giovedì 13 ottobre 2016

Vercelli

Il Vercelli sotto il precedente nome di Brestois, con i colori dela Compagnie Franco-Africaine de Navigation (da www.maquetters-marmar.net

Piroscafo da carico di 3094 tsl, 1893 tsn e 5130 tpl, lungo 100,88-104,24 metri, largo 14,17 e pescante 6,63-7,77, con velocità di 9,5-11,5 nodi. Ex francese Brestois, trasferito in Italia nel dicembre 1942 a seguito dell’occupazione italo-tedesca della Francia di Vichy, che fruttò la cattura della flotta mercantile francese presente in quei porti.

Breve e parziale cronologia.

1918
Impostato nei cantieri Robert Thompson & Sons Ltd. di Sunderland (numero di cantiere 309), Bridge Dockyard/Southwick Yard.
18 marzo 1919
Varato nei cantieri Robert Thompson & Sons Ltd. di Sunderland come nave da carico standard di tipo C (costruite in serie per rimpiazzare le gravi perdite causate dalla guerra sottomarina durante il primo conflitto mondiale), con il nome di War Ravine.
Luglio 1919
Completato come War Ravine per lo Shipping Controller britannico (autorità governativa incaricata dell’organizzazione e gestione del naviglio mercantile britannico durante la prima guerra mondiale).
1919
Ceduto alla Elder Dempster Lines Ltd. – African Steamship Company, con sede a Liverpool, e ribattezzato Matadi. Registrato a Liverpool.
31 gennaio 1920 (per altra fonte, anno 1921)
Venduto alla Compagnie Africaine de Navigation S.A. (con sede ad Anversa), società sussidiaria della Compagnie Maritime Belge du Congo. Non cambia nome.
La Compagnie Africaine de Navigation è stata appena fondata (1920) dalla Compagnie Maritime Belge du Congo, allo scopo di incrementare il trasporto di merci; quest’ultima, infatti, non ha mai impiegato navi da carico fino ad ora. Il Matadi ed il gemello Mateba, ex War Crater (anch’esso del tipo standard C ed anch’esso venduto alla Compagnie Africaine de Navigation dalla Elder Dempster) sono le prime due navi della neonata compagnia; inizieranno il servizio nel 1921.
Dicembre 1927-Gennaio 1928
Il Matadi, insieme ad altri due piroscafi (il Mampoko, della stessa compagnia, ed il tedesco Arnfield), si trova nel porto eponimo di Matadi (Basso Congo) quando scoppia nella zona un’epidemia di febbre gialla. Le tre navi vengono considerate “infette” come il porto, pertanto vengono trattenute a Matadi e sono autorizzate a proseguire lo scaricamento delle merci.
A seguito di accordi tra la Compagnie Maritime Belge du Congo, le ferrovie ed i magazzini Manucongo, il Matadi rimane ormeggiato al molo di Matadi per tutta la durata dell’epidemia, per aiutare, con le proprie macchine, nello scaricamento delle chiatte. Grazie alle accurate precauzioni prese, nessun membro dell’equipaggio si ammala durante l’intera permanenza nella zona infetta.
1929
Trasferito alla Compagnie Maritime Belge du Congo (con sede ad Anversa), a seguito del riassorbimento, da parte di quest’ultima, della Compagnie Africaine de Navigation. Non muta nome. Come in precedenza, è registrato ad Anversa ed in gestione alla Agence Maritime Internationale.
1930
La Compagnie Maritime Belge du Congo muta nome in Compagnie Maritime Belge (Lloyd Royal) S. A., sempre avente sede ad Anversa.
11 maggio 1937
Acquistato dalla società M. N. & P. G. Lyras & Co., con sede al Pireo, e ribattezzato Lyras N.
1937
Rivenduto alla Compagnie Franco-Africaine de Navigation “Francafrica”, con sede a Rouen, e ribattezzato Brestois. Registrato a Rouen; in gestione alla Société Anonime de Gérance et d’Armement (della quale la Compagnie Franco-Africaine è una filiale). Impiegato sulle linee regolari per l’Algeria e la Tunisia.
1939
Requisito a Rouen dalle autorità francesi, a seguito dello scoppio della seconda guerra mondiale (successivamente derequisito).
19-24 ottobre 1939
Parte da Brest e raggiunge Casablanca con il convoglio 10 B, composto da 10 mercantili (7 francesi, 2 britannici ed uno polacco) scortati dal cacciatorpediniere Ouragan e dagli avvisi Commandant Bory e Commandant Rivière.
13-19 dicembre 1939
Altro viaggio da Brest a Casablanca con il convoglio 17 BS, formato da 9 mercantili (tutti francesi) scortati dal cacciatorpediniere Cyclone, dal sommergibile Centaure e dal peschereccio armato Téméraire II.
1°-9 gennaio 1940
Il Brestois salpa da Orano il 1° gennaio col convoglio 4R (10 navi mercantili, tutte francesi, senza scorta), che il 2 gennaio si unisce al convoglio 45 KS. Tale convoglio, partito da Casablanca e composto (dopo la riunione col 4R) da 14 navi mercantili (13 francesi ed una britannica), prive di scorta, raggiunge Brest il 9 gennaio.
23-29 gennaio 1940
Lascia Brest e ritorna a Casablanca con il convoglio 22 BS (9 mercantili francesi e 2 britannici, scortati dagli avvisi Annamite e Commandant Duboc e dai pescherecci armati La Sétoise e La Toulonnaise).
13 febbraio 1940
Il Brestois parte da Orano il 13 col convoglio 10R (6 navi mercantili francesi e 2 finlandesi, nessuna scorta), che il giorno seguente si unisce al convoglio KS 65, che raggiunge Brest il 20 febbraio.
28 marzo 1940
Lascia Orano il 28 marzo col convoglio 17R (composto, oltre che dal Brestois, dai mercantili francesi Kobad, Albert Leborgne e Saint-Firmin). L’indomani, il 17R si unisce al convoglio 81 KS (7 mercantili francesi, uno britannico, uno polacco, uno svedese ed uno norvegese, compresi quelli del 17R; nessuna scorta), col quale giunge a Brest.
11 aprile 1940
Il Brestois viene nuovamente requisito a Rouen dalle autorità francesi, per partecipare, insieme ad altri 15 mercantili francesi appositamente requisiti, al trasporto in Norvegia del secondo e terzo scaglione della 1a Divisione Leggera dell’esercito francese.
18 aprile 1940
Il Brestois salpa da Brest il 18 aprile col convoglio lento FS 2, formato dal Brestois e da altri due piroscafi, il Saint-Firmin ed il Château Pavie, scortati dagli avvisi Chamois e Commandant Delage. Le navi trasportano il secondo scaglione della 1a Divisione Leggera (il Brestois trasporta materiale per le truppe già sbarcate).
21 aprile 1940
Il piccolo convoglio giunge a Greenock.
25 aprile 1940
Il convoglio FS 2 riparte per Harstad, in Norvegia, con la scorta dei cacciatorpediniere francesi Epervier e Maillé Brézé.
26 aprile 1940
Il convoglio viene dirottato su Scapa Flow, da dove riparte successivamente alla volta di Harstad con la scorta dei cacciatorpediniere britannici Campbell e Witch.
1° maggio 1940
Il convoglio giunge ad Harstad; il Brestois viene inviato a Skaanland in attesa di potersi ormeggiare.
15 maggio 1940
Lascia Harstad.
22 maggio 1940
Arriva a Greenock.
25 maggio 1940
Lascia Greenock.
28 maggio 1940
Arriva a Brest. Il Brestois sarà citato nei bollettini della Marina francese per «aver contribuito al trasporto del corpo di spedizione francese in Norvegia sotto violenti attacchi nemici ed in difficili condizioni di manovra e di navigazione».
Dicembre 1942
A seguito degli accordi Laval-Kaufmann per la cessione all’Asse di 159 navi mercantili francesi presenti nei porti della Francia mediterranea e del Nordafrica francese, il Brestois viene consegnato al Governo italiano e ribattezzato Vercelli.
Affidato alla Italia Società Anonima di Navigazione; requisito dalla Regia Marina, senza essere iscritto nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato.
 

