mercoledì 4 novembre 2015

Nautilus

La nave quando portava il nome di Oberschlesien (da www.betasom.it

Motonave cisterna da 2069,51 tsl, 1297,98 tsn e 3020 tpl, lunga 87,59 metri, larga 12,35 e pescante 7,15, velocità 9 nodi. Appartenente alla Società Anonima Nereide con sede a Genova ed iscritta con matricola 1508 al Compartimento Marittimo di Genova; nominativo di chiamata IBEY.

Completata nel primo dopoguerra nei cantieri tedeschi Krupp di Kiel, la nave ebbe la particolarità di essere costruita riutilizzando i motori e gli scafi resistenti di alcuni U-Boote della disciolta Kairserliche Marine, in demolizione sugli scali di costruzione di quello stesso cantiere dopo la fine del primo  conflitto mondiale, senza mai essere stati ultimati. In particolare, gli scafi resistenti dei sommergibili U 183 e U 184 divennero delle controcarene incorporate nell’opera viva della nave, mentre i motori diesel MAN dell’U 129 e dell’U 130 divennero i suoi motori.

Curiosamente, alcune fonti sostengono che la nave, al tempo della sua perdita, fosse stata trasferita (per alcuni mediante requisizione, del tutto impossibile; per altre mediante noleggio, nel luglio 1942) alla Marina tedesca ed avesse assunto il nuovo nome di Languste (divenendo nave cisterna per la 70. Minensuchflottille con sigla M 7023; peraltro, tale flottiglia fu creata solo nel 1943, cioè dopo l’affondamento della Nautilus). Tale informazione è del tutto erronea, come mostrano i volumi dell’Ufficio Storico della Marina Militare ed i documenti custoditi all’USMM; la Nautilus affondò ancora con questo nome, bandiera, armatore ed equipaggio italiano, mentre non è chiara l’origine dell’erronea denominazione “Languste”.

Breve e parziale cronologia.

30 luglio 1921
Varata come Oberschlesien nei cantieri Krupp Aktien Gesellschaft di Kiel (già Germaniawerft; numero di costruzione 413).
Settembre 1921
Completata come motonave cisterna Oberschlesien, per l’armatore tedesco Hugo Stinnes – Seeschifffahht und Handel di Amburgo. Dimensioni originarie 84,17 metri di lunghezza per 12,30 di larghezza e 7,60 di pescaggio.
28 ottobre 1922
L’Oberschlesien viene sequestrata a Houston dalle autorità statunitensi, e tre membri del suo equipaggio (il comandante H. Knickmann, il terzo ufficiale di macchina Karl Petersen ed il nostromo Aemeling) posti in arresto, a seguito del rinvenimento a bordo di alcune riserve nascoste di liquore, in contravvenzione alla legislazione statunitense (è l’epoca del proibizionismo).
6 novembre 1922
Concluso il procedimento giudiziario, l’Oberschlesien viene “rilasciata”.

L’Oberschlesien a Rotterdam nel 1924 (foto agenzia Underwood&Underwood, dal “Chicago Tribune” del 6 aprile 1924)

30 gennaio 1927
L’Oberschlesien entra in collisione con il piroscafo britannico City of Salisbury al largo di Brunsbüttel, e dev’essere portata all’incaglio. Sarà poi disincagliata e riparata.
1928
Acquistata dalla Società Anonima Nereide di Genova e ribattezzata Nautilus.
Giugno 1938
Giunge a San Cataldo con 2700 tonnellate di petrolio greggio dall’Albania, il primo carico giunto alla nuova raffineria ANIC di Bari.

La Nautilus a San Cataldo nel 1938, con il primo carico per la raffineria di Bari (da www.doc4.net

22 aprile 1940
Viene fermata e sottoposta a visita di controllo da parte di un’unità britannica, mentre si trova in navigazione da Karavassai a Valona.
11 settembre 1940
Compie un viaggio da Valona a Brindisi ed a Bari insieme al piroscafo Pontinia, con la scorta della torpediniera Castelfidardo e dell’incrociatore ausiliario Capitano A. Cecchi. Ambedue le navi sono scariche.
16 settembre 1940
Salpa da Brindisi e raggiunge Valona, in convoglio con i piroscafi Luisa e Poseidone (con 1500 uomini e 80 tonnellate di materiali a bordo) e la scorta della torpediniera Monzambano.
21 settembre 1940
Lascia Valona insieme ai piroscafi scarichi Procione e Polcevera, giungendo a Bari con la scorta della torpediniera Solferino.
2 ottobre 1940
Compie un viaggio, senza scorta, da Valona a Brindisi.
4 novembre 1940
Salpa da Brindisi alle 00.45, insieme al piroscafo Acilia, con la scorta della vecchia torpediniera Francesco Stocco, giungendo a Valona alle 10.
5 novembre 1940
Riparte da Valona alle 23.30, in convoglio con i piroscafi scarichi Caterina e Tagliamento e la motonave Città di Bastia, scortate dalla torpediniera Monzambano e dal posamine Azio.
6 novembre 1940
Il convoglio arriva a Brindisi alle 14.45.
15 novembre 1940
Salpa da Bari alle 00.20 insieme al Poseidone e con la scorta delle torpediniere Francesco Stocco e Giacomo Medici, giungendo a Valona alle 19.
24 novembre 1940
La Nautilus parte da Valona alle sette del mattino, in convoglio con i piroscafi Poseidone e Bottiglieri e la scorta della torpediniera Stocco, arrivando a Brindisi alle 19.50.
18 dicembre 1940
Requisita a Napoli dalla Regia Marina, senza essere iscritta nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato.

