Il Dielpi sotto l’originario nome di Wandrahm (g.c. Mauro Millefiorini via www.naviearmatori.net) |
Piroscafo da carico
di 1527 tsl, 901 tsn e 2190 tpl, lungo 73,15 metri, largo 10,85 e pescante 4,38,
con velocità di 9 nodi. Appartenente all’armatrice Giulia Morcaldi di Genova ed
iscritto con matricola 1992 al Compartimento Marittimo di Genova.
Breve e parziale cronologia.
18 luglio 1912
Varato come tedesco Wandrahm nei cantieri Stettiner
Oderwerke di Stettin-Grabow (numero di costruzione 636).
24 agosto 1912
Completato come Wandrahm per la compagnia tedesca H. M.
Gehrckens (H.M.G.) di Amburgo. Nominativo di chiamata RSKL; stazza lorda
originaria 1520 tsl, portata lorda 2000 tpl. Impiegato nel trasporto di merci
nel Mar Baltico.
Agosto 1914
Confiscato dalle
autorità russe ad Helsinki (all’epoca parte dell’Impero russo) in seguito allo
scoppio della prima guerra mondiale, essendo la Germania nemica della Russia;
utilizzato come trasporto dalla Marina Imperiale Russa, con il nome di Tverdo.
Ottobre 1918
Restituito dalla
Russia alla compagnia armatrice H. M. Gehrckens, avendo la Russia – dove è
scoppiata la rivoluzione – firmato un armistizio con la Germania.
1920
Consegnato al Regno
Unito in seguito alla sconfitta della Germania nella prima guerra mondiale.
Ribattezzato Thelma, diviene di
proprietà della Scandinavian Shipping Company di Glasgow (Glen & Co).
27 aprile 1928
Il Thelma (capitano Alfred T. Fullagar) accorre
in soccorso del piroscafo tedesco Karl
Friedrich Larsen, rimasto immobilizzato 75 miglia a sud di Vigo dopo aver
perso l’elica ed il relativo asse, e lo prende a rimorchio, portandolo in salvo
a Vigo.
1934
Acquistato dal
marchese Renzo De la Penne (capitano di fregata nella Regia Marina, direttore
del Lloyd Sabaudo nonché padre di Luigi Durand de la Penne, incursore della X
Flottiglia MAS durante la seconda guerra mondiale e protagonista dell’impresa
di Alessandria), di Genova, e ribattezzato Dielpi.
Registrato a Genova; stazza lorda e netta risultano essere rispettivamente 1531
tsl e 1004 tsn.
ca. 1935-1936
Per un periodo il Dielpi viene noleggiato alla «Adria» Società
di Navigazione a Vapore.
1936
Subisce un’avaria
nelle acque di Isto.
1° settembre 1937
Il Dielpi subisce un incidente nelle acque
di Gallipoli, durante un viaggio da Catanzaro Marina a quel porto, sulla linea
regolare numero 33.
1938
In seguito alla morte
di Renzo De la Penne, divengono proprietari del Dielpi la marchesa Giulia Moncalvi, vedova De la Penne, ed i figli.
22 ottobre 1938
Nuovo incidente nelle
acque di Gallipoli, durante un viaggio da Napoli a Porto Santa Venere.
27 dicembre 1940
Il Dielpi parte da Trapani per Tripoli alle
9, andando ad aggregarsi ad un convoglio proveniente da Napoli e diretto nel medesimo
porto libico, composto dai piroscafi Giovinezza,
Arsia e Capo Mele scortati dall’incrociatore ausiliario Città di Napoli e dalla torpediniera Aldebaran, quest’ultima uscita da
Tripoli (che sostituisce la torpediniera Generale
Antonino Cascino, che insieme al Città
di Napoli ha scortato il convoglio nel tratto Napoli-Trapani).
28 dicembre 1940
In arrivo a Tripoli,
il Dielpi s’incaglia su fondale
roccioso, restando così immobilizzato per diversi giorni.
4 gennaio 1941
Disincagliato nel
pomeriggio, può finalmente riprendere la navigazione.
6 gennaio 1941
Entra a Tripoli alle
11.35.
22 gennaio 1941
Lascia Tripoli alle
13 diretto a Tunisi, navigando senza scorta, ma alle 14.42 viene avvistato dal
sommergibile britannico Unique
(tenente di vascello Anthony Foster Collett) in posizione 32°55’ N e 13°00’ E,
una decina di miglia a ponente del porto di partenza. L’Unique avvista il Dielpi,
del quale stima la stazza in 2000 tsl, la rotta in 250° e la velocità in 9
nodi, subito dopo aver dovuto interrompere un attacco contro un mercantile
molto più grande (tra le 7000 e le 10.000 tsl, secondo Collett), che aveva
avvistato alle due su rotta 095°. Alle 14.56 il sommergibile britannico lancia
un siluro contro il Dielpi da soli
640 metri, mirando subito a proravia del fumaiolo, per poi scendere subito a 23
metri di profondità. Il siluro manca il piroscafo, passandogli a poppa; l’Unique torna a quota periscopica alle
15.17, non avendo sentito esplodere il siluro, e vede che il piroscafo ha
invertito la rotta e sta tornando verso Tripoli issando delle bandiere di
segnalazione. Da ciò risulterebbe che la nave sarebbe rientrata in porto dopo
essere stata attaccata; da parte sua, tuttavia, il Dielpi riferisce di essere rientrato a Tripoli – invertendo la
rotta due ore dopo la partenza – a causa del maltempo, notizia che è anche
riferita dal volume dell’U.S.M.M. relativo a questo periodo della guerra dei
convogli. In ogni caso, il Dielpi
arriva a Tripoli alle 17.30.
