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| Il varo
della Ghibli (da “300 scafi affondati
nel golfo di La Spezia e le operazioni per il loro recupero” di Silvano
Benedetti e Stefano Danese, via Marco Ghiglino e www.naviearmatori.net) |
Torpediniera di
scorta della classe Ciclone (dislocamento standard 1113 tonnellate, in carico
normale 1652, a pieno carico 1695). Insieme ad alcune gemelle (Impavido, Indomito, Impetuoso e Monsone) si distingueva dal resto della
classe per un terzo cannone da 100/47 mm, situato sulla tuga centrale e rimosso
dopo breve tempo per essere sostituito con un’ulteriore mitragliera binata da
20/65 mm, e per l’armamento contraereo, costituito da otto mitragliere da 20/65
mm in tre impianti binati e due singoli (o quattro impianti binati).
Battezzata con il
nome di un vento del deserto, la Ghibli
fu l’ultima delle sedici unità della classe Ciclone ad essere impostata, il 30
agosto 1942, nei cantieri Navalmeccanica di Castellammare di Stabia (tutte le
altre erano state impostate nel 1941, tranne Indomito ed Intrepido,
entrambe impostate nei cantieri di Riva Trigoso nel gennaio del 1942); il suo
numero di costruzione era 605 (poi diventato 621). La sua costruzione dovette
però procedere un po’ più speditamente rispetto ad altre sue gemelle, dal
momento che fu “soltanto” la terzultima ad essere varata, il 28 febbraio 1943
(dopo di lei furono varate l’Impetuoso
il 20 aprile 1943, l’Indomito il 6
luglio e l’Intrepido l’8 settembre,
tutte nei cantieri di Riva Trigoso; le altre unità erano state tutte varate nel
1942 tranne l’Impavido, anch’essa
costruita a Riva Trigoso e varata quattro giorni prima della Ghibli). Perse poi questo “vantaggio”
nell’allestimento, entrando in servizio solo il 24 luglio 1943, alla vigilia
della caduta del regime fascista, penultima unità della classe ad essere
completata ed ultima ad entrare in servizio sotto bandiera italiana (l’ultima,
l’Intrepido, fu varata proprio il
giorno dell’armistizio e catturata dai tedeschi all’inizio dell’allestimento,
venendo quindi completata per la Kriegsmarine).
Ebbe un unico
comandante, il capitano di corvetta Renato Lo Monaco, 33 anni, da Napoli.
Entrata in servizio nell’estate del 1943, quando ormai la guerra dei convogli
nordafricani – per la difesa dei quali era stata concepita – era giunta al
termine da mesi, la Ghibli non ebbe
modo di distinguersi: poche informazioni sono disponibili sulla sua breve
carriera, così effimera che anche le fotografie che la ritraggono sono
pochissime (appena un paio) e di mediocre qualità. Il 7, 13 e 29 luglio ed il 2
agosto 1943 compì delle brevi uscite da Castellammare per collaudo ed
addestramento (nell’ultima, quella del 2 agosto, svolse delle esercitazioni di
tiro contraereo e lancio di siluri); il 29 luglio imbarcò i siluri, mentre in
tale data non aveva ancora ricevuto le munizioni per i pezzi principali da 100
mm (aveva invece già imbarcato quelle per l’armamento contraereo). Alla data
del 2 agosto, il suo ecogoniometro non risultava ancora funzionante. Il mattino
del 6 agosto si trasferì da Castellammare a Napoli, e quello stesso pomeriggio,
forse per sottrarla al crescente martellamento aereo di Napoli e dintorni (due
giorni prima la città partenopea aveva subito il bombardamento più devastante
di tutta la guerra), venne fatta partire per La Spezia, dove giunse l’indomani.
Assegnata con le
gemelle Impavido, Indomito ed Impetuoso alla VI Squadriglia Torpediniere (dipendente, insieme
alle Squadriglie Torpediniere I, II, III, IV e V, dal Comando Superiore
Torpediniere di Scorta dell’ammiraglio Amedeo Nomis di Pollone, avente sede a
Napoli e subordinato a sua volta al Comando Forze Navali Protezione Traffico
dell’ammiraglio Odoardo Somigli, con sede a Roma), la Ghibli trascorse tutta la sua breve esistenza tra il Tirreno ed il
Mar Ligure. Dopo l’arrivo a La Spezia, compì ulteriori uscite per collaudo ed
addestramento: il 10 agosto, il 14 agosto, nella notte tra il 19 ed il 20
(esercitazione notturna) ed ancora il 21 agosto.
