mercoledì 8 luglio 2020

Balilla

Il Balilla nei primi anni di servizio, con le antenne radio alzate (da www.italie1935-45.com)

Sommergibile oceanico, capoclasse della classe omonima.
La classe Balilla, composta da quattro unità dedicate ad altrettanti patrioti, fu la prima classe di sommergibili ad essere costruita in Italia dopo la fine della prima guerra mondiale, dopo una “pausa” di alcuni anni dovuta alla difficile situazione economica italiana del primo dopoguerra. Nella prima metà degli anni Venti, con il graduale miglioramento dell’economia italiana, la Regia Marina decise di dare il via ad un piano di rinnovamento della flotta subacquea, a partire dalla costruzione di una classe di sommergibili di grande dislocamento, capaci di operare al di fuori del Mediterraneo per lunghi periodi, al fine di portare l’offensiva contro il traffico  nemico anche in acque oceaniche, lontane e controllate dall’avversario (secondo alcune fonti, i Balilla furono pensati per la guerra al traffico in Oceano Indiano, con partenza dalle basi italiane in Africa Orientale). Nacque così la classe Balilla, la cui costruzione venne ordinata con il bilancio navale 1923-1924 (il primo nel quale la Marina iniziò a ricevere i finanziamenti necessari al rinnovo della flotta dopo la fine della Grande Guerra) ed affidata ai cantieri Ansaldo San Giorgio del Muggiano, che proprio nel 1925, anno della loro impostazione (per altra fonte, nel 1927), cambiarono denominazione in Odero Terni Orlando.
Il grande ammiraglio Paolo Thaon di Revel, nominato Ministro della Marina il 31 ottobre 1922, aveva deciso che il rinnovamento della flotta subacquea sarebbe dovuto cominciare con la costruzione di “prototipi” di nuove classi di sommergibili, parte dei quali avrebbero dovuto essere in grado di operare anche negli oceani; l’elaborazione del progetto di tali prototipi fu affidata alla fine del 1922 al Comitato progetti navi, per poi passare per altre commissioni. Una commissione composta dal sottocapo di Stato Maggiore della Marina, dai direttori generali del Ministero della Marina, dal capo del Reparto Sommergibili dello Stato Maggiore e dal comandante della Squadriglia Sommergibili di La Spezia ebbe l’incarico di studiare se sarebbe stato più conveniente costruire quattro sommergibili di grande crociera o cinque di media crociera; la decisione, all’unanimità, fu per la prima opzione, secondo il ragionamento per cui tali battelli, essendo utilizzabili anche negli oceani, sarebbero stati utili in caso di guerra contro determinati Paesi, a partire dalla Francia.


Lo Stato Maggiore della Marina stabilì alcune caratteristiche fondamentali che i nuovi battelli avrebbero dovuto avere: profondità operativa di 100 metri; armamento silurante del calibro di 533 mm; armamento artiglieresco con funzione sia antinave che contraerea; velocità di 17 nodi in superficie ed 8 in immersione.
Ispirati agli “incrociatori sommergibili” tedeschi della Grande Guerra, i Balilla appartenevano al tipo "a doppio scafo totale": uno scafo interno, collaudato per resistere ad una profondità di 100 metri, formato da un fuso cilindrico che alle estremità formava due tronchi di cono, con al suo interno le casse emersione, rapida ed assetto ed i serbatoi dei lubrificanti; ed uno scafo esterno, formato da una struttura leggera della quale facevano parte i compartimenti allagabili (che circondavano la maggior parte dello scafo resistente) e l’intercapedine a libera circolazione. Il carburante era in parte contenuto nello scafo interno ed in parte nei doppi fondi. Elaborato privatamente dai cantieri Ansaldo San Giorgio in collaborazione con i dipartimenti tecnici di altre due grandi società cantieristiche, l’Odero Terni Orlando ed i Cantieri Riuniti dell’Adriatico, quello a doppio scafo totale sarebbe divenuto uno dei tre principali tipi di sommergibili costruiti per la Regia Marina nel periodo interbellico, insieme al tipo "a scapo semplice con controcarene e doppi fondi esterni" ideato dal colonnello del Genio Navale Curio Bernardis ed al tipo "a doppio scafo parziale" pensato dal tenente colonnello del Genio Navale Virginio Cavallini.

La falsatorre del Balilla, con in rilievo il motto “Che l’inse?” (Naval History and Heritage Command, via Giorgio Parodi e www.naviearmatori.net)

Con un dislocamento di 1464,4 tonnellate (per altra fonte 1450) in superficie e 1927,4 (per altre fonti 1904) in immersione ed una lunghezza fuori tutto di 86,75 metri, i Balilla erano i più grandi sommergibili mai costruiti in Italia, ed anche in seguito furono superati nelle dimensioni da pochissime classi: tra i sommergibili oceanici “d’attacco”, il malriuscito Ettore Fieramosca del 1931, da 1556/1965 tonnellate, i tre classe Calvi da 1550/2060 tonnellate del 1935 ed i quattro classe Ammiragli del 1941, con dislocamento di 1702/2184 tonnellate; in più, il grande sommergibile posamine Pietro Micca di 1567/1967 tonnellate del 1935 ed i sommergibili da trasporto classe R, da 2210/2606 tonnellate, completati a partire dal 1943.
I Balilla appartenevano a pieno titolo alla categoria dei “sommergibili incrociatori” di grandi dimensioni e grande autonomia (le prime unità italiane di questo genere: furono, di fatto, i primi veri sommergibili oceanici della Regia Marina), pensati per la guerra al traffico mercantile in mari lontani, con lunghe missioni che li avrebbero portati a grande distanza dalle basi di partenza. Il loro progetto, sviluppato nel 1923 dalla società Ansaldo-San Giorgio, era stato influenzato da quello della classe tedesca UE II di sommergibili siluranti e posamine di grande crociera (dislocamento di 1164 miglia in superficie e 1512 in immersione, autonomia di 11.470 miglia a 8 nodi), uno dei quali, l’U 120, era stato consegnato all’Italia nel novembre 1918. Dato il loro previsto impiego, nella loro progettazione fu data grande importanza all’autonomia, alle qualità nautiche ed all’abitabilità.

Il Balilla in navigazione a lento moto, con il telemetro periscopico alzato (da “Sommergibili italiani tra le due guerre” di Alessandro Turrini, 1990, via www.betasom.it

Lo scafo resistente dei Balilla era diviso in sette compartimenti stagni: da prua a poppa, camera di lancio siluri prodiera, quadrato ufficiali e sottufficiali e locale batterie di prua, camera di controllo e batteria di poppa, locale motori ausiliari, locale motori diesel, locale motori elettrici di propulsione, camera di lancio siluri poppiera. Nelle casse di zavorra era possibile imbarcare complessivamente 456 tonnellate d’acqua; l’aria compressa per la cassa della rapida era immagazzinata in contenitori della capacità complessiva di 11.900 litri, ed il suo impiego doveva essere limitato ai soli casi d’emergenza, in quanto per la ricarica dell’aria compressa, effettuata con elettrocompressori San Giorgio, occorreva un lungo periodo in superficie.
Il timone di direzione aveva una superficie di 7,4 metri quadri; i timoni di profondità prodieri, situati al di sopra della linea di galleggiamento, erano ripiegabili, mentre quelli poppieri si trovavano poco a poppavia delle eliche. I timoni erano azionati elettricamente dalla camera di controllo, ma in caso di emergenza potevano essere anche azionati manualmente dalla camera di lancio siluri prodiera (per i timoni di profondità di prua) o da quella poppiera (per quelli di poppa).
Ufficiali e sottufficiali erano alloggiati in due cabine adiacenti, situate sopra il locale batterie di prua; i marinai dormivano in cuccette a castello sistemate nelle due camere di lancio.
La dotazione d’acqua dolce, stivata in tre casse, era di dodici metri cubi; in caso di necessità, altri undici metri cubi potevano essere stivati nelle casse di compensazione. C’era a bordo anche un elettrodistillatore in grado di produrre 2000 litri di acqua dolce al giorno. Per i cibi freschi vi era una camera frigorifera tipo Audiffen Singrun; le cucine erano due, una elettrica situata nella camera di lancio prodiera, ed una a gasolio, utilizzabile soltanto in emersione, all’interno della torretta.