26 gennaio 1941
Riparte da Tripoli
alle 13.
29 gennaio 1941
Scortato da varie
unità durante la navigazione, arriva a Tunisi alle 17.
20 maggio 1941
Il Dielpi salpa da Messina diretto a
Taranto, insieme alle navi cisterna Urano ed Utilitas e con la scorta
dell’incrociatore ausiliario Attilio
Deffenu.
Alle 18.35, in
posizione 37°57’ N e 15°40’ E (o 37°58’ N e 15°40’ E; al largo di Capo
dell’Armi), il sommergibile britannico Upholder (capitano
di corvetta Malcolm David Wanklyn) avvista il convoglio mentre avanza a 9 nodi
su rotta 140°. Alle 18.44 l’Upholder lancia
tre siluri da 6400 metri (l’intento di Wanklyn sarebbe di lanciarne quattro, ma
il coperchio di uno dei tubi lanciasiluri non si apre): le armi mancano Dielpi e Deffenu (anche se nelle intenzioni di Wanklyn il bersaglio doveva
essere una delle due petroliere, quella di testa), e dalle 18.55 alle 19.15
segue il contrattacco con il lancio di sei bombe di profondità, che esplodono
tuttavia a circa un miglio dall’Upholder,
che intanto si ritira verso sudovest a 45 metri di profondità.
Il Dielpi viene dirottato a Crotone,
dove viene scortato dal Deffenu, che poi
si riunisce alle due navi cisterna e le scorta fino a Taranto.
22 luglio 1941
Il Dielpi salpa da Civitavecchia alla volta
di Napoli, in convoglio con i piroscafi Pomona
e Città di Trieste. Siccome le tre
navi hanno velocità molto diverse tra loro, la partenza viene scaglionata in
più fasi: il Dielpi, il più lento dei
tre (9 nodi), parte per primo alle 19.45, seguito un’ora dopo dal Pomona (9,5 nodi) e per ultimo, alle
23.15, dal più veloce Città di Trieste
(11 nodi). Inizialmente l’ordine ai tre bastimenti, impartito alle 18.20 del 22
luglio, era stato di partire insieme, ma poi era stato cambiato: salpare in
successione, il più lento per primo ed il più veloce per ultimo, e poi riunirsi
in mare aperto, formando un unico convoglio. Tutte e tre le navi dovranno poi
regolare la loro velocità su quella del più lento Dielpi, ed è per questo che quest’ultimo parte per primo: gli altri
due piroscafi, essendo più veloci, lo raggiungeranno rapidamente anche se sono
partiti dopo, e potranno fare almeno il primo tratto (fino al ricongiungimento)
a velocità più sostenuta. Il convoglio è privo di scorta, cosa abituale in
queste acque in questo periodo, nel quale raramente i sommergibili britannici
si spingono nell’Alto Tirreno.
23 luglio 1941
Alle 14.27 il
sommergibile britannico Olympus
(capitano di corvetta Herbert George Dymott), avvistato il convoglio a sudest di
Ischia, lancia due siluri (l’intenzione era di lanciarne quattro, ma due dei
tubi ‘fanno cilecca’) contro il Città di
Trieste, a 2 miglia e mezzo per 146° da Punta San Pancrazio (in posizione
40°40’ N e 13°59’ E), da una distanza di 2740 metri. Il piroscafo viene
mancato. Tutte le navi raggiungono regolarmente la destinazione qualche ora
dopo.
12 agosto 1941
Il Dielpi compie un viaggio da Brindisi a
Durazzo, da solo e senza scorta.
22 agosto 1941
Viaggio da Durazzo a
Bari, di nuovo da solo e privo di scorta.
11 dicembre 1941
Danneggiato durante
un bombardamento aereo su Catania da parte della RAF di Malta (l’incursione, avente
come obiettivo il porto, provoca tre vittime civili).
22 luglio 1942
Requisito a Trieste
dalla Regia Marina, senza essere iscritto nel ruolo del naviglio ausiliario
dello Stato.
18 agosto 1942
Il Dielpi, in convoglio con i piroscafi Goggiam e Brundisium, trasporta materiali vari da Brindisi a Patrasso, con la
scorta della torpediniera Giacomo Medici.
L’affondamento
Il 23 agosto 1942
(per altra fonte il 22), all’una del pomeriggio, il Dielpi ed un altro piroscafo, l’Istria,
salparono dal Pireo alla volta di Tobruk, in convoglio con le motozattere
italiane MZ 744 e MZ 758 e scortati dal cacciatorpediniere
tedesco ZG 3 Hermes (caposcorta) e
dalla torpediniera italiana Sirio.
