Torpediniera,
o avviso scorta, della classe Orsa
(dislocamento standard 840 tonnellate, in carico normale 1016
tonnellate, a pieno carico 1600 tonnellate).
Allo
scoppio della guerra era, con le unità gemelle, una delle poche navi
italiane espressamente pensate per la scorta ai convogli: e questa fu
la sua attività principale, per tre anni, sulle rotte del
Nordafrica.
Breve
e parziale cronologia.
27
aprile 1936
Impostazione
presso i Cantieri Navali Riuniti di Palermo.
21
aprile 1937
Varo
presso i Cantieri Navali Riuniti di Palermo.
Sopra,
l’Orione
in
costruzione (da www.naviearmatori.net,
utente uilly); sotto, in allestimento a Palermo il 16 luglio 1937, in
secondo piano è visibile l’Orsa
(foto William H. Davis, via Naval History and Heritage Command)
31
marzo 1938
Entrata
in servizio.
5
maggio 1938
L’Orione
(tenente di vascello Luca Goretti de’ Flamini) partecipa alla
rivista navale "H", tenuta nel golfo di Napoli in occasione
della visita in Italia di Adolf Hitler. Partecipa alla rivista la
maggior parte della flotta italiana: le corazzate Giulio
Cesare e Conte
di Cavour, i sette
incrociatori pesanti della I e III Divisione, gli undici incrociatori
leggeri della II, IV, VII e VIII Divisione, sette “esploratori
leggeri” classe Navigatori, 18 cacciatorpediniere (le Squadriglie
VII, VIII, IX e X, più il Borea e
lo Zeffiro),
30 torpediniere (le Squadriglie IX, X, XI e XII, più le
vecchie Audace, CastelfiDardo, Curtatone, Francesco
Stocco, Nicola
Fabrizi e Giuseppe
La
Masa ed
i quattro “avvisi scorta” della classe Orsa),
85 sommergibili e 24 MAS (Squadriglie
IV, V, VIII, IX, X e XI), nonché le navi scuola Cristoforo
Colombo ed Amerigo
Vespucci,
il panfilo di Benito Mussolini, l’Aurora,
la nave reale Savoia e
la nave bersaglio San
Marco.
L’Orione
e le gemelle Orsa,
Procione
e Pegaso
sono inquadrate nella Squadriglia Avvisi Scorta (al comando del
capitano di corvetta Teodorico Capone della Procione),
a disposizione di Maridipart Napoli.
21-24
luglio 1938
L’Orione
scorta la motonave armata Adriatico,
partita da Gaeta il 21 e diretta a Cadice con 209 militari del Corpo
Truppe Volontarie, che combatte nella guerra civile spagnola a fianco
delle forze nazionaliste di Francisco Franco. L’Orione
scorta l’Adriatico
da sud di Capo Spartivento fino a Ceuta, dopo di che questa prosegue
da sola fino a Cadice.
31
luglio-3 agosto 1938
Altra
missione di scorta dell’Adriatico,
partita da Gaeta il 31 luglio con 200 uomini del C.T.V. e giunta a
Cadice il 3 agosto, da sud di Capo Spartivento fino all’imbocco
dello stretto di Gibilterra.
8-15
settembre 1938
Scorta
nelle acque delle Baleari e poi fino all’altezza di Ceuta la
motonave Aniene
(ex spagnola Ebro,
fuggita a Genova dopo lo scoppio della guerra civile, requisita dalle
autorità italiane ed affidata in gestione alla Regia Marina), carica
di 1200 tonnellate di munizioni e bombe d’aereo per le forze
franchiste. Partita da La Spezia l’8 settembre, l’Aniene
sosta a Palma di Maiorca dall’11 al 13 agosto e poi prosegue per
Ceuta e Siviglia, dove arriva il 15.
5
settembre 1938
Inizialmente
classificata avviso scorta, l’Orione viene
in questa data riclassificata torpediniera.
6-11
novembre 1938
Nuova
missione di scorta all’Adriatico,
partita da Gaeta il 6 novembre e giunta a Cadice l’11 con 167
soldati e trenta tonnellate di materiali. Come al solito, l’Orione
la scorta da sud di Capo Spartivento fino all’altezza di Ceuta.
29
novembre-7 dicembre 1938
Scorta
da sud di Capo Spartivento allo stretto di Gibilterra il piroscafo
Bologna
(ex spagnolo Bachi,
sorpreso dallo scoppio della guerra civile in Italia, requisito dalle
autorità italiane ed affidato in gestione alla Cooperativa Garibaldi
di Genova: al termine di questo viaggio verrà restituito al suo
armatore spagnolo), partito da La Spezia il 29 novembre e giunto a
Cadice il 7 dicembre con autocarri, provviste e munizioni per il
Corpo Truppe Volontarie per un totale di 1440 tonnellate.
Il
4 dicembre i decrittatori britannici della Government Code and Cypher
School (l’organizzazione che durante la seconda guerra mondiale
darà vita a “ULTRA”) intercettano e decifrano un radiocifrato
(numero 9975) trasmesso da Roma
in cui il Ministero della Marina dispone lo spostamento (nel punto
d’intersezione tra il meridiano di Malaga ed il parallelo 35°35'
Nord) del previsto punto d’incontro tra l’Orione
ed il Bologna,
essendo emerso che la Marina repubblicana spagnola ha scoperto il
punto d’incontro precedentemente concordato.
28
dicembre 1938-2 gennaio 1939
Altra
missione di scorta all’Adriatico,
partita da Napoli il 28 dicembre con 219 soldati e giunta a Cadice il
2 gennaio. L’Orione
la scorta da sud di Capo Spartivento fino all’imbocco dello stretto
di Gibilterra.
6-9
febbraio 1939
Ulteriore
missione di scorta dell’Adriatico,
salpata da Gaeta il 6 e giunta a Cadice il 9 con 264 militari. Ancora
una volta l’Orione
la scorta da sud di Capo Spartivento fino all’altezza di Ceuta.
26
febbraio-1° marzo 1939
Scorta
da sud di Capo Spartivento all’altezza di Ceuta il piroscafo
spagnolo nazionalista Domine
(che viaggia sotto il nome fittizio italiano di Stelvio),
partito da La Spezia il 26 febbraio e giunto a Cadice il 1° marzo
con 470 soldati e 3000 tonnellate di materiali vari.
6
marzo 1939
Di
ritorno a Cagliari dopo la missione di scorta dello Stelvio,
l’Orione
riceve ordine di tenersi pronta a muovere per ogni eventualità: il
giorno precedente quel che resta della flotta spagnola repubblicana
(incrociatori Miguel
De
Cervantes,
Mendez
Nuñez
e Libertad
e cacciatorpediniere Lepanto,
Escaño,
Almirante
Antequera,
Almirante
Miranda,
Almirante
Valdés,
Gravina,
Jorge
Juan
e Ulloa,
aventi a bordo anche 600 profughi civili) ha lasciato Cartagena, dove
insorti filofranchisti – la guerra civile è ormai agli sgoccioli,
ed il blocco repubblicano si va sgretolando – hanno occupato la
base navale e parte delle batterie costiere, imponendo la partenza
della flotta, pena l’apertura del fuoco. Da parte italiana si vuole
evitare con ogni mezzo che la flotta repubblicana raggiunga il Mar
Nero e si consegni ai sovietici, e viene fatta uscire in mare la
flotta da battaglia con l’incarico di impedire agli spagnoli di
attraversare il Canale di Sicilia, dirottandoli ad Augusta ed aprendo
il fuoco in caso di rifiuto; questa eventualità comunque non si
concretizzerà, in quanto le navi repubblicane raggiungeranno invece
Biserta, in Tunisia, dove si faranno internare dalle autorità
francesi.
18-24
marzo 1939
Scorta
da sud delle Baleari fino all’altezza di Ceuta il piroscafo
spagnolo Castillo
Oropesa
(viaggiante sotto il nome fittizio italiano di Patti),
partito da La Spezia il 18 con a bordo 489 militari e giunto a Cadice
il 24.
10
giugno 1940
All’entrata
in guerra dell’Italia, l’Orione
(tenente di vascello Vincenzo Vecchio) fa parte della IV
Squadriglia Torpediniere, di base a Napoli, che forma con le
gemelle Procione (caposquadriglia,
capitano di corvetta Riccardo Imperiali), Orsa e Pegaso.
Così
questo periodo è descritto da un marconista imbarcato sull’Orione:
“Poco più tardi dell’alba
del 14 Aprile 1940, proveniente dal Centro Radio di Roma, imbarcai a
Napoli sulla R. Torpediniera Orione. La R. Torp. Orione fa parte
della 4^ Squadriglia Torpediniere , dunque, imbarcai con un
indicibile entusiasmo e con una voglia matta di navigare. Mi sentivo
che avrei considerato come luoghi comuni i nomi di sterminati Mari e
di immense regioni, nomi che prima, nel periodo della mia adolescenza
da poco trascorsa (avevo poco più di 17 anni quando mi imbarcai) li
pronunciavo con un senso di sgomento o li leggevo con un senso di
religiosa ammirazione e con un leggero fremito del mio io, di questo
io sognatore di grandi imprese e di eroiche lotte. Ed ecco che questi
sogni di tutte le gioventù sono diventati realtà e in seguito
dovevano diventare realtà durissima, ma piena di poesia nella
inesorabile legge della guerra. Infatti all’alba del 10 Giugno
1940, salpammo da Napoli assieme alle altre torpediniere della
Squadriglia, con a bordo di ogni nave un numero considerevole di
mine, per eseguire uno sbarramento al largo di Napoli, tra le isole
di Capri, d’Ischia e di Procida. Da questo fatto ognuno capì
esplicitamente che sarebbe stata imminente l’entrata in guerra
dell’Italia. Difatti, nel pomeriggio, durante la rotta di rientro
alla base, sentimmo alla radio il discorso del Duce che annunziava
l’Italia in guerra contro l’Inghilterra e la Francia. Nespole!
Qualche giorno dopo, anzi qualche notte dopo, si ebbe a Napoli il
primo bombardamento aereo, condotto da aerei francesi, che causò
lievi danni. Incominciò subito per la squadriglia e specialmente per
la mia nave, l’Orione, una grande attività di guerra”.
|
La IV Squadriglia Torpediniere ormeggiata a Napoli in una foto dell’8 giugno 1940: l’Orione è la seconda da sinistra (Coll. Antonio Cavallini/ANMI Monza) |
16
giugno 1940
Alle
20 l’Orione ed
il resto della Squadriglia (Procione, Orsa e Pegaso)
salpano da Napoli per compiere un rastrello antisommergibili al largo
della città Partenopea,
per poi rientrare in porto l’indomani mattina.
25-26
giugno 1940
Secondo
alcuni siti l’Orione
ed il resto della IV Squadriglia Torpediniere (Procione –
caposcorta –, Orsa e Pegaso)
avrebbero scortato da Napoli a Tripoli in questa data i trasporti
truppe Esperia e Victoria,
partiti da Napoli alle 2.15 del 25 e giunti a Tripoli alle 13.30 del
26 con 937 militari e 2775 tonnellate di materiali, primo convoglio
organico inviato in Libia. Dalla cronologia ufficiale dell’USMM
("La difesa del traffico con l’Africa Settentrionale dal 10
giugno 1940 al 30 settembre 1941") risulta però che Orione
e Pegaso
non abbiano partecipato a questa missione, mentre Orsa
e Procione
scortarono i due trasporti truppe soltanto fino a Siracusa, dove
furono rilevate da altre unità.
2
luglio 1940
Orione,
Procione (caposcorta), Orsa e Pegaso
lasciano Tripoli alle 13, per scortare Esperia e Victoria che
rientrano a Napoli. Oltre alla scorta diretta, è ora presente una
forza di scorta a distanza costituita dalla I Divisione Navale
(incrociatori pesanti Zara, Fiume e Gorizia)
con la IX Squadriglia Cacciatorpediniere (Vittorio
Alfieri, Alfredo
Oriani, Vincenzo
Gioberti, Giosuè
Carducci)
e dalla II Divisione Navale (incrociatori leggeri Giovanni
delle Bande Nere e Bartolomeo
Colleoni)
con la X Squadriglia Cacciatorpediniere
(Maestrale, Grecale, Libeccio, Scirocco).
4
luglio 1940
Il
convoglio arriva a Napoli alle 23.
6
luglio 1940
La
IV Squadriglia Torpediniere,
con Orione, Procione (caposquadriglia), Orsa e Pegaso,
salpa da Napoli alle 19.45 per scortare a Bengasi i trasporti
truppe Esperia e Calitea,
che hanno a bordo 2190 uomini, e le moderne motonavi da carico Marco
Foscarini e Vettor
Pisani. Al largo di Catania
si unisce al convoglio la motonave Francesco
Barbaro, scortata dalle
vecchie torpediniere Giuseppe
Cesare
Abba e Rosolino
Pilo.
L’operazione è denominata «TCM» (Terra, Cielo, Mare).
Il
convoglio segue la rotta che passa per lo Stretto di Messina,
fingendo inizialmente di puntare su Tripoli onde ingannare la
ricognizione britannica.
7
luglio 1940
Mentre
il convoglio si trova in Mar Ionio, Supermarina viene informato che
alle otto del mattino dello stesso 7 luglio la Forza H britannica
(portaerei Ark
Royal,
corazzate Valiant e Resolution,
incrociatore da battaglia Hood,
incrociatori leggeri Arethusa, Delhi ed Enterprise,
cacciatorpediniere Faulknor, Foxhound, Fearless, Douglas, Active, Velox, Vortingern, Wrestler, Escort e Forester)
è uscita in mare da Gibilterra. Scopo di tale uscita (operazione «MA
5») è attaccare gli aeroporti della Sardegna, per distogliere
l’attenzione dei comandi italiani da un traffico di convogli tra
Alessandria a Malta (due convogli di mercantili per l’evacuazione
di civili e materiali da inviare ad Alessandria, ed uno di
cacciatorpediniere con alcuni rifornimenti per Malta), con l’appoggio
dell’intera Mediterranean Fleet (corazzate Warspite, Malaya e Royal
Sovereign,
portaerei Eagle,
incrociatori leggeri Orion, Neptune, Sydney, Gloucester e Liverpool,
cacciatorpediniere Dainty, Defender, Decoy, Hasty, Hero, Hereward, Hyperion, Hostile, Ilex, Nubian, Mohawk, Stuart, Voyager, Vampire, Janus e Juno);
questo, però, non è a conoscenza dei comandi italiani, che decidono
di fornire protezione al convoglio diretto a Bengasi, facendo uscire
in mare l’intera flotta italiana.
La
scorta diretta viene così rinforzata dalla II Divisione Navale, con
gli incrociatori Bande
Nere e Colleoni,
dalla X Squadriglia Cacciatorpediniere
con Maestrale, Grecale, Libeccio e Scirocco,
e dalle torpediniere Pilo e Missori;
quale scorta a distanza, escono in mare la 1a Squadra
Navale con le Divisioni IV (incrociatori leggeri Alberico
Da
Barbiano, Alberto
Di
Giussano, Luigi
Cadorna ed Armando
Diaz), V (corazzate Giulio
Cesare e Conte
di Cavour) e VIII
(incrociatori leggeri Luigi
di Savoia Duca degli Abruzzi e Giuseppe
Garibaldi)
e le Squadriglie Cacciatorpediniere VII
(Freccia, Dardo, Saetta, Strale),
VIII (Folgore, Fulmine, Lampo, Baleno),
XIV (Leone
Pancaldo, Ugolino
Vivaldi, Antonio
Da Noli), XV (Antonio
Pigafetta, Nicolò
Zeno) e XVI (Nicoloso
Da Recco, Emanuele
Pessagno, Antoniotto
Usodimare), e la 2a Squadra
Navale con l’incrociatore pesante Pola (nave
ammiraglia), le Divisioni I (Zara, Fiume, Gorizia),
III (incrociatori pesanti Trento e Bolzano)
e VII (incrociatori leggeri Emanuele
Filiberto Duca d'Aosta, Eugenio
di Savoia, Raimondo
Montecuccoli e Muzio
Attendolo)
e le Squadriglie Cacciatorpediniere IX
(Alfieri, Oriani, Gioberti, Carducci),
XI (Aviere, Artigliere, Geniere, Camicia
Nera), XII
(Lanciere, Carabiniere, Ascari, Corazziere)
e XIII (Granatiere, Bersagliere, Fuciliere, Alpino).
Pola,
I e III Divisione, con le relative squadriglie di cacciatorpediniere
(IX, XI e XII), si posizionano 35 miglia ad est del convoglio, per
proteggerlo da un attacco navale proveniente da est, mentre la VII
Divisione e la XIII Squadriglia, posizionate 45 miglia ad ovest,
forniscono protezione da attacchi provenienti da Malta; il resto
della flotta (IV, V e VIII Divisione, VII, VIII, XIV, XV e XVI
Squadriglia) forma infine un gruppo di sostegno. Non è tutto: viene
organizzata un’intensa ricognizione aerea con grandi aliquote dei
velivoli della ricognizione marittima, il posamine
ausiliario Barletta viene
inviato a posare mine a protezione del porto di Bengasi, e vengono
inviati in tutto 14 sommergibili in agguato nel Mediterraneo
orientale.
L’avvistamento
anche della Mediterranean Fleet, uscita da Alessandria nel pomeriggio
del 7 – come si è detto – per proteggere i convogli con Malta,
non fa che confermare la convinzione di Supermarina circa la
necessità delle misure adottate.
Il
convoglio, procedendo a 14 nodi, segue rotta apparente verso Tobruk
fino a giungere in un punto situato 245 miglia a nordovest di
Bengasi, quindi assume rotta verso quest’ultimo porto; dopo altre
100 miglia il convoglio si divide, lasciando proseguire a 18 nodi le
più veloci Esperia e Calitea,
mentre le motonavi da carico manterranno una velocità di 14 nodi.
8
luglio 1940
All’1.50
l’ammiraglio Inigo Campioni, comandante della flotta italiana, a
seguito di avvistamenti della ricognizione che rivelano la presenza
in mare della Mediterranean Fleet britannica (anch’essa uscita a
tutela di convogli), ordina al convoglio, che si trova in rotta 147°
(per Bengasi) di assumere rotta 180°, in modo da essere pronto ad
essere dirottato su Tripoli in caso di necessità. Alle 7.10,
appurato che la Mediterranean Fleet non può essere diretta ad
intercettare il convoglio, Campioni ordina a quest’ultimo di
tornare sulla rotta per Bengasi.
L’Orione e
le altre navi del convoglio (le torpediniere seguono in porto i
mercantili) entrano a Bengasi tra le 18 e le 22, così concludendo la
traversata senza inconvenienti. In tutto il convoglio porta in Libia
2190 uomini (1571 sull’Esperia e
619 sulla Calitea),
72 carri armati M11/39, 232
automezzi, 5720 tonnellate di carburante e 10.445 tonnellate di
rifornimenti.
Durante
la navigazione di rientro alle basi, la flotta italiana si scontrerà
con quella britannica, nell’inconclusivo confronto divenuto poi
noto come battaglia di Punta Stilo.
9
luglio 1940
L’Orione
lascia Bengasi alle 19.30, per scortare a Tripoli Esperia
e Calitea.
10
luglio 1940
Il
piccolo convoglio arriva a Tripoli alle 15.
19
luglio 1940
Alle
sei del mattino l’Orione lascia
Bengasi insieme al resto della IV Squadriglia (Procione,
caposcorta, Orsa e Pegaso)
per scortare in Italia Esperia, Calitea, Foscarini, Pisani e Barbaro.
In
mattinata la scorta diretta viene rinforzata dalla X Squadriglia
Cacciatorpediniere (Maestrale, Grecale, Libeccio, Scirocco)
proveniente da Tripoli. Per scorta indiretta esce da Taranto l’VIII
Divisione Navale (Duca degli
Abruzzi e Garibaldi)
con i relativi cacciatorpediniere, mentre la III Divisione si tiene
pronta a Messina, per intervenire rapidamente in caso di necessità.
21
luglio 1940
Il
convoglio arriva a Napoli alle 00.30, senza che si siano manifestati
problemi.
27
luglio 1940
Orione,
Orsa, Procione (caposquadriglia)
e Pegaso
salpano da Napoli alle 5.30 per scortare a Tripoli un convoglio
composto dai piroscafi Maria Eugenia, Bainsizza e Gloriastella e
dalle motonavi Mauly, Col
di Lana, Francesco
Barbaro e Città
di Bari, nell’ambito
dell’operazione «Trasporto Veloce Lento» (T.V.L.). Si tratta del
convoglio lento dell’operazione, avente velocità 7,5 nodi.