Il Vercelli a La Spezia nel dicembre 1942, dopo l’applicazione della colorazione mimetica secondo lo schema standard 2 C, in uso per le navi mercantili più vecchie e lente (g.c. STORIA militare)
L’affondamento

Come tanti altri piroscafi ex francesi, il Vercelli non sopravvisse al suo primo viaggio verso la Tunisia.
Alle due di notte del 28 gennaio 1943, la nave salpò da Messina in convoglio con i piroscafi Parma, Sabbia e Lanusei (tutti ex francesi, tranne il Sabbia), con la scorta di quattro torpediniere alquanto eterogenee: si andava dalle modernissime Ardito (capitano di corvetta Silvio Cavo, caposcorta) ed Animoso (tenente di vascello Camillo Cuzzi) alla vetusta Generale Marcello Prestinari (tenente di vascello Agostino Caletti), passando per la Calliope (tenente di vascello Marcello Giudici), non molto vecchia ma ormai veterana delle rotte dei convogli.
La destinazione del convoglio, denominato «Firenze», erano i porti di Tunisi (per il Vercelli) e Biserta. Il Vercelli trasportava 294 muli ed un carico di materiale bellico vario; a bordo del piroscafo c’erano 60 uomini di equipaggio e 145 militari in accompagnamento dei muli e del carico. Comandante della nave era il capitano di lungo corso Cristofolo Cerruti.
Il convoglio, però, aveva appena lasciato il porto, quando le decrittazioni di “ULTRA” permisero ai comandi britannici di sapere che «il Vercelli ed il Parma dovevano arrivare a Tunisi nel pomeriggio del 29». Un attacco aereo venne conseguentemente preparato.
Al largo di Palermo, intorno alle 15.30 del 28 gennaio, si unirono al convoglio anche il piroscafo tedesco Stella e le moderne corvette Procellaria (tenente di vascello Giorgio Volpe) e Persefone (tenente di vascello Roberto Lucciardi). Un’ora dopo la Calliope lasciò la scorta e diresse per Palermo, a seguito di problemi all’apparato motore; sempre da Palermo prese allora il mare per rimpiazzarla la torpediniera Libra (tenente di vascello Giulio Riccardi), che raggiunse il convoglio alle 19.40. Il giorno seguente si aggregarono al convoglio anche tre MAS, provenienti da Biserta.
Alle 11.15 (o 11.25) del 29 gennaio, a trenta miglia per 337° da (a nord/nordovest di) Capo Bon, una nutrita formazione di bombardieri statunitensi (a seconda delle fonti, North American B-25 Mitchell o Martin B-26 Marauder) attaccò il convoglio volando a bassa quota. Torpediniere, corvette, piroscafi e MAS reagirono con un furioso fuoco contraereo, ed anche i caccia italiani e tedeschi della scorta aerea andarono al contrattacco; ma inutilmente. Mentre il Lanusei fu danneggiato solo leggermente da raffiche di mitragliatrice (vi fu anche un principio d’incendio, prontamente domato), il Vercelli fu colpito in pieno da due bombe, che centrarono i locali delle macchine. Dodici membri dell’equipaggio rimasero uccisi, e la nave sbandò sulla sinistra, immobilizzata e con alcuni compartimenti allagati.
Mentre il resto del convoglio proseguiva (dovette ancora subire la perdita del Parma, saltato su una mina quando ormai era giunto nell’avamporto di Tunisi), Persefone e Prestinari furono lasciate dal caposcorta a dare assistenza al danneggiato Vercelli.
La Prestinari attraccò sul lato sinistro del piroscafo e prese a bordo quasi tutti gli uomini imbarcati; a bordo del Vercelli rimasero il comandante Cerruti e parte dell’equipaggio, per tentare di salvare la nave. Fu ancora la Prestinari ad essere protagonista di questo tentativo, prendendo a rimorchio il bastimento agonizzante per portarlo a Biserta; intorno alle 22 la torpediniera fu sostituita nel rimorchio da due rimorchiatori inviati da Biserta, ma non ci fu nulla da fare. Alle 3.30 del 30 gennaio i due rimorchiatori dovettero prendere a bordo gli uomini ancora presenti sul Vercelli ed abbandonare il piroscafo al suo destino: alle 4.15 la nave si capovolse ed affondò a 1,5 miglia per 330° da Capo Farina ed a un miglio dall’isola Plane, dove il mare era profondo venticinque metri.
Persefone e Prestinari giunsero a Biserta alle 17.30 del 30 gennaio, sbarcandovi i naufraghi del Vercelli. Nei giorni seguenti ulteriori intercettazioni e decifrazioni da parte di “ULTRA” permisero ai comandi Alleati di apprendere in dettaglio l’entità di danni e perdite subite dal convoglio, e dei vani tentativi di rimorchiare in porto il piroscafo danneggiato.
Le vittime del Vercelli furono 12, su 205 uomini imbarcati.
 
La nave sotto il precedente nome di Lyras N. (da www.sailorshome.org


venerdì 7 ottobre 2016

H 6

L’H 6 a Taranto (g.c. Giuseppe Garufi)

Sommergibile costiero della classe H (dislocamento di 360 tonnellate in superficie e 474 in immersione). Combatté in entrambe le guerre mondiali: nella prima effettuò dieci missioni offensive/esplorative nel Basso Adriatico, mentre nella seconda eseguì 38 missioni esplorative/offensive, 27 addestrative per la Scuola Idrofonisti di La Spezia e 7 di trasferimento, per complessive 7411 miglia di navigazione.

Breve e parziale cronologia.

