L’Egitto a Patrasso nel 1941 (da www.regiamarinaitaliana.forumgratis.org) |
Incrociatore
ausiliario, già motonave passeggeri di 3329,02 tsl, 1850 o 1882 tsn e 2450 tpl,
lunga 96,7 metri, larga 13,6-13,7 e pescante 7,3, con velocità di 12,5 o 15
nodi. Appartenente alla Società Anonima di Navigazione Adriatica, con sede a
Venezia, ed iscritta con matricola 307 al Compartimento Marittimo di Venezia;
nominativo internazionale IBCK.
In tempo di pace
disponeva di cabine per 83 passeggeri e cinque stive per complessivi 4153 metri
cubi. In tempo di guerra fu armato con due cannoni da 102/45 mm (per altra
fonte, da 120/45 mm) e cinque od otto mitragliere contraeree da 13,2 mm.
Breve e parziale cronologia.
14 luglio 1927
Varata presso il
Cantiere San Rocco di Muggia dello Stabilimento Tecnico Triestino (numero di
costruzione 758).
1927
Completata per la
Società Anonima di Navigazione a Vapore "Puglia" (avente sede a
Bari), come motonave passeggeri in grado di trasportare 83 passeggeri in cabina
oltre al carico. Fa parte di una serie di quattro navi gemelle, detta serie
"Egeo" (Egeo, Egitto, Rodi e Città di Bari: ma
l’Egeo e la Città di Bari si scambieranno il nome nel 1934). Tutte e quattro
sono costruite dallo Stabilimento Tecnico Triestino: Egeo ed Egitto dal
cantiere San Rocco di Muggia, Rodi e Città di Bari dal cantiere San Marco di
Trieste. Stazza lorda e netta originarie 3220 tsl e 1882 tsn; porto di
registrazione Bari.
Il varo dell’Egitto (da “San Rocco, storia di un cantiere navale” di Paolo Valenti ed Ernesto Gellner, Edizioni Luglio, 2005, via Dante Flore e www.naviearmatori.net) |
1931
Sperona il
cacciatorpediniere Daniele Manin, che
riporta gravissimi danni le cui riparazioni (unitamente ad alcuni lavori di
modifica) termineranno solo nel 1934.
1931
Il porto di
registrazione dell’Egitto passa da
Bari a Trieste.
6 dicembre 1931
L’Egitto s’incaglia ad Alessandria d’Egitto.
10 dicembre 1931
Disincagliata ed
immessa in bacino per le riparazioni.
1932
La Puglia di Navigazione,
in difficoltà a causa della crisi del 1929, vende Egitto e Città di Bari alla
Società Anonima di Navigazione Lloyd Triestino, con sede a Trieste. (Nello
stesso anno, il 4 aprile, la società Puglia ed altre compagnie di navigazione
dell’Adriatico si fondono dando vita alla Compagnia di Navigazione Adriatica;
dai registri del Lloyd’s l’Egitto
risulterebbe aver fatto brevemente parte della flotta di tale compagnia, a
cavallo tra 1932 e 1933, prima di essere venduta al Lloyd Triestino).
29 giugno 1932
L’Egitto ospita a bordo il duca d’Aosta ed
altre autorità che assistono, a Trieste, ad una manifestazione aeronautica che
vede tra l’altro l’esibizione del 4° Stormo Caccia Terrestre della Regia
Aeronautica, con 27 caccia FIAT CR. 20 del X Gruppo che eseguono vari “numeri”
in formazione stretta.
1934
Il porto di
registrazione dell’Egitto, da
Trieste, diventa Genova.
Primi anni Trenta
In questo periodo
(secondo una fonte, alla vigilia della guerra d’Etiopia) viene anche
considerata la possibilità della trasformazione, nel caso di un conflitto con
il Regno Unito o la Francia, dell’Egitto e
delle gemelle in portaerei di scorta, progetto poi mai attuato perché poco
praticabile (il ponte di volo sarebbe troppo corto, e le navi, data le loro non
grandi dimensioni, non potrebbero imbarcare che pochi velivoli).
Resta invece reale –
ed infine si concretizzerà nel 1940 – la possibilità di trasformarle in
incrociatori ausiliari: come per molte altre navi costruite per compagnie
controllate dallo Stato, fin dalla costruzione di queste motonavi si è tenuto
conto di tale possibile futura necessità, adeguando il progetto ai requisiti
richiesti dalla Regia Marina (una stazza non molto elevata ma al contempo
sufficiente a poter navigare in alto mare senza difficoltà, una velocità di
circa 15 nodi e la possibilità di impiego per missioni di trasporto veloce).
