sabato 15 febbraio 2020

Sant'Antonio

Il Sant’Antonio sotto il precedente nome di Anton (da www.croinfo.net)

Piroscafo da carico di 1480,20 tsl e 787,27 tsn, lungo 73,24-78,90 metri, largo 11-11,90 e pescante 5,82-6,95, con velocità di 9 nodi. Ex jugoslavo Anton iscritto al Compartimento Marittimo di Spalato.

Breve e parziale cronologia.

Marzo 1919
Varato nel Jordanvale Yard di Whiteinch (Glasgow) del Lloyd Royal Belge, come Lombardier (numero di cantiere 8).
Il Jordanvale Yard, originariamente di proprietà della Jordanvale Shipbuilding (John Reid & Company), aveva cessato l’attività alcuni anni prima, ed è stato riattivato nel 1916 dal Lloyd Royal Belge – che non è una società di costruzioni navali, bensì una compagnia di navigazione, tra le più importanti del Belgio –, con il permesso del Governo britannico, per costruire nuove navi per la propria flotta.
Il Lombardier era stato originariamente impostato per lo Shipping Controller britannico (organismo statale incaricato della gestione del naviglio mercantile in tempo di guerra e dell’organizzazione delle relative costruzioni) col nome di War Tay; il suo nome è stato cambiato durante la costruzione, anche se non è chiaro quando: alcune fonti affermano che sarebbe stato varato già con il nome di Lombardier, mentre secondo altre sarebbe stato varato ancora come War Tay, cambiando nome soltanto alcuni giorni dopo. Risulterebbe registrato presso lo Shipping Controller di Londra come War Tay in data 22 marzo 1919, ricevendo anche l’Official Number 143060, pur non essendo mai entrato in servizio per quell’ente.
Si tratta di una nave da carico standardizzata del tipo C5, uno dei molti modelli standardizzati di navi mercantili prodotti dalla cantieristica britannica durante la prima guerra mondiale, per consentire la costruzione di navi in serie e ripianare più velocemente le perdite causate dagli U-Boote tedeschi. I nomi delle navi da carico standardizzate costruite nel Regno Unito durante la Grande Guerra erano caratterizzati dal prefisso "War", tanto che nel loro insieme questi bastimenti erano chiamati anche "tipo War". Il tipo C5 è una nave mercantile per traffico costiero («coaster»), il cui progetto è stato derivato da quello del piroscafo Dulwich, costruito dai cantieri della Dublin Dockyard Company di Dublino: si tratta di piroscafi di modesto tonnellaggio (1400-1500 tsl, 2300-2500 tpl, lunghezza di 73-76 metri) con cassero rialzato (caratteristica eliminata, tuttavia, nelle ultime navi del tipo ad essere messe in cantiere, per semplificare la costruzione), macchine a centro nave, boccaporti di stiva particolarmente ampi – per agevolare lo scaricamento mediante benne bivalve –, sei picchi di carico doppi, ed alloggi per ufficiali ed equipaggio attorno ai locali macchine e caldaie (più precisamente, comandante e steward avevano i loro alloggi nella parte prodiera della sovrastruttura, dove si trovava anche la sala da pranzo; gli altri ufficiali di coperta e di macchina avevano le loro cabine sui lati; e fuochisti e marinai sul ponte sottostante, mentre all’epoca gli alloggi di fuochisti e marinai erano solitamente situati sotto il castello di prua). Inoltre, il fondo della stiva numero 4 (la più poppiera) è rialzato fino all’altezza del soffitto del tunnel delle eliche, in modo da permettere alle benne bivalve di svuotare completamente la stiva. In tutto, durante e subito dopo la prima guerra mondiale sono stati costruiti 25 piroscafi del tipo C5.
22 marzo 1919
Registrato presso il porto di Anversa (ma nella stessa data risulta registrato presso il porto di Londra come War Tay).
Aprile 1919
Completato come Lombardier per il Lloyd Royal Belge S. A. di Anversa. Stazza lorda e netta sono rispettivamente 1480 tsl e 787 tsn.
1922
Venduto alla Manor Line Ltd., con sede a Londra (in gestione a C. Angel & Co. di Londra), registrato a Londra e ribattezzato Chiswick Manor. Nominativo di chiamata internazionale KNQT, nominativo di chiamata radio GPDX.
1930