24 novembre 1916
Impostazione nei cantieri della Electic Boat Company/Canadian Vickers di Montreal (numero di costruzione 13).
23 aprile 1917
Varo nei cantieri della Electic Boat Company/Canadian Vickers di Montreal.
8 luglio 1917
Entrata in servizio.
Dopo le prove in mare, svolte a Montreal, e la fase di addestramento, svolta ad Halifax, l’H 6 lascia Halifax diretto in Italia al comando del tenente di vascello Giuliano Diaz, per attraversare l’Atlantico unitamente ai gemelli H 7 e H 8. Si tratta del terzo ed ultimo gruppo di trasferimento.
Durante la traversata i tre battelli, accompagnati da navi mercantili fino a Gibilterra (e poi da navi militari fino in Italia), fanno uno scalo tecnico alle Bermuda.
6 ottobre 1917
Il gruppo dell’H 6 incorre in una tragica disavventura nello stretto di Gibilterra: il panfilo armato statunitense Nahma, in servizio di pattuglia, scambia i sommergibili italiani per U-Boote e cannoneggia l’H 6, provocando seri danni alla torretta.
Rimangono uccisi il comandante in seconda, tenente di vascello Alessandro Pasino, il capo meccanico di prima classe Gennaro Spina, il capo timoniere di seconda classe Agrippino Picciafuoco ed il fuochista scelto Giovanni De Rosa; altri uomini (due o forse cinque) rimangono feriti.
Fine ottobre 1917
Arriva a Cagliari. Le riparazioni dei danni causati dal Nahma saranno svolte nell’Arsenale di La Spezia.
Gennaio 1918
L’H 6 ha base a Taranto, formando la II Squadriglia Sommergili H insieme ai gemelli H 5, H 7 e H 8.
5 febbraio 1918
Dislocato a Brindisi insieme all’H 8, dopo aver terminato l’addestramento, ed inquadrato nella II Squadriglia Sommergibili H, con compiti esplorativi ed offensivi nel Basso Adriatico.
18 marzo 1918
Nuovamente trasferito a Taranto.
Febbraio 1918
Trasferito a Brindisi.
2 ottobre 1918
L’H 6, insieme a vari altri sommergibili italiani (H 3), francesi (Amaranthe, Volta, Franklin e Faraday) e britannici (E1 e E12), viene inviato nelle acque tra Durazzo e Cattaro per supportare l’attacco contro Durazzo da parte di una nutrita squadra interalleata a guida italiana (ammiraglio Osvaldo Paladini). La squadra è composta dalla corazzata Dante Alighieri, dagli incrociatori corazzati San Giorgio, San Marco e Pisa, dagli incrociatori leggeri britannici Weymouth, Dartmouth, Lowestoft, Glasgow e Gloucester, dagli esploratori italiani Nibbio, Marsala, Aquila, Sparviero, Cesare Rossarol, Carlo Alberto Racchia, Guglielmo Pepe ed Alessandro Poerio, da 18 cacciatorpediniere (gli italiani Simone Schiaffino ed Ippolito Nievo, i britannici Ruby, Camaleon, Nymphe, Nereide, Acheron, Gosshawk, Tigress, Jackal, Fury, Badger, Shark, Tribune, Acorn e Lapwing, gli australiani Swan e Warrego), da otto torpediniere italiane, da quattro MAS italiani e da 12 cacciasommergibili statunitensi.
Mentre parte della formazione (tra cui la Dante Alighieri) si tiene più verso il largo per fornire copertura alle altre navi, i tre incrociatori corazzati e gli incrociatori leggeri bombardano le batterie costiere, le concentrazioni di truppe austroungariche, le installazioni portuali di Durazzo ed il poco naviglio nemico presente; i MAS attaccano anch’essi le navi avversarie. Il piroscafo austroungarico Stambul viene affondato, altri due piroscafi danneggiati, e le tre navi da guerra austroungariche (torpediniera TB 87 e cacciatorpediniere Scharfschütze e Dinara) presenti nella base sono costrette alla fuga, due di esse danneggiate. Il cacciasommergibili statunitense No. 129 danneggia seriamente il sommergibile austroungarico U 29 con bombe di profondità, mentre l’U 31 silura e danneggia gravemente l’incrociatore britannico Weymouth. Le batterie costiere austroungariche vengono progressivamente distrutte o comunque messe fuori uso.
L’attacco termina all’1.30 del 3 ottobre; nei giorni seguenti le truppe austroungariche abbandonano Durazzo, che sarà completamente evacuata il 10 ottobre e verrà occupata dalle truppe italiane il 16 ottobre.
1° novembre 1918
L’H 6 risulta dislocato a Brindisi, insieme alle unità gemelle.
1918-1930
Terminata la guerra, l’H 6 rimane dislocato a Brindisi, partecipando a numerose crociere addestrative.
1920
Viene installato a bordo un cannone da 76/30 mm Armstrong 1914.
1931
Trasferito a Taranto, aggregato alla Flottiglia Scuola Comando.
1935
Assegnato alla Flottiglia di La Spezia.
22 settembre-1° ottobre 1936
È comandante dell’H 6, per pochissimo tempo, il capitano di fregata Gaetano Catalano Gonzaga.
Negli stessi anni è per qualche tempo comandante dell’H 6 anche il tenente di vascello Giuliano Prini.
1936
È imbarcato sull’H 6 il marinaio palombaro Mario Marino, futuro autore, con altri, dell’Impresa di Alessandria e Medaglia d’Oro al Valor Militare: sull’H 6, Marino frequenta il 1° Corso Sommozzatori e compie le prime uscite sperimentali da sommergibile immerso, esperienza che tornerà assai utile in futuro. Sempre sull’H 6, nel medesimo periodo, è imbarcato un altro futuro protagonista dell’impresa di Alessandria: il sottocapo palombaro Emilio Bianchi.
Anni ’30
Il cannone da 76/30 mm viene rimpiazzato da una mitragliera contraerea.
10 giugno 1940
L’Italia entra nella seconda guerra mondiale. L’H 6 (tenente di vascello Ugo Giudice), insieme alle residue unità della classe H (H 1, H 2, H 4 e H 8), forma la XVII Squadriglia Sommergibili del I Grupsom di La Spezia.
Lo stesso 10 giugno, l’H 6 si trova già in mare, in agguato nel Golfo di Genova insieme ai gemelli H 1, H 4 e H 8.
All’inizio del conflitto opera al largo delle coste francesi, effettuando ascolto idrofonico e missioni di ricerca e caccia di sommergibili nemici.
Fino al settembre 1943 opererà nelle acque della Liguria e della Francia.
Novembre 1940
E' comandante dell'H 6 il sottotenente di vascello di complemento Paolo Cossi.
28 febbraio 1941
Inviato al largo di La Spezia per una missione difensiva.
1° marzo 1941
Rientra alla base.
Settembre 1941
Inviato in pattugliamento difensivo in Mar Ligure durante l’operazione britannica «Halberd», consistente nell’invio di un convoglio a Malta (cisterna militare Breconshire e navi da carico Ajax, City of Lincoln, City of Calcutta, Clan MacDonald, Clan Ferguson, Rowallan Castle, Imperial Star e Dunedin Star con un carico complessivo di 81.000 tonnellate di rifornimenti), ma che i comandi italiani, non conoscendo il vero obiettivo dei britannici, temono invece essere un attacco alle coste italiane.
8 marzo 1942
Effettua una missione esplorativa/offensiva nel Golfo di Genova insieme al sommergibile Antonio Bajamonti, a seguito dell’uscita da Gibilterra della Forza H britannica, ma rientra a La Spezia senza aver avvistato navi nemiche.
Primavera 1943
Partecipa ad esercitazioni con varie unità nelle acque di La Spezia.
7 settembre 1943
Nel pomeriggio, a seguito dell’avvistamento della forza navale statunitense diretta a Salerno per effettuarvi lo sbarco, l’H 6 riceve ordine di trasferirsi da La Spezia a Ajaccio, in Corsica, e da lì a Bonifacio. Insieme ad esso vengono trasferiti in Corsica anche i gemelli H 1, H 2 e H 4 ed il sommergibile ex jugoslavo Francesco Rismondo. Per altra fonte tale trasferimento è disposto da Supermarina in vista dell’imminente annuncio dell’armistizio tra l’Italia e gli Alleati, per spostare questi sommergibili da La Spezia e sottrarli così alla cattura da parte dei tedeschi che certamente occuperanno la base ligure.
L’H 6 lascia La Spezia alle 16.10.
 

L’H 6 e la nuova corvetta Cicogna in esercitazione al largo di La Spezia nella primavera del 1943 (dal Dizionario Biografico Uomini della Marina 1861-1946)
Bonifacio

Quando venne proclamato l’armistizio, l’8 settembre 1943, l’H 6 (al comando del tenente di vascello Renzo Fossati) era da poco giunto a Bonifacio, sede di uno dei tre Comandi Marina italiani della Corsica (lo reggeva il capitano di fregata Marc’Aurelio Raggio). Insieme all’H 6, si trovavano in quel momento a Bonifacio il sommergibile Francesco Rismondo, la cisterna militare Garigliano e sei piccole navi sussidiarie. Tra Bonifacio e la vicina Portovecchio il presidio della Regia Marina contava circa 600-700 uomini, più il personale del Regio Esercito.
Il generale Giovanni Magli, comandante delle truppe italiane in Corsica, aveva dato ordine di non prendere contro i tedeschi iniziative che potessero dar loro pretesto per azioni aggressive (non era ancora chiaro come si dovesse considerare lo status delle truppe tedesche rispetto a quelle italiane, dopo l’improvviso capovolgimento di fronte), ma di reagire decisamente contro qualsiasi attacco.
Il 10 settembre, unità antisommergibili tedesche presenti nel porto di Bonifacio impedirono all’H 6 ed al Rismondo di partire, e batterie contraeree tedesche situate nei pressi della città aprirono il fuoco contro aerei italiani di passaggio, abbattendone due. Il comandante della base, capitano di fregata Raggio, si venne a trovare in conflitto con i tedeschi, che pretendevano di occupare le batterie costiere.
Lo stesso 10 settembre il generale Magli, dato che le truppe tedesche avevano assunto un atteggiamento aggressivo e commettevano continue provocazioni, decise di abbandonare l’atteggiamento attendista per muovere all’attacco dei tedeschi, e cacciarli dalla Corsica: i combattimenti iniziarono il 12 settembre. Durante gli scontri svoltisi a Bonifacio, sia l’H 6 che il Rismondo, insieme ai dragamine ausiliari (ex motopescherecci) B 73 Alba e B 120 Dina, furono catturati dai tedeschi il 14 settembre; il giorno precedente era stata catturata anche la Garigliano, che fu inviata a Genova tre giorni dopo con equipaggio tedesco. Fu il motodragamine tedesco R 200 a catturare i due sommergibili.
Non vi furono vittime tra l’equipaggio dell’H 6, anche se non si sono trovate notizie precise sulla sorte del suo equipaggio (probabilmente lasciato libero ma disarmato, come il resto del personale della Regia Marina stanziato a Bonifacio).
A seguito di trattative con il Comando tedesco, i militari del Comando Marina di Bonifacio rimasero liberi ma dovettero concentrare le loro armi nei depositi, pur senza doverle consegnare ai tedeschi, tranne gli ufficiali, ai quali fu lasciata la pistola. Bonifacio rimase sotto sostanziale controllo tedesco per alcuni giorni, mentre nel resto dell’isola le truppe italiane, in cooperazione con i partigiani corsi e con truppe della Francia libera sbarcate poco dopo, combattevano per cacciare le forze tedesche dalla Corsica. Il 18 settembre 1943, prima di abbandonare la città per ritirarsi verso nord, i tedeschi, non potendo rimorchiare i due sommergibili altra località, decisero di distruggerli. L’H 6 ed il Rismondo furono portati a Cala Catena, al largo di Bonifacio, e qui i tedeschi li affondarono con cariche esplosive (ciò secondo il diario della Divisione Operazioni dello Stato Maggiore della Kriegsmarine; per altra fonte furono affondati a cannonate): prima l’H 6, alle nove del mattino del 18 settembre, e poi il Rismondo, tre ore più tardi.
Il relitto dell’H 6 giace oggi un chilometro a ponente del fanale della Madonnetta del Porto di Bonifacio, ad una profondità di una trentina di metri (per altra fonte, a soli dodici metri di profondità).
 