Il Dielpi era giunto al Pireo provenendo da
Napoli; era carico di carburante in fusti, destinato ad alimentare l’avanzata
in Egitto dell’Armata Corazzata Italo-Tedesca del generale Erwin Rommel. Secondo
alcune fonti, il Dielpi aveva a bordo
2200 tonnellate di benzina per aerei, mentre secondo altre avrebbe avuto a
bordo solo 320 o 464 tonnellate di carburante. Questi ultimi quantitativi
sembrano più verosimili, considerando che 2200 tonnellate sembrerebbero
eccedere la capacità massima di carico del Dielpi
(circa 2000 tpl), e che per giunta i mercantili impiegati nel traffico con il
Nordafrica non viaggiavano quasi mai a pieno carico. Stando ai diari della
Divisione Operazioni dello Stato Maggiore della Kriegsmarine, facevano parte
del carico del Dielpi 512 tonnellate
di rifornimenti per le forze armate tedesche (non è specificato se si trattasse
di carburante o di altro). Secondo un’intercettazione britannica di un
messaggio italiano avvenuta a cose fatte, il 29 agosto, il carico del Dielpi comprendeva carburante e pezzi di
ricambio per carri armati.
Il convoglio fece
scalo intermedio a Suda, dove giunse alle dieci del mattino del 24 agosto e da
dove ripartì alle 23 del 26, con il rinforzo della torpediniera Generale Antonino Cascino.
Poco dopo la
partenza, il convoglio si divise in due gruppi, che proseguirono separatamente:
il Dielpi, diretto a Bengasi (l’Istria aveva invece come destinazione
Tobruk), rimase con la scorta della sola Cascino
(tenente di vascello Gustavo Galliano), oltre ad una scorta aerea di tre
bombardieri, cioè un trimotore CANT Z. 1007 bis della 230a
Squadriglia, 95° Gruppo, 35° Stormo da Bombardamento Terrestre della Regia
Aeronautica, e due bimotori Junkers Ju 88 della Luftwaffe.
(Per altra fonte, Dielpi e Cascino partirono da Suda contemporaneamente, ma non insieme, a
quattro altri convogli – motonavi Tergestea
e Manfredo Camperio,
cacciatorpediniere Nicoloso Da Recco,
torpediniere Polluce e Climene; motonave Unione e cacciatorpediniere Folgore;
nave cisterna Giorgio, piroscafo Anna Maria Gualdi, torpediniere Sirio, Orsa e Partenope;
piroscafo Istria, cacciatorpediniere Hermes, torpediniera Pegaso –; Dielpi e Cascino
navigarono per un breve tratto insieme al convoglio Tergestea-Camperio, da
cui poi si separarono).
Fin da prima che
lasciassero il Pireo, però, le navi italiane erano state “tenute d’occhio” da
“ULTRA”, l’organizzazione britannica che si occupava dell’intercettazione e
decrittazione delle comunicazioni in codice dell’Asse. Già il 21 agosto un
primo dispaccio di “ULTRA” aveva menzionato, tra le altre cose, che «La petroliera Poza Rica ed il Dora, scortati
da Aviere, Camicia Nera, Ciclone e Climene, hanno lasciato Messina alle 23.45
del 19. Il convoglio deve passare lungo le coste greche e unirsi al Dielpi che
uscirà da Patrasso alle 5.30 del 22. Alle 21.00 del 23 il convoglio si
dividerà: Dielpi e Dora procederanno per Tobruk dove essi arriveranno alle
17.00 del 24 (…)». Dopo il danneggiamento della Poza Rica ad opera di aerosiluranti britannici (la petroliera non
era affondata, ma la si era dovuta portare ad incagliare a Corfù), però, i
programmi erano cambiati, così il 22 agosto, sulla scorta di nuove
intercettazioni, “ULTRA” aveva invece riferito ai comandi britannici che «…Il Dielpi che doveva congiungersi al
convoglio Poza Rica è stato inviato a Suda insieme all’Istria, entrambi
provenienti dal Pireo. Dielpi e Kreta probabilmente procederanno da Suda per
Tobruk». Il 23 agosto quest’ultima affermazione era stata reiterata («Il Dielpi ed il Kreta lasceranno la baia di
Suda per Tobruk»), mentre il 25 agosto erano stati aggiunti maggiori
particolari: «Il Dielpi dovrà salpare da
Suda alle 12.00 del 26 e arrivare a Bengasi alle 16.00 del 28, velocità 7 nodi».
La penultima comunicazione di “ULTRA”, quella del 26, non aggiunse nulla di
nuovo rispetto a quanto già si sapeva («Il
Dielpi deve giungere a Bengasi il 28 agosto da Suda»). Nelle prime ore del
27 agosto, infine, i decrittatori di “ULTRA” decifrarono una comunicazione
della Luftwaffe del mattino del 24 agosto (MKA 2628) relativa all’assegnazione
della scorta aerea al Dielpi, nella
quale era menzionata, tra l’altro, la rotta che questo avrebbe dovuto seguire,
con gli orari ed i punti previsti per l’incontro con gli aerei tedeschi.
