Cacciasommergibili
(Vedetta Anti Sommergibili, VAS) classe Baglietto 68 t, seconda serie.
Il progetto delle VAS
era derivato da quello delle motosiluranti tipo "CRDA da 60 tonnellate",
a sua volta derivato da quello delle motosiluranti jugoslave della classe Orjen
(catturate dalle truppe italiane nell’aprile 1941 in seguito all’invasione
della Jugoslavia), costruite in Germania nel 1936-1939 e basate sul progetto
della classe S 2, la prima classe di Schnellboote. Le forme di carena delle
S-Boot (scafo composito tondeggiante, ponte continuo con un piccolo
alloggiamento per la plancia), e delle loro “copie” jugoslave, consentivano di
mantenere velocità elevate anche in condizioni di mare non ottimali, risolvendo
così un problema che da anni affliggeva i progettisti della Regia Marina, i cui
MAS, in grado di raggiungere velocità elevatissime, manifestavano però seri
problemi di tenuta del mare quando questo era mosso od agitato. Rilevati i
piani di costruzione delle Orjen, la Regia Marina incaricò i CRDA di Monfalcone
di sviluppare una classe di motosiluranti di caratteristiche analoghe, ed i
cantieri Baglietto di Varazze di realizzare sullo stesso scafo un’unità per il
pattugliamento antisommergibili e la scorta costiera. Rispetto alle
motosiluranti, le VAS avevano minor velocità (non necessaria, del resto, per il
loro compito), ma un miglior armamento antisommergibili.
Erano note anche come
"VAS Baglietto", dal nome del cantiere – già tra i principali
costruttori di MAS – che le progettò e che realizzò le prime unità di ciascuna
serie.
Le VAS furono
costruite in tre serie: una prima serie di trenta unità, una seconda di diciotto
ed una terza di dodici. Le prime due serie differivano tra loro solo per
l’apparato motore, mente la terza era sensibilmente più grande, con un
dislocamento a pieno carico di 90 tonnellate.
La VAS 231 era l’unità caposerie della
seconda serie, sostanzialmente identica alla prima se non per i motori, che
erano un motore principale Isotta Fraschini da 1150 HP (che azionava l’asse
centrale) e due motori ausiliari Carrato da 300 HP ciascuno (che azionavano i
due assi laterali e dotati di riduttori invertitori ad ingranaggi, impiegati
anche per la marcia indietro), tutti a benzina (sulle unità della prima serie
c’erano invece due motori principali FIAT da 750 CV ciascuno, che azionavano le
due eliche laterali, ed un motore centrale Carraro da 300 CV, impiegato per
l’avvicinamento silenzioso e provvisto di riduttore invertitore ad ingranaggi,
usato anche per la marcia indietro). Il motore Isotta Fraschini da solo
raggiungeva una velocità massima di 16 nodi, mentre i due Carraro, insieme,
permettevano una velocità massima di 14 nodi; la velocità massima utilizzando
tutti e tre i motori è variamente indicata da 19 a 21,5 nodi. Con una riserva
di 11,5 tonnellate di benzina, l’autonomia era di 1100 miglia nautiche a dodici
nodi e 440 a venti nodi. Questa sistemazione dell’apparato motore diede
risultati più soddisfacenti rispetto a quella della prima serie, e più in
generale le VAS della seconda serie vennero giudicate più riuscite di quelle
della prima.
Lunghe 28 metri fuori
tutto (leggermente di più rispetto alle unità della prima serie), larghe 4,3-4,7
e pescanti 1,33 metri, le VAS della seconda serie avevano un dislocamento di
68,5-69,1 tonnellate a pieno carico ed erano armate con due mitragliere singole
Breda 1940 da 20/65 mm (altra fonte parla di una mitragliera binata dello
stesso calibro), due mitragliatrici binate da 8/80 mm (sistemate a prua ed a
centro nave; altra fonte parla di due armi singole da 6,5 mm), due lanciasiluri
ad impulso laterale con altrettanti siluri da 450 mm (da lanciare contro il
sommergibile qualora fosse emerso; erano ubicati in coperta a prua), due tramogge
antisom con trenta bombe di profondità ed una torpedine da rimorchio con
relativa gruetta installata a poppa estrema; erano dotate di idrofono ed
avevano un equipaggio di 26 uomini, tra cui un ufficiale.
