Piroscafo
da carico di 4582,57 tsl, 2802,84 tsn e 7400 tpl, lungo 115,83-120,53
metri, largo 15,26 e pescante 7,43-8,81, con velocità di 9,5 nodi.
Di proprietà dell’armatore Giuseppe Gavarone di Genova ed iscritto
con matricola 1166 al Compartimento Marittimo di Genova; nominativo
di chiamata ICMO.
Aveva
sei stive della capacità complessiva di 11.005 metri cubi. Vari siti
stranieri, parlando del suo affondamento, lo descrivono erroneamente
come una nave cisterna.
Breve
e parziale cronologia.
23
giugno 1910
Varato
come Bampton
(numero di costruzione 610) nei cantieri Richardson, Duck &
Company Ltd. di Thornaby
(Stockton-on-Tees).
Luglio
1910
Completato
come Bampton
per la Tatem Steam Navigation Company Ltd. (in gestione a W. J. Tatem
& Co.) di Cardiff. Stazza lorda 4496 tsl, netta 2799 tsn; porto
di registrazione Cardiff.
1915
Durante
la prima guerra mondiale, il Bampton
viene armato ed impiegato come carboniera per il rifornimento delle
unità della Royal Navy (tra le altre, l’incrociatore protetto
Vindictive,
l'incrociatore leggero australiano Sydney
e gli incrociatori ausiliari Celtic
e Macedonia,
tra il gennaio e l'aprile 1915) alle Abrolhos. Partecipa anche ad
alcune esercitazioni e crociere nelle acque delle Abrolhos con le
navi da guerra britanniche ivi stanziate, tra cui il Vindictive,
e compiendo viaggi tra le Abrolhos e Rio de Janeiro.
7
gennaio 1917
Attaccato
ed inseguito da un U-Boot tedesco al largo del Portogallo, riesce a
seminarlo.
1917
Trasferito
alla Atlantic Shipping & Trading Co. Ltd. di Cardiff; sempre in
gestione a W. J. Tatem & Co.
1919
Acquistato
dalla Mediterranean Cargo Steamers Ltd. di Londra (in gestione a W.
J. Foster Ltd.) senza cambiare nome.
1922
Acquistato
dal Lloyd Mediterraneo di Genova e ribattezzato Valrossa
(il Lloyd Mediterraneo è noto internazionalmente anche come “Val
Line”, perché tutte le sue navi portano nomi che iniziano per
“Val”). Stazza lorda 4811 tsl, netta 2788 tsn, porto di
registrazione Genova, nominativo di chiamata PKVR.
(Per
altra fonte, nel 1922 sarebbe stato acquistato dalla Società Anonima
Ilva e dato in gestione al Lloyd Mediterraneo, che l'avrebbe poi
acquistato nel 1923. Il cambio di nome in Valrossa,
a seconda della versione, sarebbe avvenuto subito oppure solo dopo
l’acquisto da parte del Lloyd Mediterraneo nel 1923).
13
aprile 1925
Mentre
il Valrossa
si trova in navigazione sul fiume Delaware, scoppia nelle stive 2 e 3
un violento incendio, che si estende ai carbonili e distrugge la
plancia. Da Filadelfia vengono inviati battelli antincendio, ma le
fiamme raggiungono un’estensione tale da costringere l'equipaggio
ad abbandonare la nave, trasbordando su un rimorchiatore; il Valrossa
viene poi portato ad incagliare a Liston Point (Delaware), 45 miglia
a valle di Filadelfia.
Nonostante
i gravi danni causati dalle fiamme, la nave verrà successivamente
riparata.
Il
Valrossa dopo l’incendio del 1925 (Fox News outtake A6435,
copyright University of South Carolina)
1934
Il
nominativo di chiamata diventa ICMO.
Gennaio
1935
In
navigazione nell'Atlantico settentrionale, tra Bermuda e le
Azzorre, il Valrossa
incontra una tempesta di eccezionale violenza, che raggiunge nel
primo pomeriggio del 22 gennaio (verso l’una, in posizione 34° N e
44° O) il suo apice a forza 12.
1935
Acquistato
da Giuseppe Gavarone di Genova e ribattezzato Ninuccia.
10
giugno 1940
L'Italia
entra nella seconda guerra mondiale. Il Ninuccia
non verrà mai requisito dalla Regia Marina, né iscritto nel ruolo
del naviglio ausiliario dello Stato.
30
novembre 1940
Il
Ninuccia compie
un viaggio a Brindisi, in convoglio con i piroscafi Albano
e Veloce e
la scorta dell’incrociatore ausiliario Città
di
Tunisi.