L’importante informazione fu trasmessa al Cairo con un dispaccio d’emergenza.
Alcune fonti
britanniche (tra cui i libri "Ship-Busters: British Torpedo-Bombers in
World War II" e "The Desert Air Force in World War II")
affermano che il Dielpi, che peraltro
viene da essi menzionato erroneamente come “nave cisterna”, sarebbe stato
oggetto di un primo attacco di aerosiluranti già il 24 agosto, venendo
danneggiato e costretto a rientrare in un porto della Grecia per riparazioni,
riprendendo successivamente il viaggio in ritardo a quanto inizialmente
previsto; e che il mancato arrivo di questa nave avrebbe provocato un ritardo
nell’offensiva pianificata da Rommel a fine agosto 1942, poi divenuta nota come
battaglia di Alam Halfa, che sarebbe dovuta inizialmente scattare il 26 agosto
ma che venne sospesa in attesa dell’arrivo del carburante necessario. Ad un
incontro con Rommel tenuto il 27 agosto, il capo di Stato Maggiore generale
italiano, maresciallo Ugo Cavallero, avrebbe promesso a Rommel l’arrivo a
Bengasi entro una settimana di 5000 tonnellate di carburante, delle quali la
prima parte sarebbe dovuta giungere appunto su Istria e Dielpi. Rommel
avrebbe dunque rinviato il suo attacco di due o tre giorni in attesa
dell’arrivo di queste navi.
In realtà, il Dielpi non fu oggetto di alcun attacco
di aerosiluranti, e meno che mai danneggiato, il 24 agosto o comunque nei
giorni precedenti il 27: l’attacco di cui parlano i libri britannici,
sbagliando sia nell’identificazione della nave che nell’apprezzamento dei
risultati, fu in realtà diretto contro la nave cisterna Giorgio, in navigazione da Taranto al Pireo (da dove poi sarebbe
proseguita per Tobruk), la quale non fu danneggiata e raggiunse poi indenne
Tobruk il 28 agosto, con il suo carico di 2474 tonnellate di carburante per la
Luftwaffe. La questione dei rifornimenti per Rommel è affrontata più oltre.
Durante la
navigazione verso Tobruk, il mattino del 27 agosto, il Dielpi venne avvistato da un Supermarine Spitfire del 69th
Squadron della RAF, il BR663 pilotato dal sottotenente Coldbeck (altra fonte
parla di un ricognitore britannico decollato dall’Egitto), un centinaio di
miglia a nord di Derna. Un ricognitore Martin Baltimore, l’AG375 pilotato dal
sergente Shulman, fu inviato a pedinare il convoglietto, mentre si preparava un
attacco di aerosiluranti.
Quest’ultimo ebbe
luogo al largo di Tolmetta (Cirenaica) verso le 18.30, mentre il sole
tramontava: ad attaccare il Dielpi
furono nove (per altra fonte sette) aerosiluranti Bristol Beaufort del 39th
Squadron della Royal Air Force (altra fonte parla del 217th
Squadron), guidati dal tenente Ken R. Grant (altra fonte parla del maggiore
Patrick Gibbs) e scortati da nove o dieci caccia Bristol Beaufighter del 227th
Squadron, al comando del tenente colonnello Donald Ross Shore, quattro (o
cinque) dei quali dotati di bombe da 250 libbre (113 kg).
Sulla base di
informazioni (evidentemente le citate decrittazioni di “ULTRA”) che riferivano
che il Dielpi era in navigazione da
Suda a Bengasi con la scorta di un’unica torpediniera, gli aerei britannici
decollarono dalla base maltese di Luqa verso le quattro del pomeriggio del 27
agosto, per poi dirigersi verso il loro obiettivo volando bassi sul mare,
osservando un rigido silenzio radio. I Beaufighters, per tenere il passo dei
più lenti Beauforts, compivano dei leggeri zig zag.
Quando vennero
avvistate le navi italiane, ad una sessantina di miglia dalla costa libica, il
tenente Grant sparò un razzo Very giallo, segnale che gli aerosiluranti erano
pronti per l’attacco. A questo punto, i Beaufighters sfrecciarono in avanti, ed
i quattro che erano armati con bombe le sganciarono contro il Dielpi, mentre tutti ne spazzavano il
ponte con le mitragliatrici. Altri Beaufighters, intanto, mitragliavano la Cascino. Due delle bombe sganciate
centrarono il Dielpi; il Beaufighter
del tenente colonnello Shore, in particolare, rivendicò una bomba a segno sulla
poppa. I fusti di benzina trasportati dal piroscafo presero fuoco, dando inizio
ad un incendio che andò rapidamente estendendosi. Il quinto Beaufighter della
formazione, il T5150 ‘K’ pilotato dal sottotenente canadese Dallas W. Schmidt
(arrivato a Malta da pochi giorni insieme al suo navigatore, il sergente
scozzese Andrew B. Campbell), fu l’ultimo ad attaccare, essendo l’ultimo nel
gruppo dei Beaufighters privi di bombe; mentre risaliva dal livello del mare
per prepararsi alla picchiata, Schmidt avvistò davanti a sé un bombardiere
italiano CANT Z. 1007, parte della scorta aerea del convoglio (era appunto il
CANT Z. 1007 bis del 35° Stormo, pilotato dal sottotenente Giuseppe Vulcani).