Le diciotto VAS della
seconda serie furono costruite in cinque cantieri diversi: le VAS da 231 a 236 nei cantieri Baglietto di Varazze, le VAS 237 e 238 dai
cantieri Costaguta di Voltri (altra fonte parla dei cantieri Picchiotti di
Limite sull’Arno), le VAS da 239 a 242 dalla Navalmeccanica di
Castellammare di Stabia, le VAS da 243
a 245 dai cantieri Soriente di Salerno,
e le VAS da 246 a 248 dai cantieri Celli di Venezia.
Breve e parziale cronologia.
1942
Costruita dai
cantieri Baglietto di Varazze.
Inizio 1943
Insieme alle cinque
gemelle costruite a Varazze (VAS da 232
a 236), la VAS 231 viene modificata
per l’impiego come dragamine veloce costiero: vengono sbarcate le bombe di
profondità, l’idrofono ed i siluri, al cui posto viene imbarcata l’attrezzatura
per il dragaggio meccanico.
12 marzo 1943
Nel pomeriggio la VAS 231 e la gemella VAS 232 si uniscono alla scorta del
convoglio «D», in navigazione da Napoli a Tunisi (Biserta per la Sterope) e formato dai piroscafi
tedeschi Esterel e Caraibe e dalla cisterna militare
italiana Sterope, scortati dalle
torpediniere Sirio (capitano di
corvetta Antonio Cuzzaniti; a bordo anche il caposcorta, capitano di vascello
Corrado Tagliamonte), Orione (capitano di corvetta Luigi
Colavolpe), Pegaso (capitano di
corvetta Mario De Petris), Cigno (capitano
di corvetta Carlo Maccaferri), Libra
(capitano di corvetta Gustavo Lovatelli) e Generale
Antonino Cascino (tenente
di vascello di complemento Gustavo Galliano) e dalle corvette Persefone (capitano di corvetta
Oreste Tazzari) e Cicogna (tenente
di vascello Augusto Migliorini).
Già dal 10 marzo,
tuttavia, i comandi britannici – attraverso le decrittazioni di “ULTRA” – sanno
che la nave cisterna Sterope e
la motonave Nicolò Tommaseo devono
arrivare a Messina alle 20 del 9, provenienti da Brindisi, per poi unirsi ad Esterel e Caraibe e Manzoni, provenienti
da Napoli e diretti a Messina o Trapani, e fare rotta insieme verso Tunisi e
Biserta, dove giungere nel pomeriggio dell’11. Il 12 marzo “ULTRA” ha poi
appreso del rinvio di 48 ore di tale programma, con l’arrivo a Messina di Sterope e Tommaseo alle 14 dell’11 anziché la sera del 9; i comandi
britannici deducono correttamente che la prevista riunione in mare avverrà
nella giornata del 12, e pertanto inviano numerosi aerei a cercare il
convoglio.
Lo trovano alle
20.40: tra quell’ora e le 21.20 il convoglio viene continuamente sorvolato da
aerosiluranti, bersagliati più volte dal tiro di tutte le navi. (Per altra
fonte, il convoglio sarebbe stato individuato alle 20 da un ricognitore che
l’avrebbe illuminato con il proiettore di ricerca «Leigh Light»). Uno di essi,
un Bristol Beaufort del 39th Squadron pilotato dal tenente
Arnold M. Feast, verrà abbattuto da Orione
e Persefone alle 22.15, dopo aver a
lungo sorvolato il convoglio; la Persefone recupererà
tre superstiti.
Alle 21.25 (o 21.35),
dodici miglia ad ovest di Capo Gallo, la Sterope viene colpita a prora sinistra da un siluro, sganciato
da un altro Beaufort del 39th Squadron R.A.F. (pilotato dal
capitano Stanley Muller-Rowland). Per ordine del caposcorta Tagliamonte, Pegaso e Cascino sono distaccate per assistere la petroliera
danneggiata, mentre il resto del convoglio prosegue.
Altri quattro
Beaufort attaccano le navi italiane, senza ottenere ulteriori centri; due di
essi sono colpiti, uno dei quali (sergente William A. Blackmore) viene
abbattuto senza superstiti e l’altro (sergente J. T. Garland) viene gravemente
danneggiato ma riesce a tornare a Luqa (Malta).
Alle 22.19 (o 22.10)
il convoglio viene nuovamente attaccato, stavolta dal sommergibile
britannico Thunderbolt (capitano
di corvetta Cecil Bernard Crouch), che silura e danneggia l’Esterel sei miglia ad est di Capo
San Vito siculo (Sicilia nordoccidentale; per altra fonte, due miglia a nord di
tale Capo).