Compartimentazione interna del Balilla (da www.italie1935-45.com)

L’apparato propulsivo per la navigazione in superficie era costituito da due motori diesel FIAT Q 458 a due tempi della potenza complessiva di 4900 CV (2450 CV per motore; per altra fonte 4000 CV complessivi, 2944 kW), da 380 giri al minuto, che consentivano una velocità massima di 17,5 nodi; quello per la navigazione in immersione era rappresentato da due motori elettrici a corrente continua Savigliano della potenza totale di 2200 CV (1620 kW complessivi; 1100 CV per motore a 280 giri al minuto per un’ora, o 600 per motore a 230 giri al minuto per tre ore), coi quali si raggiungeva una velocità massima di 8,9 nodi. Le eliche erano due, a tre pale.
(Secondo altra fonte, invece, le velocità di 17,5 nodi in superficie e 8,9 in immersione erano le velocità massime previste dal progetto, mentre quelle effettive risultarono leggermente inferiori: 16 nodi in superficie – furono raggiunti i 17,5 soltanto alle prove – e 7 in immersione).
Con una scorta di 152 tonnellate di gasolio, l’autonomia in superficie era di 3000 miglia a 16 (o 17) nodi, 7050 a 8,5 nodi e 12.000 (o 13.000) a 7 nodi, quella in immersione di 110 miglia a tre nodi, 80 miglia a 4 nodi ed otto miglia a 8,9 nodi. I motori elettrici erano alimentati da una batteria di accumulatori al piombo, composta da 240 elementi suddivisi in quattro gruppi di 60; ciascun accumulatore poteva generare 3200 ampere-ora per un’ora, o 6300 ampere-ora per dieci ore.
Vi era anche un motore ausiliario (costituito da un gruppo elettrogeno diesel FIAT Q 304, derivato secondo una fonte dai motori diesel MAN tedeschi della Grande Guerra) da 425 o 500 CV (368 kW) e 500 giri al minuto per la navigazione in superficie (forniva energia ai due motori elettrici principali; era inoltre adibito alla carica delle batterie accumulatori ed all’erogazione di energia elettrica per i servizi ausiliari), col quale era possibile raggiungere una velocità massima di 7 nodi ed un’autonomia, a tale velocità, di ben 12.000 miglia.
La profondità di collaudo era di 100 metri (110 per altra fonte; durante le prove il Millelire raggiunse i 122 od i 135 metri), notevole per gli anni Venti.

Un sommergibile classe Balilla (Coll. Mauro E. Vampi via www.naviearmatori.net)

L’armamento era originariamente costituito da un cannone da 120/27 mm OTO Mod. 1924 (con scorta di 150 colpi), sistemato in un inusuale alloggiamento scudato a proravia della torretta (della quale questo alloggiamento risultava una continuazione, formando con essa un blocco unico), in due mitragliere singole da 13,2/76 mm (con scorta di 3000 colpi per mitragliera) ed in sei tubi lanciasiluri da 533 mm, quattro a prua e due a poppa, con scorta di dodici siluri (otto per i tubi di prua e quattro per quelli di poppa; altra fonte parla invece di una scorta di sedici siluri, due per ogni tubo prodiero ed uno per ogni tubo poppiero). Vi era inoltre, all’estremità poppiera dello scafo resistente, un tubo orizzontale lanciamine col quale era possibile trasportare e posare quattro mine dall’interno del sommergibile; questo tubo fu però eliminato su tutte le unità della classe, con l’eccezione del Balilla, durante lavori eseguiti a metà anni Trenta, nei quali vennero modificate anche le strutture dell’estrema poppa (altra fonte afferma invece che il tubo lanciamine fu installato solo sullo Sciesa, altra ancora che lo Sciesa fu l’unico della classe che non lo ebbe mai).
Nel 1934 l’armamento venne modificato, sbarcando il cannone da 120/27 ed imbarcando al suo posto un più moderno (e lungo) pezzo da 120/45 mm OTO Mod. 1931, installato in una più tradizionale sistemazione “sprotetta” in coperta, a proravia della torretta. Le due mitragliere singole da 13,2 mm vennero inoltre sostituite con altrettante armi binate dello stesso calibro.
Particolarità della classe era costituita dal telemetro periscopico, che poteva essere alzato od ammainato tramite un sistema di sollevamento a fune, azionato da un motore elettrico. Impiegabile come periscopio d’esplorazione (in aggiunta ai due periscopi esistenti, d’attacco e d’osservazione), era formato da due parti distinte, un telemetro ed un periscopio; il telemetro era del tipo mono-statico a coincidenza. La lunghezza periscopica era di otto metri e mezzo, la base del telemetro di un metro e mezzo, e l’apparato era capace di 22 ingrandimenti, poteva alzarsi o deprimersi di 15° ed aveva brandeggio illimitato.

La camera di lancio siluri prodiera del Balilla; in primo piano i fondi mobili dei tubi lanciasiluri (g.c. STORIA militare)

Nel complesso, i Balilla furono giudicati sommergibili ben riusciti, robusti, manovrieri e di buone qualità marine sia in superficie che in immersione (buona tenuta del mare, buona manovrabilità in immersione), come confermato anche dalle lunghe ed impegnative crociere di prova che furono fatte loro compiere sia in Atlantico (da Balilla e Millelire durante la “Crociera aerea del decennale” del 1933) che in mari tropicali (da Toti e Sciesa che nel 1933-1934 compirono il periplo dell’Africa). I loro principali difetti, secondo alcune fonti (ad esempio “Submarines: An Illustrated History of Their Impact” di Paul E. Fontenoy), erano una stabilità non eccezionale ed una certa lentezza nei tempi d’immersione, problema quest’ultimo comune a pressoché tutti i sommergibili italiani. Il motore diesel ausiliario si rivelò inoltre troppo inaffidabile per la sua funzione originaria – quella di rendere possibile missioni a lungo raggio –, tanto che si decise di non installarlo sulle successive classi di sommergibili, al fine di risparmiare spazio prezioso all’interno dello scafo (fece eccezione la classe Ammiragli, grandi “sommergibili incrociatori” a lungo raggio costruiti durante la seconda guerra mondiale, sui quali questo concetto venne ripreso).
Un quinto sommergibile della classe Balilla, l’Humaitá, fu costruito dall’OTO per la Marina brasiliana (la cui intera arma subacquea, dalla nascita nel 1914 agli anni Cinquanta, fu costituita da unità di costruzione italiana: i primi sommergibili del Brasile erano stati tre battelli della classe F, costruiti dai cantieri FIAT-San Giorgio di La Spezia; dopo l’Humaitá furono costruiti per il Brasile, nel 1937, tre sommergibili della classe Adua, che con l’Humaitá rappresentarono l’intera flotta subacquea brasiliana durante il secondo conflitto mondiale), interessatasi alla nuova classe mentre ancora il progetto era in fase di studio. Si trattava di una versione modificata della classe Balilla, del dislocamento di 1390 o 1450 tonnellate in superficie e 1884 in immersione; le principali differenze rispetto ai Balilla erano rappresentate dalla posizione dei motori diesel (prodotti dall’Ansaldo, anziché dalla FIAT) ed elettrici (sistemati più a proravia), nell’assenza dei timoni di profondità prodieri, in una diversa distribuzione delle casse di zavorra, nel diverso calibro del cannone di coperta (102 mm, anziché i 120 dei Balilla), nella maggior capacità di trasporto e posa di mine (16 ordigni), nella lunghezza maggiore di mezzo metro, nel pescaggio leggermente più ridotto (quattro metri, anziché 4,11) e nella velocità leggermente superiore sia in superficie (18,5 nodi) che in immersione (9,5 nodi). Ordinato dal Brasile nel 1925, andandosi ad aggiungere ai quattro battelli già impostati per la Marina italiana, ed entrato in servizio nel luglio 1929, l’Humaitá sarebbe stato radiato nei primi anni Cinquanta.
Dalla classe Balilla fu derivato il progetto della classe Calvi di sommergibili oceanici, costruita in tre esemplari nel 1932-1935, che diede in guerra eccellenti risultati. Elementi del progetto dei Balilla, a partire dalla struttura a doppio scafo totale, furono ripresi anche nella progettazione dei più piccoli sommergibili di media crociera della classe Argo, anch’essa giudicata molto riuscita e poi riprodotta e migliorata con la classe Flutto o Tritone.
La Marina sovietica, che nel 1925 ottenne dall’Italia, tramite una missione navale, copia dei progetti della classe Balilla, ne incorporò vari elementi nel progetto della (non molto riuscita) classe Dekabrist (sei unità costruite tra il 1927 ed il 1930), i primi sommergibili costruiti in Unione Sovietica dopo la Rivoluzione d’Ottobre.