1° gennaio 1937 (o dicembre 1936)
Trasferita dal Lloyd
Triestino alla Adriatica Società Anonima di Navigazione (con sede a Venezia),
appena creata per trasformazione della Compagnia Adriatica di Navigazione, a
sua volta nata nel 1932 dalla fusione di diverse compagnie di navigazione
adriatiche (tra cui anche la Puglia di Navigazione, sua prima proprietaria).
Cambia, ancora una
volta, il porto di registrazione: Venezia, invece di Genova. Egitto, Egeo, Rodi e Città di Bari tornano così a far parte
tutte della flotta della stessa compagnia.
Posta in servizio
sulle linee n. 56 e 57 (Adriatico-Siria-Egitto).
16 maggio 1937
Durante un viaggio
dell’Egitto da Limassol (Cipro) a
Rodi è tra i suoi passeggeri lo storico dell’arte statunitense Bernard
Berenson.
12 aprile 1938
L’Egitto è la prima nave a sbarcare
passeggeri nel porto di Tel Aviv, in Palestina, inaugurato pochi mesi prima (il
23 febbraio 1938, anche se parzialmente operativo, su scala più ridotta, già
dal 1936). La costruzione del porto di Tel Aviv si è resa necessaria in seguito
alla grande rivolta araba scoppiata in Palestina nel 1936: fino a quel momento,
infatti, Tel Aviv (la cui popolazione era quasi interamente ebraica) si
affidava al vicino porto di Giaffa (la cui popolazione era invece quasi tutta
araba) per i collegamenti via mare, che in quel periodo, in conseguenza delle
persecuzioni naziste in Europa, vedono l’arrivo in Palestina di decine di
migliaia di profughi ebrei. Nell’ambito della grande rivolta degli arabi
palestinesi, contrari all’immigrazione di massa di ebrei dall’Europa, i
portuali (arabi) di Giaffa scioperano in blocco, così lasciando Tel Aviv
isolata per quanto riguarda i collegamenti marittimi; la città ebraica, di
conseguenza, si è dotata di un suo porto, rapidamente realizzato. L’arrivo
dell’Egitto con i primi passeggeri –
ebrei in fuga dall’Europa – viene accolto festosamente dalla cittadinanza di
Tel Aviv; la folla radunata presso il porto esulta quando il primo profugo
dalla Germania, Elieser Steinlauf, mette piede sul molo.
2 maggio-5 luglio 1939
Sosta a Trieste per
lavori di trasformazione.
7 luglio 1939
Torna in servizio
sulla linea n. 54 (Adriatico-Grecia-Turchia); successivamente trasferita sulle
linee n. 50 (Adriatico-Egitto), 51 (Bari-Brindisi-Egeo) e 55
(Adriatico-Cipro-Palestina) fino al 21 giugno 1940.
Febbraio 1940
Durante il periodo
della “non belligeranza” dell’Italia, a guerra mondiale già in corso, l’Egitto trasporta dal Pireo all’Italia
l’imprenditore tedesco Albert Göring, fratello del gerarca nazista Hermann (e,
a differenza di questi, convinto anti-nazista: aiuterà numerosi ebrei a
sfuggire all’Olocausto), di ritorno da un viaggio di lavoro ad Atene (è
direttore delle esportazioni della Škoda).
10 giugno 1940
All’entrata
dell’Italia nella seconda guerra mondiale, l’Egitto si trova nel Dodecaneso. Sono in tutto otto le navi
mercantili che la dichiarazione di guerra sorprende nelle acque del
possedimento (oltre all’Egitto, anche
i piroscafi Alfio, Fenicia, Spartivento e Santa Maria,
la motonave Città di Palermo e le
navi cisterna Urano e Poseidone); si decide di farle rientrare
in Italia separatamente, scaglionandone la partenza e facendole navigare
isolatamente l’una dalle altre, ritenendo – a ragione – che abbiano così
maggiore probabilità di eludere la sorveglianza nemica. (Secondo una fonte, le
navi sarebbero state temporaneamente requisite dalla Regia Marina, per pochi
giorni, per questo viaggio, ed appositamente accentrate a Lero).
