giovedì 24 ottobre 2013

Aspromonte

L'Aspromonte (da Gianluca Gazzetti, "Treni e navi", Quaderni delle Ferrovie Italiane dello Stato, VI, II edizione, 1967, via www.centrostudinicoladalagno.altervista.org)

Motonave traghetto delle Ferrovie dello Stato, adibita in tempo di pace al traghettamento ferroviario nello stretto di Messina ed impiegata in guerra come posamine ausiliario e nave da sbarco.
976 tsl e 404 tsn, lunghezza 82,78 metri, larghezza 10,61, pescaggio 3,87, velocità 16 o 17 nodi. Iscritto con matricola 12 al Compartimento Marittimo di Messina, nominativo di chiamata IKIW.
 
Breve e parziale cronologia.
 
1920
Impostato nel Regio Cantiere Navale di Castellammare di Stabia.
1921
Varato nel Regio Cantiere Navale di Castellammare di Stabia come traghetto ferroviario Scilla.
1° luglio 1922
Entra in servizio nello stretto di Messina con il nome di Scilla. Propulsione a vapore (potenza 1100 HP) con velocità massima 13 nodi, stazza lorda 950 tsl, netta 323 tsn, lunghezza 77,62 metri, larghezza 10,45, pescaggio a pieno carico 2,80 metri e dislocamento a pieno carico 1262 tonnellate; nominativo di chiamata radio PHAD, porto di registrazione Messina. Può trasportare fino a mille passeggeri.
Ha due gemelli, Villa e Reggio, più vecchi però di ben dodici anni (rispetto ad essi sono state apportate alcune migliorie, e la velocità massima è aumentata da 12,5 a 13 nodi); lo Scilla, costruito per sostituire una ben più anziana omonima unità a ruote affondata nella prima guerra mondiale, è l'ultimo traghetto ferroviario ad un solo binario (capacità otto vagoni merci o quattro vagoni passeggeri) e con propulsione a vapore costruito per il servizio nello stretto di Messina. Già due anni più tardi entrerà in servizio il ben più grande Messina, con tre binari e propulsione diesel.
 
La nave nel suo originario aspetto di piroscafo traghetto Scilla (II), prima della rimotorizzazione e di ricevere il nuovo nome di Aspromonte (g.c. Mauro Millefiorini)

1931
Rimodernato presso il cantiere di Castellammare di Stabia (la macchina a vapore viene sostituita con due motori diesel Tosi a due tempi, trasformandolo da piroscafo in motonave) e contestualmente ribattezzato Aspromonte, per liberare il nome Scilla per una nuova e più grande motonave traghetto.
La nuova velocità massima viene variamente indicata dalle diverse fonti in 14, 16, 17, 17,5 o 18 nodi. Anche l’aspetto esterno appare notevolmente cambiato, in quanto i due originari fumaioli gemelli appaiati vengono eliminati e sostituiti con un unico grosso fumaiolo, più basso e tozzo.
Secondo un articolo di Giovan Giuseppe Mellusi pubblicato sulla rivista della Società Messinese di Storia Patria 84/85 del 2003/2004, queste modifiche sarebbero state apportate in vista di un possibile futuro utilizzo in guerra come nave ausiliaria.
1932
Il nominativo di chiamata radio diventa NFAL.
1934
Il nominativo di chiamata radio diventa IKIW.
1938
Stazza lorda e netta diventano 976 tsl e 404 tsn.
 
L'Aspromonte, con la livrea delle Ferrovie dello Stato, in entrata a Messina in tempo di pace (g.c. Roberto Copia/Associazione Ferrovie Siciliane)
 