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| La Ghibli (in secondo piano) in
allestimento a Castellammare di Stabia nel maggio 1943, insieme all’incrociatore
leggero Giulio Germanico ed alle
corvette Ape, Vespa e Grillo (da un
saggio di Francesco Mattesini su www.academia.edu) |
L'annuncio
dell’armistizio tra l’Italia e gli Alleati, l'8 settembre 1943, trovò la Ghibli in riparazione a La Spezia, impossibilitata
a muovere: probabilmente era emerso qualche grave problema durante i collaudi,
oppure la nave così nuova aveva già subito un'avaria. Nelle prime ore del 9
settembre la squadra da battaglia, al comando dell’ammiraglio Carlo Bergamini,
lasciò La Spezia diretta verso La Maddalena, mentre quattro divisioni tedesche,
inviate in zona precisamente per questo scopo (anche se il pretesto era stato
quello di coadiuvare gli italiani nel contrasto ad eventuali sbarchi Alleati),
muovevano dall’entroterra ligure per occupare la piazzaforte, contrastate dal
debole XVI Corpo d'Armata del generale Carlo Rossi (105a Divisione di fanteria
"Rovigo" e 6a Divisione alpina "Alpi Graie"). L'ammiraglio
Giotto Maraghini, comandante del Dipartimento Militare Marittimo della Spezia,
diede attuazione alle disposizioni ricevute da Supermarina, ordinando che le
navi in grado di muovere salpassero per porti saldamente sotto controllo italiano
od Alleato, e che quelle impossibilitate a partire si autoaffondassero.
Non potendo prendere
il mare insieme al resto della flotta, la Ghibli
venne pertanto autoaffondata dal suo equipaggio il 9 settembre 1943, per non
farla cadere in mano tedesca.
Non fu la sola a
subire questa sorte: quello che ebbe luogo a La Spezia il 9 settembre 1943 fu
il più grande autoaffondamento in massa di navi militari italiane mai
verificatosi, allo scopo di evitare che cadessero intatte in mano tedesca.
Oltre alla Ghibli si autoaffondarono
nel porto il vecchio incrociatore Taranto,
i cacciatorpediniere Nicolò Zeno, FR 21 e FR 22, le torpediniere Generale
Antonino Cascino, Generale Carlo
Montanari, Procione e Lira, i sommergibili Antonio Bajamonti, Ambra, Sirena, Sparide, Volframio e Murena, le corvette Euterpe, Persefone e FR 51,
il posamine Buccari, il
trasporto munizioni Vallelunga,
le cisterne militari Scrivia e Pagano, l’incrociatore ausiliario Ipparco Baccich, le motozattere MZ 736 e MZ 748, i rimorchiatori militari Mesco, Capri, Capodistria, Robusto e Porto
Sdobba, il MAS 525, la
motosilurante MS 36.
Furono invece
catturati gli incrociatori pesanti Bolzano e Gorizia, entrambi inservibili per i
gravi danni mai riparati (e difatti non entrarono mai in servizio sotto bandiera
tedesca), il posamine Crotone,
il trasporto munizioni Panigaglia,
la nave bersaglio San Marco, la
nave idrografica Ammiraglio Magnaghi,
la nave salvataggio sommergibili Anteo,
la cannoniera Rimini, le
cisterne militari Bormida, Dalmazia, Leno, Sprugola, Volturno, Stura e Timavo,
il piccolo trasporto Monte Cengio,
il dragamine RD 49, il MAS 556, le Bette N. 5 e N. 16,
i rimorchiatori Atlante, Brava, Carbonara, Linaro, Santo Stefano, Senigallia, Taormina, Torre Annunziata, N 9, N 10, N 37, N 53 e N 55. Gran parte di tali unità furono
sabotate dagli equipaggi; il Gorizia aveva
anche iniziato ad autoaffondarsi, ma tale provvedimento era stato poi sospeso.
Dell'equipaggio della Ghibli, il ventunenne marinaio fuochista Faustino Cafarelli, da Acireale, venne dichiarato disperso lo stesso 9 settembre 1943: fu tra le migliaia di militari italiani che scomparvero nei confusi e sanguinosi giorni dell'armistizio, senza nemmeno che fosse stato possibile stabilire cosa fosse loro successo. Forse fu ucciso in uno scontro a fuoco con truppe tedesche, od in una rappresaglia, senza venire identificato, e venne sepolto chissà dove, in una tomba senza nome.