Venduto alla Henley Steamship Company Ltd., con sede a Cardiff (per altra fonte Londra), senza cambiare nome; in gestione ad Ernest Dallimore di Cardiff.
1934
Acquistato dalla Jugoslavenska Plovidba D.D. di Susak (Jugoslavia) e ribattezzato Kobac. Porto di registrazione Susak.
1936
Acquistato da Anton Babarovic di Milna (Jugoslavia) e ribattezzato Anton. Porto di registrazione Milna, nominativo di chiamata internazionale YTPN.
Aprile 1941
Catturato dall’Italia in seguito all’invasione della Jugoslavia nel corso della seconda guerra mondiale. Trasferito al Governo italiano e ribattezzato Sant’Antonio.
1° agosto 1941
Requisito a Fiume dalla Regia Marina.
14 agosto 1941
Iscritto nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato con sigla L 8, caratteristica alfanumerica assegnata ai bastimenti adibiti al servizio di cabotaggio sulle coste della Libia (nel regio decreto n. 49116 di radiazione dal quadro del naviglio ausiliario dello Stato emanato il 18 ottobre 1942, tuttavia, il Sant’Antonio verrà indicato come facente parte della categoria delle «navi da crociera»). Adibito, per l’appunto, al servizio del cabotaggio libico.
11 novembre 1941
Alle 19.30 il Sant’Antonio ed un altro piroscafo, il Le Tre Marie, salpano da Trapani per trasportare a Tripoli 3000 tonnellate di provviste e materiali per la popolazione civile in Libia. Il piccolo convoglio, scortato dalla vecchia torpediniera Generale Marcello Prestinari, procede a velocità di poco superiore ai 7 nodi.
12 novembre 1941
Il convoglietto giunge a Pantelleria alle 11 e vi sosta fino all’indomani.
13 novembre 1941
Le navi ripartono da Pantelleria alle 17, senza subire attacchi. La navigazione procede però con molta lentezza, perché Sant’Antonio e Le Tre Marie, a causa sia del maltempo che di altre ragioni, si trattengono per una notte alla fonda presso la boa numero 6 delle secche di Kerkennah, dopo di che, una volta imboccate le rotte costiere verso Tripoli, si incagliano entrambi vicino a Zuara.
17 novembre 1941
Dopo essere riuscito a disincagliarsi grazie all’aiuto della Prestinari e del rimorchiatore Ciclope, il Sant’Antonio raggiungendo Tripoli alle nove del mattino (per altra fonte, invece, già la sera del 16). Per liberare il Le Tre Marie occorreranno invece più di due settimane.
25 dicembre 1941
Il Sant’Antonio salpa da Tunisi per Tripoli alle due di notte, da solo e senza scorta, e raggiunge indenne il porto libico dopo dodici ore di navigazione, trasportando un carico di fosfati.
23 gennaio 1942
Il Sant’Antonio ed il piroscafo per recuperi Raffio partono da Tripoli alle 19, diretti a Trapani, viaggiando senza scorta.
La Forza K britannica (incrociatore leggero Penelope, cacciatorpediniere Sikh, Lance, Legion, Lively, Maori e Zulu) salpa da Malta per intercettare il piccolo convoglio durante la notte, ma non riesce a trovarlo, e fa ritorno a Malta il mattino del 24.
24 gennaio 1942
Sant’Antonio e Raffio raggiungono Pantelleria alle dieci del mattino, per poi sostarvi fino al 7 febbraio.
(Secondo altra fonte, il Sant’Antonio si sarebbe trasferito da Tripoli a Tunisi tra il 29 ed il 31 gennaio 1942, per poi restare nel porto tunisino fino al 10 marzo, caricando fosfati da trasportare in Italia).
7 febbraio 1942
Sant’Antonio e Raffio lasciano Pantelleria diretti a Trapani.
8 febbraio 1942
Arrivano a Trapani alle 8.30.
10 marzo 1942
Il Sant’Antonio salpa da Tunisi per Tripoli alle 13, viaggiando senza scorta.
12 marzo 1942
Arriva a Tripoli alle 11.30.
19 aprile 1942
Il Sant’Antonio parte da Tripoli alle 19 diretto a Bengasi, insieme al piroscafo tedesco Sturla, con la scorta della Prestinari e dei motodragamine tedeschi R 9R 12 e R 15.
20 aprile 1942
L’R 15 lascia il convoglio e ritorna a Tripoli.
22 aprile 1942
Sant’Antonio, Sturla ed il resto della scorta arrivano a Bengasi a mezzogiorno.
30 maggio 1942
Il Sant’Antonio ed il piroscafo Regulus partono da Tripoli per Bengasi alle 18, scortati dalla torpediniera Pallade.
2 giugno 1942
Sant’Antonio, Regulus e Pallade arrivano a Bengasi alle 9.30.

