Il San Salvatore a Ponza in una foto del 17 agosto 1927 (foto Biagio D’Arco, via Archivio Giovanni Pacifico e www.frammentidiponza.blogspot.com) |
Il San Salvatore, già Maria Assunta, era un motoveliero da carico di 92,24 tsl, costruito
a Torre del Greco nel 1924 per la famiglia ponzese dei Sandolo, che lo
impiegava nel trasporto di aragoste vive: tratta nella quale i Sandolo erano
tra i principali commercianti in Italia e nel Mediterraneo (lo stesso Gennaro
Sandolo, trasferitosi a Marsiglia, era riuscito a conquistare una fetta non
indifferente dell’importante mercato dei crostacei di quella città). Dotato di
motore ausiliario, era provvisto di stive con speciali aperture per il ricambio
dell’acqua. Nel 1940 era di proprietà dell’armatore Gennaro Sandolo di Gaeta (o
Ponza), che l’aveva iscritto con matricola 362 al Compartimento Marittimo di
Gaeta; il comandante era invece il fratello Raffaele Sandolo (prima di lui, lo
avevano comandato Giuseppe Sandolo e Salvatore Sandolo). Dato degno di nota, il
volume "Navi mercantili perdute" dell’Ufficio Storico della Marina
Militare ne indica il nome come S.
Salvatore, invece che con la versione estesa come invece con altre navi;
detto volume lo descrive come una goletta, sebbene dalle immagini disponibili
sembrerebbe piuttosto che si trattasse di un brigantino goletta.
Paolo Iannuccelli narra
qualche aneddoto relativo a questa piccola nave sul sito “Ponza Racconta”:
"Durante un mese di febbraio, non
proprio clemente sulle condizioni meteomarine, il San Salvatore partì verso la
Sardegna, dopo aver caricato i gozzi dei pescatori si alzarono le vele.
Sessanta miglia fuori Ponza affrontarono una terribile tempesta con venti di
scirocco e mezzogiorno e persero il controllo del bastimento. Per giorni non si
ebbero notizie del San Salvatore, a quel tempo non esistevano baracchini. Chi
arrivava in un posto spediva immediatamente un telegramma alla famiglia,
rassicurando tutti. Fortunatamente il vento spinse l’imbarcazione verso Santo
Stefano dove finalmente si rifocillano riuscendo a tranquillizzare i familiari
in ansia. In altra occasione si persero le tracce del San Salvatore e di un
altro peschereccio. Le mogli dei pescatori si recarono da un sensitivo
residente a Santa Maria che si mise sotto una coperta entrando in trance.
Le donne udirono spaventosi lamenti e da sotto la coperta il veggente assicurò
che le due imbarcazioni sarebbero ritornate a Ponza il giorno seguente. Non
sbagliò, indovinò persino l’orario. Anche in Grecia i marinai imbarcati sul San
Salvatore si fecero notare incontrando un greco molto loquace che indicò loro
uno scoglio ove pescare le aragoste. Ne presero davvero tante dopo aver
posizionato le nasse. Il capitano Raffaele Sandolo si recò su un isolotto
vicino e riempì un sacco pieno di uccelli. Fatto ritorno sul gozzo, i ponzesi
ritirano le nasse con aragoste a volontà. Non c’erano più esche, aprirono il
sacco di uccelli e li misero nelle nasse. Il sistema funzionò, quando
ritirarono le nasse si vedevano prima le penne degli uccelli, poi le aragoste".
E ancora: "In un anno imprecisato,
certamente prima della guerra, un noleggiatore di Catania, in prossimità di
Natale, ordinò ai fratelli Sandolo un
carico di capitoni dalla Grecia da far pervenire sui mercati italiani in
prossimità delle feste natalizie. Fatto il carico sul burchiello “Maria Assunta”, il capitano mise la
prua verso le coste dell’Italia. Il motoveliero era comandato da Gennarino
Sandolo, affiancato da suo fratello Raffaele; nostromo Biagio Rivieccio e tre
marinai d’equipaggio. Giunti nel Salento, a ridosso delle coste del Leccese, il
vento da Maestrale rinforzò spingendoli verso sud e costringendoli a riparare a
ridosso di Malta; ma la tempesta fu tale che li sballottò per sette giorni e
per sette notti lungo il Mediterraneo, senza lasciargli tregua, tanto che
furono più volte sul punto di naufragare. Le vele venivano strappate dal vento
e sottocoperta era un continuo rattoppare tele. Invocarono atterriti la Madonna
della Salvazione S. Silverio. Poi Raffaele impose al fratello, che
s’intestardiva a puntare verso nord, di assecondare il vento e di appoggiare
sulle coste dell’Africa. Giunsero così nel porto di Alessandria d’Egitto. Qui
gli inglesi li guardarono con sospetto scambiandoli per spie e quel burchiello
con la stiva tutta sforacchiata e piena di capitoni gli sembrava una nave
pirata sbucata dalla tormenta infernale. Non erano pirati: erano i temerari marinai
ponzesi, al comando dei fratelli Sandolo di Le Forna, leggendari capitani
coraggiosi. A Ponza intanto li aspettavano… e aspettavano invano! Erano attesi
per festeggiare in famiglia il Capodanno. Il vecchio padre li attendeva con
ansia da una settimana, ma di loro nessuna notizia; le comunicazioni a quel
tempo erano quasi inesistenti. Si cominciò a pensare al peggio e nella famiglia
si diffuse la paura e lo sgomento. Il vecchio Salvatore telegrafò a Catania al
noleggiatore per chiedergli spiegazioni. Ma lui stesso non era in grado di
darle, e per saperne di più non gli restò che recarsi in un convento di monaci
sulla cima di un monte per chiedere una divinazione. I monaci assecondarono la
sua richiesta e nel silenzio della notte sentirono il rumore di un motore; non
ebbero più dubbi e predissero l’arrivo del bastimento. Infatti l’indomani
il “Maria Assunta” entrò
nel porto e il noleggiatore poté finalmente telegrafare a Ponza: “Tutto bene”. Il vecchio
Salvatore pianse in cuor suo e festeggiò i figli ritrovati che di lì a poco
raggiunsero Ponza".
