venerdì 25 aprile 2014

F 94 Ursus


Una foto dell’Ursus (g.c. Sergio Bomben, via www.naviearmatori.net)

Piroscafo rimorchiatore da 407,17 tonnellate, lungo 43,1 metri e largo 8,29. Appartenente alla Società Anonima Rimorchiatori Riuniti Panfido & C. (con sede a Venezia), matricola 242 al Compartimento marittimo di Venezia.

Breve e parziale cronologia.

1917
Impostato negli Ateliers et Chantiers de la Loire di Nantes per la Marina francese come rimorchiatore-pattugliatore della classe Pluvier.
1917
Varato negli Ateliers & Chantiers de la Loire di Nantes come Vanneau II.
Marzo 1918
Entrata in servizio per la Marine Nationale come rimorchiatore-pattugliatore Vanneau II. (Per altra fonte l’entrata in servizio risale al 1917). Dislocamento 677 tonnellate, lunghezza 43,4 metri per 8,7 di larghezza e 4,2 di pescaggio, velocità dieci nodi.
5 novembre 1920
Radiato dalla Marine Nationale e consegnato a Casablanca al governo del Marocco.
1932
Acquistato dalla società Rimorchiatori Riuniti Panfido & C. di Venezia e ribattezzato dapprima Dux e poi Ursus.

L’Ursus in un bel disegno del pittore veneziano Luigi Scarpa Croce del 1936 (dal libro “R. R. Panfido & C. dal 1880 rimorchiatori a Venezia” di Gianpietro Zucchetta e Lourdes Vecchione, via Piergiorgio Farisato)
1° agosto 1935
Lascia Trieste rimorchiando il nuovo pontone della Regia Marina G.A. 217, appena completato dai cantieri San Marco, da portare a Massaua.
6 settembre 1935
Arriva a Massaua con il G.A. 217.
1937-1938
Viene inviato a Massaua, in Eritrea, per partecipare al recupero del piroscafo passeggeri Cesare Battisti, affondato in quel porto a seguito di un’esplosione in sala macchine (forse per sabotaggio) il 24 dicembre 1936, con 30 vittime su 890 persone a bordo. L’Ursus (o meglio il suo equipaggio, impiegando le attrezzature in dotazione del rimorchiatore) partecipa alle operazioni per il prosciugamento dello scafo ed alla rimessa in galleggiamento della nave (effettuate dalla ditta modenese Adolfo Orsi), che viene poi dall’Ursus stesso rimorchiata per 7000 km attraverso il Mar Rosso, il canale di Suez ed il Mediterraneo fino a Pola, dove verrà demolita nel cantiere Scoglio Olivi. In Mediterraneo una burrasca crea non pochi problemi al Battisti, che, sprovvisto di macchine e timoni, è in balia del mare, ma anche quest’ultimo ostacolo viene superato. Il travagliato viaggio si conclude a Pola alle ore otto del 27 luglio 1938.


Una serie di fotografie dell’Ursus durante il recupero ed il rimorchio del Cesare Battisti (g.c. Danilo Pellegrini via www.betasom.it):










24 maggio 1940
Requisito dalla Regia Marina a Venezia.
1° giugno 1940
Iscritto con sigla F 94 nel ruolo del naviglio ausiliario (dalle ore 00.00 del 1° giugno) dello Stato ed armato con un cannone da 76/40 mm, che viene collocato in coperta a prua. Impiegato come nave scorta ausiliaria nel pilotaggio foraneo.

L’Ursus, in servizio nella Regia Marina come unità ausiliaria F 94 (a prua si vede il cannone da 76 mm che ne costituiva l’unico armamento), fotografato in navigazione con la bora al largo di Bocca di Lido durante una missione di pilotaggio foraneo, pochi giorni prima dell’affondamento (g.c. STORIA militare)
Un rimorchiatore contro un sommergibile