A
protezione di questo e di un secondo convoglio diretto a Bengasi
(quello veloce, che procede a 16 nodi: trasporti truppe Marco
Polo, Città
di Palermo e Città
di Napoli,
torpediniere Alcione, Airone, Aretusa ed Ariel)
saranno in mare, dal 30 luglio al 1° agosto, gli incrociatori
pesanti Pola, Zara, Fiume, Trento e Gorizia (I
Divisione), gli incrociatori leggeri Alberico
Da
Barbiano ed Alberto
Di
Giussano della
IV Divisione e Luigi
di Savoia
Duca degli Abruzzi, Eugenio
di Savoia, Raimondo
Montecuccoli e Muzio
Attendolo della
VII Divisione, e le Squadriglie Cacciatorpediniere IX
(Alfieri, Oriani, Gioberti, Carducci),
XII (Lanciere, Corazziere, Carabiniere, Alpino),
XIII (Granatiere, Bersagliere, Fuciliere, Ascari)
e XV (Pigafetta, Malocello, Zeno).
28
luglio 1940
A
seguito dell’avvistamento di notevoli forze navali britanniche
uscite in mare sia da Alessandria (il grosso della Mediterranean
Fleet) che da Gibilterra (l’incrociatore da battaglia Hood,
le corazzate Valiant e Resolution e
le portaerei Argus ed Ark
Royal),
i due convogli dell’operazione T.V.L. ricevono ordine da
Supermarina di rifugiarsi immediatamente nei porti della Sicilia.
Il
convoglio lento, con la IV Squadriglia, giunge a Catania in serata e
vi sosta per due giorni.
30
luglio 1940
Passata
la minaccia, il convoglio riparte in mattinata da Catania, con il
rinforzo della X Squadriglia Cacciatorpediniere
(Maestrale, Grecale, Libeccio e Scirocco).
Intorno
alle 14 il convoglio viene attaccato, circa 20 miglia a sud di Capo
dell’Armi (ed a sudovest di Capo Spartivento), dal sommergibile
britannico Oswald (capitano
di corvetta David Alexander Fraser), che lancia alcuni siluri contro
il Grecale e
la Col di Lana:
il cacciatorpediniere riesce però a schivare le armi, che mancano
anche la motonave. L’Oswald lancia
via radio un segnale di scoperta relativo al convoglio.
1°
agosto 1940
Il
convoglio raggiunge indenne Tripoli alle 9.45.
2
agosto 1940
Orione,
Procione, Orsa e Pegaso
salpano da Tripoli alle 8.30 per scortare a Bengasi Maria
Eugenia, Gloriastella, Mauly, Caffaro, Col
di Lana e Città
di Bari.
4
agosto 1940
Il
convoglio raggiunge Bengasi a mezzogiorno.
12
agosto 1940
Orione (caposcorta)
e Pegaso
salpano da Bengasi alle 14 per scortare a Tripoli il Marco
Polo.
13
agosto 1940
Orione,
Pegaso e Marco
Polo arrivano a
Tripoli alle 10.30.
16
agosto 1940
Orione, Procione, Orsa e Pegaso
lasciano da Tripoli alle 18.30 per scortare in Italia Marco
Polo, Città
di Palermo e Città
di Napoli.
Nella
notte si uniscono alla scorta la X Squadriglia Cacciatorpediniere
(Maestrale, Grecale, Libeccio e Scirocco)
e la I Squadriglia Torpediniere (Alcione, Airone, Ariel ed Aretusa).
18
agosto 1940
Il
convoglio arriva a Palermo alle tre, per poi proseguire alla volta di
Napoli.
19
agosto 1940
Il
convoglio giunge a Napoli alle 19.
25
agosto 1940
L’Orione
salpa da Tripoli per Palermo alle 14.20, di scorta ai piroscafi
Caffaro
e Bosforo.
27
agosto 1940
Il
convoglio arriva a Palermo alle 13.
7
settembre 1940
L’Orione
(che sarà rinforzata durante il viaggio da varie unità di scorta
locali) salpa da Napoli alle 7.30 per scortare a Tripoli i piroscafi
Ogaden,
Maria
Eugenia
e Gloriastella.
Durante
la navigazione il convoglio riceve tuttavia ordine di entrare a
Palermo per allarme nella zona.
8
settembre 1940
Il
convoglio arriva a Palermo a mezzogiorno.
9
settembre 1940
Il
convoglio riparte da Palermo alle 20.
12
settembre 1940
Le
navi arrivano a Tripoli alle 11.
13
settembre 1940
L’Orione
lascia Tripoli a mezzogiorno per scortare a Palermo i piroscafi
Absirtea
e Vincenzina
e la piccola motonave cisterna Alcione.
16
settembre 1940
Il
convoglio arriva a Palermo alle 11.
14
ottobre 1940
L’Orione
parte da Napoli alle 15.30 per scortare a Tripoli la motonave
Tergestea.
16
ottobre 1940
Orione
e Tergestea
arrivano a Tripoli in mattinata.
21
novembre 1940
L’Orione
ed il cacciatorpediniere Turbine
partono da Napoli all’1.50 scortando i trasporti
truppe Esperia e Marco
Polo, diretti a Tripoli.
Il
convoglio giunge a Palermo alle dieci del mattino; qui Orione e
Turbine
vengono sostituiti nel ruolo di scorta dalla XIV Squadriglia
Cacciatorpediniere (Ugolino
Vivaldi, Antonio
Da Noli, Luca
Tarigo).
1°
dicembre 1940
L’Orione
parte da Napoli alle 21 scortando la motonave Calino,
diretta a Tobruk. A Trapani viene sostituita nella scorta dalla
gemella Procione.
8
dicembre 1940
Alle
17.30 l’Orione
salpa da Tripoli per scortare a Palermo il piroscafo Tembien,
la motonave Mauly
e la nave cisterna Marangona.
10
dicembre 1940
Alle
13.30 (secondo "La difesa del traffico con l’Africa
Settentrionale dal 10 giugno 1940 al 30 settembre 1941",
dell’USMM; "Navi mercantili perdute", anch’esso
dell’USMM, parla invece di mezzogiorno) la Marangona
urta in successione due mine, probabilmente appartenenti ad uno
sbarramento italiano e strappate dagli ormeggi dal mare mosso, 27
miglia a sud di Pantelleria (secondo i citati libri dell’USMM: il
diario storico del Comando Supremo parla però di 40 miglia a sud di
tale isola). Nonostante l’assistenza prestata dal Tembien,
la vecchia pirocisterna s’inabissa alle 16.30 (secondo "La
difesa del traffico"; le 15 secondo "Navi mercantili
perdute") nel punto 36°13' N e 11°59' E, così diventando una
delle prime navi mercantili ad andare perdute sulla rotta per la
Libia.
Due uomini risultarono dispersi; il resto dell’equipaggio
viene tratto in salvo dal Tembien.
11
dicembre 1940
Il
convoglio raggiunge Palermo alle 19.30.
13
dicembre 1940
L’Orione
salpa da Tripoli alle 3.45 per scortare a Bengasi il piroscafo
Fenicia,
che vi arriverà il 19 dicembre (?).
14
dicembre 1940
L’Orione
parte da Tripoli per scortare in Italia il piroscafo Capo
Orso e la nave
cisterna Caucaso.
16
dicembre 1940
Il
convoglio arriva a Palermo alle 23.30.
19
dicembre 1940
L’Orione
ed i cacciatorpediniere Ugolino
Vivaldi (caposcorta), Antonio
Da Noli, Luca
Tarigo e Lanzerotto
Malocello partono da
Tripoli per Napoli alle 10, scortando i trasporti
truppe Esperia, Conte
Rosso e Marco
Polo che rientrano
vuoti in Italia.
20
dicembre 1940
Il
convoglio giunge a Napoli alle 20.30.
1940-1941
Lavori
di modifica dell’armamento contraereo: le otto mitragliere da
13,2/76 mm (6 in impianti binati e due in impianti sIngoli)
vengono eliminate e sostituite con otto più moderne Breda 1935 da
20/65 mm in impianti binati.
(Da
una fonte risulterebbe anche la sostituzione dei due cannoni da
100/47 mm Mod. 1935 con il più moderno modello OTO 1937).
18
gennaio 1941
L’Orione
salpa da Napoli alle 16.30 per scortare a Tripoli le motonavi Andrea
Gritti e Sebastiano
Venier.
20
gennaio 1941
Il
convoglio giunge a Tripoli a mezzogiorno.
22
gennaio 1941
L’Orione
riparte da Tripoli alle 20 per scortare a Derna e Bengasi la motonave
Calino.
23
gennaio 1941
Orione
e Calino
arrivano a Derna alle 23. Da qui la Calino
proseguirà successivamente per Bengasi, dove giungerà alle 9.30 del
3 febbraio.
25
gennaio 1941
L’Orione
lascia Bengasi alle 18 per scortare a Tripoli il piroscafo Ogaden.
27
gennaio 1941
Orione
ed Ogaden
arrivano a Tripoli alle 19.
28
gennaio 1941
L’Orione
(tenente di vascello Alessandro Frigerio) viene fatta uscire da
Tripoli per andare in soccorso del piroscafo tedesco Duisburg,
silurato e gravemente danneggiato alle 5.38 dal sommergibile
britannico Upholder
(capitano di corvetta Malcolm David Wanklyn) al largo di Zuara, una
ventina di miglia a nord di Tripoli (per altra fonte, al largo di
Capo Bon). L’incrociatore ausiliario Caralis,
unità di scorta del Duisburg
al momento dell’attacco, non si è fermato a prestare assistenza in
considerazione delle sue scarse possibilità di offesa e difesa
contro un sommergibile, e della presenza a bordo di 255 naufraghi di
un’altra nave tedesca, l’Ingo,
affondata da aerosiluranti il giorno precedente; ha informato Marina
Tripoli dell’accaduto e dell’impossibilità di trattenersi sul
posto, e Marina Tripoli ha pertanto ordinato all’Orione
di uscire in mare ed andare in soccorso del Duisburg.
(Alcuni siti affermano che l’Orione
avrebbe raggiunto il convoglio già dopo l’affondamento dell’Ingo,
recuperandone i naufraghi, ma si tratta di un errore; parimenti
errata la versione secondo cui il Caralis,
rimasto sul posto, avrebbe preso a rimorchio il Duisburg,
mentre l’Orione
forniva assistenza).
Quando
la torpediniera giunge sul luogo del siluramento, alle 10.40,
constata che il Duisburg
è ancora galleggiante, visibilmente appruato, ma che è stato
abbandonato dall’equipaggio e dal personale militare di passaggio,
che ha preso posto nelle lance; li prende tutti a bordo ed il
comandante Frigerio ordina che siano rifocillati con caffè e cognac.
Successivamente, dal momento che il Duisburg
ha smesso di affondare di prua e si è assestato con l’ancora a
circa un metro dalla superficie, parte dell’equipaggio del
mercantile viene rimandato a bordo per tentare di salvare la nave;
nel frattempo arrivano anche un rimorchiatore e tre motopescherecci
mandati da Marina Tripoli. Constatato che le paratie confinanti con
le stive 1 e 2 (quelle allagate) tengono bene, Frigerio ordina al
rimorchiatore di prendere il Duisburg
a rimorchio di poppa, e fa preparare anche l’Orione
al rimorchio. Dapprima il piccolo convoglio si avvicina alla costa,
in modo che qualora le paratie dovessero cedere il Duisburg
si adagi sui bassifondali, dopo di che, appurato che il mercantile
continua a reggere bene e che il vento fresco ed il mare mosso da
ponente sono favorevoli alla navigazione verso Tripoli (la velocità
del rimorchio riesce a sfiorare i cinque nodi), il comandante
Frigerio fa dirigere sulle mede di entrata. Incaricati i
motopescherecci di occuparsi delle scialuppe, Frigerio, d’accordo
con il comandante tedesco del Duisburg
e con il regio commissario del piroscafo, fa rimandare a bordo il
personale per riattivare i motori diesel e prosciugare eventuali
infiltrazioni d’acqua nei compartimenti non colpiti dai siluri.
Il
Duisburg
riesce a raggiungere Tripoli alle 15. Per il salvataggio del
piroscafo danneggiato il comandante Frigerio riceverà la Croce di
Guerra al Valor Militare, con motivazione “Comandante
di torpediniera, in navigazione di trasferimento, accorreva
prontamente in soccorso di una unità sinistrata e, superando
notevoli difficoltà frapposte dall’oscurità della notte e dalle
avverse condizioni atmosferiche, riusciva con abile manovra e perizia
marinaresca a darle rimorchio ed a portarla in un porto nazionale,
evitando una zona minata”.
29
gennaio 1941
Al
largo di Kelibia l’Orione
(tenente di vascello Alessandro Frigerio) sostituisce la torpediniera
Sirio
nella scorta di un convoglio proveniente da Trapani e formato dai
piroscafi Motia,
Delfin
e Maria
Adelaide,
scortati oltre che da essa dalla torpediniera Aldebaran (tenente
di vascello Osvaldo Pappaianni, caposcorta).
Fin
verso le 11 la navigazione procede senza intoppi, ma a quell’ora,
quando il convoglio è ormai giunto nei pressi delle secche di
Kerkennah, viene avvistato a 19 km di distanza un idrovolante da
ricognizione britannico Short Sunderland: avvistato il convoglio, il
velivolo si allontana verso est per poi ammarare, come i Sunderland
sono soliti fare quando intendono comunicare subito un avvistamento.
Poco dopo sopraggiunge un secondo Sunderland, che si tiene per
qualche tempo a 8-10 km dal convoglio e poi si allontana anch’esso;
più o meno contemporaneamente – sono le 15 – arriva sul cielo
dei mercantili un caccia della Regia Aeronautica, che però se ne va
dopo pochi minuti. Dalle 16.25 alle 17.10, inoltre, il
convoglio viene sorvolato da un idroricognitore italiano.
30
gennaio 1941
Alle
17.04 il sommergibile britannico Upholder (tenente
di vascello Malcolm David Wanklyn) rileva rumore di motrici su
rilevamento 295° e poco dopo avvista il convoglio in avvicinamento
da ovest su rilevamento 298°, con rotta 085° ed alla distanza di
7315 metri; Wanklyn ne apprezza la composizione come due navi
mercantili, scortate da un “cacciatorpediniere” ad un fumaiolo ed
un’altra nave scorta non identificata.
Il
convoglio, in quel momento, procede in linea di fila sulle rotte
costiere della Libia con il Maria Adelaide in testa,
seguito a 400 metri dal Delfin,
a sua volta seguito a 700 metri
dal Motia; Orione ed Aldebaran zigzagano
rispettivamente a dritta ed a sinistra dei mercantili (l’Aldebaran,
a distanze comprese tra i 900 ed i 1500 metri), mentre sul cielo del
convoglio volano due caccia della Regia Aeronautica in crociera di
protezione, ed un idrovolante procede a proravia delle navi, in
funzione antisommergibili.
La
rotta vera è 98°, la velocità 6-7 nodi, il mare è calmo ed il
cielo è sereno.
Alle
17.20, in posizione 32°55' N e 12°41' E (30 miglia a nord di Zavia,
a ponente di Tripoli; per le fonti italiane, 32°52',7 E a 5,6 miglia
dalla costa), l’Upholder lancia
due siluri contro la nave più grande da 3660 metri, per poi scendere
in profondità; subito l’Aldebaran avvista
la bolla di lancio (a circa mille metri di distanza, secondo il suo
comandante) e poi le scie dei due siluri, provenienti dalla dritta
del convoglio (cioè dal lato terra), che mancano
il Delfin passandogli
poco a poppavia e proseguono verso l’Aldebaran stessa.
La torpediniera alza il segnale “YK” (cioè “sommergibile a
dritta”) e, messe le macchine a tutta forza, passa a proravia
del Delfin,
che intanto emette due fischi ed accosta a sinistra (mentre il Motia
emette due fischi ma prosegue per la sua rotta), per raggiungere il
punto in cui è comparsa la bolla di lancio e contrattaccare. Anche
l’Orione
accosta per portarsi in quel punto.
Alle
17.22 l’idrovolante contrattacca per primo, lanciando due bombe di
profondità sulla verticale del punto in cui è comparsa la bolla di
lancio; anche l’Aldebaran inizia,
alle 17.23, a gettare le proprie bombe di profondità, subito imitata
dall’Orione,
che compie una decisa accostata a sinistra ed inizia a lanciare le
bombe.
In
tutto vengono lanciate 25 bombe di profondità, tra le 17.22 e le
17.39; le torpediniere vedono quella che sembra molta nafta venire a
galla, ma l’Upholder (che
intanto è sceso a 67 metri di profondità ed ha avvertito una forte
esplosione alle 17.23) non subisce in realtà alcun danno.
Il
convoglio arriva a Tripoli alle 21.
29
gennaio 1941
Orione (caposcorta)
e Procione
salpano da Napoli per Tripoli alle 14.30, scortando i piroscafi
tedeschi Reichenfels, Marburg e Wachtfels.
(Viaggio evidentemente incompatibile con quello sopra descritto,
entrambi riportati dalla cronologia dell’USMM. La presenza
dell’Orione
con il convoglio Motia-Delfin-Maria
Adelaide è certa,
risultando dal rapporto dell’Aldebaran).
31
gennaio 1941
Il
convoglio arriva a Tripoli alle 11.30.
4
febbraio 1941
Orione (caposcorta)
e Procione
partono da Tripoli per Napoli alle 16.30, scortando i piroscafi
tedeschi Marburg e Reichenfels (per
altra fonte fanno parte del convoglio e della scorta anche,
rispettivamente, il piroscafo tedesco Wachtfels e
l’incrociatore ausiliario Caralis).
6
febbraio 1941
Il
convoglio giunge a Napoli alle 15.
24
febbraio 1941
L’Orione,
insieme alla torpediniera Aldebaran
ed ai cacciatorpediniere Camicia
Nera (caposcorta) e
Baleno,
salpa da Napoli per Tripoli alle 20, scortando i trasporti
truppe Esperia, Victoria, Conte
Rosso e Marco
Polo riuniti in
convoglio veloce. Capoconvoglio è il contrammiraglio Luigi Aiello,
imbarcato sull’Esperia,
e su ogni trasporto è imbarcato come comandante militare un
ufficiale superiore della riserva navale. Alla scorta si uniscono
successivamente anche i cacciatorpediniere Geniere e Saetta;
vi è anche una scorta a distanza, costituita dagli incrociatori
leggeri Bande
Nere e Diaz (cioè
la IV Divisione dell’ammiraglio Alberto Marenco di Moriondo, con
bandiera sul Bande
Nere) e dai
cacciatorpediniere Ascari e Corazziere.
25
febbraio 1941
Alle
3.40, mentre il convoglio si trova nei pressi delle isole Kerkennah,
il Diaz viene
centrato da due siluri lanciati dal sommergibile britannico Upright:
devastato dall’esplosione di un deposito munizioni, l’incrociatore
affonda in soli sei minuti in posizione 34°33' N e 11°45' E,
portando con sé 484 dei 633 uomini
dell’equipaggio. Ascari e Corazziere ne
recuperano i superstiti; il primo ritorna poi a seguire il convoglio
(che prosegue per la sua rotta), mentre il secondo rientra a Palermo
insieme al Bande Nere.
26
febbraio 1941
Il
convoglio arriva a Tripoli alle 15.45. Esperia, Victoria, Conte
Rosso e Marco
Polo imbarcano altri
3750 profughi civili e 1860 militari (1200 dell’Aeronautica, 400
dell’Esercito e 260 della Marina, compresi alcuni naufraghi
del Diaz)
rimpatriati dalla Cirenaica invasa dai britannici.
1°
marzo 1941
Orione, Pegaso e
la torpediniera Clio (caposcorta)
salpano da Napoli per Tripoli alle 4 (o 4.15), scortando i
piroscafi Amsterdam, Castellon, Ruhr e Maritza (italiano
il primo, tedeschi gli altri), carichi di rifornimenti per l’Afrika
Korps (convoglio “Sonnenblume 5”).
3
marzo 1941
Il
convoglio arriva a Tripoli alle 18.