20 luglio 1941
Requisita dalla Regia Marina ed iscritta nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato per essere impiegata come posamine ausiliario, grazie alle sue rotaie ferroviarie che possono essere agevolmente utilizzate come ferroguide per le mine. L'Aspromonte, in particolare, può trasportare e posare 200 mine.
27 luglio 1941
Alle sette di mattina l'Aspromonte ed il gemello Reggio, anch’esso requisito come posamine, salpano da Messina per effettuare la posa della quarta tratta del campo minato «S» nel Canale di Sicilia, la «S 4», composta dalle spezzate «S 41», «S 42», «S 43» e «S 44».
In mare aperto si uniscono ai due traghetti-posamine i cacciatorpediniere Antonio Pigafetta (caposquadriglia e comandante superiore in mare, capitano di vascello Mario Mezzadra), Antonio Da Noli, Giovanni Da VerrazzanoAlvise Da MostoEmanuele Pessagno e Nicolò Zeno, provenienti da Taranto e destinati anch’essi a partecipare alla posa.
Le navi dirigono per Trapani, e durante la navigazione eseguono delle prove evolutive per migliorare la coordinazione tra traghetti-posamine e cacciatorpediniere, dalle caratteristiche manovriere molto differenti e che non hanno mai eseguito un’operazione di posa insieme prima d'ora.
28 luglio 1941
Nell’ultimo tratto l'Aspromonte subisce un'avaria, che costringe tutta la formazione a rallentare; successivamente le navi si ancorano davanti a Trapani in attesa della dissoluzione di un banco di nebbia, dopo di che entrano in porto alle cinque del mattino.
6 agosto 1941
Cacciatorpediniere e traghetti imbarcano a Trapani, nel pomeriggio, le mine e le boe strappanti ed esplosive che dovranno presto posare. Nei giorni successivi le navi restano a Trapani, pronte a muovere in 6 ore.
7 agosto 1941
Allarme aereo dalle 19.17 alle 19.49.
11 agosto 1941
Aspromonte, Reggio, Pigafetta (capitano di vascello Enrico Mirti della Valle, caposquadriglia e comandante superiore in mare), PessagnoDa NoliDa MostoDa Verrazzano lasciano Trapani alle 22.45 e si dispongono in linea di fila una volta in franchia delle ostruzioni.
12 agosto 1941
I cacciatorpediniere, una volta fuori delle rotte di sicurezza, si dispongono in posizione di scorta ai traghetti-posamine. Alle 6.45 sopraggiunge una scorta aerea di caccia e ricognitori, che resterà sul cielo delle navi sin al rientro.
Alle 8.41 ha inizio la posa dello sbarramento «S 41», conclusa alle 9.15. Lo sbarramento, al pari di quelli che saranno posati nei giorni successivi, è formato da due file centrali («C» e «D» di 150 mine ciascuna, posate rispettivamente da Reggio ed Aspromonte, con intervallo di 100 metri tra ogni mina e le armi delle due file sfalsate tra di loro) di mine italiane antidraganti, due file intermedie («B» e «E», posate da Pigafetta e Da Mosto, con intervallo di 66 metri tra ogni boa) di boe esplosive e due file esterne («A» e «F», posate da PessagnoDa NoliDa Verrazzano e, nelle pose successive, anche Zeno; intervallo tra le boe 60 metri) di boe strappanti. Tra ogni fila la distanza è di 200 metri; la lunghezza delle file è di otto miglia.
Tra le 14 e le 15.15 le navi si ormeggiano a Trapani; Aspromonte, Reggio, PigafettaPessagnoDa NoliDa MostoDa Verrazzano ed un sesto cacciatorpediniere, il Nicolò Zeno, imbarcano le mine della spezzata «S 42».
Alle 20 i cacciatorpediniere accendono le caldaie, per partire alle 24.
13 agosto 1941
Causa ritardi nell’imbarco delle mine, all'una si decide di rimandare la partenza di ventiquattr'ore.
14 agosto 1941
Tra le 00.00 e l'1.20 Aspromonte, Reggio, PigafettaPessagnoDa NoliDa MostoDa Verrazzano e Zeno lasciano Trapani; in franchia delle ostruzioni si mettono in linea di fila, ed in franchia delle rotte di sicurezza i cacciatorpediniere si pongono in formazione di scorta a Reggio ed Aspromonte.
Alle 7.53, giunte vicine alla zona di posa, le navi devono constatare che il mare agitato al traverso, da maestrale, impedisce la posa, quindi tornano indietro, entrando a Trapani tra le 12.50 e le 14.50.
15 agosto 1941
Allarme aereo dalle 2.45 alle 3.
16 agosto 1941
Accese le caldaie all'1.30, Aspromonte, Reggio, PigafettaPessagnoDa NoliDa MostoDa Verrazzano e Zeno lasciano Trapani tra le 4.30 e le 5.40. Superate le ostruzioni si dispongono in linea di fila, e fuori dalle rotte di sicurezza i cacciatorpediniere scortano i traghetti-posamine.
La posa della spezzata «S 42» inizia alle 12.04 e finisce alle 12.56, poi le navi fanno rotta su Trapani, arrivandovi tra le 16.30 e le 18. L'Aspromonte posa le 113 mine della fila «D», tipo Elia o Bollo.
17 agosto 1941
Le navi imbarcano a Trapani le mine per la spezzata «S 43», da posare il 18, ma alle 22.30 viene comunicato il rinvio di 24 ore dell’operazione.
19 agosto 1941
I cacciatorpediniere accendono le caldaie alle 00.30, e tra le 3.30 e le 4.40 escono da Trapani, mettendosi in linea di fila in franchia delle ostruzioni e poi di scorta a Reggio ed Aspromonte dalle 6.20.
La posa della «S 43» inizia alle 10.40 e viene completata alle 11.34, poi le navi mettono la prua su Trapani, dove i cacciatorpediniere arrivano tra le 15.20 e le 17.10. Anche stavolta l'Aspromonte posa la fila «D», composta da 150 mine tipo Elia o Bollo.
20 agosto 1941
A Trapani vengono imbarcate le mine della spezzata «S 44». Allarme aereo dalle 19.50 alle 20.10, dalle 21.10 alle 21.45 e dalle 22.55 alle 23.10; vengono avvistati tre bombardieri Bristol Blenheim ed i cacciatorpediniere aprono un fuoco di sbarramento con le mitragliere, ma i Blenheim non sganciano alcuna bomba.
La posa della «S 44» dovrebbe aver luogo il 22 agosto, ma il maltempo la fa rimandare di ventiquattr’ore.
23 agosto 1941
Le navi lasciano Trapani tra le 4.25 e le 5.40; alle 7 arriva la scorta aerea, che resterà sino al rientro.
La posa della «S 44» viene cominciata alle 10.23 ed ultimata alle 11.17 (di nuovo l'Aspromonte posa la fila «A», composta da 150 mine tipo Elia o Bollo), poi si assume la rotta di rientro, arrivando a Trapani tra le 14.30 e le 16.
27 agosto 1941
Derequisito e radiato dal ruolo del naviglio ausiliario dello Stato.
2 ottobre 1941
Nuovamente requisito dalla Regia Marina ed iscritto nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato come posamine.
7 ottobre 1941
Aspromonte e Reggio salpano da Augusta per effettuare la posa di due campi minati antisommergibili a nord dello stretto di Messina, scortati dall'incrociatore ausiliario Adriatico e dalla torpediniera Cigno (capitano di corvetta Nicola Riccardi), avente la direzione dell'operazione.
8 ottobre 1941
Posa dei primi due sbarramenti, per un totale di 240 mine tipo Elia e Bollo. Subito le navi tornano ad Augusta, dove Aspromonte e Reggio imbarcano altre cento mine per un terzo sbarramento.
10 ottobre 1941
