La Picci Fassio quando portava il nome di Newona (da www.photoship.co.uk) |
Piroscafo cisterna da
2261 tsl e 1242 tsn, lunga 78,3 m, larga 13,1 e pescante 6,7. Appartenente alla
Società di Navigazione Fassio, con sede a Genova, matricola 2251 al
Compartimento Marittimo di Genova.
Breve e parziale cronologia.
1° luglio 1909
Varata nei cantieri
Swan, Hunter & Wigham Richardson Ltd. di Wallsend-on-Tyne come pirosafo da
carico Newona (numero di cantiere
841).
Agosto 1909
Completata come Newona per la Canada Atlantic Transit
Company Ltd., con sede a Newcastle e Montreal. Caratteristiche originarie:
stazza lorda 2179 tsl, stazza netta 1233 o 1401 tsl, lunghezza 76,3 metri,
larghezza 13,1 e pescaggio 6,8; velocità 8,5 nodi.
Registrata
inizialmente a Newcastle-on-Tyne (Br 125470), nel 1910 verrà registrata a Montreal
(Can 125470).
Sino al 1915 presterà
servizio esclusivamente sui Grandi Laghi nordamericani.
2 settembre 1914
La Newona trae in salvo i nove membri
dell’equipaggio del piroscafo Thomas R.
Scott (capitano Murdock McDonald), naufragato alle 14.30 in una burrasca a
quattro miglia da Cabot Head (penisola di Bruce, sul Lago Huron) durante la
navigazione da Cockburn Island a Owen Sound, carico di legname, a seguito
dell’apertura di una falla nello scafo. I naufraghi, che hanno passato diverse
ore nell’unica lancia calata (la nave è affondata in appena due minuti),
vengono portati a Depot Harbor.
1915
Venduta alla Fraser,
Brace & Co. Ltd. di Montreal, lascia i Grandi Laghi.
1917
La compagnia
armatrice diviene Fraser, Brace & Clark Ltd., sempre con sede a Montreal.
1920
In servizio sulla
rotta Liverpool-New York.
1924 (o 1927)
Trasformata in nave
cisterna.
1927
Data in gestione a
Chas Kurz & Co. Inc. di Philadelphia.
1928
Acquistata dalla
Società Anonima Imprese Navali ed Affini (armatore G. Calzavara) di Venezia e
ribattezzata Nevona. (Per altra
fonte: venduta nel 1927 a G. Calzavara e nel 1928 alla Società Anonima Imprese
Navali ed Affini).
1932 (o 1933)
Venduta alla
Compagnia Industrie Marittime Affini Roma (CIMAR), sempre con sede a Venezia.
1934 (o 1936)
Acquistata dalla
Società Italiana Petroliere d’Oriente (Agenzia Marittima Italiana Capitano G.
Folcini; in gestione a G. Castaldi) con sede a Venezia ed a Rodi.
1939
Venduta alla Società
di Navigazione Fassio, con sede a Genova, e ribattezzata Georgia Fassio, nome poi cambiato in Picci Fassio nel corso dello stesso anno.
1° aprile 1941
Salpa da Brindisi
alle 20.35, con a bordo 270 tonnellate di gasolio, in convoglio con i piroscafi
Buffoluto (adibito a traffico
civile), Irma Calzi ed Anna Martini (aventi a bordo 380
tonnellate di foraggio e 1080 di farina) e la scorta dell’anziana torpediniera Monzambano, diretta a Durazzo.
2 aprile 1941
Giunge a Durazzo alle
9.30.
6 novembre 1941
Requisita a Fiume
dalla Regia Marina, senza essere iscritta nel ruolo del naviglio ausiliario
dello Stato.
8 luglio 1942
Salpa da Napoli alle
otto del mattino diretta a Tripoli, carica di 3000 tonnellate di carburante, con
la scorta del cacciatorpediniere Turbine
(caposcorta) e della torpediniera Enrico
Cosenz.
9 luglio 1942
A mezzogiorno il
convoglio arriva a Trapani, dove si trattiene fino alle 21.30, poi riparte
senza la Cosenz, rimpiazzata nel suo
ruolo dal cacciasommergibili Oriole.
Il convoglio segue le rotte costiere della Tunisia.
12 luglio 1942
Il convoglio giunge a
Tripoli alle 19.
25 luglio 1942
Lascia Tripoli alle
tre di notte insieme al piroscafo Armando
e con la scorta della torpediniera Perseo.
28 luglio 1942
Il convoglio giunge a
Palermo alle 8.45.