Il Thunderbolt è partito da
Malta il precedente 9 marzo per la sua quindicesima missione di guerra, la
sesta in Mediterraneo, con l’ordine di pattugliare le acque ad ovest di
Marettimo e la costa nordoccidentale della Sicilia e poi raggiungere Algeri al
termine della missione; non si è mai avuta una formale conferma che sia stato
questo battello a silurare l’Esterel,
non essendo il Thunderbolt mai
rientrato dalla sua missione (come si vedrà più sotto), ma non avendo alcun
altro sommergibile britannico rivendicato un attacco in circostanze compatibili
con questo siluramento, è pressoché certo che sia stata proprio opera del Thunderbolt.
Dopo l’attacco, VAS 231 e VAS 232 danno assistenza all’Esterel per qualche minuto, per poi
allontanarsi. (Per altra fonte, le due VAS avrebbero raggiunto il convoglio
solo dopo il siluramento dell’Esterel,
essendosi forse dirette sul luogo dopo aver avvistato l’esplosione del siluro,
e separandosene di nuovo dopo pochi minuti). Su ordine della Sirio, la Persefone e l’Orione danno
assistenza all’Esterel; il piroscafo
danneggiato viene anch’esso preso a rimorchio (prima dall’Orione e successivamente da due rimorchiatori inviati da
Trapani, mentre la Persefone assicura
la scorta) e portato a Trapani, dove giungerà l’indomani alle 14.20 (ma non
sarà mai riparato). Inoltre, la Sirio
distacca la Libra per dare la
caccia al sommergibile, ed essa riesce a localizzare il battello nemico con
l’ecogoniometro alle 23.42, in posizione 38°17' N e 12°57' E (una dozzina di
miglia a nordest di Capo San Vito siculo; il sommergibile si sta muovendo a tre
nodi), mantenendo poi un buon contatto per due ore – agevolata dalla scia
fosforescente che il sommergibile si lascia alle spalle – e bombardandolo con
sette scariche di bombe di profondità tra le 23.47 e l’1.38 del 15. Dopo
l’ultima scarica, l’equipaggio della Libra vede
emergere una colonna d’acqua e fumo nero e sente un forte odore di nafta (per
altra fonte, sarebbe stato avvistato nell’oscurità qualcosa che galleggiava in
superficie, oppure dei rottami), il che induce il suo comandante a ritenere di
avere affondato il sommergibile.
Nel frattempo, il
convoglio viene infruttuosamente attaccato da aerei, uno dei quali viene
abbattuto; l’equipaggio è recuperato dalla Persefone.
Alle 22.55 anche la Cicogna e
viene distaccata per dare la caccia a quello che si ritiene essere un altro
sommergibile da essa localizzato: in realtà è sempre il Thunderbolt, che è stato danneggiato
dalla Libra e verrà affondato proprio
dalla Cicogna il giorno
seguente.
In seguito
dell’avvistamento, da parte di un ricognitore della Luftwaffe alle 20.18 del
12, di quattro cacciatorpediniere britannici al largo di Bona, con rotta
nordest ed elevata velocità, il convoglio – ormai ridotto ai soli Caraibe, Sirio e Cigno –
riceve ordine di interrompere la traversata e riparare a Trapani.
13 marzo 1943
All’una di notte Sirio, Cigno e Caraibe entrano a
Trapani, dove nelle ore successive confluiscono anche Libra, Cascino e Pegaso, una volta completati i
rispettivi compiti.
Alle 22.45 Caraibe e scorta, ora costituita da Sirio (caposcorta), Cigno, Libra, Orione, Cascino, Pegaso, VAS 231 e VAS 232, ripartono da Trapani per
unirsi, 70 miglia a sudovest della città e dieci miglia ad est del banco di
Skerki, ad un altro convoglio formato dalle motonavi Manzoni e Mario
Roselli, provenienti da Olbia e dirette a Biserta.
Le due VAS precedono
il convoglio per effettuare dragaggio nei fondali di profondità inferiore ai
300 metri.
14 marzo 1943
A partire dall’1.34 aerei avversari iniziano a sorvolare il convoglio, e
tra le 2.42 e le 2.44 questi lanciano tre siluri: la Pegaso abbatte un aerosilurante, ma alle 2.44 il Caraibe viene colpito da un siluro,
il terzo lanciato. Subito incendiato, il piroscafo – carico di munizioni –
viene scosso da una serie di esplosioni ed affonda alle 4.35; le unità della
scorta subiscono insistenti attacchi di bombardieri ed aerosiluranti fino alle
quattro del mattino, ma non subiscono danni. Cascino e Pegaso recuperano
63 sopravvissuti del Caraibe (su
un centinaio di uomini presenti a bordo) e dirigono per Trapani.
