L’Egeo quando portava il precedente nome di Città di Bari (g.c. Nedo B. Gonzales, via www.naviearmatori.net) |
Incrociatore
ausiliario, già motonave passeggeri di 3310,69 tsl, 1877 tsn e 2450 tpl, lunga
96 metri, larga 13,6 e pescante 6,5, con velocità di 12,5 o 15 nodi. Appartenente
alla Società Anonima di Navigazione Adriatica, con sede a Venezia, ed iscritta
con matricola 300 al Compartimento Marittimo di Venezia; nominativo
internazionale IBEH.
In tempo di pace
disponeva di cabine per 83 passeggeri e cinque stive per complessivi 4153 metri
cubi. In tempo di guerra fu armato con due cannoni da 120/45 mm (per altre
fonti, da 102/45 mm) e cinque mitragliere contraeree da 13,2 mm.
Breve e parziale cronologia.
1926 [incerto]
Varata come Città di Bari presso il Cantiere San
Marco (Trieste) dello Stabilimento Tecnico Triestino (numero di costruzione
757).
2 aprile 1927
Completata come Città di Bari per la Società Anonima di
Navigazione a Vapore "Puglia" (avente sede a Bari), come motonave
passeggeri in grado di trasportare 83 passeggeri in cabina oltre al carico. Fa
parte di una serie di quattro navi gemelle, detta serie "Egeo" (Egeo, Egitto, Rodi e Città di Bari: ma l’Egeo e la Città di Bari
si scambieranno il nome nel 1934, così che l’Egeo affondata nel 1941 è in effetti l’ex Città di Bari, e viceversa). Tutte e quattro sono costruite dallo
Stabilimento Tecnico Triestino: Città di
Bari e Rodi dal cantiere San
Marco di Trieste, Egeo ed Egitto dal cantiere San Rocco di Muggia.
Stazza lorda e netta originarie 3220 tsl e 1882 tsn; porto di registrazione
Bari.
1932
La Puglia di
Navigazione, in difficoltà a causa della crisi del 1929, vende Città di Bari ed Egitto alla Società Anonima di Navigazione Lloyd Triestino, con
sede a Trieste. Il porto di registrazione della Città di Bari passa da Bari a Trieste.
1934
La Città di Bari viene ribattezzata Egeo, mentre al contempo la gemella Egeo viene a sua volta ribattezzata Città di Bari. Al contempo, il suo porto
di registrazione cambia di nuovo: Genova, al posto di Trieste.
Il cambio di nome è
probabilmente legato al fatto che i rispettivi nomi, invertiti, risultebbero
più confacenti alle rotte coperte dalle rispettive compagnie proprietarie (Lloyd
Triestino per la Città di Bari poi Egeo, Compagnia Adriatica di Navigazione
per l’Egeo poi Città di Bari).
Primi anni Trenta
In questo periodo
(secondo una fonte, alla vigilia della guerra d’Etiopia) viene anche
considerata la possibilità della trasformazione, nel caso di un conflitto con
il Regno Unito o la Francia, dell’Egeo e
delle gemelle in portaerei di scorta, progetto poi mai attuato perché poco
praticabile (il ponte di volo sarebbe troppo corto, e le navi, data le loro non
grandi dimensioni, non potrebbero imbarcare che pochi velivoli).
Resta invece reale –
ed infine si concretizzerà nel 1940 – la possibilità di trasformarle in
incrociatori ausiliari: come per molte altre navi costruite per compagnie
controllate dallo Stato, fin dalla costruzione di queste motonavi si è tenuto
conto di tale possibile futura necessità, adeguando il progetto ai requisiti
richiesti dalla Regia Marina (una stazza non molto elevata ma al contempo
sufficiente a poter navigare in alto mare senza difficoltà, una velocità di
circa 15 nodi e la possibilità di impiego per missioni di trasporto veloce).
L’Egeo a Messina il giorno di Pasqua del 1936 (g.c. Stefano Cioglia, via www.naviearmatori.net) |
1° gennaio 1937 (o dicembre 1936)
Trasferita dal Lloyd
Triestino alla Adriatica Società Anonima di Navigazione (con sede a Venezia),
appena creata per trasformazione della Compagnia Adriatica di Navigazione, a
sua volta nata nel 1932 dalla fusione di diverse compagnie di navigazione
adriatiche (tra cui anche la Puglia di Navigazione, prima proprietaria del Città di Bari poi Egeo).
Cambia, ancora una
volta, il porto di registrazione: Venezia, invece di Genova.
Subito dopo la nascista della società Adriatica, l’Egeo viene posta in servizio sulla linea
n. 54 (Adriatico-Pireo-Turchia). Per un periodo è anche in servizio sulla linea
n. 57, dall’Adriatico alla Siria.
Dicembre 1937
L’Egeo trasporta in Albania il ministro
delle finanze e grande ammiraglio Paolo Thaon di Revel, che a bordo di essa si
reca a visitare gli scavi archeologici di Butrinto insieme al ministro d’Italia
in Albania, Francesco Jacomoni, al ministro degli esteri albanese Eqrem
Libohova e ad altre personalità italiane ed albanesi. All’arrivo a Butrinto,
Thaon di Revel viene accolto da una rappresentanza della comunità italiana di
Santi Quaranta, e dal personale della missione archeologica italiana a Butrinto
(è stata proprio questa missione, guidata fino al 1936 dall’archeologo Luigi
Maria Ugolini, a riportare alla luce le rovine romane ed ellenistiche di
Butrinto a partire dal 1928).
12 dicembre 1937-17 marzo 1938
In disarmo per lavori
di adeguamento.
