martedì 7 aprile 2015

Picci Fassio

La Picci Fassio quando portava il nome di Newona (da www.photoship.co.uk)

Piroscafo cisterna da 2261 tsl e 1242 tsn, lunga 78,3 m, larga 13,1 e pescante 6,7. Appartenente alla Società di Navigazione Fassio, con sede a Genova, matricola 2251 al Compartimento Marittimo di Genova.

Breve e parziale cronologia.

1° luglio 1909
Varata nei cantieri Swan, Hunter & Wigham Richardson Ltd. di Wallsend-on-Tyne come pirosafo da carico Newona (numero di cantiere 841).
Agosto 1909
Completata come Newona per la Canada Atlantic Transit Company Ltd., con sede a Newcastle e Montreal. Caratteristiche originarie: stazza lorda 2179 tsl, stazza netta 1233 o 1401 tsl, lunghezza 76,3 metri, larghezza 13,1 e pescaggio 6,8; velocità 8,5 nodi.
Registrata inizialmente a Newcastle-on-Tyne (Br 125470), nel 1910 verrà registrata a Montreal (Can 125470).
Sino al 1915 presterà servizio esclusivamente sui Grandi Laghi nordamericani.
2 settembre 1914
La Newona trae in salvo i nove membri dell’equipaggio del piroscafo Thomas R. Scott (capitano Murdock McDonald), naufragato alle 14.30 in una burrasca a quattro miglia da Cabot Head (penisola di Bruce, sul Lago Huron) durante la navigazione da Cockburn Island a Owen Sound, carico di legname, a seguito dell’apertura di una falla nello scafo. I naufraghi, che hanno passato diverse ore nell’unica lancia calata (la nave è affondata in appena due minuti), vengono portati a Depot Harbor.
1915
Venduta alla Fraser, Brace & Co. Ltd. di Montreal, lascia i Grandi Laghi.
1917
La compagnia armatrice diviene Fraser, Brace & Clark Ltd., sempre con sede a Montreal.
1920
In servizio sulla rotta Liverpool-New York.
1924 (o 1927)
Trasformata in nave cisterna.
1927
Data in gestione a Chas Kurz & Co. Inc. di Philadelphia.
1928
Acquistata dalla Società Anonima Imprese Navali ed Affini (armatore G. Calzavara) di Venezia e ribattezzata Nevona. (Per altra fonte: venduta nel 1927 a G. Calzavara e nel 1928 alla Società Anonima Imprese Navali ed Affini).
1932 (o 1933)
Venduta alla Compagnia Industrie Marittime Affini Roma (CIMAR), sempre con sede a Venezia.
1934 (o 1936)
Acquistata dalla Società Italiana Petroliere d’Oriente (Agenzia Marittima Italiana Capitano G. Folcini; in gestione a G. Castaldi) con sede a Venezia ed a Rodi.
1939
Venduta alla Società di Navigazione Fassio, con sede a Genova, e ribattezzata Georgia Fassio, nome poi cambiato in Picci Fassio nel corso dello stesso anno.
1° aprile 1941
Salpa da Brindisi alle 20.35, con a bordo 270 tonnellate di gasolio, in convoglio con i piroscafi Buffoluto (adibito a traffico civile), Irma Calzi ed Anna Martini (aventi a bordo 380 tonnellate di foraggio e 1080 di farina) e la scorta dell’anziana torpediniera Monzambano, diretta a Durazzo.
2 aprile 1941
Giunge a Durazzo alle 9.30.
6 novembre 1941
Requisita a Fiume dalla Regia Marina, senza essere iscritta nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato.
8 luglio 1942
Salpa da Napoli alle otto del mattino diretta a Tripoli, carica di 3000 tonnellate di carburante, con la scorta del cacciatorpediniere Turbine (caposcorta) e della torpediniera Enrico Cosenz.
9 luglio 1942
A mezzogiorno il convoglio arriva a Trapani, dove si trattiene fino alle 21.30, poi riparte senza la Cosenz, rimpiazzata nel suo ruolo dal cacciasommergibili Oriole. Il convoglio segue le rotte costiere della Tunisia.
12 luglio 1942
Il convoglio giunge a Tripoli alle 19.
25 luglio 1942
Lascia Tripoli alle tre di notte insieme al piroscafo Armando e con la scorta della torpediniera Perseo.
28 luglio 1942
Il convoglio giunge a Palermo alle 8.45.

