domenica 1 settembre 2019

Verona

Il Verona nel 1937, sotto il precedente nome di Carimaré (da Météo France)

Piroscafo da carico di 4459 tsl, 2667 tsn e 6500 tpl, lungo 106-111,24 metri e largo 14,93, con pescaggio di 7,1 metri, e velocità di 12 nodi.
Ex francese Carimaré, era tra le decine di navi mercantili francesi consegnati all’Italia ed alla Germania in conseguenza degli accordi Laval-Kaufmann, che prevedevano la consegna all’Asse di 159 bastimenti mercantili che si trovavano nei porti mediterranei della Francia di Vichy, in seguito alla sua occupazione da parte dell’Asse nel novembre 1942.

Breve e parziale cronologia.

30 giugno 1920
Varato come Saint Aygulf nei cantieri Napier & Miller Ltd di Old Kilpatrick, Glasgow (numero di costruzione 230).
1920
Completato come piroscafo da carico Saint Aygulf per la Société Française d'Armement E. Frisch & Compagnie di Marsiglia. Porto di registrazione Marsiglia, stazza lorda originaria 3448 o 3796 tsl, portata lorda 6500 tpl.
Messo in servizio sulla linea che collega i porti atlantici della Francia a quelli del Nordafrica francese.
1922
Siccome il Saint Aygulf si è rivelato troppo grande rispetto alle esigenze della tratta servita, la società E. Frisch decide di “scambiarlo” con il più piccolo piroscafo La Somme della Compagnie Générale Transatlantique (CGT), avente sede a Parigi. Il Saint Aygulf viene pertanto venduto alla CGT, registrato a Le Havre e ribattezzato Carimaré. Nominativo di chiamata FNRM.
La CGT lo mette inizialmente in servizio sulla linea Saint Nazaire-Algeria.
Giugno 1923
Trasferito sulla linea dalla Francia alle Antille.
20 aprile 1926
Il Carimaré soccorre in Atlantico l’equipaggio della goletta britannica Little Stefano, disalberata dal maltempo ed abbandonata in posizione 35° N e 35° O.
Aprile 1928
Il Carimaré trasporta da Port-au-Prince a Le Havre l’equipaggio del piroscafo Caracoli, appartenente anch’esso alla Compagnie Générale Transatlantique, distrutto da un incendio il 2 aprile a Port-au-Prince.
1928
Trasformato in piroscafo misto, con l’aggiunta di un ponte di passeggiata e di alcune sistemazioni per 12 passeggeri di prima e seconda classe, ed assegnato alla linea regolare Le Havre-Bordeaux-Haiti (con scali anche a San Juan de Puerto Rico, Puerto Plata, Cap Haitien, Port-de-Paix, Gonaives, Saint-Marc, Port-au-Prince, Santiago de Cuba, Petit-Goave, Les Cayes e Jaemel), sulla quale trasporta merci (prodotti finiti dall’Europa all’andata, prodotti “tropicali” al ritorno: soprattutto banane, zucchero, minerali, fertilizzanti, caffè) e passeggeri.
Marzo 1929
Durante un viaggio verso Le Havre, il Carimaré viene sorpreso da una tempesta che lo obbliga a mettersi alla cappa per tre giorni.
1929-1932
Secondo il libro "Le premier navire-école: Une école centrale maritime commerciale, l'École Saint-Elme d’Arcachon" di Jacques Traizet, in questo periodo il Carimaré sarebbe stato ribattezzato Jacques-Cartier II ed utilizzato come nave scuola per l’addestramento degli ufficiali della Compagnie Générale Transatlantique e non solo. Questa affermazione non sembra però essere confortata da altre fonti; i Lloyd’s Registers, in particolare, non registrano alcun cambio di nome da Carimaré a Jacques-Cartier II.
Dai Lloyd’s Registers risulta che nel 1930 il Carimaré aveva una stazza lorda e netta rispettivamente di 4459 tsl e 2667 tsn.
Anni 30
Il Carimaré viene assegnato alla linea merci della CGT che collega la Francia alle Antille, facendo scalo nelle Indie Occidentali francesi (Pointe-a-Pitre, Basse-Terre, Fort-de-France, St. Barthelmy, St. Martin), a St. Thomas, a San Juan de Puerto Rico, a Santo Domingo, a Haiti (Jeremie, Port-au-Prince, Petit Goave, Les Cayes e Jacmel), a Santiago de Cuba. Nelle Antille la merce viene solitamente trasbordata su altre navi, dirette nella Guyana francese.
25 dicembre 1932
A causa di uno sciopero dei portuali a Le Havre, il Carimaré, in arrivo da Haiti con un carico di 12.000 tonnellate di merci, viene dirottato a Saint-Nazaire. Anche i portuali di Saint-Nazaire rifiutano di lavorare, per la decisione del locale sindacato di mostrare solidarietà con gli scioperanti di Le Havre; il Carimaré viene pertanto scaricato da personale della CGT e da “uomini di buona volontà”, senza che si abbiano a registrare incidenti.
Settembre 1933
Il Carimaré trasporta da Saint-Nazaire a Caienna monsignor Pierre-Marie Gourtay, nominato vicario apostolico della Caienna e primo vescovo della Guyana francese.
21 giugno 1935
Il Carimaré s’incaglia al largo della foce del fiume Maroni (Marowijne), nella Guyana francese, durante un viaggio verso la Guyana britannica con un carico di legname.
Fine anni ’30
Verso la fine degli anni Trenta l’ormai anziano piroscafo viene trasferito sulla rotta Casablanca-Bordeaux, trasportando primizie dal Marocco alla Francia.
5-10 maggio 1937
Durante la guerra civile spagnola, il Carimaré è tra le navi noleggiare dal governo francese per evacuare da Bilbao (città in mano alle forze repubblicane), bombardata ed in procinto di essere investita dall’attacco delle truppe nazionaliste, 22.000 bambini e migliaia di altri civili, operazione organizzata da alcune organizzazioni britanniche e francesi. Alcune migliaia di profughi vengono imbarcati su piroscafi francesi, che navigano sotto la protezione di navi da guerra francesi (la corazzata Bretagne, l’incrociatore leggero Émile Bertin, i cacciatorpediniere Le Fantasque e Le Terrible, l’avviso Somme, partiti da Saint Jean de Luz il mattino dell’8 maggio per raggiungere le acque di Bilbao), le quali si tengono più al largo, a tre miglia dalla foce del fiume Nervión, nel Golfo di Biscaglia; altri 5000 prendono posto su navi passeggeri spagnole, l’Habana e l’Izarra, che li portano a Bordeaux, protette da navi da guerra britanniche (la corazzata Royal Oak ed i cacciatorpediniere Forester e Faulknor). Le navi da guerra anglo-francesi si tengono al largo della costa perché devono restare al di fuori delle acque territoriali spagnole, e nel breve tratto di navigazione nelle acque costiere alcune navi da guerra spagnole nazionaliste (tra cui l’incrociatore Almirante Cervera ed il cacciatorpediniere Velasco) cercano di intercettare qualcuno dei mercantili carichi di profughi, ma vengono dissuase dalle manovre della Royal Oak. Il Carimaré ha imbarcato per il viaggio 22 zattere e centinaia di giubbotti salvagente, mentre sui ponti sono stati disposti centinaia di materassi per sistemarvi i “passeggeri” durante il breve viaggio. I 70 uomini dell’equipaggio sono assicurati per 150.000 franchi ciascuno, dati i grandi rischi di questa traversata. L’operazione è organizzata dal Comitato di Aiuto francese a Bilbao.
I preparativi per adattare il Carimaré, che si trova a Bordeaux quando viene noleggiato, per il trasporto di un migliaio di profughi vengono condotti in un pomeriggio, il 5 maggio, sotto la direzione del funzionario della CGT Raoul Banet-Rivet e del comandante del piroscafo, capitano Mahé; le stive vengono adattate per alloggiarvi diverse centinaia di persone, vengono installati dei bagni sul ponte, imbarcati e sistemati in giro materassi ed imbarcati viveri per un migliaio di persone. Informato da un altro funzionario della CGT che l’equipaggio del Carimaré è un “cattivo” equipaggio, insolente e riottoso (l’impressione che Banet-Rivet ne ha quando li vede è che sembrano dei “pirati”: capelli lunghi, tatuaggi, sguardi truci), appena reduce da uno sciopero a Casablanca, Banet-Rivet riunisce gli uomini e spiega lo scopo del prossimo viaggio: recarsi a Bilbao, assediata dai nazionalisti spagnoli, per imbarcare dei profughi; missione molto pericolosa, spiega, si navigherà in acque minate e col rischio di essere cannoneggiati o bombardati. Chiede poi chi intenda rifiutarsi di partire; soltanto una mano si alza.
Il Carimaré, al comando del capitano Mahé e con a bordo anche Banet-Rivet, parte da Bordeaux a mezzanotte dello stesso giorno; scesa la Gironda fino a Le Verdon, si ancora in quella rada accanto al cacciatorpediniere Le Terrible, incaricato della sua scorta. Il comandante del Le Terrible, capitano di fregata Barthe, informa Mahé e Banet-Rivet che una nave da guerra nazionalista (Banet-Rivet parla nelle sue memorie dell’incrociatore España, ma in realtà questa nave, che peraltro era una corazzata, era affondata una settimana prima) ha comunicato per radio che le navi mercantili che tenteranno di avvicinarsi a Bilbao verranno prima intimate a lasciare le acque territoriali e poi, se rifiuteranno di eseguire l’ordine, saranno cannoneggiate da navi da guerra o bombardate da aerei. Mahé, Banet-Rivet e Barthe si recano a bordo del cacciatorpediniere caposquadriglia Le Fantasque per discutere la situazione con il comandante della squadriglia, capitano di vascello René-Charles Platon (un personaggio la cui sorte sarà destinata ad intrecciarsi ancora con quella del Carimaré, qualche anno dopo, e sempre per una questione legata a dei profughi, come si vedrà); questi riceve cortesemente gli uomini del Carimaré, ma fa di tutto per dissuaderli dal compiere la loro missione, sottolineandone i rischi e le difficoltà, insistendo che una simile impresa non potrà che finile nel ridicolo o nel sangue. (Scrisse Banet-Rivet: “Fortemente impregnata dall’Action française [movimento politico francese vicino al fascismo], ostile alla rivoluzione spagnola (…), la Marina aveva la sua politica particolare, anglofoba e reazionaria. Le creature di Darlan vi tenevano i primi posti”).
