede a 45 metri di profondità, capta il rumore di due navi, ed alle 19 quattro bombe di profondità esplodono improvvisamente ad una quarantina di metri di distanza; ne segue un secondo "pacchetto" di otto bombe e poi altre alle 19.31, distanti però circa 300 metri.
6 giugno 1941
Rientra a Lero.
9 giugno 1941
Uscita da Lero per esercitazione.
23 luglio 1941
Salpa da Lero per un pattugliamento al largo di Naxos e Miconi.
28 luglio 1941
Viene informato da Supermarina della probabile presenza di un sommergibile nemico nelle vicinanze, ma non avvista niente.
1° agosto 1941
Rientra a Lero.
28 agosto 1941
Uscita da Lero per esercitazione.
30 agosto 1941
Lascia Lero per rientrare in Italia, compiendo strada facendo un ultimo pattugliamento nell'Egeo.
5 settembre 1941
Arriva a Brindisi.
9 settembre 1941
Riparte da Brindisi diretto a Pola.
11 settembre 1941
Arriva a Pola.
12 settembre 1941
Si trasferisce da Pola a Monfalcone e qui entra in cantiere per lavori, che si protrarranno fino a fine anno.
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Antonino
Pane in una foto-cartolina realizzata a Napoli il 1o
ottobre 1941 (g.c. Antonino Pane) |
31 dicembre 1941
Uscita da Monfalcone per esercitazione.
3-6-9-12-15 gennaio 1941
Uscita da Monfalcone per prove in mare.
17 gennaio 1942
Si trasferisce da Monfalcone a Pola.
20 gennaio 1942
Uscita da Pola per prove in mare.
21 gennaio 1942
Uscita da Pola per esercitazione.
24 e 27 gennaio 1942
Uscite da Pola per prove in mare.
29 gennaio 1942
Uscita da Pola per esercitazione.
1° febbraio 1942
Uscita da Pola per prove della girobussola.
3 febbraio 1942
Uscita da Pola per esercitazione.
7 febbraio 1942
Uscita da Pola per prove della girobussola, poi partenza per Brindisi.
9 febbraio 1942
Arriva a Brindisi.
10 febbraio 1942
Salpa da Brindisi diretto nelle acque della Cirenaica per contrastare la navigazione da Alessandria a Malta di un
convoglio britannico nell’ambito dell’operazione "MF 5". Denominato
"MW. 9" e partito da Alessandria il 12 febbraio, il convoglio è
formato dai mercantili Clan Campbell,
Clan Chattan e Rowallan Castle, scortati da quattro incrociatori antiaerei (Naiad, Dido, Euryalus e Carlisle) e ben 16 cacciatorpediniere (Lance, Heythrop, Avon Vale, Eridge, Hurworth, Southwold, Dulverton, Beaufort, Arrow, Griffin, Havock, Hasty, Jaguar, Kelvin, Kipling e Jaguar), il tutto sotto il comando del contrammiraglio Philip L.
Vian. Contestualmente all’arrivo a Malta del "MW. 9", lascerà l’isola
un convoglio di mercantili scarichi (Ajax,
Breconshire, City of Calcutta e Clan
Ferguson), il "ME. 10", scortato dalla Forza K del commodoro
William Gladstone Agnew (incrociatore leggero Penelope, cacciatorpediniere Decoy, Fortune, Legion, Lively, Sikh e Zulu).
Per attaccare il
convoglio britannico diretto a Malta, ben undici sommergibili italiani vengono
schierati in un’area di poco più di 800 miglia quadrate: oltre al Sirena, anche Topazio, Tricheco, Dandolo, Malachite, Perla, Platino, Ondina e Ciro
Menotti.
Il Sirena non entrerà in contatto del
convoglio "MW. 9", che sarà completamente distrutto dall’azione della
Luftwaffe: Clan Chattan e Rowallan Castle verranno affondati dai
bombardieri tedeschi il 14 febbraio, 250 miglia ad est di Malta, mentre già il
giorno precedente il Clan Campbell è stato danneggiato e costretto
a rinunciare a raggiungere Malta, entrando a Tobruk. Il convoglio "ME.
10", invece, raggiungerà indenne Port Said il 16 febbraio.
14 febbraio 1942
Avvista un bombardiere Vickers Wellington a 1000 metri di distanza, alle 10.45, e s'immerge subito.
Alle 14.45 un bombardiere Lockheed Hudson del 459th Squadron della Royal Australian Air Force, l'aereo "Y" pilotato dal capitano Campbell, avvista la scia lasciata dal periscopio del Sirena e lo attacca con il lancio di quattro bombe di profondità da 113 kg: due non esplodono, mentre le altre due esplodono ad una decina e ad una cinquantina di metri dal sommergibile, che viene scosso dalle esplosioni.
16 febbraio 1942
Rientra a Taranto.
5 e 6 marzo 1942
Uscite da Taranto per prove in mare.
11-15 marzo 1942
Si trasferisce da Taranto a Lero. Durante la navigazione, il 12 ed il 13 marzo, avvista due mine alla deriva: la prima viene distrutta a colpi di mitragliera, ma la seconda viene subito persa di vista nell'oscurità.
