Profilo delle motozattere tipo MZ-B, cui apparteneva la MZ 783 (Historisches Marinearchiv) |
Motozattera della seconda serie della classe MZ, tipo
"MZ-B", costruita per trasportare anche carri armati grazie ad una
stiva più alta ed al portellone di sbarco rinforzato rispetto alle unità della
serie precedenti. Lunga 46,50 metri e larga 6,50, con un pescaggio di 1,18
metri se scarica, dislocava 140 o 174 tonnellate, che salivano a 279 a pieno
carico (poteva caricare 65 tonnellate di materiali). Era propulsa da tre motori
diesel prodotti dalle Officine Meccaniche di Milano, della potenza complessiva
di 450 HP, su altrettante eliche; raggiungeva una velocità di 11-12 nodi, con
un’autonomia di 1450 miglia a 8 nodi. L’armamento consisteva in un cannone da
76/40 mm e due mitragliere da 20/70 mm.
Breve
e parziale cronologia.
Novembre
1942
Impostata dai Cantieri Riuniti dell’Adriatico di
Monfalcone (numero di costruzione 1425).
15
febbraio 1943
Varata nei Cantieri Riuniti dell’Adriatico di
Monfalcone.
4
marzo 1943
Entrata in servizio (altra fonte colloca l’entrata in
servizio al 1° marzo).
20
marzo 1943
Alle 19 la MZ 783
(guardiamarina Gaetano Luigi Mereu) salpa da Trapani insieme alle gemelle MZ 778 (capoconvoglio, tenente di
vascello Giorgio Lupo), MZ 779, MZ 781 e MZ 782, per una missione di trasporto di rifornimenti verso la
Tunisia.
Durante la notte, circa a metà della traversata del
Canale di Sicilia, si aggrega al convoglio anche la motozattera MZ 786 (guardiamarina Mario Lanfredi),
partita da Palermo e carica di benzina e carri armati. Si posiziona sulla
sinistra della MZ 778.
21
marzo 1943
Alle 5.28 le motozattere del convoglio vedono un’enorme
vampata levarsi dalla MZ 786, che
viene subito avvolta dalle fiamme: il suo carico di benzina, pompata nei doppi
fondi, ha preso fuoco.
La MZ 783,
trovandosi sopravvento, è insieme alla MZ
781 l’unica motozattera del convoglio che non è costretta ad allontanarsi
dall’unità incendiata per il rischio di essere raggiunta dal carburante in
fiamme, riversatosi in mare e rapidamente sparsosi sulla superficie intorno
alla MZ 786. Dopo che la MZ 781 ha compiuto un giro attorno al
relitto incendiato della MZ 786 (che
continua a girare in tondo spargendo altro carburante in fiamme, avendo il
timone incatastato ed il motore ancora in funzione) senza avvistare naufraghi,
la MZ 783 rimane nei pressi del
relitto e mette a mare un battellino per cercare eventuali sopravvissuti; nel
corso delle ore successive l’imbarcazione recupera dal mare il nocchiere
Gioacchino Terzo, il sergente cannoniere Antonio Pastore e quattro carristi
(che viaggiavano sulla MZ 786 per
accompagnare in Africa i loro carri armati), tutti gravemente ustionati e quasi
irriconoscibili. Pastore muore poco dopo il salvataggio. Per ultimi vengono
tratti in salvo e portati sulla MZ 783
il direttore di macchina della MZ 786,
capo Alfonso Ghirardini, ed un sergente nocchiere, che non presentano invece
ferite gravi.
Ulteriori ricerche risultano del tutto infruttuose: non
ci sono altri sopravvissuti; la MZ 778
finisce a cannonate il relitto in fiamme della 786 in posizione 37°33' N e 10°54' E (a nord di Capo Bon), poi alle
9.30 la flottiglia riprende la navigazione verso Biserta, dove giunge in
giornata.
23
marzo 1943
Lascia Biserta per rientrare in Italia, insieme alle
altre motozattere.
24
marzo 1943
Arriva a Trapani.