Le condizioni meteomarine sono pessime; alle 6.13 il Veloce,
ultima nave del convoglio, viene investito da un’esplosione
subacquea e lancia un SOS, venendo poi abbandonato dall’equipaggio
a poche miglia da Capo Otranto. Non è chiaro se l’esplosione sia
stata causata da una mina (vi sono talvolta mine alla deriva nel
Canale d’Otranto) oppure da un siluro (nessuna unità britannica
riferirà di attacchi in posizione e data compatibili col
danneggiamento del Veloce,
ma proprio in quei giorni scompare senza lasciare tracce, proprio in
questa zona, il sommergibile britannico Regulus:
potrebbe essere stata tale unità a silurare il Veloce).
Mentre
Ninuccia ed
Albano
proseguono verso Brindisi, il Città
di
Tunisi prende
il Veloce a
rimorchio; spezzatosi il cavo, il piroscafo andrà ad incagliarsi in
costa, ma potrà in seguito essere disincagliato e riparato.
2
giugno 1941
Il
Ninuccia
lascia Palermo per Tripoli alle 19.30, in convoglio con i piroscafi
Liv
e Pertusola
e con la scorta delle torpediniere Circe
(caposcorta) e Perseo.
5
giugno 1941
Il
convoglio arriva a Tripoli alle 16.15.
16
agosto 1941
Il
Ninuccia
lascia Tripoli alle 20.20 per fare ritorno in Italia, in convoglio
con i piroscafi Ernesto, Aquitania, Nirvo
e Castelverde
e con la nave cisterna Poza
Rica;
costituiscono la scorta i
cacciatorpediniere Folgore (caposcorta), Fulmine, Strale e Lanzerotto
Malocello
e la torpediniera Orsa.
Durante
il viaggio vengono avvistati aerei nemici ed anche sommergibili, cui
viene data limitata caccia (per non allontanare per troppo tempo le
navi della scorta), ma non si verificano eventi di rilievo.
20
agosto 1941
Il
convoglio giunge a Napoli alle
3.30.
L'affondamento
Il
28 gennaio 1942 il Ninuccia,
al comando del capitano di lungo corso Giovanni Olivari (47 anni, da
Recco), era in navigazione da Spalato (da dove era precedentemente
giunto da Trapani) a Fiume con un carico di sale, quando venne
attaccato dal sommergibile britannico Thorn
tra scoglio Mulo e l'isola di Smocvizza Grande, tra Sebenico e
Spalato.
Il
Thorn,
al comando del capitano di corvetta Robert Galliano Norfolk, era
partito da Alessandria d'Egitto per una missione in Adriatico
undici giorni prima; attraversato il Canale d'Otranto il 22
gennaio, tre giorni dopo aveva tentato di sbarcare alcuni agenti
jugoslavi a Petrovac, sulla costa dalmata, ma aveva dovuto rinunciare
a causa del maltempo, mentre il 27 era riuscito a sbarcarne due a
Meleda.
Alle
10.30 del 28 gennaio il Thorn
avvistò il Ninuccia
su rilevamento 120°, da circa 11 km di distanza; stimata la sua
stazza in 4000 tsl ed avvicinatosi in immersione, alle 11.21 lanciò
tre siluri contro il piroscafo italiano da soli 730 metri, ma
nonostante la ridotta distanza nessuna delle armi andò a segno (da
bordo del Ninuccia
vennero viste le scie di due siluri, che il Thorn
sentì poi esplodere contro la costa). Norfolk decise quindi di
passare al cannone, ed alle 11.29 il sommergibile emerse ed aprì il
fuoco con il cannone da 101 mm, da circa 550 metri di distanza.
Il
primo colpo mise fuori uso il timone del piroscafo, che tentò di
fuggire verso la costa mentre il sommergibile continuava
impietosamente a martellarlo; le cannonate scatenarono un incendio
nelle sovrastrutture ed uccisero sette uomini dell’equipaggio: due
ufficiali, il radiotelegrafista, tre fuochisti ed un garzone di
cucina. Alle 11.37 il Thorn
– che fino a quel momento aveva sparato trenta colpi di cannone,
ritenendo di averli messi tutti a segno – lanciò un altro siluro
contro il Ninuccia,
che stava ancora arrancando verso la costa a bassa velocità, ma
l’arma si rivelò difettosa, deviando dalla rotta e mancando così
il bersaglio (per una fonte avrebbe avuto corsa circolare). Nel
frattempo il sommergibile aveva continuato a sparare contro il
piroscafo; interruppe il tiro soltanto alle 11.46, quando una
batteria costiera, accortasi di quanto stava accadendo, aprì il
fuoco e lo inquadrò con il suo tiro. Immersosi rapidamente (in
totale aveva sparato 71 colpi di cannone, mettendone a segno la
maggior parte: il Ninuccia
era immobilizzato ed appariva “in
fiamme e crivellato di buchi a centro nave”,
ma non accennava ad affondare), il Thorn
si portò in posizione favorevole per un nuovo attacco con il siluro
ed alle 11.55 ne lanciò uno da 460 metri di distanza. Questa volta
l'arma andò a segno, colpendo il Ninuccia
in prossimità del fumaiolo; il piroscafo sbandò sulla dritta ed
alle 12.02 affondò di poppa in posizione 43°30' N e 15°55' E, ad
un miglio da Punta Planka (al largo di Rogosnizza, a sud di Sebenico
e ad ovest di Spalato) ed a 915 metri per 090° dal faro
dell’isolotto di Mulo.