Il Balilla (al centro) con Millelire (a sinistra) ed Humaità (a destra) in allestimento al Muggiano (da www.italie1935-45.com)

Nel corso della loro carriera, i Balilla ricevettero varie migliorie, sulla scorta delle eSperienze fatte; dopo i primi anni di servizio, tuttavia, la loro efficienza andò calando a causa del rapido deterioramento del materiale (specialmente degli apparati motori, soggetti a frequenti guasti), ed allo scoppio della seconda guerra mondiale, con già dodici anni di intenso servizio (tra crociere oceaniche e la partecipazione alla guerra civile spagnola) sulle spalle, erano ormai battelli logorati e di ridotta efficienza, che necessitavano di lunghi periodi di lavori dopo ogni missione, anche di breve durata (le loro grandi dimensioni, per di più, li rendevano poco adatti all’impiego in Mediterraneo). Dopo poche missioni offensive, furono pertanto adibiti a compiti addestrativi od a missioni di trasporto; tre di essi furono disarmati durante la guerra e trasformati in bettoline o pontoni di carica (Balilla e Millelire già nel 1941, il Toti nel 1943), il quarto (lo Sciesa) andò perduto a fine 1942 durante una missione di trasporto. Lo storico Giorgio Giorgerini ne dà la seguente valutazione: “…furono giudicati di ottime qualità nautiche e di eccellente manovrabilità subacquea, doti che furono anche dimostrate nelle lunghe crociere svolte da questi sommergibili in lontani mari caldi e freddi. All’entrata in servizio furono registrate alcune deficienze, ma è cosa abbastanza normale quando si costruiscono delle unità che in pratica sono ancora dei proTotipi. Furono un buon banco di prova per i battelli successivi, ma all’entrata in guerra nel 1940 erano naturalmente superati e anziani”.

Balilla, Humaità e Millelire in allestimento al Muggiano nel 1928 (da www.italie1935-45.com)

Durante la seconda guerra mondiale il Balilla svolse soltanto sei missioni (tre offensive ed altrettante di trasferimento), percorrendo in tutto 3271 miglia in superficie e 440 inn immersione e trascorrendo complessivamente 32 giorni in mare, prima di essere relegato a compiti addestrativi e poi disarmato.
Il suo motto era “Che l’inse?” (dialetto genovese: “la comincio [la rivolta]?”; fase pronunciata da Giovanbattista Perasso, detto Balilla, nello scatenare la rivolta che portò nel 1746 alla cacciata delle truppe austriache da Genova).

Breve e parziale cronologia.

12 gennaio 1925
Impostazione presso i cantieri Ansaldo San Giorgio del Muggiano, a La Spezia (numero di costruzione 202).
La costruzione è diretta dall’ingegner Carlo Lardera, già ufficiale del Genio Navale, che secondo una fonte avrebbe anche partecipato alla progettazione della classe.


Assemblaggio rivettato dello scafo resistente del Balilla (da www.italie1935-45.com)

Installazione dell’albero motore di uno dei due motori diesel (Alberto Turrini, via www.italie1935-45.com)
Costruzione della parte resistente della torretta (da www.italie1935-45.com)

20 febbraio 1927
Varo presso i cantieri Odero Terni Orlando (nuova denominazione assunta dai cantieri dopo l’assorbimento dell’Ansaldo San Giorgio da parte dell’OTO) del Muggiano.
L’evento riceve qualche attenzione anche sulla stampa internazionale: l’"Ashburton Guardian" e l’"Otago Daily Times ", ad esempio, lo descrivono come “il primo sommergibile al mondo capace di immergersi a 300 piedi [90 metri] e navigare a 19 nodi in superficie e 10 in immersione”.
Durante le successive prove di collaudo, condotte sotto la supervisione del direttore del cantiere navale del Muggiano, ingegner Giovanni Dujardin, il Balilla scende fino a 110 metri di profondità.

Una sequenza di immagini ritraenti il varo del Balilla (Coll. Roberto Liberi, via www.associazione-venus.it):






Notizia del varo del Balilla sull’“Otago Daily Times” del 24 febbraio 1927
Durante l’allestimento, con Millelire ed Humaità (da “Gli squali dell’Adriatico” di Alessandro Turrini)

21 luglio 1928
Entrata in servizio.
Con i gemelli Enrico TotiAntonio Sciesa e Domenico Millelire va a formare la I Squadriglia Sommergibili (detta "di grande crociera" perché composta da sommergibili oceanici di grande autonomia), facente parte della flottiglia sommergibili di La Spezia.
Luglio 1928
Durante una prova d’immersione, il Balilla stabilisce un primato raggiungendo una profondità di 105 metri.

Il Balilla nel 1928 (Coll. Maurizio Brescia, via www.associazione-venus.it

Marzo 1929
I quattro sommergibili della classe Balilla effettuano una crociera con scali nei porti spagnoli del Mediterraneo e dell’Atlantico, fino a Lisbona.

Un’altra foto del Balilla con le antenne radio alzate, nei primi anni di servizio (da “Gli squali dell’Adriatico” di Alessandro Turrini, via www.betasom.it)

Aprile 1929
Il Balilla riceve a Genova, città natale del patriota eponimo, la bandiera di combattimento, offerta proprio dall’Opera Nazionale Balilla; a consegnarla al comandante del Balilla è il presidente dell’O.N.B., Renato Ricci. Il cofanetto portabandiera, realizzato in radica di noce dalla ditta ebanista romana N. Babusci e con fregi in oro e avorio, è stato disegnato dal celebre architetto Enrico Del Debbio, che è anche direttore dell’ufficio tecnico dell’Opera Nazionale Balilla.

Il cofanetto portabandiera del Balilla (da www.casadellarchitettura.eu)

