mercoledì 15 maggio 2019

Dielpi

Il Dielpi sotto l’originario nome di Wandrahm (g.c. Mauro Millefiorini via www.naviearmatori.net)

Piroscafo da carico di 1527 tsl, 901 tsn e 2190 tpl, lungo 73,15 metri, largo 10,85 e pescante 4,38, con velocità di 9 nodi. Appartenente all’armatrice Giulia Morcaldi di Genova ed iscritto con matricola 1992 al Compartimento Marittimo di Genova.

Breve e parziale cronologia.

18 luglio 1912
Varato come tedesco Wandrahm nei cantieri Stettiner Oderwerke di Stettin-Grabow (numero di costruzione 636).
24 agosto 1912
Completato come Wandrahm per la compagnia tedesca H. M. Gehrckens (H.M.G.) di Amburgo. Nominativo di chiamata RSKL; stazza lorda originaria 1520 tsl, portata lorda 2000 tpl. Impiegato nel trasporto di merci nel Mar Baltico.
Agosto 1914
Confiscato dalle autorità russe ad Helsinki (all’epoca parte dell’Impero russo) in seguito allo scoppio della prima guerra mondiale, essendo la Germania nemica della Russia; utilizzato come trasporto dalla Marina Imperiale Russa, con il nome di Tverdo.
Ottobre 1918
Restituito dalla Russia alla compagnia armatrice H. M. Gehrckens, avendo la Russia – dove è scoppiata la rivoluzione – firmato un armistizio con la Germania.
1920
Consegnato al Regno Unito in seguito alla sconfitta della Germania nella prima guerra mondiale. Ribattezzato Thelma, diviene di proprietà della Scandinavian Shipping Company di Glasgow (Glen & Co).
27 aprile 1928
Il Thelma (capitano Alfred T. Fullagar) accorre in soccorso del piroscafo tedesco Karl Friedrich Larsen, rimasto immobilizzato 75 miglia a sud di Vigo dopo aver perso l’elica ed il relativo asse, e lo prende a rimorchio, portandolo in salvo a Vigo.
1934
Acquistato dal marchese Renzo De la Penne (capitano di fregata nella Regia Marina, direttore del Lloyd Sabaudo nonché padre di Luigi Durand de la Penne, incursore della X Flottiglia MAS durante la seconda guerra mondiale e protagonista dell’impresa di Alessandria), di Genova, e ribattezzato Dielpi. Registrato a Genova; stazza lorda e netta risultano essere rispettivamente 1531 tsl e 1004 tsn.
ca. 1935-1936
Per un periodo il Dielpi viene noleggiato alla «Adria» Società di Navigazione a Vapore.
1936
Subisce un’avaria nelle acque di Isto.
1° settembre 1937
Il Dielpi subisce un incidente nelle acque di Gallipoli, durante un viaggio da Catanzaro Marina a quel porto, sulla linea regolare numero 33.
1938
In seguito alla morte di Renzo De la Penne, divengono proprietari del Dielpi la marchesa Giulia Moncalvi, vedova De la Penne, ed i figli.
22 ottobre 1938
Nuovo incidente nelle acque di Gallipoli, durante un viaggio da Napoli a Porto Santa Venere.
27 dicembre 1940
Il Dielpi parte da Trapani per Tripoli alle 9, andando ad aggregarsi ad un convoglio proveniente da Napoli e diretto nel medesimo porto libico, composto dai piroscafi Giovinezza, Arsia e Capo Mele scortati dall’incrociatore ausiliario Città di Napoli e dalla torpediniera Aldebaran, quest’ultima uscita da Tripoli (che sostituisce la torpediniera Generale Antonino Cascino, che insieme al Città di Napoli ha scortato il convoglio nel tratto Napoli-Trapani).
28 dicembre 1940
In arrivo a Tripoli, il Dielpi s’incaglia su fondale roccioso, restando così immobilizzato per diversi giorni.
4 gennaio 1941
Disincagliato nel pomeriggio, può finalmente riprendere la navigazione.
6 gennaio 1941
Entra a Tripoli alle 11.35.
22 gennaio 1941
Lascia Tripoli alle 13 diretto a Tunisi, navigando senza scorta, ma alle 14.42 viene avvistato dal sommergibile britannico Unique (tenente di vascello Anthony Foster Collett) in posizione 32°55’ N e 13°00’ E, una decina di miglia a ponente del porto di partenza. L’Unique avvista il Dielpi, del quale stima la stazza in 2000 tsl, la rotta in 250° e la velocità in 9 nodi, subito dopo aver dovuto interrompere un attacco contro un mercantile molto più grande (tra le 7000 e le 10.000 tsl, secondo Collett), che aveva avvistato alle due su rotta 095°. Alle 14.56 il sommergibile britannico lancia un siluro contro il Dielpi da soli 640 metri, mirando subito a proravia del fumaiolo, per poi scendere subito a 23 metri di profondità. Il siluro manca il