mercoledì 7 settembre 2016

Achille

La nave sotto il precedente nome di Llanthony Abbey (York Collection/Harold Appleyard, via www.teesbuiltships.co.uk

Piroscafo da carico da 2425 tsl e 1513 tsn, lungo 88,4 metri, largo 11,9 e pescante 5,67, con velocità di 10 nodi. Appartenente all’armatore Matteo Scuderi di Catania, iscritto con matricola 77 al Compartimento Marittimo di Catania, nominativo di chiamata NBLR.

Breve e parziale cronologia.

27 novembre 1890
Varato come Llanthony Abbey (numero di cantiere 254) dai cantieri Ropner Shipbuilding & Repairing Company – Ropner & Sons Ltd. di Stockton-On-Tees.
Dicembre 1890
Completato come Llanthony Abbey per gli armatori Pyman, Watson & Co. di Cardiff (o Newport). Le prove in mare hanno esito pienamente soddisfacente.
27 novembre-27 dicembre 1897
Il Llanthony Abbey, salpato da Dunkerque il 27 novembre diretto a New York al comando del capitano Townsend, s’imbatte in un periodo di maltempo eccezionale (definito da Townsend il peggiore da lui incontrato), dovendo lottare continuamente contro burrasche da ovest ed anche – la vigilia di Natale – una tempesta di neve, tanto da non riuscire ad avanzare minimamente per giorni interi, e da riuscire solo a percorrere un centinaio di miglia in altri giorni (il giorno migliore vengono percorse 215 miglia). Quando finalmente raggiunge New York, il mattino del 27 dicembre, l’Achille ha quasi completamente esaurito il carbone (ne sono rimaste solo tre tonnellate) e le provviste.
1916
Venduto agli armatori Allen, Adam & Co. Ltd. di Southampton, senza cambiare nome.
1921
Acquistato dalla Harrison H. Shipping Ltd., con sede a Liverpool e Londra.
1924
Acquistato dall’armatore Matteo Scuderi di Catania e ribattezzato Achille.
10 giugno 1940
L’Italia entra nella seconda guerra mondiale. L’Achille non sarà mai requisito dalla Regia Marina, né iscritto nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato.
13 agosto 1940
L’Achille e la motonave cisterna Caucaso salpano da Palermo per Tripoli alle 12.30, scortati dalla torpediniera Antares.
17 agosto 1940
Il convoglio giunge a Tripoli alle 13.
4 settembre 1940
L’Achille ed il piroscafo Bainsizza lasciano Tripoli alle 8.30, scortati dalla torpediniera Procione.
6 settembre 1940
Le tre navi arrivano a Palermo alle 16.30. Proseguono per Napoli.
9 settembre 1940
Achille, Procione e Bainsizza giungono a Napoli alle 11.30.
5 gennaio 1941
L’Achille salpa da Crotone, diretto a Tripoli. Lungo il tragitto, viene scortato da unità differenti a seconda della giurisdizione dei tratti di mare che attraversa.
7 gennaio 1941
Arriva a Tripoli a mezzogiorno.

Sabotaggio

Nel giugno 1941, mentre si trovava nel porto di La Goletta (Tunisi) per caricare minerale di ferro, l’Achille cadde vittima di una rete di sabotatori della Resistenza francese, organizzata dall’avvocato André Mounier e dal maggiore Jean Breuillac, che bersagliava proprio le navi italiane impegnate nel traffico dei fosfati e del minerale di ferro dalla Tunisia.
Nella notte tra l’8 ed il 9 giugno 1941 due nuotatori d’attacco non molto dissimili dai «Gamma» italiani della X MAS (ancorché, naturalmente, non inquadrati in una formazione regolare), il belga François Vallée ed il francese Henri Gaillot, s’immersero nel porto di La Goletta ed applicarono delle mine adesive (fornite alla rete Mounier-Breuillac dallo Special Operations Executive britannico) agli scafi dell’Achille, che si trovava ormeggiato al pontile imbarco minerali di ferro (minerali che aveva già caricato), e di un altro piroscafo italiano, il Sirio. Fu Vallée a piazzare le mine sullo scafo dell’Achille.
Alle 00.45 (per altra fonte alle cinque del mattino) del 9 giugno l’Achille fu scosso dalle esplosioni delle cariche in una stiva ed affondò all’ormeggio, senza vittime tra l’equipaggio. Miglior sorte ebbe il Sirio, le cui cariche non esplosero e vennero poi individuate e rimosse al suo arrivo a Napoli il 12 giugno. Vallée venne successivamente catturato il 23 giugno, durante un nuovo tentativo di sabotaggio (questa volta ai danni della nave cisterna Proserpina), e confessò di essere il responsabile dell’affondamento dell’Achille; la sua cattura portò allo smantellamento della rete Mounier-Breuillac.
Essendo affondato in acque basse, e non troppo danneggiato dalle detonazioni, l’Achille poté essere recuperato e riparato.