Dei
27 uomini che componevano l'equipaggio del Ninuccia,
venti, tra cui il comandante Olivari, vennero soccorsi da unità
accorse sul posto o raggiunsero la costa con le lance; tuttavia uno
di essi, il marinaio Ignazio Mazzeo, morì durante il tragitto
Rogosnizza-Sebenico. Non avendo ferite né segni di annegamento, la
morte venne attribuita all'assideramento; il suo corpo, portato
all'ospedale civile di Sebenico, venne sepolto nel cimitero di
quella città.
I
corpi delle altre sette vittime, uccise dal tiro del Thorn
ed affondate con la nave, non vennero mai ritrovati.
Morirono sul Ninuccia:
Angelo Capodanno, fuochista, 31 anni,
da Napoli
Ferrante Conti, radiotelegrafista, 25
anni, da Pieve di Cento
Sesto Leoni, secondo ufficiale, 32
anni, da Rio Marina
Orazio Lizzio, primo ufficiale, 28
anni, da Catania
Silvio Lorica, fuochista, 33 anni, da
Napoli
Ignazio Mazzeo, marinaio, 35 anni, da
Trapani
Giovanni Battista Piro, garzone di
cucina, 26 anni, da Casamicciola
Vincenzo Vitiello, fuochista, 51 anni,
da Torre del Greco
Verbale
di scomparizione in mare dei marittimi del Ninuccia (g.c.
Michele Strazzeri)
Pochi
minuti dopo l'affondamento del piroscafo, alle 12.05, il Thorn
andò a sbattere contro il fondale ad est dell'isolotto di Mulo, a
circa 24 metri di profondità; l'urto mise fuori uso i tre tubi
lanciasiluri prodieri di dritta, ma ciò non gli impedì di
proseguire la sua missione affondando, due giorni dopo, il
sommergibile Medusa al largo di Pola. Sarebbe rientrato ad
Alessandria l'11 febbraio.
Il
relitto del Ninuccia,
meta di immersioni, giace adagiato sul fianco di dritta ad una
profondità compresa tra gli 84 e i 96 metri. Intatto ed in buone
condizioni, è orientato in direzione sudest-nordovest; la corrente è
modesta od assente, ma data la profondità l’immersione è
riservata a subacquei esperti.
Alcune
immagini del relitto del Ninuccia (g.c. Borko
Pusic/www.pongo.hr)
L'affondamento
del Ninuccia
nel giornale di bordo del Thorn
(da Uboat.net):
"1030
hours - Sighted a merchant vessel bearing 120°, range 12000 yards.
Started attack.
1121
hours - Fired three torpedoes from 800 yards. All missed. Two
torpedoes were heard to explode on the shore.
1129
hours - Surfaced and engaged the target with the 4" gun from 600
yards. The first round appeared to have disabled the ships steering
gear.
1137
hours - 30 Rounds had now been fired. All were hits. The enemy was
slowly proceeding towards the shore. Another torpedo was fired but
was seen to run off track and it missed. Meanwhile the gun action had
continued.
1146
hours - Thorn
was now taken under fire from a shore battery and dived after firing
71 rounds at the target. Most of these had hit. The target was
riddled with holes amidships and on fire. She showed no signs of
sinking.
1155
hours - Fired one torpedo from 500 yards. It hit near the funnel.
1202
hours - The enemy was seen to sink by the stern with a list to
Starboard in position 090°, Mulo Island lighthouse, 1000 yards.
1205
hrs - Thorn
grounded accidentally east of Mulo island but managed to free
herself."
Il Ninuccia
su Wrecksite
Il Bampton
su Tees Built Ships
Il Ninuccia
sul Lloyd’s Register of Shipping del 1941
L'HMS Thorn
su Uboat.net
British and Allied Submarine Operations in World War II – CHAPTER
XIV – The Axis Counter Attack: The Bombing of Malta and the Loss of
Medway
La Tatem Shipping su Shipsnostalgia
Filmato del relitto del Ninuccia
Il
relitto del Ninuccia
Notizia sul “Casper Daily Tribune” del 13 aprile 1925
Massive fire on Delaware River
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