Mine
L’incredibile storia della MZ 783 mostra come nemmeno le motozattere, a dispetto del
ridottissimo pescaggio, potessero considerarsi al sicuro dall’arma più
insidiosa della guerra sul mare: la mina.
Il mattino del 24 marzo 1943 un convoglio di quattro
cacciatorpediniere, in missione di trasporto truppe verso la Tunisia, incappò
in un campo minato posato alcune settimane prima dal posamine britannico Abdiel nel canale di Sicilia:
affondarono i cacciatorpediniere Ascari
e Lanzerotto Malocello, con i quali
scomparvero in mare quasi mille uomini tra membri degli equipaggi e soldati
tedeschi diretti in Tunisia. Per soccorrere i naufraghi, dalla Sicilia e dalla
Tunisia furono inviate sul luogo del disastro alcune motozattere, che per le
loro caratteristiche erano ritenute più adatte ad affrontare i pericoli di una
zona minata; il Comando della 4a Flottiglia Motozattere, di stanza a
Trapani, dispose che almeno due delle sue unità, rientrate da poche ore da una
missione di trasporto in Tunisia, riprendessero subito il mare per andare in
soccorso dei naufraghi di Ascari e Malocello. Il tenente di vascello
Giorgio Lupo, comandante della MZ 778
ed ufficiale più anziano, scelse per il difficile compito la sua unità e la MZ 783, comandata dal guardiamarina
Gaetano Luigi Mereu; inoltre per avere un aiuto fece imbarcare sulla MZ 778 anche il sottotenente di vascello
Giorgio Arcangeli, comandante della MZ
724, e sulla MZ 783 il
guardiamarina Fioravanti Tartuffo, comandante della MZ 784.
Alle 18.30 MZ 783
e MZ 778 salparono dunque da Trapani
e si diressero a dieci nodi verso il luogo del disastro, scontrandosi con il
mare da scirocco, che andava peggiorando. Alle 2.30 del 25 marzo avvistarono
una nave ospedale illuminata e tentarono di avvicinarsi per chiedere maggiori
informazioni, ma questa, non avendole viste nell’oscurità, rimise in moto e si
allontanò. Alle 3.30 il tenente di vascello Lupo giudicò di essere giunto sul
luogo del duplice affondamento ed ordinò di iniziare il rastrello, sottovento
rispetto all’area in cui i due cacciatorpediniere dovevano essere affondati,
per tener conto dello scarroccio. Nel giro di un’ora, le due motozattere si
persero di vista, e proseguirono le ricerche ognuna per conto proprio.
Il mare mosso faceva rollare e beccheggiare fortemente
le piccole unità, i cui scafi sprofondavano a volte nel cavo delle onde
immergendosi al di sotto del loro normale pescaggio, ed avvicinandosi così alla
profondità a cui potevano trovarsi le mine. Alle 6.40 la MZ 783 venne scossa da una violenta esplosione: prima che il comandante
Mereu, che con Tartuffo e parte dell’equipaggio si trovava in coperta, potesse
rendersi conto di cosa fosse successo, tutta la poppa era scomparsa, troncata
di netto ad un paio di metri dalla plancia. Con essa si erano inabissati i nove
uomini che si trovavano nel locale equipaggio, situato a poppa estrema. Non
c’era stato il tempo di fare niente, probabilmente non avevano nemmeno avuto il
tempo di comprendere cosa stesse accadendo.
Di colpo l’equipaggio della MZ 783 era stato dimezzato: su 18 uomini presenti a bordo al
momento della partenza da Trapani, ne rimanevano ora nove: Mereu, Tartuffo, i
nocchieri Giuseppe Bologna e Giovanni Puma, il mitragliere Davide Manfrini, il
radiotelegrafista Mario Calvanese, illesi; il sergente nocchiere Anchise Coli, il
sergente cannoniere Luigi Nocera ed il marinaio cannoniere puntatore scelto
Damiano Granata, feriti. Granata era grave. Subito gli uomini rimasti indenni
prestarono i primi soccorsi ai tre feriti, che si trovavano vicino al cannone,
tra i sacchetti di sabbia. Tutt’attorno al cannone si erano sparpagliate le
munizioni delle riservette, già spolettate, per fortuna senza esplodere.