1929
I quattro sommergibili della classe Balilla compiono una crociera con scalo nei porti mediterranei ed atlantici della Spagna, arrivando fino a Lisbona in Portogallo.
6 febbraio-23 marzo 1930
Il Balilla, insieme ai sommergibili Tito Speri (capitano di corvetta Romolo Polacchini) e Vettor Pisani (capitano di corvetta Giuseppe Micheluccini), compie una crociera di prova in Atlantico. Scopo della crociera è verificare “sul campo” quale tipo di sommergibile di media crociera sia il migliore: il tipo Bernardis a scapo semplice con doppifondi e controcarene esterne, rappresentato dalla classe Pisani; od il tipo Cavallini a doppio scafo parziale, rappresentato dalla classe Mameli (di cui lo Speri fa parte). Il Balilla dovrà accompagnare i due sommergibili più piccoli in una sorta di crociera “comparativa”, nella quale si dovrà verificare quale delle due classi si comporta meglio in acque oceaniche.
Proprio il Balilla, al comando del capitano di fregata Armando Fumagalli (descritto da Luigi Petrillo, direttore di macchina dello Speri, come “un milanese piccolo di statura, già sommergibilista durante la prima guerra mondiale, abbastanza severo ma umano e buon marinaio”), è unità caposquadriglia della formazione. I tre sommergibili si radunano a La Maddalena ad inizio febbraio; il 5 febbraio viene tenuta sul Balilla una riunione cui partecipano i comandanti ed i direttori di macchina delle tre unità, al fine di concordare i dettagli della crociera (durante la riunione scoppia sullo Speri un incendio di nafta, rapidamente domato senza conseguenze), dopo di che, rifornitisi di nafta, Balilla, Speri e Pisani partono da La Maddalena all’una del pomeriggio del 6 febbraio. Destinazione sono le isole di Capo Verde, da raggiungere senza scali intermedi; si tratta della più lunga traversata eseguita, fino a questo momento, da un sommergibile italiano, con l’eccezione del viaggio di consegna dei sommergibili classe H dal Canada all’Italia durante la prima guerra mondiale (viaggio che però aveva visto scali intermedi e l’appoggio di unità di superficie e rifornitrici).
Poco dopo la partenza, i tre sommergibili incontrano mare grosso, in progressivo peggioramento. Nei primi giorni risulta possibile effettuare alcune esercitazioni e prove d’immersione, ma poi lo stato del mare peggiora a tal punto da rendere difficile anche solo proseguire. Il Balilla, grazie alle sue maggiori dimensioni, è dei tre quello che se la cava meglio; Speri e Pisani incontrano maggiori difficoltà. Al largo delle Baleari il mare raggiunge forza 9; i sommergibili avanzano a stento, sballottati dalle onde, a non più di 4-5 nodi. Dei tre, quello che ha le maggiori difficoltà è il Pisani, che giunge a chiedere al caposquadriglia il permesso di puggiare in un porto: ma Fumagalli, dal Balilla, risponde seccamente: “La nostra meta è il Capo Verde”. Faticando a proseguire, in un momento particolarmente critico il Pisani scarica parte della sua nafta in mare per alleggerirsi.
Balilla e Speri avrebbero a bordo nafta sufficiente per rifornire anche il Pisani in modo da raggiungere Capo Verde, ma le tempestose condizioni meteomarine impediscono un rifornimento in mare aperto; dopo un intenso scambio di messaggi tra i tre battelli – “e con l’evidente arrabbiatura del caposquadriglia”, come scriverà nelle sue memorie Luigi Petrillo – viene deciso di rinunciare a raggiungere le isole di Capo Verde e di puntare invece sulle Canarie, che avrebbero dovuto essere una tappa intermedia nel viaggio di ritorno (questa decisione desterà malumori a Roma, dando vita ad un’inchiesta dopo il rientro dei tre sommergibili).
Superato lo stretto di Gibilterra, lo stato del mare migliora; ci sono ancora onde lunghe (durante tutta la crociera, i tre battelli non incontreranno mai mare veramente calmo), ma nel complesso il mare è meno mosso che nel Mediterraneo, e non c’è molto vento.
La sera del 18 febbraio, dopo dodici giorni di navigazione, Balilla, Speri e Pisani raggiungono La Luz, a Las Palmas di Gran Canaria. Ad attenderli e dar loro il benvenuto c’è un gruppo di membri della locale comunità italiana, capeggiato dal console onorario italiano, un odontotecnico del posto.
Nei giorni successivi, i tre sommergibili vengono sottoposti a lavori di pulizia, rassetto e riparazione dei danni causati dal mare; intanto, i membri dell’equipaggio non di turno possono girare per Las Palmas, e gli ufficiali della Marina spagnola organizzano un ricevimento in onore dei loro colleghi italiani. Viene imbarcata una quantità industriale di banane, che sono coltivate nell’isola e costano pochissimo (cinque lire per un centinaio di banane), con l’idea di portarle in Italia (invece marciranno tutte dopo pochi giorni dalla partenza, e dovranno essere buttate in mare).
Il 26 febbraio, dopo otto giorni di sosta, Balilla, Speri e Pisani lasciano Las Palmas per fare ritorno in Italia. Il mare è mosso, ma non troppo. Il 4 marzo viene raggiunta Gibilterra, dove gli equipaggi ricevono la posta dall’Italia; l’ammiraglio britannico Berwick Curtis, comandante la base di Gibiltera, offre un pranzo in onore degli ufficiali italiani, cui partecipano i tre comandanti dei sommergibili, un altro ufficiale per ciascun sommergibile, il console generale d’Italia ed altri consoli. Il mattino seguente, gli ufficiali britannici invitano gli italiani ad una partita di calcio: viene così formata un’improvvisata squadra con elementi prelevati dai tre sommergibili tra gli ufficiali e marinai che dicono di saper giocare a calcio, con scarpe e maglie acquistate sul posto. Prevedibilmente, la partita è vinta dai britannici.
Il 7 marzo Balilla, Speri e Pisani lasciano Gibilterra diretti a Valencia; il mare incontrato in questo tratto è il più “calmo” dell’intera crociera. Giunti all’altezza del meridiano di Greenwich, il comandante Fumagalli del Balilla decide di effettuare delle esercitazioni combinate con Speri e Pisani, e comunica loro un punto per l’immersione collettiva. Lo Speri, tuttavia, scambia erroneamente la longitudine indicata dal Balilla come ad ovest di Greenwich, anziché ad est; s’immerge così nel punto sbagliato, lontano da Balilla e Pisani. Resosi conto dell’errore, ed ormai impossibilitato a partecipare all’esercitazione, il comandante dello Speri riemerge e comunica al Balilla la sua posizione via radio, chiedendo l’autorizzazione a restare in immersione per 24 ore per “autopunirsi”. Fumagalli risponde: “Restate sotto a vostro piacimento”. Lo Speri passa così ventiquattr’ore sott’acqua, dalle 14 del 9 marzo alle 14 del 10. Il direttore di macchina dello Speri, Luigi Petrillo, è fresco sposo (tanto che il comandante Fumagalli, in una conversazione privata con lui, ha espresso il suo rammarico “perché non si deve mandare un fresco sposo in una crociera simile”): quando verso le dieci del mattino del 10 lo Speri fa emergere l’antenna della radio per comunicare con il Balilla, questi gli ritrasmette un radiotelegramma proveniente dalla moglie di Petrillo, in Italia, a ricordo dei tre mesi passati dal matrimonio.
L’11 febbraio i tre sommergibili raggiungono Valencia, dove trascorrono tre giorni per poi proseguire alla volta di Barcellona, arrivandovi il 16 marzo. Qui Balilla, Speri e Pisani vengono accolti con particolare calore dalla locale comunità italiana: vengono organizzati innumerevoli pranzi, balli, tè, gite in auto e spettacoli teatrali; gli ufficiali vengono invitati dal direttore del locale stabilimento della Cinzano a visitare la fabbrica, che manda poi in regalo agli equipaggi diverse casse di bottiglie ed innumerevoli bottigliette di vermouth. Il 20 marzo i tre sommergibili lasciano Barcellona diretti inizialmente a La Maddalena, ma  durante la navigazione, il mattino del 21, ricevono l’ordine di fare invece rotta su La Spezia, dove arrivano nel primo pomeriggio del 23 marzo.


Balilla (al centro), Speri e Pisani a Barcellona (Generalitat de Catalunya – Archivio nazionale di Catalogna)


1930
Balilla e Sciesa compiono una crociera alle Canarie e poi in Nord Europa, fino ad Anversa.
1931
Il Balilla viene scelto per lo svolgimento di prove relative alla riduzione o contenimento del surriscaldamento dei motori e degli apparati ausiliari, causa di guasti nonché di difficili condizioni di abitabilità dei locali motori. Il Comando della Squadra Sommergibili decide di compiere a titolo sperimentale delle prove prolungate del complesso ausiliario con refrigerazione della dinamo, in modo da stabilire se il riscaldamento del motore sia dovuto esclusivamente alla sua sistemazione, o da altre cause; prove da effettuare appunto sul Balilla.
Lo Stato Maggiore della Marina, tuttavia, nega il permesso per effettuarle, con questa motivazione: «Questo eSperimento dà occasione a questo G.U. di esprimere il proprio parere anche sulla questione dei complessi ausiliari per i nuovi smg per i quali risulterebbe che è stata concessa la sistemazione di una nuova dinamo con ventilazione di aria refrigerata. Questo G.U. aveva già in occasione dello studio del progetto di smg da 600 tonn., espresso il parere che anche i motori principali per i smg dovessero essere progettati in modo che, almeno per andature comprese tra la minima e la mezza forza, non fosse necessaria la ventilazione refrigerata per evitare rumori di ventilatore e pompe di circolazione nocivi per l’ascoltazione subacquea. La refrigerazione della dinamo del complesso ausiliario impone la sistemazione di ventilatore e condotte di ventilazione, refrigerante, pompe di circolazione, con complicazione della installazione che potrebbe probabilmente essere evitata con una più accurata ed efficiente ventilazione del locale».


(Coll. Guido Alfano, via Giorgio Parodi e www.naviearmatori.net


Marzo-Ottobre 1933
Insieme al Millelire (capitano di corvetta Franco Zannoni) ed alle cannoniere Giuseppe Biglieri e Pellegrino Matteucci, il Balilla (capitano di fregata Valerio Della Campana) viene impiegato in Atlantico settentrionale in appoggio alla Crociera aerea del Decennale (così detta perché svolta in occasione del decennale della nascita della Regia Aeronautica, ma nota anche come Crociera Aerea Nord-Atlantica; Orbetello-Chicago-New York-Roma, 1° luglio-2 agosto 1933) di Italo Balbo. Il capitano di fregata Della Campana è anche comandante del gruppo di appoggio navale; tre anni prima era stato imbarcato su uno degli otto esploratori classe Navigatori adibiti all’appoggio degli idrovolanti di Balbo nella precedente crociera aerea Italia-Brasile del 1930-1931.