5
marzo 1941
Orione, Pegaso e
l’incrociatore ausiliario RAMB
III lasciano Tripoli
alle 12 di scorta a Castellon, Ruhr e Maritza che
ritornano a Napoli.
7
marzo 1941
Il
convoglio giunge a Napoli alle 15.
12
marzo 1941
Orione,
Orsa
e Procione (caposcorta)
salpano da Napoli per Tripoli alle 3.30, di scorta ai piroscafi
tedeschi Maritza, Ruhr, Castellon e Leverkusen,
carichi di truppe e materiali dell’Afrika Korps ("Sonnenblume
10").
14
marzo 1941
Il
convoglio arriva a Tripoli alle 13.
16
marzo 1941
Orione,
Orsa
e Procione (caposcorta)
ripartono da Tripoli per Napoli alle 11, scortando le quattro navi
dell’andata nella navigazione di ritorno.
18
marzo 1941
Il
convoglio raggiunge Napoli alle 14.
22
marzo 1941
Orione,
Orsa
e Procione (caposcorta)
salpano da Napoli alle 5.30 per scortare a
Tripoli Castellon, Alicante, Maritza e Leverkusen (convoglio
"Sonnemblume 14" dell’Afrika Korps).
24
marzo 1941
Il
convoglio arriva a Tripoli alle 11.
25
marzo 1941
Orione,
Orsa
e Procione (caposcorta)
lasciano Tripoli alle 14 per scortare a
Napoli Castellon, Maritza ed Alicante.
27
marzo 1941
Il
convoglio raggiunge Napoli alle 18.30.
8
aprile 1941
Orione, Cigno e Procione partono
da Napoli per Tripoli alle due, di scorta ad un convoglio formato dal
piroscafo italiano Ernesto e
dai tedeschi Castellon, Arcturus, Leverkusen e Wachtfels,
con truppe e materiali dell’Afrika Korps.
10
aprile 1941
Il
convoglio raggiunge Tripoli alle 12.
12
aprile 1941
Orione,
Orsa
e Procione (caposcorta)
ripartono da Tripoli alle 11 per scortare in
Italia Castellon, Arcturus, Leverkusen e Wachtfels.
13
aprile 1941
All’1.53
il sommergibile britannico Upholder (capitano
di corvetta Malcolm David Wanklyn), che sta procedendo ad alta
velocità alla ricerca di un convoglio di cui ha contezza dalle
segnalazioni dei ricognitori e dall’avvistamento di bengala verso
sud alle 23.45 del 12, avvista un convoglio diretto verso nord, circa
tre miglia a ponente di Pantelleria; si tratta, con ogni probabilità,
del convoglio scortato dall’Orione.
Il battello britannico cerca di lanciare il segnale di scoperta, ed
alle 2.12 spara alcuni proiettili illuminanti a proravia del
convoglio, per indurlo a tornare indietro. Le navi della scorta si
avvicinano, inducendo l’Upholder ad
immergersi; dopo tre minuti il convoglio inverte la rotta dirigendo
verso sud, ed il sommergibile lancia un altro segnale di scoperta,
senza avere risposta, e poi ancora un altro alle tre di notte, cui
risponde la nave appoggio sommergibili Medway,
di stanza ad Alessandria come nave appoggio della 1st
Submarine Flotilla.
Il
convoglio torna poi ad assumere la rotta originaria.
14
aprile 1941
Wachtfels ed Orione si
separano dal resto del convoglio per dirigere a Palermo, dove
arrivano alle 10.
Poco
dopo, l’Orione
prende nuovamente il mare per andare in soccorso del
cacciatorpediniere Libeccio,
che ha perso la poppa in seguito ad una collisione con il trasporto
truppe Esperia
a cinque miglia da Capo Gallo. Giunta sul posto, la torpediniera
prende a rimorchio il Libeccio
e dirige per Palermo insieme all’Esperia,
che ha imbarcato trecento tonnellate d’acqua da una falla apertasi
a prua.
15
aprile 1941
Orione,
Libeccio
ed Esperia
entrano a Palermo alle 15.
16
aprile 1941
L’Orione
salpa da Palermo per Tripoli alle otto del mattino, scortando la nave
cisterna Luisiano.
18
aprile 1941
Il
convoglietto viene dirottato su Trapani da Supermarina a scopo
precauzionale, nel quadro di una momentanea sospensione del traffico
con la Libia in seguito alla distruzione del convoglio "Tarigo"
ad opera di una squadriglia di cacciatorpediniere britannici.
Passato
il pericolo, nel pomeriggio dello stesso 18 aprile Orione e
Luisiano
ripartono da Trapani e si aggregano al convoglio "Nicolò
Odero",
partito da Palermo alle 23 del 18 e composto dai
piroscafi Isarco, Nicolò
Odero e Maddalena
Odero scortati dalle
torpediniere Antonio
Mosto (per
altra versione, probabilmente erronea, dal cacciatorpediniere Alvise
Da Mosto)
e Giuseppe
La
Farina (caposcorta),
successivamente sostituite dalla torpediniera Calliope e
dalla Polluce inviata
da Marilibia.
19 aprile
1941
Si aggregano al
convoglio anche la nave cisterna Alberto
Fassio e la
torpediniera Climene,
uscite da Trapani alle 5.40.
21
aprile 1941
Il
convoglio giunge nelle acque della Tripolitania mentre il porto di
Tripoli si trova sotto attacco da parte della Mediterranean Fleet,
uscita in mare con le corazzate Barham, Valiant e Warspite,
gli incrociatori leggeri Ajax, Orion, Perth e Gloucester e
tredici cacciatorpediniere per sottoporre il porto libico ad un
bombardamento navale. Fortunatamente, il convoglio avvista la flotta
nemica senza che questa, che non ha distaccato cacciatorpediniere per
cercare eventuali convogli in arrivo, faccia altrettanto; può così
tenersi defilato dalla zona battuta in attesa che il bombardamento si
concluda. Insoddisfatto da questa inazione, il comandante
della Polluce (capitano
di corvetta Massimo Marzi) si separa dal convoglio e dirige verso la
squadra britannica nella speranza di riuscire ad attaccala, ma prima
che l’alba inizi a schiarire la Mediterranean Fleet inverte la
rotta e se ne va, vanificando il tentativo.
Il convoglio entra
a Tripoli tra le 18 e le 22, ma l’Orione
risulterebbe essersene già separata in precedenza per fare ritorno a
Palermo, da dove parte alle 14 del 21 di scorta al piroscafo tedesco
Wachtfels,
diretto a Tripoli. Una volta in mare aperto, il Wachtfels
si unisce ad un convoglio («Arcturus»)
proveniente da Napoli e formato dai piroscafi tedeschi Arcturus,
Castellon
e Leverkusen
e dalla motonave italiana Giulia,
con la scorta dei cacciatorpediniere Folgore
(caposcorta), Saetta,
Turbine
e Strale.
24
aprile 1941
Orione
e Procione
(caposcorta, capitano di corvetta Riccardo Imperiali) salpano da
Napoli alle 23 insieme alla torpediniera Castore
ed ai cacciatorpediniere Fulmine ed Euro,
per scortare a Tripoli un convoglio formato dalle motonavi
italiane Birmania e Rialto e
dai piroscafi tedeschi Reichenfels, Marburg e Kybfels (convoglio
«Birmania»
o «Seetransportstaffel. 23»).
25
aprile 1941
Al
convoglio si unisce anche il trasporto truppe Marco
Polo, scortato dalla
torpediniera Orsa.
A
causa di movimenti delle forze navali britanniche sia ad est che ad
ovest del Canale di Sicilia (e conseguente allarme navale) e del mare
tempestoso, il convoglio viene dirottato in porti della Sicilia,
diviso in due gruppi: piroscafi e torpediniere vengono fatti
rifugiare a Palermo alle 21.30 del 25, mentre le motonavi riparano a
Messina alle 18. (Per altra versione il convoglio sarebbe stato
dapprima dirottato su Palermo e poi diviso tra Augusta e Messina).
Ripartiranno
solo nella notte tra il 29 ed il 30 aprile.
30
aprile 1941
I
due gruppi salpano da Palermo a Messina nelle prime ore della notte e
riformano il convoglio (cui si è frattanto unita un’altra
torpediniera, la Canopo)
al largo di Augusta. Quest’ultimo passa a nord della Sicilia e poi
imbocca la rotta delle Kerkennah, la più adatta per restare il più
lontano possibile dalle navi britanniche ancora in movimento nel
Mediterraneo Orientale.
Per
ordine di Supermarina, le Divisioni incrociatori III (incrociatori
pesanti Trieste e Bolzano)
e VII (costituita in questa circostanza dal solo incrociatore
leggero Eugenio di
Savoia) ed i
cacciatorpediniere Ascari, Carabiniere (per
la III Divisione) e Gioberti (per
la VII Divisione) escono in mare per proteggere il convoglio da
eventuali attacchi da parte delle forze di superficie britanniche che
sono ancora in mare.
1°
maggio 1941
Alle
12.51, nei pressi delle Kerkennah ed ottanta miglia a nord di
Tripoli, il sommergibile britannico Undaunted (tenente
di vascello James Lees Livesey) attacca il convoglio con lancio di
siluri, che vengono evitati con la manovra e passano tra i mercantili
(uno passa a poppavia della Rialto);
alle 12.44 il sommergibile ha lanciato un segnale di
scoperta relativo ad un grosso convoglio scortato in posizione 34°40'
N e 12°20' E, su rotta 205° e con velocità 8 nodi.
Il
convoglio viene anche infruttuosamente attaccato da aerei; da Malta
prende il mare per intercettarlo una formazione composta
dall’incrociatore leggero Gloucester e
dai
cacciatorpediniere Kelly, Kelvin, Kashmir, Kipling, Jersey e Jackal,
ma non riesce a rintracciarlo.
Tutte
le navi raggiungono indenni Tripoli alle 23 (o 21).
3
maggio 1941
L’Orione
si trova nel porto di Tripoli, insieme ad altre unità mercantili
(tra cui il trasporto truppe Marco
Polo) e militari (tra cui
la Procione,
la torpediniera Castore ed
i cacciatorpediniere Fulmine ed Euro)
quando saltano in aria, per cause controverse, la motonave Birmania e
l’incrociatore ausiliario Città
di Bari, cariche di
munizioni, arrecando seri danni alle strutture portuali.
4
maggio 1941
Orione, Pegaso
e la torpediniera Cassiopea partono
da Napoli per Tripoli all’1.15, insieme ai
cacciatorpediniere Ugolino
Vivaldi (caposcorta), Antonio
Da Noli e Lanzerotto
Malocello della XIV
Squadriglia Cacciatorpediniere, formando la scorta diretta di un
convoglio (convoglio «Victoria»)
diretto a Tripoli e scortato dalle motonavi Victoria, Andrea
Gritti, Marco
Foscarini, Sebastiano
Venier, Barbarigo, Ankara (tedesca)
e Calitea.
Dal
momento che a Malta sono state avvistate unità leggere della Royal
Navy, il convoglio gode anche della scorta a distanza della VII
Divisione Navale (ammiraglio di divisione Ferdinando Casardi), con
gli incrociatori leggeri Eugenio
di Savoia, Muzio
Attendolo ed Emanuele
Filiberto Duca d'Aosta, ed
i cacciatorpediniere Nicoloso
Da Recco, Alvise
Da Mosto, Antonio
Pigafetta, Giovanni
Da Verrazzano e Nicolò
Zeno. Queste navi prendono
posizione in testa al convoglio «Victoria»
alle 20.03, a circa tre chilometri di distanza, con i
cacciatorpediniere in posizione di scorta avanzata. La formazione di
marcia notturna disposta da Casardi è così articolata:
cacciatorpediniere in scorta avanzata, seguiti dagli incrociatori in
linea di fila, seguiti dal convoglio disposto su tre colonne, con
scorta laterale. Ciò al fine di consentire alle navi della VII
Divisione di reagire prontamente contro unità di superficie che
dovessero attaccare dai settori dove ciò appare più probabile,
senza essere intralciati nelle manovre da convoglio e scorta, che
avrebbe inoltre così modo di allontanarsi senza perdite. La scorta
diretta, secondo la valutazione dell’ammiraglio, dovrebbe bastare a
proteggere il convoglio da attacchi nei settori poppieri, che
comunque sono poco probabili, stante la velocità del convoglio e la
posizione delle basi britanniche.
Fino
al tramonto, il convoglio fruisce di numerosa scorta aerea con
velivoli sia da caccia che da bombardamento.
5
maggio 1941
La
navigazione notturna si svolge senza inconvenienti.
Alle
5.45 la VII Divisione si porta sulla congiungente Malta-convoglio,
sulla quale poi si mantiene zigzagando per tutta la giornata,
tenendosi in vista del convoglio. Alle 6.40 sopraggiungono i primi
velivoli della scorta aerea (idrovolanti della ricognizione marittima
e bombardieri).
Alle
14.26 viene avvistato un secondo convoglio, il «Marco
Polo»,
in navigazione su rotta opposta, e la VII Divisione passa a scortare
quest’ultimo, mentre il «Victoria»
dirige su Tripoli.
Dopo
un viaggio nel quale il convoglio «Victoria»,
continuamente pedinato da ricognitori, ha subito diversi infruttuosi
attacchi aerei, le navi entrano a Tripoli alle 20.45.
12
maggio 1941
Alle
dieci l’Orione,
insieme alla Pegaso ed
alla torpediniera Clio (caposcorta),
salpa da Tripoli scortando i piroscafi Nicolò
Odero e Maddalena
Odero, diretti in Italia.
Il convoglio (che gode della scorta indiretta dell’VIII Divisione
Navale, con gli incrociatori leggeri Luigi
di Savoia Duca
degli Abruzzi e Giuseppe
Garibaldi e dei
cacciatorpediniere Granatiere e Bersagliere),
in base agli ordini ricevuti deve seguire la costa della Tripolitania
fino all’altezza di Zuara, per poi fare rotta per Trapani.
Alle
18.40, a nord di Tripoli ed al largo di Zuara, uno dei velivoli della
scorta aerea segnala la presenza di un sommergibile sul lato del
convoglio rivolto verso il mare aperto; la Pegaso,
che in quel momento dista diverse miglia dal convoglio, lascia la
formazione e si dirige sul posto indicato dall’aereo. La nave
attacca il presunto sommergibile con bombe di profondità, dopo di
che vede emergere in superficie vaste chiazze di nafta; alle 20.28,
ritenendo di aver affondato il sommergibile, ritorna in formazione,
comunicando alla Clio quanto
accaduto. (È possibile che il sommergibile attaccato
dalla Pegaso fosse
il britannico Undaunted,
del tenente di vascello James Lees Livesey, alla sua prima missione
in Mediterraneo, scomparso negli stessi giorni e nella stessa zona. A
favore dell’ipotesi di un suo affondamento da parte della Pegaso,
vi sono l’avvistamento da parte dell’aereo di scorta,
l’abbondante quantità di nafta vista affiorare in superficie, ed
il fatto che l’attacco della Pegaso avvenne
effettivamente nel settore d’agguato assegnato all’Undaunted;
contro quest’ipotesi, invece, vi è il fatto che il 12 maggio
l’Undaunted,
in base agli ordini, non si sarebbe dovuto trovare nella zona dove
avvenne l’attacco, bensì già in navigazione di ritorno verso
Malta, ma è possibile che il suo comandante avesse deciso di restare
in zona per un altro giorno, o che qualche avaria avesse impedito al
sommergibile di tornare. Rimane anche la possibilità che il
sommergibile sia affondato su un campo minato).
15
maggio 1941
Il
convoglio giunge a Napoli alle 5.
25
luglio 1941
L’Orione
salpa da Napoli alle 21 per scortare a Tripoli la motonave cisterna
Poza Rica.
26
luglio 1941
Le
arrivano a Palermo alle dieci, sostandovi per qualche giorno.
30
luglio 1941
Altra
sosta, a Trapani. Qui l’Orione
si unisce ad un convoglio proveniente da Napoli e formato dalle
motonavi Andrea
Gritti, Rialto, Ankara (tedesca)
e Vettor Pisani,
scortate da Procione,
Pegaso
e dal cacciatorpediniere Lanzerotto
Malocello (caposcorta).
(Per altra fonte l’Orione
sarebbe proseguita il 31 luglio con la Poza
Rica, arrivando a Tripoli
alle 13.30 del 1° agosto).
31
luglio 1941
Tra
le 19.30 e le 20.45, circa 20 miglia a nordovest di Pantelleria
(altra fonte parla di 50 miglia a nordovest dell’isola), il
convoglio viene attaccato da bombardieri Bristol Blenheim della Royal
Air Force decollati al tramonto da Luqa (Malta) e guidati dal
maggiore George Goode; la reazione della scorta abbatte uno degli
aerei (colpito dal tiro del Malocello e
poi inseguito e colpito ancora da due caccia FIAT CR. 42 della scorta
aerea) e li costringe tutti a sganciare le proprie bombe in mare e
ritirarsi.
1°
agosto 1941
Raggiunto
nell’ultimo tratto dalla torpediniera Partenope,
il convoglio arriva a Tripoli alle 13.30.
2
agosto 1941
L’Orione
riparte da Tripoli alle 17 per scortare a Palermo il piroscafo Motia.
6
agosto 1941
Orione
e Motia
arrivano a Palermo alle 15.30.
4
agosto 1941
Orione,
Orsa
e Procione (caposcorta)
lasciano Tripoli alle 9 scortando i piroscafi Caffaro e Motia,
il primo dei quali ha a rimorchio la cannoniera Palmaiola.
(Evidente incongruenza con il viaggio precedente, entrambi riportati
nella storia ufficiale dell’USMM).
7
agosto 1941
Il
convoglio raggiunge Napoli alle 7.
10
settembre 1941
Alle
10.30 Orione, Procione, Orsa, Pegaso, Fulmine ed Alfredo
Oriani (capitano di
fregata Vittorio Chinigò, caposcorta) salpano da Napoli diretti a
Tripoli, scortando i
piroscafi Tembien, Caffaro, Nirvo, Bainsizza e Nicolò
Odero e la
motonave Giulia.
Si tratta del convoglio «Tembien»,
che, essendo composto da navi piuttosto lente, riceve l’ordine di
seguire la rotta di ponente (Marettimo-Canale di Sicilia-Secche di
Kerkennah).
Nel
Canale di Sicilia si aggrega alla scorta anche la torpediniera Circe,
proveniente da Trapani.
12
settembre 1941
Alle
3.10 di notte il convoglio, dopo essere stato scoperto da un
ricognitore a sud di Pantelleria, viene attaccato da bombardieri od
aerosiluranti, ma nessuna nave viene colpita, grazie alle manovre
evasive, all’emissione di cortine nebbiogene ed alla reazione
dell’armamento contraereo delle navi. Il mattino seguente, il
convoglio procede su rotte varie nella zona delle Kerkennah, senza
alcun allarme.
Alle
14, mentre il convoglio procede sotto scorta di velivoli della Regia
Aeronautica, si verifica un nuovo attacco aereo, da parte di otto
bombardieri (Fairey Swordfish dell’830th Squadron
della Fleet Air Arm, decollati da Malta): i velivoli, provenienti da
ovest, si avvicinano a bassa quota e sganciano le loro bombe. Sia le
unità della scorta che i mercantili aprono il fuoco, puntato e di
sbarramento: tre aerei nemici vengono abbattuti e precipitano in
fiamme, ma alle 14.10 il Caffaro viene
colpito ed incendiato da una bomba. Circe, Orsa e
più tardi anche il Fulmine ricevono
ordine di fornirgli assistenza, mentre il resto del convoglio
prosegue. Alle 16.05 il Caffaro esplode
ed affonda in posizione 34°14' N e 11°54' E (a nordovest di
Tripoli); Circe ed Orsa si
ricongiungono al convoglio, mentre il Fulmine,
avendo a bordo un ferito gravissimo, dirige verso Tripoli.
Alle
23.54 il convoglio raggiunge il punto «C» della rotta di sicurezza
di Tripoli; i piroscafi si dispongono in linea di fila.
13
settembre 1941
All’1.05
vengono avvistati 4-5 aerei che procedono con rotta 240° ed i fanali
di via accesi; il caposcorta dirama l’allarme aereo, ed all’1.20
diversi razzi illuminanti (diciotto in tutto) si accendono sulla
sinistra del convoglio. Le unità di scorta, in base agli ordini del
caposcorta, emettono fumo; sia queste che i mercantili aprono il
fuoco, puntato e di sbarramento.