Schmidt virò subito a sinistra e si portò alle spalle dell’aereo italiano, che
aprì il fuoco contro di esso con le due mitragliatrici ventrali da 12,7 mm. Il
tiro del CANT Z. colpì sia il motore di sinistra del Beaufighter di Schmidt che
le mitragliatrici della sua ala destra, mettendo queste ultime fuori uso;
l’aereo britannico reagì con i quattro cannoncini e con le mitragliere rimaste
in efficienza, distruggendo la coda del trimotore italiano con la prima raffica
– o almeno così ritenne – ed incendiando il suo motore destro con la seconda,
mentre dopo pochi secondi anche il motore sinistro del bombardiere subì la
stessa sorte. Il CANT Z. 1007 iniziò a precipitare, sempre seguito dal
Beaufighter, finché improvvisamente i due motori incendiati esplosero ed il
velivolo precipitò in mare, o così credette. Schmidt osservò l’ultima fase
dell’apparente agonia dell’aereo italiano “di sbieco”, attraverso uno dei
finestrini laterali, perché quelli anteriori erano stati completamente
“oscurati” dall’olio gettato su di essi dall’esplosione dei motori dell’aereo
italiano. Fu probabilmente per questo che il pilota canadese prese un granchio:
per quanto malridotto, il CANT Z. 1007 del sottotenente Vulcani (matricola MM
23406, aereo numero 5 della 230a Squadriglia) non precipitò in mare,
ma riuscì a raggiungere Derna dove effettuò un atterraggio d’emergenza, senza
feriti tra il suo equipaggio (il sottotenente Vulcani, il copilota sergente
maggiore Luigi Di Lallo, ed altri tre uomini).
Schmidt rientrò a sua
volta alla base con il suo aereo danneggiato: il motore di sinistra, per quanto
sforacchiato, funzionava ancora, perdendo però parecchio olio e carburante
(finirono entrambi nell’istante stesso dell’atterraggio a Luqa; dopo l’atterraggio
Schmidt scoprì che i colpi di mitragliatrice del CANT Z. avevano spazzato via
le valvole di selezione del carburante, ma per sua fortuna aveva già impostato
l’alimentazione dai serbatoi principali prima dell’attacco).
Meno fortuna ebbe un
altro dei Beaufighters, il X8035 ‘J’ del 227th Squadron, che fu
abbattuto dalle mitragliere dell’aereo di Vulcani, con la morte dei due
componenti del suo equipaggio (sergenti Kenneth Seddon ed Eric O’Hara). Come
aveva fatto Schmidt, anche da parte italiana si peccò di ottimismo nel valutare
le perdite inflitte all’avversario: i mitraglieri del CANT Z. 1007 ritennero di
aver abbattuto due Beaufighters, anziché uno (forse l’altro Beaufighter
“abbattuto” era proprio quello di Schmidt: nel qual caso si avrebbe un caso di reciproco,
erroneo, rivendicato abbattimento). Per parte sua, il maggiore W. C. Wigmore,
pilota del Beaufighter T4666 ‘Y’ del 227th Squadron, rivendicò
erroneamente il probabile abbattimento di uno Ju 88.
Mentre infuriava la
battaglia tra i Beaufighters ed i velivoli della scorta aerea, alle 18.38 (o
18.30; le 18.45 secondo fonti britanniche), anche gli aerosiluranti erano
andati all’attacco: due dei siluri centrarono il Dielpi, che esplose e si spezzò in due, affondando in fiamme in meno
di due minuti, nel punto 33°38' N e 21°03' E (o 33°38' N e 21°23' E), a nord di
Tolmetta/Tolemaide e circa 80-90 miglia a nord di Derna.
I piloti britannici
riferirono nei loro rapporti di aver lasciato il bersaglio “in fiamme ed in
affondamento, con il ponte semisommerso e la chiglia spezzata”. Dopo l’attacco,
i Beauforts in fase di allontanamento vennero attaccati dagli Ju 88, che furono
però respinti dal pronto intervento dei Beaufighters, senza riuscire ad
abbattere nessuno degli aerosiluranti.
Parecchi uomini del Dielpi si erano gettati in mare già prima dell’esplosione finale; la Cascino, per prestare soccorso ai naufraghi, non esitò ad attraversare la zona di mare coperta di carburante in fiamme. Grazie al pronto intervento della torpediniera, fu possibile trarre in salvo 60 dei 67 uomini che si trovavano a bordo del Dielpi. Le vittime furono sette; molti dei superstiti rimasero feriti od ustionati.