Posa del terzo sbarramento, sempre con Adriatico e Cigno come scorta.
11 ottobre 1941
Derequisito e radiato dal ruolo del naviglio ausiliario dello Stato.
12 novembre 1941
Nuovamente requisito dalla Regia Marina ed iscritto nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato come posamine.
Insieme al gemello Reggio, agli incrociatori leggeri Alberico Da Barbiano ed Alberto Di Giussano, ai cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi e Lanzerotto Malocello e ad un cacciatorpediniere classe Soldati, viene scelto per partecipare alla posa della quinta spezzata («S 5») del campo minato «S» nel Canale di Sicilia. La perdita di Da Barbiano e Di Giussano nel mese successivo, tuttavia, impedirà lo svolgimento dell'operazione.
25 novembre 1941
Derequisito e radiato dal ruolo del naviglio ausiliario dello Stato.
8 giugno 1942
Requisito dalla Regia Marina per la quarta ed ultima volta.
12 luglio 1942
Iscritto nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato, stavolta non come posamine ma come nave da sbarco. Assegnato alla Forza Navale Speciale per partecipare al pianificato, ma mai attuato, sbarco a Malta (Operazione "C. 3").
Nei piani dello sbarco, elaborati nel maggio 1942, le truppe destinate allo sbarco dovranno essere trasportate fin davanti alle coste maltesi da dieci trasporti truppe (Francesco Crispi, MilanoRosandraItaliaViminaleQuirinaleAventinoDonizettiCalino e Città di Tunisi, ciascuno dei quali può trasportare tra gli 800 e i 1400 soldati); dopo di che i soldati verranno trasbordati sulle unità di una eterogenea flottiglia che provvederà a sbarcarli sulle coste di Malta. L'Aspromonte è appunto una delle unità assegnate a questa eterogenea flottiglia, insieme al "collega" Messina, a 65 motozattere da sbarco tipo MZ (costruite sui piani delle MFP tedesche progettate per l'invasione del Regno Unito: possono trasportare e sbarcare fino a tre carri armati e 100 uomini equipaggiati ciascuna), 100 "motolancie" (in realtà veri e propri mezzi da sbarco: possono sbarcare 30 uomini ciascuno) tipo ML (solo 9 delle quali, però, effettivamente costruite), 24 vaporetti requisiti della laguna di Venezia (ognuno dei quali può trasportare e sbarcare 75 uomini), due piccole motonavi anch'esse della laguna di Venezia (Altino ed Aquileia, capacità 400 uomini cadauna), tre piroscafetti costieri (Tabarca, Capitano Sauro, Principessa Mafalda, anch'essi capaci di 400 uomini ciascuno), tre posamine (DurazzoBuccariPelagosa, che possono ciascuno trasportare 500 uomini), quattro motocisterne-navi da sbarco (SesiaScriviaTirsoGarigliano, ciascuna delle quali può trasportare e sbarcare due batterie da 75 mm e veicoli) e 50 motovelieri requisiti (24 trabaccoli, 14 golette, due brigantini goletta, 6 navicelli, due cutter e due motovelieri di altro tipo: capacità media 300 uomini). Parte di queste unità (le MZ, le ML, le motocisterne-navi da sbarco) sono unità costruite appositamente come unità da sbarco, altre (specie i vaporetti ed i motovelieri) sono mezzi piuttosto di fortuna, ottenuti convertendo alla meglio una quantità di imbarcazioni assai eterogenee. Aspromonte e Messina dovrebbero trasportare e sbarcare 4-8 carri armati e mille tonnellate di materiali ciascuno; vengono dotati per l’occasione di una robusta rampa in acciaio per l'imbarco e sbarco dei mezzi corazzati che devono trasportare. Lo storico Erminio Bagnasco nel libro "Navi e marinai italiani nella seconda guerra mondiale" descrive l'Aspromonte come una nave "di buona capacità, ma inadatta ad operare su spiaggia aperta".
(Altra fonte afferma invece che Aspromonte e Messina avrebbero fatto parte del naviglio incaricato di trasportare le truppe fino a Malta, insieme ad Aquileia, Tabarca, Capitano Sauro, Principessa Mafalda, Buccari, Durazzo e Pelagosa, oltre ai dieci grossi trasporti truppe sopra citati. Lo sbarco sarebbe stato invece effettuato da 37 motozattere MZ italiane e 34 MFP tedesche, 42 motolance ML italiane, 12 pontoni Siebel tedeschi, 24 mezzi da sbarco italiani "MF" ricavati da grossi motoscafi civili e 81 "Sturmboote" tedesche, motolance d’assalto con velocità di 30 nodi e capienza di sei uomini. Avrebbero altresì fatto parte della flotta d'invasione Tirso, Sesia, Scrivia e Garigliano, altri due traghetti, altre tre navi cisterna per acqua, due navi cisterna per carburante di piccole dimensioni, sette piroscafetti da trasporto, due navi ospedale, 10 rimorchiatori, 25 motolance e 30 motovelieri adattati).
All'interno della Forza Navale Speciale, all'Aspromonte viene assegnata la sigla 852 (a ciascuna unità della F.N.S. viene assegnato come sigla un numero compreso tra 701 e 949: da 701 a 800 per le motozattere, da 900 a 949 per i motovelieri, da 801 a 863 le unità di altro tipo fra le quali l'Aspromonte).
Le truppe da sbarco assommano in tutto a 65.000 uomini, dei quali 32.000 appartengono al XXX Corpo d’Armata (prima ondata: Divisioni Fanteria "Friuli", "Livorno" e "Superga" e X Raggruppamento Corazzato), 26.000 al XVI Corpo d'Armata (seconda ondata: Divisioni Fanteria "Napoli" e "Assietta") e 7000 al Comando Truppe Speciali (2000 fanti di Marina del Reggimento "San Marco", 4000 camicie nere del Gruppo Battaglioni Camicie Nere da Sbarco, 500 elementi delle forze speciali italiane e 500 tedeschi). In aggiunta a questi 65.000 uomini, che verranno sbarcati dal mare, altri 29.000 uomini (italiani della Divisione Paracadutisti "Folgore" e della Divisione Aviotrasportabile "La Spezia", e tedeschi della 7. FliegerDivision) dovranno giungere sull'isola mediante aviosbarchi.
Lo sbarco verrà appoggiato dalle unità della Forza Navale Speciale al comando degli ammiragli Vittorio Tur (comandante in capo della stessa F.N.S.) e Luigi Biancheri: i vecchi incrociatori leggeri Bari e Taranto, 15 cacciatorpediniere delle Squadriglie III, IV, VII, VIII e XVI, una ventina di torpediniere e 20-30 tra motosiluranti, MAS e VAS.
L'invasione di Malta sarà tuttavia rimandata e poi accantonata in vista della spettacolare – all’apparenza – avanzata delle forze italo-tedesche in Egitto, seguita alla battaglia di Ain el Gazala, che illude gli alti comandi dell'Asse che presto Alessandria e il Cairo saranno prese, rendendo superflua la conquista di Malta. L'operazione "C. 3" verrà così cancellata il 27 luglio 1942, anche se buona parte della Forza Navale Speciale, tra cui anche l'Aspromonte, sarà comunque utilizzata per un'operazione di sbarco (ma senza incontrare resistenza) diversi mesi dopo, con l'occupazione della Corsica nel novembre 1942. La Forza Navale Speciale verrà poi formalmente sciolta il 5 gennaio 1943.
Agosto 1942
Partecipa alle esercitazioni di sbarco della Forza Navale Speciale nelle acque di Gaeta.
 