piroscafo, passandogli a poppa; l’Unique torna a quota periscopica alle 15.17, non avendo sentito esplodere il siluro, e vede che il piroscafo ha invertito la rotta e sta tornando verso Tripoli issando delle bandiere di segnalazione. Da ciò risulterebbe che la nave sarebbe rientrata in porto dopo essere stata attaccata; da parte sua, tuttavia, il Dielpi riferisce di essere rientrato a Tripoli – invertendo la rotta due ore dopo la partenza – a causa del maltempo, notizia che è anche riferita dal volume dell’U.S.M.M. relativo a questo periodo della guerra dei convogli. In ogni caso, il Dielpi arriva a Tripoli alle 17.30.
26 gennaio 1941
Riparte da Tripoli alle 13.
29 gennaio 1941
Scortato da varie unità durante la navigazione, arriva a Tunisi alle 17.
20 maggio 1941
Il Dielpi salpa da Messina diretto a Taranto, insieme alle navi cisterna Urano ed Utilitas e con la scorta dell’incrociatore ausiliario Attilio Deffenu.
Alle 18.35, in posizione 37°57’ N e 15°40’ E (o 37°58’ N e 15°40’ E; al largo di Capo dell’Armi), il sommergibile britannico Upholder (capitano di corvetta Malcolm David Wanklyn) avvista il convoglio mentre avanza a 9 nodi su rotta 140°. Alle 18.44 l’Upholder lancia tre siluri da 6400 metri (l’intento di Wanklyn sarebbe di lanciarne quattro, ma il coperchio di uno dei tubi lanciasiluri non si apre): le armi mancano Dielpi e Deffenu (anche se nelle intenzioni di Wanklyn il bersaglio doveva essere una delle due petroliere, quella di testa), e dalle 18.55 alle 19.15 segue il contrattacco con il lancio di sei bombe di profondità, che esplodono tuttavia a circa un miglio dall’Upholder, che intanto si ritira verso sudovest a 45 metri di profondità.
Il Dielpi viene dirottato a Crotone, dove viene scortato dal Deffenu, che poi si riunisce alle due navi cisterna e le scorta fino a Taranto.
22 luglio 1941
Il Dielpi salpa da Civitavecchia alla volta di Napoli, in convoglio con i piroscafi Pomona e Città di Trieste. Siccome le tre navi hanno velocità molto diverse tra loro, la partenza viene scaglionata in più fasi: il Dielpi, il più lento dei tre (9 nodi), parte per primo alle 19.45, seguito un’ora dopo dal Pomona (9,5 nodi) e per ultimo, alle 23.15, dal più veloce Città di Trieste (11 nodi). Inizialmente l’ordine ai tre bastimenti, impartito alle 18.20 del 22 luglio, era stato di partire insieme, ma poi era stato cambiato: salpare in successione, il più lento per primo ed il più veloce per ultimo, e poi riunirsi in mare aperto, formando un unico convoglio. Tutte e tre le navi dovranno poi regolare la loro velocità su quella del più lento Dielpi, ed è per questo che quest’ultimo parte per primo: gli altri due piroscafi, essendo più veloci, lo raggiungeranno rapidamente anche se sono partiti dopo, e potranno fare almeno il primo tratto (fino al ricongiungimento) a velocità più sostenuta. Il convoglio è privo di scorta, cosa abituale in queste acque in questo periodo, nel quale raramente i sommergibili britannici si spingono nell’Alto Tirreno.
23 luglio 1941
Alle 14.27 il sommergibile britannico Olympus (capitano di corvetta Herbert George Dymott), avvistato il convoglio a sudest di Ischia, lancia due siluri (l’intenzione era di lanciarne quattro, ma due dei tubi ‘fanno cilecca’) contro il Città di Trieste, a 2 miglia e mezzo per 146° da Punta San Pancrazio (in posizione 40°40’ N e 13°59’ E), da una distanza di 2740 metri. Il piroscafo viene mancato. Tutte le navi raggiungono regolarmente la destinazione qualche ora dopo.
12 agosto 1941
Il Dielpi compie un viaggio da Brindisi a Durazzo, da solo e senza scorta.
22 agosto 1941
Viaggio da Durazzo a Bari, di nuovo da solo e privo di scorta.
11 dicembre 1941
Danneggiato durante un bombardamento aereo su Catania da parte della RAF di Malta (l’incursione, avente come obiettivo il porto, provoca tre vittime civili).
22 luglio 1942
Requisito a Trieste dalla Regia Marina, senza essere iscritto nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato.
18 agosto 1942
Il Dielpi, in convoglio con i piroscafi Goggiam e Brundisium, trasporta materiali vari da Brindisi a Patrasso, con la scorta della torpediniera Giacomo Medici.
 