L’H 6 a Venezia negli anni Trenta (g.c. Giorgio Parodi via www.naviearmatori.net

sabato 1 ottobre 2016

Tembien

Disegno del Tembien con i colori dell’armatore Messina (g.c. Mauro Millefiorini via www.naviearmatori.net

Piroscafo da carico da 5584 tsl, 3548 tsn e 8200 tpl, lungo 121,9 metri, largo 16,2 e pescante 8,35, di 10-12 nodi di velocità. Appartenente all’armatore Ignazio Messina di Genova, ed iscritto con matricola 1847 al Compartimento Marittimo di Genova; nominativo di chiamata IBUX.

Breve e parziale cronologia.

1914
Costruito dai cantieri Rickmers Werft AG di Bremerhaven come Mabel Rickmers (numero di cantiere 167) per la compagnia tedesca Rickmers Reismühlen, Reederei & Schiffsbau A. G., con sede ad Amburgo.
1917
Ceduto all’armatore tedesco C. Wohlenberg e ribattezzato Franziska.
1919
Trasferito sotto il controllo del governo britannico (British Shipping Controller), in conto riparazioni danni di guerra.
1920 o 1921
Trasferito alla Adelaide Steamship Company Ltd., con sede ad Adelaide (Australia), e ribattezzato Milluna.
Febbraio 1923
Il Milluna subisce una grave avaria alle caldaie durante la navigazione da Melbourne a Sydney.

La nave sotto il nome di Milluna (State Library of Queensland, via Wikimedia Commons)

2-3 agosto 1924
Il Milluna, giunto a Port Kembla da Sydney verso le 17 del 2 agosto ed ormeggiatosi con una sola ancora in considerazione del tempo relativamente buono, viene investito in serata da un’improvvisa burrasca da ovest. Essendo l’ancoraggio divenuto insicuro, e la nave pressoché scarica (c’è a bordo solo un po’ di zavorra), il suo comandante, capitano Simter, decide di salpare l’ancora, mettere le caldaie in pressione e portarsi al largo, ma il Milluna risulta poco manovrabile, ed alle 23.10 viene gettato dalle onde contro una banchina, danneggiandola ed incagliandosi. Durante la notte, con la bassa marea, viene espulsa parte dell’acqua di zavorra, e verso le 7 del 3 agosto, con l’arrivo dell’alta marea, il Milluna riesce a disincagliarsi senza assistenza esterna. I danni subiti dal piroscafo non sono gravi.
Dicembre 1926
Durante uno sciopero dei gruisti a Sydney, il Milluna, giunto in città il 1° dicembre dopo aver portato un carico di carbone ad Adelaide (in questo periodo il piroscafo trasporta carbone da Newcastle ad Adelaide, ed occasionalmente fino a Fremantle), dev’essere temporaneamente posto in disarmo per l’impossibilità di caricare un nuovo carico.
Dicembre 1928-Gennaio 1930
Trasferito ad Auckland.
Marzo 1930
Mentre il Milluna è ormeggiato a Port Adelaide, il marinaio cinese Ah Mar entra nella cabina del terzo ufficiale Hugh Johnson Davidson, che sta discutendo con uno stivatore, e si scatena una discussione tra i due. Davidson ordina ad Ah Mar di lasciare la cabina, ma questi rifiuta e dà uno spintone al terzo ufficiale; Davidson reagisce a sua volta con uno spintone, facendo cadere a terra il cinese. Quest’ultimo, alzatosi ed andato via, ritorna spalleggiato da altri cinque membri dell’equipaggio anch’essi cinesi (tutto l’equipaggio del piroscafo è composto da cinesi, eccetto il comandante Nelson, tre ufficiali di coperta e quattro ufficiali di macchina), uno dei quali armato con una piccola ascia e due con pezzi di tubature, dà l’assalto alla cabina del terzo ufficiale (nella quale Davidson, dopo aver riferito dell’accaduto al secondo ufficiale P. H. Philp, si è chiuso a chiave su suggerimento di quest’ultimo, per attendervi che il marinaio cinese faccia sbollire la rabbia), sfonda la porta ed aggredisce l’ufficiale. Questi tenta di fuggire, ma gli aggressori gli saltano addosso e lo picchiano con i tubi; il secondo ufficiale Philp, richiamato dal trambusto, sopraggiunge e mette in fuga i cinesi. Viene chiamata la polizia, che arresta due dei cinesi a bordo del Milluna e più tardi ne arresta altre due, che erano fuggiti, a terra.
Durante le successive udienze, emerge che la maggior parte dei marinai cinesi del Milluna sono stati reclutati tra varie “gangs” di Bias Bay, famigerata baia della Cina nota per essere stata la sede, negli anni Venti, di feroci bande di pirati. Gli ufficiali dichiarano che quello imbarcato sul Milluna negli ultimi dieci-undici mesi è stato il peggior equipaggio che abbiano mai visto: durante un precedente viaggio da Nauru all’Australia, cinque mesi prima, con dodici passeggeri a bordo, gli ufficiali hanno dovuto girare per i ponti, e persino dormire, con le rivoltelle in mano per mantenere una sembianza d’ordine tra l’equipaggio; in un’altra occasione, hanno bloccato la nave per due giorni nel porto di Bowen per ottenere un aumento salariale; un’altra volta, si sono rivolti contro uno di loro, ferendolo tanto gravemente da dover costringere all’amputazione di una sua gamba, nell’ospedale di un carcere, poco dopo l’aggressione.
A seguito di questo episodio, il Milluna viene posto in disarmo a Sydney; non navigherà più per oltre un anno.

Il Milluna a Melbourne (Port Adelaide Enfield Local History Photos, via Flickr)

Giugno 1930-Giugno 1931
Trasferito ad Auckland.
Giugno 1931
Venduto alla European Shipping Company Ltd., con sede a Londra, senza cambiare nome. Subito noleggiato dalla Farmers & Graders' Co-op. Grain Insurance & Agency Company, carica sacchi di grano da trasportare nel Regno Unito.
1931
Il Milluna, dopo aver trasportato grano dall’Australia al Regno Unito, si reca in zavorra a Batum, sul Mar Nero, e vi carica 70.000 taniche di benzina e cherosene, da portare a Dairen (Corea): a causa del rischio d’incendio legato al carico di benzina (che è stata stivata in un locale vicino alla sala macchine), tuttavia, alla nave è interdetto di transitare nel canale di Suez con le proprie macchine (a meno di pagare 4000 sterline per il rimorchio attraverso il canale, ma a bordo non ci sono tanti soldi), pertanto il Milluna deve riattraversare il Mediterraneo, passare lo stretto di Gibilterra, circumnavigare l’Africa fino al Capo di Buona Speranza, rifornirsi di carbone a Durban ed attraversare l’Oceano Indiano fino a Darian.
Terminato il lungo viaggio (che in tutto dura quasi tre mesi), la nave rimane all’ancora per sei settimane, poi riparte in zavorra verso l’Australia meridionale, per caricare grano da trasportare a Vladivostok.
Giugno 1932
Il Milluna, in navigazione scarico da Darian verso Port Lincoln, rimane alla deriva per cinque giorni nella Grande Baia Australiana (a 200 miglia da Albany) a seguito della rottura dell’asse dell’elica, fino all’arrivo del rimorchiatore Uco inviato da Fremantle (non essendovi alcun rimorchiatore disponibile ad Albany). In attesa dell’Uco, il piroscafo King Malcolm rimane nei pressi del Milluna per fornire eventuale assistenza.
Le burrasche da sudovest impediscono di rimorchiare il Milluna, che rolla fortemente, ad Albany, pertanto si decide di rimorchiarlo ad Adelaide, distante 740 miglia, precedendo la burrasca. Durante il rimorchio le due navi incontrano tre distinte burrasche, ed il basso pescaggio del Milluna rende molto difficile il rimorchio, dato che il piroscafo viene continuamente sballottato e rischia innumerevoli volte di traversarsi. Uco e Milluna, dopo sette giorni, venti ore e 700 miglia, riescono a raggiungere Port Adelaide sani e salvi il 18 giugno; successivamente l’Uco rimorchia il Milluna per fino a Birkenhead, dove si procede all’ispezione dei danni all’asse dell’elica.

