giovedì 13 gennaio 2022

Colomba Lofaro

Il Colomba Lofaro (da www.wrecksite.eu)
  
Piroscafo da carico di 896,75 tsl, 543,39 tsn e 1400 tpl, lungo 67,95 metri, largo 9,32 e pescante 3,98-4,8, con velocità di otto nodi. Aveva tre stive della capienza complessiva di 1030 metri cubi. Di proprietà dell’armatore Salvatore Lofaro di Torre del Greco (per altra fonte, del capitano Rosario Lofaro fu Pietro), iscritto con matricola 229 al Compartimento Marittimo di Napoli; nominativo di chiamata ILQM (o ILQN).
 
Breve e parziale cronologia.
 
8 marzo 1890
Varato come Oberon nel cantiere "Concordia" della Huijgens & van Gelder di Amsterdam.
22 maggio 1890
Durante le prove di collaudo svolte nel porto di Amsterdam, l’Oberon sperona una chiatta, spingendola fino a terra davanti alla banchina De Ruyterkade.

L’Oberon in porto (da www.marhisdata.nl)

31 maggio 1890
Completato per la Koninklijke Nederlandsche Stoomboot-Maatschappij N. V. (KNSM) di Amsterdam. Lunghezza originaria 64,28 metri, larghezza 9,33, pescaggio 4,75. Stazza lorda originaria 900 tsl, netta 534,38 tsn, portata lorda 1050 tpl, capienza delle stive 1557 metri cubi; nominativo di chiamata PNGD.
Suo primo comandante è il capitano Pieter van Dijk Blok.
1° giugno 1890
Completati i collaudi, l’Oberon salpa da IJmuiden per il viaggio inaugurale, diretto a San Pietroburgo.
Negli anni successivi navigherà lungo le rotte del Baltico e del Mediterraneo.
1891
Il comandante van Dijk Blok viene avvicendato dal capitano Jacob Adriaan Blaauboer, che nel corso dell’anno cede a sua volta il comando al capitano Hendrik Lodewijks Gz.
17 ottobre 1893
L’Oberon s’incaglia presso Saltholmen (Svezia) durante un viaggio da Amsterdam a San Pietroburgo.
Disincagliato l’indomani con l’aiuto del piroscafo per recuperi Svitzer e portato a Copenhagen, viene alleggerito di parte del carico e sottoposto ad ispezione dello scafo da parte di subacquei, per verificare che non abbia subito danni nell’incaglio. L’ispezione mostra infatti che non ci sono danni, pertanto il 20 ottobre l’Oberon re-imbarca il carico e prosegue il suo viaggio verso San Pietroburgo.
1895
È comandante dell’Oberon il capitano Matthijs Romunde, poi avvicendato dal capitano Cornelis Theodorus Poederbach che ne manterrà il comando fino al 1898.
5 ottobre 1896
Mentre l’Oberon sta trasbordando il suo carico (composto da gomma naturale, caffè, champagne, formaggio, corteccia di china) su una chiatta nel porto di San Pietroburgo, dov’è giunto da Amsterdam, la chiatta – sulla quale è stata trasbordata fino a quel momento circa metà del carico – viene speronata dal rimorchiatore Belisaari e dev’essere portata all’incaglio per evitarne l’affondamento; la merce trasbordata viene danneggiata dall’acqua imbarcata.
8 luglio 1897
L’Oberon salpa da Amsterdam in mattinata diretto a Stettino, ma poche ore dopo è costretto a tornare in porto a causa di una perdita da una tubatura del vapore.

1899
È comandante dell’Oberon il capitano H. Visser.
1900-1901
È comandante dell’Oberon il capitano Adrianus Regoort.
1902
Assume il comando dell’Oberon il capitano Matthijs Romunde, poi sostituito nel corso dell’anno dal capitano Cornelis Theodorus Poederbach, che lo mantiene fino al 1903.
Giugno 1904
Durante un viaggio da Kronstadt a Luleå, l’Oberon rimorchia a Turnsund (Stoccolma) il brigantino svedese Hanna.
Agosto 1904
Durante un viaggio da Agrigento a Lisbona, l’Oberon è costretto ad entrare ad Algeri a causa di un incendio scoppiato nelle stive.
1905
Assume il comando dell’Oberon il capitano Klaas Huges.
1906
È comandante dell’Oberon il capitano Gerrit Jan Jongman.
Novembre 1908
L’Oberon viene rimorchiato da Göteborg ad Amsterdam dal rimorchiatore Thames.