Come tanti altri
motovelieri, in seguito all’entrata dell’Italia nella seconda guerra mondiale
il San Salvatore venne requisito
dalla Regia Marina – alle ore 15 del 27 giugno 1940 – ed iscritto in pari data
nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato con sigla V 176, venendo destinato al servizio di vigilanza foranea; nel suo
caso, però, la requisizione durò appena un mese, in quanto già il 28 luglio
1940 venne derequisito e radiato dal ruolo del naviglio ausiliario dello Stato.
La sua
“smilitarizzazione” non lo salvò comunque dalle distruzioni della guerra. Alle
22.45 del 22 novembre 1941, mentre era in navigazione da Olbia a Civitavecchia
con un carico di formaggio, altri viveri e due asini, il San Salvatore venne attaccato dal sommergibile olandese O 21 in posizione 41°25’ N e 10°38’ E,
una sessantina di miglia ad est di Capo Ferro.
L’O 21, al comando del capitano di
corvetta Johannes Frans van Dulm, era partito da Gibilterra per la sua
quindicesima missione di guerra (la quarta in Mediterraneo) il 9 novembre, e
fino a quel momento non aveva avuto fortuna. Tra il 15 ed il 21 novembre,
pattugliando la rotta percorsa dai convogli tra Napoli e Capo Ferrato, aveva
condotto tre attacchi contro piccoli convogli o piroscafi isolati nel Tirreno,
ma i suoi siluri erano sempre andati a vuoto: fu proprio l’incontro con il San Salvatore a segnare la svolta nella
missione del sommergibile olandese.
Avvistata la piccola
nave italiana alle 22.34, su rilevamento 125°, il comandante Van Dulm la
identificò correttamente come una goletta, ma ne sovrastimò di parecchio le
dimensioni, che valutò in circa 500 tsl, più del quintuplo del reale. Alle
22.45 l’O 21 aprì il fuoco con il
cannone contro il San Salvatore; dopo
la prima salva, i sette uomini che componevano l’equipaggio del motoveliero
abbandonarono la nave su una piccola lancia rapidamente messa in mare. Dopo
aver incassato 47 colpi, il San Salvatore
affondò di prua alle 23.10, in posizione 41°20’ N e 10°33’ E (o 41°25’ N e 10°42’
E), un punto del Tirreno centrale in cui il mare è profondo oltre 1700 metri (fonti
italiane affermano invece che affondò nelle prime ore del 23 novembre).
L’intero equipaggio del
San Salvatore riuscì a mettersi in
salvo, raggiungendo stremato La Maddalena dopo aver remato per 40 miglia. I
naufraghi raccontarono che il sommergibile aveva aperto il fuoco contro la lancia
con il cannone (o le mitragliere), e che a salvarli era stata la nebbia
improvvisamente calata dopo che avevano invocato San Silverio, patrono di Ponza.
(Il che sembra però strano se si considerano i trascorsi di Van Dulm, che in
una precedente missione trasse in salvo 22 naufraghi del piroscafo italiano Isarco ed in questa fece lo stesso con i
superstiti del sommergibile tedesco U 95.
Forse l’O 21 stava tirando ancora
contro il San Salvatore, qualche
colpo finì vicino alla scialuppa ed i naufraghi credettero di essere loro il
bersaglio). Sempre Paolo Iannuccelli aggiunge un particolare più “leggero”: "la prima cassetta che [i naufraghi] trovarono fu subito oggetto di attenzioni:
cercavano dei viveri ma trovarono dei liquori".
L’O 21 continuò la sua caccia con alterne
fortune: il 23 novembre lanciò infruttuosamente due siluri contro un contatto
ottenuto all’idrofono, mentre il 24 affondò a cannonate un altro piccolo
motoveliero, il Nuovo Sant’Antonio,
senza superstiti tra l’equipaggio. Iniziata la navigazione di rientro a
Gibilterra, il 28 novembre ottenne il maggiore successo della missione quando
silurò e affondò il sommergibile tedesco U
95, recuperandone i dodici superstiti tra cui il comandante. Entrò
trionfalmente a Gibilterra qualche ora più tardi, concludendo così la sua
ultima missione di guerra in Mediterraneo: dopo un lungo periodo di lavori nel
Regno Unito, sarebbe stato infatti trasferito in Estremo Oriente nel 1942.
Il San Salvatore sopravvive oggi in un
affresco realizzato dal suo comandante, Raffaele Sandolo, nella chiesa di
Ponza.
L’affresco ritraente il San Salvatore nella chiesa di Ponza (da www.frammentidiponza.blogspot.com) |
L’affondamento del San Salvatore nel giornale di bordo
dell’O 21 (da Uboat.net):
"2134 hours -
Sighted ship bearing 125°. The ship proved to be a 2-mast schooner of about 500
tons.
2145 hours - Opened
fire with the deck gun. The crew abandoned ship with their small boat after the
first round.
2210 hours - The
schooner was seen to sink bow first after 47 rounds."
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