Una sequenza di immagini scattate dall’Uco al Milluna durante il lungo rimorchio, dalle quali traspare anche la violenza del mare (Maritime Albany Remembered):








1933
Venduto alla Società Esercizio Armamento, con sede a Genova, e ribattezzato Mouni (o Mauni).

La nave sotto il nome di Mouni (g.c. Rosario Sessa via www.naviearmatori.net

1936
Acquistato dall’armatore Ignazio Messia, con sede a Genova, e ribattezzato Tembien.
Dopo la vittoriosa conclusione della guerra d’Etiopia, il Tembien viene posto in servizio sulla “linea postale per l’Impero Etiopico” (Genova–Livorno–Napoli–Massaua–Assab–Gibuti e, a volte, Mogadiscio). Insieme ad esso vengono messi in servizio sulla medesima rotta altri tre piroscafi acquistati nello stesso anno e, come il Tembien, battezzati con nomi di province della nuova colonia etiopica: Goggiam (ex Alga), Ogaden (ex Nayos) e Semien (ex Fortunastar).

Il Tembien in un manifesto pubblicitario dell’armatore Messina, datato 1937 (g.c. Pietro Berti)

28 ottobre 1938
Il Tembien salpa dal Pontile Eritrea di Genova insieme ad altri sette piroscafi, carichi di migliaia di coloni italiani diretti in Libia. Una volta al largo, le navi si uniscono ad altri sette mercantili provenienti da Napoli, formando un unico convoglio di quindici bastimenti (tra cui, oltre al Tembien, i piroscafi Semien, Liguria, Sardegna, Sannio, Piemonte, Umbria e Calabria e le motonavi Olbia, Vulcania, Città di Napoli, Città di Savona e Città di Bastia) che trasportano in tutto 20.000 coloni italiani (1290 famiglie contadine del Nord Italia e 520 del Sud) inviati a colonizzare la Libia. Questa “trasmigrazione” è stata organizzata dal governatore della Libia, Italo Balbo; i coloni, costituiti da famiglie numerose di agricoltori, dovranno coltivare le regioni meno aride della Tripolitania settentrionale e del Gebel cirenaico, dove sono stati appositamente fondati 27 nuovi villaggi agricoli (12 in Cirenaica e 15 in Tripolitania, con rispettivamente 2035 e 1664 poderi). I “Ventimila” dovrebbero essere i primi dei 100.000 coloni italiani che, secondo i piani di Balbo, dovrebbero trasferirsi dall’Italia in Libia nell’arco di cinque anni; Balbo intende portare la popolazione italiana della Libia a 500.000 unità (“colonizzazione demografica”) ed a raggiungere entro il 1950 l’autosufficienza alimentare, mediante la pratica dell’agricoltura intensiva. Lo scoppio della seconda guerra mondiale manderà in fumo questi piani (oltre ai 20.000 del 1938, soltanto altri 11.000 coloni giungeranno in Libia nel 1939 prima che la guerra fermi tutto).
Il Tembien ha a bordo 135 famiglie, in massima parte siciliane, destinate ai villaggi colonici della zona di Derna; durante la navigazione nascono a bordo tre bambini, tra cui due gemelli.
Le navi procedono in linea di fila, con intervalli di mille metri tra l’una e l’altra; al largo di Ponza e Ventotene il convoglio viene passato in rassegna da Mussolini, imbarcato sull’incrociatore pesante Trieste, proveniente da Gaeta e scortato da quattro cacciatorpediniere.

Il Tembien in partenza da Genova nel 1938 con i coloni rurali diretti in Libia (da ceraunavoltagenova.blogspot.it)

4 novembre 1938
Le navi del convoglio giungono in Libia e sbarcano i coloni a Tripoli e Bengasi. Il Tembien (primo ad approdare in Libia) ed altre navi sbarcano i loro coloni a Ras Hilal, dove li accoglie Balbo.
Agosto-Dicembre 1939
È comandante del Tembien il capitano di lungo corso Carmelo D’Urso, che il 26 dicembre sarà chiamato alle armi e quindi costretto a lasciare il comando della nave.
10 giugno 1940
L’Italia entra nella seconda guerra mondiale.
8 settembre 1940
Il Tembien ed il piroscafo Zena salpano da Napoli per Tripoli alle 17.45, scortati dalla torpediniera Calipso.
A causa di un’avaria sulla Calipso, il convoglio dev’essere dirottato a Trapani.
10 settembre 1940
Tembien e Zena ripartono da Trapani alle 7.30, ora scortati dalla torpediniera Sagittario.
12 settembre 1940
Il convoglietto giunge a Tripoli alle 11.
21 settembre 1940
Requisito a Genova dalla Regia Marina, senza essere iscritto nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato.

13 novembre 1940
Il Tembien lascia Tripoli per Bengasi alle 10.50, insieme al piroscafo Rapido e con la scorta della torpediniera Generale Carlo Montanari.
15 novembre 1940
Tembien, Rapido e Montanari giungono a Bengasi a mezzogiorno.
23 novembre 1940
Il Tembien riparte da Bengasi alle 18.35 per tornare a Tripoli, scortato dalla torpediniera Giuseppe La Farina.
27 novembre 1940
Tembien e La Farina arrivano a Tripoli nel pomeriggio.
8 dicembre 1940
Il Tembien, la motonave Mauly e la pirocisterna Marangona salpano da Tripoli per Palermo alle 17.30, scortati dalla torpediniera Orione.
10 dicembre 1940
Alle 13.30, poco a sud di Pantelleria, la Marangona urta due mine in successione; il Tembien le presta assistenza, ma la petroliera affonda verso le 16.30. Il Tembien recupera l’equipaggio della Marangona, poi le navi proseguono per Palermo.

11 dicembre 1940
Tembien, Mauly ed Orione giungono a Palermo alle 19.30.

Disegno del Tembien (da “Ignazio Messina, vita di un armatore genovese” di P. Lingua, Ed. Sagep, 2003, via Nedo B. Gonzales e www.naviearmatori.net