Un’altra immagine della nave quando si chiamava Oberon (g.c. Mauro Millefiorini, via www.naviearmatori.net)

15 maggio 1909
L’Oberon, partito da Smirne alle sette del mattino del 14 maggio e diretto ad Algeri con un carico di merci varie, s’incaglia presso l’isola di Chio, ma può essere disincagliato in giornata con l’aiuto dei mezzi disponibili sul posto, senza aver riportato danni.
Sull’accaduto verrà istituita un’inchiesta della commissione disciplinare della Marina mercantile olandese, che indagherà sull’operato del comandante dell’Oberon, capitano B. Bruins, 35 anni, di Watergraafsmeer. Secondo quanto riferito dal comandante Bruins, dopo la partenza da Smirne l’Oberon ha superato il faro alle otto del mattino del 14 per poi procedere verso il mare aperto, in condizioni di mare calmo e cielo limpido. Alle due di notte del 15 è stato avvistato il faro dell’isola di Pasha, ed alle 3.25 quello di Kastro; poco dopo, il timone ha smesso di rispondere in seguito all’aggrovigliamento dei cavi di trasmissione, mentre la costa di Chio appariva a proravia. Il comandante Bruins ha ordinato di mettere le macchine indietro tutta per evitare l’incaglio (la nave stava puntando dritta verso la costa), ma l’ordine non ha potuto essere eseguito immediatamente perché il macchinista di guardia, S. Kuiper, si trovava in un’altra zona della sala macchine, intento a lubrificare le macchine; mezzo minuto più tardi la nave si è ritrovata incagliata in un bassofondale sabbioso, senza neanche un urto od uno scossone ad annunciare l’avvenuto incaglio. Risultati futili i tentativi di liberarsi mettendo le macchine indietro tutta, è stato richiesto l’intervento del rimorchiatore Hughli che, dopo aver alleggerito l’Oberon di parte del carico, è riuscito a disincagliarlo il 16 maggio. La nave ha poi potuto proseguire per Chio e da lì per Algeri.
L’indagine rivelerà tuttavia che non vi è stata nessuna avaria al timone: l’incaglio è avvenuto per disattenzione del secondo ufficiale J. J. Smit, di 24 anni, di guardia al momento dell’incidente, ed il comandante Bruins, accorso in plancia all’ultimo momento (stava dormendo in sala nautica dopo una notte di veglia) senza poter impedire l’incaglio ormai imminente (ha ordinato di virare a sinistra con tutta la barra e mettere le macchine indietro tutta, ma era già troppo tardi), ha inventato l’avaria nella speranza di non essere licenziato dalla compagnia, chiedendo – pur senza esercitare pressione – la collaborazione del resto dell’equipaggio per non lasciare senza pane moglie e figli. Il resto dell’equipaggio, impietosito nei confronti di Bruins, che non riteneva direttamente responsabile dell’accaduto, ha accettato di raccontare la versione del guasto al timone, ma Bruins è stato licenziato ugualmente, e durante l’udienza della commissione disciplinare del 14 luglio ha confessato la verità. Diversi membri dell’equipaggio, tra cui il macchinista Kuiper e lo steward Van der Weyden, testimoniano anche che il secondo ufficiale Smit – accusato da Bruins, che lo aveva a torto ritenuto affidabile, di essere “un gran bugiardo” – aveva un’aria strana alla partenza da Smirne, e che aveva parlato di una sua intenzione di fare un brutto scherzo al comandante; prima dell’incaglio diversi marinai, sentendo rumori che preannunciavano la vicinanza della terra e poi avvistando essi stessi la terra verso proravia, avevano ripetutamente esortato Smit a chiamare il comandante (il timoniere aveva anche esclamato “Dobbiamo andare ad infilarci tra quelle montagne?”), ma questi lo aveva fatto soltanto all’ultimo momento. Inoltre, Smit aveva a più riprese dormito durante i turni di guardia; durante l’inchiesta Bruins lo accusa apertamente di aver deliberatamente mandato la nave ad incagliarsi. Smit, da parte, sua, afferma che gli fosse proibito di cambiare rotta senza la presenza in plancia del comandante, che in precedenza lo aveva già redarguito per aver agito di propria iniziativa (accusa respinta da Bruins), e di aver mandato il nostromo ad avvisare Bruins quando la costa distava un miglio – la nave stava in quel momento procedendo ad otto nodi – e che questi gli aveva risposto che era tutto a posto, per poi rimettersi a dormire. Smit era allora sceso personalmente ed aveva convinto Bruins a salire in plancia, ma a quel punto era stato troppo tardi. Il secondo ufficiale nega anche di aver parlato di essere intenzionato a mettere nei guai il comandante, e che se anche avesse voluto farlo, non lo avrebbe fatto mandando la nave ad incagliarsi, il che avrebbe messo a repentaglio anche la vita dell’equipaggio, lui compreso. Smit afferma anche di non aver guardato la carta nautica prima di salire in plancia perché aveva già seguito quella rotta in precedenza (pur non essendovisi trovato di guardia) e perché aveva paura del comandante, che si trovava in sala nautica; il primo ufficiale A. J. Parlievet afferma però che Bruins non aveva mai obiettato quando aveva voluto controllare la carta nautica, ed un altro ufficiale che ha navigato con Bruins, G. van der Kooy, definisce Bruins “un carattere difficile” e poco incline a consentire ai suoi ufficiali di manovrare indipendentemente, ma non in una circostanza d’emergenza come quella verificatasi sull’Oberon. Il pilota Teunis Smit, padre del secondo ufficiale Smit, afferma di essere stato contattato prima dell’udienza dal comandante Bruins, e di essere stato da questi invitato a scrivere al figlio per indurlo a suffragare la falsa versione dell’avaria del timone inventata dal comandante.