Alle 17 del 6 maggio, dopo aver imbarcato un osservatore olandese della Commissione Internazionale di Controllo, il Carimaré parte da Le Verdon; il Le Terrible lo scorta e gli segnala di preparare una bandiera della Croce Rossa, cosa che viene fatta. Verso mezzanotte giunge l’ordine di raggiungere Saint Jean de Luz, dove attendere altri due piroscafi francesi, il Château-Margaux ed il Château-Palmer, diretti anch’essi a Bilbao per imbarcare profughi. Il Carimaré arriva a Saint Jean de Luz il mattino del 7 maggio, ancorandosi fuori del porto, nel quale si trovano ormeggiati l’Émile Bertin (che alza l’insegna dell’ammiraglio Odend’hal), il Somme, il Forester, il Faulknor e la Royal Oak (quest’ultima arriva qualche ora dopo l’arrivo del Carimaré). Mahé e Banet-Rivet si recano sull’Émile Bertin per parlare con l’ammiraglio Odend’hal, dal quale ottengono l’assicurazione che, se il Carimaré dovesse essere affondato nelle acque territoriali spagnole, le navi francesi invierebbero le loro imbarcazioni a recuperare i naufraghi. Il capo di Stato Maggiore dell’ammiraglio li informa che il Somme, che è anche dragamine, dragherà la zona che si presume minata al di fuori delle acque territoriali, e indica loro la rotta ritenuta più sicura da seguire per evitare le mine all’interno delle acque territoriali.
Il Carimaré lascia Saint Jean de Luz all’una di notte dell’8 maggio, scortato dal Somme. Verso le cinque del mattino viene incontrata la corazzata britannica Resolution, e poco più tardi l’incrociatore franchista Almirante Cervera, che passa a poche centinaia di metri dalla poppa del Carimaré. Verso l’alba il piroscafo si unisce al convoglio formato da Château-Margaux e Château-Palmer, scortati dalle corazzate Bretagne e Lorraine, dall’Émile Bertin e dal Le Fantasque. Essendo il capitano Mahé il più anziano tra i tre comandanti dei piroscafi, è lui ad assumere il comando del convoglio, ponendosi alla sua testa, preceduto dal Somme che effettua dragaggio. Sui tre piroscafi, per sicurezza, le scialuppe vengono sospese ai paranchi, pronte all’ammaino, e vengono distribuiti all’equipaggio i giubbotti di salvataggio. Il Somme accompagna i piroscafi fino ai limiti delle acque territoriali, a tre miglia dalla costa; poi le tre navi proseguono da sole. Il Carimaré imbarca un pilota spagnolo, che si stupisce quando gli viene chiesto delle mine: lui non ne ha nemmeno sentito parlare; si tratta soltanto di una voce priva di fondamento. Verso le 13 le tre navi entrano nella rada di Portugalete (vicino alla foce del Nervion: Bilbao si trova qualche miglio più a monte), dove gettano l’ancora; poco dopo arriva una motolancia con a bordo il console di Francia a Bilbao, René Castéran, che sale sul Carimaré. Castéran spiega che non è ancora stato fatto nessun preparativo, e che non pensa sia possibile partire quella sera; Banet-Rivet ribatte che in ogni caso la nave dovrà ripartire entro l’indomani mattina. Il console se ne va dopo un’ora, e dopo un’altra ora Banet-Rivet, non avendo ricevuto istruzioni, si reca a Las Arenas, avamporto di Bilbao, per prendere accordi con il comandante del porto per l’ingresso delle tre navi. Banet-Rivet si reca poi a parlare ancora con il console Castéran; questi spiega che sarà possibile imbarcare i profughi durante la notte, ma aggiunge anche che il governo basco è interessato soprattutto a mettere in salvo le famiglie dei suoi sostenitori, quasi tutte persone benestanti. Banet-Rivet osserva che se il governo francese ha inviato tre piroscafi scortati da una squadra navale, non è certo per salvare soltanto i ricchi, e che è indispensabile fare spazio alle molte famiglie povere che vogliono lasciare Bilbao; chiede e ottiene da Castéran di conferire con il “ministro dell’Interno” del governo autonomista basco, Monzon, cui ripete tale punto di vista. Monzon dice che in ogni caso le navi dovranno partire l’indomani a mezzogiorno, e chiede se il governo francese provvederà ai bisogni dei rifugiati, preoccupandosi di come questi ultimi verranno accolti dai comunisti francesi; poi si dichiara disposto a sostituire metà delle 2000 persone già designate per l’imbarco con donne e bambini appartenenti a famiglie povere. Alla fine si raggiungerà un accordo: metà ricchi, metà poveri.
Il Carimaré e gli altri due piroscafi entrano nel porto di Bilbao durante la notte; i tre piroscafi sbarcano dapprima viveri e medicinali, raccolti in Francia mediante donazioni e sottoscrizioni ed inviati alla popolazione di Bilbao per iniziativa del Partito Comunista Francese, in collaborazione con i partiti comunisti italiano, tedesco, britannico, statunitense, olandese, cecoslovacco, polacco, belga, austriaco, jugoslavo, svizzero, svedese, norvegese, danese e lussemburghese.
L’imbarco dei profughi sulle tre navi avviene il mattino del 9 maggio: il Carimaré imbarca mille profughi, Château-Margaux e Château-Palmer 500 ciascuno (in totale si tratta di 2400-2500 profughi, quindi gli imbarcati su ciascuna nave dovrebbero essere in realtà stati un po’ di più). Metà dei passeggeri, in qualità di rifugiati, viaggiano gratuitamente, mentre i restanti, in gran parte appartenenti a famiglie benestanti, pagano per il viaggio; la maggior parte (2000, secondo una fonte) sono bambini, i restanti sono donne, vecchi e invalidi, in parte evacuati a cura del governo basco, in parte per conto proprio. Assiste all’evacuazione anche il famoso fotografo Robert Capa: una delle foto scattate durante la (breve) permanenza a Bilbao ritrae proprio profughi che salgono sul Carimaré. Il console Castéran sovrintende personalmente all’imbarco; i documenti dei profughi vengono controllati individualmente al momento di salire a bordo. Qualche problema sorge quando la polizia tenta di impedire l’imbarco dei cani dei profughi; Banet-Rivet dà allora ordine che vengano lasciati salire anche loro. Un momento di maggior tensione lo si passa verso le dieci del mattino (quando ormai le navi sono in rada e pronte a partire), quando sale sul Carimaré un poliziotto in borghese, accompagnato da un distaccamento di poliziotti armati, il quale chiede del generale d’artiglieria a riposo Rotacche, che, afferma, si è imbarcato “per errore”. Rotacche viene trovato, ma non intende assolutamente sbarcare; Banet-Rivet prende da parte il poliziotto in borghese e gli dice che non è intenzionato a consegnarlo, poi, dato che l’altro insiste, gli dice che se non se ne andranno, la nave partirà con loro a bordo. I poliziotti rinunciano e se ne vanno.
Le operazioni d’imbarco durano cinque ore, poi i tre piroscafi lasciano Bilbao a mezzogiorno, scortati da pescherecci armati repubblicani e protetti fin dove possibile dalle batterie costiere.
Scortato dal Le Terrible, che lo aspettava subito fuori del limite delle acque territoriali, il Carimaré trasporta i suoi mille profughi a Pauillac, vicino a Bordeaux, dove arriva alle dieci del mattino del 10 maggio, insieme a Château-Margaux e Château-Palmer. (Nel pomeriggio, durante la navigazione, un idrovolante franchista sorvola la formazione a quota tanto bassa che le persone sul Carimaré ne possono leggere il nome: Virgen del Chamorro. Parecchi dei profughi attaccano a sgranare il rosario, ma l’aereo se ne va senza compiere atti ostili). Da qui, dopo i controlli sanitari, i profughi vengono smistati per via ferroviaria in tutta la Francia.
Alcuni scambi di messaggi tra le autorità francesi coinvolte nell’evacuazione esprimono però forti dubbi sulla natura di parte dei profughi: il 12 maggio, infatti, l’agente della Compagnie Générale Transatlantique presente sul Carimaré per sovrintendere all’imbarco riferisce al Ministero degli Esteri francese che circa mille dei 2500 profughi, fatti imbarcare dal governo basco all’arrivo delle tre navi a Bilbao, appartengono a famiglie benestanti, che viaggiano pagando il biglietto e portando con sé la servitù; analoghe notizie raggiungono il Ministero della Marina, in seguito a conversazione telefonica tra l’ammiraglio Jean-Ernest Odend’hal ed il Comando Marina di Bordeaux. Sempre secondo queste fonti, la maggior parte dei “profughi benestanti” arrivati a Pauillac, dopo lo sbarco in Francia, si starebbero preparando a raggiungere San Sebastián, città basca che si trova nella zona occupata dalle forze nazionaliste di Francisco Franco, ragion per cui le autorità francesi si domandano chi realmente abbiano evacuato da Bilbao. Una nota di uno di questi rapporti precisa che “i nazionalisti baschi di destra sono ancora più estremisti dei falangisti”.
Agosto 1937-Settembre 1939
Noleggiato dalla CGT all’Office National Météorologique (l’Ufficio meteorologico nazionale francese), il Carimaré viene completamente rinnovato ed attrezzato come stazione meteorologica galleggiante sperimentale, per essere inviato nell’Atlantico (ad est delle Bahamas), compiendovi campagne meteorologiche di tre mesi.