6 febbraio 1941
Tembien e Mauly, insieme al piroscafo tedesco Leverkusen, partono da Napoli alle 4.40 diretti a Tripoli, con la scorta dell’incrociatore ausiliario RAMB III.
8 febbraio 1941
Il convoglio giunge a Tripoli alle 17.
12 febbraio 1941
Tembien, Mauly e Leverkusen, scortati dalla torpediniera Centauro, lasciano Tripoli alle 4.30 per tornare a Napoli.
Alle 9.30 dello steso giorno il sommergibile britannico Utmost (capitano di corvetta Richard Douglas Cayley) avvista il convoglio a tre miglia per 100°, mentre quest’ultimo procede con rotta 260°. Il battello britannico manovra per attaccare il mercantile di testa, la Mauly, contro cui lancia tre siluri; subito dopo aver lanciato, l’Utmost s’immerge a 24 metri.
Due delle armi mancano il bersaglio, ma una va a segno, colpendo a poppa la Mauly in posizione 32°50’ N e 13°20’ E (o 33°00’ N e 12°00’ E, o 35°41’ N e 23°01’ E), a nord di Zuara ed al largo di Tripoli: la motonave, seriamente danneggiata ed abbandonata dall’equipaggio, rimane però a galla, mentre la Centauro, dalle 9.54 alle 10.22, dà infruttuosamente la caccia al sommergibile lanciando 25 bombe di profondità.
Presa a rimorchio dapprima dalla nave soccorso Giuseppe Orlando e poi dai rimorchiatori Pronta e Polifemo, con la scorta della torpediniera Rosolino Pilo, la Mauly raggiungerà faticosamente Tripoli alle 19.30 del 19.
Intanto, il resto del convoglio prosegue.
14 febbraio 1941
Tembien, Centauro e Leverkusen arrivano a Napoli alle 10.
2 aprile 1941
Il Tembien salpa da Napoli per Tripoli alle 11.30, in convoglio con i piroscafi tedeschi Alicante, Maritza, Procida e Santa Fe. La scorta è costituita dai cacciatorpediniere Turbine e Saetta (caposcorta, capitano di corvetta Sandrelli) e dalla torpediniera Orsa.
Il convoglio, denominato «Maritza», procede a velocità che varia tra gli 8 ed i 10 nodi.
5 aprile 1941
Il convoglio giunge a Tripoli alle 00.45, dopo aver sventato un attacco di sommergibile.
10 aprile 1941
Il Tembien ed il piroscafo Capo Orso salpano da Tripoli alle 22, diretti a Napoli, scortati da Turbine e Saetta (caposcorta) nonché dalla torpediniera Pegaso.
13 aprile 1941
Il convoglietto giunge a Napoli alle 14.30.
8 maggio 1941
Il Tembien lascia Napoli alle tre di notte in convoglio con il piroscafo Ernesto e con le motonavi Giulia e Col di Lana, italiane, e Preussen e Wachtfels, tedesche. La scorta diretta è costituita dai cacciatorpediniere Dardo, Aviere (caposcorta), Geniere, Camicia Nera e Grecale.
9 maggio 1941
All’1.15 il convoglio rientra a Napoli per allarme navale.
11 maggio 1941
Il convoglio riparte da Napoli alle due di notte, fruendo anche di una scorta a distanza costituita dalla IV e VIII Divisione Navale, con gli incrociatori leggeri Giovanni delle Bande Nere, Luigi Cadorna (IV Divisione), Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi e Giuseppe Garibaldi (VIII Divisione) ed i cacciatorpediniere Nicoloso Da Recco, Emanuele Pessagno, Antoniotto Usodimare, Antonio Pigafetta (aggregati alla VIII Divisione), MaeStrale, Scirocco, Bersagliere, Fuciliere ed Alpino (aggregati alla IV Divisione).
Il convoglio gode anche di adeguata scorta aerea nelle ore diurne.
La navigazione procede senza problemi, a parte alcune difficoltà nelle comunicazioni all’interno del convoglio e tra le navi della scorta diretta e gli incrociatori.
13 maggio 1941
Il convoglio arriva Tripoli alle 11.40.
20 maggio 1941
Tembien, Wachtfels, Ernesto, Amsterdam (altro piroscafo italiano), Col di Lana, Giulia e Sanandrea lasciano Tripoli alle 16 per rientrare a Napoli, scortati dai cacciatorpediniere Aviere (caposcorta), Grecale, Dardo e Camicia Nera e dalla torpediniera Enrico Cosenz. Vi è inoltre una scorta a distanza costituita dalla VII Divisione Navale (incrociatori Duca degli Abruzzi e Garibaldi, cacciatorpediniere Granatiere, Bersagliere ed Alpino).
23 maggio 1941
Il convoglio giunge a Napoli alle 23.
10 giugno 1941
Il Tembien salpa da Napoli per Tripoli alle 5.30, in convoglio con Ernesto, Giulia, Col di Lana, Wachtfels ed Amsterdam. Li scortano il cacciatorpediniere Lanzerotto Malocello (caposcorta, capitano di fregata Nicolò Del Buono) e le torpediniere Orsa, Procione e Pegaso. Le navi procedono a 10 nodi.
Più tardi, al largo di Favignana, si aggregano al convoglio anche la nave officina Antonio Pacinotti e la torpediniera Clio, salpate da Trapani alle 14.30.
11 giugno 1941
Alle 18.30, a sud di Pantelleria, due bombardieri britannici Bristol Blenheim appaiono a poppavia del convoglio, volando a bassissima quota, e si avventano sul Tembien, secondo mercantile della colonna di sinistra, mitragliando e sganciando bombe. Prima dello sgancio, tuttavia, il tiro contraereo di Tembien e Wachtfels colpisce uno dei due aerei attaccanti: il bombardiere perde quota, urta l’albero del Tembien e precipita in mare, incendiandosi. Il secondo bombardiere, eseguito lo sgancio delle bombe, si allontana inseguito da un Savoia Marchetti SM. 79 (che, al momento dell’attacco, era l’unico velivolo dell’Asse in visto del convoglio, 5 km a proravia) e poi da due caccia della scorta aerea, nonché dal tiro delle mitragliere della Pegaso (secondo una fonte, sarebbe stato poi anch’esso abbattuto).
Il Tembien non viene colpito dalle bombe e non subisce danni di rilievo, ma deve lamentare parecchi feriti per il mitragliamento.
12 giugno 1941
Il convoglio giunge a Tripoli tra le 19 e le 21.
21 giugno 1941
Alle 15 il Tembien salpa da Tripoli insieme a Wachtfels, Amsterdam, Giulia, Ernesto e Col di Lana, con la scorta del cacciatorpediniere Lanzerotto Malocello (caposcorta, capitano di fregata Del Buono) e delle torpediniere Enrico Cosenz, Orsa, Procione, Pegaso e Clio.
22 giugno 1941
Alle 12.08 sei bombardieri Bristol Blenheim, che volano a bassissima quota, vengono avvistati sulla dritta del convoglio (che in quel momento ha una scorta aerea formata da due caccia biplani FIAT CR. 42 e da un idrovolante antisommergibili CANT Z. 501). Il caposcorta apre il fuoco con le mitragliere per dare l’allarme, e poi, quando possibile, anche con i cannoni; il CANT Z. 501 s’interpone tra i bombardieri ed i piroscafi, sparando con le proprie mitragliere (tornerà poi in posizione di scorta al termine dell’attacco). Anche le altre navi della scorta ed i mercantili aprono il fuoco; la formazione nemica si divide in due gruppi di tre bombardieri ciascuno, che attaccano uno la prima linea di piroscafi e l’altro la seconda. I mercantili accostano in modo da volgere la poppa agli aerei; due o forse tre dei velivoli vengono abbattuti (due colpiti dal tiro delle siluranti: uno cade in mare, l’altro s’incendia in volo e poi precipita; un terzo è forse abbattuto dai FIAT CR. 42 della scorta aerea) ed altri si allontanano scaricando le bombe in mare, ma due riescono a portare a termine l’attacco, sganciando le loro bombe su Tembien e Wachtfels.
Entrambi i piroscafi riportano danni gravissimi, imbarcando molta acqua; solo grazie all’assistenza prestata da Orsa e Procione, che li prendono a rimorchio, i due mercantili rimangono a galla. Proprio mentre le torpediniere stanno prestando assistenza a Tembien e Wachtfels, viene localizzato un sommergibile nemico probabilmente intenzionato ad attaccare i due piroscafi immobilizzati e danneggiati: Orsa e Procione provvedono subito a dargli la caccia, insieme alla Pegaso (tenente di vascello Sironi). Quest’ultima, particolarmente attiva nel contrattacco, effettua un primo lancio di bombe di profondità alle 12.54, per poi vedere il sommergibile emergere parzialmente (si vedono tutto il fianco e la parte superiore della torretta) e fortemente sbandato (circa 70° a dritta); poco dopo il battello si immerge nuovamente. La quasi totalità dell’equipaggio del Tembien, oltre a quello della Pegaso, assiste all’affioramento del sommergibile, che si ritiene agonizzante, celebrandolo con applausi ed acclamazioni; il comandante del Tembien grida “Viva l’Italia”. Alle 12.59 la Pegaso effettua un secondo lancio di bombe, per poi vedere grosse chiazze di nafta sulla superficie del mare. Verso le 16 l’Orsa recupera da un battellino tre aviatori britannici di uno degli aerei abbattuti: il maggiore John Davidson-Broadley ed i sergenti Stewart Carl Thompson e Leonard Felton, quest’ultimo ferito gravemente.