24 marzo 1942
Salpa da Lero per andare in soccorso dell'equipaggio di un aereo italiano costretto ad ammarare al largo di Prassonisi, ma le ricerche, condotte il 25 e 26 marzo, risultano infruttuose.
27 marzo 1942
Raggiunge Rodi.
29-30 marzo 1942
17 aprile 1942
Salpa da Portolago (Lero) per un pattugliamento un centinaio di miglia a nordovest di Ras Hilal (Cirenaica).
5 maggio 1942
Rientra a Portolago.
3 giugno 1942
Uscita da Portolago per prove in mare.
4-21 giugno 1942
Il Sirena viene inviato a pattugliare le
acque al largo della Palestina, unitamente ai sommergibili Ondina, Beilul e Galatea.
Intorno a metà mese
(12 giugno, secondo una fonte) Sirena,
Ondina, Beilul, Galatea ed i
sommergibili tedeschi U 77, U 81, U 205, U 431, U 453 e U 559 vengono inviati nelle acque della Libia per attaccare il
convoglio britannico “Vigorous” in navigazione da Alessandria a Malta,
nell'ambito della battaglia di Mezzo Giugno. Il Sirena non viene però coinvolto nella battaglia.
Alle 23.30 del 13 giugno avvista un cacciatorpediniere a 4 km di distanza, ma questi accosta in fuori e si allontana prima che il Sirena possa attaccare.
Rientra a Portolago il 21 giugno.
10 luglio 1942
Uscita da Portolago per prove in mare.
5 agosto 1942
Il capitano di corvetta Rodolfo Scarelli cede il comando del Sirena al tenente di vascello Vittorio Savarese.
5-11-24-31 agosto 1942
Uscite da Portolago per esercitazione.
2 settembre 1942
Uscita da Portolago per prove in mare.
4 e 15 settembre 1942
Uscite da Portolago per esercitazione.
16 settembre 1942
Salpa da Lero e viene inviato in pattugliamento ad est di Rodi in seguito alla segnalazione della presenza di un sommergibile nemico (sono il greco Papanikolis ed il britannico Traveller, che stanno svolgendo l'operazione britannica "Anglo").
24 settembre 1942
Rientra a Lero.
12 e 15 ottobre 1942
Uscite da Lero per prove in mare.
31 ottobre 1942
Salpa da Lero per un pattugliamento al largo di Rodi.
14 novembre 1942
Rientra a Lero.
21 novembre 1942
Lascia Lero diretto in Italia, compiendo strada facendo un pattugliamento in Egeo.
26 novembre 1942
Arriva a Pola.
30 novembre 1942
Si trasferisce da Pola a Monfalcone, dove viene sottoposto ad un
turno di lavori di modifica, della durata di circa due mesi, presso i Cantieri Riuniti dell'Adriatico. La torretta viene radicalmente ridimensionata, con una forte
riduzione del suo volume e l'accorciamento delle camicie dei periscopi, che
dopo le modifiche non superano l'altezza del parapetto della controplancia.
|
Il Sirena a Monfalcone a fine gennaio 1943,
dopo la conclusione dei lavori, con la torretta modificata (g.c. STORIA
militare) |
2 febbraio 1943
Uscita da Monfalcone per prove in mare.
6 febbraio 1943
Si trasferisce da Monfalcone a Venezia per imbarcare siluri G7e.
11 febbraio 1943
Uscita da Venezia per prove in mare.
12 febbraio 1943
Si trasferisce da Venezia a Pola.
14 e 16 febbraio 1943
Uscite da Pola per prove in mare.
17-18 febbraio 1943
Si trasferisce da Pola a Fiume.
19-20-22-23-25 febbraio 1943
Uscite da Fiume per esercitazione.
1° marzo 1943
Uscita da Fiume per esercitazione.
2 febbraio 1943
Lascia Fiume diretto ad Augusta, scortato dalla torpediniera Insidioso (ed inizialmente anche dalla T 3).
3 febbraio 1943
Avvista un periscopio attribuito a sommergibile nemico, ma lo perde di vista prima di poter attaccare.
7 febbraio 1943
Arriva ad Augusta.
13 marzo 1943
Salpa da Augusta per una missione
nel Golfo della Sirte, ma riceve successivamente ordine di rientrare.
15 marzo 1943
Fa ritorno ad Augusta e riparte per Napoli, dove arriva l'indomani.
18 marzo 1943
Uscita da Napoli per prove in mare.
26 marzo 1943
Si trasferisce da Napoli a Pozzuoli.
5 aprile 1943
Lascia Pozzuoli diretto a La Maddalena.
6 febbraio 1943
Arriva alla Maddalena.
10 aprile 1943
Il Sirena si trova a La Maddalena quando, a
partire dalle ore 14.37, la base sarda viene sottoposta ad un pesante
bombardamento da parte di 84 bombardieri Boeing B-17 “Flying Fortress”
dell’USAAF.