Secondo ed ultimo affondamento

Il 24 ottobre 1941, terminate le riparazioni dei danni subiti nel sabotaggio di giugno, l’Achille lasciò Tunisi per rientrare in Italia: al comando del capitano catanese Placido Lizzio, la nave fece rotta per Palermo, navigando isolata e senza scorta. A bordo si trovavano i venticinque uomini dell'equipaggio ed un unico passeggero, il trapanese Giuseppe Caradonno, residente da qualche tempo in Tunisia ed imbarcatosi sull'Achille per tornare in Italia.
Verso le 11.15 del mattino dello stesso 24 ottobre, il vecchio piroscafo venne attaccato da alcuni aerei britannici; colpito da bombe, l'Achille s'inabissò alle 11.30 nel punto 38°26' N e 11°24' E, una novantina di miglia a nord/nordest dell'Isola dei Cani nonché a nordovest di Trapani e di Ustica.

Dei 26 uomini che si trovavano a bordo dell'Achille, le uniche vittime nell'attacco che provocò l'affondamento della nave furono i fuochisti Gennaro Salvino e Raffaele Guarracina, uccisi dallo scoppio di una bomba; il resto dell'equipaggio e l'unico passeggero riuscì invece ad abbandonare la nave su due scialuppe. Il comandante Lizzio, altri 17 uomini dell'equipaggio ed il passeggero presero posto in una lancia, mentre cinque membri dell'equipaggio, tra cui il capo fuochista Pasquale Strano, salirono sull'altra; ma soltanto quest'ultima venne in seguito soccorsa, da alcuni pescatori, nei pressi di Ustica.
Sulla sorte dell'altra lancia con 19 naufraghi, i cinque sopravvissuti raccontarono di averla vista mentre veniva mitragliata da uno degli aerei attaccanti, sceso a bassa quota. I superstiti non poterono precisare se e quante vittime causò quest'azione criminale, ma gli occupanti della lancia non furono mai più ritrovati. La Capitaneria di Porto di Palermo, nel verbale di scomparizione in mare stilato in data 28 ottobre 1941, rilevò anche che a detta dei sopravvissuti dell'altra imbarcazione la scialuppa del comandante appariva sovraccarica, e che il tempo pessimo che infuriava al momento dell'affondamento e nei giorni immediatamente successivi rendeva improbabile che qualcuno si fosse salvato. 
I morti dell’Achille furono 21.

I loro nomi:
(si ringraziano Carlo Di Nitto e Michele Strazzeri)

Cosimo Allegretta, marconista, da Molfetta
Sergio Andreula, fuochista, da Molfetta
Giuseppe Caradonno, passeggero, da Trapani
Stefano Ciaravolo, fuochista, da Torre del Greco
Luigi Crisafulli, cuoco, da Catania
Lorenzo Cumicich, mozzo, da Morchiena
Giovanni Di Franco, marinaio, da Torre del Greco
Giuseppe Dilangi, marinaio, da Modica
Antonio Giordano, fuochista, da Messina
Raffaele Guarracino, carbonaio, da Torre del Greco
Placido Lizzio, comandante, da Catania
Gaspare Nancini, giovanotto, da Fiume
Angelo Pidatella, primo ufficiale, da Catania
Oreste Ronzitti, cameriere, da Vasto
Gennaro Salvino, fuochista, da Torre del Greco
Saverio Sasso, marinaio, da Molfetta
Natale Scuderi, nostromo, da Catania
Rosario Strazzulla, secondo ufficiale, da Catania
Salvatore Tomarchio, direttore di macchina, da Catania
Antonio Trigale, primo ufficiale di macchina, da Catania
Domenico Ventaloro, ingrassatore, da Catania


Il verbale di scomparizione redatto dalla Capitaneria di Porto di Palermo (g.c. Michele Strazzeri)


Il marinaio Saverio Sasso, nativo di Molfetta e residente a Procida (Napoli), morto in seguito all’affondamento dell’Achille. Era tra i naufraghi imbarcatisi sulla lancia che venne mitragliata (si ringrazia la nipote Maria Zoppo)

Luigi Crisafulli, cuoco dell'Achille, nato a Catania il 28 agosto 1896. Il suo corpo venne ritrovato quasi un mese dopo l'affondamento sulla spiaggia di Acate; sepolto inizialmente nel cimitero militare di Siracusa, venne traslato a Catania negli anni Sessanta su richiesta della famiglia. L'atto di morte redatto dopo il ritrovamento della salma attesta che la morte fu causata da "asfissia per annegamento previa ferita gravissima riportata per mitragliatrice alla gamba" (si ringrazia la pronipote Valentina Finocchiaro)



6 commenti:

  1. Mio zio Cosmo Allegretta di Molfetta era radiotelegrafista irfano di entrambi i genitori lascio tre giovani sorelle: Vincenzina,Rosalia e Maria (mia madre)

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  2. Anche mio.zio Cosimo Allegretta di Molfetta era sulla kancia che venne mitragliata,un collega grasso per non fare affondare la lancia restò sulla bave e si salvo.Dalui ricevettero notizie

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  3. Grazie mille di cuore a chi ha fornito tutte queste informazioni.... Luigi Crisafulli era il mio tris -nonno.

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  4. La nave era di proprietà del mio prozio Matteo Scuderi

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  5. La nave in questione era di proprietà del mio prozio Matteo Scuderi

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