La nave quando si chiamava Thelma (g.c. Mauro Millefiorini)

L’affondamento

Il 23 agosto 1942 (per altra fonte il 22), all’una del pomeriggio, il Dielpi ed un altro piroscafo, l’Istria, salparono dal Pireo alla volta di Tobruk, in convoglio con le motozattere italiane MZ 744 e MZ 758 e scortati dal cacciatorpediniere tedesco ZG 3 Hermes (caposcorta) e dalla torpediniera italiana Sirio.
Il Dielpi era giunto al Pireo provenendo da Napoli; era carico di carburante in fusti, destinato ad alimentare l’avanzata in Egitto dell’Armata Corazzata Italo-Tedesca del generale Erwin Rommel. Secondo alcune fonti, il Dielpi aveva a bordo 2200 tonnellate di benzina per aerei, mentre secondo altre avrebbe avuto a bordo solo 320 o 464 tonnellate di carburante. Questi ultimi quantitativi sembrano più verosimili, considerando che 2200 tonnellate sembrerebbero eccedere la capacità massima di carico del Dielpi (circa 2000 tpl), e che per giunta i mercantili impiegati nel traffico con il Nordafrica non viaggiavano quasi mai a pieno carico. Stando ai diari della Divisione Operazioni dello Stato Maggiore della Kriegsmarine, facevano parte del carico del Dielpi 512 tonnellate di rifornimenti per le forze armate tedesche (non è specificato se si trattasse di carburante o di altro). Secondo un’intercettazione britannica di un messaggio italiano avvenuta a cose fatte, il 29 agosto, il carico del Dielpi comprendeva carburante e pezzi di ricambio per carri armati.
Il convoglio fece scalo intermedio a Suda, dove giunse alle dieci del mattino del 24 agosto e da dove ripartì alle 23 del 26, con il rinforzo della torpediniera Generale Antonino Cascino.
Poco dopo la partenza, il convoglio si divise in due gruppi, che proseguirono separatamente: il Dielpi, diretto a Bengasi (l’Istria aveva invece come destinazione Tobruk), rimase con la scorta della sola Cascino (tenente di vascello Gustavo Galliano), oltre ad una scorta aerea di tre bombardieri, cioè un trimotore CANT Z. 1007 bis della 230a Squadriglia, 95° Gruppo, 35° Stormo da Bombardamento Terrestre della Regia Aeronautica, e due bimotori Junkers Ju 88 della Luftwaffe.
(Per altra fonte, Dielpi e Cascino partirono da Suda contemporaneamente, ma non insieme, a quattro altri convogli – motonavi Tergestea e Manfredo Camperio, cacciatorpediniere Nicoloso Da Recco, torpediniere Polluce e Climene; motonave Unione e cacciatorpediniere Folgore; nave cisterna Giorgio, piroscafo Anna Maria Gualdi, torpediniere Sirio, Orsa e Partenope; piroscafo Istria, cacciatorpediniere Hermes, torpediniera Pegaso –; Dielpi e Cascino navigarono per un breve tratto insieme al convoglio Tergestea-Camperio, da cui poi si separarono).