27 marzo 1938-8 giugno 1940
In servizio sulla
linea n. 48 (Tirreno-Grecia-Egitto). Nel 1938 è comandante dell’Egeo il capitano Silvio Della Dea.
6 maggio 1940
A guerra mondiale
scoppiata, ma durante il periodo di “non belligeranza” dell’Italia, l’Egeo viene fermata da navi britanniche
in acque greche per essere ispezionata al fine di verificare il rispetto delle
regole sulla neutralità (in particolare, accertare che non compia contrabbando
di guerra), una pratica cui le navi mercantili italiane sono soggette con
crescente intensità da parte anglo-francese, e che sta pesando sui rapporti tra
l’Italia (le cui autorità affermano che le ispezioni siano arbitrarie e
vessatorie, provocando continui ritardi nei viaggi dei bastimenti e provocando
talvolta anche il deterioramento o perdita di carichi deperibili), sempre più
vicina all’entrata in guerra dalla parte dell’Asse, e gli Alleati.
Tra i passeggeri
dell’Egeo in questa occasione c’è il
giornalista statunitense G. C. Jordan, corrispondente dell’«Associated Press»,
che descrive poi così l’ispezione in un articolo pubblicato dieci giorni più
tardi su vari giornali statunitensi: «…un
marinaio britannico mi disse che l’episodio cui assistei era piuttosto tipico.
Ero sulla nave passeggeri italiana Egeo in navigazione da Napoli al Pireo, in
Grecia. Stavamo cenando quando notammo che la nave si era frmata. Sentii
qualcuno dire, “È una nave da guerra. Ci hanno fermati”. Un ufficiale siciliano
dell’Esercito, che stava rientrando al suo reparto nell’isola di Rodi, si
precipitò fuori dalla sala. Lo seguii. Gradualmente altri passeggeri fecero lo
stesso. La nostra nave era piuttosto immobile. Non avevamo idea di dove
fossimo, a parte che saremmo dovuti essere vicino alla Grecia. L’equipaggio
della nave aveva puntato dei proiettori sulle grandi bandiere italiane dipinte
sulle fiancate della nave. All’inizio era difficile vedere alcunché, ma alla
fine riuscimmo a distinguere delle luci che lampeggiavano in mare. Via via che
i nostri occhi si abituavano all’oscurità, potemmo distinguere un’enorme sagoma
che silenziosamente intorno alla nostra prua. Era una nave da guerra britannica
che comunicava in codice con noi mediante le sue luci lampeggianti. L’enorme sagoma
si muoveva lentamente intorno a noi. Un proiettore fu puntato su di noi. La
nave da guerra descrisse un cerchio completo, esaminandoci a fondo con il suo
proiettore. Entro il momento in cui fu tornata sulla nostra dritta, una grossa
barca a remi ci aveva raggiunti. Una scaletta venne gettata lungo la nostra
murata e tre ufficiali britannici ed un marinaio dai capelli rossi si
arrampicarono a bordo. I britannici salutarono elegantemente gli ufficiali
dell’Egeo. Questi ultimi non risposero al saluto. I passeggeri, soprattutto
italiani diretti a Rodi, aspettavano silenziosi sul ristretto ponte. Gli
ufficiali salirono fino alla cabina del comandante, sul ponte superiore; il
marinaio dai capelli rossi rimase di guardia fuori. Un nastro temporaneo sul suo
cappello nascondeva il nome della nave. Chiese se ci fossero americani a bordo
e gli dissi che ero americano. Voleva una sigaretta, dicendo che erano in mare
da così tanto che avevano finito le sigarette americane. La sua nave era un
incrociatore leggero, uno di quelli che avevano dato la caccia alla corazzata
tascabile tedesca precedentemente chiamata Deutschland. Dopo Natale
l’incrociatore era stato trasferito dal Mare del Nord al Mediterraneo. Gli
chiesi se gli italiani avessero mai creato problemi riguardo alle ispezioni
sulle loro navi e disse di no, che soltanto un equipaggio avesse obiettato
all’ispezione. Erano greci. Disse che li aveva intimiditi con la sua pistola. Disse
che si era dovuto addestrare a sparare con una pistola per sei mesi prima di
essere mandato come guardia insieme agli ufficiali addetti alle ispezioni. Se
il carico di una nave ispezionata era sospetto, disse, portavano la nave a
Malta. Questo non accadeva spesso. Questa nave da guerra aveva fermato ed
ispezionato ben quindici navi in un giorno. Proprio allora vedemmo le luci di
un’altra nave che passava a qualche miglio di distanza, ed il nostromo nella
barca a remi borbottò che presto avrebbero dovuto inseguire anche quella. “Ne
avremo fino alle tre del mattino”, sentii qualcuno dire nella barca a remi.
Presto gli ufficiali ritornarono dalla loro ispezione del manifesto di carico e
dei passaporti dei passeggeri. Salutarono, scesero la scaletta di corda fin
nella barca e si allontanarono a remi. L’intera faccenda aveva richiesto esattamente
45 minuti».
L’Egeo sotto il precedente nome di Città di Bari, con i colori della società di navigazione "Puglia" (da “Storia del cantiere San Marco di Trieste” di Paolo Valenti ed Ernesto Gellner, via g.c. Dante Flore e www.naviearmatori.net) |
4 giugno 1940
L’Egeo è l’ultima nave italiana a lasciare
l’Egitto (diretta in Italia), sei
giorni prima che l’Italia entri nella seconda guerra mondiale. A bordo ha 200
cittadini italiani che rimpatriano.
