lunedì 1 dicembre 2025

Brarena

La Brarena (da www.skipshistorie.net)

Motonave cisterna di 6996 tsl, 4111 tsn e 10.361 o 10.375 tpl, lunga 129,54 metri, larga 17,28 e pescante 7,96, con velocità massima di 9,5-11,5 nodi. Già norvegese, fu catturata dopo essere stata sorpresa in Italia dall'entrata in guerra nel giugno 1940; analoga sorte toccò ad un'altra petroliera norvegese, la Thorsheimer, ed al piroscafo Liv.

Curiosamente, il volume USMM "Navi mercantili perdute" afferma erroneamente che prima della cattura da parte italiana la Brarena si sarebbe chiamata Shabonee. In realtà, la nave non portò mai questo nome: Brarena era il suo vecchio nome norvegese, che non fu cambiato dopo la cattura da parte italiana.

Era stata data in gestione all'AGIP.


Breve e parziale cronologia.


19 o 23 aprile 1923

Varata come Scottish Borderer nel Leven Yard della società William Denny & Brothers Ltd. di Dumbarton (numero di costruzione 1139). È la prima nave mista portarinfuse/petroliera (bulk oil carrier) costruita da questi cantieri.

Giugno 1923

Completata come Scottish Borderer per la società Tankers Limited di London, in gestione alla British Tanker Company Ltd. di Londra. Porto di registrazione Londra, portata lorda originaria 9820 tpl, velocità 11-11,5 nodi, nominativo di chiamata KPFH.

Ha sei gemelle, Scottish Maiden, Scottish Minstrel, Scottish Standard, Scottish American, Scottish Chief and Scottish Heather (tutte, tranne Heather ed American, andranno perdute durante la seconda guerra mondiale).

19 dicembre 1924

La Scottish Borderer s'incaglia presso Gjedser Rev, nel Mar Baltico, ma viene disincagliata grazie all'intervento dei rimorchiatori Seefalke e Seelöwe.

1927

La Scottish Borderer è protagonista di un grave incidente mentre è ormeggiata al molo della Medway Oil and Storage Company (MOSCO) nella penisola di Hoo, sul fiume Medway. Pulendo illegalmente le sentine, la Scottish Borderer pompa del petrolio nel fiume, e questo viene incendiato quando un pezzo di carbone ardente caduto dalla chiatta Irex, ormeggiata a valle della Scottish Borderer ed impegnata appunto nello scarico di carbone (un gruista della MOSCO sta cercando di rimuovere dalla sua gru dei pezzi di carbone che hanno preso fuoco), scatenando un incendio che distrugge l'Irex ed arreca gravi danni alla banchina.

La Scottish Borderer a metà anni Venti (da www.clydesite.co.uk)

1932

Posta in disarmo a Cork, in Irlanda.

1934

Il nominativo di chiamata diventa GJPW.

Aprile 1937

Esce dal disarmo ed entra in cantiere sul Tyne per lavori di raddobbo.

1937

Compie un viaggio dall'Inghilterra a Talara, in Perù; durante la traversata compie uno scalo per riparazioni a Falmouth e sei settimane dopo un altro a Colon (Panama) sempre per riparazione, dopo di che raggiunge Talara e vi imbarca un carico di petrolio. Durante il viaggio di ritorno sosta per ulteriori riparazioni a Balboa (Panama) e poi di nuovo a Colon, dove viene posta in disarmo durante i lavori; successivamente fa scalo a Nassau (Bahamas) per sbarcare due membri dell'equipaggio affetti da malaria ed un terzo che si è rotto un polso, e vi sosta dieci giorni effettuandovi ancora una volta lavori di riparazione.

Ottobre 1937

Acquistata per 1.364.000 corone norvegesi dalla Braathens Rederi A/S di Oslo, mentre ancora non ha terminato il viaggio dal Perù. In gestione a Ludvig G. Braathen di Oslo, porto di registrazione Oslo, nominativo di chiamata LJRL.

7 novembre 1937

Arriva ad Halifax e vi sbarca il carico di petrolio, dopo di che entra in bacino per lavori prima della consegna all'armatore finale.

