domenica 22 gennaio 2023

San Salvatore

Il San Salvatore a Ponza in una foto del 17 agosto 1927 (foto Biagio D’Arco, via Archivio Giovanni Pacifico e www.frammentidiponza.blogspot.com)

Il San Salvatore, già Maria Assunta, era un motoveliero da carico di 92,24 tsl, costruito a Torre del Greco nel 1924 per la famiglia ponzese dei Sandolo, che lo impiegava nel trasporto di aragoste vive: tratta nella quale i Sandolo erano tra i principali commercianti in Italia e nel Mediterraneo (lo stesso Gennaro Sandolo, trasferitosi a Marsiglia, era riuscito a conquistare una fetta non indifferente dell’importante mercato dei crostacei di quella città). Dotato di motore ausiliario, era provvisto di stive con speciali aperture per il ricambio dell’acqua. Nel 1940 era di proprietà dell’armatore Gennaro Sandolo di Gaeta (o Ponza), che l’aveva iscritto con matricola 362 al Compartimento Marittimo di Gaeta; il comandante era invece il fratello Raffaele Sandolo (prima di lui, lo avevano comandato Giuseppe Sandolo e Salvatore Sandolo). Dato degno di nota, il volume "Navi mercantili perdute" dell’Ufficio Storico della Marina Militare ne indica il nome come S. Salvatore, invece che con la versione estesa come invece con altre navi; detto volume lo descrive come una goletta, sebbene dalle immagini disponibili sembrerebbe piuttosto che si trattasse di un brigantino goletta.
 
Paolo Iannuccelli narra qualche aneddoto relativo a questa piccola nave sul sito “Ponza Racconta”: "Durante un mese di febbraio, non proprio clemente sulle condizioni meteomarine, il San Salvatore partì verso la Sardegna, dopo aver caricato i gozzi dei pescatori si alzarono le vele. Sessanta miglia fuori Ponza affrontarono una terribile tempesta con venti di scirocco e mezzogiorno e persero il controllo del bastimento. Per giorni non si ebbero notizie del San Salvatore, a quel tempo non esistevano baracchini. Chi arrivava in un posto spediva immediatamente un telegramma alla famiglia, rassicurando tutti. Fortunatamente il vento spinse l’imbarcazione verso Santo Stefano dove finalmente si rifocillano riuscendo a tranquillizzare i familiari in ansia. In altra occasione si persero le tracce del San Salvatore e di un altro peschereccio. Le mogli dei pescatori si recarono da un sensitivo residente a Santa Maria che si mise sotto una coperta entrando in  trance. Le donne udirono spaventosi lamenti e da sotto la coperta il veggente assicurò che le due imbarcazioni sarebbero ritornate a Ponza il giorno seguente. Non sbagliò, indovinò persino l’orario. Anche in Grecia i marinai imbarcati sul San Salvatore si fecero notare incontrando un greco molto loquace che indicò loro uno scoglio ove pescare le aragoste. Ne presero davvero tante dopo aver posizionato le nasse. Il capitano Raffaele Sandolo si recò su un isolotto vicino e riempì un sacco pieno di uccelli. Fatto ritorno sul gozzo, i ponzesi ritirano le nasse con aragoste a volontà. Non c’erano più esche, aprirono il sacco di uccelli e li misero nelle nasse. Il sistema funzionò, quando ritirarono le nasse si vedevano prima le penne degli uccelli, poi le aragoste". E ancora: "In un anno imprecisato, certamente prima della guerra, un noleggiatore di Catania, in prossimità di Natale, ordinò  ai fratelli Sandolo un carico di capitoni dalla Grecia da far pervenire sui mercati italiani in prossimità delle feste natalizie. Fatto il carico sul burchiello “Maria Assunta”, il capitano mise la prua verso le coste dell’Italia. Il motoveliero era comandato da Gennarino Sandolo, affiancato da suo fratello Raffaele; nostromo Biagio Rivieccio e tre marinai d’equipaggio. Giunti nel Salento, a ridosso delle coste del Leccese, il vento da Maestrale rinforzò spingendoli verso sud e costringendoli a riparare a ridosso di Malta; ma la tempesta fu tale che li sballottò per sette giorni e per sette notti lungo il Mediterraneo, senza lasciargli tregua, tanto che furono più volte sul punto di naufragare. Le vele venivano strappate dal vento e sottocoperta era un continuo rattoppare tele. Invocarono atterriti la Madonna della Salvazione S. Silverio. Poi Raffaele impose al fratello, che s’intestardiva a puntare verso nord, di assecondare il vento e di appoggiare sulle coste dell’Africa. Giunsero così nel porto di Alessandria d’Egitto. Qui gli inglesi li guardarono con sospetto scambiandoli per spie e quel burchiello con la stiva tutta  sforacchiata e piena di capitoni gli sembrava una nave pirata sbucata dalla tormenta infernale. Non erano pirati: erano i temerari marinai ponzesi, al comando dei fratelli Sandolo di Le Forna, leggendari capitani coraggiosi. A Ponza intanto li aspettavano… e aspettavano invano! Erano attesi per festeggiare in famiglia il Capodanno. Il vecchio padre li attendeva con ansia da una settimana, ma di loro nessuna notizia; le comunicazioni a quel tempo erano quasi inesistenti. Si cominciò a pensare al peggio e nella famiglia si diffuse la paura e lo sgomento. Il vecchio Salvatore telegrafò a Catania al noleggiatore per chiedergli spiegazioni. Ma lui stesso non era in grado di darle, e per saperne di più non gli restò che recarsi in un convento di monaci sulla cima di un monte per chiedere una divinazione. I monaci assecondarono la sua richiesta e nel silenzio della notte sentirono il rumore di un motore; non ebbero più dubbi e predissero l’arrivo del bastimento. Infatti l’indomani il “Maria Assunta” entrò nel porto e il noleggiatore poté finalmente telegrafare a Ponza: “Tutto bene”. Il vecchio Salvatore pianse in cuor suo e festeggiò i figli ritrovati che di lì a poco raggiunsero Ponza".
 