L’affondamento

Alle sette di sera del 21 giugno 1942 il Sant’Antonio partì da Tripoli alla volta di Bengasi per un altro viaggio sulle rotte del cabotaggio libico, utilizzate per inviare rifornimenti da Tripoli ai meno attrezzati porti della Cirenaica, in modo da farli giungere più vicini alla linea del fronte.
Il porto di Bengasi, già non particolarmente ricettivo all’inizio della guerra, aveva visto la sua capacità di scarico ridursi fortemente a causa delle distruzioni belliche; pertanto era giocoforza inviarvi quasi esclusivamente motovelieri e piroscafi di modesto tonnellaggio, come appunto il Sant’Antonio, che lo raggiungevano partendo da Tripoli e costeggiando la costa libica. Il Sant’Antonio aveva già compiuto diversi viaggi di questo genere nei mesi precedenti; nel viaggio iniziato il 21 giugno, avrebbe navigato in convoglio con un altro piroscafo di non grandi dimensioni, il Regulus (insieme al quale aveva già compiuto un viaggio su quella rotta qualche settimana prima), ed al motoveliero Maria Gabriella. La scorta era rappresentata dalla torpediniera Perseo (capitano di corvetta Alessandro Cavriani).
La traversata, benché si svolgesse interamente in acque costiere, era tutt’altro che priva di rischi: sapendo della rotta di cabotaggio seguita dalle navi italiane dirette a Bengasi, infatti, i Comandi britannici mantenevano costantemente in agguato alcuni sommergibili nel Golfo della Sirte e sulle coste della Cirenaica. Questi battelli conducevano solitamente i loro attacchi dal lato di terra, lanciando i siluri verso il largo, in condizioni tali da rendere più difficile l’avvistamento del sommergibile o delle scie dei siluri. In varie occasioni questi attacchi furono sventati dalle tempestive contromanovre delle navi attaccate, ed in generale, le perdite sulla rotta di cabotaggio libica rimasero molto ridotte; ma non sempre tutto filava liscio.