Fin da prima che lasciassero il Pireo, però, le navi italiane erano state “tenute d’occhio” da “ULTRA”, l’organizzazione britannica che si occupava dell’intercettazione e decrittazione delle comunicazioni in codice dell’Asse. Già il 21 agosto un primo dispaccio di “ULTRA” aveva menzionato, tra le altre cose, che «La petroliera Poza Rica ed il Dora, scortati da Aviere, Camicia Nera, Ciclone e Climene, hanno lasciato Messina alle 23.45 del 19. Il convoglio deve passare lungo le coste greche e unirsi al Dielpi che uscirà da Patrasso alle 5.30 del 22. Alle 21.00 del 23 il convoglio si dividerà: Dielpi e Dora procederanno per Tobruk dove essi arriveranno alle 17.00 del 24 (…)». Dopo il danneggiamento della Poza Rica ad opera di aerosiluranti britannici (la petroliera non era affondata, ma la si era dovuta portare ad incagliare a Corfù), però, i programmi erano cambiati, così il 22 agosto, sulla scorta di nuove intercettazioni, “ULTRA” aveva invece riferito ai comandi britannici che «…Il Dielpi che doveva congiungersi al convoglio Poza Rica è stato inviato a Suda insieme all’Istria, entrambi provenienti dal Pireo. Dielpi e Kreta probabilmente procederanno da Suda per Tobruk». Il 23 agosto quest’ultima affermazione era stata reiterata («Il Dielpi ed il Kreta lasceranno la baia di Suda per Tobruk»), mentre il 25 agosto erano stati aggiunti maggiori particolari: «Il Dielpi dovrà salpare da Suda alle 12.00 del 26 e arrivare a Bengasi alle 16.00 del 28, velocità 7 nodi». La penultima comunicazione di “ULTRA”, quella del 26, non aggiunse nulla di nuovo rispetto a quanto già si sapeva («Il Dielpi deve giungere a Bengasi il 28 agosto da Suda»). Nelle prime ore del 27 agosto, infine, i decrittatori di “ULTRA” decifrarono una comunicazione della Luftwaffe del mattino del 24 agosto (MKA 2628) relativa all’assegnazione della scorta aerea al Dielpi, nella quale era menzionata, tra l’altro, la rotta che questo avrebbe dovuto seguire, con gli orari ed i punti previsti per l’incontro con gli aerei tedeschi. L’importante informazione fu trasmessa al Cairo con un dispaccio d’emergenza.
Alcune fonti britanniche (tra cui i libri "Ship-Busters: British Torpedo-Bombers in World War II" e "The Desert Air Force in World War II") affermano che il Dielpi, che peraltro viene da essi menzionato erroneamente come “nave cisterna”, sarebbe stato oggetto di un primo attacco di aerosiluranti già il 24 agosto, venendo danneggiato e costretto a rientrare in un porto della Grecia per riparazioni, riprendendo successivamente il viaggio in ritardo a quanto inizialmente previsto; e che il mancato arrivo di questa nave avrebbe provocato un ritardo nell’offensiva pianificata da Rommel a fine agosto 1942, poi divenuta nota come battaglia di Alam Halfa, che sarebbe dovuta inizialmente scattare il 26 agosto ma che venne sospesa in attesa dell’arrivo del carburante necessario. Ad un incontro con Rommel tenuto il 27 agosto, il capo di Stato Maggiore generale italiano, maresciallo Ugo Cavallero, avrebbe promesso a Rommel l’arrivo a Bengasi entro una settimana di 5000 tonnellate di carburante, delle quali la prima parte sarebbe dovuta giungere appunto su Istria e Dielpi. Rommel avrebbe dunque rinviato il suo attacco di due o tre giorni in attesa dell’arrivo di queste navi.
In realtà, il Dielpi non fu oggetto di alcun attacco di aerosiluranti, e meno che mai danneggiato, il 24 agosto o comunque nei giorni precedenti il 27: l’attacco di cui parlano i libri britannici, sbagliando sia nell’identificazione della nave che nell’apprezzamento dei risultati, fu in realtà diretto contro la nave cisterna Giorgio, in navigazione da Taranto al Pireo (da dove poi sarebbe proseguita per Tobruk), la quale non fu danneggiata e raggiunse poi indenne Tobruk il 28 agosto, con il suo carico di 2474 tonnellate di carburante per la Luftwaffe. La questione dei rifornimenti per Rommel è affrontata più oltre.