Il mattino del 30 gennaio 1941 l’Ursus, agli ordini del comandante Ettore De Nueccia, lasciò Zara rimorchiando il pontone armato GM 239, che avrebbe dovuto portare a Brindisi (da dove, secondo una versione, il pontone sarebbe dovuto essere trasferito in Albania, per la difesa del Canale d’Otranto). La navigazione procedette inizialmente senza problemi (il mattino del 31 il piccolo convoglio costeggiò Lissa e diresse poi verso sud, verso Lagosta) ma alle 13.30 del 31 gennaio, subito dopo aver superato Lissa, venne avvistato un sommergibile emerso ad un paio di miglia di distanza, tra le isole di Lissa, Cazza e Curzola: era il britannico Rorqual, al comando del capitano di corvetta Ronald Hugh Dewhurst. Questi, dopo aver avvistato le due navi e valutato la situazione (sarebbe, cioè, stato pressoché impossibile silurare il pontone armato, dallo scafo con ridottissimo pescaggio), era emerso a 460 metri di distanza ed aveva dato ordine di aprire il fuoco contro il rimorchiatore con il cannone (facendo affidamento sul fatto che il mare mosso avrebbe impedito al pontone di brandeggiare le proprie artiglierie).
Il Rorqual attaccò immediatamente l’Ursus con il cannone, ed in risposta il rimorchiatore, dopo essersi liberato dei cavi di rimorchio del GM 239 (come ordinato dal comandante De Nueccia subito dopo l’avvistamento), aprì a sua volta il fuoco con il suo solo e vecchio cannone e diresse incontro al sommergibile (forse volendo speronarlo). Il preciso tiro del Rorqual, però, sortì in breve il suo effetto: colpito fin dalla prima salve alle macchine ed in altri punti, l’Ursus venne immobilizzato ed incendiato; i suoi artiglieri continuarono comunque a rispondere al fuoco anche se la nave era in fiamme.
(La versione del Rorqual presenta alcune differenze; secondo tale versione, il primo proiettile sparato dal sommergibile incendiò l’Ursus prima che questi potesse reagire, dopo di che il Rorqual spostò subito il suo tiro sul pontone, incendiandolo a centro nave. Un’altra versione differisce leggermente, affermando che il primo colpo del Rorqual centrò la plancia del rimorchiatore. I ogni caso, gli uomini dell’Ursus, nonostante l’incendio a bordo della propria nave, armarono il loro cannone ed aprirono il fuoco contro il sommergibile, costringendolo con il loro intenso tiro ad interrompere il tiro contro il GM 239 per rivolgerlo nuovamente contro il rimorchiatore. Questa volta il Rorqual non cessò di sparare finché Dewhurst non ebbe la certezza di aver definitivamente posto fuori uso l’Ursus, ridotto ad un relitto in fiamme a prua ed a poppa, e finché i pochi superstiti dell’equipaggio del rimorchiatore non ebbero abbandonato la nave).
Ben dodici dei diciotto uomini del suo equipaggio erano rimasti uccisi nei 45 minuti di cruento combattimento. Il rimorchiatore trasportava anche parte delle munizioni del GM 239, e le alte fiamme sviluppatasi rischiavano di raggiungerle e provocarne l’esplosione (per altra versione, anzi, le munizioni avevano già cominciato a scoppiare): De Nueccia dovette perciò ordinare di abbandonare la nave. I sei superstiti – il comandante De Nueccia ed altri cinque uomini, tra cui un marinaio ferito gravemente – s’imbarcarono così su di una lancia.
Il relitto dell’Ursus fu abbandonato alla deriva: in balia del vento, scomparve presto alla vista, inabissandosi nella notte (il Rorqual lo vide per l’ultima volta mentre stava affondando). L’ultima posizione nota della nave risulta essere stata 42°50’ N e 16°30’ E (cioè il luogo dell’attacco).

Il Rorqual, non appena ebbe posto fuori uso il rimorchiatore, diresse il tiro contro il GM 239, che frattanto aveva a sua volta aperto il fuoco con il suo poderoso armamento (era armato con due pezzi da 149 mm, alcuni da 76 mm antiaerei e due mitragliere da 8 mm). Dopo uno scambio di colpi (il sommergibile sparò una dozzina di salve, ritenendo erroneamente di aver danneggiato gravemente ed incendiato il GM 239), gli artiglieri italiani aggiustarono il tiro, perciò il sommergibile britannico dovette immergersi per non essere colpito. Una volta immersosi, il Rorqual lanciò un siluro regolato per passare appena sotto la superficie, alla quota minima, in modo da colpire il pontone, ma il siluro ebbe un guasto al giroscopio e tornò indietro: il sommergibile dovette immergersi in profondità per evitare di essere colpito dalla sua stessa arma.
(Alcune fonti parlano anche dell’arrivo di un idrovolante jugoslavo, che sarebbe stato scambiato per italiano dal Rorqual, il quale per questo si sarebbe allontanato dopo l’infruttuoso attacco con il siluro.)