Bruins afferma di essere stato spinto ad inventare la storia dell’avaria al timone da “un momento di follia”, preso dallo sconforto per la rovina della sua promettente carriera e per l’incaglio, “una vergogna per la nazione olandese”, asserendo che “se in plancia ci fosse stato il mio cane l’incidente avrebbe potuto essere evitato”.
Al termine delle udienze, nel settembre 1909, la commissione disciplinare della Marina mercantile concluderà che la responsabilità dell’accaduto ricada principalmente sul secondo ufficiale Smit, pur non volendo credere che questi abbia mandato la nave ad incagliarsi di proposito, ma che anche Bruins avrebbe dovuto fornirgli istruzioni più precise prima di lasciare la plancia. Smit sarà condannato al pagamento delle spese processuali ed alla sospensione per un anno della licenza di ufficiale.
Ottobre 1910
Acquistato dalla ditta Matteo Verderame & Figli di Porto Empedocle (o Licata) e ribattezzato Matteo Verderame. Registrato presso il Compartimento Marittimo di Porto Empedocle, nominativo di chiamata QPNV; stazza lorda e netta risultano essere rispettivamente 890 tsl e 598 tsn. Viene impiegato nel trasporto di zolfo, commerciato dalla famiglia Verderame, che rifornisce di zolfo varie fabbriche di cellulosa situate in Germania, Svizzera, Austria-Ungheria (cui i Verderame forniscono 30.000 tonnellate di zolfo all’anno, il 75 % delle importazioni di tali Paesi), Francia e Brasile: la ditta Verderame esporta da sola un quarto dell’intera produzione di zolfo della Sicilia.
1915-1918
Durante la prima guerra mondiale è comandante del Matteo Verderame il capitano Gerolamo Figari, di Camogli.
Novembre 1921
Durante la guerra greco-turca, il Matteo Verderame viene fermato da unità della Marina greca, che constatata la presenza a bordo di un carico di armi e di un ufficiale turco, confiscano la nave e fanno prigioniero il passeggero.
Il 29 novembre 1921 il ministro degli Esteri Pietro Tomasi della Torretta ordina al console d’Italia ad Atene, Giulio Cesare Montagna, di protestare “immediatamente e nel modo più energico” presso le autorità greche, ribadendo che “la notifica al Governo greco del nostro punto di vista di netta opposizione al diritto di visita in alto mare di navi nazionali è stata fatta in modo formale ed in equivoco (…) In nessun caso dunque il Governo greco potrà prestare ignoranza o malinteso” e pretendendo, per ricomporre l’incidente, che la nave, il carico ed il prigioniero turco vengano immediatamente restituiti all’Italia, e che il governo ellenico esprima pubblicamente il suo rincrescimento “per operato delle autorità navali che probabilmente avranno oltrepassato le istruzioni ricevute”; Montagna dovrà inoltre “richiamare nel modo più serio l'attenzione di codesto Governo [quello greco] sugli inconvenienti, pericoli e responsabilità cui andrebbe incontro ove l'incidente non venisse rapidamente liquidato”. La presa di posizione italiana viene notificata anche al ministero degli Esteri britannico tramite l’incaricato d’affari italiano a Londra, Francesco Maria Taliani de Marchio; le autorità britanniche rispondono di aver già fatto presente a Roma che il governo britannico invece ha riconosciuto alla Grecia il diritto di ispezione e cattura di navi mercantili straniere in acque internazionali, essendo nell’interesse britannico mantenere tale diritto – abbondantemente esercitato dalla Royal Navy in tempo di guerra, grazie alla sua padronanza dei mari – sempre valido, evitando di metterlo in discussione con un’eccezione per il conflitto greco-turco.
Successivamente l’incidente sarà ridimensionato dalla notizia che, contrariamente a quanto creduto in un primo momento, il Matteo Verderame non è stato fermato e catturato in acque internazionali, bensì in acque territoriali greche, ove anche il governo italiano aveva riconosciuto ai greci il diritto di ispezione e cattura. Si giungerà così ad una sua pacifica composizione.
1923
Acquistato da Rosario Lofaro fu Pietro (per altra fonte, F. Lofaro) di Torre del Greco (o Napoli) e ribattezzato Colomba L.
4 luglio 1925
Coinvolto in un incidente al largo di Gallipoli durante la navigazione da Molfetta a Gallipoli.
1926
Ribattezzato Colomba Lofaro. Stazza lorda 890 tsl, netta 538 tsn, portata lorda 1200 tpl.ù
20 agosto 1937
A bordo del Colomba Lofaro, ormeggiato nel porto di Napoli, scoppia un violento incendio, che i pompieri riescono a domare a fatica.
 