La Newona scarica grano a Depot Harbour (Lago Ontario) (da www.photoship.co.uk)

L'affondamento

Alle 9.30 del 31 agosto 1942 la Picci Fassio, al comando del capitano Giuseppe Anatrà, lasciò Suda – dove le due navi erano precedentemente giunte provenendo da Taranto passando per il Pireo – alla volta di Tobruk, insieme alla più piccola cisterna Abruzzi
Picci Fassio ed Abruzzi, cariche di benzina (la Fassio, in particolare, trasportava 2945 tonnellate di combustibili), erano in convoglio con il piroscafo Bottiglieri, che avrebbe dovuto invece raggiungere Bengasi, e con la scorta delle anziane torpediniere Monzambano (tenente di vascello Attilio Gamaleri, caposcorta) e Calatafimi (tenente di vascello Giuseppe Brignole) e della più moderna Cassiopea. Il convoglio procedeva a modesta velocità, solo sette nodi.
Già dal 28-29 agosto, però, il servizio di decrittazione britannico “ULTRA”, sulla scorta dei messaggi intercettati e decifrati, aveva potuto informare i comandi britannici che le due cisterne avrebbero lasciato il Pireo alle 22 del 29 per Tobruk, unendosi alle 18 del 30 con il Bottiglieri in navigazione da Suda a Bengasi. I britannici conoscevano anche la scorta che sarebbe stata assegnata alle due petroliere. Il 31 agosto “ULTRA” precisò che anche Fassio ed Abruzzi sarebbero partite da Suda il mattino del 31,  e quando le due cisterne, accortesi di essere state avvistate dai ricognitori, compirono una momentanea inversione di rotta per poi riprendere la navigazione, anche i messaggi relativi a tale provvedimento vennero intercettati, decifrati e portati a conoscenza dei comandi britannici. Nella notte del 31 vi fu un primo attacco aereo, ma nessuna nave venne colpita.
Dopo la perdita, il giorno precedente, della pirocisterna Sanandrea carica di carburante, e le conseguenti critiche, il Servizio Informazioni e Sicurezza (SIS) – il servizio segreto della Regia Marina – si era sua volta messo al lavoro per intercettare e decifrare i messaggi britannici riguardanti gli attacchi che sarebbero stati lanciati contro il convoglio Abruzzi-Fassio, in modo da poterlo avvertire e prendere le necessarie contromisure: in una “battaglia” tra decrittatori britannici ed italiani, tre messaggi d’avvertimento PAPA (Precedenza Assoluta sulle Precedenze Assolute) furono inviati al convoglio per avvertirlo del pericolo imminente, ma non fu sufficiente.

Alle 19.30 del 1° settembre il convoglio stava procedendo con i tre mercantili in linea di fronte, preceduti dalla Calatafimi e fiancheggiati da Monzambano e Cassiopea sui lati, sorvolato per giunta da velivoli della Regia Aeronautica e della Luftwaffe, quando si verificò un primo attacco aereo da parte di tre bombardieri Consolidated B-24 “Liberator” della USAAF che sganciarono il loro carico da alta quota. L’Abruzzi fu danneggiata da alcune bombe cadute vicine e venne abbandonata dall’equipaggio; dato che restava a galla, il comandante Gamaleri della Monzambano fece tornare a bordo l’equipaggio, ma, sovrastimando l’entità dei danni subiti dalla minuscola cisterna, la fece anche prendere a rimorchio dalla Calatafimi. I cavi di rimorchio, tuttavia, si ruppero subito; considerato che l’Abruzzi era una modesta nave con a bordo un carico piuttosto ridotto, si decise di evacuarla e lasciarla alla deriva, in modo da non sguarnire la scorta della più grande, ed ancora intatta, Picci Fassio (l’Abruzzi fu successivamente raggiunta e rimorchiata in salvo da rimorchiatori inviati da Bengasi). La Calatafimi (dopo aver recuperato l’equipaggio dell’Abruzzi) tornò quindi, insieme alla Monzambano, a scortare la Picci Fassio verso Tobruk, mentre Bottiglieri e Cassiopea, separatisi dal resto del convoglio, si avviavano verso Bengasi.
Alle 00.30 del 2 settembre, però, ebbe inizio un nuovo attacco aereo: questa volta si trattava di una dozzina di aerosiluranti Vickers Wellington. Di nuovo dietro l’attacco c’era la longa manus di ULTRA, che stavolta aveva intercettato un messaggio della Luftwaffe inviato alle 15 del 1° settembre, nel quale si precisava la rotta che il convoglio avrebbe dovuto seguire il giorno successivo.
Alle 00.35 si accese, molto di poppa al convoglio ed alla sua dritta, un primo bengala gettato dagli aerei nemici, poi altri fuochi indicatori si accesero a dritta, a sinistra ed a proravia del convoglio: le navi italiane erano ora completamente circondate dai bengala, che avevano delimitato il convoglio per renderlo facilmente individuabile agli aerosiluranti.
Gli aerei sorvolarono per più di un’ora il convoglio senza fare danni, poi, all’1.55, la Picci Fassio, che aveva la prua sulla scia della luna, venne raggiunta da un siluro a dritta. Si verificò una violenta esplosione, mentre un’altissima colonna di fumo ed acqua si levava sul mare: il carico della pirocisterna era esploso, la poppa si era staccata dal resto della nave.
Gli aerei – apparentemente tre – continuarono a sorvolare Calatafimi e Monzambano, che manovrarono a tutta forza per non essere colpite.
Alle 2.30 la Picci Fassio affondò nel punto 33°26' N e 22°41' E, trenta miglia a nord di Derna. Dei 33 membri del suo equipaggio, 13 persero la vita, compreso il comandante Anatrà. I 20 superstiti furono raccolti dalla Monzambano, che rientrò poi a Suda insieme alla Calatafimi.