Alle
2.30 l’attacco si conclude senza danni, e la formazione si riordina
e riprende la navigazione.
Alle
3.45 si sentono rumori di aerei di poppa, ed alle 3.55 viene
avvistato un fuoco galleggiante sulla dritta del convoglio. Di nuovo
le unità di scorta iniziano ad emettere fumo, e tutte le navi aprono
il fuoco di sbarramento: ma alle quattro del mattino, il Nicolò
Odero viene
colpito. Circe, Orsa e
la torpediniera Perseo (inviata
incontro al convoglio da Zuara e giunta durante l’attacco) vengono
inviate ad assisterlo, mentre il resto del convoglio, riordinatosi in
formazione alle cinque, prosegue.
All’alba
partono da Tripoli i rimorchiatori Pronta e Porto
Palo,
che tentano vanamente di domare le fiamme sul Nicolò
Odero con ogni mezzo
disponibile, poi lo prendono a rimorchio e tentano dapprima di
portarlo a Tripoli, indi lo portano ad incagliare in costa. Sarà
tutto vano, perché alle 15 del 14 le fiamme raggiungeranno una stiva
piena di munizioni, ed il Nicolò
Odero salterà in
aria.
All’alba
otto bombardieri Bristol Blenheim del 105th Squadron
RAF, guidati dal maggiore Smithers, attaccano il convoglio in
posizione 34°14' N e 11°52' E: la scorta aerea, composta da tre
caccia Macchi MC. 200 ed altrettanti FIAT CR. 42 del 230° Gruppo
della Regia Aeronautica, interviene ed abbatte tre dei Blenheim, cioè
i velivoli numero Z7357, Z7423 e Z7504. L’attacco fallisce.
Il
resto del convoglio giunge a Tripoli alle 12.30 del 13.
18
settembre 1941
L’Orione,
insieme al rimorchiatore militare Teseo,
viene inviata in soccorso della motonave cisterna Ardor,
silurata e danneggiata dal sommergibile britannico Triumph
(capitano di fregata Wilfrid John Wentworth Woods) alle 8.43, al
largo di Capo Colonna; il Teseo
prende a rimorchio la petroliera e la porta a Crotone, mentre
l’Orione
fornisce loro scorta. (Secondo il giornale di bordo del Triumph,
l’Ardor
era scortata sul lato rivolto verso il mare aperto da una
torpediniera “classe Spica”, spostata verso poppavia, che dopo il
siluramento avrebbe incrociato avanti e indietro sempre sul lato
rivolto verso il mare aperto, lanciando un totale di 44 bombe di
profondità fino alle 9.50 per poi allontanarsi verso nord. Non è
chiaro se la torpediniera in questione fosse l’Orione
oppure un’altra unità).
22
settembre 1941
L’Orione
salpa da Brindisi alle 14 per scortare a Bengasi i piroscafi Iseo
e Capo Faro.
25
settembre 1941
Alle
00.30 il sommergibile britannico Thrasher
(capitano di corvetta Patrick James Cowell), in agguato in posizione
32°17' N e 19°44' E in attesa del convoglio scortato dall’Orione,
avvista due navi a proravia dritta ed accosta per avvicinarsi, ma
poco dopo identifica le due unità come navi scorta in navigazione su
rotta 320°; ritenendo che siano dirette incontro al convoglio, alle
00.42 Cowell si ritira verso ovest ad alta velocità e poi dirige
verso nord per intercettare il convoglio. All’1.32, in posizione
32°27.5' N e 19°41.5' E, avvista del fumo su rilevamento 280°,
accosta verso di esso ed identifica quelle che ritiene essere quattro
navi, di cui un mercantile di 1500 tsl in testa, uno di 2000 tsl che
lo segue a un miglio e mezzo di distanza, e due “cacciatorpediniere”
che girano in cerchio, uno attorno a ciascun mercantile. In realtà,
le navi sono solo tre e cioè Iseo,
Capo Faro
ed Orione,
cui poco più tardi si unirà un’altra torpediniera, la Centauro.
Il
Thrasher
procede con rotta parallela ed opposta a quella del convoglio sul
lato sinistro, per poi accostare verso di esso all’1.50; dieci
minuti più tardi un “cacciatorpediniere” compare da poppavia del
mercantile più vicino, già scelto come bersaglio, e punta dritto
sul sommergibile britannico. Cowell decide quindi di rompere gli
indugi e lanciare: alle 2.02 lancia quattro siluri, alle 2.05 ne
lancia un quinto dopo un’accostata a sinistra, ed alle 2.06,
essendo il “cacciatorpediniere” sempre diretto verso di lui,
s’immerge. Nessuno dei siluri va a segno, ed anzi le navi italiane
non si accorgono neanche dell’attacco; alle 2.28 il Thrasher
riemerge ed inizia a seguire il convoglio.
Alle
2.40 il convoglio incontra il sommergibile Onice
ed i cacciasommergibili Zuri e Zirona,
recatiglisi incontro per informarlo dell’avvistamento in zona (alle
00.45, in posizione 32°25' N e 19°45' E, da parte dell’Onice)
di un sommergibile nemico, cui hanno dato infruttuosamente la caccia
un’ora prima: si tratta proprio il Thrasher,
che alle 3.04 avvista due unità, identificate come navi scorta
(forse Zuri
e Zirona),
ed alle 3.11 s’immerge dal momento che queste si stanno avvicinando
rapidamente. Alle 3.21 il sommergibile rileva l’arrivo di una terza
nave scorta, ma alle 3.30 il loro rumore inizia ad allontanarsi, per
poi scomparire del tutto alle 3.45. Alle 3.50 il Thrasher
riemerge: non ci sono più navi in vista.
Il
convoglio giunge a Bengasi alle sei (o 6.20); tredici ore dopo,
l’Orione
ne riparte scortando i piroscafi Petrarca
e Capo Orso,
diretti in Italia.
28
settembre 1941
Il
convoglio raggiunge Brindisi alle 9.30.
7
ottobre 1941
Alle
17 l’Orione
va a rinforzare la scorta del piroscafo Bravo
(carico di duemila tonnellate di carbone ed un centinaio di
tonnellate di motorina in fusti), in navigazione da Taranto a Bengasi
con la scorta dell’incrociatore ausiliario Olbia.
Quest’ultimo lascia il piccolo convoglio alle 23.
10
ottobre 1941
Raggiunte
dalla torpediniera Calliope
con compiti di pilotaggio, Orione
e Bravo
entrano a Bengasi alle undici.
12
ottobre 1941
Orione,
Calliope
ed il sommergibile Onice
effettuano un pattugliamento antisommergibili al largo di Bengasi.
16
novembre 1941
L’Orione
(tenente di vascello Mario Gambetta) salpa da Brindisi alle 17 per
scortare a Bengasi il piroscafo italiano Bolsena
(con un carico di 341 tonnellate di viveri e materiali di
commissariato, 395 tonnellate di munizioni, 140 tonnellate di viveri
e materiali vari per gli enti civili della Libia, 330 tonnellate di
munizioni e materiali vari per le forze tedesche e cinque tra
automezzi e rimorchi) ed il tedesco Tinos
(avente a bordo 3383 tonnellate di materiale bellico per le forze
tedesche, 14 tonnellate di materiale per il Regio Esercito e quattro
tra automezzi e rimorchi).
17
novembre 1941
Nell’arco
di meno di un’ora, il convoglio subisce due attacchi di
sommergibili britannici.
Il
primo ad attaccare è l’Upright
(tenente di vascello John Somerton Wraith), che alle 11.10 avvista
fumo ed un aereo verso nord: avvicinatosi, alle 11.25 scende a quota
periscopica ed avvista alberature e fumaioli di due navi mercantili e
di un cacciatorpediniere. Tuttavia, dal momento che le navi avvistate
sono troppo lontane e sembrano seguire una rotta che le terrebbe al
di fuori della portata dell’Upright,
il sommergibile torna a scendere in profondità; tornato poi a quota
periscopica alle 11.40, nota che le navi hanno accostato verso di
lui, pertanto inizia una manovra d’attacco, ma alle 11.50 il
convoglio accosta di nuovo e torna sulla rotta precedente, obbligando
Wraith ad attaccare da una distanza maggiore rispetto a quanto
auspicato. Alle 12.05, in posizione 38°09' N e 19°29' E (una
cinquantina di miglia ad ovest di Cefalonia), l’Upright
lancia quattro siluri contro Bolsena
e Tinos
(la cui stazza ha correttamente valutato in circa 3000 tsl), due per
nave, da una distanza di 4600 metri; nessuna delle armi va a segno, e
nemmeno viene avvistata dalle navi dell’Asse.
Alle
12.25 il secondo sommergibile, l’Urge
(capitano di corvetta Edward Philip Tomkinson), avvista le tre navi
del convoglio (identificate come due mercantili di circa 3500 tsl
diretti verso sud e scortati da un “cacciatorpediniere”) ad otto
miglia di distanza, su rilevamento 300°, ed alle 13.02, in posizione
37°57' N e 19°47' E (una quarantina di miglia ad ovest di
Cefalonia), lancia tre siluri contro il mercantile di coda, anch’esso
da 4600 metri. Anche stavolta i siluri non vanno a segno; alle 13.10
l’Urge
rileva l’esplosione di quattro bombe di profondità.
Poco
prima delle 15 il convoglio viene pesantemente attaccato da sei
bombardieri britannici a trenta miglia per 200° da Zante; l’attacco
coglie le navi italiane di sorpresa, le bombe iniziano a cadere
subito dopo che è stato ordinato il posto di combattimento.
Nonostante la sorpresa, nessuna bomba va a segno, ma alcune cadono
vicine ai due mercantili, arrecando loro alcuni danni; il convoglio
viene pertanto dirottato su Navarino.
18
novembre 1941
Il
convoglio giunge a Navarino alle 7.40. Questa missione è così
descritta da un radiotelegrafista dell’Orione
(che fornisce una spiegazione diversa per la sosta a Navarino
rispetto a quanto riportato dalla storia ufficiale dell’USMM): “17
NOVEMBRE 1941 Ore 14.54 a 30 miglia per 200° dall’isola di Zante
siamo attaccati, quasi di sorpresa, da sei bombardieri inglesi.
Facciamo appena in tempo a battere posto di combattimento che le
bombe cominciano a cadere sul convoglio. Malgrado la sorpresa,
l’attacco riesce infruttuoso, perché le bombe pur cadendo molto
vicine ai piroscafi vanno a finire tutte in mare. Riusciamo a colpire
con le mitragliatrici alcuni aerei. Finito l’attacco la navigazione
prosegue normale. Poche ore dopo in posizione 36° 51’ lat. Nord e
20° 20’ long. Est riceviamo via radio un messaggio cifrato da Roma
col quale ci ordina di rientrare nel porto di Navarrino (Grecia)
perché nei nostri paraggi si trovano ingenti forze navali nemiche.
Cambiamo immediatamente rotta e alla massima velocità dirigiamo per
Navarrino. Alle ore 8.30 del 18 novembre entriamo in porto. Salpiamo
le ancore alle 18.30 dello stesso giorno e col convoglio riprendiamo
la rotta per Bengasi. Si naviga alla velocità di 10 nodi orari.
Mezzanotte. “Guardia a rilevare!” Vado nella stazione radio per
le mie quattro ore di guardia. Mi sono appena messo la cuffia che
sento Roma chiamarmi e trasmettermi un cifrato col quale ci ordina di
nuovo di rientrare a Navarrino. Arriviamo alle 9.50 del 19 novembre.
Diamo fondo all’ancora nella piccola rada. Durante le giornate del
19 e del 20, quasi ogni ora da verso le 10 del mattino, fino al tardo
pomeriggio aerei nemici da ricognizione sci sorvolano, con lo scopo
evidente di controllare i nostri movimenti. Li accogliamo
discretamente bene a cannonate e mitragliate”.
Nel
tardo pomeriggio dello stesso 18 ottobre, verso le quattro, il
sommergibile polacco
Sokol
(capitano di corvetta Borys Karnicki) riceve ordine dal comando della
1st
Submarine Flotilla di portarsi nella baia di Navarino, da dove
secondo informazioni dell’intelligence britannica dovrà partire
prossimamente un convoglio di tre navi mercantili e due
cacciatorpediniere diretto in Nordafrica (con ogni probabilità il
convoglio in questione è proprio quello dell’Orione).
19
novembre 1941
Alle
8.30 il Sokol
tenta di entrare nella baia di Navarino per attaccare le navi
italiane alla fonda al suo interno, ma incappa nelle reti
antisommergibili posate proprio per impedire incursioni del genere;
dopo otto minuti riesce a liberarsi e si ritira verso il mare aperto,
con il periscopio principale danneggiato.
21
novembre 1941
Alle
12.05 il Sokol
torna alla carica: riavvicinatosi all’imboccatura della baia di
Navarino, osserva due siluranti all’ormeggio, identificate come un
cacciatorpediniere classe Aviere
(si tratta in realtà dello Strale)
ed una torpediniera classe Spica (si tratta in realtà dell’Orione).
Alle 15.40 lancia due siluri contro lo Strale
da una distanza di 3660 metri, seguiti da un terzo alle 15.42;
quest’ultimo ha però il giroscopio difettoso e torna indietro,
mancando di stretta misura lo stretto Sokol.
Sebbene l’equipaggio polacco
avverta alle 15.43 due esplosioni, seguite da “gorgoglii” ed
esplosioni di minore entità rilevate dal sonar, nessun siluro va a
segno; uno manca l’Orione
di pochi metri, passandole a prua. Il Sokol
si ritira poi verso nordovest.
Qualche
ora dopo, constatato che i danni subiti dai due piroscafi
nell’attacco aereo di due giorni prima non sono gravi, il convoglio
riparte da Navarino alle 19, con l’aggiunta del cacciatorpediniere
Strale
(capitano di corvetta Luca Goretti) di rinforzo alla scorta.
Alle
23.15 il Sokol
avvista di nuovo il convoglio a dieci miglia per 270° da Capo
Sapienza, da una distanza di 3600 metri. Nella notte estremamente
buia, in cui il convoglio a tratti scompare del tutto tra le nubi
all’orizzonte, Karnicki scambia una delle due navi scorta per un
terzo mercantile; il comandante polacco
apprezza la rotta delle navi italiane come sudovest, la stazza dei
mercantili come 3000 tsl, e la velocità come dieci nodi. Alle 23.20
il convoglio accosta verso sud, e Karnicki lo insegue a tutta forza;
alle 23.35 accosta di nuovo verso sudovest, ed alle 23.38, da una
distanza di 5500-6400 metri, il Sokol
lancia tre siluri su rotta 125° a venti secondi d’intervallo l’uno
dall’altro, con la nave di testa come punto di mira (in quel
momento la sua posizione è 36°35' N e 21°28' E). Dopo aver
lanciato, accosta di 90°, ed alle 23.40 s’immerge per ricaricare.
Alle 23.45 il Sokol
avverte due forti esplosioni a tre secondi d’intervallo, seguite da
un rumore stridente prolungatosi per circa due minuti, ma in realtà
nessun siluro è andato a segno.
23
novembre 1941
Il
convoglio giunge a Bengasi alle 8.15.
8
dicembre 1941
All’una
di notte l’Orione
(tenente di vascello Mario Gambetta) parte da Brindisi per una
missione di trasporto verso Derna, nel periodo più critico della
guerra dei convogli; trasporta 40 tonnellate di benzina.
È
il momento più critico della guerra dei convogli per il Nordafrica:
nel mese precedente le forze aeronavali britanniche hanno causato la
perdita di quasi il 70 % dei rifornimenti inviati in Libia,
percentuale mai sfiorata prima e mai raggiunta in seguito; la Forza K
di Malta ha completamente annientato due convogli («Duisburg»
e «Maritza»)
e del carburante inviato in Africa nel corso del mese appena l’8 %
è giunto a destinazione. Forti della critica situazione dei
rifornimenti delle forze italo-tedesche, i britannici sono passati
all’offensiva, scatenando il 18 novembre l’operazione "Crusader"
che li porterà nel giro di poco più di un mese alla conquista di
tutta la Cirenaica, per la seconda volta in meno di un anno.
La
gravità della situazione (e le pressioni tedesche) hanno indotto
Supermarina ad impostare, il 22 novembre, un programma d’emergenza
di trasporto di rifornimenti in Cirenaica per mezzo di navi da
guerra, che compiranno i loro viaggi in navigazione isolata od a
coppie, facendo affidamento sulla maggior velocità e capacità di
autodifesa rispetto alle navi mercantili: il programma prevede
l’impiego in missioni veloci di trasporto degli incrociatori
leggeri Luigi
Cadorna,
Alberico
Da
Barbiano
ed Alberto
Di
Giussano,
dei cacciatorpediniere Corazziere,
Carabiniere,
Ugolino Vivaldi,
Nicoloso Da Recco,
Antonio Pigafetta,
Emanuele Pessagno
ed Antoniotto Usodimare
delle torpediniere Orsa,
Procione
ed Orione
e dei sommergibili Ammiraglio
Cagni,
Ammiraglio
Millo,
Ammiraglio
Saint
Bon,
Ammiraglio
Caracciolo,
Pietro
Micca,
Ciro
Menotti
e Ruggiero
Settimo.
I sommergibili dovranno trasportare rifornimenti (140 tonnellate di
carburante e tre tonnellate di materiali vari i quattro “Ammiragli”,
175 tonnellate di carburante il Micca,
tra le 11 e le 20 tonnellate di viveri i più piccoli Menotti
e Settimo)
a Derna e Bardia, gli ancoraggi più vicini alla linea del fronte, al
ritmo di un’unità ogni due giorni, mentre i cacciatorpediniere
trasporteranno ciascuno circa 95 tonnellate di carburante in fusti e
lattine a Bengasi, facendo la spola
con Suda su base giornaliera (od anche due unità al giorno) e le
torpediniere trasporteranno ciascuna 65 tonnellate di carburante in
lattine e fusti a Derna, facendo la spola
tra quel porto e Suda, anch’esse su base giornaliera. Gli
incrociatori effettueranno invece missioni eccezionali, con
destinazione Tripoli e Bengasi, trasportando varie centinaia di
tonnellate di carburante, provviste e munizioni. A Suda dovrà
dislocarsi il piroscafo tedesco Bellona,
carico di fusti di carburante, che fungerà da deposito galleggiante
di carburante dal quale le siluranti preleveranno i carichi da
portare in Cirenaica.
Delle
torpediniere, in particolare, l’Orione
partirà da Brindisi per Derna e poi dirigerà per Suda, mentre
l’Orsa
effettuerà analogo percorso ma con partenza da Taranto, e la
Procione
andrà da Argostoli a Bengasi e poi raggiungerà anch’essa Suda, da
dove farà poi la spola
con Derna.
La
navigazione dell’Orione
è ostacolata dal forte vento da sud-sud-ovest, con piovaschi e fitta
nebbia; in serata la torpediniera avvista il faro di Capo Gherogambo
e dirige per entrare nel porto di Argostoli, ma non presentandosi
nessuna unità per il pilotaggio il comandante Gambetta, in
considerazione delle condizioni meteorologiche, decide di pendolare
fuori dalla baia in attesa che il tempo migliori.
Alle
22 l’Orione
avvista una scia di siluro, e subito dopo un sommergibile emerge
sulla sua dritta: si tratta del britannico Talisman
(tenente di vascello Michael Willmott), che ha avvistato la
torpediniera italiana in navigazione a luci spente alle 21.54, in
posizione 38°00' N e 20°28' E (all’imbocco del golfo di Livadi ed
una decina di miglia a sud di Argostoli; la posizione indicata dalle
fonti italiane è 36°10' N e 24°36' E). A causa dell’oscurità,
il comandante britannico ha ritenuto erroneamente che l’unità
avvistata fosse un sommergibile, ed alle 21.57 ha lanciato tre siluri
contro l’Orione
da appena 365 metri di distanza; Willmott avrebbe voluto lanciarne
anche un quarto, ma ha rinunciato dopo che la nave italiana ha
avvistato le scie e messo subito le macchine indietro tutta.
Tutti
e tre i siluri lanciati mancano l’Orione,
passandole a proravia o passando sotto lo scafo senza esplodere.