Durante la navigazione verso Tobruk, il mattino del 27 agosto, il Dielpi venne avvistato da un Supermarine Spitfire del 69th Squadron della RAF, il BR663 pilotato dal sottotenente Coldbeck (altra fonte parla di un ricognitore britannico decollato dall’Egitto), un centinaio di miglia a nord di Derna. Un ricognitore Martin Baltimore, l’AG375 pilotato dal sergente Shulman, fu inviato a pedinare il convoglietto, mentre si preparava un attacco di aerosiluranti.
Quest’ultimo ebbe luogo al largo di Tolmetta (Cirenaica) verso le 18.30, mentre il sole tramontava: ad attaccare il Dielpi furono nove (per altra fonte sette) aerosiluranti Bristol Beaufort del 39th Squadron della Royal Air Force (altra fonte parla del 217th Squadron), guidati dal tenente Ken R. Grant (altra fonte parla del maggiore Patrick Gibbs) e scortati da nove o dieci caccia Bristol Beaufighter del 227th Squadron, al comando del tenente colonnello Donald Ross Shore, quattro (o cinque) dei quali dotati di bombe da 250 libbre (113 kg).
Sulla base di informazioni (evidentemente le citate decrittazioni di “ULTRA”) che riferivano che il Dielpi era in navigazione da Suda a Bengasi con la scorta di un’unica torpediniera, gli aerei britannici decollarono dalla base maltese di Luqa verso le quattro del pomeriggio del 27 agosto, per poi dirigersi verso il loro obiettivo volando bassi sul mare, osservando un rigido silenzio radio. I Beaufighters, per tenere il passo dei più lenti Beauforts, compivano dei leggeri zig zag.
Quando vennero avvistate le navi italiane, ad una sessantina di miglia dalla costa libica, il tenente Grant sparò un razzo Very giallo, segnale che gli aerosiluranti erano pronti per l’attacco. A questo punto, i Beaufighters sfrecciarono in avanti, ed i quattro che erano armati con bombe le sganciarono contro il Dielpi, mentre tutti ne spazzavano il ponte con le mitragliatrici. Altri Beaufighters, intanto, mitragliavano la Cascino. Due delle bombe sganciate centrarono il Dielpi; il Beaufighter del tenente colonnello Shore, in particolare, rivendicò una bomba a segno sulla poppa. I fusti di benzina trasportati dal piroscafo presero fuoco, dando inizio ad un incendio che andò rapidamente estendendosi. Il quinto Beaufighter della formazione, il T5150 ‘K’ pilotato dal sottotenente canadese Dallas W. Schmidt (arrivato a Malta da pochi giorni insieme al suo navigatore, il sergente scozzese Andrew B. Campbell), fu l’ultimo ad attaccare, essendo l’ultimo nel gruppo dei Beaufighters privi di bombe; mentre risaliva dal livello del mare per prepararsi alla picchiata, Schmidt avvistò davanti a sé un bombardiere italiano CANT Z. 1007, parte della scorta aerea del convoglio (era appunto il CANT Z. 1007 bis del 35° Stormo, pilotato dal sottotenente Giuseppe Vulcani). Schmidt virò subito a sinistra e si portò alle spalle dell’aereo italiano, che aprì il fuoco contro di esso con le due mitragliatrici ventrali da 12,7 mm. Il tiro del CANT Z. colpì sia il motore di sinistra del Beaufighter di Schmidt che le mitragliatrici della sua ala destra, mettendo queste ultime fuori uso; l’aereo britannico reagì con i quattro cannoncini e con le mitragliere rimaste in efficienza, distruggendo la coda del trimotore italiano con la prima raffica – o almeno così ritenne – ed incendiando il suo motore destro con la seconda, mentre dopo pochi secondi anche il motore sinistro del bombardiere subì la stessa sorte. Il CANT Z. 1007 iniziò a precipitare, sempre seguito dal Beaufighter, finché improvvisamente i due motori incendiati esplosero ed il velivolo precipitò in mare, o così credette. Schmidt osservò l’ultima fase dell’apparente agonia dell’aereo italiano “di sbieco”, attraverso uno dei finestrini laterali, perché quelli anteriori erano stati completamente “oscurati” dall’olio gettato su di essi dall’esplosione dei motori dell’aereo italiano. Fu probabilmente per questo che il pilota canadese prese un granchio: per quanto malridotto, il CANT Z. 1007 del sottotenente Vulcani (matricola MM 23406, aereo numero 5 della 230a Squadriglia) non precipitò in mare, ma riuscì a raggiungere Derna dove effettuò un atterraggio d’emergenza, senza feriti tra il suo equipaggio (il sottotenente Vulcani, il copilota sergente maggiore Luigi Di Lallo, ed altri tre uomini). 
Schmidt rientrò a sua volta alla base con il suo aereo danneggiato: il motore di sinistra, per quanto sforacchiato, funzionava ancora, perdendo però parecchio olio e carburante (finirono entrambi nell’istante stesso dell’atterraggio a Luqa; dopo l’atterraggio Schmidt scoprì che i colpi di mitragliatrice del CANT Z. avevano spazzato via le valvole di selezione del carburante, ma per sua fortuna aveva già impostato l’alimentazione dai serbatoi principali prima dell’attacco).
Meno fortuna ebbe un altro dei Beaufighters, il X8035 ‘J’ del 227th Squadron, che fu abbattuto dalle mitragliere dell’aereo di Vulcani, con la morte dei due componenti del suo equipaggio (sergenti Kenneth Seddon ed Eric O’Hara). Come aveva fatto Schmidt, anche da parte italiana si peccò di ottimismo nel valutare le perdite inflitte all’avversario: i mitraglieri del CANT Z. 1007 ritennero di aver abbattuto due Beaufighters, anziché uno (forse l’altro Beaufighter “abbattuto” era proprio quello di Schmidt: nel qual caso si avrebbe un caso di reciproco, erroneo, rivendicato abbattimento). Per parte sua, il maggiore W. C. Wigmore, pilota del Beaufighter T4666 ‘Y’ del 227th Squadron, rivendicò erroneamente il probabile abbattimento di uno Ju 88.
Mentre infuriava la battaglia tra i Beaufighters ed i velivoli della scorta aerea, alle 18.38 (o 18.30; le 18.45 secondo fonti britanniche), anche gli aerosiluranti erano andati all’attacco: due dei siluri centrarono il Dielpi, che esplose e si spezzò in due, affondando in fiamme in meno di due minuti, nel punto 33°38' N e 21°03' E (o 33°38' N e 21°23' E), a nord di Tolmetta/Tolemaide e circa 80-90 miglia a nord di Derna.
I piloti britannici riferirono nei loro rapporti di aver lasciato il bersaglio “in fiamme ed in affondamento, con il ponte semisommerso e la chiglia spezzata”. Dopo l’attacco, i Beauforts in fase di allontanamento vennero attaccati dagli Ju 88, che furono però respinti dal pronto intervento dei Beaufighters, senza riuscire ad abbattere nessuno degli aerosiluranti.

Parecchi uomini del Dielpi si erano gettati in mare già prima dell’esplosione finale; la Cascino, per prestare soccorso ai naufraghi, non esitò ad attraversare la zona di mare coperta di carburante in fiamme. Grazie al pronto intervento della torpediniera, fu possibile trarre in salvo 60 dei 67 uomini che si trovavano a bordo del Dielpi. Le vittime furono sette; molti dei superstiti rimasero feriti od ustionati.

