Rimorchiatore
militare d'alto mare della classe Luni, lungo 37,20 metri, del
dislocamento di 342 o 448 o 500 tonnellate. Potenza 900 HP, velocità
13 nodi; armato con un cannone da 76 mm (in precedenza, durante la
prima guerra mondiale, con uno da 57/43,5 mm Nordenfelt Mod. 1887).
Aveva tre gemelli, Luni, Marittimo e Marsigli (ex Tremiti) ed era caratterizzato dall'insolito profilo a due fumaioli, uno per caldaia.
Aveva tre gemelli, Luni, Marittimo e Marsigli (ex Tremiti) ed era caratterizzato dall'insolito profilo a due fumaioli, uno per caldaia.
Breve e parziale cronologia
1914-1915
Costruito dalla Cooperativa di Produzione di Sampierdarena per la Regia Marina.
27 settembre 1917
L'Egadi si trova a Brindisi quando la base viene attaccata da sette idrovolanti da bombardamento austroungarici, decollati da Durazzo. L'allarme aereo viene dato verso le otto di sera, quando viene avvistata una formazione stimata in 8-10 idrovolanti in volo ad alta quota; prima ancora che questa giunga sul cielo della base viene aperto un intenso fuoco di sbarramento sia dalle artiglierie antiaeree delle navi (che spareranno in tutto circa 600 colpi) che dalle batterie contraeree di terra (che ne spareranno complessivamente 2753), ma la scarsa visibilità dovuta alle sfavorevoli condizioni lunari agevola gli attaccanti, che riescono egualmente a portarsi sulla base e sganciare numerose bombe. Una bomba colpisce la batteria contraerea N. 1, provocando due morti e due feriti tra il personale ma senza recare danni ai cannoni; un'altra distrugge un'abitazione nella quale è stata piazzata una mitragliera dell'Esercito, ferendo 13 soldati; una terza colpisce ed affonda un piccolo piroscafo ormeggiato a pochi metri dall'incrociatore corazzato Pisa, uccidendo un fuochista e ferendo un marinaio, e danneggia con la sua esplosione anche lo stesso Pisa, il cui scafo è lesionato per una lunghezza di sei metri con conseguente via d'acqua; cinque bombe esplodono vicino al bacino galleggiante, causando alcuni lievi danni. Molte altre bombe cadono in mare o vengono rinvenute inesplose, compresa una da 150 kg e due incendiarie. Il centro abitato rimane indenne; l'incursione, effettuata in più ondate, ha termine alle 21.30.
L'Egadi viene subito inviato in aiuto del Pisa, che imbarca dalla falla trenta tonnellate d'acqua all'ora, provvedendo all'esaurimento dell'acqua imbarcata. L'incrociatore richiederà un periodo di lavori in bacino.
Uno degli idrovolanti austroungarici, l'Hansa-Brandenburg W 13 K.307 del tenente di vascello Emanuel Lerch, viene danneggiato dal tiro contraereo e costretto ad ammarare ad una decina di miglia da Brindisi, dove verrà catturato e rimorchiato in porto insieme ai due uomini dell'equipaggio (Lerch ed il sottufficiale Béla Lenti) l'indomani mattina da una torpediniera di pattuglia. Altri due idrovolanti, l'Oeffag Weichmann K.193 del sottotenente di vascello Maximilian Sewera (osservatore il sottufficiale Karl Strizik) e l'UFAG Brandenburg K.223 del sottufficiale Wart Rudolf Traxelmayr (osservatore il sottufficiale Jeno Czenz), non faranno ritorno dalla missione, anche se le cause della loro perdita non saranno mai accertate (un'ipotesi è la collisione in volo); i corpi di Strizik e Sewera saranno recuperati dal mare il 3 ottobre dal dragamine RD 10 e dalla torpediniera 14 OS, mentre dell'aereo di Traxelmayr verrà trovato soltanto il motore, gettato dalle onde il 2 novembre su una spiaggia di Meleda.
1928
Sottoposto a rimodernamento presso le Officine e Cantieri Partenopei Pattison di Napoli, con l'eliminazione di uno dei due fumaioli.
10 giugno 1940
All'entrata in guerra dell'Italia nella seconda guerra mondiale, l'Egadi fa parte del naviglio ausiliario autonomo, alle dirette dipendenze di Supermarina.
22-23 agosto 1940
L'Egadi partecipa alle operazioni di soccorso degli uomini intrappolati nel relitto del sommergibile Iride, affondato a 16-20 metri di profondità nel Golfo di Bomba (costa cirenaica) da aerosiluranti britannici durante i preparativi per una attacco con siluri a lenta corsa (SLC) contro la base di Alessandria. Il mattino del 23 agosto, il palombaro Germano Gobbi di Marina Tobruk libera il portello di fuoriuscita della garitta d'emergenza, deformato e bloccato dai rottami prodotti dall'esplosione e dai componenti che lo collegano allo scafo, dopo di che – alle dieci – lo aggancia a dei cavi che vengono assicurati all'Egadi, il quale tirando riesce a scardinare il portello. (Un analogo tentativo con l'impiego di un peschereccio, il giorno precedente, era fallito perché il portello non aveva ceduto ed invece si erano rotti i cavi). Superando altre difficoltà, i sette sopravvissuti intrappolati nella camera di lancio siluri poppiera, adiacente alla garitta, riescono a fuoriuscire dal portello ed a raggiungere la superficie con l'aiuto degli incursori della X Flottiglia MAS, che destinati in origine all'impiego degli SLC trasportati dall'Iride, si sono trasformati dopo il suo affondamento in soccorritori. Due dei superstiti moriranno poco dopo per embolia.