15 giugno 1940
Requisita dalla Regia
Marina alle ore 20 ed iscritta nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato
come incrociatore ausiliario. Armata con due cannoni da 120/45 mm e cinque
mitragliere da 13,2 mm, viene adibita a compiti di scorta ai convogli.
L’equipaggio viene militarizzato.
21 ottobre 1940
Viene ricostituito il
Comando Superiore Traffico Albania (Maritrafalba, con sede a Brindisi, già
attivo dal 20 agosto al 12 ottobre 1940 quando era stato sciolto), incaricato dell’organizzazione
e protezione dei convogli tra Italia ed Albania nonché della ricerca e caccia
antisommergibili su tali rotte. Le forze a disposizione di Maritrafalba
consistono in due datati cacciatorpediniere (Carlo Mirabello ed Augusto
Riboty), dieci altrettanto anziane torpediniere (Castelfidardo, Curtatone, Calatafimi, Monzambano, Generale Antonio
Cantore, Generale Marcello Prestinari, Confienza, Solferino, Nicola Fabrizi e Giacomo
Medici), quattro incrociatori
ausiliari (RAMB III, Capitano A. Cecchi, Lago Tana e Lago Zuai)
e quattro MAS (i MAS 534, 535, 538 e 539, della XIII Squadriglia MAS).
Nell’ambito di questa
organizzazione l’Egeo ed un secondo
incrociatore ausiliario, l’Arborea,
ricevono un ruolo di “supplenti”: loro compito è sostituire gli incrociatori
ausiliari di Maritrafalba che per qualsiasi motivo non possano svolgere il
regolare servizio di scorta.
10 novembre 1940
L’Egeo parte da Bari alle 4 per scortare a
Brindisi, insieme alla torpediniera Solferino,
i piroscafi Sardegna, Titania e Tagliamento, che insieme ad un altro convoglio simultaneamente in
mare trasportano in tutto 1178 soldati, 1145 quadrupedi, 6 automezzi e 229
tonnellate di materiali.
Il convoglio arriva a
Brindisi tre ore più tardi.
11 novembre 1940
Egeo,
Solferino e la torpediniera Nicola Fabrizi ripartono da Brindisi
alle 7.15 scortando il Sardegna e la
motonave Città di Savona, coi quali
giungono a Valona alle 17.45.
13 novembre 1940
Alle due di notte l’Egeo, insieme alle torpediniere Antares e Calatafimi, salpa da Bari per scortare a Valona un convoglio
formato dai piroscafi Italia, Firenze e Galilea e dalla motonave Città
di Marsala, che trasportano in tutto 1662 soldati e 48 quadrupedi. Il
convoglio raggiunge Valona alle 16.20.
15 novembre 1940
L’Egeo parte da Bari alle 23.30 di scorta,
insieme alle torpediniere Andromeda e
Confienza, alle motonavi Verdi e Puccini, che trasportano 1347 uomini, cinque quadrupedi e 69,5
tonnellate di materiali.
16 novembre 1940
Il convoglio arriva a
Durazzo alle 15.
2 dicembre 1940
Alle 22.40 l’Egeo parte da Brindisi scortando le
motonavi Arborea e Città di Genova (anch’essi incrociatori
ausiliari, per la verità, ma impiegati in questo viaggio come trasporti),
aventi a bordo 1561 militari e 81 tonnellate di rifornimenti da trasportare a
Durazzo.
3 dicembre 1940
Le tre navi arrivano
a Durazzo alle 8.30.
4 dicembre 1940
All’1.20 l’Egeo riparte da Durazzo, sempre
scortando Arborea e Città di Genova che ora ritornano
scariche, raggiungendo Bari alle 15.30.
6 dicembre 1940
Alle 19 l’Egeo salpa da Bari insieme alla
torpediniera Generale Antonio Cantore,
per scortare a Valona il grande trasporto truppe Piemonte (che trasporta 3020 uomini, 158 quadrupedi e 319
tonnellate di rifornimenti).
7 dicembre 1940
Il convoglio arriva a
Valona alle 8.
9 dicembre 1940
L’Egeo parte da Bari alle 23.30 scortando
il Sardegna, che ha a bordo 2151
uomini, quattro autoveicoli e 219 tonnellate di materiali.
10 dicembre 1940
Egeo
e Sardegna arrivano a Brindisi alle
5.10 e ne ripartono alle 5.25 insieme al Città
di Genova ed al Città di Palermo
(gemello di quest’ultimo), che trasportano in tutto 1172 uomini e 715
tonnellate di provviste, munizioni e materiali vari. Il convoglio giunge a
Valona alle 12.10.
14 dicembre 1940
Alle 22 l’Egeo e la torpediniera Anromeda partono da Bari scortando i
piroscafi Aventino, Milano e Firenze, aventi a bordo 3660 militari (il primo scaglione
della 4a Divisione Alpina "Cuneense"), 138 quadrupedi e
205 tonnellate di materiali.
15 dicembre 1940
Il convoglio giunge a
Durazzo alle 10.
L’Egeo quando si chiamava Città di Bari. Questa fotografia fu realizzata quando la nave prestava servizio per la Puglia di Navigazione, e venne in seguito utilizzata dalla Compagnia Adriatica di Navigazione e dalla Società Adriatica per ritrarre la “sua” Città di Bari, che in realtà era la “vecchia” Egeo ribattezzata (foto da www.naviearmatori.net, utente Derek Longly) |
19 gennaio 1941
Alle 6.30 l’Egeo salpa da Brindisi per scortare a
Durazzo le motonavi Città di Agrigento e Città di Trapani, che hanno a bordo 1169 soldati e 133 tonnellate
di materiali. Il convoglio raggiunge Durazzo alle 16.