Sopra, l'Aspromonte durante le esercitazioni dell’agosto 1942, e sotto, una serie di immagini ravvicinate scattate nella medesima occasione (dal libro "Operazione C3" di Mariano Gabriele)

Semoventi L40 a bordo della nave

Imbarco di un semovente L40 a Gaeta

Un autoprotetto Fiat-SPA S 37 sbarca dall'Aspromonte a Gaeta. In secondo piano una nave cisterna classe Sesia


Un semovente L40 con cannone da 47/32 sale in retromarcia sull'Aspromonte a Gaeta

11 novembre 1942
L'Aspromonte partecipa all’occupazione della Corsica nell’ambito dell’operazione "Anton", l'occupazione italo-tedesca della Francia di Vichy decisa in seguito agli sbarchi angloamericani nel Nordafrica francese (operazione "Torch", avvenuta tre giorni prima) ed al passaggio agli Alleati delle truppe di Vichy ivi stanziate. I comandi italiani e tedeschi, ritenendo ormai inaffidabile il regime di Vichy, hanno deciso di occupare completamente anche la parte di Francia rimasta fino a quel momento “libera” e sotto l’amministrazione del regime collaborazionista.
L’iniziale corpo di occupazione italiano in Corsica conta 30.000 uomini, forza che verrà progressivamente aumentata fino a 85.000 elementi, appartenenti alle Divisioni Fanteria "Friuli" e "Cremona", al Raggruppamento Speciale Granatieri, al 10° Raggruppamento Celere Bersaglieri, al Reggimento "San Marco" della Marina, al XXIX e XXVI Battaglione Carabinieri, alla 90a Legione Camicie Nere d’Assalto (Gruppo Camicie Nere da Sbarco), alla 225a e 226a Divisione Costiera.
Lo sbarco e l'occupazione della Corsica avvengono in modo del tutto incruento; le esigue truppe di Vichy non oppongono resistenza. A trasportare e sbarcare le truppe italiane nei porti corsi sono le navi della Forza Navale Speciale, che possono così mettere a frutto il lungo addestramento effettuato per la prevista invasione di Malta, anche se questo sbarco non presenta nessuna delle difficoltà contemplate da quell’operazione, a partire appunto da un’opposizione armata.
La Forza Navale Speciale, partita da Livorno, è scortata per l’occasione dalla XV Squadriglia Cacciatorpediniere (Pigafetta, Da Noli, Zeno); la flottiglia da sbarco raggiunge Bastia alle 16.05 dopo una navigazione resa difficoltosa, per molte delle piccole unità dell’eterogenea F. N. S., dal mare mosso. L'Aspromonte, carico di veicoli e mezzi corazzati, è insieme al vecchio incrociatore Bari (nave di bandiera dell’ammiraglio Tur), una delle prime navi ad entrare nel porto di Bastia, precedendo il resto della formazione; l'ammiraglio Tur tratta con i locali comandanti francesi ed ottiene così la resa del presidio, senza spargimento di sangue. Prima di ciò tre gruppi di motolance da sbarco classe ML compiono i primi sbarchi sulle spiagge a nord ed a sud di Bastia. Segue il resto della flottiglia d’invasione (che comprende motovelieri, piroscafetti e motonavi di piccolo tonnellaggio, navi da sbarco classe Sesia, posamine, motobragozzi e motoscafi), che sbarca truppe e materiali direttamente nel porto, senza incontrare resistenza.
Sbarchi minori hanno al contempo luogo ad Ajaccio, Santa Maura e Porto Vecchio; l’intera Corsica viene occupata senza colpo ferire. La Regia Marina istituisce nuovi Comandi Marina a Bastia, Ajaccio e Bonifacio-Portovecchio, con un totale di un centinaio di ufficiali e 2000 tra sottufficiali e marinai.
Successivamente l'Aspromonte viene adibito al trasporto di veicoli e rifornimenti in Tunisia.
 