Le vittime tra l'equipaggio civile:
Gregorio Daniele, garzone di cucina, da Mola di Bari
Girolamo Grancelli, fuochista
Salvatore Lazzara, ufficiale di macchina, da Trapani
Raffaele Massaro, fuochista
Michele Pagano, caporale di macchina, da Recco
Antonio Scarpi, fuochista, da Borgo San Lorenzo
Il comandante della Cascino, tenente di vascello Gustavo
Galliano, sarebbe stato decorato con la Croce di Guerra al Valor Militare per
questo salvataggio («…si prodigava
successivamente con abnegazione, nell’opera di salvataggio dei naufraghi di un
piroscafo silurato, resa difficile a causa dell’incendio del combustibile
riversatosi in mare, riuscendo a ridurre al minimo la perdita di vite umane»).
Analoga decorazione, per lo slancio mostrato nel salvataggio dei naufraghi,
avrebbero ricevuto il comandante in seconda della Cascino, sottotenente di vascello Franco Masala, ed il
guardiamarina Vittorio Janeke, nonché i cinque uomini che armarono il battello
che provvide al salvataggio dei superstiti del Dielpi: il secondo nocchiere Edoardo Ronda ed i marinai Carmelo
Leonardi, Mario Befani, Giovanni Monti e Luigi Tota («…durante le successive operazioni di salvataggio del personale di un
piroscafo silurato, imbarcava su un battello e, incurante degli scoppi e
dell’incendio del combustibile, riversatosi in mare, provvedeva al recupero di
numerosi naufraghi feriti e ustionati, dimostrando perizia marinaresca ed
elevato spirito di altruismo»).
Qualche ora più
tardi, l’Istria avrebbe subito la
stessa sorte.
Alle 21.32 del 27, i
decrittatori britannici intercettarono e decifrarono una comunicazione della
Luftwaffe, nella quale si rivelava il punto in cui i caccia tedeschi decollati
dalla Libia avrebbero dovuto incontrare il Dielpi
per assumerne la scorta: questa informazione era ormai superflua. “ULTRA” non
mancò di informare i comandi britannici dell’avvenuto successo: con dispaccio
del 29 agosto, sulla scorta di ulteriori intercettazioni, annunciò infatti che
«Il Dielpi è stato affondato da aerei
mentre procedeva con rotta sud da Suda per Bengasi alle 18.45 del 27».
Come prevedibile, non
appena la notizia degli affondamenti giunse a Berlino, i vertici tedeschi si
scatenarono in una pioggia di critiche sulla protezione, giudicata
insufficiente, che la Marina italiana aveva dato a Dielpi, Istria e Manfredo Camperio (anch’essa affondata
quel giorno). Mussolini, ignorando le proteste di Cavallero e del capo di Stato
Maggiore della Marina, ammiraglio Arturo Riccardi, si allineò alla visione
tedesca.
L’impatto
dell’affondamento del Dielpi, e di
altre navi perdute nello stesso periodo, sugli eventi in Nordafrica sembra
essere piuttosto controverso. Varie fonti britanniche affermano che la perdita
o grave danneggiamento di diverse navi italiane (tra cui il Dielpi), cariche di rifornimenti per
l’Armata Corazzata Italo-Tedesca, nell’agosto 1942 ebbe un ruolo determinante
nel fallimento della battaglia di Alam Halfa, ultimo tentativo di Rommel di sfondare
le difese britanniche in Egitto. Il libro "Winston S. Churchill: Road to
Victory, 1941-1945" di Martin Gilbert, ad esempio, afferma che “Durante il mese di agosto, Montgomery aveva
atteso l’attacco di Rommel sulle sue posizioni difensive di Alam Halfa. Durante
il mese, le decrittazioni di messaggi Enigma avevano rivelato quanto i
rifornimenti di carburante fossero il principale problema di Rommel, influendo
sia sulla data dell’attacco, che sulla sua scala. In conseguenza di questa
conoscenza, gli attacchi sulle navi italiane impegnate nei suoi rifornimenti
vennero intensificati. Il 15 agosto il mercantile Lerici era stato affondato da
un sommergibile, così come il mercantile Pilo due giorni dopo. I loro
affondamenti avvennero proprio quando una decrittazione di Enigma aveva
rivelato che i consumi di carburante della Panzerarmee avevano superato
l’afflusso [di nuovo carburante] fin
dall’inizio del mese. Il 21 agosto la Royal Air Force silurò la petroliera Poza
Rica, che stava trasportando carburante per gli italiani. Anche qui, una
decrittazione di Enigma rivelò che per effetto di questo affondamento [in
realtà la Poza Rica non fu affondata,
ma non poté comunque raggiungere l’Africa] la
situazione delle scorte di carburante italiane era ‘altrettanto tesa’ [ciò
risultava dall’intercettazione di una comunicazione tedesca del 25 agosto]. Il 24 agosto una decrittazione di Enigma
diede i dettagli su un programma di rifornimenti di carburante che prevedeva
l’invio di venti navi in Nordafrica tra il 25 agosto ed il 5 settembre. Nel