Le altre torpediniere ed i due VAS (sempre con funzione di dragaggio)
raggiungono alle 8.15, una settantina di miglia a sudovest di Trapani, il
convoglio formato da Manzoni e Roselli scortate da Sagittario (capitano di corvetta Vittorio Barich) e Clio (capitano di corvetta Carlo
Brambilla), col quale giungono a Biserta tra le 16.40 e le 17, precedute
nell’ultimo tratto della navigazione da tre dragamine usciti da Biserta per
dragare la rotta del convoglio (per altra versione, anche la Pegaso si sarebbe riunita alla
scorta delle due motonavi nell’ultimo tratto di navigazione); Libra ed Orione, prima di entrare a Biserta, ricevono ordine di recarsi a
Tunisi.
21 marzo 1943
VAS 231 e VAS 232, insieme alle
corvette Antilope e Cicogna, partono da Trapani alle sette
del mattino per scortare a Susa il piroscafo Foggia.
A causa del mare
burrascoso, tuttavia, nel pomeriggio il convoglietto deve interrompere la
traversata e rifugiarsi a Pantelleria, dove arriva alle 18.45.
22 marzo 1943
Alle cinque del
mattino il convoglietto riparte alla volta di Susa, dove giunge alle quattro
del pomeriggio.
Epilogo in Tunisia
La breve vita della VAS 231, comandata dal sottotenente di
vascello Biordo Biondi, terminò la sera del 7 maggio 1943, mentre l’estrema
resistenza delle truppe italo-tedesche in Africa andava spegnendosi.
Alla fonda
nell’ancoraggio di Sidi Bou Said, nel Golfo di Tunisi, insieme alla
motosilurante MS 22 (tenente di
vascello Franco Mezzadra), il piccolo cacciasommergibili venne attaccato da
aerei angloamericani, ormai padroni incontrastati dei cieli tunisini; sia la
VAS che la motosilurante si difesero accanitamente con le mitragliere, abbattendo
due degli attaccanti, ma sotto il pesante mitragliamento dei velivoli avversari
le due minuscole unità furono entrambe incendiate e dovettero essere portate sui
bassifondali, dove i loro due relitti crivellati vennero abbandonati. Quasi
tutti i componenti degli equipaggi rimasero uccisi, compresi entrambi i
comandanti; i pochi superstiti raggiunsero la riva a nuoto.
Morti sulla VAS 231:
Giacomo Ansaldo, marinaio motorista, da Triora
Pietro Asaro, marinaio nocchiere, da Mazara
del Vallo
Filippo Bellanca, secondo capo furiere, da
Porto Empedocle
Biordo Biondi, sottotenente di vascello, da
Ancona
Giuseppe Bonino, sottocapo radiotelegrafista,
da Villanova d’Asti
Renzo Bracci, marinaio, da Pisa
Anselmo Bugnoli, marinaio, da Mesola
Enrico Casati, secondo capo militarizzato, da
Milano
Domenico Cau, sergente torpediniere, da
Bonorva
Enrico Cerasa, marinaio, da Monterotondo
Matteo D’Altilia, sottocapo nocchiere, da Rodi
Garganico
Roberto Di Gregorio, marinaio motorista, da
Palermo
Salvatore Gianni, sottocapo cannoniere, da
Pozzallo
Michele Lisco, marinaio, da Bari
Luigi Manoni, marinaio, da Serra de’ Conti
Luigi Pelucco, sottocapo meccanico, da
Bovolone
Antonino Romano, marinaio cannoniere, da
Vittoria
Ascanio Rossi, marinaio, da Firenze
Agostino Sandolo, sergente nocchiere, da Ponza
Nereo Soranzo, sottocapo motorista, da San
Giorgio delle Pertiche
Walter Vangoni, tenente del Genio Navale, da
Sansepolcro
Luigi Viotti, capo meccanico di terza classe,
da Carezzano
Quello stesso giorno
cadevano Tunisi e Biserta, due giorni dopo si arrendeva la 5a Armata
Corazzata tedesca, e dopo altri quattro giorni la resa della 1a
Armata italiana segnava la definitiva conclusione delle ostilità in terra
africana.
Nessun commento:
Posta un commento