Il Balilla nella configurazione iniziale (USMM via www.italie1935-45.com

23 marzo 1933
BalillaMillelire salpano da La Spezia diretti negli Stati Uniti, per la missione di appoggio alla trasvolata di Balbo. Biglieri e Matteucci sono già partite.
1° maggio 1933
BalillaMillelireBiglieri e Matteucci arrivano a Boston, dove sostano per due settimane venendo sottoposti a manutenzione.

Il Balilla diretto al Charlestown Navy Yard il 1° maggio 1933, in una serie di foto scattate dalla nave faro di Boston (Leslie Jones Collection, via Boston Public Library):







Altre tre foto del Balilla in arrivo a Boston (Leslie Jones Collection – Boston Public Library):




Una serie di immagini del Balilla (e del Millelire) a Boston nel maggio 1933 (dal Naval History and Heritage Command e da Leslie Jones Collection-Boston Public Library):












Balilla (a sinistra) e Millelire ormeggiati al Charlestown Navy Yard di Boston, il 1° maggio 1933 (Leslie Jones Collection, Boston Public Library):




16 maggio 1933
Lasciata Boston, BalillaMillelireBiglieri e Matteucci raggiungono Halifax.
19 maggio 1933
Il Balilla ed il resto del gruppo lasciano Halifax diretti a St. John’s, Terranova.
22 maggio 1933
Balilla e resto del gruppo raggiungono St. John’s, dove trovano ad aspettarli il panfilo Alice dell’Aeronautica e due baleniere noleggiate per fungere da navi appoggio, Malaga e San Sebastiano.


Balilla e Millelire durante la sosta a St. John’s (da www.grupsom.com)


Balilla, Millelire ed il panfilo Alice della Regia Aeronautica a St. John’s (da www.grupsom.com)

Dettaglio della falsatorre del Balilla durante la sosta a St. John’s. Si notano, rispetto alla configurazione originale, gli oblò aggiunti nella parte anteriore della torretta (da www.grupsom.com)
Un’altra immagine scattata nella medesima occasione (g.c. Mauro Millefiorini, via www.naviearmatori.net)

Luglio 1933
Lasciata St. John’s, il Balilla e le altre navi appoggio raggiungono le posizioni assegnate nel Nord Atlantico per svolgere il loro compito di supporto. Balilla, Biglieri e Millelire, che formano il primo gruppo (il secondo consiste invece in Matteucci, Malaga e San Sebastiano), raggiungono le posizioni assegnate il 3 luglio; la sera del 5 Balilla e Millelire si dispongono in linea come previsto, mentre il rompighiaccio Ungava prende posizione a trenta miglia da Cartwright per cooperare con la Biglieri nella ricerca e soccorso di eventuali idrovolanti che fossero costretti ad ammarare nella cinta dei ghiacci.
Il Balilla funge da radiofaro, stazione radiogoniometrica e centro di comunicazione, effettua osservazioni meteorologiche e comunica le condizioni meteo agli aerei di Balbo, attraversando tutto l’Atlantico ed arrivando negli Stati Uniti. Oltre a questi servizi, la presenza delle unità di appoggio è importante anche per garantire i soccorsi nell’eventualità di incidenti od emergenze, che fortunatamente non avranno a verificarsi.
Dato che la missione deve svolgersi in acque burrascose, nebbiose e disseminate di blocchi di ghiaccio alla deriva, lo Stato Maggiore della Marina ha ritenuto inadatti a tale compito gli incrociatori leggeri ed i cacciatorpediniere, troppo “delicati” e con autonomia relativamente ridotta; si sono invece scelti i due sommergibili della classe Balilla in ragione della loro grande autonomia, della loro robustezza e delle loro qualità marine. L’impiego dei due battelli nel Nord Atlantico è anche visto dai vertici della Marina come un’ottima occasione per verificare il comportamento dei sommergibili e degli equipaggi in condizioni meteomarine estreme, e fare così esperienze che potranno tornare utili in caso di impiego bellico. Sarà, infine, un’occasione per “mostrare la bandiera” in nazioni lontane.
Oltre a Balilla, Millelire, Biglieri e Matteucci, uniche unità della Marina, vi sono altre undici navi adibite all’appoggio degli aerei impegnati nella trasvolata: il panfilo Alice della Regia Aeronautica, usato come nave appoggio meteorologica; sei baleniere (con equipaggi britannici e comandanti italiani) noleggiate ed equipaggiate appositamente con apparati ricetrasmittenti e radiogoniometri Marconi; quattro navi danesi impiegate per il servizio meteorologico nonché per eventuali soccorsi ad idrovolanti che dovessero trovarsi in difficoltà.
Gli aerei di Balbo (venticinque idrovolanti Savoia Marchetti S. 55, con a bordo in totale un centinaio di uomini tra piloti, navigatori e motoristi: sono più del totale degli aviatori che abbiano fino a quel momento attraversato l’Atlantico dai tempi della prima trasvolata senza scalo, compiuta nel 1919 da John Alcock ed Arthur Brown), decollati da Orbetello il 1° luglio 1933, fanno tappa ad Amsterdam, Londonderry e Reykjavik (così percorrendo complessivamente 4300 km), poi attraversano l’Atlantico da Reykjavik a Cartwright, in Canada, con un viaggio di 2400 km.
Proprio nel tratto Reykjavik-Cartwright, il più difficile (la rotta più settentrionale, ai limiti dell’autonomia degli aerei del tempo, in precedenza attraversata da altri aerei soltanto cinque volte, e soltanto con scalo intermedio in Groenlandia; peraltro in zona di mare caratterizzata da frequenti burrasche, nebbie persistenti ed iceberg alla deriva), è determinante l’appoggio delle unità navali: queste vengono disposte a formare un’“aerovia” (già sperimentata, con esito soddisfacente, nella tappa Londonerry-Reykjavik), con l’impiego in totale di undici unità, tutte dotate di radio uguali a quelle in dotazione degli idrovolanti nonché di radiogoniometro "Marconi". Nel primo tratto del percorso (Islanda-Capo Farewell) vengono disposte quattro baleniere noleggiate per la traversata, mentre nel tratto successivo (Capo Farewell-Cartwright) vengono posizionate cinque unità, scaglionate ad intervalli regolari (circa 120 miglia tra una nave e l’altra), nell’ordine: baleniera San SebastianoMillelireBalillaBiglieri; rompighiaccio Ungava. La Matteucci e la baleniera Malaga vengono invece inviate in punti di osservazione collaterali. Su alcune delle navi sono imbarcati dei geofisici, per eseguire osservazioni meteorologiche.
La squadra aerea di Balbo decolla da Reykjavik il 12 luglio 1933; gli aerei incontrano nebbia e piovaschi, ma vengono guidati dalle onde elettromagnetiche dell’“aerovia”, sorvolando una dopo l’altra le diverse unità navali posizionate lungo la rotta: alcune vengono viste, mentre altre, non visibili a causa della nebbia e della pioggia, vengono rilevate con rilevamenti radiogoniometrici. Tra le 14.50 e le 17.15 gli idrovolanti sorvolano in successione MillelireBalilla e Biglieri, i cui equipaggi si sbracciano in saluti entusiastici.
Giunti tutti a Cartwright, come da programma, gli idrovolanti proseguono nella crociera, facendo tappa a Shediac, Montreal, Chicago (sede dell’esposizione internazionale “Century of Progress”) e New York, per poi ritornare a Shediac.
Oltre alla funzione di supporto ai velivoli impegnati nella trasvolata, la crociera del Balilla e del Millelire permette anche di testare le qualità oceaniche della classe Balilla, con risultati che vengono giudicati positivi. Nei momenti “liberi”, in cui non sono impegnati ad eseguire rilevazioni meteo o comunicare con gli aerei, i due sommergibili effettuano esercitazioni di navigazione subacquea e simulazioni di attacco in superficie (col cannone) ed in immersione (con i siluri). Il comandante Della Campana relazionerà così nel rapporto scritto al termine della missione: «I sommergibili tipo “Balilla” si sono rivelati più che idonei per campagne oceaniche (…) la navigazione in superficie si è constatata difficoltosa e il lavoro delle vedette, se non proibitivo, certo impossibile nella ricerca di obiettivi di superficie. Navigare a quota periscopio in tali condizioni di mare e meteorologiche è possibile se pur con qualche difficoltà, ma l’osservazione al periscopio, come mostrano i risultati sotto riportati, è quasi impossibile (…) pertanto anche il lancio da quota periscopica sarebbe destinato all’insuccesso, considerato che il mare agitato e l’altezza delle onde che si incontrano a quelle latitudini nuocerebbe alla giusta traiettoria dei siluri. (…) considerate le condizioni meteomarine che di solito s’incontrano in quelle acque potrebbero costringere i battelli a navigare in immersione per lunghissimi periodi sino al quasi esaurimento delle batterie (…) salire in superficie per le ricariche e i ricambi d’aria è cosa fattibile e i battelli possono benissimo affrontare una navigazione di superficie ma le condizioni per le operazioni da svolgere, prima di riprendere l’immersione, avverrebbero in condizioni quasi proibitive».
A Chicago, Balilla e Millelire vengono visitati con grande interesse da Italo Balbo, che rivolge poi un discorso di saluto agli equipaggi, salutando infine uno per uno tutti gli ufficiali e marinai al termine dell’adunata. Balbo stesso descriverà così la visita ai due sommergibili nel suo libro “La centuria alata”, racconto in prima persona della trasvolata atlantica: «Vado a visitare i due sommergibili e il Biglieri. Piove a dirotto, ma la gente di mare non sento la pioggia, irrigidita com’è sull’attenti. Visito con grande interesse i provatissimi e stupendi sommergibili, poi faccio adunare tutti i marinai sotto un capannone dei docks. È un momento emozionante. Della Campana mi presenta la sua bella, ruvida e robusta gente: visi su cui il salso ha lavorato, uomini adusati alle intemperie, impavidi contro il destino che, sul mare, è sempre in agguato. Rivolgo loro un saluto. Che cosa dico? Non so. Parlo con il cuore. Infine, quando guardo Della Campana che mi sta a fianco, mi accorgo che ha gli occhi rossi; saluto tutti uno per uno».
Balilla, Millelire e le altre navi appoggio (tranne la Biglieri, che viene inviata nello stretto di Belle Isle per fungere da radiofaro e stazione meteorologica), svolto il loro compito durante il viaggio di andata, fanno ritorno a St. John’s per rifornirsi di carburante – il Balilla il 18 luglio, il Millelire il 20 – onde poi tornare nelle posizioni previste per fornire appoggio agli aerei anche nel viaggio di ritorno. I due sommergibili ripartono pertanto il 21 luglio, ed entro la sera del 26 tutte le unità adibite all’appoggio sono pronte; le condizioni atmosferiche, tuttavia, impediscono agli aerei di decollare ed alle navi di raggiungere le posizioni assegnate, il che induce Balbo a modificare il percorso del ritorno, facendo passare gli aerei più a sud, con scalo nelle Azzorre. Da Shediac, pertanto, gli idrovolanti fanno ritorno a Shoal Harbour e riattraversano l’Atlantico, toccando Ponta Delgada (Azzorre) e Lisbona ed arrivando infine a Roma il 12 agosto 1933.
Balilla, Millelire, Biglieri e Matteucci, non dovendo più svolgere attività di supporto in seguito a questo cambio di programma, vengono inviati in visita a New York.