Inizialmente la nave viene rivenduta alla A/S Athene di Kristiansand, che in novembre manda ad Halifax un nuovo equipaggio per prenderla in consegna; questo scopre tuttavia che le macchine della Scottish Borderer versano in pessime condizioni e necessitano di lunghi ed estesi lavori di riparazione, e quando anche i noleggiatori si rifiutano di continuare il contratto di noleggio a tempo a meno che la nave non venga messa in condizioni "idonee alla navigazione", Jørgen Bang (direttore della A/S Athene), dopo aver consultato i propri legali, decide di annullare l'acquisto.

La nave viene allora rivenduta alla società A/S Braganza di Oslo (sempre controllata da Ludvig G. Braathen).

(La fonte che parla del fallito tentativo di acquisto da parte della A/S Athene parla però di acquisto direttamente dalla Tankers Ltd. di Londra, senza citare l'acquisto da parte della Braathens Rederi A/S. Non è molto chiaro se la nave sia stata inizialmente venduta dalla Tankers Ltd. alla Braathens Rederi A/S che tentò a sua volta di rivenderla alla A/S Athene ma, fallito il tentativo, la cedette alla propria consociata A/S Braganza, oppure se c'è un errore nelle date e la Tankers Ltd. cercò di vendere la nave alla A/S Athene e poi, non avendo avuto successo, la vendette alla Braathens Rederi A/S che poi la trasferì alla A/S Braganza).

1938

Consegnata alla A/S Braganza di Oslo e ribattezzata Brarena. Sempre in gestione a Ludvig G. Braathen. (Altra fonte data il cambio di nome al 1936, ma sembra probabile un errore. I Lloyd's Registers riportano il cambio di nome nell'edizione del 1937-1938).

Settembre 1939

Assume il comando della Brarena il capitano Ivar Peder Løvik.

Il capitano Ivar Peder Løvik, ultimo comandante norvegese della Brarena (da www.krigsseilrregisteret.no)

22 novembre 1939

La Brarena entra in collisione con il piroscafo greco Nicolaos Piangos nel Mare del Nord, al largo della costa sudorientale dell'Inghilterra; il Nicolaos Piangos subisce gravi danni ed anche la Brarena riporta una grossa falla, ma quando sopraggiunge la motolancia di salvataggio di Walmer (Kent), uscita in loro soccorso, entrambe le navi ne rifiutano l'assistenza. (Qualche sito afferma che il Nicolaos Piangos sarebbe affondato per i danni, ma si tratta di un errore).

27 marzo 1940

La Brarena, al comando del capitano Ivar Peder Løvik, lascia Cartagena (Colombia) diretta ad Aruba.

2 aprile 1940

Lascia Aruba diretta in Mediterraneo, per quello che sarà il suo ultimo viaggio sotto bandiera norvegese.

23-24 aprile 1940

Arriva a Gibilterra, dove sosta per oltre un mese.

29-30 maggio 1940

Riparte da Gibilterra diretta a Napoli.

4 giugno 1940

Arriva a Napoli.

10 giugno 1940

L'entrata in guerra dell'Italia sorprende la Brarena ancora a Napoli, dove sta scaricando il suo carico: qui la petroliera viene catturata dalle autorità italiane ed affidata in gestione all'Azienda Generale Italiana Petroli (AGIP), senza cambiare nome. Registrata a Genova. Non sarà mai requisita dalla Regia Marina, né iscritta nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato.

L'equipaggio norvegese, composto da 23 uomini al comando del capitano Ivar Peder Løvik, viene internato (secondo alcune fonti sarebbe stato sbarcato soltanto il 23 settembre 1940) e trasferito in un campo di concentramento a Firenze, da dove sarà rilasciato il 6 giugno 1941 (per altra fonte, nel febbraio 1941) e rimpatriato passando per la Germania, arrivando a Göteborg il 9 giugno (per altra fonte, alcuni membri dell'equipaggio sarebbero rimasti prigionieri in Italia fino al 1945).

2 luglio 1941

Alcuni siti inglesi affermano che in questa data il sommergibile britannico Urge avrebbe infruttuosamente attaccato la Brarena con il lancio di quattro siluri. In realtà, le navi attaccate erano l'incrociatore ausiliario Egitto ed il piroscafo Dea Mazzella.