I lavori di trasformazione, compiuti tra giugno e luglio, richiedono 45 giorni; la nave viene munita di una sala nautica e per i grafici, una sala per gli scandagliamenti, e di un tubo di lancio (installato a poppa, avente un diametro di tre metri) per il rilascio di palloni sonda meteorologici (in lattice, riempiti d’idrogeno, del diametro di due metri e del volume di 3-4 metri cubi), dotati di radiosonde di nuova concezione, a diverse miglia di quota, per registrare e trasmettere la velocità del vento, la temperatura ed altre condizioni aerologico-meteorologiche (che i palloni trasmettono alla nave mediante trasmettitori ad ultracorte di cui sono provvisti), a beneficio degli aerei che devono sorvolare l’Atlantico. Questo tubo di lancio (chiamato anche “camino”) permette di rilasciare i palloni sonda con qualsiasi condizione meteo, evitando che vengano risucchiati in mare dai vortici d’aria o sbattuti dal vento contro le sovrastrutture. Le attrezzature installate a bordo includono anche due generatori di idrogeno per riempire i palloni sonda (situati sotto il tubo di lancio), tubi per il gonfiaggio degli stessi, una campana a vuoto per calibrare il barometro della radiosonda, ghiaccio secco (fino a – 70° C) per calibrare i termometri, teodoliti, igrometri, radiogoniometri, nefoscopi, anemometri, banderuole e molto altro; vengono presi accorgimenti affinché tali strumenti non siano danneggiati dal mare e non risentano troppo dei movimenti della nave (per esempio, il tenente di vascello Torchet ha l’idea di accoppiare un teodolite ad un sestante, entrambi dotati di una sospensione cardanica, in modo da annullare gli effetti del rollio e del beccheggio). Inoltre, viene installata una stazione radio particolarmente potente – con tre trasmettitori, due dei quali ad onde corte, e ricevitori supplementari, oltre ad un adattatore che permette di modulare la trasmissione su onde lunghe o corte a seconda delle necessità –, in modo da poter inviare regolari bollettini meteorologici – basati sulle rilevazioni che vengono compiute quattro volte al giorno – sia alle navi in transito nella zona, sia agli esperti a Parigi (a Saint-Cyr, direttamente all’Ufficio nazionale meteorologico), nel Regno Unito, in Canada e negli Stati Uniti (in quest’ultimo caso, al servizio meteorologico della Pan-American Airways), sia agli aeroporti in cui devono atterrare gli aerei al termine delle loro trasvolate atlantiche (ai quali si forniscono informazioni utili a determinare le condizioni meteo all’atterraggio): Boston, Port Washington, Saint-Pierre et Miquelon, Viry-Châtillon, Biscarosse. I contatti con questi ultimi si riveleranno piuttosto difficoltosi nel 1937-1938, risultando pienamente soddisfacenti soltanto con la prima campagna meteorologica del 1939. Durante la sue campagne la nave dovrà anche fornire informazioni e indicazioni agli idrovolanti che si trovano a volare nelle vicinanze, guidandoli grazie alle sue attrezzature radiogoniometriche.
Principale finalità dell’utilizzo del Carimaré come stazione meteorologica galleggiante è quella di aiutare a sviluppare la nascente Compagnie Air France Transatlantique, compagnia aerea francese nata nel 1937 da un sodalizio tra la Compagnie Générale Transatlantique e la Air France, che intende inaugurare un collegamento aereo transatlantico Biscarosse-New York con l’impiego dei nuovi idrovolanti esamotori Latécoère 631, i più grandi al mondo (in grado di trasportare 20 passeggeri e tre tonnellate di merci, con un equipaggio di otto persone, volando a velocità di crociera di 215 km/h e con un’autonomia di oltre 4000 miglia). Questo servizio dovrebbe prendere il via nel 1939, ed è previsto che il Carimaré, stazionando al centro dell’Atlantico (ancorata con un cavo di ben 2 km), fornisca agli aerei della Compagnie Air France Transatlantique rapporti meteorologici ogni ora: una perfetta e costante conoscenza delle condizioni atmosferiche lungo tutto il percorso, una copertura completa e la capacità di realizzare previsioni affidabili e scegliere le rotte migliori a seconda del tempo sono indispensabili per sviluppare un collegamento aereo regolare. L’invio in Atlantico del Carimaré per compiere osservazioni meteorologiche (sul regime dei venti – direzione e velocità dei venti in quota –, sulla formazione del ghiaccio, etc.) lungo la rotta che la nuova linea aerea dovrà seguire è anzi il primo passo compiuto dalla Compagnie Air France Transatlantique. Lo scoppio della seconda guerra mondiale manderà in fumo questi progetti (peraltro, il Latécoère 631 si rivelerà un fallimento, risultando pericoloso ed antieconomico).
Più in generale, il Carimaré dovrà servire a raccogliere informazioni aerologiche e meteorologiche fondamentali per la navigazione aerea (specie relative allo stato dell’atmosfera nel Nord Atlantico, sulla quale esiste una carenza di informazioni da lungo tempo deplorata dai meteorologi), in un’epoca che vede la nascita dei primi collegamenti aerei di linea. In passato alcune navi della CGT, specialmente il piroscafo Jacques Cartier, sono già state utilizzate per compiere rilevazioni meteorologiche durante i loro viaggi commerciali, ma si tratta di osservazioni eseguite lungo le rotte più conosciute: rimane invece una vasta zona di 6.000.000 di miglia quadrate (grosso modo tra i meridiani 44° e 45° O ed i paralleli 35° e 40° N, tra Terranova, le Bermuda e le Azzorre: durante le campagne del 1938 e 1939 il Carimaré stazionerà più o meno a uguale distanza da queste tre terre) che finora è stata scarsamente oggetto di ricerca meteorologica, perché lontana dalle rotte commerciali più frequentate, al punto da essere definita un “vuoto” meteorologico ed evitato per questo – incertezza sul tempo che si incontrerà – dalla maggior parte delle navi e degli aerei. Proprio qui, tra Bermuda e le Azzorre, dovrebbero passare le future linee aeree commerciali. Si vogliono analizzare i fenomeni atmosferici di tale area, a ponente delle Azzorre (ed interessata dall’omonimo anticiclone), e per questo occorre inviarvi una nave specificamente attrezzata per qualche settimana, che stazioni in uno stesso punto e svolga in tutto e per tutto il lavoro di una vera stazione meteorologica, concentrando tutti i dati.
L’equipaggio del Carimaré, come nave meteorologica, è composto da 75 tra ufficiali e marinai (compresi tre radiotelegrafisti), più 12 meteorologi dell’Office National Météorologique (tra questi ultimi, Louis Auberger, Albert Bordes, Raymond Jalu, André Livet, Charles Boissonade, Philippe Darondeau, R. Ploix, Boulanger, sotto la direzione prima del capo meteorologo Gautier-Villars e poi del capo meteorologo Paul Durandin), divisi in due squadre di 6 che si alternano ogni dodici ore, in modo che la loro attività possa proseguire senza sosta, giorno e notte. (Per altra fonte, l’equipaggio sarebbe stato composto da 9 o 12 ufficiali, 13 marittimi di coperta, 20 marittimi di macchina, 5 meteorologi, 9 assistenti civili e 4 radiotelegrafisti). Ogni giorno questi ultimi compiono un radiosondaggio a 30.000 metri, due sondaggi dei venti in quota e, ogni sei ore, misurazioni sullo stato del mare, la forza del vento in superficie, la direzione del vento, la temperatura, l’umidità, la nuvolosità, la pressione barometrica, la visibilità e le condizioni del cielo. Di notte, per misurare la quota massima raggiungibile dagli aerei, viene acceso un proiettore situato a poppa per illuminare la “base” delle nuvole, la cui altezza sull’orizzonte viene poi misurata con un silometro situato a prua (operazione non facile, dato il rollio e beccheggio della nave). Vengono raccolto dati sia sulle condizioni del mare che in quota, a beneficio sia delle navi che degli aerei; in base alle informazioni meteorologiche raccolte dalle navi di passaggio ed alle proprie osservazioni, il Carimaré dovrà indicare agli aerei il percorso più sicuro da seguire, per evitare turbolenze. Vengono inoltre analizzate le perturbazioni dirette verso l’Europa. Le navi di passaggio nelle vicinanze, piccole e grandi, i cui apparati radio non sono abbastanza potenti da raggiungere il Continente, trasmettono inoltre al Carimaré notizie sui fenomeni meteorologici che osservano; la raccolta ed elaborazione centralizzata delle osservazioni delle altre navi (poi ritrasmesse all’aria ad intervalli: all’1.30, 7.30, 13.30 e 19.30) è un altro dei suoi compiti principali.
Il Carimaré detiene il primato di essere stato la prima nave meteorologica stazionaria attiva nell’Atlantico settentrionale, e più in generale la prima nave meteorologica della storia (in precedenza, gli uffici meteorologici di vari Paesi si limitavano ad inviare meteorologi a bordo di normali navi mercantili per effettuare osservazioni durante i loro viaggi). È anche la prima nave ad effettuare radiosondaggi delle temperature.
Durante i tre mesi che il Carimaré trascorre in mare in ciascuna delle sue campagne, solitamente viene “visitato” una volta al mese (o anche meno) da una bananiera di passaggio, alla quale viene affidata la corrispondenza dell’equipaggio. A disposizione dell’equipaggio e dei meteorologi ci sono una piccola piscina di pochi metri quadri (lunga 4,5 metri), una libreria, un cinema ed una sala fumatori; un altro dei passatempi principali è la pesca (nell’ultima campagna del 1938, vengono pescati 750 kg di orate, dodici squali di 2,5-3 metri di lunghezza ed una tartaruga marina di qualche centinaio di chili). Per l’alimentazione dell’equipaggio nei tre mesi in mare, prima di partire il Carimaré imbarca numerosi polli, buoi, montoni e maiali da macellare durante i tre mesi per ottenere la carne; per la verdura occorre ricorrere a generi inscatolati, anche se i meteorologi tentano di coltivare a bordo un piccolo orto di pochi metri quadri, con risultati contrastanti (la lattuga non riesce a crescere, a causa degli spruzzi delle onde che ne “bruciano” le foglie, mentre maggior successo ha la coltivazione dei ravanelli: nella penultima campagna l’orto di bordo produce ben 7000 ravanelli nei 103 giorni trascorsi in mare). Il tutto integrato, ovviamente, dalla pesca.
Tutte le campagne del Carimaré si svolgono al largo delle Azzorre, con partenza e ritorno a Le Havre.