La Newona scarica grano a Depot Harbour (Lago Ontario) (da www.photoship.co.uk)
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L'affondamento
Alle 9.30 del 31
agosto 1942 la Picci Fassio, al comando del capitano Giuseppe Anatrà,
lasciò Suda – dove le due navi erano precedentemente giunte provenendo da
Taranto passando per il Pireo – alla volta di Tobruk, insieme alla più piccola cisterna Abruzzi.
Picci Fassio ed Abruzzi,
cariche di benzina (la Fassio, in
particolare, trasportava 2945 tonnellate di combustibili), erano in convoglio
con il piroscafo Bottiglieri, che
avrebbe dovuto invece raggiungere Bengasi, e con la scorta delle anziane
torpediniere Monzambano (tenente di
vascello Attilio Gamaleri, caposcorta) e Calatafimi
(tenente di vascello Giuseppe Brignole) e della più moderna Cassiopea. Il convoglio procedeva a
modesta velocità, solo sette nodi.
Già dal 28-29 agosto,
però, il servizio di decrittazione britannico “ULTRA”, sulla scorta dei
messaggi intercettati e decifrati, aveva potuto informare i comandi britannici
che le due cisterne avrebbero lasciato il Pireo alle 22 del 29 per Tobruk,
unendosi alle 18 del 30 con il Bottiglieri
in navigazione da Suda a Bengasi. I britannici conoscevano anche la scorta che
sarebbe stata assegnata alle due petroliere. Il 31 agosto “ULTRA” precisò che
anche Fassio ed Abruzzi sarebbero partite da Suda il mattino del 31, e quando le due cisterne, accortesi di essere
state avvistate dai ricognitori, compirono una momentanea inversione di rotta
per poi riprendere la navigazione, anche i messaggi relativi a tale
provvedimento vennero intercettati, decifrati e portati a conoscenza dei
comandi britannici. Nella notte del 31 vi fu un primo attacco aereo, ma nessuna
nave venne colpita.
Dopo la perdita, il
giorno precedente, della pirocisterna Sanandrea
carica di carburante, e le conseguenti critiche, il Servizio Informazioni e
Sicurezza (SIS) – il servizio segreto della Regia Marina – si era sua volta
messo al lavoro per intercettare e decifrare i messaggi britannici riguardanti
gli attacchi che sarebbero stati lanciati contro il convoglio Abruzzi-Fassio, in modo da poterlo avvertire e prendere le necessarie
contromisure: in una “battaglia” tra decrittatori britannici ed italiani, tre
messaggi d’avvertimento PAPA (Precedenza Assoluta sulle Precedenze Assolute)
furono inviati al convoglio per avvertirlo del pericolo imminente, ma non fu
sufficiente.
Alle 19.30 del 1°
settembre il convoglio stava procedendo con i tre mercantili in linea di
fronte, preceduti dalla Calatafimi e
fiancheggiati da Monzambano e Cassiopea sui lati, sorvolato per giunta
da velivoli della Regia Aeronautica e della Luftwaffe, quando si verificò un
primo attacco aereo da parte di tre bombardieri Consolidated B-24 “Liberator”
della USAAF che sganciarono il loro carico da alta quota. L’Abruzzi fu danneggiata da alcune bombe
cadute vicine e venne abbandonata dall’equipaggio; dato che restava a galla, il
comandante Gamaleri della Monzambano
fece tornare a bordo l’equipaggio, ma, sovrastimando l’entità dei danni subiti
dalla minuscola cisterna, la fece anche prendere a rimorchio dalla Calatafimi. I cavi di rimorchio,
tuttavia, si ruppero subito; considerato che l’Abruzzi era una modesta nave con a bordo un carico piuttosto
ridotto, si decise di evacuarla e lasciarla alla deriva, in modo da non
sguarnire la scorta della più grande, ed ancora intatta, Picci Fassio (l’Abruzzi
fu successivamente raggiunta e rimorchiata in salvo da rimorchiatori inviati da
Bengasi). La Calatafimi (dopo aver
recuperato l’equipaggio dell’Abruzzi)
tornò quindi, insieme alla Monzambano,
a scortare la Picci Fassio verso
Tobruk, mentre Bottiglieri e Cassiopea, separatisi dal resto del
convoglio, si avviavano verso Bengasi.
Alle 00.30 del 2
settembre, però, ebbe inizio un nuovo attacco aereo: questa volta si trattava
di una dozzina di aerosiluranti Vickers Wellington. Di nuovo dietro l’attacco
c’era la longa manus di ULTRA, che
stavolta aveva intercettato un messaggio della Luftwaffe inviato alle 15 del 1°
settembre, nel quale si precisava la rotta che il convoglio avrebbe dovuto
seguire il giorno successivo.