Dato che il sistema
di avvistamento della piazza della Maddalena non dispone né di aerofoni né
tanto meno di radar, i bombardieri giungono praticamente senza preavviso:
l’allarme viene dato uno o due minuti prima che inizino a cadere le bombe. I
velivoli si dividono in tre gruppi, ognuno dei quali ha un preciso compito: i
loro obiettivi sono la base dei sommergibili e gli incrociatori pesanti Trieste e Gorizia della III Divisione, trasferita da Messina a La Maddalena
qualche mese prima. 36 bombardieri (del 97th Bomb Group)
attaccano il Gorizia, 24 (del 99th Bomb
Group) il Trieste, 24 le
installazioni a terra e la base dei sommergibili, dove sono cinque i battelli
all’ormeggio, tutti appartenenti al VII Gruppo Sommergibili: il Sirena, il Topazio, il Dandolo, l'Aradam ed il Mocenigo.
Le bombe, tra cui vi
sono ordigni da 1000 libbre (450 kg), sono sganciate da una quota compresa tra
i 5000 e i 6000 metri, cioè al di fuori della portata delle batterie contraeree
che difendono la base; l'incursione risulta precisa e devastante. Il Trieste, colpito in pieno, affonda
capovolgendosi dopo un paio d’ore; il Gorizia,
pesantemente danneggiato, rimane a galla, ma non verrà mai riparato. Le 24 "Fortezze
Volanti" del 301st Bomb Group (32nd Bomb
Squadron), incaricate di colpire le installazioni di terra e la base dei
sommergibili, sganciano più di 200 bombe da 500 libbre contro i moli e le
officine: in tutto, oltre 45 tonnellate di esplosivo. La base navale di La
Maddalena viene ridotta ad un cumulo di rovine: vengono pressoché distrutte la
centrale elettrica, l’officina sommergibili, l’officina siluri, l’officina
artiglieria, l’officina autoreparto, parte dell’officina falegnameria, il
locale argano, lo scalo d’alaggio, gli uffici spedizioni e ragioneria; sono
gravemente danneggiati gli alloggi degli ufficiali e dei sottufficiali, la
caserma per il locale distaccamento, la casermetta dei MAS, la caserma dei
carabinieri ed il magazzino dei fari; molte banchine vengono sconvolte dalle
bombe e crollano. Tutta la base, o quel che ne resta, rimane senza energia
elettrica; vengono interrotte in gran parte le comunicazioni telefoniche e
telegrafiche. Vanno in pezzi sotto le bombe due idrovolanti della III
Divisione, i MAS 501 e 503 (che si trovano in lavori), sei
imbarcazioni e tutti i veicoli che si trovano in riparazione; affondano nelle
acque del porto anche i motovelieri requisiti V 266 Eliana, O
88 Maria Pia e V 143
Carmen Adele (il primo e l’ultimo adibiti alla vigilanza foranea,
il secondo alla guardia alle ostruzioni). Vengono resi inagibili anche
l’alloggio e l’ufficio del capo gruppo sommergibili e la caserma
"Faravelli", in cui sono alloggiati gli equipaggi dei sommergibili.
In mezzo a tanto
sfacelo i sommergibili, trovandosi ormeggiati in rada, rimangono
miracolosamente indenni; soltanto uno, il Mocenigo,
viene colpito, senza comunque riportare danni gravi. Paradossalmente, tuttavia,
i sommergibili registrano diverse vittime e feriti tra il personale che si
trova a terra, coinvolto nel bombardamento della Caserma Faravelli e della base
navale: e proprio il Sirena subisce
le perdite più elevate, con tre morti e dieci feriti, uno dei quali deceduto
poco dopo. Un quarto dell’equipaggio è così fuori combattimento, tanto che il
sommergibile, pur essendo rimasto del tutto indenne, si ritrova ad essere
impossibilitato a prendere il mare per equipaggio insufficiente.
Tra i feriti vi è
anche il comandante del Sirena,
tenente di vascello Luciano Garofani: a trovarlo tra le macerie della Caserma
Faravelli, in stato di semincoscienza e con una grave emorragia alla gamba
destra, è il sottocapo radiotelegrafista Dario Leli, 19 anni, da Castelfranco
Emilia. Rimasto illeso, Leli si prodiga nei soccorsi dei compagni feriti
rimasti intrappolati tra le macerie della caserma; quando trova il comandante
Garofani, cerca inutilmente di arrestare l’emorragia alla gamba, dopo di che se
lo carica sulle spalle con l’intenzione di portarlo all’ospedale militare,
distante mezzo chilometro. Resosi però conto dell’impossibilità di portare un
tale peso per un tragitto così lungo, Leli carica l’ufficiale semisvenuto su
una carriola trovata in mezzo alle macerie, e percorre così, di corsa e spingendo
la carriola con il ferito, la distanza che separa la caserma dall’ospedale.
Giunto all’ospedale, nel quale regna la confusione a causa dell’arrivo del gran
numero di feriti causati dal bombardamento, Leli fa presente che il ferito
rischia di morire dissanguato se non verrà soccorso subito, ma si sente dire di
mettersi in coda; allora, appartatosi con il comandante svenuto, gli toglie la
divisa e la indossa al suo posto, per poi ripresentarsi al personale
dell’ospedale facendosi passare per un ufficiale, ed ordinando, stavolta con
successo, che Garofani – che Leli dice essere un suo marinaio, in pericolo di
vita – sia subito portato in sala operatoria. (Garofani sopravvivrà, e da
questo episodio nascerà una duratura amicizia: trentacinque anni più tardi, nel
1978, sarà l’ex comandante del Sirena
a dover dare l’ultimo saluto al suo marinaio, morto prematuramente per una
grave malattia).