Il Carimaré dopo la conversione in nave meteorologica: a poppa è visibile il tubo di lancio per i palloni sonda (Compagnie Générale Maritime, via www.bibliotheque.meteo.fr)

8-17 luglio 1937
Prima di partire per la sua prima campagna meteorologica in Atlantico, la nave compie una crociera di prova al largo delle coste britanniche, al comando del capitano Maurice Belvaire (che poi comanderà il Carimaré per quattro delle sue cinque successive campagne meteorologiche) e con a bordo due giornalisti, due meteorologi (il capo dell’osservatorio aerodinamico di Trappes, Periat, e Rosenberg, del servizio previsioni) ed il tenente di vascello Pinson, distaccato dalla Marina. Partito da Le Havre l’8 luglio, il Carimaré naviga per sei giorni nel Canale della Manica, nel Mar d’Irlanda e nel Canale di Bristol, compiendo delle prove di lancio di palloni sonda ed altre misurazioni meteorologiche ed aerologiche; poi la nave fa scalo a Cardiff, dove rimane per tre giorni, rifornendosi di carbone prima di ritornare a Le Havre il 17 luglio.
14 agosto-13 novembre 1937
Il Carimaré effettua la sua prima campagna meteorologica, stazionando in quattro punti del Nordatlantico (36° N e 43° O dal 25 agosto al 13 settembre; 36° N e 42° O dal 20 al 25 settembre; 43° N e 40° O dal 7 al 17 ottobre; 40° N e 39° O dal 19 ottobre al 4 novembre), cioè i quattro angoli del quadrilatero formato dall’intersezione dei paralleli 36° e 40° N e dei meridiani 36° e 40° O. Sono tre mesi intensi: i messaggi radio scambiati tra il Carimaré e le navi e gli aerei di passaggio (a questi ultimi, la nave fornisce informazioni utili per rendere più sicuro il loro volo) variano da un minimo di 58 ad un massimo di 104 al giorno; vengono effettuati 58 radiosondaggi (su base giornaliera), in 40 dei quali i palloni sonda salgono oltre i 10.000 metri di altitudine (18 dei quali salgono anche oltre i 15.000, in piena stratosfera, ed uno di essi a ben 25.000 metri), e 204 lanci di palloni sonda. Altrettanto importante è il collegamento diretto tra la nave ed i principali centri meteorologici su entrambe le sponde dell’oceano: il 1° novembre 1937, ad esempio, quando un pallone sonda sale a 16 km di altitudine (in quel momento il Carimaré si trova in posizione 39°54’ N e 38°92’ O, circa 500 miglia a nordovest delle Azzorre), il risultato viene trasmesso “in tempo reale” all’Ufficio meterologico di Londra. Vengono protette 10 trasvolate aeree, e raccolte 1471 osservazioni (1210 direttamente, 261 via altre navi; altra fonte parla di 6575 osservazioni “in superficie” di altre navi raccolte dal Carimaré, quattro volte al giorno).
Al termine della campagna, la nave rientra in Francia il 13 novembre 1937.

Il Carimaré parte da Le Havre per una campagna meteorologica in Atlantico (da www.pallas.cegesoma.be)

9 aprile-4 luglio 1938
Parte da Le Havre il 9 aprile per la seconda campagna meteorologica. In maggio il Carimaré staziona in posizione 38° N e 44° O (dove giunge il 23 aprile), in giugno in posizione 39° N e 44° O (che lascia il 24 giugno), tra le Bermuda e le Azzorre. Vengono raccolte 8218 osservazioni direttamente e 1280 via altre navi (in totale 9498, di cui 8380 vengono ritrasmesse; l’85 % delle osservazioni risulta utilizzabile dalla stazione meteo di bordo), protette 10 trasvolate aeree (rilevando, con teodoliti e radiosondaggi, la distribuzione, densità e posizione degli strati delle nuvole, la forza del vento e le aree di più probabile formazione del ghiaccio sulle ali degli aerei), effettuati 82 radiosondaggi (4 durante il viaggio di andata, 67 durante lo stazionamento, 11 durante il viaggio di ritorno; uno inutilizzabile, 3 saliti a meno di 10.000 metri, 78 oltre i 10.000, 65 dei quali oltre i 15.000 metri e con un picco di 21.100 metri il 26 maggio) e 201 sondaggi del vento, 56 dei quali effettuati con palloni sonda (50 superano i 5000 metri, 20 i 10.000 metri, con un’altitudine massima raggiunta di 19.000 metri), due volte al giorno (a mezzogiorno ed alle sei di sera). I risultati dei radiosondaggi vengono trasmessi a Parigi il giorno stesso della loro effettuazione. Nel traffico bilaterale, vengono ricevute 2528 osservazioni da navi francesi (più 4062 intercettate), 73 di navi britanniche, 70 di navi statunitensi, 56 di navi norvegesi, 17 di navi tedesche, 13 di navi italiane, 5 di navi belghe, 5 di navi danesi, 3 di navi portoghesi e 3 di navi greche. Sulla base dei dati raccolti vengono inoltre elaborate mappe previsionali complete, trasmettendo i dati necessari agli aerei in volo, e con l’aiuto dei meteogrammi continentali ricevuti dai centri meteorologici di Parigi, Arlington, Horta e Lisbona (coi quali il Carimaré si tiene in costante contatto durante tutta la campagna), vengono preparate e diffuse due volte al giorno, dal 23 aprile al 2 luglio (bollettino meteo in inglese dalle 17.30 alle 20.30 ed in francese fino alle 21) anche previsioni sullo stato del mare, per le navi in navigazione nel Nord Atlantico. In aggiunta a queste, dalle 17.25 alle 21.35 vengono trasmessi bolettini meteo speciali per i pescherecci che pescano sui banchi di Terranova. È anche grazie a questo servizio, molto apprezzato dai suoi beneficiari, che il Carimaré riceve in cambio una notevole mole di osservazioni di altre navi.
Durante tale campagna, il Carimaré partecipa anche ad una ricerca internazionale volta a “mappare” la Corrente del Golfo, effettuando misurazioni della temperatura sia del mare che dell’aria per rilevare a quali cambiamenti vanno incontro le masse d’aria durante il loro transito sul Nord Atlantico. Queste osservazioni, 51 in tutte, vengono trasmesse tra il 22 maggio ed il 17 giugno alla nave meteorologica tedesca Altair, che a sua volta le ritrasmette alla nave per ricerche norvegese Armaeur Hansen. Nell’ambito dello stesso collegamento, l’Altair trasmette al Carimaré i risultati di 19 radiosondaggi, 25 sondaggi del vento e 74 osservazioni. Dal 27 maggio al 24 giugno il Carimaré è inoltre in collegamento con la Pattuglia Internazionale dei Ghiacci, dalla quale riceve 184 osservazioni. Vengono infine elaborate mappe della pressione barometrica, della velocità del vento, dello stato igrometrico e della temperatura dell’aria al livello del mare, dati che vengono inviati a Parigi e che permettono all’Office National Météorologique, unitamente ai dati raccolti dalle stazioni dell’Europa occidentale, di preparare le prime mappe sperimentali dei diversi strati dell’aria, fino a oltre 15 km di altezza, tra le Azzorre e le Bermuda.