secondo giorno di questo programma [26 agosto], la Royal Air Force fu in grado di sconvolgerlo seriamente bombardando
il Canale di Corinto. Il 28 agosto una decrittazione di Enigma diede dettagli
sui carichi di carburante di altre otto navi [parte di un nuovo programma
d’emergenza, sarebbero dovute arrivare in Africa tra il 28 agosto ed il 2
settembre], la prima delle quali doveva
partire quello stesso giorno. Adesso le decrittazioni non davano solo i
carichi, ma anche i tempi di partenza e, a differenza di prima, le rotte. Tre
delle navi, il Dielpi con 2200 tonnellate di carburante per l’aviazione
tedesca, l’Istria con 200 tonnellate per gli italiani e la Camperio, furono
affondate il 27 agosto. Rommel non poteva più aspettare, ed alle quattro del
pomeriggio del 30 agosto decise di lanciare il suo attacco quella notte,
sapendo che le sue truppe avevano carburante solo per quattro giorni e mezzo di
combattimento, anziché i quindici che aveva sperato, ed avendo munizioni
sufficienti solo per quattro-sei giorni [ciò fu rivelato da ulteriori
decrittazioni molto tempo dopo, nell’ottobre 1942]”. Un altro articolo presenta
una cronologia quasi identica, affermando che il 19 agosto, due giorni dopo
l’intercettazione di un messaggio con cui Rommel annunciava la difficile
situazione delle sue scort di carburante, il Comando in Capo britannico
sollecitò i comandi britannici nel Mediterraneo a “compiere uno sforzo supremo,
con ogni mezzo”, per interrompere le linee di rifornimento via mare di Rommel nei
dieci giorni a venire. Sarebbe stato in seguito all’affondamento di Pilo e Lerici ed siluramento della Poza
Rica che il 24 agosto Rommel decise che non poteva ancora fissare una data
precisa per la sua offensiva, in attesa dell’arrivo di altro carburante;
decisione ribadita il 26 agosto, quando i comandi dell’Asse in Nordafrica
vincolarono la data dell’offensiva all’arrivo di un nuovo convoglio con
rifornimenti di carburante. Una decrittazione di un messaggio della Panzerarmee
del 27 agosto rivelò che il mancato arrivo di carburante e munizioni impediva
di annunciare la data dell’attacco fino al 29 agosto. Dopo la perdita di Dielpi, Istria e Manfredo Camperio
il 27 agosto, il 29 Rommel decise che avrebbe dovuto limitare la sua offensiva
ad un’operazione locale, mirata a distruggere le forze britanniche nelle
posizioni di El Alamein. Una decrittazione di “ULTRA” del 30 agosto di un
messaggio della Panzerarmee di due giorni prima mostrava che quest’ultima
affermasse che su 2400 tonnellate di carburante che sarebbero dovute giungere
entro quel giorno, solo 100 erano arrivate, così che le riserve bastavano solo
per sei giorni di battaglia.
Simili sono anche i
toni di "Ship-Busters: British Torpedo-Bombers in World War II” e “The
Desert Air Force in World War II" nonché di altri libri, britannici ed
anche italiani.
Di diverso avviso è
invece un articolo ("The Other Ultra") di Enrico Cernuschi e Vincent
O’Hara, pubblicato sul volume 66 della Naval War College Review (rivista
accademica del Naval War College della Marina statunitense) del 2013. In esso i
due autori presentano la seguente ricostruzione degli eventi dell’agosto 1942:
dopo la conclusione dell’offensiva che aveva portato l’Armata Corazzata
Italo-Tedesca ad El Alamein, il 2 luglio, Rommel aveva ricevuto rifornimenti in
quantità superiore del 50 % rispetto ai consumi mensili della sua armata, ma
nutriva dubbi su una ripresa dell’offensiva. Il 17 agosto il suo superiore nel
Mediterraneo, feldmaresciallo Albert Kesselring, si era recato in Egitto per
convincerlo a lanciare la nuova, risolutiva offensiva fino a Suez, ma il
comandante della Panzerarmee aveva affermato di non aver abbastanza
rifornimenti, perché la Marina italiana non era riuscita a consegnarglieli (in
realtà, nel luglio 1942 le perdite tra i rifornimenti inviati in Nordafrica via
mare non avevano superato il 7 %, ed erano giunte nei porti libici circa 90.000
tonnellate di carburante, munizioni ed altri rifornimenti, uno dei quantitativi
più elevati dell’intera guerra); una scusa, in realtà, creduta a Berlino – dove
gli alti comandi tedeschi erano sempre disposti a scaricare la colpa di tutto
sugli italiani – ma non da Kesselring, esperto di logistica. Rommel disse a
Kesselring di necessitare di altre 30.000 tonnellate di carburante, 2672 tonnellate
di munizioni e 500 veicoli, il tutto da recapitare al fronte entro il giorno
dell’attacco, il cui inizio era previsto per la notte del 30 agosto. Cernuschi
e O’Hara definiscono quella di Rommel una richiesta irrealistica, facendo