Sono quattro, in
tutto, gli uomini del Sirena che
perdono la vita nel bombardamento: il capo silurista di prima classe Arturo Brandani,
39 anni, da Bondeno; il marinaio motorista Tommaso Ferragina, 20 anni, da
Catanzaro, che risulterà disperso; il marinaio Giuseppe Poggi, 21 anni, da
Savona; il marinaio elettricista Giuseppe Tesoriero, 21 anni, da Lipari.
Altri due morti e
quattro feriti si registrano tra gli equipaggi di Topazio, Mocenigo ed Aradam, mentre il personale della
Stazione Sommergibili (Maristasom) lamenta tre morti, un disperso e due feriti.
Alle 21.15 il VII Gruppo Sommergibili comunica a Maricosom la drammatica situazione
della sua base della Maddalena: «Ore
14.50 subito attacco aereo di cui un obiettivo est stata base sommergibili alt
Alloggi sia ufficiali che per personale praticamente temporaneamente
inutilizzabili alt Officina sommergibili et officina siluri colpite in pieno da
bombe inutilizzate alt Unità presenti solo sommergibile Mocenigo forato doppio
fondo numero 2 dritta cassa nafta et tubolatura compenso esterna et tubolatura
sfogo aria doppio fondo numero 2 dritta alt Disposto salvo contrordine
sommergibile Aradam dislochi subito Bonifacio alt Disposto opportuno
diradamento altre unità alt Su sommergibile Mocenigo et sommergibile Topazio
non est possibile utilizzare lavori semialt Propongo trasferimento altra sede
alt Unità presenti da ore 08.00 corrente eseguiranno tutte ascolto r t continuo
alt Tenente Vascello Garofani Luciano Tenente G. N. Vigiari Carlo Maggiore G.N.
Sini Mauro Sottotenente Vascello Sella Gregorio feriti alt Riservomi comunicare
numero vittime et feriti alt Sommergibile Sirena non est attualmente in
condizioni dato numero personale ferito eseguire missione alt».
Complessivamente, il
bombardamento di La Maddalena causa tra il personale della Regia Marina oltre
160 morti e 250 feriti, in massima parte tra gli equipaggi di Trieste e Gorizia; muoiono anche quattro carabinieri addetti alla
sorveglianza della base e quattro operai militarizzati. È stato invece
risparmiato l'abitato di La Maddalena, dove non vi è alcuna vittima tra la
popolazione civile; temendo però altri e meno precisi bombardamenti in futuro,
dopo questo attacco gli abitanti della cittadina sfolleranno in massa.
13 e 20 aprile 1943
Uscite per esercitazione da La Maddalena.
24 aprile 1943
Si sposta da La Maddalena alla rada di Mezzo Schifo.
27 aprile 1943
Si sposta da Mezzo Schifo a Porto Palma.
10 maggio 1943
Torna alla Maddalena.
14 maggio 1943
Si sposta nuovamente a Mezzo Schifo.
15 maggio 1943
Lascia la Sardegna diretto a Taranto.
19 maggio 1943
Arriva a Taranto.
29 maggio 1943
Uscita da Taranto per esercitazione.
6 giugno 1943
Uscita da Taranto per esercitazione e prove in mare.
7 giugno 1943
Salpa da Taranto in missione di trasporto, diretto a Lero con un carico di parti di ricambio per motori e materiali vari (in tutto 2,8 tonnellate di munizioni e 0,8 di armi leggere).
Sempre a giugno il Sirena risulterebbe aver trasportato un carico di rifornimenti nell'isola di Lampedusa, sottoposta a blocco navale da parte delle forze angloamericane, che la conquisteranno di lì a pochi giorni (12 giugno 1943). Insieme a quella svolta contemporaneamente dal grosso sommergibile posamine Atropo, anch'essa con destinazione Lampedusa (in totale, i due sommergibili sbarcano nell'isola 49,6 tonnellate di rifornimenti), si tratta dell'ultima missione di trasporto svolta da un sommergibile italiano prima dell'Armistizio.
12 giugno 1943
Arriva a Portolago.
17 e 23 giugno 1943
Uscita da Portolago per esercitazione.
14-19-26 luglio 1943
Uscita da Portolago per esercitazione.
3 agosto 1943
Lascia Lero alla
volta di Taranto, con l'ordine di effettuare, durante la navigazione di
trasferimento, un pattugliamento delle acque comprese tra Ras el Tin ed il
Golfo di Sollum, dove deve formare uno sbarramento insieme al Galatea.
13 agosto 1943
Avvista una nave ospedale.
14 agosto 1943
In serata avvista dapprima una nave non identificata a 10 km di distanza (alle 20.10) e poi una motosilurante a 8 km di distanza (alle 21.28). In entrambi i casi s'immerge.