Le vittime tra l'equipaggio civile:

Gregorio Daniele, garzone di cucina, da Mola di Bari
Girolamo Grancelli, fuochista
Salvatore Lazzara, ufficiale di macchina, da Trapani
Raffaele Massaro, fuochista
Michele Pagano, caporale di macchina, da Recco
Antonio Scarpi, fuochista, da Borgo San Lorenzo

Il comandante della Cascino, tenente di vascello Gustavo Galliano, sarebbe stato decorato con la Croce di Guerra al Valor Militare per questo salvataggio («…si prodigava successivamente con abnegazione, nell’opera di salvataggio dei naufraghi di un piroscafo silurato, resa difficile a causa dell’incendio del combustibile riversatosi in mare, riuscendo a ridurre al minimo la perdita di vite umane»). Analoga decorazione, per lo slancio mostrato nel salvataggio dei naufraghi, avrebbero ricevuto il comandante in seconda della Cascino, sottotenente di vascello Franco Masala, ed il guardiamarina Vittorio Janeke, nonché i cinque uomini che armarono il battello che provvide al salvataggio dei superstiti del Dielpi: il secondo nocchiere Edoardo Ronda ed i marinai Carmelo Leonardi, Mario Befani, Giovanni Monti e Luigi Tota («…durante le successive operazioni di salvataggio del personale di un piroscafo silurato, imbarcava su un battello e, incurante degli scoppi e dell’incendio del combustibile, riversatosi in mare, provvedeva al recupero di numerosi naufraghi feriti e ustionati, dimostrando perizia marinaresca ed elevato spirito di altruismo»).
Qualche ora più tardi, l’Istria avrebbe subito la stessa sorte.

Alle 21.32 del 27, i decrittatori britannici intercettarono e decifrarono una comunicazione della Luftwaffe, nella quale si rivelava il punto in cui i caccia tedeschi decollati dalla Libia avrebbero dovuto incontrare il Dielpi per assumerne la scorta: questa informazione era ormai superflua. “ULTRA” non mancò di informare i comandi britannici dell’avvenuto successo: con dispaccio del 29 agosto, sulla scorta di ulteriori intercettazioni, annunciò infatti che «Il Dielpi è stato affondato da aerei mentre procedeva con rotta sud da Suda per Bengasi alle 18.45 del 27».
Come prevedibile, non appena la notizia degli affondamenti giunse a Berlino, i vertici tedeschi si scatenarono in una pioggia di critiche sulla protezione, giudicata insufficiente, che la Marina italiana aveva dato a Dielpi, Istria e Manfredo Camperio (anch’essa affondata quel giorno). Mussolini, ignorando le proteste di Cavallero e del capo di Stato Maggiore della Marina, ammiraglio Arturo Riccardi, si allineò alla visione tedesca.