11 novembre 1942: meno di un mese prima della sua perdita, l'Aspromonte sbarca mezzi corazzati ed autoveicoli a Bastia, nell’ambito delle operazioni per l’occupazione della Corsica. (g.c. STORIA Militare)
 
22 novembre 1942
L'Aspromonte salpa Reggio Calabria per Biserta alle 12.30, scortato dalle torpediniere Procione (caposcorta), Ardente, Ciclone ed Uragano.
Alle 14.25 le navi sono attaccate infruttuosamente da un sommergibile; l'Ardente reagisce, forse danneggiando l’attaccante.
23 novembre 1942
Il convoglietto giunge a Biserta alle 18.45.
24 novembre 1942
L'Aspromonte lascia Biserta alle 15 e si unisce in mare aperto ad un convoglio salpato da Tunisi poco prima e diretto a Trapani, formato dall’incrociatore ausiliario Barletta con la scorta del cacciatorpediniere Da Noli (caposcorta) e della torpediniera Uragano.
25 novembre 1942
Il convoglio giunge a Trapani alle tre di notte.
 
Il banco di Skerki
 
L'Aspromonte fu tra le prime navi affondate sulla “rotta della morte” verso la Tunisia, divenendo alla sua seconda traversata del Canale di Sicilia una delle vittime dello scontro del banco Skerki (o Sherki) del 2 dicembre 1942, nel quale andò distrutto il convoglio "H".
Tale convoglio, composto dall'Aspromonte, dal piroscafo Aventino, dalla motonave Puccini e dal trasporto militare tedesco KT 1 con la scorta dei cacciatorpediniere Nicoloso Da Recco (caposcorta, capitano di vascello Aldo Cocchia), Folgore e Camicia Nera e delle torpediniere Procione e Clio, aveva lasciato Palermo per Biserta alle 10 del 1° dicembre, trasportando 1766 militari appartenenti in massima parte alla 1a Divisione Fanteria "Superga" (su Aventino e Puccini), 698 tonnellate di munizioni e rifornimenti sul KT 1, 32 automezzi, quattro carri armati e 12 cannoni.
A differenza delle altre navi, l'Aspromonte non era partito da Palermo, bensì da Trapani, dove si era aggregato al convoglio alle 15.30 (secondo il volume "La difesa del traffico con l’Africa Settentrionale" dell’Ufficio Storico della Marina Militare; le 17.30 secondo le memorie del caposcorta Cocchia) del 1° dicembre, accodandosi all'Aventino. Completata così la formazione del convoglio, i mercantili erano disposti su due file: l'Aventino seguito dall'Aspromonte a sinistra, la Puccini seguita dal KT 1 a dritta; esternamente al convoglio, su due file, il Da Recco a proravia a sinistra, la Procione a proravia a dritta, la Clio a sinistra alla stessa altezza dell'Aspromonte ed il Camicia Nera a dritta alla stessa altezza del KT 1, mentre il Folgore procedeva a poppavia del convoglio, dietro i mercantili.
Così il capitano di vascello Aldo Cocchia, caposcorta sul Da Recco, avrebbe ricordato il traghetto nel suo libro di memorie "Convogli": “L'Aspromonte, bella e grossa nave traghetto, era carica di carri armati e munizioni. La sua velocità era di circa 16 nodi e perciò la sua aggregazione ad un convoglio di 10 nodi non appariva molto opportuna; d’altra parte sola non la si poteva far navigare e convogli veloci in quel momento non ce n'erano”.
Il servizio di decrittazione britannico “Ultra” aveva però già intercettato e decifrato da qualche giorno messaggi dell’Asse riguardanti il convoglio, e ad attaccarlo fu inviata da Bona la Forza Q, una formazione britannica al comando del viceammiraglio Cecil Halliday Jepson Harcourt e composta dagli incrociatori leggeri Aurora, Sirius ed Argonaut e dai cacciatorpediniere Quiberon e Quentin.
 
Poco dopo la mezzanotte del 2 dicembre il Da Recco, per spostare il convoglio di circa tre miglia verso sud (una misura precauzionale in vista di un possibile attacco da parte di navi di superficie, decisa dal caposcorta dopo essere stato informato dell'avvistamento della Forza Q in mare da parte di un aereo tedesco) ordinò dapprima di accostare di 90° a sinistra alle 00.05 e poi, alle 00.17, di riaccostare a dritta per tornare sulla rotta precedente (245°). Questa manovra ebbe però esito disastroso in quanto la Puccini, non avendo ricevuto l'ordine a causa del malfunzionamento della sua radio, speronò l'Aspromonte, causando pochi danni ma molta confusione. L'Aspromonte rimase fermo per qualche minuto, scadendo a sudest del convoglio; la Clio fu distaccata per assisterlo, ma alle 00.34 il traghetto comunicò di poter proseguire, e rimise in moto.
Pochi minuti più tardi, alle 00.37 del 2 dicembre, il convoglio venne attaccato dalla Forza Q nelle acque del banco di Skerki, al largo della costa tunisina. Lo scontro, in condizioni di drammatica disparità, durò un'ora; tutti i mercantili ed il Folgore vennero affondati, mentre Da Recco e Procione subirono gravi danni.
 