24 gennaio 1941
L’Egeo e la torpediniera Castelfidardo partono da Bari alle 00.30
scortando il piroscafo Quirinale e
le motonavi Puccini e Città di Savona, che trasportano 1911
soldati e 765 tonnellate di materiali; il convoglio giunge a Durazzo alle 14.
25 gennaio 1941
L’Egeo salpa da Bari alle 20 per scortare
a Valona, unitamente alla torpediniera Aretusa,
i piroscafi Aventino e Diana e le motonavi Città di Marsala e Città
di Bastia, aventi a bordo 1720 militari, 384 quadrupedi e 133 tonnellate di
materiali.
26 gennaio 1941
Il convoglio arriva a
Valona alle 9.
27 gennaio 1941
L’Egeo e la torpediniera Calatafimi salpano da Brindisi alle 7.15
scortando i piroscafi Piemonte e Galilea e la motonave Piero Foscari, diretti a Valona con 4365
militari, 14 automezzi e 550 tonnellate di materiali: il primo scaglione della
2a Divisione Fanteria "Sforzesca".
Il convoglio giunge a
Valona alle 15.
28 gennaio 1941
Egeo
ed Aretusa partono da Bari alle 23
scortando la motonave Verdi ed
i piroscafi Italia, Milano e Quirinale, che trasportano complessivamente 3994 tra ufficiali e
soldati, 119 quadrupedi e 263 tonnellate di materiali.
29 gennaio 1941
Il convoglio
raggiunge Durazzo alle 10.30.
31 gennaio 1941
L’Egeo e la torpediniera Andromeda salpano da Brindisi alle 23.45
scortando le motonavi Città di
Agrigento e Città di
Trapani, che hanno a bordo 1333 soldati e 1085 quadrupedi.
1° febbraio 1941
Il convoglio
raggiunge Durazzo alle 9.45.
4 febbraio 1941
Alle 12.15 l’Egeo e la torpediniera Generale Marcello Prestinari salpano da
Brindisi per scortare a Valona il piroscafo Argentina e la motonave Piero
Foscari, che trasportano 1654 uomini, quattro autoveicoli e 438 tonnellate
di materiali.
5 febbraio 1941
Il convoglio giunge a
Valona alle 10.
6 febbraio 1941
Egeo
e Prestinari ripartono da Valona alle
10.30 per scortare a Brindisi, unitamente all’incrociatore ausiliario Brindisi, i piroscafi Piemonte e Galilea (aventi a bordo feriti da
rimpatriare) e la motonave Viminale
(scarica). Il convoglio giunge a destinazione alle 18.30.
9 febbraio 1941
Alle 9.40 l’Egeo e la Nicola Fabrizi salpano da Brindisi per scortare a Valona, dove
giungono alle 17, i piroscafi Piemonte, Galilea e Santa Maria, carichi di 4480 militari, 2711 tonnellate di
provviste, 12 automezzi e 232 di munizioni e materiali vari.
Il capitano di fregata Ugo Fiorelli, ultimo comandante dell’Egeo (da www.movm.it) |
10 febbraio 1941
Egeo
e Fabrizi ripartono da Valona alle
14.10 per scortare a Brindisi il piroscafo Galilea
e la motonave Città di Agrigento,
aventi ambedue a bordo dei feriti leggeri da rimpatriare, e la motonave Piero Foscari, carica di prigionieri. Il
convoglio giunge a Brindisi alle 23.45.
12 febbraio 1941
L’Egeo salpa da Brindisi nelle prime ore
del mattino diretto a Durazzo, insieme alle motonavi Verdi e Marin
Sanudo; nel punto convenzionale "X", al largo della città, le tre
navi si uniscono ad un convoglio proveniente da Bari (da dov’è partito alle
3.30) e formato dai piroscafi Aventino
e Milano e dalla torpediniera Castelfidardo.
Il convoglio così
formato, che trasporta complessivamente 3086 uomini, 203 quadrupedi, 101
veicoli e 648 tonnellate di materiali, arriva a Durazzo alle 14.30.
13 febbraio 1941
Egeo
e Prestinari salpano da Brindisi alle
7 per scortare a Valona le motonavi Foscari e Città di Agrigento, aventi a bordo
1157 uomini e 386 tonnellate di materiali. Il convoglio arriva a Valona alle
19.30.
16 febbraio 1941
Alle 7.30 l’Egeo salpa da Brindisi unitamente all’Aretusa, scortando i piroscafi Francesco Crispi ed Argentina diretti a Valona con 2107
militari, 14 automezzi e 130 tonnellate di rifornimenti. Il convoglio arriva a
destinazione alle 14.
20 febbraio 1941
L’Egeo lascia Brindisi alle 5.15 per
scortare a Valona, insieme alla torpediniera Altair, le motonavi Città
di Marsala e Città di
Trapani che trasportano 1197 uomini e 130 tonnellate di materiali. Il
convoglio arriva a destinazione alle 14.30.
18 aprile 1941
Alle 16.30 l’Egeo salpa da Catania diretto a Bengasi.
20 aprile 1941
Arriva a Bengasi alle
13.30.
21 aprile 1941
Lascia Bengasi alle
11.30 per trasferirsi a Tripoli.
23 aprile 1941
Giunge a Tripoli alle
7.30.
L’affondamento
Alle quattro (o
quattro e mezza) del pomeriggio del 23 aprile 1941 l’Egeo, al comando del capitano di fregata Ugo Fiorelli, lasciò
Tripoli diretto a Palermo, navigando da solo. Secondo una fonte avrebbe avuto a
bordo un "carico militare", ma sembra strano che la nave trasportasse
qualcosa tornando dall’Italia alla Libia; normalmente le navi erano cariche nel
viaggio dall’Italia alla Libia, e poi tornavano indietro scariche.