20 giugno 1940
L’Egitto lascia Lero alle sei del mattino
per rientrare in Italia, in navigazione isolata. Contemporaneamente ad essa
parte da Lero anche la Città di Palermo
(le due motonavi, che rappresentano le più moderne tra gli otto mercantili
sorpresi dalla guerra nel Dodecaneso, sono le prime a partire per l’Italia), ma
le due navi navigano separatamente; in serata prenderanno il mare ad orari
diversi anche Fenicia, Spartivento, Poseidone e Santa Maria. Alfio ed Urano partiranno invece tre giorni più tardi. Navigando ognuna per
conto proprio, arriveranno tutte a destinazione (che per tutte è Brindisi),
grazie anche al maltempo che permette loro di sfuggire alla sorveglianza
britannica.
23 giugno 1940
L’Egitto arriva a Brindisi alle
17.30. Secondo una fonte l’Egitto
sarebbe stata provvisoriamente requisita dalla Regia Marina una prima volta a
Rodi il 22 giugno 1940 (ma in quella data la motonave si trovava in navigazione
dal Dodecaneso all’Italia), per pochi giorni, forse in connessione con il
viaggio dal Dodecaneso.
10-29 luglio 1940
Sosta a Pola per
lavori (per una fonte, "di riparazione", ma non è chiaro di quali
danni; per un’altra, di trasformazione in incrociatore ausiliario).
30 luglio 1940
Requisita a Pola
dalla Regia Marina ed iscritta dalle ore 9.30, con sigla D 11, nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato. Trasformata in
incrociatore ausiliario, viene destinata a compiti di scorta convogli. I 33
membri del suo originario equipaggio civile (in gran parte marittimi istriani,
fiumani e triestini) vengono militarizzati e viene imbarcato numeroso personale
militare, portando l’equipaggio ad oltre cento unità.
17 maggio 1941
L’Egitto (capitano di corvetta Francesco
Lavagnino) salpa da Napoli per Bengasi all’una di notte (per altra versione
alle 00.00) per una missione di trasporto (a bordo ha un migliaio di tonnellate
di materiali), in navigazione isolata.
Bengasi, caduta in
mano britannica il 9 febbraio 1941 durante l’operazione "Compass", è
stata riconquistata dalle forze dell’Asse il 6 aprile ed il suo porto, a causa
dei bombardamenti e delle distruzioni operate dagli eserciti in ritirata,
nonché dei relitti che lo ingombrano e della sua eccessiva esposizione agli
attacchi britannici, non sarà in condizione di poter “accogliere” e scaricare
mercantili di grosso tonnellaggio per tutto il 1941 (la capacità di ricezione
del porto, dopo l’occupazione britannica, non supererà mai i 2-3 mercantili
contemporaneamente, con un picco massimo di 700-800 tonnellate di merci
scaricate al giorno, e la totale impossibilità, per molti mesi, di scaricare
navi di grandi tonnellaggio). Durante quest’anno, pertanto, non vi sarà inviato
dall’Italia mai nessun convoglio, ma – essendo comunque conveniente inviarvi un
po’ di rifornimenti, perché è molto più vicino alla linea del fronte (che in
quel periodo corre ad est di Bengasi) rispetto al più capace porto di Tripoli –
soltanto qualche sporadico mercantile di dimensioni medio-piccole (massimo 3000
tsl, come appunto l’Egitto),
solitamente con partenza da Brindisi e navigazione isolata, qualche volta con
la scorta di una torpediniera o di un paio di aerei nella parte iniziale e
finale della traversata.
Le forze aeronavali
disponibili, infatti, sono già fortemente occupate nella difesa dell’intenso
traffico convogliato verso Tripoli; per i mercantili mandati a Bengasi, scortati
solo per brevi tratti della traversata ma più spesso da soli, si confida più
che altro nelle loro non grandi dimensioni (che dovrebbero renderne più
difficile l’avvistamento), e nella loro velocità superiore alla media delle
altre navi mercantili (inizialmente si pensa di usare solo mercantili capaci di
raggiungere velocità di almeno 12 nodi, come l’Egitto, anche se ben presto bisognerà rassegnarsi ad abbassare la
soglia a 10 nodi), perché compiano la traversata passando inosservati,
costeggiando la Grecia nella prima parte del viaggio e tenendosi il più lontano
possibile da Malta (in caso di allarme o dell’avvistamento di una potenziale
minaccia, vengono dirottati verso i porti greci o cretesi). In generale questo
sistema funziona; questa modalità di navigazione garantisce «un accettabile
grado di sicurezza» e permette di portare rifornimenti vicino alla linea del
fronte direttamente dall’Italia (mentre i materiali portati a Tripoli devono
poi essere inoltrati verso la prima linea con un lungo tragitto via terra, o
mediante piccole navi che li smistano verso Bengasi e porti minori della
Cirenaica) senza impegnare ulteriormente i mezzi aeronavali già fortemente
assorbiti dalla protezione dei convogli per Tripoli. L’Egitto è stata scelta per una missione di questo tipo perché
risponde alla perfezione ai requisiti per tale compito: veloce (per una nave
mercantile) e di dimensioni non grandi.