L’impatto dell’affondamento del Dielpi, e di altre navi perdute nello stesso periodo, sugli eventi in Nordafrica sembra essere piuttosto controverso. Varie fonti britanniche affermano che la perdita o grave danneggiamento di diverse navi italiane (tra cui il Dielpi), cariche di rifornimenti per l’Armata Corazzata Italo-Tedesca, nell’agosto 1942 ebbe un ruolo determinante nel fallimento della battaglia di Alam Halfa, ultimo tentativo di Rommel di sfondare le difese britanniche in Egitto. Il libro "Winston S. Churchill: Road to Victory, 1941-1945" di Martin Gilbert, ad esempio, afferma che “Durante il mese di agosto, Montgomery aveva atteso l’attacco di Rommel sulle sue posizioni difensive di Alam Halfa. Durante il mese, le decrittazioni di messaggi Enigma avevano rivelato quanto i rifornimenti di carburante fossero il principale problema di Rommel, influendo sia sulla data dell’attacco, che sulla sua scala. In conseguenza di questa conoscenza, gli attacchi sulle navi italiane impegnate nei suoi rifornimenti vennero intensificati. Il 15 agosto il mercantile Lerici era stato affondato da un sommergibile, così come il mercantile Pilo due giorni dopo. I loro affondamenti avvennero proprio quando una decrittazione di Enigma aveva rivelato che i consumi di carburante della Panzerarmee avevano superato l’afflusso [di nuovo carburante] fin dall’inizio del mese. Il 21 agosto la Royal Air Force silurò la petroliera Poza Rica, che stava trasportando carburante per gli italiani. Anche qui, una decrittazione di Enigma rivelò che per effetto di questo affondamento [in realtà la Poza Rica non fu affondata, ma non poté comunque raggiungere l’Africa] la situazione delle scorte di carburante italiane era ‘altrettanto tesa’ [ciò risultava dall’intercettazione di una comunicazione tedesca del 25 agosto]. Il 24 agosto una decrittazione di Enigma diede i dettagli su un programma di rifornimenti di carburante che prevedeva l’invio di venti navi in Nordafrica tra il 25 agosto ed il 5 settembre. Nel secondo giorno di questo programma [26 agosto], la Royal Air Force fu in grado di sconvolgerlo seriamente bombardando il Canale di Corinto. Il 28 agosto una decrittazione di Enigma diede dettagli sui carichi di carburante di altre otto navi [parte di un nuovo programma d’emergenza, sarebbero dovute arrivare in Africa tra il 28 agosto ed il 2 settembre], la prima delle quali doveva partire quello stesso giorno. Adesso le decrittazioni non davano solo i carichi, ma anche i tempi di partenza e, a differenza di prima, le rotte. Tre delle navi, il Dielpi con 2200 tonnellate di carburante per l’aviazione tedesca, l’Istria con 200 tonnellate per gli italiani e la Camperio, furono affondate il 27 agosto. Rommel non poteva più aspettare, ed alle quattro del pomeriggio del 30 agosto decise di lanciare il suo attacco quella notte, sapendo che le sue truppe avevano carburante solo per quattro giorni e mezzo di combattimento, anziché i quindici che aveva sperato, ed avendo munizioni sufficienti solo per quattro-sei giorni [ciò fu rivelato da ulteriori decrittazioni molto tempo dopo, nell’ottobre 1942]”. Un altro articolo presenta una cronologia quasi identica, affermando che il 19 agosto, due giorni dopo l’intercettazione di un messaggio con cui Rommel annunciava la difficile situazione delle sue scort di carburante, il Comando in Capo britannico sollecitò i comandi britannici nel Mediterraneo a “compiere uno sforzo supremo, con ogni mezzo”, per interrompere le linee di rifornimento via mare di Rommel nei dieci giorni a venire. Sarebbe stato in seguito all’affondamento di Pilo e Lerici ed siluramento della Poza Rica che il 24 agosto Rommel decise che non poteva ancora fissare una data precisa per la sua offensiva, in attesa dell’arrivo di altro carburante; decisione ribadita il 26 agosto, quando i comandi dell’Asse in Nordafrica vincolarono la data dell’offensiva all’arrivo di un nuovo convoglio con rifornimenti di carburante. Una decrittazione di un messaggio della Panzerarmee del 27 agosto rivelò che il mancato arrivo di carburante e munizioni impediva di annunciare la data dell’attacco fino al 29 agosto. Dopo la perdita di Dielpi, Istria e Manfredo Camperio il 27 agosto, il 29 Rommel decise che avrebbe dovuto limitare la sua offensiva ad un’operazione locale, mirata a distruggere le forze britanniche nelle posizioni di El Alamein. Una decrittazione di “ULTRA” del 30 agosto di un messaggio della Panzerarmee di due giorni prima mostrava che quest’ultima affermasse che su 2400 tonnellate di carburante che sarebbero dovute giungere entro quel giorno, solo 100 erano arrivate, così che le riserve bastavano solo per sei giorni di battaglia.
Simili sono anche i toni di "Ship-Busters: British Torpedo-Bombers in World War II” e “The Desert Air Force in World War II" nonché di altri libri, britannici ed anche italiani.