Un'altra immagine della nave come Scottish Borderer (da www.derbysulzers.com)

L'affondamento


Per la Brarena, il primo viaggio verso la Libia fu anche l'ultimo.

Alle undici di sera del 21 luglio 1941 la motocisterna, al comando del capitano di lungo corso Enrico Garassini, salpò da Palermo (secondo il volume USMM "La difesa del traffico con l'Africa Settentrionale dal 10 giugno 1940 al 30 settembre 1941"; secondo "Navi mercantili perdute", anch'esso dell'USMM, da Trapani) diretta a Tripoli con un carico di motorina, scortata dal cacciatorpediniere Fuciliere (capitano di fregata Giulio Cerrina Feroni). Le disposizioni di Supermarina prevedevano che all'alba del 23 luglio Brarena e Fuciliere si sarebbero dovuti accodare a sud di Pantelleria ad un convoglio "lento" proveniente da Napoli (da dov'era partito all'alba del 21) e diretto anch'esso a Tripoli, formato dai piroscafi italiani Caffaro, Nicolò Odero e Maddalena Odero e dal tedesco Preussen, scortati cacciatorpediniere Folgore (caposcorta, capitano di fregata Ernesto Giuriati), Fulmine, Saetta, Alpino ed Euro.

La Brarena non era stata aggregata da subito a questo convoglio perché leggermente più lenta: la sua velocità massima era di soli otto nodi, mentre i piroscafi potevano raggiungere i nove; facendola invece accodare al convoglio "Folgore" a sud di Pantelleria, i due gruppi avrebbero finito col formare sostanzialmente un convoglio unico, nonostante la differenza di velocità. Nei piani di Supermarina, durante la notte tra il 22 ed il 23 i due gruppi avrebbero navigato a poca distanza l'uno dall'altro, dandosi così reciprocamente supporto in caso di attacco, ed all'alba del 23 il convoglio "Folgore" avrebbe superato la Brarena senza però allontanarsene eccessivamente.


Il previsto congiungimento non doveva però mai avere luogo. Alle 9.45 del 22 luglio Supermarina mise entrambi i gruppi in allarme, informandoli che erano stati segnalati movimenti di grosse formazioni navali britanniche nel Mediterraneo occidentale (si trattava delle forze uscite in mare per l'operazione «Substance», l'invio da Gibilterra a Malta di un convoglio scortato dalla Forza H) e successivamente informò sia Giuriati che Cerrina Feroni che i loro convogli erano stati segnalati da ricognitori britannici e segnalati al Comando di Malta, avendo intercettato e decifrato, verso le dieci del mattino, i messaggi trasmessi dai ricognitori alle loro basi.

Alle 17.15 di quello stesso giorno, un trimotore italiano Savoia Marchetti S.M. 79 "Sparviero" sorvolò il gruppo Brarena-Fuciliere, per poi allontanarsi dopo poco. La navigazione trascorse poi tranquilla fino alle 19.04, quando venne avvistato verso poppa un aereo che volava basso sull'orizzonte: quattro minuti dopo, su rilevamento 130° circa, venne osservata una violenta esplosione.

Ciò che era successo era che il convoglio "Folgore" era stato attaccato da due bombardieri Bristol Blenheim che, nonostante il violento fuoco contraereo della scorta, erano riusciti a colpire con alcune bombe il Preussen, incendiandolo. Rapidamente abbandonato dall'equipaggio e dalle truppe imbarcate, il piroscafo tedesco era esploso dopo circa un quarto d'ora.

Il comandante Cerrina Feroni del Fuciliere comprese subito il significato di quell'esplosione e mandò subito l'equipaggio al posto di combattimento, alzando altresì il segnale "aerei nemici in vista" a beneficio della Brarena; dopo altri quattro minuti, alle 19.12, vennero infatti avvistati dei bombardieri britannici – anche questi erano dei Blenheim Mk IV del 110th Squadron della Royal Air Force, decollati dalla base maltese di Luqa ed appartenenti allo stesso gruppo che aveva attaccato l'altro convoglio ed affondato il Preussen – in avvicinamento bassi sull'orizzonte, che si dirigevano sulla dritta della Brarena manovrando per portarsi dalla parte del sole. Le navi si trovavano in quel momento un'ottantina di miglia a sud di Pantelleria.