18 maggio 1941
Dirottato ad Augusta,
vi arriva alle 7 e vi sosta per due giorni.
20 maggio 1941
Lascia Augusta alle
18 per proseguire verso Bengasi.
22 maggio 1941
Raggiunge Bengasi
alle 9.30 (od alle 7), senza essere stato attaccato né aver fatto avvistamenti
“sospetti” lungo la rotta. Lo sbarco del carico richiede circa 36 ore.
23 maggio 1941
Lascia Bengasi alle
20 per trasferirsi a Tripoli, sempre senza scorta.
25 maggio 1941
Arriva a Tripoli alle
15.15, dopo una navigazione travagliata non per gli attacchi nemici, che non ci
sono, ma per le condizioni meteorologiche particolarmente avverse e per la
densa foschia incontrata.
28 maggio 1941
L’Egitto lascia Tripoli alle 22 scortando
il piroscafo Bainsizza, diretto a
Napoli.
30 maggio 1941
Egitto e Bainsizza
raggiungono Napoli alle 9.30.
16 giugno 1941
L’Egitto e l’incrociatore ausiliario Città di Napoli scortano da Taranto a
Corinto le navi cisterna Berbera, Superga e Sanandrea, con a bordo personale militare (?) avente varie
destinazioni.
21 giugno 1941
L’Egitto ed il cacciatorpediniere Augusto Riboty scortano da Patrasso a
Brindisi il piroscafo tedesco Maritza
e la nave cisterna italiana Dora C.
27 giugno 1941
Scorta da Taranto a
Rodi il piroscafo Sagitta, avente a
bordo 4737 tonnellate di materiale militare, merci e derrate per la popolazione
civile.
30 giugno 1941
Alle 22.30 l’Egitto salpa da Crotone per scortare a
Messina i piroscafi tedeschi Bellona
e Tinos.
1° luglio 1941
Alle sei del mattino
il sommergibile britannico Upholder
(capitano di corvetta Malcolm David Wanklyn) avvista in posizione 37°52’ N e
15°52’ E quello che inizialmente sembra una nave passeggeri ad un fumaiolo, con
rotta 210°. Wanklyn si accorge però ben presto trattarsi invece di un
incrociatore ausiliario (identificato erroneamente come del più grosso tipo
‘Città di Genova’) che zigzaga compiendo ogni cinque minuti un’accostata di
90°; si tratta dell’Egitto. Alle 6.15
l’Upholder avvista anche tre navi
mercantili che procedono tenendosi vicine alla costa (valutate una in 3000 tsl
e due in 2000 tsl, con stima abbastanza corretta; due di esse dovevano essere Tinos e Bellona, mentre rimane ignota l’identità della terza). Alle 6.34,
in posizione 37°53’ N e 15°47’ E, il sommergibile britannico lancia tre siluri
contro l’Egitto, da una distanza di
appena 230 metri: essendo la distanza troppo ridotta, però, le armi passano
sotto lo scafo della nave senza esplodere. Alle 6.39 l’Upholder avverte un’esplosione piuttosto vicina, seguita da altre
due dopo un quarto d’ora, tutte attribuite, in base ai rumori di motrici
rilevati all’idrofono, ad un contrattacco da parte di un cacciatorpediniere.
Egitto, Tinos e Bellona arrivano a Messina alle otto del
mattino.
6 luglio 1941
Scorta da Brindisi a
Patrasso la motonave Carlotta (che
poi proseguirà per Rodi) e il piroscafo Rinucci, aventi a bordo materiali e merci varie.
8 luglio 1941
L’Egitto e la torpediniera Cassiopea scortano da Valona a Corinto
le motonavi Città di Trapani e Città di Agrigento, con a bordo truppe e
materiale militare.
11 luglio 1941
L’Egitto scorta il piroscafo tedesco Thessalia da Patrasso a Taranto.