A questo punto il comandante del GM 239, capitano di corvetta G. Giuli, diede ordine di recuperare i sei sopravvissuti dell’Ursus. Dopo aver tratto in salvo i naufraghi, si dovette constatare che la situazione era seria: i danni subiti dal GM 239 non erano gravi (solo qualche danno da schegge), ma il mare stava iniziando ad ingrossare, ed il pontone era sprovvisto di apparato motore, dunque impossibilitato sia a muoversi che a manovrare.
Il pontone rimase in balia delle raffiche di vento, e fu investito da diverse grosse onde da nord-est; al tramonto il GM 239 venne raggiunto da un rimorchiatore jugoslavo, il quale però, una volta sceso il buio, fu costretto a tornare a Lagosta a causa della tempesta sempre peggiore.
Nella notte 15 uomini (l’equipaggio del pontone ne contava 49 in tutto), presi dal panico, temendo che il GM 239 stesse per capovolgersi ed affondare (si era infatti traversato ed aveva iniziato ad imbarcare acqua), lo abbandonarono su due lance. Una fu ritrovata l’indomani pomeriggio sulla costa dell’isola di Milna, con a bordo solo otto salme; altri tre corpi vennero trovati dai pescatori (due a Milna ed uno presso Curzola), mentre solo quattro uomini furono trovati ancora in vita.
Il GM 239 non affondò, ed il vento lo trascinò fino alla costa meridionale di Lesina, dove si venne a trovare all’alba. Essendo il fondale abbastanza basso, il pontone si poté ancorare, poi furono lanciati dei razzi rossi per chiedere aiuto. Le segnalazioni furono viste da terra, e venne inviato il piroscafo Drava, che poté rimorchiare il GM 239 a Lesina. Qui furono sepolte le vittime (cui si aggiunse il comandante in seconda del GM 239, deceduto in ospedale il pomeriggio del 1° febbraio per le ferite riportate nello scontro contro il Rorqual), mentre il ferito grave dell’Ursus fu trasferito all’ospedale di Zara subito dopo l’arrivo a Lesina. Il pontone poté essere rimorchiato in Italia da un’unità italiana dopo qualche giorno.
L’azione contro l’Ursus ed il GM 239 valse al comandante Dewhurst del Rorqual il conferimento del Distinguished Service Order, a due suoi ufficiali la Distinguished Service Cross, a quattro marinai la Distinguished Service Medal ed ad altri cinque uomini la menzione nei dispacci.
Da parte italiana, il “Corriere della Sera” dell’8 febbraio 1941 celebrò la valorosa azione dell’Ursus e del pontone, sostenendo però – per motivi propagandistici – che la reazione italiana avesse affondato il sommergibile attaccante.

L’Ursus in navigazione (Reale Fotografia Giacomelli, Archivio Storico del Comune di Venezia, via Piergiorgio Farisato e www.naviearmatori.net)
Il relitto dell’Ursus giace in posizione 43°04’ N e 16°16’ E, a sudest di Lissa, su fondali di sabbia e roccia a profondità compresa tra i 45 ed i 64 metri, sbandato di circa 30 gradi sulla dritta, con la prua rivolta verso il mare aperto. Il relitto giace a soli 400 metri dalla riva, al largo del faro di Stoncica; è integro ed in buone condizioni, con ancora riconoscibili i segni dei colpi subiti; il cannone da 76 mm e gli argani e cavi di rimorchio sono ancora al loro posto, il fumaiolo si è afflosciato sul ponte. Sulla poppa si possono ancora leggere le lettere iniziali “URS” del nome.

Si ringrazia Pietro Faggioli.


2 commenti:

  1. Gent.mo Lorenzo, in merito ai caduti dell'Ursus e del pontone GM 239 io sono riuscito a risalire a soli 6 nomi: Simoni Natale, Spanò Mauro, Tagliapietra Arturo e Vianello Giovanni imbarcati sul primo; Davide Dante e Poli Francesco sul secondo. Altri marini si trovano scomparsi in quella data sui registri della Marina, ma senza la precisa specifica della loro unità. Lei ha la composizione di quegli equipaggi? Grazie.

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    1. Purtroppo no, mi spiace... ne approfitto però per segnalare che i tre caduti per cui annotava nell'excel "caduti sul pfo Eridano?" (4 dicembre 1941) morirono effettivamente su quella nave, come ho potuto constatare dall'elenco dell'equipaggio inviatomi dall'USMM.

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