Gli ordini emanati dal caposcorta fin da prima della partenza prevedevano che in caso di attacco navale i mercantili avrebbero dovuto assumere la rotta di più rapido allontanamento, mentre le unità della scorta sarebbero andate al contrattacco. L'Aspromonte, al comando del tenente di vascello di complemento Gaetano Zolese, invertì la rotta sulla dritta e si allontanò verso ovest-nord-ovest alla massima velocità di 17 nodi, con rotta 065° dalle 00.40; riuscì così, unica nave mercantile, a sottrarsi alla strage iniziale, che vide il KT 1 affondato con tutto l'equipaggio alle 00.40, l'Aventino affondato alle 00.55 e la Puccini ridotta ad un relitto in fiamme all'1.08. Allontanatosi dal convoglio, proseguì senza problemi sino all'1.10, quando manovrò per evitare quelli che ritenne essere due siluri sganciati da aerei, ma che tali non erano, non essendovi stati attacchi aerei; delle navi britanniche solo il Sirius, all'1.02, lanciò un siluro contro quello che da parte britannica fu identificato come l'Aspromonte, ritenendo di averlo colpito, ma, secondo "La difesa del traffico con l’Africa Settentrionale", la nave attaccata dal Sirius era in realtà l'Aventino, pertanto il traghetto non sarebbe stato fatto segno del lancio di siluri da parte di nessuna unità.
Ma alla fine anche l'Aspromonte venne raggiunto: una ventina di minuti più tardi venne illuminato da bengala, poi, dopo sei-sette salve andate vuoto grazie alle manovre a zig zag, i primi colpi andarono a segno. La nave attaccante era l'Aurora, che aprì il fuoco alle 00.46 da 3800 m (senza risultato, apparentemente; il traghetto stava dirigendo per est-sudest) e poi di nuovo dall'1.13 all'1.20 da 7200 metri di distanza; in questa seconda occasione anche altre unità si unirono al cannoneggiamento. Dall'1.20 all'1.30 il traghetto fu cannoneggiato continuamente: un proiettile esplose in plancia, uccidendo o ferendo gravemente tutti i presenti ad eccezione del comandante Zolese (che, leggermente ferito alla schiena, si mise al timone di persona e continuò a zigzagare), e dopo il primo centro l'Aspromonte venne fatto segno di ininterrotto tiro d’artiglieria. Il comandante in seconda, tenente C.R.E.M. Angelo Rosada, era rimasto mortalmente ferito da una scheggia; secondo la motivazione della Medaglia d'Argento al Valor Militare che fu conferita alla sua memoria, trovò ancora “la forza di abbracciare il comandante e di inneggiare alla Patria”.
 
Come la maggior parte delle navi mercantili iscritte nel naviglio ausiliario dello Stato, l'Aspromonte aveva conservato il suo vecchio equipaggio civile del tempo di pace – composto quasi interamente da siciliani e calabresi, perlopiù originari delle due sponde dello Stretto – che in seguito all’iscrizione nel naviglio ausiliario era stato militarizzato; ad esso era stata aggiunta un'aliquota di cannonieri e segnalatori del C.R.E.M. per la gestione dei collegamenti e dell’armamento difensivo. Secondo le testimonianze raccolte da Giacomo Iapichino, autore di un libro ("Tra Scilla e Cariddi") sulla storia del traghettamento ferroviario nello stretto di Messina, i primi colpi che raggiunsero l'Aspromonte danneggiarono il timone ed un’elica; la nave si fermò e si accese a bordo un'animata discussione tra il personale civile militarizzato, “favorevole a restare fermi e pronto ad abbandonare la nave”, e quello militare, intenzionato invece a rimettere in moto e governare con le macchine. Prevalse la volontà dei militari, ma non appena l'Aspromonte rimise in moto – il traghetto era finito in una zona apparentemente oscurata alla visibilità degli attaccanti, che sembravano aver interrotto il tiro – dal fumaiolo uscirono fiamme e scintille, che attirarono l'attenzione della Forza Q la quale riprese il tiro.
Quando il timone venne immobilizzato da un proiettile, il comandante Zolese cercò di manovrare con le macchine, ma all'1.29 il traghetto, scosso da una violentissima esplosione, affondò di poppa in posizione 37°43' N e 11°16' E, portando con sé 41 o 42 membri dell’equipaggio ("La difesa del traffico con l'Africa Settentrionale dall'1.10.1942 alla caduta della Tunisia" indica le perdite in 6 sottufficiali e 35 sottocapi e marinai, ma gli albi dei caduti e dispersi della Marina Militare nella seconda guerra mondiale contengono i nomi di 42 uomini morti sull'Aspromonte, tra cui due ufficiali).
Il sergente nocchiere Giuseppe Fasano avrebbe in seguito ricordato: “Eravamo in testa a un convoglio di cinque mercantili scortati da navi militari (...) verso le ore 23 aerei nemici ci avvistarono (...) Il Da Recco telegrafava a Roma che eravamo stati avvistati da aerei nemici. Ma questa rispondeva con il classico "proseguite". (...) Verso le ore una del 2 dicembre, una squadra di incrociatori inglesi, con l'ausilio dei bengala, aprì all'improvviso il fuoco contro la nostra scorta, affondando il Folgore e danneggiando fortemente il Da Recco (...) Dopo di che cominciò la strage dei mercantili che furono affondati, e il Puccini bruciò tutta la notte con fiamme alte fino al cielo. L'Aspromonte si era distanziata dal convoglio, e sembrava essere scampata alla strage, ma non fu così: dopo circa venti minuti, numerosi bengala ci circondarono e subito dopo una prima salva di cannonate tirate dalla parte di dritta faceva arco su di noi finendo in mare poco distante sulla sinistra, alzando altissime colonne d'acqua. (...) Una seconda salva colpiva il ponte di comando uccidendo quasi tutti quelli che vi si trovavano e quindi, centrando il tiro, fu un continuo cannoneggiamento...
Otto minuti dopo il combattimento era finito. Il caposcorta Cocchia, rimasto gravemente ustionato nel combattimento, ricordò poi: Chi invece non riuscì a scampare [riferendosi al fatto che gli altri convogli in mare erano sfuggiti agli attacchi nemici] fu la quarta nave mercantile del nostro convoglio, l'Aspromonte, che fu raggiunta dopo le 3 [in realtà molto prima].
 
Il sottocapo Simone Boatta, facente parte dell’armamento di una delle mitragliere di cui l'Aspromonte era munito, continuò a rispondere al fuoco da solo dopo che tutti i suoi compagni furono caduti attorno a lui, falciati dal tiro britannico; smise di sparare soltanto quando la nave affondò. Riuscì a salvarsi.
Giuseppe Fasano si guadagnò la Medaglia d'Argento al Valor Militare imbarcando alcuni feriti gravi su una scialuppa e riuscendo poi a calarla in mare, da solo, mentre la nave affondava. Con l’imbarcazione di cui aveva assunto il comando riuscì poi a recuperare dal mare altri 40 naufraghi.
Il comandante Zolese, ferito e caduto in mare a causa del forte sbandamento, venne raccolto da una lancia ed aiutò a trarre in salvo altri naufraghi. Degli ufficiali, oltre a Zolese vennero tratti in salvo il direttore di macchina, capitano di complemento del Genio Navale Salvatore Rossito, ed il suo sottordine tenente di complemento del Genio Navale Adolfo Turecek, rimasto ferito. Morirono invece il comandante Rosada ed il giovane guardiamarina Diego Tomat, mortalmente ferito da schegge e scomparso in mare.
 