14 luglio 1941
Scorta da Brindisi a
Patrasso i piroscafi Dubac
(avente come destinazione finale Rodi), con materiale militare e provviste per
la popolazione civile, e Monstella,
con un carico di materiali vari.
21 luglio 1941
Scorta da Patrasso a
Taranto il piroscafo tedesco Tinos e
l’italiano Bolsena, aventi a
bordo truppe e materiale militare tedesco.
3 agosto 1941
Scorta il Bolsena ed i piroscafi tedeschi Tinos, Trapani e Procida,
carichi di materiali e personale militare tedesco, da Catania a Patrasso.
7 agosto 1941
Scorta da Patrasso a
Catania i piroscafi tedeschi Livorno e Maritza, carichi di materiale e
personale della Wehrmacht.
29 agosto 1941
Scorta da Patrasso a
Brindisi la motonave Città di
Bergamo ed il piroscafo Pasubio,
con a bordo truppe ed operai specializzati che rimpatriano.
16 settembre 1941
Scorta da Brindisi a
Patrasso i piroscafi Padenna (diretto
a Rodi) ed Ivorea, carichi di
carburante e materiali vari.
19 settembre 1941
Scorta da Patrasso a
Brindisi il piroscafo Vesta con
a bordo 800 militari rimpatrianti.
20 dicembre 1941
Scorta da Taranto ad
Argostoli la motonave Città di Marsala,
con personale del Regio Esercito e materiali.
22 dicembre 1941
L’Egitto (capitano di corvetta Andrea
Stagnaro) scorta da Taranto a Navarino la Città
di Marsala.
30 dicembre 1941
L’Egitto (capitano di corvetta Andrea
Stagnaro) parte da Patrasso alle 8 per scortare a Taranto la nave cisterna
romena Campina, carica di petrolio.
Alle 15.40, doppiato Capo San Nicolò, l’Egitto
si dirige verso il punto 38°34'15" N e 20°37'30" E, dove in base agli
ordini ricevuti deve lanciare due bombe di profondità a scopo intimidatorio
contro eventuali sommergibili nemici.
Il convoglio Campina-Egitto è preceduto da un idrovolante CANT Z. 501 in esplorazione
antisommergibili, ed è seguito a distanza da un altro convoglio formato dai
piroscafi Iseo e Capo Orso, in navigazione da Patrasso a
Brindisi, scortati dalla torpediniera Pegaso
e dalla motovedetta Spanedda della
Guardia di Finanza, usata come cacciasommergibili ed inquadrata nel X Gruppo
Antisom (secondo Uboat.net, Egitto e Campina si sarebbero dovuti aggregare a
tale convoglio; secondo altra fonte, poco prima del siluramento la Spanedda si sarebbe aggregata al
convoglio Campina-Egitto andando così a rinforzarne la
scorta). Due cacciasommergibili tedeschi, provenienti da nord, sono in attesa oltre
Capo Dukato (Isola di Santa Maura, nelle Isole Ionie), dove dovranno aggregarsi
il convoglio Egitto-Campina per rafforzarne la scorta.
Alle 16.08 il
sommergibile britannico Thorn (capitano
di corvetta Robert Galliano Norfolk), trovandosi in superficie, avvista Egitto e Campina in posizione 38°37' N e 20°28' E, su rilevamento 135°, a
distanza di poco inferiore ai 12 km; stimando che le due navi (che identifica
come una nave mista di 5000 tsl – che in realtà sarebbe l’Egitto – ed una nave cisterna da 6000 tsl, la Campina) abbiano rotta 290°, il Thorn
si avvicina in immersione, ad alta velocità, per attaccare.
Alle 16.35, raggiunto
il punto prestabilito per il lancio delle bombe di profondità, il convoglio Egitto-Campina dirige per imboccare la rotta d’altura; l’Egitto mette le macchine avanti tutta ed
incrocia sulla dritta i due cacciasommergibili tedeschi in arrivo, indi accosta
per portarsi fuori della rotta e lanciare le sue due bombe di profondità come
ordinato. Proprio in quel momento, però – alle 16.45; per altra fonte,
probabilmente erronea, le 16.35 –, l’equipaggio dell’Egitto sente il rumore di un’esplosione e vede un’alta colonna di
fumo, fiamme ed acqua sollevarsi in corrispondenza della plancia della Campina, sul suo lato di dritta: alle
16.41, infatti, ridotte le distanze a meno di 1300 metri, il Thorn ha lanciato sei siluri contro la
nave cisterna, ed uno di essi ha raggiunto il bersaglio (a bordo del
sommergibile verranno sentite tre esplosioni, circa 90 secondi dopo i lanci).