Era in mare in quei
giorni, sulla rotta da Napoli a Tripoli, un importante convoglio carico di
truppe e materiali dell’Afrika Korps: partito da Napoli alle 17 del 21 aprile e
denominato «Arcturus», era formato dalla motonave italiana Giulia e dai piroscafi tedeschi Arcturus,
Leverkusen, Castellon e Wachtfels,
con la scorta diretta dei cacciatorpediniere Folgore (caposcorta), Turbine,
Saetta e Strale. Siccome i ricognitori dell’Aeronautica avevano avvistato
alcune unità sottili britanniche nel porto britannico, nel Canale di Sicilia la
scorta del convoglio «Arcturus» venne rinforzata dalla IV Divisione Navale
(ammiraglio Guido Porzio Giovanola), con gli incrociatori leggeri Luigi Cadorna e Giovanni delle Bande Nere ed i cacciatorpediniere Maestrale e Scirocco.
Le unità sottili che
la ricognizione aveva segnalato a Malta erano i cacciatorpediniere britannici
della 14th Destroyer Flotilla, giunti nell’isola il 22 aprile: Jervis (capoflottiglia, capitano di
vascello Philip John Mack), Janus
(capitano di fregata John Anthony William Tothill), Jaguar (capitano di corvetta John Franklin William Hine) e Juno (capitano di fregata St. John
Reginald Joseph Tyrwhitt), che erano stati temporaneamente distaccati dopo il
bombardamento di Tripoli del 21 aprile per costituire a Malta la Forza K, con
l’incarico di intercettare ed attaccare i convogli italo-tedeschi in
navigazione verso l’Africa Settentrionale. La sera del 23 aprile Jervis, Janus, Jaguar e Juno presero dunque il mare per una
scorreria contro i convogli dell’Asse in navigazione nel Canale di Sicilia. L’obiettivo
dei cacciatorpediniere era proprio il convoglio «Arcturus»: qualche ora prima,
infatti, un ricognitore britannico Martin Maryland del 69th Squadron,
decollato da Malta, aveva avvistato e segnalato un convoglio formato da cinque
mercantili provenienti da Napoli diretti verso sud, verso Tripoli, scortati da
quattro cacciatorpediniere (appunto il convoglio «Arcturus») più una forza di
copertura a distanza di due incrociatori e due cacciatorpediniere (la IV
Divisione Navale). Le navi del comandante Mack erano partite subito dopo la
ricezione del messaggio del Maryland, ma non riuscirono a trovare il loro
obiettivo, e s’imbatterono invece nell’Egeo,
a sud di Lampedusa. Secondo il libro "War in the Mediterranean" di
Bernard Ireland, “le prospettive di
intercettare [il convoglio] sembravano
ottime, quando alle 03.00 del 24 [in realtà 00.30] un ricognitore notturno dotato di radar aveva comunicato ai
cacciatorpediniere che erano a sole quattro miglia dal bersaglio. Il contatto,
tuttavia, era un solitario bastimento italiano, la nave ausiliaria armata Egeo
di 3300 tonnellate”. La storia ufficiale della Marina britannica ("The
Royal Navy and the Mediterranean, Vol. II: November 1940-December 1941")
non fa però menzione di questo particolare.
L’avvistamento dell’Egeo da parte dei cacciatorpediniere
britannici avvenne verso le 00.30 (o 00.24) del 24 aprile; il primo ad
avvistare la nave italiana fu il Juno,
che appunto alle 00.30 segnalò una nave sconosciuta a proravia sinistra, ad una
distanza di circa quattro miglia, con rotta verso nord. Poco dopo, la nave
sconosciuta fu identificata come un incrociatore ausiliario con un singolo
fumaiolo (il diario del Comando britannico di Malta, tuttavia, identificava la
nave italiana come “un trasporto di circa 4000 tsl”).
All’avvistamento non
seguì immediatamente l’attacco: come erano solite fare in questi casi, le navi
britanniche preferirono prima portarsi in una posizione più favorevole per
attaccare, approfittando del fatto di non essere state a loro volta avvistate
dalla nave italiana. Solo quando giudicarono di aver raggiunto posizione e
distanza ottimali, alle 00.40, le quattro unità della 14th Destroyer
Flotilla aprirono il fuoco: proprio in quel momento, una vedetta dell’Egeo si accorse di alcune ombre sospette
a 1000-2000 metri di distanza, sulla dritta. Troppo tardi: la prima salva
tirata dalle navi britanniche colpì l’Egeo
sotto la plancia, ferendo gravemente alcuni marinai e demolendo la stazione
radio. Altri colpi spazzarono il ponte di coperta per tutta la sua lunghezza,
centrarono le imbarcazioni, crivellarono l’opera morta dell’incrociatore
ausiliario; alcuni proiettili esplosero in sala macchine, tranciando le
tubolature della nafta. Scoppiarono incendi a bordo; l’equipaggio italiano
rispose al fuoco con le armi ancora funzionanti, mentre l’Egeo andava progressivamente arrestandosi.
L’impari
combattimento durò una ventina di minuti; già nei minuti iniziali, però, tutti
gli organi di comando furono distrutti dal tiro britannico, ed in breve l’Egeo si ritrovò ridotto ad un relitto
agonizzante. Secondo il già citato "The Royal Navy and the Mediterranean",
il primo ad aprire il fuoco sull’Egeo
fu il Jervis, alle 00.41, apprezzando
di aver colpito la plancia della nave italiana con la sua prima salva; l’Egeo virò poi verso sud e venne silurato
dal Juno, affondando quasi
immediatamente.