Dopo alcune ore di rimorchio, Tembien e Wachtfels riescono a riparare le avarie ed a contenere le infiltrazioni d’acqua, così riuscendo a rimettere in moto con le proprie macchine. Stante comunque la gravità dei danni, entrambi i piroscafi devono raggiungere Pantelleria, scortati da Orsa e Procione, cui poi si aggiungono anche i cacciatorpediniere MaeStrale e Grecale inviati in loro soccorso da Palermo.
23 giugno 1941
In rinforzo alla scorta viene inviata la X Squadriglia Cacciatorpediniere, con MaeStrale, Grecale ed Antoniotto Usodimare.
24 giugno 1941
Il convoglio giunge a Napoli alle 3.30.
10 settembre 1941
Alle 10.30 il Tembien, i piroscafi Caffaro, Nirvo, Bainsizza e Nicolò Odero e la motonave Giulia salpano da Napoli diretti a Tripoli, con la scorta dei cacciatorpediniere Fulmine ed Alfredo Oriani (capitano di fregata Vittorio Chinigò, caposcorta) e delle torpediniere Orsa, Procione ed Orione, più una quarta, la Circe, aggregatasi nel Canale di Sicilia. Si tratta del convoglio «Tembien», che, essendo composto da navi piuttosto lente, riceve l’ordine di seguire la rotta di ponente (Marettimo-Canale di Sicilia-Secche di Kerkennah).
12 settembre 1941
Alle 3.10 di notte il convoglio, dopo essere stato scoperto da un ricognitore a sud di Pantelleria, viene attaccato da bombardieri od aerosiluranti, ma nessuna nave viene colpita, grazie alle manovre evasive, all’emissione di cortine nebbiogene ed alla reazione dell’armamento contraereo delle navi. Il mattino seguente, il convoglio procede su rotte varie nella zona delle Kerkennah, senza alcun allarme.
Alle 14, mentre il convoglio procede sotto scorta di velivoli della Regia Aeronautica, si verifica un nuovo attacco aereo, da parte di otto bombardieri (Fairey Swordfish dell’830th Squadron della Fleet Air Arm, decollati da Malta): i velivoli, provenienti da ovest, si avvicinano a bassa quota e sganciano le loro bombe. Sia le unità della scorta che i mercantili aprono il fuoco, puntato e di sbarramento: tre aerei nemici vengono abbattuti e precipitano in fiamme, ma alle 14.10 il Caffaro viene colpito ed incendiato da una bomba. Circe, Orsa e più tardi anche il Fulmine ricevono ordine di fornirgli assistenza, mentre il resto del convoglio prosegue. Alle 16.05 il Caffaro esplode ed affonda in posizione 34°14’ N e 11°54’ E (a nordovest di Tripoli); Circe ed Orsa si ricongiungono al convoglio, mentre il Fulmine, avendo a bordo un ferito gravissimo, dirige verso Tripoli.
Alle 23.54 il convoglio raggiunge il punto «C» della rotta di sicurezza di Tripoli; i piroscafi si dispongono in linea di fila.
13 settembre 1941
All’1.05 vengono avvistati 4-5 aerei che procedono con rotta 240° ed i fanali di via accesi; il caposcorta dirama l’allarme aereo, ed all’1.20 diversi razzi illuminanti (diciotto in tutto) si accendono sulla sinistra del convoglio. Le unità di scorta, in base agli ordini del caposcorta, emettono fumo; sia queste che i mercantili aprono il fuoco, puntato e di sbarramento.
Alle 2.30 l’attacco si conclude senza danni, e la formazione si riordina e riprende la navigazione.
Alle 3.45 si sentono rumori di aerei di poppa, ed alle 3.55 viene avvistato un fuoco galleggiante sulla dritta del convoglio. Di nuovo le unità di scorta iniziano ad emettere fumo, e tutte le navi aprono il fuoco di sbarramento: ma alle quattro del mattino, il Nicolò Odero viene colpito. Circe, Orsa e la torpediniera Perseo (inviata incontro al convoglio da Zuara e giunta durante l’attacco) vengono inviate ad assisterlo, mentre il resto del convoglio, riordinatosi in formazione alle cinque, prosegue.
All’alba partono da Tripoli i rimorchiatori Pronta e Porto Palo, che tentano vanamente di domare le fiamme sul Nicolò Odero con ogni mezzo disponibile, poi lo prendono  a rimorchio e tentano dapprima di portarlo a Tripoli, indi lo portano ad incagliare in costa. Sarà tutto vano, perché alle 15 del 14 le fiamme raggiungeranno una stiva piena di munizioni, ed il Nicolò Odero salterà in aria.
All’alba otto bombardieri Bristol Blenheim del 105th Squadron RAF, guidati dal maggiore Smithers, attaccano il convoglio in posizione 34°14’ N e 11°52’ E: la scorta aerea, composta da tre caccia Macchi MC. 200 ed altrettanti FIAT CR. 42 del 230° Gruppo della Regia Aeronautica, interviene ed abbatte tre dei Blenheim, cioè i velivoli numero Z7357, Z7423 e Z7504. L’attacco fallisce.
Il resto del convoglio giunge a Tripoli alle 12.30 del 13.
20 settembre 1941
Tembien, Giulia, Nirvo e Bainsizza lasciano Napoli per Tripoli alle 20.20, scortati dai cacciatorpediniere Freccia (caposcorta, capitano di fregata Giorgio Ghè), Folgore, Euro e Vincenzo Gioberti, seguendo la rotta di ponente.
21 settembre 1941
Alle 19.45, dopo il tramonto, il convoglio viene attaccato a sorpresa da due bombardieri: è proprio il Tembien ad essere colpito. Mentre il resto del convoglio prosegue, l’Euro viene lasciato sul posto per assistere la nave colpita. Giunto nei pressi del Tembien, il cacciatorpediniere vede che sono già in mare tre imbarcazioni con naufraghi, che hanno inopinatamente abbandonato la nave; avvicinate una dopo l’altra le prime due, recupera da esse 38 naufraghi, tra cui dieci feriti (tre gravi e sette lievi). L’Euro manovra poi per accostare la terza lancia, ma viene attaccato da un aereo, che lo mitraglia a volo radente, e poi avvista sulla sinistra altri due velivoli, che si avvicinano bassi sull’acqua per attaccare: il cacciatorpediniere accosta rapidamente e si allontana a tutta forza per vanificare l’attacco, poi ritorna verso il Tembien, che non è ancora riuscito ad avvicinare. Avvicinatosi al piroscafo, l’Euro nota che esso è ancora in moto; ogni ricerca della terza imbarcazione, precedentemente avvistata in mare, risulta inutile. Vedendo che il Tembien dirige verso nord, il comandante dell’Euro rinuncia a cercarla ulteriormente (sarà inviata a cercarla, più tardi, la nave ospedale Arno) e – alle 22 – raggiunge il piroscafo, ordinandogli di seguirlo. Da bordo rispondono che la nave è rimasta senza bussola.
22 settembre 1941
Alle 00.06 Tembien ed Euro raggiungono il convoglio, ed il Tembien riassume il suo posto in formazione. Alle 7.30, su ordine del caposcorta, il Tembien lascia nuovamente il convoglio, sempre scortato dall’Euro, e dirige verso Pantelleria. In prossimità del porto dell’isola, l’Euro trasborda sul Tembien i 28 naufraghi illesi recuperati in precedenza, e sbarca i 10 feriti a Pantelleria.
Il Tembien prosegue poi a lento moto per Trapani, dove giunge alle 17, con la scorta del Gioberti, che sostituisce l’Euro, riunitosi al convoglio. Per altra fonte il Tembien sarebbe invece giunto a Napoli con le altre navi, alle 23 del 23 settembre.
Il caposcorta Ghè, a seguito del danneggiamento del Tembien, trae varie conclusioni che include nel suo rapporto come suggerimenti per il futuro: che i cacciatorpediniere stendano cortine fumogene tenendosi sottovento, per ingannare gli aerei attaccanti sull’estensione e direzione del convoglio; che i mercantili siano armati con mitragliere da 20 mm anziché da 13,2 mm, e che i loro armamenti siano meglio addestrati.
24 gennaio 1942
Il Tembien parte da Palermo per Tripoli alle 20, scortato dalla torpediniera Generale Achille Papa.
25 gennaio 1942
Tembien e Papa arrivano a Tripoli alle 21.
16 febbraio 1942
Il Tembien salpa da Trapani alle 20, alla volta di Tripoli, scortato dal cacciatorpediniere Saetta.
18 febbraio 1942
Tembien e Saetta giungono a Tripoli alle 22.
 