Ritenendo a ragione
che la petroliera sia stata silurata, l’Egitto
accosta immediatamente a dritta per puntare nella direzione in cui si presume
trovarsi il sommergibile attaccante, lanciando subito una bomba di profondità e
lanciando il segnale di scoperta; ma pochi secondi più tardi la Campina viene scossa da un’altra
esplosione, questa volta sul lato sinistro, il che induce il comandante
Stagnaro a ritenere che i sommergibili nemici debbano essere due. Dato che dal
lato terra (est) stanno già arrivando i due cacciasommergibili tedeschi
lanciando bombe di profondità, l’Egitto
si porta dalla parte opposta, sul lato rivolto verso il mare aperto (sulla
sinistra della Campina), dove lancia
a sua volta bombe di profondità. Nel mentre la Pegaso, che in al momento dell’attacco si trovava un po’ più a sud
con il convoglio Iseo-Capo Orso, dopo aver udito le esplosioni
dei siluri lascia il suo convoglio e si precipita a tutta forza sul luogo
dell’attacco, lanciando bombe di profondità a poppavia della Campina e sulla dritta di quest’ultima.
In questo modo, nel volgere di pochi minuti dall’attacco le acque attorno alla Campina sono passate al setaccio da ben
quattro unità – Egitto, Pegaso ed i due cacciasommergibili tedeschi
– che lanciano bombe di profondità a più riprese. Si unisce alla caccia anche
la Spanedda, che lancia 10 bombe di
profondità e spara quattro colpi contro il periscopio del sommergibile.
Intanto la Campina, che ha assunto inizialmente un
forte sbandamento sulla dritta che tuttavia è poi andato calando, si abbassa
sempre più sull’acqua; l’equipaggio cala una lancia da poppa e si allontana
dalla petroliera agonizzante. L’Egitto
mette la prua in fuori e riduce la velocità per il tempo necessario a mettere celermente
in mare una motobarca ed una lancia di salvataggio con un ufficiale, cui affida
il compito di completare il salvataggio dei superstiti della Campina, dopo di che – subito dopo che
lancia e motobarca si sono staccate – ricomincia la ricerca del sommergibile ed
i lanci di cariche di profondità. Il Thorn
conta ben 61 esplosioni di bombe di profondità dalle 16.46 in poi, ma nessuna
di esse esplode vicina al sommergibile, che non riporta danni.
Alle 17.15 la Campina affonda cinque miglia a ponente
(per altra fonte a sud) di Capo Dukato, nel punto 38°35’ N e 20°27’ E (o 38°37'
N e 20°28.5' E), lasciando in superficie naufraghi e rottami. La Pegaso lascia la zona per riunirsi al
proprio convoglio, mentre l’Egitto
perlustra le acque in cui è affondata la nave romena ed i due
cacciasommergibili tedeschi prendono parte al recupero dei naufraghi. L’intero
equipaggio della Campina viene tratto
in salvo tranne un fuochista, che risulterà disperso; tra i naufraghi ci sono
alcuni feriti. Completato il salvataggio, l’Egitto
raggiunge Taranto.
7 febbraio 1942
L’Egitto e la torpediniera Francesco Stocco scortano da Brindisi a
Corfù i piroscafi Vesta ed Hermada, carichi di truppe e
rifornimenti.
8 febbraio 1942
Egitto, Stocco, Città di Napoli e le torpediniere Antares e Generale Carlo Montanari scortano da Corfù a Patrasso la
motonave Città di Bergamo ed
i piroscafi da carico Potestas, Volodda, Vesta, Mameli, Hermada, Rosario e Salvatore.
14 febbraio 1942
L’Egitto e la torpediniera Angelo Bassini scortano da Patrasso a
Corfù il piroscafo tedesco Bellona e
la nave cisterna romena Balkan.
15 febbraio 1942
Egitto e Bassini scortano Bellona e Balkan da Corfù a Brindisi.