Di diverso avviso è invece un articolo ("The Other Ultra") di Enrico Cernuschi e Vincent O’Hara, pubblicato sul volume 66 della Naval War College Review (rivista accademica del Naval War College della Marina statunitense) del 2013. In esso i due autori presentano la seguente ricostruzione degli eventi dell’agosto 1942: dopo la conclusione dell’offensiva che aveva portato l’Armata Corazzata Italo-Tedesca ad El Alamein, il 2 luglio, Rommel aveva ricevuto rifornimenti in quantità superiore del 50 % rispetto ai consumi mensili della sua armata, ma nutriva dubbi su una ripresa dell’offensiva. Il 17 agosto il suo superiore nel Mediterraneo, feldmaresciallo Albert Kesselring, si era recato in Egitto per convincerlo a lanciare la nuova, risolutiva offensiva fino a Suez, ma il comandante della Panzerarmee aveva affermato di non aver abbastanza rifornimenti, perché la Marina italiana non era riuscita a consegnarglieli (in realtà, nel luglio 1942 le perdite tra i rifornimenti inviati in Nordafrica via mare non avevano superato il 7 %, ed erano giunte nei porti libici circa 90.000 tonnellate di carburante, munizioni ed altri rifornimenti, uno dei quantitativi più elevati dell’intera guerra); una scusa, in realtà, creduta a Berlino – dove gli alti comandi tedeschi erano sempre disposti a scaricare la colpa di tutto sugli italiani – ma non da Kesselring, esperto di logistica. Rommel disse a Kesselring di necessitare di altre 30.000 tonnellate di carburante, 2672 tonnellate di munizioni e 500 veicoli, il tutto da recapitare al fronte entro il giorno dell’attacco, il cui inizio era previsto per la notte del 30 agosto. Cernuschi e O’Hara definiscono quella di Rommel una richiesta irrealistica, facendo notare che in tutto il corso della campagna nordafricana non erano mai state trasportate, in due settimane, più di 24.000 tonnellate di carburante. Dopo aver lungamente mercanteggiato, Rommel aveva ridotto di molto le sue pretese; i due feldmarescialli erano giunti ad un accordo in base al quale nei tredici giorni precedenti l’offensiva Kesselring ed il Comando Supremo avrebbero organizzato l’invio in Nordafrica di 5700 tonnellate di carburante, 2000 tonnellate di munizioni e 295 veicoli. Questa promessa, affermano i due autori, fu rispettata, nonostante la perdita del Dielpi e di altre navi: tra il 23 ed il 28 agosto giunsero nei porti della Cirenaica le 5700 tonnellate di carburante richieste, ossia 117 sulla motonave Tergestea (arrivata a Bengasi il 28 agosto con anche 279 automezzi e centinaia di tonnellate di munizioni), 2545 sulla nave cisterna Giorgio (giunta a Tobruk il 28 agosto), 2749 sulla nave cisterna Alberto Fassio (arrivata a Tobruk il 23 agosto) e 382 sul piroscafo tedesco Kreta (arrivato a Tobruk il 25 agosto). Inoltre, tre giorni dopo l’affondamento del Dielpi, il 30 agosto, giunse a Tobruk il piroscafo Anna Maria Gualdi, con 1600 tonnellate di carburante per l’esercito tedesco. Nel corso dell’intero mese di agosto, i convogli italiani avevano trasportato in Nordafrica 51.655 tonnellate di rifornimenti su 77.134 partite, cioè il 67 %, tra cui 22.500 tonnellate di carburante (il 59 % di quanto partito) e 3628 tonnellate di munizioni (il 77 %); su 37 navi mercantili partite per il Nordafrica, 27 erano arrivate. Delle dieci perdute, sette (Lerici, Rosolino Pilo, Ogaden, Manfredo Camperio, Istria, Dielpi e Sanandrea) erano ascrivibili all’operato di “ULTRA”. «L’arrivo del carico della Tergestea [e quelli di Giorgio, Fassio e Kreta nei giorni precedenti] significava che nonostante il mancato arrivo di Istria, Dielpi, Camperio e Poza Rica, Roma aveva consegnato il carburante in più che Rommel aveva chiesto per condurre la sua offensiva del 30 agosto». Il fallimento della battaglia di Alam Halfa, che si concluse il 2 settembre con un nulla di fatto, sarebbe dunque da ascrivere – anche secondo l’opinione di Kesselring – non agli affondamenti di navi che avrebbe impedito a Rommel di ricevere il carburante necessario, bensì ad altre cause, a partire dalla mancanza di sorpresa (i britannici sapevano già, grazie alle loro decrittazioni, dove e quando si sarebbe svolto l’attacco italo-tedesco, e si erano preparati di conseguenza) e dalla disparità di forze, in uomini e mezzi corazzati, già raggiunta tra lo schieramento del Commonwealth da una parte e quello italo-tedesco dall’altra. Quello della mancanza di carburante per via degli affondamenti causati da “ULTRA”, affermano Cernuschi e O’Hara, sarebbe stato essenzialmente un “mito” sfruttato da Rommel per giustificare il proprio insuccesso, dagli alti comandi tedeschi per addossare le colpe agli italiani, responsabili dei rifornimenti, e dalla Marina e dall’Aviazione britannica, oltre che dai loro decrittatori, per rivendicare il merito di aver fermato Rommel.
La storia ufficiale delle forze armate britanniche nella seconda guerra mondiale ("The Mediterranean and Middle East: Volume 3 – British Fortunes Reach Their Lowest Ebb, September 1941 to September 1942" di I. S. O. Playfair), pubblicata nel 1960, afferma invece che nel periodo 23-30 agosto giunsero a Tobruk 2322 tonnellate di carburante destinate alle forze di terra italo-tedesche (1140 tonnellate sull’Alberto Fassio, 225 sul Kreta, 120 sul Giorgio, 837 sul piroscafo Anna Maria Gualdi, arrivato il 30) oltre a circa 1200 tonnellate di munizioni, mentre altre 3282 tonnellate di carburante si sarebbero perdute in mare (407 sull’Istria, 464 sul Dielpi, 2411 sulla nave cisterna Sanandrea, affondata il 30). Relativamente alla Giorgio, Playfair afferma che “sembra aver causato una certa confusione perché trasportava 2474 tonnellate [di carburante], quasi tutte per la Luftwaffe, delle quali l’Esercito si aspettava di ricevere più di quanto poi ricevette”.
Il dibattito sembra destinato a continuare.

A titolo più che altro di curiosità, si può menzionare che l’affondamento del Dielpi figura anche in un numero del fumetto britannico “The Victor”, il 218 del 24 aprile 1965, intitolato appunto ‘The Sinking of the Dielpi’.
 
Il Dielpi, o l’Istria, affonda in fiamme dopo essere stato silurato, in una foto scattata dagli aerei del 221st Squadron della RAF (da www.saafww2pilots.yolasite.com)


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