Alle 00.35 si accese,
molto di poppa al convoglio ed alla sua dritta, un primo bengala gettato dagli
aerei nemici, poi altri fuochi indicatori si accesero a dritta, a sinistra ed a
proravia del convoglio: le navi italiane erano ora completamente circondate dai
bengala, che avevano delimitato il convoglio per renderlo facilmente
individuabile agli aerosiluranti.
Gli aerei sorvolarono
per più di un’ora il convoglio senza fare danni, poi, all’1.55, la Picci Fassio, che aveva la prua sulla
scia della luna, venne raggiunta da un siluro a dritta. Si verificò una
violenta esplosione, mentre un’altissima colonna di fumo ed acqua si levava sul
mare: il carico della pirocisterna era esploso, la poppa si era staccata dal
resto della nave.
Gli aerei –
apparentemente tre – continuarono a sorvolare Calatafimi e Monzambano,
che manovrarono a tutta forza per non essere colpite.
Alle 2.30 la Picci Fassio affondò nel punto 33°26' N
e 22°41' E, trenta miglia a nord di Derna. Dei 33 membri del suo equipaggio, 13
persero la vita, compreso il comandante Anatrà. I 20 superstiti furono raccolti dalla Monzambano, che rientrò poi a Suda insieme alla Calatafimi.
Le vittime tra l'equipaggio civile:
Biagio Africano, cameriere, da Foggia
Giuseppe Anatrà, comandante, da Palermo
Eliseo Capra, capo fuochista, da Genova
Felice D'Annunzio, fuochista, da Genova
Pietro Fortuna, ufficiale di macchina, da Augusta
Luigi Fracchia, ufficiale di macchina
Giuseppe Franchi, fuochista
Giovanni Honovich, giovanotto
Ugo Lanzi, ufficiale di macchina, da Farnese
Vincenzo Passiatore, fuochista, da Monopoli
Le vittime tra l'equipaggio militare:
(personale della Regia Marina disperso su navi mercantili requisite il 2.9.1942, data in cui fu affondata solo la Picci Fassio)
Primo Davoglio, marinaio, da Campogalliano
Annibale Guerra, marinaio, da Suzzara
Orlando Leonardi, marinaio, da Firenze
Il 4 settembre 1942
“ULTRA” apprese dai messaggi decrittati il successo del proprio pedinamento del
convoglio.
L'affondamento della Picci Fassio con il suo prezioso carico
fu sfruttato da Erwin Rommel per addossare al Capo di Stato Maggiore Generale
italiano, Ugo Cavallero, la responsabilità del suo insuccesso nella battaglia
di Alam Halfa, nel quale le forze britanniche arrestarono definitivamente
l’avanzata italo-tedesca in Egitto: Rommel sostenne che il mancato arrivo di
alcune navi cisterna (tra cui la Picci
Fassio) promesse da Cavallero aveva fatto venire a mancare le riserve di
carburante necessarie a condurre la sua pianificata offensiva di Alam Halfa,
così decretandone il fallimento. In realtà, tuttavia, la Picci Fassio e le altre navi perdute nello stesso periodo non
trasportavano il carburante destinato all’offensiva di Alam Halfa, bensì quello
necessario a sostituire il carburante che sarebbe stato consumato
nell’offensiva di Rommel: dunque la perdita delle cisterne non incise
direttamente sull’insuccesso dell’attacco italo-tedesco, ma semmai sulla
situazione successiva. Rommel disponeva, ad Alam Halfa, delle scorte di
carburante che riteneva necessarie all’offensiva: ma le aveva sottostimate. La
perdita della Picci Fassio comportò
l’impossibilità di nuovi arrivi di carburante sino al 7 settembre.
Un’altra immagine della nave
come Newona a Depot Harbour (da www.photoship.co.uk)
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1928
RispondiEliminaAcquistata dalla Società Anonima Imprese Navali ed Affini (armatore G. Calzavara) di Venezia e ribattezzata Nevona. (Per altra fonte: venduta nel 1927 a G. Calzavara e nel 1928 alla Società Anonima Imprese Navali ed Affini)..
Esatto: si tratta dell` armatore dott.Giuseppe Calzavara proprietario della Compagnia Italiana Marittima com sede a Piazza San Marco Venezia.
nipote del dott.Calzavara
La ringrazio; quindi è corretto: venduta nel 1927 a Giuseppe Calzavara (Compagnia Italiana Marittima, Venezia) e nel 1928 alla Società Anonima Imprese Navali ed Affini?
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