Ancora convinto di avere a che fare con un sommergibile, il Talisman
apre il fuoco con il cannone di coperta e le mitragliere da
ridottissima distanza, ma alle 22 l’Orione
accosta verso di lui per speronarlo; il sommergibile, tuttavia, si
trova all’interno del raggio d’evoluzione della torpediniera, che
dopo una virata di circa 180° finisce col defilare sul lato opposto,
mancando la sua poppa di circa 45 metri. Solo a questo punto Willmott
si rende conto che l’unità che ha attaccato è una torpediniera o
cacciatorpediniere, e precipitosamente ordina l’immersione rapida;
intanto l’Orione
ha aperto il fuoco a sua volta, ma trovandosi sottovento con mare
grosso di prua gli spruzzi generati dal mare mosso limitano
fortemente la visibilità per il personale addetto a cannoni e
mitragliere. (Secondo il volume USMM "La lotta
antisommergibili", una raffica di mitragliera del Talisman
avrebbe colpito in pieno l’Orione,
uccidendo un sottufficiale e ferendo alcuni marinai; anche un
messaggio del Comando della Divisione "Acqui" al Comando
Supremo parla di un morto sull’Orione.
Tuttavia, l’albo dei caduti e dispersi della Marina Militare nella
seconda guerra mondiale non riporta alcuna perdita tra l’equipaggio
della torpediniera).
Subito
dopo che il Talisman
si è immerso, l’Orione
si porta sulla sua verticale e dalle 22.05 alle 23.15 lo sottopone a
caccia con il lancio di un totale di 43 bombe di profondità in vari
passaggi (sul sommergibile vengono contate 44 esplosioni), causando
la rottura di alcune lampadine e pochi altri danni a bordo del
sommergibile. Tornato a quota periscopica alle 23.51, il Talisman
non vede più alcuna nave, pertanto riemerge.
Nel
suo rapporto, il comandante Gambetta ipotizzerà correttamente che il
sommergibile che ha attaccato l’Orione
non avesse compreso di avere a che fare con una nave da guerra,
avendo visto il personale del sommergibile correre alle armi per
rispondere al fuoco (il che sarebbe stato del tutto suicida contro
un’unità di superficie) e gridare al suo indirizzo. Riterrà
anche, in questo a torto, di aver messo a segno un paio di colpi con
i cannoni da 100/47 mm a dispetto del mare mosso che ostacolava il
tiro.
L’11
dicembre uomini della 33a
Divisione Fanteria "Acqui", di stanza a Cefalonia,
rinverranno un cadavere nella zona in cui si è svolto lo scontro tra
Orione
e Talisman,
ed un respiratore d’emergenza Davis sulla costa di Theodoros, il
che indurrà il Comando della Divisione a ritenere che il
sommergibile sia stato affondato dall’Orione.
In realtà, il cadavere ed il respiratore provengono da un altro
sommergibile britannico, il Perseus,
saltato su una mina nella stessa zona due giorni prima.
Supermarina,
sulla base delle informazioni disponibili, concluderà che l’Orione
abbia seriamente danneggiato il sommergibile avversario.
9
dicembre 1941
Entra
ad Argostoli alle 10.30, sostandovi fino all’indomani.
10
dicembre 1941
Lascia
Argostoli alle 17.30.
11
dicembre 1941
Entra
a Suda alle dieci, ma poco dopo riceve ordine di prendere nuovamente
il mare per andare in soccorso della torpediniera Alcione,
silurata dal sommergibile britannico Truant.
Una volta giunta sul posto, l’Orione
constata che l’Alcione
è già stata portata all’incaglio, e non necessita più di aiuto
(affonderà in acque basse poco dopo); provvede allora a dare la
caccia al sommergibile fino a sera, ma senza successo.
Dal
diario del già citato radiotelegrafista: “10
DICEMBRE 1941 Verso sera il mare è quasi calmo per cui possiamo
riprendere la navigazione. Salpiamo alle ore 17.30 per Suda (Isola di
Candia), velocità 18 nodi orari. Entriamo nel porto di Suda alle ore
10 dell’11 Dicembre, diamo fondo alle ancore in rada. Ore 15.45 un
piroscafo entrando in porto si avvicina al nostro bordo, il
comandante della nave ci grida col microfono: “Orione! Andate a
dare assistenza alla torpediniera Alcione che è stata colpita a
poppa da un siluro corre il rischio di affondare.” Salpiamo
immediatamente, ma appena fuori dal porto vediamo l’Alcione arenata
sotto costa. Diamo caccia al sommergibile fino al tramonto, lanciando
numerose bombe, ma senza visibili risultati, qualche ora dopo il
tramonto rientriamo in porto. Poco prima della mezzanotte salpiamo
per Derna, con un mare abbastanza mosso.
A metà strada
intercetto un messaggio cifrato da Roma, che avvisa della presenza di
due incrociatori nemici che navigano al largo di Derna per il
recupero di naufraghi di aerei nemici abbattuti. Comunico la scoperta
al comandante, il quale, calcolata la distanza tra la nostra
posizione e quella delle navi nemiche, rileva che essa è
relativamente piccola. Questa notizia non fa certamente piacere al
comandante né ad ognuno di noi.
Il capo marconista entra in
stazione radio, si siede, accende una sigaretta e si mette a
discutere con me sulla questione. Noto in lui una certa ansia … una
certa trepidazione … ma non gli do torto, perché la situazione è
alquanto tragica. Calcoliamo che non cambiando nulla dovremmo aver
contatto con le navi nemiche nella mattinata seguente. E incontrarci
con forze di gran lunga superiori a noi e carichi di benzina come
eravamo certo l’avremmo passata brutta. Pure, il comandante
seguitava ad andare avanti, rassegnati ci auguravamo di non scorgere
il fatale “fil di fumo” all’estremo confine dl mare. Il capo
marconista non potendone più si recò dal comandante per
consigliarli di fare dietro-front
“Sapete comandante … non è
prudente … soli … con tanta benzina a bordo … seguitare ad
andare avanti”. Ed il comandante “Ma io non ho avuto nessun
ordine da Roma”. “Va bene, ma l’iniziativa è vostra”
“Credete, capo, che sia bene tornare indietro? Nell’indecisione
del comandante ci spingemmo fino a 80 miglia da Derna. Finalmente si
decise e ci fece trasmettere un telegramma a Roma chiedendo ordine di
tornare indietro. Il Ministero rispose subito comunicandoci di
tornare indietro a Suda. Arrivammo a Suda la mattina del 15
dicembre”.
16
dicembre 1941
Lascia
Suda alle 20.30, diretta a Derna, ma alle 21.44 avvista ad ottocento
metri di distanza sulla dritta un sommergibile emerso in navigazione
con rotta nord, in posizione 35°31' N e 23°19' E (sedici miglia ad
ovest di Phalasarna, nell’isola di Creta, ed al largo di Cerigotto;
altre fonti affermano che l’azione sarebbe avvenuta a sud di Creta
od a sud di Salamina, ma sembra trattarsi di un errore, altre ancora
parlano di 18 miglia ad ovest di Creta o nel Canale di Cerigotto,
mentre altre indicano come coordinate 35.517° N e 23.317° E, 35°19'
N e 23°11' E, 35°33' N e 23°14' E o ancora 35°18'35″ N e
23°11'28″ E. Il KTB del comando navale tedesco di Creta indica la
posizione come 13 miglia a sudovest di Grabusa, mentre il Comando
Navale tedesco in Italia riporta un’ora diversa, le 22.30, e la
posizione come 15 miglia ad ovest di Creta). Non risultando la
presenza di sommergibili amici nei paraggi, l’Orione
lo ritiene un’unità britannica, apre il fuoco contro di esso con
cannoni e mitragliere e manovra per speronarlo a tutta forza. Il
sommergibile tenta di evitare la collisione accostando con tutta la
barra a sinistra, ma invano; l’Orione
lo sperona a poppavia della torretta, con un angolo di 60 gradi,
mandandolo immediatamente a fondo. (Curiosamente, nel volume USMM "La
difesa del traffico con l’Africa Settentrionale dal 1° ottobre
1941 al 30 settembre 1942" si afferma che il sommergibile –
che viene descritto come un’unità nemica, senza ulteriori dettagli
– avrebbe anche attaccato l’Orione,
senza successo, e che sarebbe stato soltanto danneggiato dallo
speronamento: “nella notte
è attaccata da sommergibile che non colpisce. La torpediniera
sperona l’unità avversaria danneggiandola”.
È parimenti interessante notare che questa missione, a differenza di
quelle effettuate nello stesso periodo da altre siluranti impiegate
nel trasporto di carburante verso la Libia, non viene descritta in
dettaglio nel corpo del testo, ma soltanto riassunta succintamente
nella cronologia in appendice).
Dopo
lo speronamento vengono osservati dei segnali luminosi intermittenti,
forse provenienti da dei naufraghi, ma la torpediniera, seriamente
danneggiata nella collisione, si allontana senza cercare eventuali
superstiti (un sito Internet afferma che non sarebbe stata tentata
una ricerca di eventuali naufraghi nel timore di un peggioramento
delle condizioni meteorologiche, ma la fonte non è chiara). Per i
gravi danni subiti a prua nella collisione, l’Orione
deve fare ritorno a Suda.
(L’U-Boot
Archiv ipotizza che i segnali luminosi osservati dall’Orione
possano essere in realtà stati visti dall’Orione
prima dello speronamento, e che questi potessero essere i segnali di
riconoscimento effettuati dall’U
557, che aveva avvistato
l’Orione
e, comprendendo che doveva trattarsi di un’unità amica, aveva
proseguito per la sua rotta, per poi immergersi dopo aver effettuato
il segnale di riconoscimento senza aver avuto risposta; lo
speronamento sarebbe avvenuto proprio mentre l’U-Boot si stava
immergendo, e ciò spiegherebbe il mancato ritrovamento non solo di
superstiti, ma anche di corpi od altre tracce del sommergibile
durante le successive ricerche condotte dalla Luftwaffe. È singolare
notare che il citato volume USMM, pur pubblicato decenni dopo la fine
della guerra, nel descrivere sinteticamente questo episodio non
menzionato l’U 557,
ma accenna ad un’unità “avversaria” che sarebbe stata solo
danneggiata dallo speronamento).
Risulterà
poi che il sommergibile affondato era in realtà il tedesco U
557 (tenente di vascello
Ottokar Arnold Pahulsen), entrato in Mediterraneo il 26 novembre (con
scalo intermedio a Messina dal 7 al 9 dicembre) e diretto alla base
di Salamina dopo aver affondato l’incrociatore leggero britannico
Galatea al largo di Alessandria il giorno precedente. Alle 18.06 del
del 16 dicembre l’U 557
aveva comunicato la propria posizione, annunciando il suo arrivo a
Salamina diciotto ore più tardi, ma il Comando tedesco ha informato
quello italiano del passaggio dell’U
557 nella zona attraversata
dall’Orione
solo verso le 22 del 16 dicembre, quando la tragedia si è già
consumata.
Aerei
della Luftwaffe, inviati l’indomani a cercare eventuali superstiti
dei 43 uomini dell’equipaggio dell’U
557 (saputo dell’attacco
dell’Orione,
il Comando navale tedesco dell’Egeo e quello della 23.
Unterseebootsflottille cui apparteneva l’U
557 hanno subito intuito la
reale identità del sommergibile affondato, ordinando un’operazione
di ricerca e soccorso con gli aerei), non ne troveranno nessuno.
Il
diario del Comando dei sommergibili tedeschi in Italia riporta circa
l’accaduto che “l’U
557 non aveva adempiuto alla richiesta di riferire la sua posizione”
e che “lo speronamento si
è verificato in una zona in cui d’ora in poi bisogna vietare la
caccia ai sommergibili”.
Questa tragedia indurrà a rivedere le regole circa il traffico
marittimo e l’attivitò antisommergibile in Egeo; il Comando navale
tedesco dell’Egeo proporrà, tra l’altro, che quando un U-Boot
sta per partire o fare ritorno alla base le attività
antisommergibili vengano temporaneamente sospese in una fascia di 40
miglia dalla base (tranne che per un raggio di dieci miglia da
eventuali convogli in transito nella zona, dove questa sarebbe sempre
consentita) e che l’U-Boot attenda conferma di tale sospensione
prima di salpare o di fare ritorno alla base, e che l’attraversamento
dei canali di Cerigo e Cerigotto avvenga solo in immersione. Il
Comando degli U-Boote in Italia tuttavia contesterà queste proposte,
rilevando in una nota inviata il 22 dicembre 1941 (al Comando Navale
Sud della Kriegsmarine, al Comando della Marina tedesca in Egeo, a
quello della 23a
Flottiglia U-Boot, al X Fliegerkorps, ai Comandi della Kriegsmarine
di Creta e dell’Attica ed a Marisudest, il Comando navale italiano
ad Atene) che le restrizioni alla partenza od al rientro alla base
fino all’avvenuta sospensione delle attività antisom contrastano
con l’esigenza della massima libertà d’azione degli U-Boote, che
l’attraversamento dei canali di Cerigo e Cerigotto in immersione
non apporterebbe alcun miglioramento sul piano della sicurezza (“la
proposta che gli U-Boote dovrebbero attraversare i canali di Cerigo e
Cerigotto in immersione è incomprensibile. Se le misure
antisommergibili sono sospese, si possono attraversare gli stretti in
superficie. Se le misure antisommergibili non sono sospese, non si
possono attraversare neanche in immersione. Perché gli U-Boote
dovrebbero passare soltanto in immersione? Cosa dovrebbero fare i
sommergibili che non si possono immergere?”),
e che nel caso del passaggio di un convoglio, con la sua libertà di
svolgere attività antisom in un raggio di dieci miglia, all’interno
della fascia “di sicurezza” di 40 miglia i sommergibili
potrebbero finire col ritrovarsi senza saperlo nella zona di
pericolo, specialmente in caso di presenza di scorta aerea (“se
è attiva la scorta aerea è fuori discussione di lasciare che siano
gli aerei a decidere se un sommergibile è dentro o fuori dal raggio
delle dieci miglia”). La
controproposta del comandante degli U-Boote in Italia è invece di
separare nettamente le aree in cui possono operare gli U-Boote da
quelle in cui possono operare le navi di superficie, e laddove ciò
non fosse possibile, di dare la priorità alla protezione degli
U-Boote rispetto alla caccia ai sommergibili nemici. Più in
dettaglio: “a) nelle aree
in cui operano i nostri U-Boote, le misure antisommergibili
dovrebbero essere sempre vietate. Potranno essere permesse in alcuni
casi dal Comando Navale dell’Egeo se nessuno dei nostri U-Boote si
troverà [in quel momento] ad attraversare l’area. Il comandante
della 23a
Flottiglia U-Boot dovrà sempre informare l’Ammiraglio dell’Egeo
in questi casi. b) se possibile, i nostri convogli e navi isolate
etc. dovrebbero attraversare queste aree solo se in quel momento non
vi si trova nessuno dei nostri U-Boote. c) se ciò non fosse
possibile in casi individuali, allora le misure antisommergibili
dovrebbero essere eseguite dalle forze navali di scorta solo contro
sommergibili identificati sicuramente come ostili. È del tutto
vietato alla scorta aerea di attaccare sommergibili in quest’area.
Il sommergibile dovrebbe essere soltanto costretto ad immergersi e
poi segnalato. d) I probabili movimenti delle nostre navi etc., che
nonostante tutto devono attraversare queste aree dovranno essere
comunicati agli U-Boote attraverso il Comando della 23a
Flottiglia U-Boot. e) In sostanza, le nostre navi dovrebbero
considerare tutti i sommergibili incontrati in queste aree come
amici, a meno che non siano state espressamente informate che nessuno
dei nostri sommergibili si trovano nell’area”.
17
dicembre 1941
Entra
a Suda alle 9.40 (8.15 secondo una fonte tedesca, che menziona che la
nave entrò in porto con i propri mezzi, sebbene accompagnata dal
cacciatorpediniere Pigafetta,
dal rimorchiatore Voltaire
e dalla vedetta 13
V 1).
Rimarrà poi a lungo in riparazione.
L’affondamento
dell’U 557
e la successiva permanenza a Creta sono così descritte nel già
citato diario: “16
DICEMBRE 1941. Ore 17.50 salpiamo per riprendere la missione a Derna.
Ma era destino che detta missione non dovevamo portarla a termine.
Ore 21.40 nel punto di 35° 30’ lat. Nord e 23° long. Est (nelle
acque di Capo Spada) avvistammo sulla dritta, a 80 metri di distanza
un grosso sommergibile nemico in emersione. Si aprì il fuoco con
tutte le armi di bordo e cercammo di speronarlo. Gli ordini vennero
dati con calma e precisione: “Macchine attenzione! …. giri 360”
“Timoniere tutta la barra a dritta …. Macchina di sinistra a
tutta forza …..” Ed ecco che con una rapida accostata puntiamo
sul sommergibile. “Pari avanti a tutta forza” Ore 21.45
Speronamento. Un poderoso urto scuote la nave in ogni sua vertebra.
Il sommergibile scompare tra i flutti. Il seguito al tremendo urto la
nostra prora si squarcia per una lunghezza di 5/6 metri. L’acqua
invadendo i prodieri fa appronare la nave e minaccia gravi
conseguenze. Per fortuna la paratia del locale specialisti resiste,
ed ogni pericolo sembra scongiurato. Impossibile proseguire,
invertiamo la rotta. Con tutta la forza dei suoi polmoni
radiotelegrafici l’Orione chiamò Radio Roma e trasmise un cifrato
col quale avvisava Supermarina che in seguito a danneggiamento della
prora causato da speronamento si rientrava a Suda, alla velocità di
sei nodi orari. Alle ore 9.10 del 17 dicembre entriamo nella baia di
Suda, si scaricarono le latte di benzina. Da allora iniziammo un
tristissimo periodo di tempo durato tre circa mesi, tempo
strettamente necessario per la riparazione della prora. Per i primi
quaranta giorni non dammo né ricevemmo più notizie, dato che non
esisteva un servizio postale con l’Italia. Ma dopo, ogni quindici o
venti giorni, molta posta dall’Italia ci raggiunse.
Ma quei
tre mesi sono memorabili per la fame sofferta, tutto il nostro vitto
consisteva in un bicchiere di surrogato di caffè alla sveglia, alle
nove un cucchiaio di marmellata nera che raspava la gola (non sono
mai riuscito a capire di cosa fosse fatta),. A mezzogiorno un piatto
di brodo in scatola per primo, per secondo piatto due cucchiaiate di
carne in scatola (che spesso aveva cattivo odore) e un pezzo di pane
nero, sovente ammuffito del peso di duecento – trecento grammi, di
cui se ne dovevano buttare a mare 50 grammi se non si voleva mangiare
la muffa col pane. Naturalmente, detta razione di pane doveva bastare
per una giornata. Tutti questi viveri ci venivano forniti da comando
tedesco che presidiava Suda. Era una festa quando, qualche volta, a
mezzogiorno si mangiava per primo un piatto di chicchi di grano con
lenticchie, conditi con un po’ di sale ed alcune gocce d’olio.
Almeno ci alzavamo da tavola con lo stomaco pieno e le mascelle
addolenzite per tre quarti d’ora di masticazione continua perché i
chicchi di grano messi a cuocere per quattro ore non volevano saperne
di diventare teneri. Ma ci rifacevamo quando andavamo a terra in
franchigia. Attraversando gli sterminati aranceti, per raggiungere la
strada che da Suda porta alla Canea, attaccavamo gli alberi carichi
di deliziosi aranci e mandarini e ne facevamo delle scorpacciate.
Nei
giorni in cui doveva arrivare il convoglio dal Pireo, avevamo il
cuore pieno di gioia e di speranza. “Finalmente si mangia!
Finalmente si fuma!” Ci avrebbe portato farina, pasta, sigarette,
anche le bombole di idrogeno e di ossigeno per tagliare le lamiere
contorte della prora. Ma spesso al suo arrivo svanivano le speranze
per far posto alle delusioni, niente farina, niente pasta, niente
sigarette ma solo qualche bombola di ossigeno e balle di stoppa.
Pazienza! Pure l’allegria non mancava. Ci volle il S. Natale per
darci assieme il caro ricordo di altri Natali trascorsi in tempi
migliori, un pranzetto discreto. Dopo tanti giorni mangiammo la pasta
al burro, era un po’ pochetta …. circa 16 Kg. di pasta divisi in
160 persone ….. Durante la giornata della vigilia pregustammo
questo pranzetto, ci occupammo anche della costruzione dell’albero
di Natale. Un grosso ramo di pino piantato a prora sopra castello,
carico di aranci, mandarini e piccole lampadine fasciate di carta
velina colorata in rosso, azzurro, e verde. Infine coprimmo l’albero
di piccoli batuffoletti di bambagia. La sera di fine anno ci fu poi
una sfrenata allegria. Aiutati da alcune bottiglie di vino resinato
greco, acquistate dai greci della Canea e da un mandolino di
proprietà della Stazione Radio, cantammo tutte le canzoni del
repertorio di Piedigrotta (non avevamo da fare altro).