Il marinaio cannoniere Emidio Bartolomei, ventenne, si trovava al momento dell'armistizio in licenza di convalescenza a casa, ad Ascoli Piceno. Decise di unirsi alla Resistenza, ed il 16 settembre 1943 salì sul Colle San Marco, altura in posizione strategica non lontana dalla sua città natale, dove sotto il comando del sottotenente degli alpini Spartaco Perini e del capitano Tullio Piconi si era costituito un gruppo partigiano forte inizialmente di una cinquantina di uomini, tra antifascisti locali, militari sbandati dopo l'armistizio e prigionieri di guerra fuggiti: in esso Bartolomei fu incaricato dei rifornimenti e dell'approvvigionamento di provviste nella zona delle Vene Rosse. All'alba del 3 ottobre 1943, il 3° Battaglione di paracadutisti tedeschi (6° Reggimento, 2a Divisione Paracadutisti del generale Bernhard Ramcke) attaccò il Colle San Marco per snidare i partigiani ivi attestati: Perini, Piconi ed una trentina di uomini riuscirono a sottrarsi all'accerchiamento e raggiungere l'Abruzzo, mentre circa altrettanti partigiani furono uccisi, metà in combattimento e metà fucilati dopo la cattura, ed altri 62 furono catturati e deportati nei campi di concentramento in Germania. Tra i fucilati vi fu anche Emidio Bartolomei, che pur avendo ricevuto l'ordine di ritirarsi aveva continuato a combattere fino all'esaurimento delle munizioni: catturato, venne portato a Pagliericcio di Villa Lempa (Teramo) e qui fucilato il 5 ottobre 1943 insieme ai fratelli Dino e Silvio Angelini, a Marcello Federici, Emidio Rozzi e Salvatore Spataro (tutte le fonti sull'eccidio indicano la data della fucilazione come il 5 ottobre, ma la Marina Militare ed Onorcaduti indicano il 4 ottobre come data della morte di Bartolomei). Alla sua memoria venne dedicata una via ad Ascoli Piceno e conferita la Medaglia d'Argento al Valor Militare.
Il marinaio silurista Angelo Magistrini, ventunenne, di Maggiora, fu morì per malattia il 9 marzo 1944 durante la prigionia in Germania, nell'Arbeitskommando 16000 di Ratisbona, dov'era stato distaccato dallo Stalag XIII D di Norimberga. Venne sepolto a Ratisbona.
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Sopra,
il marinaio cannoniere Emidio Bartolomei (Luca Lisei-Facebook). Nato
ad Ascoli Piceno il 5 febbraio 1923, si arruolò volontario in Marina
all’età di sedici anni; suo ultimo imbarco fu la Ghibli,
ma non era a bordo quando questa si dovette autoaffondare a La Spezia
in seguito all’armistizio, in quanto a casa in licenza di
convalescenza. Unitosi ai partigiani del Colle San Marco, fu
catturato nei combattimenti del 3-4 ottobre 1943 e fucilato il 5
ottobre. Alla sua memoria fu conferita la Medaglia d’Argento al
Valor Militare, con motivazione "Affermatosi subito tra i più
valorosi, veniva destinato alla difesa di un caposaldo di decisiva
importanza. Negli aspri combattimenti del 2 e 3 ottobre confermava le
sue doti di coraggio. Ricevuto l’ordine di ripiegare dopo tre
giorni di combattimenti, intuiva l’importanza del caposaldo e
decideva di resistere sul posto infliggendo al nemico dure perdite
con una mitragliatrice. Esaurite le munizioni e mentre cercava di
mettere in salvo l’arma, veniva catturato e passato immediatamente
per le armi. Gridando con il viso rivolto al nemico “Viva
l’Italia”, offriva la sua giovane vita per la libertà della
Patria. Colle San Marco (Ascoli Piceno), 2-3-4 ottobre 1943".
Sotto, il cippo a Pagliariccio di Civitella del Tronto in cui
Bartolomei ed altri furono fucilati, la sua tomba nel blocco
partigiano del cimitero di Ascoli Piceno (da
www.pietredellamemoria.it),
e la targa della via a lui dedicata nella città natale (da
www.liberospaziostayhuman.blogspot.com)
.jpg)
I tedeschi recuperarono la Ghibli e la
rimorchiarono a Genova per ripararla e rimetterla in servizio, ma tali lavori
non furono mai completati; alla fine della guerra, il 24 aprile 1945, furono
gli stessi tedeschi ad autoaffondarla una seconda volta, stavolta a Genova,
insieme a diverse altre unità ex italiane: tra di esse la TA 31 (ex cacciatorpediniere Dardo),
la TA 32 (ex cacciatorpediniere Premuda), l'FR 24, l'FR 32 e l'FR 37 (ex cacciatorpediniere francesi).
Il suo relitto,
recuperato nel 1946 o 1947, venne avviato alla demolizione. La radiazione
formale dai quadri del naviglio militare avvenne con decreto del capo
provvisorio dello Stato, datato 27 marzo 1947.
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| Un’altra
immagine della Ghibli pronta al varo
(da “300 scafi affondati nel golfo di La Spezia e le operazioni per il loro
recupero” di Silvano Benedetti e Stefano Danese, via Marco Ghiglino e www.naviearmatori.net) |
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