Il Fuciliere accelerò e si portò subito di fianco alla Brarena da quella stessa parte, per interporsi tra i velivoli avversari e la preziosa petroliera; ma gli aerei erano ben più veloci del cacciatorpediniere, e risposero a quella manovra accostando a sinistra, girando al largo e ripresentandosi sul lato opposto.

Ancora il Fuciliere tentò di manovrare per portarsi di fianco alla Brarena sullo stesso lato degli aerei, ma era una battaglia persa. Il Fuciliere non era ancora giunto all'altezza della poppa della nave cisterna, quando i bombardieri puntarono decisamente su di essa da circa 8 km di distanza. Il cacciatorpediniere aprì il fuoco con i cannoni da 120 mm, cui si unirono anche le mitragliere non appena la distanza fu calata a 2000 metri; alle 19.17 il primo aereo sganciò una decina di bombe incendiarie contro la Brarena, ma mancarono tutte il bersaglio.

Non andò altrettanto bene con il secondo aereo, che seguiva il primo a poca distanza e che lanciò a sua volta una decina di bombe, molto fitte: tre degli ordigni colpirono la Brarena. Due perforarono il ponte di coperta, la terza penetrò la murata di sinistra ed esplose nella cisterna numero 3, incendiando la motorina ivi contenuta. Mentre una grande fiammata si levava dalla nave colpita, l'equipaggio ed il personale addetto alle mitragliere si gettò in mare.


La Brarena si arrestò con incendio a bordo, ma questo invece di estendersi andò rapidamente riducendosi. Il Fuciliere mise in mare il proprio battellaccio, con cui recuperò i naufraghi in mare, e raccolse una scialuppa che aveva a bordo un ferito grave; i naufraghi dissero al comandante Cerrina Feroni che a bordo della Brarena c'erano ancora due feriti gravi.

Una seconda lancia della Brarena, con a bordo anche il comandante Garassini, tornò sottobordo alla petroliera una volta constatato che l'incendio non sembrava estendersi, e dopo aver preso a bordo il ferito grave Cerrina Feroni rimandò indietro anche la prima lancia, con a bordo i naufraghi recuperati, affinché domassero le fiamme e cercassero di rimettere in moto la nave colpita.

Alle 19.26 due S.M. 79 sorvolarono le due navi, sul cui cielo ritornarono poi a più riprese; dopo essersi allontanato dalla Brarena in seguito ad un avvistamento di aerei rivelatisi poi essere bombardieri italiani, alle 20.01 il Fuciliere si avvicinò alla Brarena ed ordinò al comandante Garassini di passargli i cavi per prendere la motocisterna a rimorchio, nonché di fare del suo meglio per rimettere in moto il motore e riparare l'avaria al timone. Sempre su ordine di Cerrina Feroni, i due feriti gravi che ancora si trovavano sulla Brarena furono trasferiti sul Fuciliere.

Con estintori e pompe sia a vapore che a mano, l'equipaggio della petroliera riuscì a soffocare quasi del tutto le fiamme, ed alle 20.37 le cime di rimorchio erano a bordo del Fuciliere: disteso il rimorchio, il cacciatorpediniere aumentò la velocità e fece rotta su Lampedusa, con l'intento di portare la nave cisterna alla fonda davanti alla costa di quell'isola.


Ma i britannici non avevano ancora chiuso con la Brarena. Alle 21.08, quando era ormai praticamente buio e le macchine del Fuciliere avevano raggiunto i 60 giri, si accese un bengala verso nord e poco dopo vennero avvertiti rumori di aerei sul cielo delle due navi: dato che fino a poco prima il piccolo convoglio era stato sorvolato da due S.M. 79, Cerrina Feroni rimase inizialmente incerto sulla nazionalità dei nuovi arrivati, ma diede ugualmente l'allarme, ordinando a poppa di tenersi pronti a tagliare il rimorchio. Poi, scrutò personalmente la parte buia dell'orizzonte.