Cantando
facemmo le ore piccole, ed alla fine andammo in branda tutti con la
voce rauca e la gola gonfia. C’era un mio collega che amava di
sconfinato amore due tortorelle chiuse in gabbia, che s lamentavano
…. Si lamentavano …. Ma poiché erano moribonde decidemmo di
mangiarle a capodanno. Le facemmo cuocere dal cuoco, che le ammannì
come un gran chef di un ghiotto gran signore avrebbe potuto fare. Ma
ci volle l’appetito dei miei giovani anni, rinforzato da una
passeggiata di tre quarti d’ora, per mangiarla. Ma se vi ci
avessero lasciato la testina, proprio non ce l’avrei fatta a
tenerla nel piatto, perché quelle occhiaie vuote mi avrebbero troppo
ricordato la bestiola che si lamentava … si lamentava…”.
11
luglio 1942
L’Orione
salpa da Trapani all’1.30 per scortare a Tripoli il piroscafo
Amsterdam.
12
luglio 1942
Dopo
aver percorso le rotte costiere della Tunisia, sfuggendo alla
sorveglianza area avversaria, Orione
ed Amsterdam
raggiungono Tripoli alle 16.
14
luglio 1942
L’Orione
lascia Napoli alle 22 per scortare a Tripoli la nave cisterna
Saturno.
16
luglio 1942
Il
piccolo convoglio entra a La Goletta alle 23.30, sostandovi un paio
di giorni.
18
luglio 1942
Orione
e Saturno
lasciano La Goletta alle 10.30.
20
luglio 1942
Arrivano
a Tripoli alle 17.30.
23
luglio 1942
Al
largo delle Kerkennah l’Orione
assume la scorta del piroscafo Paolina,
proveniente da Napoli e diretto a Tripoli, e lo accompagna fino a
destinazione, dove giunge alle 15.20.
25
luglio 1942
L’Orione
(tenente di vascello Mario Gambetta) lascia Tripoli alle 17.30 per
scortare la Saturno
a Palermo. Poco al largo, la torpediniera avvista nel mare burrascoso
quella che sembra essere la scia di un siluro e la evita con la
manovra, per poi attaccare con le bombe di profondità un contatto
ottenuto all’ecogoniometro. Al termine della caccia viene in
superficie della nafta molto densa, diversa dal tipo utilizzato sui
sommergibili, che impiegano nafta leggera o motorina. In realtà non
c’è nessun sommergibile: la “scia” avvistata era probabilmente
solo un’increspatura prodotta dal mare mosso, mentre il contatto
all’ecogoniometro non era un sommergibile ma il relitto del
piroscafo Tembien,
affondato in quelle acque alcuni mesi prima. Dal relitto, danneggiato
dalle bombe di profondità, è affiorata la nafta.
27
luglio 1942
Orione
e Saturno
arrivano a Palermo a mezzanotte.
L’Orione
al
Pireo, in una foto di Aldo Fraccaroli del 12 agosto 1942 (per altra
fonte, probabilmente erronea, del 24 dicembre 1941) (Coll. Maurizio
Brescia/Domenico Jacono e www.associazione-venus.it)
14
agosto 1942
L’Orione
salpa dal Pireo alle tre di notte per scortare a Bengasi la motonave
Foscolo,
insieme alla torpediniera Sirio.
Alle
8.30 le tre navi vengono raggiunte dal cacciatorpediniere Saetta,
che assume la funzione di caposcorta del piccolo convoglio, ed alle
15 la Sirio
se ne separa.
15
agosto 1942
Il
piccolo convoglio arriva a Bengasi alle 9.30.
16
agosto 1942
Alle
15 l’Orione
salpa da Bengasi per scortare, insieme ai cacciatorpediniere Nicoloso
Da Recco (caposcorta,
capitano di vascello Aldo Cocchia) e Saetta
ed alla torpediniera Castore,
le motonavi Nino
Bixio e Sestriere,
che rientrano in Italia con 2800 prigionieri di guerra ciascuna (per
altra fonte, sulla Bixio se
ne trovano 3200).
17
agosto 1942
Alle
16 il sommergibile britannico Turbulent (capitano
di fregata John Wallace Linton) avvista a 12.800 metri per 160° il
convoglio, scortato anche da diversi aerei, ed alle 16.33 lancia
quattro siluri da 3300 metri, per poi scendere subito in profondità.
Linton regola i siluri della salva in modo da “coprire” entrambi
i mercantili, che per la loro posizione rispetto al Turbulent
formano una linea quasi continua; stima che si tratti di due moderne
motonavi di 7000-8000 tsl (ed ha ragione) e che siano in zavorra (ed
ha drammaticamente torto).
Una
delle armi, con giroscopio difettoso, torna indietro e compie tre
giri passando sopra il Turbulent,
ma altre due centrano la Nino
Bixio nel punto 36°36'
N e 21°30' E o 36°35' N e 21°34' E (al largo di Sapienza e dodici
miglia a sudovest di Navarino; le fonti italiane, indietro di un’ora
rispetto all’orario del Turbulent,
indicano il siluramento come avvenuto alle 15.30).
Mentre Castore e Da
Recco proseguono con
l’indenne Sestriere (mancata
dai siluri), il Saetta
prende subito a rimorchio la Bixio
e dirige verso Navarino; per ordine del caposcorta, anche l’Orione
rimane a dare assistenza alla motonave danneggiata. Alle tre navi si
unisce successivamente per assistenza anche
la torpediniera Polluce, uscita
da Navarino.
L’Orione,
insieme ad altre unità uscite da Navarino, recupera anche numerosi
uomini gettatisi in mare dalla Bixio
dopo il siluramento.
18
agosto 1942
Orione,
Polluce,
Bixio
e Saetta entrano
a Navarino alle sette.
La
motonave viene così salvata, ma si lamentano comunque 434 vittime,
tra cui 336 prigionieri.
24
agosto 1942
L’Orione
e la torpediniera Calliope
salpano da Corfù verso le quattro del pomeriggio, per condurre un
rastrello sistematico al largo di Capo Dukato, tra Corfù ed il
Canale di Corinto, fino alla sera del 25 agosto. Terminato il
rastrello, le due torpediniere si mettono alla fonda.
26
agosto 1942
Alle
sei del mattino Orione
e Calliope
si recano incontro, all’imbocco del Canale di Corinto, ad un
convoglio formato dalla motonave Manfredo
Camperio (proveniente da
Brindisi e diretta al Pireo) scortata dal cacciatorpediniere Nicoloso
Da Recco e dalla
torpediniera Centauro,
cui forniscono protezione antisommergibili a distanza;
successivamente dirigono per il Pireo, dove giungono a mezzogiorno.
27
agosto 1942
L’Orione
(munita di ecogoniometro), insieme a due cacciasommergibili tedeschi,
viene inviata ad effettuare un rastrello antisommergibili all’uscita
del canale di Cerigo, nelle acque che a breve dovranno essere
attraversate dal convoglio «Camperio»,
partito dal Pireo e diretto a Bengasi con le motonavi Tergestea
e Manfredo Camperio
scortate dal cacciatorpediniere Nicoloso
Da Recco e dalle
torpediniere Polluce
e Climene.
Verso l’alba del 27, il convoglio incontra l’Orione
ed i cacciasommergibili intenti nel rastrello; nonostante la loro
vicinanza, tuttavia, il sommergibile britannico P
35 (poi Umbra)
riuscirà a silurare ed affondare la Camperio
alle 7.49, poco dopo che l’Orione
è stata persa di vista.
Successivamente
l’Orione
raggiunge Suda dove rinforza temporaneamente la scorta (torpediniere
Orsa,
Sirio
e Partenope)
di un convoglio formato dalla nave cisterna Giorgio
e dal piroscafo Anna Maria
Gualdi, diretto a Tobruk.
L’Orione
lascia il convoglio in serata.
6
settembre 1942
L’Orione
viene inviata in soccorso della motonave Luciano
Manara, colpita da un
aerosilurante alle 15.40, al largo di Corfù, e presa a rimorchio dal
cacciatorpediniere Freccia
(capitano di fregata Alvise Minio Paluello). Giunta sul posto,
l’Orione
assume la scorta del convoglio Freccia-Manara
(che procede a soli quattro nodi) insieme al cacciatorpediniere
Legionario,
fornendo protezione contro i sommergibili con il suo ecogoniometro;
alle 20, giunti sotto la costa della più vicina delle Isole Ionie,
il Legionario
se ne va per riunirsi al convoglio, ed in tarda serata la motonave
danneggiata viene portata ad incagliare nella baia di Arilla (costa
greca, all’altezza di Capo Bianco di Corfù). Orione
e Freccia
pattugliano poi la zona fino all’indomani mattina, dopo di che il
Freccia
entra a Corfù e successivamente l’Orione
dirige per Suda.
7
settembre 1942
L’Orione
salpa da Suda alle 13.30 per scortare a Tobruk l’incrociatore
ausiliario Brioni,
in missione di trasporto.
8
settembre 1942
In
mattinata Orione
e Brioni
si uniscono ad un convoglio proveniente da Brindisi e diretto a
Tobruk, composto dalla motonave tedesca Ankara
scortata dai cacciatorpediniere italiani Lampo e Geniere e
dalla torpediniera Partenope.
Il convoglio entra a Tobruk alle 14.
11
novembre 1942
Partecipa
ad un’esercitazione al largo di Pola
insieme al sommergibile Vettor
Pisani (capitano di
corvetta Mario Resio).
12
novembre 1942
Partecipa
ad un’esercitazione al largo di Pola,
insieme al sommergibile Fratelli
Bandiera
(capitano di corvetta Mario Vannutelli) ed al rimorchiatore militare
Parenzo.
15
novembre 1942
L’Orione
e le vecchie torpediniere Audace
e Rosolino
Pilo,
insieme al cacciatorpediniere Lubiana,
salpano da Venezia alle 5.45 per scortare a Trieste
l’incompleta corazzata Impero,
che nei cantieri del capoluogo giuliano
dovrà essere completata. L’Impero,
in grado di muovere con le proprie macchine, riesce a procedere ad
otto nodi, e raggiunge Trieste
alle 13.05, ormeggiandosi alla banchina allestimento del cantiere San
Marco.
27?
novembre 1942
L’Orione
(capitano di corvetta Luigi Colavolpe) salpa da Bari per scortare a
Tunisi il piroscafo Minerva,
carico di carburante in fusti. Strada facendo si unisce al piccolo
convoglio anche un altro piroscafo carico di fusti di benzina,
l’Audace,
proveniente da Messina, ma successivamente Supermarina dirotta il
convoglio su Trapani.
28
novembre 1942
Orione,
Audace
e Minerva
entrano a Trapani alle dieci. Successivamente l’Orione
riceve ordine di recarsi a Napoli per assumere la scorta di altri
convoglio in partenza per la Tunisia, mentre Audace
e Minerva
verranno avviati verso Tripoli (anziché Tunisi) in navigazione
isolata; nessuno dei due vi arriverà, entrambi cadranno vittime
degli aerosiluranti britannici.
30
novembre 1942
L’Orione
parte da Napoli alle 14.30 per scortare in Tunisia, insieme alle
torpediniere Sirio
(caposcorta, capitano di corvetta Romualdo Bertone), Groppo
e Pallade,
il convoglio «B», formato dai piroscafi Arlesiana, Achille
Lauro, Campania, Menes e Lisboa.
Il convoglio procede a soli sette nodi.
1°
dicembre 1942
Alle
7.10 la torpediniera di scorta Uragano si
aggrega alla scorta del convoglio.
Alle
14.40 il convoglio viene avvistato in Mar Tirreno da ricognitori
britannici, che da questo momento in poi lo manterranno sotto
sorveglianza; Supermarina intercetta il segnale di scoperta trasmesso
dai ricognitori avversari, e come fa abitualmente con tutti i segnali
di questo tipo, dopo averlo decrittato lo ritrasmette all’aria, per
allertare il convoglio.
Alle
17.30 salpa da Bona la Forza Q britannica (incrociatori
leggeri Aurora, Sirius ed Argonaut,
cacciatorpediniere Quiberon e Quentin),
a caccia di convogli italiani. Supermarina ha contezza dei movimenti
nemici già il 30 novembre, quanto ha intercettato un segnale di un
ricognitore nemico che, alle 23 di quel giorno, ha comunicato di aver
avvistato due convogli a sudovest di Napoli: si tratta del «B» e
del «C», diretto invece a Tripoli; al contempo (sera del 30)
Supermarina ha appreso che alle 13.30 di quel giorno sono state
avvistate nel porto di Bona sei navi da guerra non identificate con
certezza, ma ritenute essere un incrociatore e cinque
cacciatorpediniere. Calcolato che, viaggiando a 30 nodi, queste navi
potrebbero raggiungere in sei ore i convogli «B» e «H» (altro
convoglio diretto in Tunisia), Supermarina ha chiesto all’alto
comando tedesco dello scacchiere sud (Oberbefehlshaber Süd), con
sede a Frascati, una ricognizione su tale porto al tramonto del 1°
dicembre. (La notizia della presenza a Bona di navi nemiche è anche
il motivo che ha indotto Supermarina ad inviare l’Uragano
in rinforzo alla scorta del convoglio «B»). Tuttavia, l’aereo
tedesco inviato a compiere la ricognizione (uno Junkers Ju 88 del
122° Gruppo ricognizione strategica della Luftwaffe) e l’aereo
italiano (un CANT Z. 1007bis del 51° Gruppo Ricognizione Strategica)
che lo accompagnava non fanno ritorno (entrambi sono stati abbattuti
alle otto del mattino da due caccia Supermarine Spitfire del 242nd
Squadron della RAF), come annuncia via telefono a Superaereo il
comando tedesco, alle 20.35 del 1° dicembre, in seguito alle
ripetute richieste italiane. Al contempo viene comunicato che gli
aerei del 122° Gruppo ricognizione strategica non hanno avvistato
movimenti navali in mare aperto fino alle 18.
Nel
pomeriggio del 1° dicembre, verso le 15, l’Aeronautica Sardegna ha
inviato due gruppi di aerei ad attaccare le navi avversarie presenti
a Bona: cinque cacciabombardieri Reggiane Re 2001 del 22° Gruppo,
armati con bombe da 250 kg e guidati dal capitano Germano La Ferla,
hanno effettuato un’azione di bombardamento in picchiata senza
riuscire ad accertare il risultato per via di copertura
dell’obiettivo di 10/10 causata da banchi di nuvole; e dieci
bombardieri Savoia
Marchetti SM. 84 del 32° Stormo hanno sganciato le loro bombe senza
successo, subendo la perdita di tre aerei (tra cui quelli dei
comandanti della 228a
e 229a
Squadriglia, capitani Enzo Stefani ed Umberto Camera) ad opera degli
Spitfire dell’81st
e 242nd
Squadron (hanno partecipato all’azione anche dieci caccia Spitfire
statunitensi della 52a
Squadriglia, guidati dal colonnello West, che però sono riusciti a
danneggiare un solo bombardiere) ed il grave danneggiamento di altri
tre, costretti all’atterraggio di fortuna.
Alle
16.30 Supermarina ha chiesto a Superaereo di sollecitare il Comando
del II. Fliegerkorps affinché durante la notte bombardi gli
aeroporti della zona compresa tra Bona e Bougie per impedire agli
aerei ivi stanziati di attaccare i convogli; i tedeschi hanno
acconsentito, destinando a questo scopo sei bombardieri Junkers Ju
88, dieci Heinkel He 111 e due Dornier Do 217.
Alle
23.30 Supermarina viene informata da Superaereo che alle 22.40 un
altro Ju 88 tedesco del 122° Gruppo ricognizione strategica ha
avvistato in posizione 37°42' N e 09°45' E (una ventina di miglia a
nord di Biserta ed a 60 miglia per 290° da Capo Bon; per altra
fonte, l’avvistamento sarebbe avvenuto al largo delle coste
algerine) cinque navi da guerra britanniche di medio tonnellaggio in
navigazione ad alta velocità con rotta 90° (quasi corretta: quella
reale tenuta dalla Forza Q è di 104°); dieci minuti dopo (per altra
fonte, alle 23.44) Supermarina lancia il segnale di scoperta.
L’Oberbefehlshaber Süd
chiede a Supermarina
l’autorizzazione ad attaccare con i propri aerei le navi avvistate,
e Supermarina la fornisce prontamente, comunicando però anche la
rotta e posizione dei convogli «B» e «H» e sottolineando la
necessità di evitare errori di riconoscimento.
Alle
19.35, intanto, la scorta del convoglio «B» viene ulteriormente
rinforzata con l’arrivo della X Squadriglia Cacciatorpediniere, con
i cacciatorpediniere Maestrale
(caposquadriglia, capitano di vascello Nicola
Bedeschi), Ascari e Grecale:
erano di ritorno da una missione di posa di mine nel Canale di
Sicilia, ed essendo gli unici disponibili nell’immediato,
Supermarina ha ordinato loro alle 15.08 di rinforzare la scorta del
convoglio «Sirio»
“contro eventuale
provenienza da Bona dove stamane erano presenti alcuni cc.tt.”.
Supermarina, dopo aver esaminato la situazione dei quattro convogli
in navigazione nel Canale di Sicilia rispetto al rischio
d’intercettazione da parte della forza navale avvistata dall’aereo
tedesco, conclude che quelli più a rischio siano il «B» e l’«H»
(il «C» è troppo lontano rispetto al raggio d’azione della forza
navale avvistata, ed il «G» è già stato attaccato da aerei che
hanno incendiato la nave cisterna Giorgio,
unico mercantile che ne fa parte); decide di non ordinare al
convoglio «B» (che all’una di notte del 2 dicembre si trova
arretrato di una sessantina di miglia rispetto all’«H») di
invertire la rotta, preferendo lasciar decidere sul da farsi al
caposcorta, che potrà regolarsi come più riterrà opportuno avendo
ricevuto sia il segnale di scoperta relativo alla Forza Q trasmesso
da Supermarina alle 23.40, sia, alle 00.40, un altro segnale di
scoperta trasmesso dal cacciatorpediniere Nicoloso
Da Recco, caposcorta del
convoglio «H» (che proprio a quell’ora, infatti, viene attaccato
dalla Forza Q).
Il
convoglio «H», trovandosi ormai in posizione troppo avanzata per
poter tornare indietro, viene fatto anch’esso proseguire (si è
inizialmente considerato se inviare la X Squadriglia – i cui tre
cacciatorpediniere sono gli unici disponibili al momento – a
rinforzare quest’ultimo convoglio anziché il «B», ma alla fine
si è deciso di assegnarla al convoglio «B» perché quest’ultimo
è ritenuto più importante e perché l’«H» è il più protetto
dei due, oltre che il più veloce nonché in posizione più avanzata,
così che si ritiene che entro mezzanotte sarà parzialmente protetto
dai bassifondali del banco Keith e dai campi minati difensivi
presenti nella zona); verrà distrutto nella notte seguente dalla
Forza Q, con gravissime perdite, nello scontro divenuto noto come del
banco di Skerki.
Alle
20.15, infatti, la Sirio avvista
dei bengala a proravia sinistra, e poi molti altri bengala nella
direzione in cui si trova il convoglio «H». Alle 22.30 il
comandante Bertone ordina alle navi di accostare verso est per non
avvicinarsi troppo al convoglio «H», che appare sotto attacco;
successivamente fa accostare peR
150°.
2
dicembre 1942
All’una
di notte il comandante Bedeschi del Maestrale,
di grado superiore a Bertone, interviene ed ordina di fare rotta
su Palermo, accostando a sinistra per rotta 80°, essendo ormai
evidente che il convoglio «H» è sotto attacco da parte di una
formazione navale. Alle 4.30 il convoglio «B» si trova a dodici
miglia per 305° da Marettimo, ed alle 7.06 riceve ordine di dirigere
per Trapani, dove giunge alle 10.50.