15 agosto 1943
Avvista due motosiluranti e s'immerge a 70 metri.
16 agosto 1943
Alle 4.07 avvista un cacciatorpediniere a 10 km di distanza; gli si avvicina, ma alle 4.12 s'immerge dopo che la nave - che viene poi identificata come una corvetta - ha accostato verso di esso.
Alle 23.10 avvista un'unità di pattuglia a 6 km di distanza, al largo di Pantelleria, e s'immerge.
Riceve poi ordine di raggiungere Napoli, anziché Taranto.
20 agosto 1943
Dopo una missione
tormentata dalle avarie, raggiunge Napoli.
21 agosto 1943
Lascia Napoli diretto
a La Spezia, dove dovrà essere sottoposto ai lavori di riparazione delle
avarie.
22 agosto 1943
Alle 23.30 avvista un centinaio di metri a poppavia un bengala lanciato da un aereo, e s'immerge.
23 agosto 1943
Alle 9.40 avvista un aerosilurante nemico a 4 km di distanza e s'immerge. In serata entra a Portoferraio.
24 agosto 1943
Lascia Portoferraio diretto a La Spezia.
25 agosto 1943
Arriva a La Spezia.
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Il Sirena a Monfalcone
dopo i lavori di modifica effettuati a fine 1942 (da www.xmasgrupsom.com) |
La fine
Alla data
dell’annuncio dell’armistizio tra l’Italia e gli Alleati, l’8 settembre 1943,
il Sirena (tenente di vascello
Vittorio Savarese) faceva parte del V Gruppo Sommergibili di Lero (capitano di
fregata Virgilio Spigai), insieme ai similari Ametista (sottotenente di vascello Luigi Ginocchio), Beilul (tenente di vascello Pasquale
Beltrame) ed Onice (tenente di
vascello Ferdinando Boggetti). Come le altre unità del Gruppo, tuttavia, non si
trovava in quel momento in Egeo: era infatti ai lavori nell’Arsenale di La
Spezia.
A inizio agosto 1943,
Supermarina aveva richiamato in Italia il Sirena,
al pari degli altri sommergibili del V Grupsom; il battello aveva lasciato Lero
il 3 agosto diretto a Napoli, con l’ordine di effettuare, strada facendo, un
pattugliamento nelle acque della Cirenaica. La missione era stata tormentata da
una lunga serie di avarie, che comunque non avevano impedito al Sirena di effettuare il previsto pattugliamento
delle acque cirenaiche; il 20 agosto il sommergibile aveva raggiunto Napoli
(secondo una fonte di incerta affidabilità, nella parte finale della
navigazione aveva attraversato i campi minati italiani fino ad emergere a poche
centinaia di metri da Punta Carena, nell’isola di Capri, facendosi riconoscere
da una batteria con mezzi ottici in quanto anche la radio era in avaria).
Siccome le avarie subite non risultavano riparabili con i mezzi disponibili a
Napoli, il giorno seguente il Sirena
era ripartito alla volta di La Spezia, dov’era giunto il 25 agosto, dopo una
sosta a Portoferraio; entrato in Arsenale per riparare le avarie, vi fu
sorpreso dopo pochi giorni dalla notizia dell’armistizio.
Erano parecchie le
unità in manutenzione o riparazione nel grande Arsenale spezzino in quel
settembre del 1943: tra di esse, oltre al Sirena,
il vecchio incrociatore leggero Taranto,
tre cacciatorpediniere, cinque torpediniere, due corvette, tre sommergibili e
due posamine, nonché numeroso naviglio minore ed ausiliario.
A La Spezia avevano
base da tempo anche le Forze Navali da Battaglia (al comando dell’ammiraglio
Carlo Bergamini), qui trasferite a fine 1942 in seguito all’intensificazione
dell’offensiva aerea angloamericana sulle basi del sud Italia: ne facevano parte
le tre corazzate Roma, Italia e Vittorio Veneto della IX Divisione, gli incrociatori leggeri della
VII Divisione (Eugenio di Savoia, Emanuele Filiberto Duca d’Aosta, Raimondo Montecuccoli) ed i
cacciatorpediniere delle Squadriglie XII (Mitragliere, Fuciliere, Carabiniere e Velite)
e XIV (Legionario, Artigliere, Grecale ed Alfredo
Oriani). Per ordine di Supermarina, le F.N.B. lasciarono La Spezia verso le
tre di notte del 9 settembre, dirette inizialmente alla Maddalena, in Sardegna.
Il comandante in capo
del Dipartimento di La Spezia, ammiraglio Giotto Maraghini, provvide a dare
esecuzione alle disposizioni impartite da Supermarina circa il resto del
naviglio e le installazioni a terra: le navi minori in grado di muovere vennero
fatte partire per porti saldamente sotto controllo italiano od Alleato, quelle
impossibilitate a partire si autoaffondarono; lo stessero fecero le navi
mercantili (partenza od inutilizzazione, ma in alcuni casi gli armamenti
tedeschi delle mitragliere imbarcate impedirono di attuare tali provvedimenti).