Proprio in questi “lupi” britannici, in agguato sulla costa libica, incappò il convoglietto partito da Tripoli nella sera del 21 giugno. Si trattava del sommergibile Thrasher (tenente di vascello Hugh Stirling Mackenzie), partito da Alessandria d’Egitto il 9 giugno per un pattugliamento del Mediterraneo Centrale, tra Tripoli, Tobruk e le isole al largo della costa occidentale greca: la sua undicesima missione di guerra. Giunto in zona – lungo la rotta Tripoli-Bengasi, sulla base di informazioni ottenute attraverso la decrittazione di comunicazioni radio dell’Asse – proprio il 23 giugno (il 22 secondo le fonti britanniche), quello stesso pomeriggio avvistò ed attaccò il convoglio di cui faceva parte il Sant’Antonio, lanciando alle 17.15 due siluri da soli 730 metri  di distanza contro “una piccola nave mercantile” (che avrebbe potuto essere sia il Sant’Antonio che il Regulus, entrambi piroscafi di modeste dimensioni). I siluri, però, erano stati lanciati con mira troppo grossolana, ed avevano mancato il bersaglio.
Non appena calato il buio, il Thrasher emerse e si pose all’inseguimento del convoglio, che aveva intanto perso di vista; durante l’inseguimento fu ripetutamente costretto all’immersione da aerei italo-tedeschi, ma riuscì egualmente ad avvistare nuovamente il convoglio alle 21.45 del 23 giugno, nel Golfo della Sirte. Avvicinatosi per tentare un secondo attacco, alle 23.50, dopo essersi portato sei miglia a proravia del convoglio – esattamente sulla sua rotta –, s’immerse per attaccare in immersione.
Alle 00.33 del 24 giugno il Thrasher lanciò tre siluri contro il mercantile più grande, di cui Mackenzie aveva sovrastimato la stazza in 2500 tsl, da una distanza di 1370 metri.
Dopo una breve corsa, due dei siluri colpirono il Sant’Antonio, che affondò in pochi minuti a sole quattro miglia dalla costa (secondo le fonti italiane; fonti britanniche, invece, indicano la posizione dell’affondamento come 31°53’ N e 16°35’ E o 31°58’ N e 15°36’ E, cioè circa 45 miglia a nord di Sirte).
La Perseo effettuò un fugace ed inefficace contrattacco, poi iniziò a recuperare i naufraghi della nave affondata.
Un dato degno di nota è una discrepanza di ben ventiquattr’ore tra le fonti italiane e britanniche: secondo i britannici, infatti, il Thrasher avrebbe iniziato il suo attacco nella serata del 22 giugno ed avrebbe affondato il Sant’Antonio nelle prime ore del 23; secondo gli italiani, invece, il siluramento e affondamento del piroscafo sarebbe avvenuto nelle prime ore del 24 giugno. Altre differenze, ma più spiegabili, riguardano l’orario del siluramento – le 00.30 secondo le fonti italiane, qualche minuto dopo le 00.33 secondo il Thrasher – ed il numero di siluri andati a segno: Mackenzie stimò invece che solo uno avesse colpito, mentre da parte italiana risulta che la nave sia stata raggiunta da due delle armi.

Su 35 uomini che componevano l'equipaggio del Sant'Antonio, quattro persero la vita; i 31 superstiti, tra cui tre feriti, furono tratti in salvo dalla Perseo.
 
Le vittime:
 
Salvatore Di Mauro, capo meccanico di seconda classe, da Catania
Giovanni Puma, secondo capo meccanico, da Racalmuto
Raffaele Sammarco, marinaio fuochista, da Torre del Greco
Francesco Sepich, sottocapo fuochista, da Fiume
 
Terminato il salvataggio dei naufraghi, il convoglio riprese la navigazione, ma poche ore dopo incappò in un secondo sommergibile, il Turbulent, che silurò anche il Regulus, il quale fu portato ad incagliare in costa (il carico poté essere in parte recuperato, mentre la nave fu considerata perduta). Ironia della sorte, prima di assumere il suo sesto ed ultimo nome nel 1936, il Regulus si era chiamato proprio Sant’Antonio. Perseo e Maria Gabriella raggiunsero Bengasi alle quattro del pomeriggio dello stesso 24 giugno.


L'affondamento del Sant’Antonio nel giornale di bordo del Thrasher (da Uboat.net):

"At 2245 hours (time zone -3) on the 22nd Thrasher sighted the convoy (2 merchants, 1 torpedo boat) again she had already chased and attacked some hours before. At 0050 hours (23rd) she was in position six nautical miles right ahead of the convoy. She dived to make a submerged attack.
At 0133 hours three torpedoes were fired at the larger (2500 tons) of the two merchants. One hit was obtained. A slight and ineffective counter attack was carried out by the escorting torpedo boat. The merchant that was hit was heard to break up."


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