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La nave sotto il precedente
nome di Llanthony Abbey (York
Collection/Harold Appleyard, via www.teesbuiltships.co.uk)
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Piroscafo da carico
da 2425 tsl e 1513 tsn, lungo 88,4 metri, largo 11,9 e pescante 5,67, con
velocità di 10 nodi. Appartenente all’armatore Matteo Scuderi di Catania,
iscritto con matricola 77 al Compartimento Marittimo di Catania, nominativo di
chiamata NBLR.
Breve e parziale cronologia.
27 novembre 1890
Varato come Llanthony Abbey (numero di cantiere 254)
dai cantieri Ropner Shipbuilding & Repairing Company – Ropner & Sons
Ltd. di Stockton-On-Tees.
Dicembre 1890
Completato come Llanthony Abbey per gli armatori Pyman,
Watson & Co. di Cardiff (o Newport). Le prove in mare hanno esito
pienamente soddisfacente.
27 novembre-27 dicembre 1897
Il Llanthony Abbey, salpato da Dunkerque il
27 novembre diretto a New York al comando del capitano Townsend, s’imbatte in
un periodo di maltempo eccezionale (definito da Townsend il peggiore da lui
incontrato), dovendo lottare continuamente contro burrasche da ovest ed anche –
la vigilia di Natale – una tempesta di neve, tanto da non riuscire ad avanzare
minimamente per giorni interi, e da riuscire solo a percorrere un centinaio di
miglia in altri giorni (il giorno migliore vengono percorse 215 miglia). Quando
finalmente raggiunge New York, il mattino del 27 dicembre, l’Achille ha quasi completamente esaurito
il carbone (ne sono rimaste solo tre tonnellate) e le provviste.
1916
Venduto agli armatori
Allen, Adam & Co. Ltd. di Southampton, senza cambiare nome.
1921
Acquistato dalla
Harrison H. Shipping Ltd., con sede a Liverpool e Londra.
1924
Acquistato
dall’armatore Matteo Scuderi di Catania e ribattezzato Achille.
10 giugno 1940
L’Italia entra nella
seconda guerra mondiale. L’Achille
non sarà mai requisito dalla Regia Marina, né iscritto nel ruolo del naviglio
ausiliario dello Stato.
13 agosto 1940
L’Achille e la motonave cisterna Caucaso salpano da Palermo per Tripoli
alle 12.30, scortati dalla torpediniera Antares.
17 agosto 1940
Il convoglio giunge a
Tripoli alle 13.
4 settembre 1940
L’Achille ed il piroscafo Bainsizza lasciano Tripoli alle 8.30,
scortati dalla torpediniera Procione.
6 settembre 1940
Le tre navi arrivano
a Palermo alle 16.30. Proseguono per Napoli.
9 settembre 1940
Achille, Procione e Bainsizza giungono a Napoli alle 11.30.
5 gennaio 1941
L’Achille salpa da Crotone, diretto a Tripoli.
Lungo il tragitto, viene scortato da unità differenti a seconda della
giurisdizione dei tratti di mare che attraversa.
7 gennaio 1941
Arriva a Tripoli a
mezzogiorno.
Sabotaggio
Nel giugno 1941,
mentre si trovava nel porto di La Goletta (Tunisi) per caricare minerale di
ferro, l’Achille cadde vittima di una
rete di sabotatori della Resistenza francese, organizzata dall’avvocato André
Mounier e dal maggiore Jean Breuillac, che bersagliava proprio le navi italiane
impegnate nel traffico dei fosfati e del minerale di ferro dalla Tunisia.
Nella notte tra l’8
ed il 9 giugno 1941 due nuotatori d’attacco non molto dissimili dai «Gamma»
italiani della X MAS (ancorché, naturalmente, non inquadrati in una formazione
regolare), il belga François Vallée ed il francese Henri Gaillot, s’immersero
nel porto di La Goletta ed applicarono delle mine adesive (fornite alla rete
Mounier-Breuillac dallo Special Operations Executive britannico) agli scafi
dell’Achille, che si trovava
ormeggiato al pontile imbarco minerali di ferro (minerali che aveva già
caricato), e di un altro piroscafo italiano, il Sirio. Fu Vallée a piazzare le mine sullo scafo dell’Achille.
Alle 00.45 (per altra
fonte alle cinque del mattino) del 9 giugno l’Achille fu scosso dalle esplosioni delle cariche in una stiva ed
affondò all’ormeggio, senza vittime tra l’equipaggio. Miglior sorte ebbe il Sirio, le cui cariche non esplosero e
vennero poi individuate e rimosse al suo arrivo a Napoli il 12 giugno. Vallée
venne successivamente catturato il 23 giugno, durante un nuovo tentativo di
sabotaggio (questa volta ai danni della nave cisterna Proserpina), e confessò di essere il responsabile dell’affondamento
dell’Achille; la sua cattura portò
allo smantellamento della rete Mounier-Breuillac.
Essendo affondato in
acque basse, e non troppo danneggiato dalle detonazioni, l’Achille poté essere recuperato e riparato.
Secondo ed ultimo affondamento
Il 24 ottobre 1941,
terminate le riparazioni dei danni subiti nel sabotaggio di giugno, l’Achille lasciò Tunisi per rientrare in
Italia: la nave fece rotta per Palermo, navigando isolata e senza scorta.
Alle undici del
mattino del 24 ottobre, tuttavia, il vecchio piroscafo venne attaccato da
alcuni aerei britannici: colpito da bombe, l’Achille s’inabissò alle 11.30 nel punto 38°26’ N e 11°24’ E, a
nordovest di Trapani e di Ustica.
Quasi tutto l'equipaggio avrebbe potuto salvarsi, ma in questa occasione il comportamento dei piloti britannici fu, purtroppo, semplicemente criminale. Dei 26 uomini che formavano l'equipaggio dell'Achille, 24 sopravvissero
all'attacco e riuscirono ad abbandonare la nave su due scialuppe, 19 in una e
cinque nell'altra; ma soltanto quest'ultima venne in seguito soccorsa, da dei
pescatori, nei pressi di Ustica.
Sulla sorte
dell’altra lancia con 19 naufraghi, i cinque sopravvissuti raccontarono di
averla vista mentre veniva mitragliata da uno degli aerei attaccanti, sceso a bassa quota: nessuno
degli occupanti di quella scialuppa sopravvisse.
I morti dell’Achille furono 21.
Alcune delle vittime:
(nomi tratti dall’Albo d’Oro
della Marina Mercantile, si ringrazia Carlo Di Nitto)
Cosimo Allegretta, marittimo
Sergio Andreula, marittimo
Giovanni Di Franco, marinaio
Giuseppe Di Lanzi, cameriere
Antonio Giordano, marinaio
Raffaele Guarracino, carbonaio
Placido Lizzio, cambusiere
Gaspare Nacini, marinaio
Angelo Pidatello, giovanotto
Saverio Sasso, marinaio
Natale Scuderi, ingrassatore
Rosario Strazzullo, fuochista
Salvatore Tomarchio, ingrassatore
Antonio Tringale, marinaio
Domenico Ventaloro, marinaio
Mio zio Cosmo Allegretta di Molfetta era radiotelegrafista irfano di entrambi i genitori lascio tre giovani sorelle: Vincenzina,Rosalia e Maria (mia madre)
RispondiEliminaVboccardi@tiscali.it
RispondiEliminaAnche mio.zio Cosimo Allegretta di Molfetta era sulla kancia che venne mitragliata,un collega grasso per non fare affondare la lancia restò sulla bave e si salvo.Dalui ricevettero notizie
RispondiElimina