Il Colomba Lofaro (da www.naviecapitani.it)

L'affondamento
 
Alle 7.30 del 5 marzo 1941 il Colomba Lofaro salpò da Catania diretto a Crotone insieme ad un altro piroscafo di modeste dimensioni, il Marzamemi; entrambe le navi erano cariche di zolfo, destinato agli stabilimenti crotonesi delle società Montecatini e Pertusola. Da Crotone sarebbero poi dovute proseguire per Ravenna.
Il comandante di Marina Catania, capitano di fregata Giacinto Valerio, aveva impartito il 2 marzo le disposizioni per il viaggio dei due bastimenti: «1) La navigazione deve effettuarsi esclusivamente in ore diurne con obbligo tassativo di sosta notturna nei porti intermedi anche se non protetti. Il Comandante o il Padrone è esplicitamente avvertito che se la sua unità è trovata a navigare in ore notturne, sarà considerata come sospetta e trattata di conseguenza. Sia la navigazione che le soste nei porti sono sempre a rischio e pericolo degli Armatori. Comandanti o Padroni; 2) La navigazione deve effettuarsi per rotte radenti costiere a meno di 3 miglia dalla costa, sempreché le condizioni idrografiche lo consentano, e, nello stretto di Messina, a meno di 1 miglio dalla costa 3) È proibito di attraversare lo stretto. Le navi che debbono passare dalla costa sicula a quella calabra o viceversa, compiranno la traversata o a Nord, all'altezza di Bagnara, o a Sud, all'altezza di Capo Scaletta; 4) Effettuare accurata vigilanza per eventuali avvistamenti di mine alla deriva segnalandoli all'Autorità Marittima del porto di arrivo. Tenere sempre pronti i mezzi di salvataggio. Mantenere un servizio continuo di vedette. Evitare, per quanto possibile, il fumo; 5) Farsi riconoscere dai semafori presso i quali passa e all'arrivo nei porti. Nei porti ove sono in opera ostruzioni, attendere il pilota per entrare. A Crotone sono in opera ostruzioni. All'arrivo a Crotone, vi presenterete a quel Comando Marina per avere le ulteriori istruzioni sul proseguimento del viaggio».
Privi di scorta per quello che sarebbe dovuto essere un tragitto di cabotaggio a basso rischio, secondo i piani i due piroscafetti, navigando in convoglio, avrebbero dovuto compiere due soste notturne intermedie a Melito Porto Salvo ed a Marina di Monasterace prima di giungere a Crotone: ma il loro viaggio finì nel pomeriggio di quello stesso 5 marzo nella rada della prima delle due località. Verso le quattro del pomeriggio il piccolo convoglio entrò nella rada di Melito Porto Salvo, a sud di Capo dell’Armi, dove avrebbe dovuto passare la notte; primo a gettare l’ancora fu il Marzamemi, a circa 350 metri da riva, mandando poi a terra un’imbarcazione con tre uomini per comprare dei viveri. Tutto sembrava tranquillo, ma a loro insaputa, le due piccole navi erano attentamente seguite da sguardi ostili: quelli del periscopio del sommergibile britannico Triumph (capitano di corvetta Wilfrid John Wentworth Woods), salpato il precedente 23 febbraio per un agguato al largo della costa ionica della Calabria, senza aver colto, fino a quel momento, alcun successo.