Il Balilla nella configurazione originale (da “Le navi del re” di Achille Rastelli, SugarCo Edizioni, 1988, via Marcello Risolo e www.naviearmatori.net)

19 agosto 1933
Il Balilla visita New York prima di rientrare in Italia. Si tratta del primo sommergibile straniero a visitare la Grande Mela dopo la fine della prima guerra mondiale. Dopo di esso giungono a New York anche Millelire, Biglieri e Matteucci; il 25 agosto gli equipaggi partecipano a dei festeggiamenti organizzati in onore della Marina italiana dalla popolazione newyorchese.
Mentre Millelire, Biglieri e Matteucci ripartono per l’Italia il 5 settembre, il Balilla si trattiene a New York per altri tre giorni affinché il suo equipaggio vegli la salma del celebre aviatore Francesco De Pinedo, rimasto ucciso il 2 settembre in fase di decollo all’inizio di un tentativo di volo record (6300 km: si sarebbe trattato del più lungo volo senza soste intermedie compiuto fino a quel momento) in solitaria da New York a Baghdad, e partecipi ai solenni funerali tenuti nella cattedrale di San Patrizio a New York (una seconda cerimonia funebre si svolgerà poi in Italia, dove il feretro sarà rimpatriato dal transatlantico Vulcania). Poi, l’8 settembre 1933, anche il Balilla lascia New York per fare ritorno in Italia.
28 settembre 1933
Al loro ritorno dalla missione di appoggio della crociera aerea, BalillaMillelire, Biglieri e Matteucci vengono visitati a Civitavecchia da Benito Mussolini e dal Ministro della Marina, ammiraglio Giuseppe Sirianni.
Complessivamente, il Balilla ha percorso 15.000 miglia per la missione di appoggio alla trasvolata atlantica, toccando Madera, le Bermuda e tutti i principali porti della costa atlantica del Canada e degli Stati Uniti. La missione, particolarmente impegnativa per la lunga durata e per le difficoltà nautiche e meteomarine trovate, e sempre superate, e l’efficiente assistenza data agli aerei (soprattutto per quanto concerne i collegamenti radio) vale un elogio ai comandanti del Balilla e delle altre unità impegnate; l’esperienza condotta con i due sommergibili è in assoluto una delle prime e più esaurienti condotte fino a quel momento a livello mondiale, relativamente alle possibilità dei battelli subacquei in una lunga crociera atlantica ad alte latitudini confinanti con l’Artico. La relazione di fine periodo addestrativo delle forze navali scriverà che «alle conclusioni alle quali si è giunti sull’intensa attività addestrativa dei sommergibili, è giusto aggiungere un’altra conclusione che assume particolare risalto per quanto compiuto dai RR. Sommergibili Balilla e Millelire nella crociera atlantica (…) Le esperienze raccolte sulla condotta e la tenuta dei battelli in condizioni climatiche estreme, sulle tattiche svolte nelle situazioni più varie in cui i sommergibili si sono trovati, il comportamento degli equipaggi (…) consentono ora di mettere a disposizione di questo Comando in Capo delle FF. NN. e dell’Ispettorato dei Sommergibili e dello Stato Maggiore della Regia Marina, una ricca messe di nozioni e di esperienze su cui lavorare per mettere a punto nuovi migliori modi d’impiego dei sommergibili nell’eventualità che una futura guerra ci porti ad operare fuori dal Mediterraneo. Queste imprese sono state un ricco contributo alla conoscenza Sperimentale di questo tipo di naviglio militare che è ancora, come sappiamo, insufficientemente noto sotto qualche aspetto, con tutti i problemi e le incognite che ciò comporta nella più conveniente pianificazione dell’impiego di essi».

Il Balilla viene visitato a Civitavecchia dall’ammiraglio Sirianni insieme alle altre unità che hanno fornito appoggio alla crociera aerea del Decennale, il 28 settembre 1933 (Archivio Luce):




 




L’arrivo di Mussolini (al volante dell’automobile) (g.c. Nedo B. Gonzales, via www.naviearmatori.net)

Mussolini passa in rivista gli equipaggi di Balilla, Millelire, Biglieri e Matteucci a Civitavecchia (Archivio Luce; la data è indicata sul sito come 30 dicembre 1933, ma sembra probabile un errore)


Mussolini sbarca da una delle cannoniere, in secondo piano Balilla e Millelire (foto studio G. Gabrieli, via g.c. Nedo B. Gonzales e www.naviearmatori.net)
Mussolini tiene un discorso agli equipaggi (Archivio Luce)
L’ammiraglio Sirianni con altri ufficiali (Archivio Luce)

23 novembre 1933-13 novembre 1934
In questo periodo presta servizio sul Balilla il tenente del Genio Navale Teseo Tesei, futura Medaglia d’Oro al Valor Militare ed inventore dei Siluri a Lenta Corsa.
1934
Modifiche nell’armamento artiglieresco: il cannone contraereo Odero-Terni-Orlando da 120/27 mm mod. 1924, date le sue prestazioni insoddisfacenti, viene sostituito con un più moderno pezzo da 120/45 mm OTO Mod. 1931, posizionato in coperta anziché, come in precedenza, in torretta (ciò allo scopo di aumentare la stabilità). Il precedente cannone da 120/27 (che ha la distinzione di essere il cannone contraereo di maggior calibro mai realizzato in Italia) viene invece destinato alla difesa contraerea di Augusta e Messina, insieme a quelli prelevati da TotiSciesa e Millelire. Le due mitragliere contraeree singole da 13,2 mm vengono rimpiazzate da altrettante armi binate dello stesso calibro.
Al contempo, gli alberetti delle antenne radio (tubolari, ripiegabili, lunghi 15 metri) vengono eliminati in seguito all’adozione dell’aereo a draglia.