Un’altra immagine del Carimaré (Compagnie Générale Maritime)

8 agosto-4 novembre 1938
Terza campagna meteorologica. La nave parte da Le Havre alle 11 dell’8 agosto, con un ritardo di due giorni rispetto al previsto sia per un’avaria che per la necessità di attendere l’invio da Parigi del platino necessario a compiere alcuni esperimenti; raggiunge poi il punto 38° N e 44° O, dove staziona per tutta la durata della campagna. Vengono raccolte 8000 osservazioni direttamente e 1112 via altre navi (in totale 9112, di cui 8492 vengono ritrasmesse), protette 19 trasvolate aeree, effettuati 92 radiosondaggi (55 dei quali oltre i 15.000 metri, con un picco di 21.000 il 10 settembre) e 256 sondaggi del vento.
Marzo 1939
Il Carimaré viene visitato da alcuni eminenti meteorologi britannici del Ministero dell’Aria e da membri della Atlantic Division della Imperial Airways, tra cui il capitano Wilcockson. Particolare interesse attira il “camino” per il lancio dei palloni sonda, che risolverebbe molti dei problemi dei meteorologi britannici, i cui palloni finiscono spesso impigliati nelle antenne radio.
22 marzo-2 luglio 1939
Quarta campagna meteorologica. Dapprima, dal 4 al 28 aprile, il Carimaré staziona nel punto 40° N e 17° O, e poi, dal 16 maggio al 23 giugno, nel punto 38° N e 44° O, rientrando a Le Havre il 2 luglio dopo aver trascorso in mare 103 giorni, compiendo 11.727 osservazioni (10.431 direttamente, 1296 via altre navi, di cui 10.987 ritrasmesse) e guidando 14 voli britannici, statunitensi e francesi tra Lisbona e New York, tra cui le traversate bisettimanali dei "Clipper" della Pan Am (nella notte dell’1-2 giugno l’"Atlantic Clipper" della Pan Am, volando a 200 km/h, passa proprio sulla verticale del Carimaré) e quelle degli idrovolanti francesi Lieutenant de Vaisseau Paris e Ville de Saint-Pierre. Vengono inoltre compiuti 107 radiosondaggi (40 dei quali superano i 15.000 metri, con il picco di 18.900 metri il 1° luglio) e 257 sondaggi del vento.

Un articolo della rivista "La Nature" relativo al Carimaré (da www.cnum.cnam.fr)