Mereu ritenne poi che l’esplosione fosse stata causata
da una mina magnetica. Un primo esame dei danni mostrò che la poppa era stata
asportata a partire dal locale motori, che era andato distrutto; lo scafo, a
causa del sollevamento della poppa, aveva subito una flessione al centro con
conseguente allagamento dei doppi fondi di dritta, del deposito munizioni e
dell’alloggio del comandante, oltre ad infiltrazioni d’acqua nella stiva. Venne
verificata la chiusura stagna di tutti gli sfoghi d’aria delle sentine;
penetrato nel suo alloggio semiallagato, il comandante Mereu tentò di
trasmettere la posizione della sua unità con il radiotelefono, ma l’acqua che
aveva allagato lo scomparto delle batterie aveva messo fuori uso il prezioso
apparato.
Senza più eliche né timoni, la motozattera era diventata
una semplice zattera, ed i suoi occupanti poco più che naufraghi, nemmeno in
grado di comunicare a terra la loro critica situazione. Se non altro, per
quanto mutilata, la MZ 783 sembrava
galleggiare bene; occorreva periodicamente svuotare la stiva dell’acqua che vi
si infiltrava, operazione che Mereu ordinò di effettuare ogni tre ore. Per stabilizzare
la piccola unità a fronte del mare e del vento in forte aumento, Mereu diede
ordine di calare le due ancore di prua, filando tutti i cento metri di cavo da
entrambe le parti.
Non rimaneva ora che aspettare e sperare che la MZ 778, o qualche altro mezzo navale od
aereo, avvistasse la MZ 783 e si
rendesse conto della sua critica situazione. Purché ad avvistarla per prima non
fosse il nemico.
Nella stiva era stato rinvenuto un barilotto con una
dozzina di litri d’acqua dolce, che Mereu razionò assegnando a ciascuno un
terzo di bicchiere al giorno, mentre dalla cambusa, interamente allagata, venne
recuperato un sacco di gallette, ormai imbevute di acqua salata e di nafta.
Non sarebbe stata la MZ
778 ad andare in soccorso dell’unità gemella: Mereu non lo poteva sapere,
ma alle 9.05 la motozattera del tenente di vascello Lupo era stata mitragliata
da alcuni caccia P-38 "Lightning", che l’avevano seriamente
danneggiata e costretta a rientrare alla base.
Alle undici la MZ
783 avvistò due convogli di aerei, di cui cercò vanamente di attirare
l’attenzione; meglio andò alle 16.30, quando due bimotori della Luftwaffe
avvistarono la motozattera danneggiata e la sorvolarono a bassa quota a più
riprese, segno evidente che si erano accorti della sua situazione. Mezz’ora più
tardi sopraggiunsero altri due aerei tedeschi ed un idrovolante anch’esso
tedesco, che a dispetto del forte vento sorvolarono ripetutamente a bassa quota
la MZ 783, lanciandole un pacco di
provviste e diversi battelli pneumatici, che però l’equipaggio della
motozattera non riuscì a recuperare a causa del forte vento che li aveva fatti
cadere in mare e li spingeva rapidamente lontano. Mare e vento andavano infatti
peggiorando, e la motozattera andava accentuando il suo sbandamento sulla
dritta. Alle sei di sera Damiano Granata, il ferito grave, esalò l’ultimo
respiro: niente si era potuto fare per aiutarlo, in mancanza di personale ed
attrezzature mediche adeguate.
Il mattino del 26 marzo l’equipaggio della motozattera
avvistò un aereo a grande distanza, che da parta sua non sembrò averla vista.
Il preoccupante sbandamento sulla dritta, ormai di trenta gradi, indusse a
procedere all’allagamento della cala del nostromo a sinistra, al fine di
controbilanciarlo; le condizioni meteomarine non accennavano a migliorare.