Balilla (a destra) e Toti con il gran pavese, accanto all’incrociatore pesante Trento (Coll. Valerio Manlio Gay, via www.italie1945-45.com)

1934
Balilla e Millelire effettuano una crociera ad Alessandria d’Egitto, toccando il Pireo all’andata ed i porti dell’Africa Settentrionale Italiana al ritorno.
Negli anni Trenta i Balilla, oltre alla normale attività addestrativa, svolgono varie piccole crociere in Mediterraneo come questa (che è la più lunga).
26 novembre 1936
Balilla e gemelli partecipano alla rivsta navale organizzata nel Golfo di Napoli in onore del reggente d’Ungheria, ammiraglio Miklós Horthy, in visita in Italia.


Sopra, tre sommergibili classe Balilla e l’Ettore Fieramosca a Napoli il 25 novembre 1936 (foto Vittorio Vaccà, via Coll. Alessandro Burla); sotto, sommergibili classe Balilla defilano di controbordo ad un incrociatore pesante durante la rivista navale del 26 novembre (foto Vittorio Vaccà, via www.associazione-venus.it)


1936
Secondo alcune fonti (tra cui “Storia degli ebrei italiani” e “La destra e gli ebrei: una storia italiana”), nel 1936 il Balilla avrebbe partecipa clandestinamente alla guerra civile spagnola, in appoggio alla fazione franchista, al comando del capitano di corvetta Sergio Lusena.
Il comandante Lusena verrà proposto, per la sua condotta durante le missioni “spagnole”, per una medaglia al valore, che però non riceverà mai: poco dopo l’emanazione delle leggi razziali del 1938, infatti, verrà costretto a lasciare la Marina perché ebreo.
Da altre fonti, tuttavia (a partire dal saggio di Francesco Mattesini “Il blocco aeronavale italiano nella guerra di Spagna”), risulterebbe che il sommergibile comandato da Lusena durante la guerra di Spagna non fosse il Balilla, bensì l’Archimede e poi il Galileo Ferraris.
Negli anni successivi, durante il secondo conflitto mondiale, il comandante Lusena potrà soltanto assistere alla partenza dei sommergibili per le loro missioni di guerra dai moli delle loro basi: “…salutava i vecchi compagni agitando la mano. Lacrime gli correvano lungo le gote…”.

Il Balilla con (probabilmente) dei siluri da esercitazione in coperta (Coll. Alessandro Turrini, via www.italie1935-45.com)

3 febbraio 1937
Il Balilla (capitano di corvetta Stefano Pugliese), inquadrato nel III Gruppo Sommergibili di Napoli, parte da La Spezia per una missione “clandestina” nell’ambito della guerra civile spagnola: un pattugliamento tra Malaga ed Almeria.
Tra fine gennaio ed inizio febbraio 1937 sono ben diciassette i sommergibili italiani schierati in agguato nelle acque tra Almeria e Barcellona, Balilla compreso: il loro compito è di insidare i porti spagnoli in mano alla fazione repubblicana e tagliare i flussi di rifornimenti ivi diretti. Malaga, difesa da 30.000/40.000 miliziani repubblicani, è obiettivo di un’offensiva nazionalista che ha inizio proprio il 3 febbraio, data della partenza del Balilla per la sua missione: vi partecipano 15.000 soldati spagnoli nazionalisti (comprese truppe coloniali marocchine e miliziani carlisti), al comando del generale Gonzalo Queipo de Llano, e tra i 5000 ed i 10.000 italiani (nove battaglioni di camicie nere del Corpo Truppe Volontarie, dotati di carri armati leggeri CV35, il cui apporto sarà decisivo per le sorti della battaglia), al comando del generale Mario Roatta. La guarnigione repubblicana, al comando del colonnello José Villalba Rubio, è numericamente superiore, ma poco e male armata. Roatta e Queipo de Llano hanno chiesto l’aiuto della Marina italiana, oltre che di quella spagnola nazionalista, affinché partecipino all’investimento di Malaga con azioni di bombardamento contro costa, specialmente contro i collegamenti stradali e litoranei. Da parte italiana, non potendosi scoprire troppo per ragioni politiche (ufficialmente l’Italia non partecipa al conflitto spagnolo), tali azioni possono essere eseguite soltanto di nascosto, nottetempo, da sommergibili: tra questi il Balilla, inviato in agguato sulla rotta d’accesso al porto. Malaga cadrà l’8 febbraio.

Due sommergibili classe Balilla a Napoli a inizio anni Trenta. Sulla destra due battelli posamine classe Bragadin (Coll. Franco Bargoni, via www.italie1935-45.com)

18 o 19 febbraio 1937
Rientra alla base dopo una missione in cui ha iniziato quattro manovre d’attacco, senza però portarne a termine nessuna. Questa missione del Balilla è l’ultima della prima campagna subacquea italiana lanciata contro il traffico di rifornimenti diretto verso i porti della Spagna repubblicana; una seconda e più vasta campagna seguirà qualche mese più tardi.
In questo periodo (fino all’ottobre 1938) presta servizio sul Balilla anche il sottotenente di vascello Gianfranco Gazzana Priaroggia, futuro asso dell’Atlantico e Medaglia d’Oro al Valor Militare.
Già in quest’epoca, secondo una fonte, il Balilla avrebbe iniziato a registrare una riduzione della sua efficienza bellica, a causa dell’età e dell’intenso servizio degli anni precedenti.

Tre sommergibili classe Balilla all’ormeggio nella seconda metà degli anni Trenta (Coll. Nedo B. Gonzales, via www.naviearmatori.net

1938
Balilla, TotiSciesa e Millelire vengono assegnati alla XV Squadriglia Sommergibili del I Grupsom (La Spezia), formata dai più grossi sommergibili oceanici della Regia Marina: oltre ai quattro “Balilla”, anche l’Ettore Fieramosca ed i tre della classe Calvi (Pietro CalviGiuseppe FinziEnrico Tazzoli).
5 maggio 1938
Al comando del capitano di corvetta Sergio Lusena, il Balilla prende parte alla rivista navale "H" organizzata nel Golfo di Napoli per la visita in Italia di Adolf Hitler. Partecipa alla rivista la maggior parte della flotta italiana: le corazzate Cesare e Cavour, i 7 incrociatori pesanti della I e III Divisione, gli 11 incrociatori leggeri della II, IV, VII e VIII Divisione, 7 "esploratori leggeri" classe Navigatori, 18 cacciatorpediniere (le Squadriglie VII, VIII, IX e X, più il Borea e lo Zeffiro), 30 torpediniere (le Squadriglie IX, X, XI e XII, più le vecchie AudaceCastelfidardoCurtatoneFrancesco StoccoNicola Fabrizi e Giuseppe La Masa ed i quattro "avvisi scorta" della classe Orsa), ben 85 sommergibili della Squadra Sommergibili al comando dell’ammiraglio Antonio Legnani, e 24 MAS (Squadriglie IV, V, VIII, IX, X e XI), nonché le navi scuola Cristoforo Colombo ed Amerigo Vespucci, il panfilo di Benito Mussolini, l’Aurora, la nave reale Savoia e la nave bersaglio San Marco.
La Squadra Sommergibili è protagonista di uno dei momenti più spettacolari della parata, nella quale gli 85 battelli effettuano una serie di manovre sincronizzate: dapprima, disposti su due colonne, alle 13.15 passano contromarcia tra le due squadre  navali che procedono su rotte parallele; poi, terminato il defilamento, alle 13.25 tutti i sommergibili effettuano un’immersione simultanea di massa, procedono per un breve tratto in immersione e poi emergono simultaneamente ed eseguono una salva di undici colpi con i rispettivi cannoni.