Come tanti altri motovelieri, in seguito all’entrata dell’Italia nella seconda guerra mondiale il San Salvatore venne requisito dalla Regia Marina – alle ore 15 del 27 giugno 1940 – ed iscritto in pari data nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato con sigla V 176, venendo destinato al servizio di vigilanza foranea; nel suo caso, però, la requisizione durò appena un mese, in quanto già il 28 luglio 1940 venne derequisito e radiato dal ruolo del naviglio ausiliario dello Stato.
La sua “smilitarizzazione” non lo salvò comunque dalle distruzioni della guerra. Alle 22.45 del 22 novembre 1941, mentre era in navigazione da Olbia a Civitavecchia con un carico di formaggio, altri viveri e due asini, il San Salvatore venne attaccato dal sommergibile olandese O 21 in posizione 41°25’ N e 10°38’ E, una sessantina di miglia ad est di Capo Ferro.
L’O 21, al comando del capitano di corvetta Johannes Frans van Dulm, era partito da Gibilterra per la sua quindicesima missione di guerra (la quarta in Mediterraneo) il 9 novembre, e fino a quel momento non aveva avuto fortuna. Tra il 15 ed il 21 novembre, pattugliando la rotta percorsa dai convogli tra Napoli e Capo Ferrato, aveva condotto tre attacchi contro piccoli convogli o piroscafi isolati nel Tirreno, ma i suoi siluri erano sempre andati a vuoto: fu proprio l’incontro con il San Salvatore a segnare la svolta nella missione del sommergibile olandese.
 
Avvistata la piccola nave italiana alle 22.34, su rilevamento 125°, il comandante Van Dulm la identificò correttamente come una goletta, ma ne sovrastimò di parecchio le dimensioni, che valutò in circa 500 tsl, più del quintuplo del reale. Alle 22.45 l’O 21 aprì il fuoco con il cannone contro il San Salvatore; dopo la prima salva, i sette uomini che componevano l’equipaggio del motoveliero abbandonarono la nave su una piccola lancia rapidamente messa in mare. Dopo aver incassato 47 colpi, il San Salvatore affondò di prua alle 23.10, in posizione 41°20’ N e 10°33’ E (o 41°25’ N e 10°42’ E), un punto del Tirreno centrale in cui il mare è profondo oltre 1700 metri (fonti italiane affermano invece che affondò nelle prime ore del 23 novembre).
L’intero equipaggio del San Salvatore riuscì a mettersi in salvo, raggiungendo stremato La Maddalena dopo aver remato per 40 miglia. I naufraghi raccontarono che il sommergibile aveva aperto il fuoco contro la lancia con il cannone (o le mitragliere), e che a salvarli era stata la nebbia improvvisamente calata dopo che avevano invocato San Silverio, patrono di Ponza. (Il che sembra però strano se si considerano i trascorsi di Van Dulm, che in una precedente missione trasse in salvo 22 naufraghi del piroscafo italiano Isarco ed in questa fece lo stesso con i superstiti del sommergibile tedesco U 95. Forse l’O 21 stava tirando ancora contro il San Salvatore, qualche colpo finì vicino alla scialuppa ed i naufraghi credettero di essere loro il bersaglio). Sempre Paolo Iannuccelli aggiunge un particolare più “leggero”: "la prima cassetta che [i naufraghi] trovarono fu subito oggetto di attenzioni: cercavano dei viveri ma trovarono dei liquori".
 
L’O 21 continuò la sua caccia con alterne fortune: il 23 novembre lanciò infruttuosamente due siluri contro un contatto ottenuto all’idrofono, mentre il 24 affondò a cannonate un altro piccolo motoveliero, il Nuovo Sant’Antonio, senza superstiti tra l’equipaggio. Iniziata la navigazione di rientro a Gibilterra, il 28 novembre ottenne il maggiore successo della missione quando silurò e affondò il sommergibile tedesco U 95, recuperandone i dodici superstiti tra cui il comandante. Entrò trionfalmente a Gibilterra qualche ora più tardi, concludendo così la sua ultima missione di guerra in Mediterraneo: dopo un lungo periodo di lavori nel Regno Unito, sarebbe stato infatti trasferito in Estremo Oriente nel 1942.
 
Il San Salvatore sopravvive oggi in un affresco realizzato dal suo comandante, Raffaele Sandolo, nella chiesa di Ponza.
  

L’affresco ritraente il San Salvatore nella chiesa di Ponza (da www.frammentidiponza.blogspot.com)


L’affondamento del San Salvatore nel giornale di bordo dell’O 21 (da Uboat.net):
 
"2134 hours - Sighted ship bearing 125°. The ship proved to be a 2-mast schooner of about 500 tons.
2145 hours - Opened fire with the deck gun. The crew abandoned ship with their small boat after the first round.
2210 hours - The schooner was seen to sink bow first after 47 rounds."
 
 

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