Ogni dubbio fu dissipato alle 21.13, quando Cerrina Feroni avvistò due aerei con i fanali di via accesi, distanti circa 2 km e bassi sul mare, diretti proprio verso le due navi italiane: il comandante del Fuciliere li identificò come aerosiluranti Vickers Vildebeest IV, in realtà si trattava di Fairey Swordfish dell'830th Squadron della Fleet Air Arm, facenti parte di un gruppo di cinque decollati per attaccae le navi italiane. Con la colonnina già in punteria e presidiata dal direttore di tiro, Cerrina Feroni diede subito ordine a cannoni e mitragliere di aprire il fuoco, ed a poppa di tagliare il rimorchio; poi fece portare le macchine alla massima forza ed accostò a dritta con tutta la barra. Il Fuciliere aveva appena tagliato il cavo di rimorchio e si era allontanato dalla Brarena di circa 400 metri, quando gli aerei sganciarono i siluri da distanza ravvicinata. Un siluro colpì la petroliera, l'altro mancò di poco il Fuciliere, che iniziò a zigzagare ad alta velocità, passandogli poco a poppavia. (I britannici ritennero erroneamente di aver messo a segno due siluri. È da notare che secondo "Navi mercantili perdute" la nave fu colpita alle 21.49, ma ciò non collima con gli orari indicati nel rapporto del Fuciliere, sui quali si basa questa narrazione).

Alle 21.20 circa il Fuciliere avvistò verso est un altro bengala, che il suo comandante giudicò essere un segnale convenzionale di riunione degli aerosiluranti; alle 21.31, calata ormai l'oscurità completa, il cacciatorpediniere tornò ad avvicinarsi alla Brarena, che galleggiava ancora ma era circondata da carburante che copriva il mare tutt'intorno per un raggio di duemila metri. Il siluro l'aveva colpita sotto la plancia, all'altezza della cisterna numero 2.

A bordo della nave cisterna ardeva un incendio di modeste dimensioni, ma bruciava anche l'albero, dal quale si staccavano di continuo spezzoni incandescenti che cadevano in mare, con grave pericolo per chi si trovava nelle vicinanze. Avvicinatosi alla Brarena, il Fuciliere recuperò il comandante Garassini ed altri naufraghi che si trovavano su due zattere, scadute sottovento.


Il comandante Garassini informò Cerrina Feroni che a bordo della Brarena erano rimasti quattro uomini uccisi dal mitragliamento effettuato dai bombardieri durante l'attacco, mentre un quinto uomo, che non era riuscito a salire sulla zattera, era rimasto attaccato ai paranchi. Ritenendo troppo pericoloso rimanere ancora così vicino e sottovento alla petroliera colpita, il comandante del Fuciliere decise di portarsi sopravvento rispetto alla Brarena, dopo di che mise a mare il battellaccio e lo mandò alla ricerca dell'uomo rimasto attaccato ai paranchi.

La piccola imbarcazione compì un giro attorno alla nave cisterna, ma non vide nessuno; le chiamate dei marinai a bordo rimasero senza risposta.

Cerrina Feroni valutò la situazione e soppesò le possibilità: avvicinarsi alla Brarena in quelle condizioni era un pericolo, e se anche fosse riuscito a ristabilire il rimorchio, il tempo perso e la bassa velocità del rimorchio non gli avrebbero permesso di portare la Brarena sotto Lampedusa (che distava circa nove miglia) prima di giorno; l'indomani mattina si sarebbe trovato ancora al di fuori del raggio della caccia italiana e sarebbe stato così esposto a nuovi attacchi aerei, e come se non bastasse erano state avvistate ingenti forze navali nemiche dirette verso il Canale di Sicilia. Alla luce di tutto ciò, decise che la cosa migliore sarebbe stata abbandonare la Brarena e raggiungere il convoglio "Folgore" per rinforzarne la scorta: inviò quindi un telegramma al Folgore richiedendo l'autorizzazione di affondare la motocisterna danneggiata ed unirsi poi al convoglio. Altro telegramma, numero di protocollo 37428, fu trasmesso a Supermarina per informarla dell'accaduto.