Passò un altro giorno, senza che nessuno giungesse in soccorso. Alle 12.30 del
27 marzo gli uomini della MZ 783
avvistarono un altro aereo e, credendolo amico, sventolarono i salvagente rossi
per richiamarne l’attenzione: ma il velivolo, puntando sulla sinistra della
motozattera, sganciò da trenta metri di quota una bomba, ad una ventina di
metri di distanza sul traverso della motozattera. Fortunatamente, l’ordigno
rimbalzò e sorvolò la piccola unità prima di ricadere in mare sulla dritta, senza
esplodere; dopo aver lanciato la bomba, l’aereo aprì il fuoco sulla motozattera
con la mitragliatrice di coda, indi effettuò un secondo passaggio mitragliando
a bassa quota e poi se ne andò. Se non altro, questo attacco causò danni di
rilievo solo al di sopra della linea di galleggiamento.
Alle cinque di quel pomeriggio vennero avvistati due
trimotori italiani Savoia Marchetti S.M. 81, che tuttavia non si avvicinarono.
Unica buona notizia per quel giorno, nel corso del pomeriggio vento e mare
andarono gradualmente migliorando.
Il mattino del 28 marzo una aereo passò ad alta quota
sopra la MZ 783, mentre il vento
continuava a soffiare da sudest. Anche questo giorno passò senza che nessuno
giungesse in aiuto, ma finalmente, alle sei del mattino del 29 marzo, venne
avvistata la terraferma: era la costa della Sardegna. Il vento aveva cambiato
direzione e spingeva la motozattera proprio verso la costa; non essendoci
abbastanza uomini per salpare le due ancore, il comandante Mereu diede ordine
di filarle in mare, e fece preparare una zattera di fortuna con cui raggiungere
la terra nel caso il vento fosse nuovamente girato ed avesse nuovamente
sospinto il relitto galleggiante della MZ
783 verso il mare aperto. Per tutta la mattina l’equipaggio sparò diversi
razzi di segnalazione Very, nella speranza che qualcuno li vedesse dalla riva;
alle due del pomeriggio venne avvistato un motoveliero, che alle 14.45 prese la
MZ 783 e diresse su Arbatax, dove
finalmente giunse alle sei di quella sera. La motozattera di Mereu era andata
alla deriva per quattro giorni e mezzo, coprendo una distanza di quasi trecento
miglia.
Quel che restava della motozattera venne preso in
consegna dal capitano di corvetta che comandava il distaccamento di Marina
Arbatax, mente gli otto “naufraghi” mangiavano e pernottavano in città. Coli e
De Nocera vennero ricoverati nella locale infermeria, mentre il corpo di
Granata fu lasciato a bordo della MZ 783.
Il mattino del 30 marzo i superstiti furono condotti in
ambulanza a Cagliari, dove vennero presentati all’ammiraglio. Coli e De Nocera
vennero poi ricoverati in un ospedale della zona, mentre i sei uomini rimasti
indenni furono mandati l’indomani all’Ospedale Militare Marittimo della
Maddalena.
Le
vittime:
Antonio
Bisaccia, marinaio motorista, da Villa San Giovanni
Luigi
De Cicco, marinaio cannoniere, da Napoli
Damiano
Granata, marinaio cannoniere, da Gaeta
Firmo
Pedretti, marinaio cannoniere, da Villa Carcina
Giuseppe
Piccinno, marinaio segnalatore, da Bagnolo del Salento
Wladimiro
Sangiorgio, marinaio cannoniere, da Dubino
Bruno
Sauri, sergente motorista, da Venezia
Luciano
Soldati, marinaio motorista, da Carrara
Mario
Valle, marinaio cannoniere, da Recco
Pietro
Villani, marinaio cannoniere, da Agerola
La motivazione della Medaglia d'Argento al Valor
Militare conferita al guardiamarina Gaetano Luigi Mereu, nato a Nuoro il 29
luglio 1920:
"Comandante di motozattera in missione verso una
base avanzata per salvataggio di naufraghi, saltata l'unità su mina e avuta
asportata la poppa, dimostrava durante 5 giorni in cui la motozattera con mare
tempestoso è andata alla deriva, animo virile e sereno coraggio. Ha saputo
infondere ai superstiti dell'equipaggio la fiducia e la certezza, prendendo
tutte le disposizioni utili per portare a salvataggio il relitto. Bell'esempio
di virtù militari, e di sentimento del dovere. (Mediterraneo Centrale, 24 -29
marzo 1943)."