10 agosto-2 ottobre 1939
Alle 16.40 del 10 agosto il Carimaré parte da Le Havre al comando del capitano Jean Rochet, che ha sostituito il comandante Maurice Belvaire, per la sua quinta campagna meteorologica. La nave raggiunge il 21 agosto il punto 38°30’ N e 44° O, nel quale compie 850 osservazioni dirette e ne raccoglie 195 da altre navi (totale 1045, 997 delle quali ritrasmesse), proteggendo tre trasvolate aeree, effettuando 23 radiosondaggi (il più alto, 15.900 metri, è del 25 agosto) e 14 sondaggi del vento.
Il 1° ottobre 1939, la campagna viene interrotta in seguito allo scoppio della seconda guerra mondiale, dopo di che il Carimaré – cui è stato ordinato di rientrare a Le Havre – raggiunge Funchal per poi fare successivamente ritorno in Francia.
(Secondo il numero dell’aprile 1939 della rivista "Popular Aviation", il Carimaré rimane invece ormeggiato in un punto situato 800 miglia ad ovest delle Azzorre per tre mesi, a cavallo dell’inverno 1938-1939 e della successiva primavera, compiendo studi e rilevazioni sul clima della zona in quel periodo. La nave rientra poi a Le Havre per poi tornare di nuovo nello stesso punto al largo delle Azzorre e compiervi nuove rilevazioni, stavolta tra l’estate e l’inizio dell’autunno).
Il servizio del Carimaré si è rivelato molto utile, permettendo di ottenere una considerevole mole di informazioni meteorologiche su un’area di oceano finora poco oggetto di ricerca meteorologica. Con i dati raccolti dal Carimaré, è risultata possibile una “mappatura” di una complessa area tra le Bermuda e le Azzorre, in precedenza meteorologicamente “inesplorata”. In due anni di servizio come nave meteorologica, il Carimaré ha trascorso 390 giorni in mare, effettuando 362 radiosondaggi, 728 sondaggi del vento, raccolto 32.853 osservazioni di navi (30.277 delle quali poi ritrasmesse ai servizi meteorologici francese, britannico, statunitense e tedesco) e contribuito alla sicurezza di 56 trasvolate oceaniche, assicurando il collegamento radio tra gli aerei e le loro basi a terra. Inoltre, ha condotto studi sulle correnti marine (corrente del Golfo e corrente del Labrador: velocità, direzione, temperatura), sugli iceberg e sulla formazione della bruma in mare; dal 1938 i meteorologi Paul Durandin, V. K. Mironovitch e André Viaut, basandosi sui risultati dei radiosondaggi, hanno potuto pubblicare uno studio originale sulla struttura verticale dell’atmosfera in autunno tra le Azzorre e le Bermuda. Il continuo impiego nell’ambiente marino ha permesso il miglioramento delle tecniche e delle strumentazioni utilizzate per compiere le osservazioni.
16 settembre 1939 (?)
Il Carimaré parte in zavorra da Halifax il 16 settembre 1939 alla volta di Liverpool, facendo parte del convoglio HX 1 (insieme ai piroscafi britannici Cairnesk, Egton, Gloucester City, Hartismere, Consuelo, Maplewood, Delilian, Springdale, Silverlarch, Capulet, City of Eastbourne, Kirnwood, Marsepool, Beaverford e Nova Scotia – capoconvoglio, capitano di vascello V. P. Alleyne – ed ai francesi Henry Desprez e Vermont).
Durante la navigazione, il Kirnwood deve tornare indietro. La scorta del convoglio è composta dagli incrociatori pesanti britannici York e Berwick e dai cacciatorpediniere canadesi St. Laurent e Saguenay. Questi ultimi due, tuttavia, lasciano il convoglio già il 17 settembre, mentre York e Berwick fanno lo stesso il giorno seguente. (La data del 16 settembre, riferita da Warsailors e dall’Arnold Hague Ports Database, contrasta però con quelle di varie fonti francesi secondo cui il Carimaré avrebbe interrotto la sua missione meteorologica soltanto l’1 o 2 ottobre).
30 settembre 1939
Il convoglio giunge a Liverpool. Il Carimaré prosegue poi per Le Havre.
1° ottobre 1939
Arriva a Le Havre.
13 dicembre 1939
Requisito dalla Marina francese.
2 marzo 1940
Il Carimaré parte da Casablanca insieme al convoglio KS. 72, formato da sedici mercantili privi di scorta (oltre al Carimaré, i francesi Brumaire, Fauzon, Guilvinec, Ange Schiaffino, Louis Charles Schiaffino, Marie Jose, Mitidja, Nord-Est, P.L.M. 20, Penthievre e Strabon, i britannici Gardenia, Luminetta ed Henri Mory ed il greco Pancration).
8 marzo 1940
Arriva a Brest con il resto del convoglio.
1° aprile 1940
Il Carimaré salpa da Southend insieme al convoglio OA. 121, formato da sette mercantili (oltre al Carimaré, il francese Leopold L. D., il greco Konistra, il panamense Calliope ed i britannici Alfred Jones, Bradford City – nave capoconvoglio – e Dashwood) scortati inizialmente dal cacciatorpediniere britannico Ardent e dal sommergibile L 23. Quest’ultimo lascia la scorta il 2 aprile, mentre lo stesso giorno si unisce ad essa lo sloop HMS Wellington. Il 3 aprile la scorta viene ulteriormente rinforzata dai cacciatorpediniere Versatile e Windsor, pure britannici.
4 aprile 1940
Il convoglio si disperde, i singoli mercantili dirigono ciascuno verso la propria destinazine.
21 maggio 1940
Il Carimaré lascia Casablanca insieme al convoglio «KS 99», formato da tredici mercantili (i francesi AveyronCap El HankChâteau Latour e Carimaré, i britannici Anadara e British Pride, gli svedesi Liguria e Calabria, gli olandesi Wanderburgh e Sanderburgh, i norvegesi Dagfred e Skrim, il greco Zeus) privi di scorta.
27 maggio 1940
Il convoglio giunge a Brest.
17 o 18 giugno 1940
Il Carimaré parte da Le-Verdon-sur-Mer alla volta di Dakar (Senegal) in convoglio con i piroscafi francesi Bourgogne, Ville de Havre, Groix, Maris Stella, Tadorne, Pierre Claude, Maurice Delmas e Marguerite Finaly, coi quali forma il convoglio 65. X.
23 giugno 1940
Il convoglio arriva a Casablanca.
25 giugno 1940
Derequisito dalla Marina francese.
1940
Dopo la resa della Francia, il Carimaré viene riconvertito in normale piroscafo da carico ed assegnato al servizio tra Marsiglia ed i porti del Nordafrica francese. (Secondo una fonte, dopo l’armistizio franco-tedesco la nave avrebbe lasciato Marsiglia diretta in Africa Occidentale francese; ma evidentemente fece successivamente ritorno in Provenza).
31 marzo 1941
Il Carimaré (capitano Charles Perrin) salpa da Marsiglia diretto in Martinica, trasportando 304 o 400 rifugiati in fuga dalle persecuzioni naziste (tra cui un centinaio di ebrei, oltre a tedeschi antinazisti, scrittori e intellettuali dissidenti, artisti considerati “degenerati” dal regime nazista, apolidi, esuli spagnoli repubblicani rifugiatisi in Francia dopo la caduta della Repubblica spagnola), tra cui il pittore surrealista André Masson (le cui opere sono considerate dai nazisti “arte degenerata”) con la moglie Rose ed i figli Diego e Luis, l’antinazista tedesco Emil Kirschmann, il politico socialdemocratico tedesco Johann Caspari e lo storico dell’arte tedesco John Rewald (di origini ebraiche). Dalla Martinica, i rifugiati proseguiranno poi verso gli Stati Uniti, ancora neutrali in questo periodo.
Masson, Kirschmann, Caspari, Rewald e molti altri hanno ottenuto un visto d’ingresso grazie alla rete di soccorso creata dal giornalista statunitense Varian Fry, esponente dell’Emergency Rescue Committee, che con l’aiuto del viceconsole degli Stati Uniti a Marsiglia, Hiram Bingham (il quale fornisce ai fuggiaschi, in modo più o meno regolare, visti e "passaporti Nansen" che permettono loro di espatriare e raggiungere gli Stati Uniti), riuscirà a far fuggire dalla Francia oltre 2000 tra ebrei ed oppositori politici del nazismo (tra questi ultimi, diversi scrittori dissidenti, pittori, musicisti ed artisti avanguardisti). Anche un’altra associazione di aiuto agli ebrei, l’HICEM (fondata nel 1926 per aiutare gli ebrei ad emigrare dai Paesi europei in cui è più forte l’antisemitismo), indirizza dei fuggiaschi verso la rotta della Martinica, anche se in misura minore rispetto a Fry ed all’Emergency Rescue Committee, che fanno di questa rotta la via di fuga principale – neanche clandestina, per giunta: e pertanto molto più sicura – per gli ebrei e gli antinazisti che vogliono lasciare la Francia.
Le navi possono compiere il viaggio dalla Francia continentale alla Martinica perché quest’ultima è un dipartimento francese d’Oltremare, anch’esso sotto il controllo di Vichy, dunque questa traversata risulta ancora un trasferimento “interno” alla Francia; i partenti per la Martinica necessitano per la verità di un visto d’uscita dalla Francia metropolitana (e di uno in entrata in un Paese straniero) per potersi imbarcare, ma le autorità di Vichy rilasciano tali documenti senza fare molti problemi, “chiudendo un occhio” in parecchie occasioni. In questo periodo, infatti, molti pétainisti – in particolare il ministro dell’interno Marcel Peyrotoun, uno dei principali “ideatori” della rotta migratoria della Martinica, da questi motivata con uno strano miscuglio di giustificazioni xenofobe (la necessità di liberarsi degli “indesiderabili” e degli "stranieri", "peso morto" per la nuova società francese da essi idealizzata) e “umanitarie” (l’inaccettabilità della loro permanenza nei campi d’internamento, dove le condizioni degli internati sono spesso pessime) – considerano ancora che un buon modo per liberarsi di individui da essi considerati “indesiderabili”, a partire dagli ebrei, sia di favorirne l’emigrazione verso altri Paesi, ergo ne agevolano l’esodo verso la Martinica (diffondendo anche notizia di questa possibilità attraverso le prefetture), cercando di fare in modo che una volta giunti lì essi proseguano verso gli Stati Uniti. Pertanto, l’esodo di ebrei e perseguitati politici verso la Martinica non solo non necessita di essere condotto in clandestinità, ma è persino “incoraggiato” dalle autorità di Vichy.
O, almeno, da una parte di esse: il piano di Peyrotoun incontra infatti l’opposizione di altri importanti pétainisti, specialmente il ministro delle colonie René-Charles Platon (che risponde alla proposta di Peyroton: "le stesse imperative ragioni che vi inducono ad allontanare queste persone dalla Francia metropolitana mi obbligano ad impedire a questi stranieri l’accesso ai territori sotto il mio controllo") e diversi governatori dei dipartimenti oltremare (tra cui Henry Bressoles, governatore della Martinica) e funzionari dell’amministrazione coloniale, che però non riescono a bloccarlo del tutto, sebbene intralciandone l’esecuzione con lungaggini burocratiche. (René-Charles Platon, ora divenuto ammiraglio e ministro, altri non era se non il vecchio comandante del Le Fantasque e della sua squadriglia nel 1937, quando aveva cercato di scoraggiare il Carimaré dal compiere la sua missione di salvataggio profughi a Bilbao: confermando le sue visioni del 1937, era divenuto uno dei più fanatici esponenti di Vichy, reazionario, antisemita, antidemocratico e ferocemente antibritannico. Fervente collaborazionista, criticò aspramente l’autoaffondamento della flotta francese a Tolone il 27 novembre 1942, avvenuto per sottrarla alla cattura da parte tedesca; finì catturato e fucilato da partigiani francesi nel luglio 1944).
Per la seconda volta in pochi anni, il Carimaré si ritrova così ad essere una nave per profughi. Gli interni del piroscafo vengono adattati alla meglio per trasportare un numero tanto elevato di persone: nelle poche cabine disponibili vengono sistemati quattro letti, mentre quasi tutti gli altri locali, salvo la sala da pranzo, vengono trasformato in dormitori, con 12-16 letti. Anche nelle stive vengono ricavati spazi per dormire, ma facendo troppo caldo, gli occupanti preferiscono dormire all’aperto sul ponte.