L’Egitto od una delle sue gemelle (in secondo piano) nel porto di Ancona in tempo di pace, accanto al piroscafo Città di Zara (in primo piano) (g.c. Mauro Millefiorini via www.naviearmatori.net) |
L’affondamento
Il 28 febbraio 1942
l’Egitto, al comando del capitano di
corvetta Andrea Stagnaro (39 anni, da Sestri Levante: come buona parte
dell’equipaggio, era un marittimo civile della società Adriatica richiamato e
militarizzato dopo lo scoppio della guerra), salpò da Messina per scortare a
Taranto il piroscafo Arlesiana
(quest’ultima nave è talvolta menzionata anche col nome di “Alessiana”, ma si tratta di un errore:
non esistevano navi con questo nome). La breve navigazione fu priva di eventi
di rilievo; nelle prime ore del 1° marzo le due navi, entrate nel Golfo di
Taranto, si diressero verso la base pugliese in condizioni di tempo avverso,
con forte vento e mare grosso dal terzo quadrante.
Alle 5.30 del 1°
marzo (secondo la relazione del primo nocchiere Domenico Miazzi; "Navi
mercantili perdute" parla delle 5.40), con Taranto ormai in vista, il locale
semaforo segnalò all’Egitto di
entrare nel porto mercantile e di tenersi pronti in 24 ore. Pareva che una
normale navigazione di cabotaggio, in quell’epoca ancora quasi priva di
pericoli, stesse per giungere al termine senza niente da registrare, come tante
altre volte: e invece, proprio nel momento in cui fu ricevuta la segnalazione
del semaforo, l’Egitto fu
improvvisamente scosso da un’esplosione, cui nel giro di pochi secondi ne
seguirono altre due: la nave aveva urtato una mina. Sbandando fortemente subito
dopo il primo scoppio, l’Egitto
provocò altre esplosioni, per poi affondare rapidamente circa un miglio al di
fuori delle ostruzioni di Taranto.
Tutto si era svolto
in pochi secondi: alla seconda esplosione il pozzo prodiero della nave era già
sott’acqua, e pochi attimi dopo la terza esplosione, che delle tre era stata la
più violenta, l’Egitto si era già
inabissato.
Non ci fu nemmeno il
tempo per pensare di mettere a mare le imbarcazioni di salvataggio: le
esplosioni, anzi, le lanciarono in aria e le distrussero. Chi – i più – in
quella fredda mattina si trovava sottocoperta non ebbe neanche modo di uscire
all’aperto, ed affondò con la nave; i marinai che per la manovra e
l’approntamento dei mezzi di carico si trovavano in coperta poterono soltanto
gettarsi in mare e tentare di tenersi a galla aggrappandosi alle poche zattere
liberatesi da sole dalla nave in affondamento, ed agli altri rottami rimasti in
superficie. Nelle ore che trascorsero tra l’affondamento e l’arrivo dei
soccorsi, il già sparuto gruppo dei naufraghi venne ulteriormente assottigliato
dal freddo e dal mare burrascoso.
Tre ore dopo
l’affondamento, 18 naufraghi dell’Egitto
vennero tratti in salvo da una scialuppa dell’Arlesiana; altri otto sopravvissuti, tra cui il comandante Stagnaro,
vennero salvati dal piroscafetto requisito Francesco
Rismondo, adibito al pilotaggio, e da alcuni pescherecci.
Il comandante Andrea Stagnaro in una foto del dopoguerra (g.c. Franco Lena/www.naviearmatori.net) |
Su 103 uomini che
componevano l’equipaggio dell’Egitto,
soltanto in 26 sopravvissero: i corpi di 18 vittime vennero recuperati dal
mare, mentre altri 59 uomini furono dichiarati dispersi. Tra il “vecchio”
equipaggio civile militarizzato della società Adriatica si registrarono tre
morti, 13 dispersi e 17 sopravvissuti, mentre tra il personale militare le
vittime furono 61 ed i sopravvissuti appena 9.
Fu in seguito
determinato che la mina urtata dall’Egitto
era probabilmente un ordigno italiano.