Con il bastimento ormai
in fiamme ed in procinto di affondare, il comandante Fiorelli dovette ordinare
di abbandonare la nave.
Parte dell’equipaggio
salì sulle poche imbarcazioni rimaste intatte, che furono poi calate in mare;
altri uomini preferirono buttarsi direttamente in acqua per allontanarsi più
rapidamente dalla nave, sulla quale continuavano ad abbattersi le cannonate dei
cacciatorpediniere. Fu il Juno a dare
il colpo di grazia allo sfortunato incrociatore ausiliario, con il lancio di
due siluri (altra fonte afferma che sarebbe stato il Janus a silurare l’Egeo, mentre
il Juno aveva lanciato i siluri in
precedenza, durante il combattimento, ma sembra probabile un errore). Centrato
anche da queste armi, l’Egeo
s’inabissò in pochi minuti, 65 miglia a nord di Tripoli (per altra fonte, a
circa 80 miglia per 010° da quella città) e 90 miglia a sudest di Lampedusa.
Il comandante
Fiorelli, che era rimasto illeso, non volle lasciare la sua nave; rifiutò di
seguire i superstiti sulle imbarcazioni, ed affondò con l’Egeo. Fu decorato alla memoria con la Medaglia d’Oro al Valor
Militare.
Della tragica fine
dell’Egeo fu inconsapevole spettatore
proprio il convoglio «Arcturus», che in quel momento era in navigazione ad
alcune decine di miglia più ad ovest. L’ammiraglio Porzio Giovanola, comandante
della IV Divisione di scorta al convoglio, annotò nel suo rapporto: «…successivamente alle 00.44 si scorsero in
maniera chiara nella direzione 80° veri, proiettili illuminanti seguiti da una
intensa azione di tiro battente in cui erano ben visibili le codette luminose.
Non distinguendosi direttamente le vampate del tiro delle artiglierie, ma
soltanto i bagliori che a queste si riferivano, se ne dedusse che l’azione in
corso doveva svolgersi ad una distanza non inferiore a 30 mg. Si ritenne perciò
prudente allontanarsi da questa zona modificando la rotta e dirigendo per
ponente. Il convoglio diresse ugualmente per ponente di propria iniziativa in
modo che non fu necessario fare uso della radio».
Forse, anzi, fu proprio
lo scontro che terminò con l’affondamento dell’Egeo a salvare il convoglio «Arcturus», vittima designata delle
navi britanniche: messo sul chi va là dall’avvistamento dei bagliori del
combattimento in corso tra Egeo e
cacciatorpediniere quando questi ultimi distavano ancora più di trenta miglia,
il convoglio modificò la propria rotta per allontanarsi dalla zona in cui stava
avvenendo lo scontro, e così non venne rintracciato dalle navi di Mack,
nonostante prolungate ricerche. Se non si fosse imbattuta nell’Egeo, perdendo tempo e rivelando la
propria posizione, non è improbabile che la 14th Destroyer Flotilla
sarebbe riuscita davvero ad intercettare il convoglio «Arcturus», con
prevedibili funeste conseguenze. Le navi britanniche rientrarono in porto a
Malta poco dopo l’alba.
Terminato lo scontro,
i cacciatorpediniere britannici si erano subito allontanati dalla zona per
andare in cerca del loro obiettivo principale, senza raccogliere alcun naufrago
(come afferma la già citata storia ufficiale della Marina britannica: “Non ci
fu tempo per recuperare superstiti, dato che tutti e quattro i
cacciatorpediniere si allontanarono subito per cercare il loro obiettivo
originario”). La sorte dei naufraghi dell’Egeo,
come in tanti altri casi del genere, fu drammatica.
A quanto risulta,
furono in tutto tre i galleggianti che riuscirono ad allontanarsi dalla nave in
affondamento, tutti carichi di naufraghi: una lancia con a bordo 32 uomini tra
cui il comandante in seconda, tenente di vascello Aniello Guida (da Procida);
una seconda imbarcazione di dimensioni più ridotte; ed una zattera Carley. Dato
che la radio di bordo era stata distrutta dalla prima salva sparata nello
scontro, non era stato possibile lanciare alcun segnale di soccorso, pertanto a
terra nessuno sapeva che l’Egeo fosse
stato affondato: ci sarebbero volute parecchie ore, forse giorni, prima che il
mancato arrivo della nave venisse notato, ed i soccorsi si mettessero in moto.
La lancia del tenente
di vascello Guida si trattenne sul luogo dell’affondamento fino all’alba,
sperando di riuscire a salvare altri naufraghi; in effetti vennero trovati e
issati a bordo altri quattro uomini. A questo punto, la lancia iniziò a remare
in direzione di Lampedusa, mentre il mare e le correnti disperdevano le altre
imbarcazioni. Di loro e dei loro occupanti non si seppe più nulla: su 120
uomini che componevano l’equipaggio dell’Egeo,
unici sopravvissuti furono i 36 occupanti della lancia del tenente di vascello
Guida (3 ufficiali, 4 sottufficiali e 29 marinai), che riuscirono faticosamente
a raggiungere la terra dopo una difficile navigazione a remi durata, secondo
una fonte, tre giorni e tre notti. Oltre allo stesso Guida, furono decorati con
la Croce di Guerra al Valor Militare, per lo «slancio e perizia marinaresca (…) nella condotta di una navigazione resa difficile dalle condizioni del
tempo e dalla precarietà dei mezzi», il secondo capo radiotelegrafista
Giacomo Nante (da Ventimiglia), il secondo capo motorista Venanzio Stasi (da
Casamassina), i marinai Antonio Tedde (da Nuoro) e Michele Carannante (da
Napoli), il maestro di camera Riccardo Mainardi (da Milano) ed il fuochista
Michele Addante (da Bari).