Il Tembien in tempo di pace (Coll. Guido Alfano via Giorgio Parodi e www.naviearmatori.net

L’affondamento

Alle 15.50 del 27 febbraio 1942 il Tembien, vuoto di carico, lasciò Tripoli per rientrare in Italia, a Trapani (per altra fonte a Palermo), scortato dal cacciatorpediniere Strale (capitano di corvetta Enea Picchio).
Il piroscafo, che non trasportava merci o rifornimenti di sorta, aveva però un ingente carico umano: erano ben 654 gli uomini a bordo, 498 dei quali erano prigionieri di guerra del Commonwealth catturati a Tobruk durante l’Operazione «Crusader». L’equipaggio della nave era composto da 40 civili e 16 militari; viaggiavano inoltre sul Tembien anche 81 militari italiani e 20 tedeschi di passaggio. Tra i militari italiani vi erano uomini dell'808a Batteria del 500° Gruppo Mitraglieri, addetti alle mitragliere Breda da 20/65 mm che costituivano l'armamento contraereo del piroscafo, e del Nucleo Nebbiogeni della 30a Compagnia. Il comandante civile era il capitano di lungo corso Antonino Cappiello, quarantaduenne di Meta di Sorrento, al comando del Tembien già da molti mesi e decorato con la Croce di Guerra al Valor Militare per la perizia e sangue freddo mostrati nei tanti attacchi che la nave aveva dovuto subire.
Il piroscafo avrebbe dovuto seguire rotte costiere. Poco prima di partire era stata fatta una richiesta urgente per l’imbarco di altri salvagente, essendo quelli disponibili del tutto insufficienti alle esigenze sia dei soldati italo-tedeschi che dei prigionieri; ma invano.

Il viaggio del Tembien si concluse però poche ore dopo essere cominciato, a sole 24 miglia per 265° dal faro di Tripoli (25 miglia ad ovest di tale città).
Il sommergibile britannico Upholder (capitano di corvetta Malcolm David Wanklyn), in agguato vicino alla costa, avvistò nella foschia, alle 18.45, il Tembien e lo Strale su rilevamento 060°, poco dopo aver sentito il rumore prodotto dai loro motori. Ai comandi britannici, come in altre occasioni, non era ignoto che sul piroscafo vi fossero dei prigionieri: decrittazioni di messaggi intercettati da parte di “ULTRA” lo avevano rivelato fin dalle 13.10 del 25 febbraio (dispaccio di “ULTRA” ZTPI/6689, che indicava anche rotta, velocità ed orari previsti per vari punti lungo la rotta), prima ancora che la nave partisse, pur sbagliando il loro numero (un esagerato 5000, anziché i quasi 500 effettivamente imbarcati). Ma come negli altri casi, per evitare che i comandi dell’Asse fossero insospettiti da attacchi “selettivi” che risparmiassero le navi cariche di prigionieri Alleati, rivelando che i britannici conoscevano queste informazioni (e quindi inducendo a cambiare i codici), si decise di non avvertire i comandanti delle unità in mare, e lasciare che il Tembien fosse attaccato.

Alle 19.05, in posizione 32°55’ N e 12°42’ E, l’Upholder lanciò tre siluri da 2560 metri contro il Tembien, del quale Wanklyn stimò la stazza – con rara precisione – in circa 5500 tsl, ritenendo che si trattasse di una nave mista e notando che era verniciata con colorazione mimetica.
venutosi a trovare tra la costa e la nave italiana, lanciò una salva di siluri contro il Tembien. Alle 19.06 (ora italiana; 19.07 secondo l’Upholder) il piroscafo venne colpito da due siluri sul lato sinistro, uno a centro nave ed uno a poppa: subito la nave si fermò, e sbandò repentinamente di 40° sulla sinistra. Uno sbandamento tanto elevato rese molto difficile mettere a mare delle imbarcazioni, e le operazioni di salvataggio dell’ingente massa umana imbarcata furono rese ancor più difficili dal mare mosso. Moltissimi dei prigionieri erano rimasti uccisi dall’esplosione dei siluri nelle stive.
Dopo soli quattordici minuti dal siluramento, alle 19.20, il Tembien, ormai abbattuto di 90° a sinistra – cioè coi ponti a perpendicolo sulla superficie del mare – ed invaso dalla nafta, s’inabissò portando con sé la maggior parte degli uomini a bordo.
Lo Strale, dopo una brevissima caccia (furono lanciate nove bombe di profondità, che non danneggiarono l’Upholder), si volse subito al recupero dei naufraghi, operazione intralciata dal mare mosso e dal forte vento di Ghibli, mentre da Tripoli venivano inviate in soccorso anche le torpediniere Clio e Generale Antonio Cantore, che però giunsero sul posto solo alle 22. Sempre da Tripoli uscirono anche la piccola nave soccorso Laurana, anch’essa incaricata della ricerca dei naufraghi (ma non ne trovò neanche uno, nonostante ricerche protrattesi per due giorni), e le torpediniere Pallade e Circe, col compito di dare la caccia al sommergibile.

Fu possibile salvare soltanto 157 uomini, che furono sbarcati a Tripoli: si trattava di 69 italiani (tra cui il comandante Cappiello ed il commissario di bordo), 10 tedeschi e solo 79 prigionieri.
Gli scomparsi furono 497, di cui 68 erano militari e marittimi italiani, 10 militari tedeschi (il diario della Divisione Operazioni dello Stato Maggiore della Kriegsmarine, però, parla di 70 soldati tedeschi a bordo e solo 10 salvati, oltre che di 200 prigionieri britannici uccisi dall’esplosione del siluro nella stiva; si tratta quasi certamente di un errore) e 419 prigionieri del Commonwealth.
Tra i superstiti italiani vi fu anche il sergente artigliere Serafino Rossi, dei Granatieri di Sardegna, non ancora ventenne. Era addetto all'armamento difensivo della nave; quando il primo siluro andò a segno a centro nave, Rossi vide un'enorme colonna d'acqua alzarsi e lanciare in aria, insieme a molti rottami, anche moltissimi uomini, soprattutto prigionieri. Tuffatosi nell'acqua buia e fredda, disperava ormai di potersi salvare quando avvistò uno zatterone di salvataggio, che riuscì a raggiungere; arrampicatosi a bordo, aiutò a salire sul galleggiante altri naufraghi, tra cui anche uno o due prigionieri britannici. Vennero soccorsi da una silurante di scorta dopo quattro ore e portati a Tripoli, da dove poi raggiunsero l'Italia per via aerea, a bordo di un Savoia Marchetti 79. Delle decine di commilitoni di Rossi, si salvarono in 17, lui compreso. 


Sopra, Serafino Rossi accanto alla sua mitragliera da 20 mm a bordo di una nave, forse proprio il Tembien; sotto, un elogio agli uomini della 808a Batteria del 500° Gruppo Mitraglieri (per g.c. del figlio Roberto)


Trafiletto del “Giornale di Sicilia” con una parte del Bollettino di Guerra n. 638, riferita all’affondamento del Tembien (g.c. Roberto Rossi)

Il subacqueo tripolino Mohamed Arebi, nel corso delle sue immersioni nelle acque della Tripolitania, si è immerso nel 2004 sul relitto di un piroscafo che giace a 77 metri di profondità, circa 3,5 miglia ad ovest del punto indicato come luogo dell'affondamento del Tembien (32°55 N, 12°42' E), vicino al porto di Zawiyah. La pessima visibilità ha impedito di fare foto, ed eventi successivi hanno impedito ad Arebi di effettuare altre immersioni dopo la prima; risulta tuttavia molto probabile che il relitto scoperto da Mohamed Arebi possa essere quello del Tembien.


L’affondamento del Tembien nel giornale di bordo dell’Upholder (da Uboat.net):

“1845 hours - Heard faint HE bearing 060° and sighted a large merchant vessel and one destroyer / torpedo boat in the haze. Started attack.
1905 hours - In position 32.55'N, 12.42'E fired three torpedoes at the merchant vessel that was of about 5500 tons, half passenger type and she was dazzle painted.
1907 hours - Two torpedo hits were obtained. The escort shortly increased speed and started depth charging but stopped after dropping eight depth charges to pick up survivors.
1925 hours - Heard the ship breaking up.
1950 hours - The escort moved off towards Tripoli.”
 

Un altro disegno a colori del Tembien (g.c. Rosario Sessa via www.naviearmatori.net