Il Carimaré trasporta in Martinica anche 17 quadri di proprietà del gallerista e commerciante d’arte francese Georges Wildenstein, che li ha fatti imbarcare su questa nave per farli arrivare a New York via la Martinica, eludendo il blocco britannico.
3 aprile 1941
Dopo aver costeggiato la costa spagnola, il Carimaré raggiunge Orano, entrandovi l’indomani.
10 aprile 1941
Lascia Orano insieme ad un convoglio, ed attraversa lo stretto di Gibilterra, viaggiando nella nebbia e con mare tempestoso. Quasi tutti i passeggeri sono affetti da mal di mare.
Raggiunge poi Casablanca, dove si trattiene solo per poche ore, poi dirige verso sud in direzione di Dakar, per poi fare rotta verso le Indie Occidentali.
29 aprile 1941
Arriva a Fort-de-France, in Martinica.
Il libro "Escape from Vichy" menziona come, secondo un rifugiato, “sul Carimaré i membri dell’equipaggio, non avendo niente di meglio con cui divertirsi, avevano deciso di fingersi membri della polizia segreta tedesca per spaventare gli emigranti a bordo”. In effetti spie e delatori ci sono davvero, a bordo di queste navi, anche durante questi viaggi verso la salvezza: lo scienziato Bertrand Goldschmidt, uno dei rifugiati diretti in Martinica sul Carimaré, ricorderà molti anni dopo di essere stato denunciato da un altro passeggero del Carimaré per essere in possesso di un libro “sovversivo” (un testo progressista sul matrimonio, scritto nel 1907 da Léon Blum), che peraltro in realtà non possedeva, venendo per questo perquisito al suo arrivo a Fort-de-France dalla polizia di Vichy. D’altra parte, tutti i passeggeri vengono perquisiti al momento dello sbarco, dopo di che i profughi vengono provvisoriamente internati nel campo d’internamento di Balata, nelle montagne dell’interno, per circa un mese, prima di essere imbarcati su una nuova nave che li porterà in America.
I quadri di Georges Wildenstein, al loro arrivo in America, verranno invece sequestrati e depositati in un “conto” bloccato dalle autorità statunitensi, avvertite da quelle britanniche del tentativo del mercante di aggirare in tal modo il blocco ed i controlli britannici (dopo essersi impegnato con le autorità di Londra a non spedire i quadri oltreoceano): queste ultime, infatti, considerano ormai la Francia di Vichy come una nazione nemica ed intendono bloccarne i commerci internazionali, temendo che questi ultimi possano servire ad alimentare la macchina bellica tedesca. Nel caso del commercio di quadri, i britannici (e gli statunitensi, che ne convididono in larga parte le posizioni antitedesche ed anti-Vichy, pur essendo ancora neutrali) ritengono che dietro i venditori francesi possano celarsi in realtà interessi tedeschi, e che tra le opere d’arte esportate dalla Francia di Vichy possano esservi anche opere rubate dai nazisti. Infatti Wildenstein, pur essendo ebreo (da qualche mese è infatti fuggito in America con la famiglia, per evitare la deportazione), ha imbastito un traffico internazionale di opere d’arte con Karl Haberstock, commerciante d’arte tedesco protagonista di svariati furti di opere d’arte nei Paesi occupati, e con l’aiuto di Roger Dequoy, suo collaboratore, rimasto a Parigi a gestire la galleria Wildenstein dopo la fuga in America del proprietario.
Maggio 1941
Durante la sosta in Martinica due marinai del Carimaré, entrambi di Le Havre, vengono duramente puniti per aver aiutato un loro compagno a fuggire per unirsi agli Alleati.
Nel viaggio di ritorno verso la Francia, il Carimaré trasporta rum e banane, generi che in Francia sono ormai razionati.
La rotta “di fuga” dalla Francia verso la Martinica, aperta verso la fine del 1940 e servita complessivamente al salvataggio di qualche migliaio di persone tra ebrei e rifugiati politici (circa 3000 secondo una stima), andrà incontro a precoce chiusura nello stesso maggio 1941, per una serie di ragioni: la già citata opposizione delle autorità coloniali della Martinica all’arrivo di altri rifugiati, soprattutto ebrei; l’ostilità statunitense all’arrivo di immigrati nel proprio territorio (dato che gli Stati Uniti sono la meta finale di gran parte dei profughi giunti in Martinica); i sospetti da parte statunitense e britannica che tra i rifugiati diretti in Martinica, molti dei quali di origini tedesche (ebrei ed antinazisti), si nascondano anche spie naziste intenzionate a stabilire una “base” per operazioni tedesche nei Caraibi od anche a penetrare negli Stati Uniti, timori che raggiungono livelli di vera paranoia: nel maggio 1941, il "New York Times" pubblica un articolo secondo cui la Martinica sarebbe un “bastione pro-nazista” nell’emisfero occidentale, nel quale verrebbe distribuita propaganda pro-Asse. Per di più, i britannici cercano in ogni modo di restringere il traffico mercantile tra la Francia e le Indie Occidentali, con lo scopo di “costringere” i governatori francesi di quei territori a passare da Vichy alla causa gaullista. Un articolo di Eric Jennings sul "Journal of Modern History" del giugno 2002 (Vol. 74, N. 2) giunge ad affermare che di fatto furono i sospetti e le restrizioni angloamericane a portare alla “chiusura” della rotta della Martinica, ben più che non l’ostruzionismo delle autorità coloniali di Vichy. L’evento cruciale che porta all’interruzione del traffico con la Martinica è l’abbordaggio e la confisca da parte di una nave da guerra olandese, il 25 maggio 1941, dei piroscafi francesi Winnipeg ed Arica, in navigazione dalla Francia alla Martinica (abbordaggio causato sia dalla necessità, da parte britannica, di impadronirsi di naviglio mercantile, sia dalle segnalazioni dei servizi segreti olandesi, secondo cui sul Winnipeg si troverebbero 25 spie tedesche dirette in Martinica). In seguito a questo episodio, il traffico sulla rotta Casablanca-Fort-de-France viene interrotto fino al 18 agosto, quando verrà ripreso soltanto con l’obbligo di permettere alle autorità britanniche l’ispezione delle liste dei passeggeri, il che porta all’abbandono del progetto di Marcel Peyrotoun per l’emigrazione/espulsione dei profughi verso la Martinica.
Estate 1941
Lo spionaggio statunitense in Marocco raccoglie informazioni secondo cui il Carimaré avrebbe caricato a Casablanca 4200 tonnellate di manganese clandestinamente destinate alla produzione bellica dell’Asse. Nel Nordafrica francese, controllato dalla Francia di Vichy, è infatti attiva una rete spionistica statunitense coordinata dal consigliere d’ambasciata Robert Daniel Murphy, attiva nella raccolta di informazioni dalle quali emerge l’esistenza di un traffico clandestino di cibo e materie prime dai porti del Nordafrica francese all’Italia ed alla Germania.
31 gennaio 1942
Parte da Casablanca diretto a Dakar, trasportando truppe francesi dirette in Africa Occidentale Francese. Viaggia in convoglio (insieme ad altri piroscafi tra cui il Ville du Havre ed il Fort de Vaix), scortato dall’avviso La Grandière.
Durante il viaggio il convoglio incontra alcune navi da guerra britanniche, che tuttavia non intraprendono azioni ostili.
8 febbraio 1942
Arriva a Dakar.
14 settembre 1942
Il Carimaré si trova in navigazione verso Conakry (Guinea) con la scorta dell’avviso Annamite, quando quest’ultimo riceve ordine dall’ammiraglio Collinet (comandante delle forze navali di Vichy di base a Dakar) di lasciare il piroscafo per partecipare ai soccorsi dei naufraghi del transatlantico britannico Laconia, affondato dal sommergibile tedesco U 156 con la morte di 1658 delle 2741 persone a bordo (1809 delle quali sono prigionieri italiani: 1394 di essi sono tra le vittime, a causa non solo delle esplosioni dei siluri nelle stive, ma anche del brutale trattamento da parte delle guardie polacche e dei soldati britannici, che li respingono dalle scialuppe a colpi d’ascia e di fucile).
Novembre 1942
Dopo gli sbarchi angloamericani nel Nordafrica francese (operazione Torch, 8 novembre 1942) e il passaggio agli Alleati, dopo un’iniziale reazione, delle truppe francesi di Vichy ivi stanziate, le forze italo-tedesche lanciano l’Operazione "Anton" (10-11 novembre 1942), procedendo all’occupazione della Francia meridionale e della Corsica, fino a quel momento controllate dal regime francese collaborazionista di Vichy.
Anche la flotta mercantile francese nel Mediterraneo, concentrata nei porti di Marsiglia e Berre, cade al completo in mani italo-tedesche (non così quella militare, che si autoaffonda in massa a Tolone il 27 novembre). Il 20 novembre la Germania pretende che tutti i mercantili francesi disponibili vengano messi a sua disposizione per essere impiegati per le esigenze belliche delle forze tedesche; già il giorno seguente, ad ogni modo, 900 militari tedeschi vengono inviati a Marsiglia per sorvegliare le navi francesi, a bordo delle quali sono mandate delle guardie armate, preparandosi ad impadronirsene con la forza nel caso la Francia dovesse rifiutarne la concessione.
Il presidente del consiglio di Vichy, il collaborazionista Pierre Laval, accetta verbalmente ed il 22 novembre 1942, in una lettera ad Hitler, informa quest’ultimo che 158 bastimenti mercantili francesi (112 navi da carico, 31 navi passeggeri e 16 navi cisterna), per quasi 650.000 tsl complessive, verranno messi a disposizione della Germania. Il 1° dicembre 1942 si tiene a Roma un incontro tra Karl Kaufmann ("Gauleiter" nazista di Amburgo e commissario del Reich alla Marina Mercantile), il gerarca nazista Hermann Göring, il feldmaresciallo Erwin Rommel, il maresciallo Albert Kesselring (comandante delle forze tedesche nel Mediterraneo), l’ammiraglio Arturo Riccardi (capo di Stato Maggiore della Regia Marina) ed il generale Ugo Cavallero (capo di Stato Maggiore generale delle forze armate italiane), nel quale viene decisa la spartizione tra Italia e Germania dei mercantili francesi: 83 andranno all’Italia e 75 alla Germania. Per la flotta mercantile italiana, duramente colpita dalla guerra, queste 83 navi sono una notevole boccata d’ossigeno, e permetteranno, a caro prezzo, il mantenimento dei collegamenti con la Tunisia.
L’accordo formale, detto accordo Laval-Kaufmann (dal nome di Laval e del firmatario da parte tedesca, Karl Kaufmann), verrà firmato a Parigi il 23 gennaio 1943; in base a tale impegno, il governo francese mette a disposizione dell’Asse un quarto della flotta mercantile francese del 1939. In base all’articolo 4 dell’accordo, le navi francesi devono essere in buone condizioni d’efficienza e pienamente equipaggiate; in cambio, il governo tedesco s’impegna a pagare alla Francia un indennizzo, eccezion fatta che per i viaggi verso il Nordafrica. Laval vorrebbe che le navi mantenessero bandiera ed equipaggio francese, ma la proposta viene rifiutata; vi è diffidenza verso i marinai francesi (specie dato il comportamento delle forze di Vichy nel Nordafrica francese) e, d’altro canto, sono ben pochi i marittimi francesi che desiderino navigare per conto dell’Asse.
Quando l’accordo viene firmato, comunque, la maggior parte dei mercantili francesi ha già lasciato la Francia per l’Italia (tant’è che proprio il 23 gennaio 1943, data della firma, affonda il Verona, come si vedrà).
5 o 17 dicembre 1942
Il Carimaré viene sequestrato dalle forze tedesche a Marsiglia.
Dicembre 1942
Trasferito in Italia e ribattezzato Verona. Non requisito dalla Regia Marina, né iscritto nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato; passato sotto il controllo del governo italiano, viene affidato in gestione alla Società Anonima di Navigazione Adriatica e registrato a Trieste.