Il Triumph aveva avvistato uno dei due piroscafi alle 15.07, notando che appariva in avvicinamento provenendo da Capo dell’Armi, e poco dopo aveva avvistato anche le alberature del secondo, che lo seguiva; Woods aveva notato che entrambe le navi erano a pieno carico, e ne aveva sovrastimato la stazza in circa 2500 tsl. Un forte piovasco gli aveva poi fatto perdere di vista il piccolo convoglio, ma quando la pioggia era cessata il comandante britannico – che nel frattempo si era avvicinato alla costa per prepararsi ad attaccare – aveva visto che il primo piroscafo distava adesso solo 2700 metri ed era diretto verso la riva, seguito dal secondo.
Dopo aver notato che le due navi avevano gettato l’ancora, Woods decise di attaccare: primo bersaglio fu il Colomba Lofaro, contro cui lanciò due siluri da 1280 metri di distanza alle 16.12. Poco dopo (le fonti italiane parlano delle 16.10 circa), mentre manovrava per portarsi a sua volta all’ancora a circa duecento metri di distanza dal Marzamemi, il piccolo piroscafo fu infatti centrato da un siluro ed affondò in appena trenta secondi nel punto 37°54' N e 15°46' E (per altra fonte, 37°54'30" N e 15°46'10" E), portando con sé quattro uomini del suo equipaggio.

I loro nomi:

Antonio Lilli, carbonaio
Antonio Panariello, nostromo
Domenico Scotto, ingrassatore, da Torre del Greco
Salvatore Venusto, fuochista

Il comandante del Marzamemi ordinò di calare le due lance, per andare in soccorso dei naufraghi del bastimento affondato; solo quela di dritta, però, scese correttamente in mare, mentre quella di sinistra rimase bloccata per inceppamento dei paranchi. Intanto anche il battello che il Marzamemi aveva inviato verso terra per acquistare cibarie, con a bordo il cuoco di bordo e due marinai, si era diretto sul punto dell’affondamento: giunti sul posto per primi, i tre uomini issarono a bordo il primo ufficiale del Colomba Lofaro, gravemente ferito, ed un altro membro dell’equipaggio; poi si diressero subito verso terra, dove l’ufficiale ferito avrebbe potuto ricevere le cure di cui aveva urgentemente bisogno.
La scialuppa di dritta del Marzamemi, quando a sua volta arrivò sul posto, trasse in salvo un fuochista del Colomba Lofaro, mentre gli altri naufraghi furono recuperati da imbarcazioni giunte da terra, che la popolazione del posto aveva provveduto a mettere a mare per accorrere in soccorso subito dopo il siluramento (secondo altra fonte, alcuni raggiunsero la riva a nuoto). La lancia di dritta del Marzamemi tornò sottobordo alla propria nave e gli occupanti ritornarono a bordo, ad eccezione di due marinai e del naufrago del Colomba Lofaro; il ritorno a bordo ebbe però breve durata, perché il comandante del Marzamemi, presagendo quel che stava per accadere, diede ordine a tutto l’equipaggio di imbarcarsi sulle lance (anche quella di sinistra, intanto, era stata liberata dall’inceppamento) per recarsi a terra. La previsione era corretta: il Triumph non aveva ancora terminato il suo lavoro. Le due lance si erano allontanate di non più di una trentina di metri dal Marzamemi, quando alle 16.30 anche questo piroscafo venne a sua volta silurato e colò a picco in poco più di un minuto.
 