La Nautilus nel 1941 (g.c. Danilo Pellegrini via www.betasom.it

L’affondamento

Alle 12.15 del 13 ottobre 1942 la Nautilus, al comando del capitano di lungo corso Carlo Reydet (affiancato dal capitano del Genio Navale Giuseppe Olivari in qualità di Regio Commissario), salpò da La Maddalena per Civitavecchia (per altra fonte, Olbia), dopo aver scaricato nel porto sardo tutto il proprio carico di nafta (1990 tonnellate, di cui 802 aventi densità 1,100 e 1188 aventi densità 0,910) destinato a Maricost La Maddalena. Una volta che fosse giunta nel continente, avrebbe dovuto caricare dell’altro carburante, dopo di che sarebbe proseguita per la Libia, nelle cui acque era in corso, proprio in quel periodo, una grave falcidia di navi cisterna.
A bordo della motocisterna vigeva il normale servizio di vedetta, ed i cannonieri erano al pezzo pronti a reagire ad eventuali attacchi. L’equipaggio era composto da 22 civili (dei quali uno, il nostromo Gaetano Amoruso, era però in licenza) e 11 militari.
Scortava la Nautilus il minuscolo incrociatore ausiliario Ipparco Baccich (tenente di vascello Alfredo Foresi). La navigazione procedette tranquilla, in un mare dove nell’autunno 1942 era ancora assente l’offesa aerea e quasi inconsistente quella subacquea (le cose sarebbero cambiate di molto nel giro di pochi mesi).
Nel primo pomeriggio, il comandante Reydet lasciò in plancia l’ufficiale di guardia e scese in cabina per scrivere alcuni appunti. Lo aveva appena fatto quando, alle 14.55, la Nautilus – ancora sulla rotta di sicurezza, con rilevamento di circa 200° dal semaforo di Capo Figari – venne colpita a poppa sinistra da un siluro lanciato dal sommergibile britannico Utmost (tenente di vascello John Walter David Coombe).
L’Utmost aveva avvistato per primo l’Ipparco Baccich, alle 14.05, in posizione 41°03’ N e 09°43’ E (su rilevamento 310°; la nave aveva doppiato Capo Figari e poi assunto rotta 142°), ma alle 14.18, mentre manovrava per attaccarlo, aveva avvistato gli alberi ed il fumaiolo della Nautilus, che seguiva il Baccich ad un miglio di distanza e stava ora doppiando a sua volta Capo Figari. Subito Coombe aveva cambiato bersaglio, ed alle 13.49 aveva lanciato quattro siluri da 1830 metri di distanza, per poi immergersi subito dopo (uno dei siluri lanciati, dal giroscopio difettoso, passò per due volte sopra l’Utmost dopo il lancio).
Nessuno, a bordo della Nautilus, aveva visto il sommergibile o le scie dei siluri; alcuni videro più tardi una colonna d’acqua sollevarsi verso terra, forse un altro siluro esploso in costa.
L’esplosione ribaltò la sedia su cui era seduto il capitano Reydet, lanciando in aria e rompendo tutti gli oggetti che erano sullo scrittoio o nei pressi.
Ad avere la peggio furono però i quattro serventi del cannone di poppa, situato proprio nei pressi del punto d’impatto del siluro: il secondo capo cannoniere Antonio Riccardi, il sottocapo cannoniere Giuseppe Polli ed i cannonieri Andrea D’Urso e Camillo Saltori. Lo scoppio del siluro li investì in pieno, gettandoli in mare; tre di loro scomparvero.
Dopo il siluramento, il comandante Reydet si precipitò immediatamente in coperta, dove capì che la nave era stata colpita da un siluro a poppa sinistra; assieme al Regio Commissario Olivari, invitò l’equipaggio alla calma.
Dopo qualche minuto, però, la Nautilus iniziò a sbandare sempre più sensibilmente a sinistra, minacciando di capovolgersi, così a Reydet e Olivari non rimase che ordinare di tagliare le rizze delle due zattere presenti a bordo, metterle in mare ed ammainare la barca di servizio ed una lancia di salvataggio.
Non essendo possibile porre in salvo tutti i documenti segreti, Reyded ed Olivari decisero di comune accordo di affondare la cassa di ferro che ne conteneva la maggior parte; fu possibile invece recuperare due pubblicazioni segrete in possesso dei radiotelegrafisti (vennero poi consegnate al Comando Marina di Olbia), mentre le istruzioni per il viaggio e la pubblicazione D.T.1/S, chiusi in un tiretto della sala nautica rimasto bloccato a seguito della scossa, affondarono con la nave.
Fu fatto l’appello, al quale risultarono mancanti i cannonieri del pezzo di poppa; poi l’equipaggio prese posto nelle imbarcazioni, ed abbandonò così la nave.
Le imbarcazioni con i naufraghi si erano appena discostate dalla Nautilus, quando questa di capovolse completamente, immergendo la poppa e sollevando la prua fuor d’acqua per 5-6 metri, sino ad impennarla verticalmente per 6-7 metri.
Intanto, già alle 13.56, l’Ipparco Baccich era passato al contrattacco, lanciando in tutto 19 bombe di profondità sull’Utmost; alcune scoppiarono piuttosto vicine, ma nessuna arrecò danni al sommergibile. La nave venne poi rilevata nella caccia dai MAS 501 e 502, inviati da La Maddalena.
Le imbarcazioni rimasero vicino al relitto capovolto della petroliera finché questa rimase a galla, cercando invano i dispersi; il comandante Reydet ordinò che la barca di servizio si avvicinasse quanto più possibile al relitto capovolto per cercare gli scomparsi, ma questa riuscì a salvarne solo uno, il cannoniere Andrea D’Urso, ferito in modo non grave (inizialmente era rimasto in mare privo di sensi). Gli altri tre non furono mai più ritrovati; furono le uniche vittime dell’affondamento della Nautilus. Tra l’equipaggio civile, l’ingrassatore Fortunato Rossini ed il secondo ufficiale Silverio Onorato riportarono ferite lievi.
Intorno alle 17 i naufraghi vennero presi a bordo dal dragamine ausiliario S. Vincenzo, che compì un ultimo giro attorno alla nave capovolta, ancora cercando i dispersi, e poi diresse per Olbia, dove sbarcò i superstiti.
La Nautilus affondò infine a 4 miglia per 198° da Capo Figari in Sardegna (il volume “Navi mercantili perdute” dell’USMM indica l’orario di affondamento nelle 15.30, ma ciò contrasta con i rapporti di Reydet ed Olivari, che indicano concordemente la nave come ancora galleggiante – sebbene capovolta e semisommersa – ancora alle 17).
Tra i 32 membri dell’equipaggio vi furono tre dispersi e due feriti.