Scomparsi nell’affondamento dell’Egeo:
Gaetano Amoruso, marinaio fuochista, disperso
Francesco Ancona, marinaio cannoniere,
disperso
Ferruccio Anselma, marinaio furiere, disperso
Giuseppe Bartolo, marinaio, disperso
Gualtiero Berti, secondo capo segnalatore,
disperso
Nicolò Carletto Bottino, sottocapo furiere,
disperso
Agostino Brocco, marinaio, disperso
Paolo Burrini (o Burroni), secondo capo
nocchiere, disperso
Mario Caglio, marinaio radiotelegrafista,
disperso
Remo Caldarella, secondo capo
radiotelegrafista, disperso
Alberto Canonico, marinaio cannoniere,
disperso
Ambrogio Carparelli, marinaio cannoniere,
disperso
Giuseppe Castellano, sottocapo meccanico,
disperso
Salvatore Catinella, marinaio, disperso
Antonio Centonza (o Centanza), marinaio
cannoniere, disperso
Luigi Cervone, marinaio radiotelegrafista,
disperso
Settimio Cinelli (o Cinalli), marinaio
cannoniere, disperso
Guido Felice Clementi (o Clemente),
sottotenente di vascello, disperso
Giuseppe Colamartino, marinaio, disperso
Bruno Concina, sottocapo nocchiere, disperso
Raffaele Cosenza, secondo capo meccanico,
disperso
Giovanni D’Aprile, sottocapo
radiotelegrafista, disperso
Teodoro Destradis (o De Stradis), capo
meccanico di seconda classe, disperso
Giovanni Di Trapani, marinaio cannoniere,
disperso
Antonio Donato, sottocapo fuochista, disperso
Giovanni Fiordelisi, tenente medico, disperso
Ugo Fiorelli, capitano di fregata
(comandante), disperso
Pietro Fondelli, tenente di vascello, disperso
Ricerio Formigoni, marinaio cannoniere,
deceduto
Mario Franceschi, capo radiotelegrafista di
terza classe, disperso
Pasquale Frisone, marinaio, disperso
Vincenzo Galatola, marinaio, disperso
Antonio Giordano, secondo capo cannoniere,
disperso
Pietro Guarnotta, sottocapo segnalatore,
disperso
Giovanni Laraia, secondo capo cannoniere,
disperso
Giuseppe Lavorato, tenente commissario,
disperso
Giuseppe Lepore, sottocapo segnalatore,
disperso
Fortunato Lo Vullo, secondo capo furiere,
deceduto
Umberto Lombardi, marinaio fuochista, disperso
Iginio Lubrani, sottocapo radiotelegrafista,
disperso
Orazio Maiorano, marinaio, disperso
Giovanni Marcon, secondo capo meccanico,
disperso
Francesco Marra, marinaio cannoniere, disperso
Salvatore Masciali, marinaio, disperso
Tommaso Miglionico, marinaio, disperso
Leonardo Monopoli, marinaio cannoniere,
disperso
Giovanni Piccione, sottocapo furiere, disperso
Domenico Pinto, marinaio cannoniere, disperso
Alessandro Podestà, sottotenente di vascello,
disperso
Carmelo Politi, sottocapo silurista, disperso
Eufemio (o Eupremio) Quarta, marinaio
cannoniere, disperso
Pietro Virgilio Felice Racchia, capo elettricista
di seconda classe, disperso
Salvatore Rizzello, sergente infermiere,
disperso
Albino Rossi, secondo capo meccanico, disperso
Giorgio Sciarra, marinaio cannoniere, disperso
Antonio Scognamillo, marinaio, disperso
Guido Sommacampagna, sottotenente del Genio
Navale, disperso
Vincenzo Susino, marinaio, disperso
Giobatta Tomasi, capo carpentiere di seconda
classe, disperso
Rosario Tosto, secondo capo furiere, disperso
Bruno Tulipano (o Tulipani), marinaio
silurista, disperso
Francesco Vallotta, capo elettricista di
seconda classe, disperso
Victor Veronese (o Veronesi), secondo capo
motorista, disperso
Domenico Zappia, marinaio (giovanotto di
coperta militarizzato), disperso
(*) Sulla base di quanto
riferito nel volume USMM “La difesa del traffico con l’Africa Settentrionale
dal 10 giugno 1940 al 30 settembre 1941” (120 uomini imbarcati, 36
sopravvissuti), i caduti dell’Egeo
sarebbero stati 84; tuttavia, dagli elenchi dei caduti e dispersi della Marina
Militare e dalle C.G.V.M. conferite alla memoria risultano 64 nomi. Non è
chiaro se si tratti di un errore del libro (gli imbarcati erano meno di 120, le
vittime furono meno di 84) oppure se gli altri 20 scomparsi non sono stati
rintracciati perché non erano personale della Marina (ad esempio, potevano
essere militari dell’Esercito o dell’Aeronautica imbarcati di passaggio,
diretti in Italia).
Gran parte dell’equipaggio dell’Egeo, ufficiali compresi, era composto da marittimi della Marina
Mercantile militarizzati, lo stesso equipaggio del tempo di pace: ad esempio, i
sottocapi furieri Nicolò Bottino e Giovanni Piccione erano cuochi, il marinaio
furiere Ferruccio Anselma era cameriere, il marinaio Giuseppe Bartolo era un
giovanotto di coperta, il sottotenente G.N.