Il caposcorta Giuriati diede il suo assenso alla proposta di Cerrina Feroni, ed il Fuciliere aprì il fuoco contro la Brarena con i cannoni da circa 1500 metri di distanza, sparando 28 granate dirompenti contro la sala macchine e mirando alla linea di galleggiamento; la nave ferita, però, si rifiutò di affondare – le petroliere erano dure a morire, se non esplodevano –, e quando il Cerrina Feroni ne informò Giuriati, questi gli ordinò semplicemente di abbandonare alla deriva il relito galleggiante ed unirsi al convoglio.


In tutto, sei uomini morirono nell'affondamento della Brarena: quattro rimasero uccisi sulla nave da mitragliamento aereo e due, tra cui il secondo ufficiale, morirono sul Fuciliere per la gravità delle ferite riportate. I sopravvissuti furono sbarcati a Tripoli dal Fuciliere, unitosi al convoglio "Folgore" nella notte sul 23 e giunto nel capoluogo libico alle 17 di quello stesso giorno.


Le vittime:


Giuseppe Cuparini, nostromo, da Trieste

Luigi Maddaluni, marinaio, da Pozzuoli

Vitantonio Semeraro, ufficiale radiotelegrafista, da Taranto

Antonio Stefancich, giovanotto, da Fiume

Eugenio Summonti, secondo ufficiale, da Viareggio

Santo Vosilla, marittimo, da Fianona


Il comandante Garassini ricevette la Croce di Guerra al Valor Militare, con motivazione «Comandante di motocisterna, attaccata e incendiata da bombardieri nemici, si prodigava con sereno coraggio ed elevato spirito di abnegazione nei tentativi di spegnimento degli incendi, contendendo alle fiamme la sua nave. Resosi vano ogni sforzo, provvedeva tempestivamente, sotto l'infuriare di un nuovo attacco aereo, alla salvezza dell'equipaggio e, benché ferito, accettava di passare sulla nave scorta solo ad operazioni ultimate».


La Brarena in fiamme (da “Focus” numero 146, dicembre 2004)

Alcuni siti Internet di lunga inglese, equivocando la correlazione tra i due attacchi aerei sul convoglio "Folgore" e sulla Brarena, affermano erroneamente che quest'ultima procedeva accanto al Preussen quando questi fu colpito e sarebbe stata incendiata dall'esplosione di quella nave, venendo poi finita da un altro attacco aereo mentre era a rimorchio.

La Brarena rimase alla deriva per più di una settimana, finché ad inizio agosto si arenò ad est della boa numero 3 delle Kerkennah e si abbatté su un fianco. Il recupero venne giudicato impossibile, e la nave fu considerata perduta. In seguito scivolò a profondità maggiore, dove giace tutt'ora.

Il relitto della Brarena è stato localizzato nel giugno 2004 dalla spedizione "Mizar 2004", composta da Andrea Ghisotti, Pietro Faggioli, Fabio Mondaini, Carmine D'Alleva, Giovanni Greco, Roberto Martini e Roger Parodi. Ancora molto ben conservata all'epoca del ritrovamento, tanto da far dubitare che fosse affondata da oltre sessant'anni, la Brarena riposa in assetto di navigazione a 50-55 metri di profondità ed a 36 miglia dalla costa: pochissime le concrezioni, probabilmente per via del tipo di vernice utilizzata sulla nave, nociva per alghe, spugne ed altri organismi marini. Lo squarcio del siluro è ben visibile a centro nave, sulla dritta, ed a proravia della sala macchine sono riconoscibili gli squarci aperti dalle cannonate sparate dal Fuciliere nell'infruttuoso tentativo di finire la nave agonizzante.


La Brarena su Wrecksite

La Brarena su Sjohistorie

La Brarena su Skipshistorie

La Scottish Borderer su Clydeships

La Scottish Borderer su DerbySulzers

La Brarena su Warsailors

La Brarena su Krigsseilerregisteret

Malta Strikes Back: The Role of Malta in the Mediterranean Theatre 1940–1942

Nessun commento:

Posta un commento