La motivazione della Medaglia d'Argento al Valor
Militare conferita al guardiamarina Fioravanti Tartuffo, nato a Pietra Ligure
il 28 dicembre 1921:
"Comandante di motozattera, appena rientrato da
missione verso base avanzata si offriva volontariamente per coadiuvare altro
comandante che riusciva immediatamente per salvataggio naufraghi. Saltata
l'unità su mina e asportata la poppa, per 5 giorni in mare tempestoso,
coadiuvava con fermo coraggio il comandante per cercare con tutti i mezzi il
salvataggio del rottame alla deriva. Magnifico esempio di virtù militari e di
sentimento del dovere. (Mediterraneo Centrale, 24-29 marzo 1943)."
La motivazione della Medaglia di Bronzo al Valor
Militare conferita al sergente nocchiere Anchise Coli (nato a Monte Argentario
il 7 luglio 1919), al sergente cannoniere Luigi Nocera (nato a Castellammare di
Stabia il 3 giugno 1914), ai marinai nocchieri Giovanni Puma (nato a Pozzallo
il 4 gennaio 1920) e Giuseppe Bologna (nato a Palermo il 1° gennaio 1919), al
marinaio cannoniere puntatore mitragliere Davide Manfrini (nato a Rovereto il
1° dicembre 1922)
"Con sereno spirito di abnegazione ed entusiasmo,
appena rientrato da una missione verso base avanzata, riprendeva subito il mare
per tentare il salvataggio di naufraghi. Sinistrata la nave per esplosione su
mina, durante cinque giorni di navigazione alla deriva, con mare tempestoso fra
stenti e privazioni, mostrava di possedere forti virtù militari e marinaresche,
rendendosi di valido aiuto a bordo. (Mediterraneo Centrale, 24-29 marzo
1943)."
Alla memoria dei dieci caduti venne conferita la Croce
di Guerra al Valor Militare.
Nonostante i gravissimi danni, la MZ 783 venne ritenuta ancora riparabile, e da Arbatax fu portata a
Livorno, dove entrò in cantiere per i lavori di ricostruzione della poppa. I
lavori erano ancora lungi dal completamento quando l’8 settembre 1943 venne
annunciato l’armistizio tra l’Italia e gli Alleati, e l’indomani Livorno fu
occupata dalle truppe tedesche; al pari delle altre unità che vi si trovavano
in lavori ed erano impossibilitate a muovere (le corvette Antilope, Artemide e Camoscio, più le corvette Alce, Capriolo, Cervo, Renna, Daino e Stambecco ed i
cacciatorpediniere Carrista, Corsaro II, Comandante Margottini, Comandante
Borsini e Comandante Baroni, ancora
in costruzione od in allestimento), la MZ
783 cadde così in mano tedesca e venne incorporata nella Kriegsmarine con
il nuovo nome di F 2783 (per altra
fonte, F 4777, ma sembra probabile un
errore).
Assegnata alla 2. Landungsflottille, se ne perdono le
tracce: dalla documentazione tedesca non emerge alcuna notizia sulla sua sorte
successiva alla cattura. Con ogni probabilità, i lavori di riparazione non
furono mai completati, ed il moncone di motozattera rimase inutilizzato a
Livorno finché non fu distrutto da uno degli innumerevoli bombardamenti angloamericani
che devastarono la città toscana nel 1943-1944, o venne autoaffondato dai tedeschi
come ostruzione prima della loro ritirata nel luglio 1944.
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