Guido Sommacampagna era secondo macchinista, e così via.
La motivazione della
Medaglia d’Oro al Valor Militare conferita alla memoria del capitano di fregata
Ugo Fiorelli, nato a Napoli il 5 marzo 1893:
"Comandante di
unità ausiliaria, in numerose missioni di guerra dava prova di elevate qualità
militari e di perizia marinaresca.
Durante una navigazione notturna isolata, scontratosi con una divisione navale nemica, malgrado la schiacciante preponderanza avversaria reagiva prontamente all'attacco con tutte le armi di bordo.
Mentre la maggior parte dell'equipaggio cadeva colpita dal tiro nemico egli rimaneva sereno al suo posto rinunciando, benché illeso, a lasciare la nave prossima ad affondare e rincuorando i feriti con parole di fede e di amor patrio; con loro scompariva in mare.
Fulgido esempio delle più elevate virtù militari e marinare e di assoluta dedizione al dovere.
Canale di Sicilia, 24 aprile 1941."
Durante una navigazione notturna isolata, scontratosi con una divisione navale nemica, malgrado la schiacciante preponderanza avversaria reagiva prontamente all'attacco con tutte le armi di bordo.
Mentre la maggior parte dell'equipaggio cadeva colpita dal tiro nemico egli rimaneva sereno al suo posto rinunciando, benché illeso, a lasciare la nave prossima ad affondare e rincuorando i feriti con parole di fede e di amor patrio; con loro scompariva in mare.
Fulgido esempio delle più elevate virtù militari e marinare e di assoluta dedizione al dovere.
Canale di Sicilia, 24 aprile 1941."
Il
capitano di fregata Ugo Fiorelli, affondato con l’Egeo (sopra: Ufficio Storico della Marina Militare; sotto: da
Wikipedia)
L’11 maggio 1941 il
Ministero della Marina rispose ad una richiesta d’informazioni sulla sorte
dell’Egeo, che la società Adriatica
aveva inviato al Ministero delle Comunicazioni (il quale aveva giurisdizione
anche sulla Marina Mercantile), con il seguente, succinto telegramma segreto: «Roma 11 maggio 1941 anno XIX – Ministero
della Marina – SEGRETO – Con riferimento al telegramma di codesta Società
diretto al Ministero delle Comunicazioni – Marina Mercantile, si informa che la
M/N EGEO è andata perduta per fatto di guerra il 24 aprile u.s. Dell’equipaggio
risultano salvi 3 ufficiali, 4 sottufficiali e 29 comuni. Il rimanente
personale è stato considerato disperso. Le famiglie sono state informate».
Molto tempo dopo,
quando ormai era trascorso più di un anno e mezzo dall’affondamento, il padre
del commissario di bordo Giuseppe Lavorato, uno dei tanti dispersi, scrisse una
lettera alla società Adriatica dopo aver sentito il racconto di un marittimo
conoscente della famiglia: questi aveva riferito che poco tempo dopo
l’affondamento dell’Egeo, la sua nave
era passata nella zona in cui questi era affondato, e lui aveva visto in mare
zattere, scialuppe e salvagente. Quelle parole riaccesero in Battista Lavorato
una flebile speranza (forse il figlio era stato recuperato da unità nemiche,
prigioniero ma vivo), spingendolo a scrivere alla società Adriatica per
chiedere notizie del figlio; la società rispose di non avere notizie: «Egr. Sig. Battista LAVORATO – Rossano
Calabro. Ci è pervenuta la stimata Vostra, il cui contenuto è stato oggetto
della nostra migliore considerazione. Siamo tuttavia spiacenti di dovervi
comunicare che non ci è, in alcun modo possibile, rispondere alle domande da
Voi formulate, circa la possibile prigionia del vostro figliolo, in quanto non
conosciamo i particolari dell’avvenimento occorso alla nave da Voi citata, la
quale come avemmo già a comunicarvi, faceva parte del Naviglio Ausiliario e,
come tale, era equipaggiata da personale militare della R. Marina. Ad ogni
modo, per i ragguagli desiderati, Vi consigliamo di interpellare tanto il
Ministero della Marina, quanto la Croce Rossa di Roma. Nell’augurarvi che le
ricerche da Voi condotte possano essere coronate dall’auspicato successo».
Purtroppo la sua speranza, comune ai parenti di tanti dispersi, era destinata a
rimanere delusa: come già menzionato, nessun naufrago dell’Egeo era stato raccoltod dalle navi britanniche.
L’HMS Juno, il principale “protagonista”
dell’affondamento dell’Egeo (era
stato questo cacciatorpediniere ad avvistare per primo la nave italiana, ed era
stato esso a finirla con i siluri), non sopravvisse neanche di un mese alla sua
vittima: il 21 maggio 1941, durante la battaglia di Creta, venne affondato da
un bombardiere italiano CANT Z. 1007, pilotato dal tenente Mario Morassutti. Morirono
116 uomini.
Degli altri tre
cacciatorpediniere, soltanto il Jervis
sopravvisse alla guerra. Il Jaguar
venne affondato il 26 marzo 1942 dal sommergibile tedesco U 652, con 193 vittime tra l’equipaggio di 246 uomini; il Janus fu affondato il 23 gennaio 1944 da
un bombardiere tedesco Dornier Do 217, al largo di Anzio, con 158 vittime.
L’Egeo (in secondo piano, con colorazione nera), od una sua gemella, fotografata ad Ancona nel 1930 circa. In primo piano il piroscafo Città di Zara (g.c. Mauro Millefiorini via www.naviearmatori.net) |
Grazie. Finalmente ho recuperato un pezzo di storia importante.
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