notare che in tutto il corso della campagna nordafricana non erano mai state
trasportate, in due settimane, più di 24.000 tonnellate di carburante. Dopo
aver lungamente mercanteggiato, Rommel aveva ridotto di molto le sue pretese; i
due feldmarescialli erano giunti ad un accordo in base al quale nei tredici
giorni precedenti l’offensiva Kesselring ed il Comando Supremo avrebbero
organizzato l’invio in Nordafrica di 5700 tonnellate di carburante, 2000
tonnellate di munizioni e 295 veicoli. Questa promessa, affermano i due autori,
fu rispettata, nonostante la perdita del Dielpi
e di altre navi: tra il 23 ed il 28 agosto giunsero nei porti della Cirenaica
le 5700 tonnellate di carburante richieste, ossia 117 sulla motonave Tergestea (arrivata a Bengasi il 28
agosto con anche 279 automezzi e centinaia di tonnellate di munizioni), 2545
sulla nave cisterna Giorgio (giunta a
Tobruk il 28 agosto), 2749 sulla nave cisterna Alberto Fassio (arrivata a Tobruk il 23 agosto) e 382 sul piroscafo
tedesco Kreta (arrivato a Tobruk il
25 agosto). Inoltre, tre giorni dopo l’affondamento del Dielpi, il 30 agosto, giunse a Tobruk il piroscafo Anna Maria Gualdi, con 1600 tonnellate
di carburante per l’esercito tedesco. Nel corso dell’intero mese di agosto, i
convogli italiani avevano trasportato in Nordafrica 51.655 tonnellate di
rifornimenti su 77.134 partite, cioè il 67 %, tra cui 22.500 tonnellate di
carburante (il 59 % di quanto partito) e 3628 tonnellate di munizioni (il 77
%); su 37 navi mercantili partite per il Nordafrica, 27 erano arrivate. Delle dieci
perdute, sette (Lerici, Rosolino Pilo, Ogaden, Manfredo Camperio,
Istria, Dielpi e Sanandrea) erano
ascrivibili all’operato di “ULTRA”. «L’arrivo
del carico della Tergestea [e quelli di Giorgio,
Fassio e Kreta nei giorni precedenti] significava
che nonostante il mancato arrivo di Istria, Dielpi, Camperio e Poza Rica, Roma
aveva consegnato il carburante in più che Rommel aveva chiesto per condurre la
sua offensiva del 30 agosto». Il fallimento della battaglia di Alam Halfa,
che si concluse il 2 settembre con un nulla di fatto, sarebbe dunque da
ascrivere – anche secondo l’opinione di Kesselring – non agli affondamenti di
navi che avrebbe impedito a Rommel di ricevere il carburante necessario, bensì
ad altre cause, a partire dalla mancanza di sorpresa (i britannici sapevano
già, grazie alle loro decrittazioni, dove e quando si sarebbe svolto l’attacco
italo-tedesco, e si erano preparati di conseguenza) e dalla disparità di forze,
in uomini e mezzi corazzati, già raggiunta tra lo schieramento del Commonwealth
da una parte e quello italo-tedesco dall’altra. Quello della mancanza di
carburante per via degli affondamenti causati da “ULTRA”, affermano Cernuschi e
O’Hara, sarebbe stato essenzialmente un “mito” sfruttato da Rommel per
giustificare il proprio insuccesso, dagli alti comandi tedeschi per addossare
le colpe agli italiani, responsabili dei rifornimenti, e dalla Marina e
dall’Aviazione britannica, oltre che dai loro decrittatori, per rivendicare il
merito di aver fermato Rommel.
La storia ufficiale delle
forze armate britanniche nella seconda guerra mondiale ("The Mediterranean
and Middle East: Volume 3 – British Fortunes Reach Their Lowest Ebb, September
1941 to September 1942" di I. S. O. Playfair), pubblicata nel 1960,
afferma invece che nel periodo 23-30 agosto giunsero a Tobruk 2322 tonnellate
di carburante destinate alle forze di terra italo-tedesche (1140 tonnellate
sull’Alberto Fassio, 225 sul Kreta, 120 sul Giorgio, 837 sul piroscafo Anna
Maria Gualdi, arrivato il 30) oltre a circa 1200 tonnellate di munizioni,
mentre altre 3282 tonnellate di carburante si sarebbero perdute in mare (407
sull’Istria, 464 sul Dielpi, 2411 sulla nave cisterna Sanandrea, affondata il 30).
Relativamente alla Giorgio, Playfair
afferma che “sembra aver causato una
certa confusione perché trasportava 2474 tonnellate [di carburante], quasi tutte per la Luftwaffe, delle quali
l’Esercito si aspettava di ricevere più di quanto poi ricevette”.
Il dibattito sembra
destinato a continuare.
A titolo più che
altro di curiosità, si può menzionare che l’affondamento del Dielpi figura anche in un numero del
fumetto britannico “The Victor”, il 218 del 24 aprile 1965, intitolato appunto ‘The
Sinking of the Dielpi’.
Il Dielpi, o l’Istria, affonda in fiamme dopo essere stato silurato, in una foto scattata dagli aerei del 221st Squadron della RAF (da www.saafww2pilots.yolasite.com) |
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