Gli impianti, i bacini e le attrezzature dell’Arsenale furono resi
inutilizzabili, ma solo per 15 giorni, nell’ottimistica – ed irrealistica –
speranza che gli Alleati avrebbero cacciato le forze tedesche dall’Italia nel
giro di qualche settimana.
Nel retroterra di La
Spezia erano dislocate quattro divisioni tedesche, presenti in teoria per
partecipare al contrasto di un eventuale sbarco Alleato nella zona di La
Spezia; esse si mossero per occupare la piazzaforte prima ancora che venisse
annunciato l’armistizio. A difendere la piazza di La Spezia ed il territorio
circostante c’erano solo due divisioni italiane, la 105a Divisione
Fanteria "Rovigo" e la 6a Divisione Alpina "Alpi
Graie", che formavano il XVI Corpo d’Armata del generale Carlo Rossi; i
comandi delle due Divisioni e del Corpo d’Armata si trovavano tutti nel
perimetro della piazza, quindi già la sera dell’8 settembre l’ammiraglio
Maraghini – tornato da Roma ove si era tenuta la riunione dei vertici della
Marina con cui i principali ammiragli comandanti di Dipartimento, oltre ai
comandanti delle forze da battaglia, di quelle di protezione del traffico e dei
sommergibili, avevano ricevuto istruzioni sul da farsi in caso di cessazione di
ostilità contro gli Alleati e reazione tedesca, pur senza essere esplicitamente
informati dell’armistizio – aveva potuto conferire col generale Rossi per
discutere su come difendere La Spezia da un attacco tedesco. Rossi, a
differenza di Maraghini, non aveva ricevuto disposizioni precise su come
comportarsi; per giunta, l’armistizio coglieva la piazza di La Spezia nel pieno
di uno sconvolgimento giurisdizionale: in seguito a decisioni prese in agosto,
la Piazza Marittima di La Spezia doveva essere abolita e sostituita da un
Comando Militare Marittimo subordinato al locale Comando di Grandi Unità
dell’Esercito; la responsabilità della difesa della ex piazza sarebbe stata
trasferita dalla Marina all’Esercito. Il passaggio di consegne sarebbe divenuto
effettivo alle 00.00 del 10 settembre; il generale Rossi ritenne che la
situazione non potesse precipitare a tal punto da richiedere provvedimenti
eccezionali, quindi non ritenne necessario anticipare di un giorno l’assunzione
del comando, come prescriveva invece l’"Istruzione per la difesa delle coste" vigente ancora per il
solo giorno 9 settembre.
Il colloquio tra
Rossi e Maraghini, pertanto, si limitò a decidere di dislocare alcuni reparti
di marinai in determinati punti e di inviare un reggimento atteso da Torino per
il 9 settembre (per completare la Divisione "Rovigo") a presidiare
alcuni capisaldi (ma il reggimento, per gli eventi dell’armistizio, non arrivò
mai a La Spezia).
Gli alpini della
Divisione "Alpi Graie" resistettero per due giorni, ma le truppe
tedesche, incuneandosi tra i reparti delle due Divisioni italiane del XVI Corpo
d’Armata, occuparono La Spezia entro il 10 settembre, senza particolari
difficoltà. Le due Divisioni italiane furono sciolte e l’ammiraglio Maraghini
lasciò La Spezia il 10 settembre, dopo aver dato esecuzione agli ordini di
Supermarina.
In esecuzione degli
ordini ricevuti, non essendo in grado di prendere il mare, il Sirena si autoaffondò a La Spezia il 9
settembre 1943, per non cadere in mano tedesca.
Quel giorno, a La
Spezia, si consumò il più grande autoaffondamento in massa di navi militari mai
avvenuto nella storia della Marina italiana, allo scopo di impedirne la cattura
da parte tedesca: si autoaffondarono nel porto il vecchio incrociatore Taranto, i cacciatorpediniere Nicolò Zeno, FR 21 e FR 22,
le torpediniere Generale Antonino
Cascino, Generale Carlo
Montanari, Ghibli, Lira e Procione, i sommergibili Antonio
Bajamonti, Ambra, Sirena, Sparide, Volframio e Murena,
le corvette Euterpe, Persefone e FR 51, il posamine Buccari, il trasporto munizioni Vallelunga, le cisterne militari Scrivia e Pagano, le motozattere MZ
736 e MZ 748, i
rimorchiatori militari Mesco, Capri, Capodistria, Robusto e Porto Sdobba, il MAS 525,
la motosilurante MS 36.
Caddero invece in
mano tedesca gli incrociatori pesanti Bolzano e Gorizia, ambedue inutilizzabili per i
gravi danni subiti mesi prima e mai riparati (e difatti non entrarono mai in
servizio per la Kriegsmarine), il posamine Crotone, il trasporto munizioni Panigaglia, la nave bersaglio San Marco, la nave idrografica Ammiraglio Magnaghi, la nave salvataggio sommergibili Anteo, la cannoniera Rimini, le cisterne militari Bormida, Dalmazia, Leno, Sprugola, Volturno, Stura e Timavo, il piccolo trasporto Monte Cengio, il dragamine RD
49, il MAS 556,
le Bette N. 5 e N. 16, i rimorchiatori Atlante, Brava, Carbonara, Linaro, Santo Stefano, Senigallia, Taormina, Torre Annunziata, N 9, N 10, N 37, N 53 e N 55. Gran parte di tali unità furono sabotate dagli equipaggi;
il Gorizia aveva anche
iniziato ad autoaffondarsi, ma tale provvedimento era stato poi sospeso.