In navigazione con il telemetro abbassato (da “I sommergibili italiani tra le due guerre” di Alessandro Turrini, via www.betasom.it)

1939
Ha base a La Spezia, insieme ai gemelli TotiSciesa. Negli anni Trenta i sommergibili della classe compiono piccole crociere in Mediterraneo.
16 marzo 1940
Durante un’esercitazione al largo di Pola, il Balilla entra in collisione con il piroscafo Albachiara, subendo danni.
13 aprile 1940
Assume il comando del Balilla il capitano di corvetta Michele Morisiani.

Particolare della falsatorre del Balilla, con colorazione chiara (da www.ibiblio.org)

10 giugno 1940
L’Italia entra nella seconda guerra mondiale. Il Balilla (capitano di corvetta Michele Morisiani) fa parte della XL Squadriglia Sommergibili (che forma insieme ai gemelli MillelireToti e Sciesa), facente parte del IV Grupsom di Taranto ma avente base a Brindisi (per altra fonte, la XL Squadriglia appartiene alla Flottiglia Sommergibili di Brindisi).
12 giugno 1940
Durante la sua prima missione di guerra, un agguato a sud di Corfù, il Balilla (capitano di corvetta Michele Morisiani) viene pesantemente attaccato da aerei e danneggiato, al punto da dover rientrare alla base.
(Secondo la “Weekly Résumé of the Naval, Military and Air Situation” del War Cabinet britannico relativa al periodo dal 27 giugno al 4 luglio 1940, il Balilla sarebbe stato attaccato e gravemente danneggiato dai cacciatorpediniere australiani Stuart e Voyager e dal britannico Decoy. Non è però chiaro quale sarebbe la fonte di questa notizia, sulla cui esattezza sorgono dei dubbi).
12 luglio 1940
Salpa da Brindisi al comando del capitano di corvetta Cesare Girosi per la sua seconda missione di guerra: un agguato a sud di Creta, sulla congiungente Capo Krio-Alessandria d’Egitto. Poco prima di raggiungere la zona assegnata, la missione dev’essere interrotta per improvvisa malattia del comandante Girosi.

(g.c. Carlo Di Nitto)

10 agosto 1940
Inviato in pattugliamento a sud di Creta.
16 agosto 1940
Rientra alla base, dopo una missione priva di eventi di rilievo.
Si tratta della sua terza ed ultima missione offensiva: dopo di che, a soli due mesi dall’inizio del conflitto il Balilla, troppo anziano (è tra i sommergibili più vecchi della Regia Marina) e logorato per poter ancora essere destinato a missioni di guerra, viene assegnato all’attività addestrativa presso la Scuola Sommergibili di Pola.

(da www.crocieradeldecennale.it)

1940-1941
Per qualche mese, fino al disarmo, il Balilla viene impiegato come unità per addestramento alla Scuola Sommergibili di Pola, unitamente al Millelire e ad altri tra i sommergibili più anziani della Regia Marina (TotiDes Geneys ed altri).
28 aprile 1941
Posto in disarmo.
Successivamente trasformato in bettolina deposito carburanti, con denominazione GR 247 (G.R. significa "Galleggiante Rifornimento", termine che identificava le cisterne ad uso portuale iscritte al Registro dei Galleggianti anziché a quello del Naviglio Militare).
Inizio maggio 1942
I lavori di conversione in bettolina deposito carburanti vengono completati: hanno comportato l’eliminazione della torretta e l’asportazione di motori, eliche ed armamento, lasciando soltanto un guscio vuoto; l’interno dello scafo è stato diviso in compartimenti stagni, ognuno dei quali costituisce una cisterna nella quale verrà stivato il carburante; la forma della prua è stata modificata in modo da rendere possibile la navigazione a rimorchio alla velocità di 18 nodi. La capienza del GR 247 è di 1030 tonnellate di carburante. Una volta completati i lavori di trasformazione, vengono svolte alcune prove di rimorchio.

Disegno del Balilla dopo la conversione in bettolina cisterna (da www.perialos.blogspot.com)

Giugno 1942
Trasferito a Brindisi. Da qui dovrebbe essere rimorchiato a Messina, ma si decide successivamente di impiegarlo in una missione di trasporto di carburante a Bengasi, stante l’urgente necessità di rifornimenti delle truppe italo-tedesche all’offensiva in Nordafrica.
10 agosto 1942
Dopo essere stato rimorchiato da Brindisi a Cefalonia, da qui al Pireo e dal Pireo a Suda, l’ex Balilla giunge a rimorchio a Bengasi, con il suo carico di carburante.

Il Balilla in altri tempi (archivio rivista “Life”)

Autunno 1942
Rimorchiato da Bengasi al Pireo dinanzi all’avanzata delle forze britanniche in Cirenaica, seguita alla battaglia di El Alamein.
Aprile 1943
Rimorchiato dal Pireo a Suda con un carico di carburante.
1° maggio 1943
Lascia il Pireo a rimorchio, diretto a Calcide per rifornire di carburante il cacciatorpediniere Turbine, impiegato in appoggio ad operazioni antipartigiane nella zona di Eubea.

(Coll. Gaspare Salerno, via www.marinai.it

2 maggio 1943
Arriva a Calcide.
Dopo questa missione il GR 247 avrebbe dovuto essere rimorchiato a Volo, ma sembra invece essere rimasto a Calcide. Dall’estate del 1943 all’autunno del 1944 si perdono le tracce dell’ex Balilla: non ne esiste menzione in alcun documento. Caduta in mano tedesca dopo l’armistizio di Cassibile (8 settembre 1943), la bettolina-sommergibile verrà da questi autoaffondata a Calcide nell’ottobre 1944, subito prima della loro ritirata, al fine di ostruire quel porto: proprio a Calcide, infatti, i greci troveranno il relitto dell’ex Balilla dopo la partenza dei tedeschi.
Ottobre 1944
Con la ritirata tedesca e la liberazione di Calcide, il relitto del GR 247 diviene preda bellica della Grecia. Il Comando Navale ellenico di Calcide, nel suo rapporto di confisca dell’ex sommergibile, scrive che prima dell’autoaffondamento questo aveva un equipaggio di sei uomini, ed era armato con una mitragliera. Essendo stato sotto il diretto controllo delle forze di occupazione ed impiegato per scopi militari, il mezzo viene dichiarato preda bellica per diritto di guerra, senza bisogno di una sentenza da parte di una Corte di preda.
Recuperato da una squadra della ditta Οργανισμού Ανελκύσεως Ναυαγίων (Organismoú Anelkýseos Navagíon), il relitto viene assegnato alla Marina ellenica.

(ANMI Savona, via www.u-historia.com)

1946
L’ormai ex Balilla sale momentaneamente agli onori delle cronache in Grecia quando viene diffusa la notizia, falsa, secondo cui un suo ex ufficiale di macchina avrebbe ammesso che sarebbe stato questo sommergibile a silurare, nell’agosto del 1940 (quando la Grecia era ancora neutrale), il vecchio incrociatore greco Elli a Tinos. La notizia viene presto smentita – ad affondare l’Elli era stato il sommergibile Delfino, il Balilla era del tutto estraneo – ed il vecchio sommergibile cade nuovamente nel dimenticatoio.
18 ottobre 1946
Il Balilla viene formalmente radiato dai quadri del naviglio della Marina italiana.

Secondo un documento redatto nel 1950 dal capitano di fregata Ioannis Melissinos, della Marina greca, il relitto del GR 247 sarebbe stato trovato sulla costa settentrionale di Eubea, e dopo il recupero sarebbe stato demolito (presumibilmente tra il 1946 ed il 1950) per recuperarne il metallo.

La bandiera di combattimento del Balilla, con il suo cofanetto, è oggi conservata al Sacrario delle Bandiere del Vittoriano, a Roma.

Un’altra immagine del Balilla nei primi anni di servizio, con la configurazione iniziale e le antenne radio alzate (dall’“Almanacco storico delle navi militari italiane” di Giorgio Giorgerini ed Augusto Nani, 1996, via www.betasom.it)


Nessun commento:

Posta un commento