Le vittime tra l'equipaggio civile:

Biagio Africano, cameriere, da Foggia
Giuseppe Anatrà, comandante, da Palermo
Eliseo Capra, capo fuochista, da Genova
Felice D'Annunzio, fuochista, da Genova
Pietro Fortuna, ufficiale di macchina, da Augusta
Luigi Fracchia, ufficiale di macchina
Giuseppe Franchi, fuochista
Giovanni Honovich, giovanotto
Ugo Lanzi, ufficiale di macchina, da Farnese
Vincenzo Passiatore, fuochista, da Monopoli

Le vittime tra l'equipaggio militare:
(personale della Regia Marina disperso su navi mercantili requisite il 2.9.1942, data in cui fu affondata solo la Picci Fassio)

Primo Davoglio, marinaio, da Campogalliano
Annibale Guerra, marinaio, da Suzzara
Orlando Leonardi, marinaio, da Firenze

Il 4 settembre 1942 “ULTRA” apprese dai messaggi decrittati il successo del proprio pedinamento del convoglio.
L'affondamento della Picci Fassio con il suo prezioso carico fu sfruttato da Erwin Rommel per addossare al Capo di Stato Maggiore Generale italiano, Ugo Cavallero, la responsabilità del suo insuccesso nella battaglia di Alam Halfa, nel quale le forze britanniche arrestarono definitivamente l’avanzata italo-tedesca in Egitto: Rommel sostenne che il mancato arrivo di alcune navi cisterna (tra cui la Picci Fassio) promesse da Cavallero aveva fatto venire a mancare le riserve di carburante necessarie a condurre la sua pianificata offensiva di Alam Halfa, così decretandone il fallimento. In realtà, tuttavia, la Picci Fassio e le altre navi perdute nello stesso periodo non trasportavano il carburante destinato all’offensiva di Alam Halfa, bensì quello necessario a sostituire il carburante che sarebbe stato consumato nell’offensiva di Rommel: dunque la perdita delle cisterne non incise direttamente sull’insuccesso dell’attacco italo-tedesco, ma semmai sulla situazione successiva. Rommel disponeva, ad Alam Halfa, delle scorte di carburante che riteneva necessarie all’offensiva: ma le aveva sottostimate. La perdita della Picci Fassio comportò l’impossibilità di nuovi arrivi di carburante sino al 7 settembre.

Un’altra immagine della nave come Newona a Depot Harbour (da www.photoship.co.uk)


2 commenti:

  1. 1928
    Acquistata dalla Società Anonima Imprese Navali ed Affini (armatore G. Calzavara) di Venezia e ribattezzata Nevona. (Per altra fonte: venduta nel 1927 a G. Calzavara e nel 1928 alla Società Anonima Imprese Navali ed Affini)..
    Esatto: si tratta dell` armatore dott.Giuseppe Calzavara proprietario della Compagnia Italiana Marittima com sede a Piazza San Marco Venezia.
    nipote del dott.Calzavara

    RispondiElimina
    Risposte
    1. La ringrazio; quindi è corretto: venduta nel 1927 a Giuseppe Calzavara (Compagnia Italiana Marittima, Venezia) e nel 1928 alla Società Anonima Imprese Navali ed Affini?

      Elimina