Alle
19 riparte da Palermo per riprendere la traversata: lo formano ora
Arlesiana,
Achille Lauro,
Menes
e Campania
(rimane in porto il Lisboa,
che partirà alle 12.20 del 5 ed arriverà alle 16 del 6), scortati
da Sirio, Groppo, Orione, Animoso, Antonio
Mosto ed Uragano.
3
dicembre 1942
Alle
10.01 il sommergibile britannico P
37 (poi Unbending;
tenente di vascello Edward Talbot Stanley), in agguato a nord del
Golfo di Tunisi, avvista verso nord il fumo delle navi del convoglio,
ed i velivoli della scorta aerea. Avvicinatosi a tutta forza, avvista
quattro mercantili, un motoveliero e due “cacciatorpediniere”;
alle 10.37, in posizione 37°26' N e 10°43' E, lancia quattro siluri
contro due dei mercantili (che si “sovrappongono” nel suo
periscopio) da ben 8200 metri di distanza, non essendo riuscito ad
avvicinarsi di più. I siluri non vanno a segno.
Si
è appena concluso questo primo attacco quando alle 10.39 un altro
sommergibile britannico, il P
48 (tenente di vascello
Michael Elliot Faber), avvista le alberature ed i fumaioli delle navi
del convoglio su rilevamento 360°, e si avvicina a tutta forza per
attaccare a sua volta. Faber identifica la composizione del convoglio
come quattro mercantili e due cacciatorpediniere; zigzagando, le navi
accostano proprio verso il suo sommergibile, agevolandolo nella
manovra di attacco, in quanto il P
48 si ritrova ad essere
appena all’interno dello “schermo” protettivo della scorta, sul
lato sinistro, oltrepassando non visto quello che il comandante
britannico ritiene erroneamente essere un cacciatorpediniere classe
Navigatori.
Alle
11.14, in posizione 37°22' N e 10°37' E (a nord del Golfo di
Tunisi), il P 48
lancia quattro siluri contro il mercantile di testa, di cui Faber ha
stimato la stazza in 6000 tsl, mentre il “cacciatorpediniere” che
protegge il fianco sinistro si trova meno di 400 metri a poppavia del
battello. I siluri mancano il bersaglio, ed alle 11.22 la Groppo
contrattacca con il lancio di quindici bombe di profondità, seguite
da altre quindici in un secondo passaggio, ritenendo di aver
“probabilmente danneggiato” l’avversario per poi riunirsi al
convoglio (da parte britannica vengono contate le detonazioni di nove
bombe di profondità, che esplodono piuttosto vicine a quota
insufficiente per arrecare danni al P
48, che intanto si ritira
su rotta 080°).
Tornato
a quota periscopica alle 11.55, il sommergibile avvista nuovamente il
convoglio, ora distante cinque miglia, su rilevamento 230°; il
“cacciatorpediniere classe Navigatori” si trova su rilevamento
340°, ad un miglio e mezzo di distanza, su rotta 080°. Il P
48 torna in profondità e
vi rimane fino alle 12.35, quando, tornato a quota periscopica e
constatato che il convoglio non è più in vista, dirige per il Basso
Tirreno.
Poco
più tardi, il convoglio si scinde in due gruppi che dirigono verso
le rispettive destinazioni: Menes,
Arlesiana ed Achille
Lauro con Sirio,
Orione,
Groppo
e Pallade
verso Tunisi, e Campania
con Animoso,
Mosto
ed Uragano
verso Biserta. Si uniscono alla scorta alcune motosiluranti tedesche
della 3. Schnellbootflottille.
Dopo
aver superato indenne due attacchi di sommergibili, il convoglio «B»
subisce una dolorosa perdita a causa dei campi minati: alle 14.15 il
Menes
urta una mina una decina di miglia ad est dell’Isola dei Cani ed
esplode, uccidendo duecento uomini. Le motosiluranti tedesche S
57 e S
59
recuperano una quarantina di superstiti.
Le
altre navi di questo gruppo giungono a Tunisi alle 18.45, mentre il
Campania
arriva a Biserta alle 15.45.
|
L’Orione in un’immagine di fine 1942: una mitragliera da 20 mm è stata aggiunta in una piazzola a poppavia del fumaiolo (g.c. STORIA militare) |
4
dicembre 1942
Alle
3.30 l’Orione e
la torpediniera di scorta Groppo (caposcorta)
lasciano Tunisi scortando i piroscafi Sant'Antioco ed Honestas.
Alle 17.15 il convoglio viene infruttuosamente attaccato da un
sommergibile al largo di Marettimo.
5
dicembre 1942
Alle
14.35 il convoglio viene avvistato a 12.800 metri per 140°, una
decina di miglia a sudovest di Capri, dal sommergibile britannico P
217 (poi Sibyl;
tenente di vascello Ernest John Donaldson Turner): dapprima il
sommergibile avvista alberature e fumaioli, poi distingue due navi
mercantili stimate in 5000 tsl, scortate da tre (?) torpediniere o
cacciatorpediniere. Iniziata la manovra d’attacco, alle 15.15 il P
217, nel punto 40°27' N e
14°02' E (o 40°26' N e 14°06' E), lancia quattro siluri da 5500
metri. Nessuna nave viene colpita, anche se il P
217 sente tre esplosioni
attribuite a siluri a segno alle 15.20; la Groppo viene
mancata da un siluro ed inizia il contrattacco con bombe di
profondità alle 15.35, proseguendo sino alle 17.30 con il lancio in
tutto di 62 bombe, ma nessuna viene gettata tanto vicina da
danneggiare il P
217 (tanto che alle
15.45 questi può portarsi a quota periscopica ed osservare Orione e
Groppo
impegnate nel contrattacco). Non avendo ottenuto risultati
apprezzabili, la Groppo si
riunisce al convoglio e viene rilevata nella caccia da
cacciasommergibili della difesa locale.
Le
navi giungono a Napoli alle 20.
13
dicembre 1942
Orione (capitano
di corvetta Luigi Colavolpe) e Groppo (capitano
di corvetta Beniamino Farina, caposcorta) salpano da Napoli alle
15.15, scortando il piroscafo italiano Sant'Antioco (avente
a bordo circa 200 uomini ed un consistente carico di benzina in
fusti) ed il tedesco Brott,
diretti a Biserta.
Superate
le Egadi verso la mezzanotte del 14, il convoglio prosegue a soli 3-4
nodi di velocità, il massimo che il piccolo e lento Brott possa
fare con mare vivo di prora.
14
dicembre 1942
Alle
14.53 il sommergibile britannico P
219 (tenente di vascello
Norman Limbury Auchinleck Jewell) avvista fumo su rilevamento 240°,
ed alle 15.11 avvista il convoglio di cui fa parte l’Orione,
di cui valuta la composizione come “due mercantili di 5000 tsl
scortati da un cacciatorpediniere, due motosiluranti con un
idrovolante in pattugliamento nel cielo”, la rotta come 050° e la
velocità come dieci nodi. Essendogli rimasto un solo siluro, nei
tubi di poppa, il P 219
manovra per un attacco da poppa; ma alle 15.45, quando sta per
lanciare, perde improvvisamente il controllo dell’assetto e giunge
quasi ad affiorare in superficie. Tornato a quota periscopica, alle
17.07 può lanciare il suo siluro in posizione 38°13' N e 11°44' E,
da 3100 metri di distanza, contro il mercantile di coda. Il
Sant'Antioco
avvista un siluro, che lo manca; non vi è reazione da parte della
scorta.
15
dicembre 1942
Alle
10.50 il sommergibile britannico P
46 (poi Unruffled;
tenente di vascello John Samuel Stevens) avvista degli aerei che
girano in cerchio all’orizzonte, su rilevamento 050°, ed accosta
per avvicinarsi; alle 12.40 avvista il convoglio scortato
dall’Orione,
che identifica con buona precisione come composto da un mercantile di
circa 4000 tsl (il Sant'Antioco)
ed una nave da carico di medie dimensioni che assomiglia ad una nave
cisterna (il Brott,
che sembra una petroliera per via del fumaiolo a poppa), scortati da
due torpediniere ed aventi rotta verso Biserta. Alle 13.30, in
posizione 37°32' N e 10°39' E, il P
46 lancia quattro siluri
contro il Sant'Antioco,
da 3650 metri di distanza, per poi scendere in profondità.
Alle
13.33 il Sant'Antioco viene
colpito da due siluri sul lato sinistro, s’incendia ed affonda in
un paio di minuti, in posizione 37°32' N e 10°39' E (o 37°37' N e
10°44' E), circa 35 miglia a nord-nord-ovest (per 335°) di Capo
Bon. Al contempo gli aerei di scorta indicano la presenza di un
sommergibile a circa 6000 metri dal mercantile affondato.
In
acqua ci sono circa 200 superstiti del Sant'Antioco,
ma Orione
e Groppo,
impegnate nella caccia antisommergibile, non possono provvedere
subito al salvataggio; le due torpediniere danno intensa caccia al
battello avversario per mezz’ora. Alle 13.36 il P
46 avverte una prima
esplosione di bomba di profondità, seguita da altre due e poi da una
quarta isolata; indi alle 14.06 viene lanciato un “pacchetto” di
dodici bombe che esplodono molto vicine al sommergibile, causando
alcuni danni non gravi (secondo il giornale di bordo del P
46, la caccia sarebbe
proseguita fino alle 18.30 circa, con il lancio di un totale di 62
bombe di profondità). La Groppo
ritiene erroneamente di aver gravemente danneggiato od affondato il
sommergibile attaccante; terminata la caccia, la caposcorta prosegue
per Biserta scortando il Brott (che
vi arriverà alle 16 dell’indomani), mentre l’Orione
rimane sul posto per salvare i naufraghi. Successivamente viene
raggiunta dalla Squadriglia Cacciatorpediniere «Mitragliere»
(Mitragliere,
Ascari
e Corazziere),
uscita da Tunisi e dirottata sul posto per partecipare ai soccorsi;
le operazioni, ostacolate dal mare agitato, si protraggono fino a
tarda serata. Alla fine, del Sant'Antioco si
riuscirà a salvare la maggior parte del personale imbarcato, ad
eccezione di 29 uomini. L’Orione
recupera 62 naufraghi, dopo di che dirige per Trapani.
18
dicembre 1942
L’Orione,
inviata ad effettuare un rastrello antisom 35 miglia a nord di
Biserta insieme alle torpediniere Cigno,
Ardente
e Sagittario,
attacca un contatto subacqueo con bombe di profondità.
Successivamente si scopre che il contatto non era un sommergibile, ma
il relitto del piroscafo Sant'Antioco,
affondato pochi giorni prima proprio mentre l’Orione
lo stava scortando; è presente non lontano un sommergibile
britannico, il P 212
(tenente di vascello John Henry Bromage),
che alle 00.17 ha avvistato due torpediniere in avvicinamento ed è
sceso a 24 metri, per poi contare 37 esplosioni di bombe di
profondità alle 00.30 alle due di notte, nessuna delle quali molto
vicina (perché non dirette contro di esso).
26
dicembre 1942
L’Orione
salpa da Palermo alle 20 scortando il piroscafo Zenobia
Martini, una delle ultime
navi mercantili mandate in Libia.
28
dicembre 1942
Le
due navi sostano a Pantelleria dall’1.05 alle 9.50, per poi
proseguire alla volta dell’Africa. L’Orione
scorta lo Zenobia
Martini soltanto fino nei
pressi di Sfax (dove il piroscafo entra il mattino del 30 dicembre),
dopo di che il mercantile proseguirà con la scorta della
torpediniera San Martino,
inviata da Tripoli.
29
dicembre 1942
Alle
4.30 l’Orione
parte da Susa per scortare a Tripoli il trasporto militare tedesco KT
2. Se ne separa però alle
13.30 (dopo una sosta a Sfax, il KT
2 raggiungerà anch’esso
Tripoli con la scorta della San
Martino).
1°
gennaio 1943
Alle
16.40 (o 17) l’Orione
(capitano di corvetta Luigi Colavolpe) salpa da Tripoli per scortare
a Palermo la motonave Chisone.
2
gennaio 1943
Alle
22 Orione
e Chisone
subiscono un attacco aereo, che non causa danni; due ore dopo entrano
nel porticciolo di Favignana, dove sostano fino all’indomani. Ormai
il traffico verso Tripoli è cessato (la città cadrà in mano
britannica di lì a tre settimane), e l’offensiva angloamericana si
concentra sui convogli di ritorno, con materiali di sgombero dalla
Tripolitania.
3
gennaio 1943
Orione
e Chisone
ripartono da Favignana alle undici, ma due ore dopo la torpediniera
deve lasciare la scorta e puggiare a Trapani a causa del mare troppo
tempestoso da nordovest.
5
febbraio 1943
L’Orione
e la torpediniera Libra lasciano
Napoli per Biserta alle quattro del mattino, scortando la motonave
italiana Ines Corrado,
la tedesca Pierre
Claude ed il trasporto
militare tedesco KT 13,
diretti in Tunisia. Poche ore dopo la partenza, tuttavia, Orione
e Libra
vengono sostituite nella scorta dalle torpediniere Pallade
e Ciclone.
1943
Nuovi
lavori di potenziamento dell’armamento contraereo, incrementato con
l’aggiunta di tre mitragliere singole
Scotti-Isotta Fraschini 1939 da 20/70 mm. Viene inoltre installato un
radar tedesco Fu.MO 21/40 ed eliminato l’albero poppiero per
ampliare il campo di tiro del cannone poppiero.
20
febbraio 1943
Alle
due di notte l’Orione
(caposcorta, capitano di corvetta Luigi Colavolpe) e la moderna
torpediniera di scorta Animoso (capitano
di corvetta Camillo Cuzzi) partono da Napoli per scortare a Biserta
il piroscafo Fabriano (con
1700 tonnellate di viveri e munizioni) e la grossa nave
cisterna Thorsheimer (carica
di 13.000 tonnellate di benzina).
Alle
14.50 (o 15.40) la scorta viene rinforzata dalla torpediniera
Pegaso (capitano
di corvetta Mario De Petris), uscita da Palermo. C’è anche una
poderosa scorta aerea, con numerosi velivoli da caccia.
Lo
stesso giorno, tuttavia, l’organizzazione britannica “ULTRA”
intercetta e decifra un messaggio dal quale apprende che
«Petroliera Thorsheimer e
piroscafo Fabriano debbono raggiungere Biserta alle 17.00
del 21, lasciando Napoli alle 10.00 del 20».
Da
Malta decollano pertanto diversi aerosiluranti Fairey Albacore
dell’828th Squadron
della Fleet Air Arm, in parte armati con bombe ed in parte con
siluri, nonché quattro Bristol Beaufort del 39th Squadron
della Royal Air Force, armati di siluri. Dei quattro Beaufort, che
dopo il decollo s’imbattono in pioggia, grandine e tempeste di
elettricità, che riducono fortemente la visibilità, soltanto uno
(pilotato dal tenente Stanley R. Muller-Rowland) riuscirà a trovare
i bersagli ed a sganciare il suo siluro, ma senza comunque colpire
nulla.
Alle
19.40 il convoglio viene attaccato infruttuosamente da bombardieri ed
aerosiluranti (gli Albacore), accolti dal violento tiro contraereo
delle navi; alle 21 le navi entrano nel porto di Trapani, dove
sostano fino alle prime ore del giorno seguente, ma di nuovo i
messaggi relativi al convoglio vengono decrittati da “ULTRA”,
permettendo ai comandi britannici di apprendere che
«Thorsheimer e Fabriano salperanno
da Trapani alle 03.00 del 21, velocità 12 nodi, diretti a Biserta
dove arriveranno alle 15.30 del 21».
Durante
un’incursione aerea verificatasi mentre le navi sono alla fonda,
il Fabriano viene
colpito e subisce danni alle caldaie, che lo costringono
a rimanere a Trapani.
21
febbraio 1943
Nelle
prime ore del 21, le navi del convoglio sono infruttuosamente
attaccate da altri quattro Beaufort del 39th
Squadron (erano decollati in cinque, ma il quinto non è riuscito a
trovare il convoglio), pilotati rispettivamente dal tenente John
Cartwright, dal sergente maggiore L. T. Garland, dal sergente
maggiore Stanley H. Balkwill e dal maresciallo Richard J. S. Dawson.
Nessuna nave viene colpita dai quattro siluri sganciati; uno dei
Beaufort, quello di Balkwill, viene gravemente danneggiato dal tiro
contraereo delle navi italiane poco prima di lanciare il siluro,
anche se riesce a rientrare a Luqa (Malta).
Thorsheimer e
torpediniere ripartono da Trapani alle 5.50, ma appena uscita dal
porto (5.51) la petroliera viene mitragliata da un Albacore
dell’828th Squadron
F.A.A., che ferisce a morte il comandante; l’Orione ordina
alle navi di ancorarsi nuovamente, preleva il moribondo comandante
della Thorsheimer e
lo porta a Trapani, dove imbarca il comandante del Fabriano,
che viene poi trasbordato sulla nave cisterna per assumerne il
comando. Alle 11.15 il convoglio è in grado di mettere nuovamente in
moto verso Biserta.
Stante
l’importanza del carico della Thorsheimer,
il convoglio gode anche di una nutrita scorta aerea, con dieci caccia
della Luftwaffe e quattro idrovolanti antisommergibili della Regia
Aeronautica.
Alle
14.25, venti miglia a sudovest di Marettimo, le navi sono attaccate
da otto bombardieri statunitensi North American B-25 Mitchell,
scortati da dodici caccia, che sganciano le loro bombe a bassa quota.
Il tiro delle torpediniere abbatte due degli attaccanti, mentre un
terzo viene abbattuto da un caccia; la scorta aerea dell’Asse perde
uno Junkers Ju 88 tedesco ed un idrovolante CANT Z. 506 italiano.
La Thorsheimer viene
colpita da due degli ordigni (uno dei quali non esplode), rimanendo
immobilizzata con principio d’incendio a
bordo; Pegaso ed Animoso le
danno assistenza, mentre l’Orione è
costretta a fermarsi perché la concussione di tre bombe scoppiate a
pochissima distanza le ha temporaneamente messo fuori uso il timone.
Riparato il timone, alle 15.15 l’Orione imbarca
i 49 membri dell’equipaggio della Thorsheimer
(tra cui il comandante del Fabriano,
rimasto a sua volta gravemente ferito) e poi dirige a Trapani
per sbarcarveli, lasciando Pegaso ed Animoso a
proteggere la petroliera immobilizzata in attesa dell’arrivo di due
rimorchiatori – il cui intervento è stato subito richiesto –
inviati da Trapani.
Alle
20 l’Orione
giunge a Trapani, dove sbarca l’equipaggio della Thorsheimer;
quindici minuti più tardi, mentre si predispone il rimorchio, la
petroliera danneggiata viene nuovamente attaccata da sei
aerosiluranti Bristol Beaufort del 39th Squadron
R.A.F.: uno dopo l’altro, sono ben quattro i siluri che vanno a
segno (sganciati, rispettivamente, dal capitano Don Tilley, dal
sergente maggiore Ewen Gillies, dal tenente Feast e dal sergente
maggiore H. H. Deacon). Questa volta la nave esplode, per poi
affondare in un mare di fiamme.