Le zattere e lance con i superstiti dell'Aspromonte vennero avvistate la mattina successiva da un aereo, che lanciò un fumogeno bianco per segnalare la posizione dei naufraghi; intorno alle 7.40 del 2 dicembre questi vennero trovati e soccorsi dal Camicia Nera, guidato sul posto dal velivolo.
 
Caduti tra l'equipaggio dell'Aspromonte:
 
Ferdinando Agonigi, marinaio fuochista, da Carrara (disperso)
Stefano Anania, sergente nocchiere, da Palermo (deceduto)
Matteo Asaro, marinaio, da Mazara del Vallo (disperso)
Pietro Bevilacqua, sergente cannoniere, da Trapani (deceduto)
Gioacchino Billante, marinaio S.D.T., da Santa Flavia (disperso)
Domenico Biondo, marinaio cannoniere, da Palermo (deceduto)
Giuseppe Bonanno, marinaio cannoniere, da Messina (deceduto)
Aldo Borrini, marinaio carpentiere, da Vezzano Ligure (disperso)
Orlando Briganti, secondo capo meccanico, da Carpineto Romano (deceduto)
Daniele Cairo Santelia, marinaio, da Belvedere Marittimo (disperso)
Felice Calapai, marinaio fuochista, da Messina (disperso)
Domenico Caristi, secondo capo furiere, da Messina (disperso)
Nicola Cavallaro, marinaio, da Palermo (deceduto)
Carlo Cavalletti, marinaio fuochista, da Mantova (deceduto)
Carmine Cillo, marinaio cannoniere, da Pietradefusi (disperso)
Ferdinando Condiorio, marinaio, da Villa San Giovanni (disperso)
Girolamo Cultore, marinaio fuochista, da San Giuseppe Jato (disperso)
Giuseppe Danzino, marinaio segnalatore, da Messina (disperso)
Aldo Fogliasso, marinaio carpentiere, da Asti (disperso)
Giuseppe Francesconi, capo carpentiere di seconda classe, da Pietrasanta (disperso)
Francesco Guarnera, marinaio cannoniere, da Messina (disperso)
Salvatore Iavarone, marinaio cannoniere, da Pannarano (disperso)
Antonio Licciardello, sergente cannoniere, da Catania (disperso)
Alfonso Marcopoli, sottocapo radiotelegrafista, nato in Turchia (deceduto)
Antonino Marletta, marinaio, da Messina (disperso)
Vincenzo Martino, sottocapo nocchiere, da Reggio Calabria (deceduto)
Otello Micelli, marinaio S.D.T., da Basiliano (disperso)
Claudio Morrone, marinaio carpentiere, da Rende (deceduto)
Giovanni Mosca, marinaio, da Letojanni (deceduto)
Giovanni Musumeci, marinaio carpentiere, da Giarre (disperso)
Annunziato Nastasi, marinaio infermiere, da Melito di Porto Salvo (deceduto)
Pietro Neri, marinaio, da Reggio Calabria (disperso)
Benedetto Palombo, marinaio, da Monte Argentario (disperso)
Italo Pavanetto, marinaio segnalatore, da Musile di Piave (disperso)
Federico Piccardo, marinaio cannoniere, da Genova (disperso)
Donato Giuseppe Ponsù, sottocapo nocchiere, da Sant’Agata di Militello (deceduto)
Vilfrido Ricciarelli, secondo capo meccanico, da Pistoia (disperso)
Angelo Rosada, tenente C.R.E.M., da Venezia (disperso)
Pietro Sapia, marinaio, da Catania (deceduto)
Giovanni Scaffidi Mangialardo, marinaio, da Brolo (deceduto)
Diego Tomat, guardiamarina, da Lussinpiccolo (disperso)
Italo Tricolore, marinaio S.D.T., da Torre Annunziata (disperso)
 
L'Aspromonte fu il primo dei traghetti ferroviari delle Ferrovie dello Stato ad andare perduto in guerra, e l’unico che, essendo affondato in mare aperto, non poté essere recuperato.
 
Lo Scilla (II), futuro Aspromonte, allo “sbarcadero” di Villa San Giovanni (g.c. Roberto Copia/Associazione Ferrovie Siciliane)
 
La motivazione della Medaglia d'Argento al Valor Militare conferita alla memoria del tenente C.R.E.M. (grado temporaneo) Angelo Rosada, nato a Pellestrina (Venezia) il 13 marzo 1890:
 
"Ufficiale in 2a di unità da sbarco facente parte di convoglio attaccato nottetempo da preponderanti forze avversarie, esplicava i propri compiti con elevata perizia e grande serenità fino a che, colpito da scheggia, cadeva mortalmente ferito. Malgrado la gravità delle sue condizioni trovava ancora la forza di abbracciare il comandante e di inneggiare alla Patria, dimostrando mirabile fermezza d'animo di fronte alla morte ed elevatissimo spirito di abnegazione.
(Canale di Sicilia, 2 dicembre 1942)"
 
La motivazione della Medaglia d'Argento al Valor Militare conferita alla memoria del guardiamarina Diego Tomat, nato a Lussinpiccolo (Pola) il 19 aprile 1917:
 