L’affondamento

Alle 6.55 del 23 gennaio 1943 il Verona, al comando del capitano di lungo corso Giusto Panfili, salpò da Napoli alla volta di Biserta, in convoglio con il piroscafo Pistoia (anch’esso ex francese) e con la scorta delle moderne torpediniere Groppo (capitano di corvetta Beniamino Farina, caposcorta) e Fortunale (capitano di corvetta Mario Castelli della Vinca). Sia il Verona che il Pistoia erano alla loro prima traversata verso la Tunisia; il loro arrivo a Biserta era previsto per la sera dell’indomani. Secondo una fonte, il Verona avrebbe avuto a bordo un carico di provviste e munizioni. Mancava poco al plenilunio, dunque il rischio di attacchi notturni era maggiore.
La partenza del convoglio non sfuggì ai decrittatori britannici di “ULTRA”: da messaggi da essi intercettati, lo stesso 23 gennaio questi scoprirono che «il Verona e Pistoia dovevano arrivare a Biserta alle ore 16.00 del giorno 24», e lo riferirono ai comandi britannici del Mediterraneo. Come ormai abitualmente avveniva dopo queste decrittazioni, vennero inviati dei ricognitori per localizzare il convoglio con maggiore precisione.
Ciò avvenne alle 15.50 dello stesso 23 gennaio, quando Verona, Pistoia e scorta vennero avvistati da ricognitori nemici, che presero a tallonarli senza tregua. Calato il buio, iniziarono a decollare da Malta gli aerosiluranti incaricati della distruzione del convoglio. Alle 20 si verificò il primo attacco aereo, ed alle 20.45 un aerosilurante lanciò il suo siluro contro il Pistoia, che tuttavia lo evitò con una pronta contromanovra, mentre Groppo e Fortunale sparavano a volontà con il proprio armamento contraereo e stendevano cortine nebbiogene per occultare i due piroscafi, girando intorno ad essi. Alle 21 il caposcorta Farina ordinò che le navi tenessero la prua sulla luna, in modo che i velivoli britannici non potessero attaccare di fianco col favore di avere la luna di fronte (se avessero attaccato dalla direzione opposta rispetto alla luna, il loro “bersaglio” sarebbero state le poppe delle navi, rendendo molto difficile un lancio coronato da successo), che avrebbe illuminato le sagome dei mercantili con maggiore chiarezza. Tale misura, però, non era sufficiente, pur avendo l’effetto positivo di consentire alle navi di vedere gli aerei: questi ultimi riuscivano a seguirle lo stesso, senza molti problemi, anche senza bisogno che queste si profilassero contro la luce lunare.
Passò qualche ora senza nuovi attacchi, poi gli aerei Alleati tornarono alla carica: stavolta si trattava di quattro aerosiluranti Bristol Beaufort del 39th Squadron della Royal Air Force (secondo fonti britanniche, quali i libri "The Armed Rovers" e "A History of the Mediterranean Air War, 1940–1945", Vol. III; "Navi mercantili perdute" parla invece di Vickers Wellington del 221st Squadron RAF, che secondo le fonti britanniche sarebbero invece stati gli autori del successivo siluramento del Pistoia), che rintracciarono il convoglio verso le 23. Primo ad attaccare fu il Beaufort pilotato dal capo formazione, il capitano sudafricano Don Tilley: riuscendo a distinguere soltanto un mercantile ed una torpediniera, questi sganciò il suo siluro, ma senza successo (secondo i due citati libri inglesi, questo sarebbe stato il siluro evitato con la manovra dal Pistoia, ma in realtà tale episodio si verificò più di due ore prima; secondo una fonte sudafricana, invece, Tilley avrebbe messo a segno un siluro su una “motonave di 5000 tonnellate”). Seguì l’aereo del tenente John Cartwright, equipaggiato con quattro bombe da 250 libbre (113 kg), che sganciò a cavallo della prua di una torpediniera, senza colpirla. Il Beaufort del sergente Harry Deacon sganciò anch’esso le sue bombe contro una torpediniera, anch’esso senza successo, anche se la mancò di poco; infine il quarto Beaufort, pilotato dal sottotenente James Cecil William (‘Jimmy’) Hewetson, originario della Rhodesia, sganciò il suo siluro contro un piroscafo, assisté all’esplosione e poi girò intorno alla nave colpita, notando che si stava abbassando sull’acqua.
Hewetson aveva silurato il Verona: alle 23.02, infatti, il piroscafo del capitano Panfili venne colpito da un siluro a poppa, rimanendo immobilizzato. La Fortunale si fermò ad assisterlo, mentre il Pistoia proseguiva con la scorta della Groppo.
Nonostante gli sforzi dell’equipaggio per salvare la nave, protrattisi per tutta la notte, ed ripetuti tentativi di rimorchio, il Verona colò a picco alle otto del mattino del 24 gennaio, nel punto 38°55’ N e 13°08’ E (a nordovest di Ustica; per altra fonte, otto miglia a sud di quell’isola).

Su 112 uomini imbarcati sul Verona, la Fortunale ne recuperò 97 prima di lasciare la zona; i naufraghi vennero portati a Palermo, dove la torpediniera giunse nel pomeriggio dello stesso giorno. Il comandante Panfili ed altri due naufraghi furono invece salvati quattro ore più tardi dal cacciatorpediniere Lanzerotto Malocello (capitano di fregata Carlo Rossi), trovatosi a passare per il luogo dell’affondamento durante una navigazione di trasferimento da Napoli (da dov’era partito alle 00.20 del 24 gennaio) a Trapani (dove giunse alle 11.50 di quello stesso giorno, sbarcandovi i tre naufraghi). Le vittime furono dodici.

Nemmeno il Pistoia raggiunse mai l’Africa: alle due di notte del 24 gennaio venne anch’esso colpito da un aerosilurante ed affondò in fiamme trenta miglia a nord di Capo Gallo, all’estremità settentrionale del Golfo di Palermo. La Groppo rivendicò l’abbattimento di un Beaufort.
Come avvenuto tante altre volte, “ULTRA” poté apprendere anche del successo degli attacchi da nuove intercettazioni di messaggi intercorsi tra i Comandi navali italiani (combinate con le informazioni ottenute dalla ricognizione aerea), e ne diede dettagliatamente notizia ai comandi Alleati il 25 gennaio.
Jimmy Hewetson, l’affondatore del Verona, rimase ucciso in azione quasi esattamente un mese più tardi, il 25 febbraio 1943, abbattuto durante un nuovo attacco contro un convoglio italiano al largo di Ustica, nelle stesse acque in cui era affondato il Verona.

L’8 agosto 2015 il relitto del Verona è stato scoperto dalla società di ricerche subacquee “U-Boat Malta”, grazie all’impiego del batiscafo Triton 3300/3 e del ROV Ageotec Perseo GTV, calati dalla nave appoggio U-Boat Navigator. L’identificazione del relitto, compiuta in collaborazione con l’Università di Messina, è avvenuta dopo appena cinque giorni. Il relitto del piroscafo giace a 250 metri di profondità; il Verona porta i chiari segni dell’esplosione che ne causò l’affondamento, ed è in gran parte coperto da reti da pesca, tanto da rendere difficile per il ROV di avvicinarsi molto allo scafo.



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