Dislocato a Bengasi, l'Egadi venne travolto dagli eventi dell'offensiva britannica "Compass", che nell'arco di tre mesi (dal 9 dicembre 1940 al 9 febbraio 1941) portò alla perdita della Cirenaica ed all'annientamento della X Armata italiana.
Nel settembre 1940 la X Armata, al comando del generale Mario Berti (e di fatto del suo diretto superiore, il governatore della Libia, maresciallo d'Italia Rodolfo Graziani), aveva invaso l'Egitto avanzando per un centinaio di chilometri sino alla cittadina di Sidi el Barrani, dove si era fermata, trincerandosi in accampamenti fortificati nel deserto della Marmarica, in attesa dell'arrivo dall'Italia di automezzi e rifornimenti necessari per un'ulteriore avanzata verso il Nilo. Questi mezzi non erano mai arrivati, e per due mesi la linea del fronte era rimasta ferma, senza che si verificasse altro che azioni di pattuglia o piccole incursioni “mordi e fuggi”; poi, il 9 dicembre 1940, la Western Desert Force del generale Richard O'Connor aveva sferrato la sua controffensiva, con risultati che avevano superato le aspettative. Le truppe britanniche (o piuttosto del Commonwealth: ruolo di primo piano ebbero gli indiani, nella fase iniziale, e gli australiani), numericamente inferiori ma più mobili e meglio armate, addestrate, equipaggiate (il carro armato “Matilda” era pressoché invulnerabile a qualsiasi artiglieria anticarro di cui disponesse il Regio Esercito in Cirenaica) e comandate, riconquistarono Sidi el Barrani, distrussero quattro divisioni italiane e spinsero nuovamente la X Armata nuovamente oltre il confine egiziano. Non si fermarono qui, però: sfruttando la situazione favorevole, continuarono l'avanzata in Libia, approfittando degli errori del comando italiano e del crescente panico tra le truppe avversarie, convinte di avere a che fare con un nemico molto più numeroso ed atterrite dall'apparizione degli invincibili “Matilda”. Una dopo l'altra furono conquistate Bardia (5 gennaio 1941), Tobruk (22 gennaio) e Derna (30 gennaio); nel corso dei combattimenti rimasero uccisi almeno 5000 soldati italiani e libici e 100.000, tra cui diverse migliaia di feriti, furono catturati.
All'inizio del febbraio 1941 la situazione appariva ormai catastrofica: quel che restava della X Armata si ritirava in disordine lungo la Via Balbia, in un'interminabile colonna in cui a reparti ancora in armi ed efficienti si mescolavano sbandati disarmati e vestiti di stracci, personale di ogni forza armata e corpo militare, coloni in fuga con le loro famiglie e masserizie, veicoli di ogni tipo. Puntavano tutti verso ovest, verso Tripoli, ma non ci sarebbero mai arrivati: avrebbero trovato i britannici ad aspettarli a Beda Fomm, e lì si sarebbe consumato l'ultimo atto della tragedia della X Armata.
In questo clima da Caporetto libica non vi fu alcun tentativo di difendere Bengasi, centro principale ed unica vera città della Cirenaica: giudicata indifendibile, venne evacuata in tutta fretta. Anche le navi che si trovavano in porto e che erano in grado di muovere salparono verso la Tripolitania o verso l'Italia: tra di esse anche l'Egadi, che trovandosi nell'impossibilità di muovere con i suoi mezzi perché in avaria, lasciò Bengasi il 2 febbraio 1941 (la città sarebbe caduta quattro giorni dopo) a rimorchio un rimorchiatore civile requisito ed impiegato come dragamine ausiliario, l'R 114 IV Novembre, diretto a Tripoli.
Il piccolo convoglio non fece molta strada: anche il tempo, in quei giorni, sembrava essersi scatenato contro gli italiani, ed il mare grosso costrinse i due rimorchiatori a ridossarsi nell'ancoraggio di Marsa el Auegia, piccola insenatura nel Golfo della Sirte. Qui sostarono alcuni giorni, ma la situazione non migliorò ed alle tre del pomeriggio del 10 febbraio 1941, quando le truppe italiane dovettero evacuare anche Marsa el Auegia, l'Egadi, non potendo proseguire nella navigazione a rimorchio, dovette essere autoaffondato.
Non ebbe miglior sorte il IV Novembre, che tentò di proseguire da solo ma subì a causa del fortunale avarie di tale entità da doversi a sua volta autoaffondare, il giorno seguente, al largo di Buerat el Hsun.
Non vi furono perdite tra l'equipaggio dell'Egadi.
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