Ad attuare le manovre
per l’autoaffondamento del Sirena fu
un ridotto gruppetto di ufficiali e marinai rimasti a bordo a questo scopo, tra
cui il comandante Savarese ed il marinaio timoniere Giuseppe Costanzo. Quest’ultimo
avrebbe raccontato, a quasi settant’anni di distanza, che l’ordine di
autoaffondare il Sirena venne
ricevuto la sera dell’8 settembre; dopo aver autoaffondato il sommergibile, gli
uomini scesero a terra, ma trovarono ad attenderli dei soldati delle SS, che
avrebbero ucciso il comandante (Costanzo avrebbe poi raccontato: “Uccisero il mio comandante sotto i miei
occhi. Gli spararono”). Quest’ultima affermazione non sembra, per la
verità, trovare riscontro; comandante del Sirena
all’armistizio era il tenente di vascello Vittorio Savarese, che sopravvisse
alla guerra, e dagli albi dei caduti e dispersi della Marina Militare non
risulterebbe che alcun membro dell’equipaggio del Sirena sia morto in conseguenza dell’armistizio.
Quanto a Costanzo,
inseguito dalle SS, si rifugiò su un treno in partenza, dove si nascose sotto
una panca su cui erano sedute quattro suore, che lo nascosero con i loro lunghi
abiti; quando i suoi inseguitori si affacciarono nello scompartimento, le suore
dissero loro che Costanzo era scappato lungo il corridoio, fuorviandoli e
salvandogli così la vita. Giunto nei pressi di Venezia, Costanzo discese
rocambolescamente la Penisola fino a raggiungere il suo paese d’origine, nel
sud Italia, rientrando poi nei ranghi della Regia Marina – ora cobelligerante
con gli Alleati – e venendo nuovamente imbarcato sui sommergibili, impiegati adesso
nell’addestramento delle corvette britanniche alla caccia antisommergibili.
Dopo la fine della guerra, nel 1947, emigrò in Canada, dove già vivevano da
tempo suo padre e parte della sua famiglia (si era infatti trovato ad avere
parenti che combattevano su fronti contrapposti), stabilendosi nel villaggio di
Schreiber, nell’Ontario.
Un altro membro
dell’equipaggio che si sottrasse alla cattura fu il sottocapo radiotelegrafista
Dario Leli: raggiunta l’Italia del Sud in mano agli Alleati, il 24 gennaio 1944
si arruolò nelle missioni militari organizzate dai Comandi statunitensi per
stabilire collegamenti con le formazioni partigiane operanti al Nord. Queste
missioni, munite di radio e composte da personale misto italiano ed
angloamericano (solitamente 4-5 uomini in tutto), venivano paracadutate
sull’Italia settentrionale con il compito di istruire i partigiani nell’uso
delle armi angloamericane che ricevevano a mezzo di aviolanci, raccogliere e
trasmettere ai comandi Alleati informazioni sulla consistenza, l’armamento e
gli spostamenti delle truppe tedesche, soccorrere prigionieri fuggiaschi e
piloti abbattuti, organizzare sabotaggi ed azioni di “commandos”, e più in
generale coordinare l’azione dei partigiani con quella degli Alleati. Dopo un
lungo e duro addestramento, Dario Leli fu paracadutato in Veneto nel luglio
1944, assegnato alla missione “Hollis” operante a Mestre. Organizzata
dall’O.S.S. statunitense (Office of Strategic Services), progenitore della CIA,
questa missione era una delle poche ad essere composte esclusivamente da
personale italiano: la guidava l’ingegnere ed industriale veneziano Pietro
Ferraro, nome di battaglia “Antonio”. A causa di un errore del pilota, Leli venne
paracadutato a ben cinquanta chilometri dal punto prestabilito, ma riuscì
ugualmente a raggiungere il rifugio dei membri della missione, dove ricevette
il nome di battaglia di “Margot”. Data la sua qualifica di radiotelegrafista,
Leli fu l’operatore radio della missione (chiamata anche “Hollis-Margot”): era
lui a trasmettere agli Alleati i messaggi, per mezzo degli apparati radio messi
a punto dal dottor Luigi Amati, padovano, altro membro della missione. Durante
i nove mesi di clandestinità Leli ed i compagni, attivi prevalentemente nel
padovano, trevisano e nel bellunese, dovettero cambiare covo a più riprese,
sfuggendo in totale a ben sette rastrellamenti nazifascisti; a Padova
sfuggirono per un soffio ad un’irruzione da parte delle SS italiane del famigerato
maggiore Mario Carità (che avevano individuato la radio mediante
radiogoniometria) nella casa dell’ingegner Mario Bertolini, che aveva messo il
suo appartamento a disposizione della missione. Leli e gli altri componenti
della missione riuscirono a fuggire da un’uscita secondaria, mentre la radio fu
portata in salvo dalla giovane moglie dell’ingegner Bertolini, che gli uomini
di Carità lasciarono andare insieme al figlioletto: l’apparecchio venne
nascosto nella carrozzina del bambino.