"Imbarcato su unità da sbarco facente parte di convoglio attaccato nottetempo da preponderanti forze avversarie, esplicava i propri compiti con elevata perizia e grande serenità fino a che colpito da schegge, cadeva mortalmente ferito. Scompariva quindi in mare in seguito all'affondamento della sua unità, immolando la giovane esistenza alla Patria e lasciando di sé fulgido esempio di elevato attaccamento al dovere.
(Canale di Sicilia, 2 dicembre 1942)"
 
La motivazione della Medaglia d'Argento al Valor Militare conferita al sergente nocchiere Giuseppe Fasano, nato a Catania il 18 ottobre 1908:
 
"Imbarcato su unità da sbarco facente parte di convoglio attaccato nottetempo da preponderanti forze avversarie, esplicava i propri compiti con eccezionale perizia e coraggio. Mentre la nave affondava sotto l'imperversare del fuoco nemico, riusciva ad ammainare da solo una lancia di salvataggio dopo avervi imbarcato alcuni feriti gravi, e, raccolti successivamente in acqua altri quaranta naufraghi, teneva il controllo dell'imbarcazione fino al sopraggiungere di unità leggere accorse nella zona dell'affondamento. Magnifico esempio di operoso slancio ed elevato senso del dovere.
(Canale di Sicilia, 2 dicembre 1942)"
 
La motivazione della Croce di Guerra al Valor Militare conferita al tenente di vascello di complemento Gaetano Zolese, nato a Sessa Aurunca il 7 luglio 1901:
 
"Comandante di unità da sbarco facente parte di convoglio attaccato nottetempo da preponderanti forze avversarie, evitava con calma e perizia numerosi siluri. Colpita irreparabilmente la nave da salve di artiglieria, ferito egli stesso e caduto in mare per il forte sbandamento, veniva raccolto da una imbarcazione di salvataggio con la quale cooperava al soccorso degli altri naufraghi.
(Canale di Sicilia, 2 dicembre 1942)"
 
La motivazione della Croce di Guerra al Valor Militare conferita al sottocapo Simone Boatta, nato a Palermo il 5 novembre 1915:
 
"Destinato alla mitragliera di unità da sbarco facente parte di convoglio attaccato nottetempo da preponderanti forze avversarie, reagiva con il fuoco all’offesa nemica, impiegando l'arma da solo, essendo caduti tutti gli altri serventi, fino all’affondamento della nave.
(Canale di Sicilia, 2 dicembre 1942)"
 
 
"Direttore di macchina di unità da sbarco facente parte di convoglio attaccato nottetempo da preponderanti forze avversarie, assolveva i propri compiti con fermezza e sereno coraggio fino all'affondamento dell'unità, prodigandosi altresì nelle operazioni di salvataggio dei naufraghi.
(Canale di Sicilia, 2 dicembre 1942)"
 
La motivazione della Croce di Guerra al Valor Militare conferita al tenente di complemento del Genio Navale Adolfo Turecek, nato a Trieste il 14 febbraio 1905:
 
"Sottordine al direttore di macchina di unità da sbarco facente parte di convoglio attaccato nottetempo da preponderanti forze avversarie, benché ferito, assolveva i propri compiti con fermezza e sereno coraggio fino all'affondamento dell'unità.
(Canale di Sicilia, 2 dicembre 1942)"
 
La motivazione della Croce di Guerra al Valor Militare conferita al capo elettricista di seconda classe militarizzato Galdino Silvari (nato a Roccarainola il 13 aprile 1911), al capo meccanico di seconda classe militarizzato Giuseppe Laganà (nato a Messina il 25 luglio 1898), al secondo capo meccanico militarizzato Salvatore Costa (nato a Messina il 25 settembre 1911) ed al marinaio fuochista Giuseppe Sardina (nato a Palermo il 9 dicembre 1918):
 
"Imbarcato su unità da sbarco facente parte di convoglio attaccato nottetempo da preponderanti forze avversarie, esplicava i propri compiti con elevata perizia e grande serenità fino all’affondamento dell'unità.
(Canale di Sicilia, 2 dicembre 1942)"
 
Lo Scilla (II), poi Aspromonte, a Messina (g.c. Roberto Copia/Associazione Ferrovie Siciliane).
 
 

7 commenti:

  1. Complimenti per l'interessante e circostanziata ricostruzione degli ultimi momenti di questo sfortunato traghetto ferroviario.
    Roberto Copia
    Associazione Ferrovie Siciliane - AFS (Messina)

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  2. Mio nonno mi ha raccontato spesso di questo traghetto, lui ha partecipato alla penultima missione di questo “traghetto armato”(come lo chiamava lui) dove sono riusciti a salvarsi per miracolo e per una serie di eventi lui e un suo compagno non hanno partecipato a quella che sarebbe stata l’ ultima missione di questa sfortunata imbarcazione

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  3. O sei un mio cugino o sei il nipote di quella persona che mio nonno Ruggiero Santo ha convinto a non partire dopo che nella penultima missione sono quasi morti presi a cannonate dagli inglesi

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  4. Complimenti e grazie per le informazioni. Per un breve periodo la nave Scilla II (poi chiamata Aspromonte) ha effettuato anche i collegamenti con l'isola di Lipari. Presumibilmente nell'anno 1926. Ciò in quanto la società armatrice si era aggiudicata l'espletamento del regio servizio postale per le isole minori.

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  5. Salve , mi chiamo Gino Giuseppe Sardina figlio del fuochista Giuseppe Sardina, in verità la storia nn è stata raccontata giusta come tale sui salvataggi …. Ma io so tutta la storia raccontata da mio padre e sul comandante di macchine .. Si solo che mio padre è stato un ‘ eroe nn citato .. e con questo ho detto tutto..

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  6. Ciao Giuseppe, non ho capito se tuo padre è quello che si è salvato insieme a mio nonno, Santo Ruggero, dopo quella penultima missione lui ha capito che quella dopo sarebbe stata l' ultima e ha convinto questo suo compagno che lui lo chiamava "il maresciallo" a non partire.

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