I dispersi:

Giuseppe Polli, sottocapo cannoniere puntatore scelto
Antonio Riccardi, secondo capo cannoniere puntatore scelto
Camillo Saltori, cannoniere armaiolo


L’affondamento della Nautilus nel giornale di bordo dell’Utmost (da Uboat.net):

“1305 hours - In position 41°03'N, 09°43'E sighted the masts and funnel of a small steamer bearing 310°. She was rounding Cape Ferro and when clear she proceeded on a course of 142°. Started attack.
1318 hours - Sighted masts and funnel of a tanker rounding Cape Ferro. She was following one mile astern of the first ship. Immediately shifted target to this vessel.
1349 hours - Fired four torpedoes from 2000 yards and went deep upon firing the last torpedo. The third torpedo had a gyro failure and passed twice overhead shortly after it had been fired, a lucky escape for Utmost.
1351 hours - Heard a large explosion thought to be the second torpedo hitting the target. HE of the target stopped and was not heard again.
1356 hours - Returned to periscope depth but immediately heard fast HE approaching so went deep again and took avoiding action. A counter attack now followed in which 19 depth charges were dropped. Some were quite close but no damage was done.
1515 hours - Returned to periscope depth. No sign of the tanker. The ship that was sighted first was still in sight and was most likely the escort for the tanker. An aircraft was also patrolling the area. Went deep again.”

Il relitto della Nautilus è stato localizzato il 27 agosto 2013 dai subacquei Stefano Cellini, Massimiliano Sabatini, Christian Solitario, Noemi Toninelli e Giovanni Escuriali, su fondali sabbiosi a 83 metri di profondità – mentre la profondità minima è di 68 metri – ed a 2,90 miglia dalla riva (nonché ad un centinaio di metri da una secca). La nave è i buono stato di conservazione, rovesciata sul lato sinistro (inclinazione di 100°, tranne l’estrema poppa che, quasi staccata dal relitto, è sbandata di 45°-60°); conserva ancora campana, telegrafi di macchina, bussole e altri strumenti di navigazione, una cassaforte, piatti ed altro. Le sovrastrutture, in legno, sono parzialmente crollate.
A poppa, in corrispondenza del punto d’impatto del siluro, si trova un ampio squarcio che quasi taglia lo scafo. L’albero maestro giace sul fondale con ancora la lanterna e le luci di via; anche il fumaiolo è relativamente intatto, sebbene percorso da crepe e parzialmente consumato. La vita sottomarina ha ampiamente colonizzato il relitto della Nautilus; lo scafo è ricoperto di gorgonie.

Un’altra immagine della Nautilus (da www.betasom.it

Si ringrazia Mario Arena.


1 commento:

  1. Su questa nave il giorno del affondamento c'é era Sanzio Bocchetti del Santo nato a Pietrasanta. Luí é morto il 19 Agosto 2008 a Cartagena de Indias, Colombia.

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