Oltre alle quattro vittime, l’equipaggio del Colomba Lofaro dovette contare anche quattro feriti dovuti all’esplosione del siluro. Tutti gli uomini del Marzamemi, invece, giunsero a terra incolumi, grazie alla saggia decisione del suo comandante.
La caccia data al sommergibile attaccante risultò infruttuosa. L’11 marzo il tenente colonnello di porto Alfredo Giura, comandante la regia capitaneria di porto di Reggio Calabria, inviò un rapporto sull’affondamento dei due piroscafi a Marina Messina.
 
Alcuni siti Internet di lingua inglese indicano il luogo dell’affondamento dei due piroscafi come al largo della costa orientale della Sicilia, 20 miglia ad est di Catania od a nordest della Calabria, ma si tratta di un errore.
 
I resti del Colomba Lofaro giacciono oggi su un fondale di fango, sabbia e pietre sparse, a venticinque metri di profondità davanti a Melito Porto Salvo, a 0,12 miglia da riva: a differenza del Marzamemi, preservato dalla maggiore profondità a cui giace, il relitto del Colomba Lofaro, che giaceva semiaffondato, è stato devastato nel dopoguerra da palombari – soprattutto Ferdinando Todaro, siciliano stabilitosi a Saline Joniche, impegnato anche nel recupero del carico del non lontano relitto del piroscafo Laura C. – che ne hanno recuperato il carico e tutto il materiale riutilizzabile aprendo varchi nello scafo con l’esplosivo, fino a ridurlo ad un ammasso irriconoscibile di rottami, oggi colonizzato dalla fauna marina.
 
Il Colomba Lofaro nel Porto Vecchio di Crotone, negli anni antecedenti la seconda guerra mondiale (Coll. Ida Tricoli, dal libro “KR 40-43: cronache di guerra” di Giulio Grilletta)

 
L’affondamento del Colomba Lofaro e del Marzamemi nel giornale di bordo del Triumph (da Uboat.net):
 
“1407 hours - Sighted a ship approaching from beyond Capo Dell'Armi. Shortly afterwards sighted the masts of a second ship astern of the other. Both ships were of about 2500 tons and were fully laden. Closed the shore to attack.
Due to a heavy rain squall both ships were lost out of sight for a considerable while. When the rain cleared the first ship was seen to be 3000 yards away and was now heading for the shore. The second ship was soon seen to join her. Both ships were later seen to drop their anchor off Melito di Porto Salvo.
1512 hours - Fired one torpedo against the first target from 1400 yards. The torpedo hit the target and as a result of the explosion the other ship was out of sight for several minutes. When seen again she had slipped her anchor and was seen to make off. At 1517 hours one torpedo was fired from 1500 yards but missed. The crew were then seen to abandon ship so when she was stopped, at 1534 hours, another torpedo was fired from 1000 yards which hit. She was seen to sink soon after”.
 
 
Il Colomba Lofaro su Wrecksite
L’Oberon su Marhisdata
L’Oberon su Scheepsindex
L’affondamento del Colomba Lofaro nel libro “KR 40-43: cronache di guerra”
L’HMS Triumph su Uboat.net
Il Triumph sul sito della Barrow Submariners Association
British and Allied Submarine Operations in World War II – CHAPTER IX – The Opening of the Attack on Convoys to North Africa: January - May 1941
Il relitto del Marzamemi
Diario storico del Comando Supremo, Vol. III, Tomo I, parte seconda
Il Colomba Lofaro nell’Annuario della Lega Navale Italiana del 1930
La Koninklijke Nederlandsche Stoomboot-Maatschappij su Theshipslist
La cattura del piroscafo «Matteo Verderame»

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