La rete informativa
organizzata da Dario Leli continuò ad operare fino alla Liberazione,
nell’aprile del 1945; per la sua attività nella Resistenza, “Margot” venne
decorato con la Medaglia d’Argento al Valor Militare.
Il relitto del Sirena venne recuperato nel 1946. Formalmente
radiato dai quadri della non più regia Marina il 18 ottobre di quello stesso
anno, venne demolito a La Spezia.
Un membro
dell’equipaggio del Sirena, il
ventiquattrenne marinaio fuochista Alberto Morbin, da Cervignano del Friuli,
risulterebbe essere deceduto in Italia il 24 novembre 1946; è incluso negli
albi i caduti e dispersi della Marina Militare nella seconda guerra mondiale. Sulla
base di ciò sembra possibile che la sua morte sia stata causata da postumi di
ferite riportate in servizio sul Sirena,
ma non è stato possibile rintracciare alcuna informazione in merito.
Mio nonno, il guardiamarina Giuseppe Di Grande, era di Augusta. Complimenti per le tante belle informazioni.
RispondiEliminaLa ringrazio, provvedo a correggere.
EliminaComplimenti e grazie per il suo racconto storico.
RispondiEliminaSono il nipote di Giannino Loffredo, o miei genitori oltre alle foto conservano la Croce di Guerra al Valor Militare e libretto di imbarco di mio nonno.
Buonasera. Ho notato che a mio nonno Giuseppe Di Grande, imbarcato sul sommergibile Sirena, e' stato attribuito il grado di guardiamarina. In realtà, come si evince dal foglio matricolare, era sottotenente di vascello già dal 1939. Dott. Aulo Di Grande
RispondiEliminaLa ringrazio per la segnalazione, provvedo a correggere.
Eliminaho riconosciuto Paolo Putzu in foto, era mio padre, mi descrisse il siluramento di un piroscafo inglese, il siluro forse difettoso non esplose ma fece un foro nello scafo, lo videro imbarcare acqua e inclinarsi su un fianco
RispondiEliminail comandante del sirena,Vittorio savarese di cui parla il marinaio Costanzo ,sopravvissuto alla guerra,ha continuato la sua brillante carriera in marina,ricoprendo prestigiose cariche in qualità,' di ammiraglio di squadra in servizio della marina italiana,fino al suo pensionamento,dopo l,'ultimo incarico di capo di stato maggiore dell'alto tirreno a la spezia
RispondiEliminaC'è un altro vittorio savarese , morto sull incrociatore pola, nella battaglia di capo matapan
RispondiEliminaComplimenti per l'ottimo lavoro! sono il nipote di Antonino Pane, imbarcato come marinaio sul Sirena e poi ultimo guardiano del faro di Capo D'Orso (SA). Se l'autore dell'articolo ha piacere e mi indica il modo, posso inviargli delle foto dall'archivio di mio nonno, datate e relative al sommergibile ed all'equipaggio oltre che al periodo in Africa Orientale. Sto provando a raccogliere quante più fonti e testimonianze perché ho il desiderio di scrivere un libro sulla vita di mio nonno, di narrativa ma incastonato il più possibile in un quadro storico preciso. Siccome ho letto nei commenti testimonianze di parenti di marinai del Sirena avrei piacere, con la loro disponibilità, di raccogliere aneddoti ed eventualmente altre immagini nella loro disponibilità per non far disperdere i ricordi. In particolare cerco testimonianze per ricostruire l'esperienza sul Sirena ed il ritorno da La Spezia in seguito all'armistizio, ma qualsiasi contributo sarà accolto con gioia ed ovviamente citato nel libro. La mia mail per chi volesse contattarmi è ntonin2@gmail.com.
RispondiEliminaBuongiorno. Mi chiamo Francesco Lupi e sono un appassionato di storia della IIGM. In gioventù conobbi il Marinaio Giuseppe De Giorgi originario di Napoli, che mi raccontò di essere stato imbarcato sul sommergibile sirena durante la IIGM. Mi riferi l' episodio del 26 giugno 1940, quando il Sirena ingaggiò lo scontro con il Suterland al ritorno da Tobruk navigando verso Taranto. Ricordava ancora l' eroismo del comandante Galletti, che imbracciò personalmente la mitragliera a spalla per rispondere al fuoco del Suterland. Mi riferi che a seguito delle azioni, fu concesso a tutto l' equipaggio una licenza straordinaria premio con soggiorno in un lussoso albergho delle Dolomiti per " ossigenarsi", dove soggiornavano anche ufficiali tedeschi ( loro erano semplici marinai..) mi sembra di riconoscere il De Giorgio in una delle foto. Sarebbe possibile conoscere l' elenco dell' equipaggio imbarcato nella missione del 26 giugno 1940? Grazie comunque dell' attenzione.
RispondiEliminaBuongiorno, la ringrazio per l'interessante aneddoto. Purtroppo non possiedo l'elenco dell'equipaggio, mi spiace.
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