Le vittime:
Arturo Ballaben, marinaio (già giovanotto di 2a,
civile militarizzato), disperso
Gino Balelli, sottotenente di vascello (già
secondo ufficiale, civile militarizzato), disperso
Felice Barone, sottocapo segnalatore, deceduto
Gino Bedetti, sottocapo cannoniere, deceduto
Oliviero Benni, sottocapo furiere, disperso
Vittorio Bulian, marinaio, disperso
Salvatore Campochiaro, sottocapo cannoniere,
deceduto
Guglielmo Cantella, marinaio
radiotelegrafista, disperso
Sebastiano Cappello, tenente del Genio Navale,
disperso (*)
Antonio Carrozzo, marinaio cannoniere,
deceduto
Domenico Cavaliere, marinaio cannoniere,
disperso
Alfredo Celentano, marinaio radiotelegrafista,
deceduto
Ernesto Cicarelli, tenente di vascello,
disperso
Antonio Cincopan, secondo capo meccanico (già
fuochista, civile militarizzato), disperso
Giuseppe Corello, marinaio cannoniere,
deceduto
Amleto Cozzola, marinaio, deceduto
Cesare D’Ambrogi, sottotenente C.R.E.M. (già
ufficiale macchinista, civile militarizzato), disperso
Raffaele De Luca, sottocapo nocchiere (già
marinaio, civile militarizzato), disperso
Michele Di Giovanni, marinaio furiere,
disperso
Pietro Di Matteo, marinaio fuochista, disperso
Giuseppe Di Prima, marinaio fuochista,
disperso
Angelo Dobrik o Dobnich, sottocapo nocchiere
(già marinaio, civile militarizzato), disperso
Giovanni Farina, marinaio furiere, deceduto
Renzo Frezza, guardiamarina (già terzo
ufficiale, civile militarizzato), disperso
Domenico Furlan, sottocapo nocchiere (già
giovanotto di 1a, civile militarizzato), disperso
Michele Gasperini, secondo capo elettricista
(già elettricista, civile militarizzato), disperso
Francesco Gennari, marinaio, disperso
Amedeo Giacchetti, sottotenente di vascello,
deceduto
Natale Grandi, secondo capo meccanico,
disperso
Vincenzo Guida, guardiamarina, deceduto
Angelo Isernia, sottocapo nocchiere (già
marinaio, civile militarizzato), disperso
Mario Leano, marinaio, disperso
Alfonso Licheri, capitano medico, deceduto
Vincenzo Longobardi, marinaio, deceduto
Antonio Maistrello, sottocapo cannoniere,
disperso
Armando Marfella, marinaio, deceduto
Francesco Maritato, marinaio fuochista,
disperso
Attilio Mauri, capo elettricista di seconda
classe (già elettricista, civile militarizzato), disperso
Marcello Menegon, marinaio cannoniere,
disperso
Umberto Mercuri, marinaio fuochista, deceduto
Vito Mongiovi, marinaio cannoniere, disperso
Raffaele Morrone, sergente furiere, disperso
Antonio Musarra, marinaio cannoniere, disperso
Lino Padovan, secondo capo meccanico, disperso
Antonio Penna, marinaio, disperso
Ferruccio Penzo, sottocapo cannoniere,
disperso
Cesare Piapan, marinaio elettricista, disperso
Ricciotti Pignataro, marinaio fuochista, disperso
Antonio Poti, marinaio cannoniere, disperso
Giuseppe Primos, secondo capo (già cameriere,
civile militarizzato), deceduto
Pacifico Raimondi, sottocapo cannoniere,
disperso
Leone Raule, tenente del Genio Navale (già
ufficiale di macchina, civile militarizzato), disperso
Giobatta Repetto, sottocapo nocchiere (già
marinaio, civile militarizzato), deceduto
Giuseppe Rossi, sottocapo elettricista,
disperso
Rosario Santamaria, marinaio fuochista,
deceduto
Raffaele Savarese, sottotenente commissario,
disperso
Anselmo Sgherzi, marinaio, disperso
Salvatore Siciliano, marinaio cannoniere,
disperso
Catello Sollo, marinaio, disperso
Eugenio Sossich, secondo capo meccanico,
disperso
Romeo Spessot, secondo capo furiere (già 2°
cuoco, civile militarizzato), deceduto
Francesco Spina, marinaio, disperso
Luciano Stella, marinaio, disperso
Francesco Tessaris, secondo capo cannoniere,
deceduto
Mario Tomasini, secondo capo
radiotelegrafista, deceduto
Pietro Tommasini, capo segnalatore di terza
classe, disperso
Argeo Turcino, sottocapo furiere (già terzo
cuoco, civile militarizzato), disperso
Fausto Vanucci, secondo capo motorista,
disperso
Gino Varagnolo, sottocapo motorista, disperso
Silvio Vidas, sottocapo segnalatore, disperso
Mancano sette nomi.
Una cartolina dell’Egitto (g.c. Mauro Millefiorini via www.naviearmatori.net) |
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