Questa
missione è così descritta dal radiotelegrafista dell’Orione:
“21 FEBBRAIO 1943. Alle
ore 10.45 salpiamo dalla fonda di Trapani assieme alle torpediniere
“Pegaso” e “Animoso” per scortare la cisterna “THOSHEIMER
per Biserta, velocità di crociera nodi 12,5 orari in 37° 54’ 40”
e 11° 50’ 30” (10 miglia per 255° da punta Libeccio –
Trapani) la torpediniera Pegaso segnala con le ultracorte la presenza
di aerei nemici di poppa al convoglio (5 Wellington, 3 Beaufighter,
12 Lightrining). Tutte le unità aprono il fuoco con i cannoni e le
mitragliere, gli aerei a bassa quota raggiungono rapidamente il
convoglio nei settori poppieri dividendosi in due gruppi. Un gruppo
che passa tra “l’Animoso” e la cisterna, un gruppo che si
mantiene sulla sinistra esternamente alla formazione. Questo secondo
gruppo è formato da aerei da caccia già impegnati con alcuni aerei
alleati. Il gruppo che passa tra l’Animoso e la cisterna si divide
a sua volta in due parti, una va all’attacco della cisterna una
all’attacco dell’Orione. Gli aerei che puntano sulla cisterna
eseguono i primi sganci a distanza molto forte (500 mt.) sicché le
colonne d’acqua appaiono cortissime e in un primo momento fanno
dubitare che si tratti di siluri. La cisterna manovra, ma gli aerei
la centrano con una salva di bombe colpendola. Il gruppo di aerei che
dirige su di noi, attraversa la nave da poppa a prora ed esegue uno
sgancio di bombe che cadono all’altezza del centro sinistro,
plancia dritta e poppa dritta. La nave era sotto accostata sulla
sinistra, perché già all’inizio dell’attacco stava accostando
sulla nuova rotta. Alcune bombe non esplodono. La distanza di caduta
è stata valutata intorno ai 10-20-30 metri. Le mitragliere di
sinistra prima, e quelle di dritta poi reagiscono all’attacco
abbattendo un apparecchio nemico che si infila in mare alla distanza
di circa 400 metri, sulla sinistra lasciando una cortina bianca
sull’acqua. Gli altri aerei si allontanano verso ponente. Un altro
aereo viene abbattuto da un’altra unità della scorta e cade
lontano. La cisterna s’incendia, a prora è presente uno squarcio
sulla murata sinistra dalla quale si elevano fiamme. A poppavia della
plancia, sul lato sinistro del galleggiamento si eleva una cortina di
fumo a di vapore, il che fa supporre che una bomba esplodendo
sott’acqua abbia rotto l’opera viva. Vengono chiesti mezzi di
soccorso alla base di Trapani che ne dispone l’invio. La
torpediniera Orione, all’atto della caduta delle bombe viene anche
mitragliata. Per effetto dello scoppio delle bombe si blocca la
turbodinamo e viene a mancare corrente a tutti gli apparecchi e
macchinari di bordo. Il timone resta alla banda, si rompe l’antenna
del radiosegnalatore, si spezza il basamento della pompa d’incendio
di poppa, l’ecogoniometro viene messo fuori uso, si verificano
avarie leggere all’apparato U.C.. Due uomini risultano leggermente
feriti per il mitragliamento”.
26
febbraio 1943
Al
largo di Palermo l’Orione,
la Groppo,
la corvetta Gabbiano,
il dragamine tedesco R
15, le navi
cisterna Bivona e Labor ed
il piroscafo Volta
si uniscono ad un convoglio proveniente da Napoli e diretto a
Biserta, formato dai piroscafi Forlì
e Teramo
scortati dalle torpediniere Ciclone
e Generale Antonino Cascino.
Altre due torpediniere, Sirio
e Sagittario,
e tre cacciasommergibili tedeschi, che hanno scortato il convoglio
nel tratto iniziale della navigazione, fanno ritorno a Napoli, mentre
un’altra torpediniera, la Castore,
entra a Palermo per avaria.
La
Groppo
assume il ruolo di caposcorta del convoglio unico così formato
(Volta,
Forlì,
Teramo,
Bivona
e Labor
scortate da Orione,
Groppo,
Ciclone,
Cascino,
Gabbiano
e R 15).
Al
largo di Trapani la Gabbiano lascia
la scorta.
27
febbraio 1943
Alle
10.40 un aereo da caccia italiano, di scorta al convoglio, precipita
per avaria; l’Orione ne
salva il pilota, lanciatosi con il paracadute.
28
febbraio 1943
Il
convoglio giunge a Biserta all’1.45.
1°
marzo 1943
In
rientro a Napoli di ritorno da una missione, l’Orione
viene mancata di stretta misura da alcune bombe che cadono in mare
sui lati. Non subisce danni di rilievo, ma ci sono alcuni feriti tra
l’equipaggio.
6
marzo 1943
L’Orione
(capitano di corvetta Luigi Colavolpe) lascia Napoli alle 2.30 del 6
marzo insieme alle torpediniere Ardito (capitano
di corvetta Silvio Cavo), Cigno (capitano
di corvetta Carlo Maccaferri), Groppo (capitano
di corvetta Beniamino Farina, caposcorta) e Generale
Antonino Cascino (tenente
di vascello Gustavo Galliano), per scortare a Biserta e Tunisi un
convoglio composto dalla motonave italiana Ines
Corrado e dai
piroscafi tedeschi Henry
Estier e Balzac (questi
ultimi diretti a Tunisi con arrivo previsto per le 15.30 del 7,
mentre nel tratto finale la Ines
Corrado dovrebbe
separarsi dal convoglio per raggiungere Biserta alle 16 dello stesso
giorno). A partire dalle 7.02, e fino alle 19.52, il convoglio
fruisce di una scorta aerea antisommergibili, con l’impiego
complessivamente di undici Junkers 88 e quattro Messerschmitt Bf 110
del II Fliegerkorps.
“ULTRA”,
il servizio di decrittazione britannico dei messaggi in codice
dell’Asse, ha intercettato le informazioni relative a questo
convoglio, preavvisando che l’arrivo dei tre mercantili (più un
quarto, il Nuoro,
poi non partito), partiti da Napoli, è previsto a Tunisi per il
pomeriggio del 7: vengono pertanto organizzati attacchi aerei e
subacquei.
Alle
7.45 del 6 marzo, l’Ardito vede
un bombardiere tedesco Junkers Ju 88 gettare una bomba di profondità
(per altra fonte, due) in posizione 40°03' N e 13°57' E, a 34
miglia per 264° (cioè ad ovest) da Punta Licosa (Calabria), 3 km a
proravia della torpediniera ed a 3 km dal lato di dritta del
convoglio. Il pilota tedesco vede affiorare in superficie una grossa
chiazza di nafta; al contempo l’Estier,
subito dopo aver osservato il lancio delle bombe da parte dell’aereo
di prora, avvista la scia di un siluro, che evita con la manovra. Il
convoglio vira a sinistra per evitare eventuali attacchi da parte di
sommergibili che si trovino in quella direzione, e l’Ardito viene
distaccata per attaccare il sommergibile, con l’assistenza dello Ju
88; ottenuto un contatto alle 1300 metri, la torpediniera lo bombarda
con due pacchetti di cariche di profondità fino a perdere il
contatto alle 9.35. Probabilmente l’Ardito ha
affondato il sommergibile britannico Turbulent (capitano
di corvetta John Wallace Linton), che era stato inviato a sorvegliare
le acque al largo della Bocca Piccola in seguito alle intercettazioni
di “ULTRA” circa la partenza del convoglio di cui fa parte
l’Orione.
Alle
12.30 gli aerei tedeschi della scorta aerea avvistano quello che
viene identificato come un Bristol Beaufighter, probabilmente un
ricognitore inviato a verificare la partenza del convoglio da Napoli.
7
marzo 1943
Alle
9.15 otto bombardieri britannici, scortati da 14 caccia, attaccano il
convoglio 22 miglia ad est dello scoglio Keith (34 miglia ad
ovest-sudovest di Marettimo). La scorta reagisce con un intenso fuoco
contraereo ed anche i caccia della scorta aerea (in inferiorità
numerica rispetto agli aerei attaccanti) contrattaccano, ma la Ines
Corrado viene colpita
da diverse bombe: carica di 5000 tonnellate di rifornimenti tra cui
benzina, carri armati, autoveicoli ed artiglierie, la motonave
diviene subito preda di un violento incendio, che l’equipaggio non
riesce a contrastare a causa del danneggiamento delle tubolature
antincendio.
Orione,
Ardito e Cascino
sono distaccate per recuperare l’equipaggio e le truppe imbarcate
sulla motonave: i circa duecento uomini presenti sull’Ines
Corrado vengono così
ordinatamente trasbordati sulle tre torpediniere,
mentre Groppo e Cigno proseguono
con i due residui piroscafi, Estier e Balzac.
Ultimi ad abbandonare la motonave, alle 10.30, sono i comandanti
civile e militare, capitano di lungo corso Vasco Pertosi e tenente di
vascello Ivo Vancini. Tutti i feriti vengono riuniti sulla Cascino,
che alle 11.25 dirige per Trapani, porto più vicino, affinché
possano ricevere assistenza medica il più presto possibile; Orione
ed Ardito
rimangono invece vicino all’Ines
Corrado fino al tramonto,
trasbordando i naufraghi illesi sulla nave soccorso Capri
– sopraggiunta da Trapani alle 17 – per poi dirigere esse stesse
verso Trapani, entrandovi durante la notte, seguite a distanza dalla
più lenta nave soccorso.
L’Ines
Corrado colerà a
picco alle tre di notte dell’8, in posizione 37°47' N e 11°23' E.
Nessuno dei tre mercantili del convoglio giungerà a destinazione:
poche ore dopo, il Balzac sarà
affondato da un altro attacco aereo, mentre l’Estier salterà
su un campo minato, al pari della torpediniera di
scorta Ciclone (capitano
di corvetta Luigi Di Paola), uscita da Biserta per andare incontro al
convoglio.
12
marzo 1943
Alle
14.40 (o 14.45) Orione (capitano
di corvetta Luigi Colavolpe) e Cigno (capitano
di corvetta Carlo Maccaferri), salpate da Messina di scorta alla
cisterna militare Sterope,
si aggregano con essa – a nord della città sullo stretto – al
convoglio «D», partito da Napoli alle 00.30 del 12 e diretto a
Tunisi con i piroscafi tedeschi Esterel e Caraibe scortati
dalle torpediniere Sirio (capitano
di corvetta Antonio Cuzzaniti, caposcorta capitano di vascello
Corrado Tagliamonte), Generale
Antonino Cascino (tenente
di vascello Gustavo Galliano) e Pegaso (capitano
di corvetta Mario De Petris) e dalle corvette Cicogna (tenente
di vascello Augusto Migliorini) e Persefone (capitano
di corvetta Oreste Tazzari).
Alle
16.10, al largo di Capo Cefalù, si unisce alla scorta anche la
torpediniera Libra,
proveniente da Palermo, e più tardi i cacciasommergibili VAS
231 e VAS 232.
Già
dal 10 marzo, tuttavia, i comandi britannici – attraverso le
decrittazioni di “ULTRA” – sanno che la Sterope e
la motonave Nicolò
Tommaseo devono
arrivare a Messina alle 20 del 9, provenienti da Brindisi, per poi
unirsi ad Esterel e Caraibe e Manzoni, provenienti
da Napoli e diretti a Messina o Trapani, e fare rotta insieme verso
Tunisi e Biserta, dove giungere nel pomeriggio dell’11. Il 12 marzo
“ULTRA” ha poi appreso del rinvio di 48 ore di tale programma,
con l’arrivo a Messina di Sterope e Tommaseo alle
14 dell’11 anziché la sera del 9; i comandi britannici deducono
correttamente che la prevista riunione in mare avverrà nella
giornata del 12, e pertanto inviano numerosi aerei a cercare il
convoglio.
Lo
trovano alle 20.40: tra quell’ora e le 21.20 il convoglio viene
continuamente sorvolato da aerosiluranti, bersagliati più volte dal
tiro di tutte le navi (per altra fonte, il convoglio sarebbe stato
localizzato per la prima volta alle otto di sera da un velivolo
munito di proiettore «Leigh Light», che avrebbe illuminato le navi
e comunicato l’avvistamento, scatenando alle nove di sera l’attacco
degli aerosiluranti).
Alle
21.25 (o 21.35), dodici miglia ad ovest di Capo Gallo,
la Sterope viene
colpita a prora sinistra da un siluro, sganciato da un Bristol
Beaufort del 39th Squadron
R.A.F. (pilotato dal capitano Stanley Muller-Rowland). Per ordine del
caposcorta, Cascino
e Pegaso sono
distaccate per assistere la petroliera danneggiata, mentre il resto
del convoglio prosegue.
Altri
quattro Beaufort del 39th Squadron
attaccano le navi italiane, senza ottenere ulteriori centri; tre di
essi sono colpiti, uno dei quali (tenente Arnold M. Feast) viene
abbattuto alle 22.15 da Orione
e Persefone,
con quest’ultima che ne recupera i tre superstiti tra cui il
pilota, mentre un quarto uomo è rimasto ucciso (secondo fonti
britanniche questo aereo sarebbe stato abbattuto dieci minuti prima
del siluramento della Sterope,
il che se corretto sarebbe spiegato da una differenza di fuso orario
tra l’ora britannica e quella italiana). Un secondo Beaufort della
stessa squadriglia (sergente William A. Blackmore) viene abbattuto
senza superstiti, mentre il terzo (sergente J. T. “Paddy”
Garland) viene gravemente danneggiato ma riesce a tornare alla base
maltese di Luqa.
Alle
22.19 (o 22.10) il convoglio viene nuovamente attaccato, stavolta dal
sommergibile britannico Thunderbolt (capitano
di corvetta Cecil Bernard Crouch), che silura e danneggia
l’Esterel sei
miglia ad est di Capo San Vito siculo (per altra fonte, due miglia a
nord del Capo). Il Thunderbolt è
partito da Malta il precedente 9 marzo per la sua quindicesima
missione di guerra, la sesta in Mediterraneo, con l’ordine di
pattugliare le acque ad ovest di Marettimo e la costa nordoccidentale
della Sicilia e poi raggiungere Algeri al termine della missione; non
si è mai avuta una formale conferma che sia stato questo battello a
silurare l’Esterel,
non essendo il Thunderbolt mai
rientrato dalla sua missione, ma non avendo alcun altro sommergibile
britannico rivendicato un attacco in circostanze compatibili con
questo siluramento, è pressoché certo che sia stata proprio opera
del Thunderbolt.
Dopo
l’attacco, il convoglio viene raggiunto da due cacciasommergibili,
il VAS 231 ed
il VAS 232,
che danno assistenza all’Esterel per
qualche minuto prima di allontanarsi di nuovo.
Su
ordine del caposcorta, l’Orione e
la Persefone
danno assistenza all’Esterel;
il piroscafo danneggiato viene anch’esso preso a rimorchio (prima
dall’Orione e
successivamente da due rimorchiatori inviati da Trapani, mentre la
Persefone
assicura la scorta) e portato a Trapani.
Dopo
l’attacco, la Libra (capitano
di corvetta Gustavo Lovatelli) riceve ordine dalla Sirio di
attaccare il sommergibile, che riesce a localizzare e bombardare con
sette scariche di bombe di profondità tra le 23.47 e l’1.38 del
15, forse danneggiando il battello nemico, che verrà affondato
l’indomani dalla Cicogna.
13
marzo 1943
Orione,
Persefone
ed Esterel
arrivano a Trapani alle 14.20 (o 14). Nelle ore precedenti, per
ordine superiore (in seguito all’avvistamento da parte di un
ricognitore della Luftwaffe di quattro cacciatorpediniere britannici
al largo di Bona, con rotta nordest ed elevata velocità), sono
entrate in quel porto anche le altre unità del convoglio; alle
22.45 Caraibe e
scorta, ora costituita
da Sirio (caposcorta), Cigno, Libra, Orione, Cascino e Pegaso nonché
dalle VAS 231 e 232 (le
quali precedono il convoglio per effettuare dragaggio nei fondali di
profondità inferiore ai 300 metri), ripartono da Trapani per unirsi,
dieci miglia ad est del banco di Skerki, ad un altro convoglio
formato dalle motonavi Manzoni e Mario Roselli,
provenienti da Olbia
e dirette a Biserta.
14
marzo 1943
All’1.34
aerei avversari iniziano a sorvolare il convoglio, e tra le 2.42 e le
2.44 questi lanciano tre siluri: la Pegaso abbatte
un aereo, ma alle 2.44 il Caraibe viene
colpito da un siluro, il terzo lanciato. Incendiato, il piroscafo
viene scosso da varie esplosioni ed affonda alle 4.35; le unità
della scorta subiscono insistenti attacchi di bombardieri ed
aerosiluranti fino alle quattro del mattino, ma non subiscono
danni. Cascino e
Pegaso
recuperano 63 sopravvissuti del Caraibe (su
un centinaio di uomini presenti a bordo) e dirigono per Trapani.
Le
altre torpediniere ed i due VAS (sempre con funzione di dragaggio)
raggiungono alle 8.15, una settantina di miglia a sudovest di
Trapani, il convoglio formato da Manzoni e Roselli
scortate da Sagittario
(capitano di corvetta Vittorio Barich) e Clio
(capitano di corvetta Carlo Brambilla), col quale giungono a Biserta
alle 16.40 (o 16.59), precedute nell’ultimo tratto della
navigazione da tre dragamine usciti da Biserta per dragare la rotta
del convoglio (per altra versione, anche la Pegaso si
sarebbe riunita alla scorta delle due motonavi nell’ultimo tratto
di navigazione); Orione
e Libra,
poco prima di entrare a Biserta, ricevono ordine di recarsi a Tunisi.
Qui
giunta, già alle 19.30 l’Orione
riparte scortando il piroscafo Fabriano
e la motonave Belluno,
diretti in Italia.
15
marzo 1943
Alle
13.45, all’altezza di Zembra, il convoglio di cui fa parte l’Orione
si congiunge con un altro, partito da Biserta, formato dalla motonave
italiana Caterina Costa,
dalla motonave tedesca Pierre
Claude e dalle torpediniere
Sagittario
e Clio.
Alle 14 l’Orione
assume il ruolo di caposcorta del convoglio unico così formato; poco
dopo giunge in rinforzo alla scorta anche la Pegaso,
uscita da Trapani alle 3.15.
Alle
20.37, una trentina di miglia a sud di Capri, il sommergibile
britannico Trooper (tenente
di vascello John Somerton Wraith) avvista verso est le sagome
oscurate di almeno cinque navi dirette verso Napoli, ed alle 20.46
lancia quattro siluri contro la Belluno
(la seconda sagoma, che sembra una nave piuttosto grande), da una
distanza di circa quattro miglia. Nessuna delle armi va a segno, per
quanto da parte britannica vengano avvertite due esplosioni;
il Trooper s’immerge
e si allontana alle 20.48.
Dalle
21.35 aerei nemici prendono a sorvolare le navi italiane a più
riprese, ma sono sempre respinti dal tiro delle armi di bordo.
16
marzo 1943
Il
convoglio giunge a Napoli tra le 4 e le 7.
30
marzo 1943
Nelle
prime ore della notte Orione
e Pegaso,
in navigazione da Biserta a Trapani nel buio più totale (essendo la
notte senza luna), incrociano le corvette Antilope e Persefone,
in navigazione con rotta opposta, al largo di Favignana. A causa
dell’oscurità e di un errore di manovra, in condizioni di mare
forza 8, la Pegaso sperona
a poppa l’Antilope,
che verso le 2.30 chiede aiuto, via radio, alla Persefone;
quest’ultima, che non aveva notato quanto accaduto, raggiunge
rapidamente il luogo del sinistro e recupera una decina di uomini
caduti in mare, che vengono rifocillati e ricevono indumenti
asciutti. L’Orione
e la danneggiata Pegaso dirigono
per Trapani, scortando Antilope e Persefone,
la prima a rimorchio della seconda. Le quattro navi arrivano in porto
intorno alle 18.
31
marzo 1943
Parte
da Trapani alle due di notte in missione di trasporto a Biserta di
carburante ed altri materiali; raggiunge Biserta alle 17.01.
1°
aprile 1943
L’Orione
e le torpediniere Antares
(caposcorta) e Fortunale lasciano
Biserta a mezzogiorno (per altra versione, alle 13.20) per scortare a
Napoli la motonave Marco
Foscarini.
2
aprile 1943
Il
convoglio giunge a Napoli alle 15.55 (o 17.45).
5
aprile 1943
Alle 3.20
l’Orione (capitano
di corvetta Luigi Colavolpe) parte da Napoli per Biserta insieme alle
torpediniere Pallade (capitano
di corvetta Antonio Giungi), Libra (capitano
di corvetta Gustavo Lovatelli) e Perseo (capitano
di corvetta Saverio Marotta; a bordo anche il comandante superiore in
mare, capitano di fregata Ernesto
Pellegrini), di scorta ad un convoglio formato dai piroscafi
italiani Caserta e Rovereto e
dai tedeschi Carbet e San
Diego.
Alle 16.15 si
uniscono alla scorta anche il vecchio cacciatorpediniere Augusto
Riboty (tenente di
vascello di complemento Nicola Ferrone) e la
torpediniera Clio (capitano
di corvetta Carlo Brambilla), usciti da Messina.
Subito dopo la
partenza, il Caserta subisce
un’avaria al timone, non riparabile in mare, che lo costringe a
tornare in porto.
6
aprile 1943
Alle 2.30
il Carbet,
scortato dal Riboty,
si separa dal convoglio e fa rotta per Trapani, dove giunge alle 9.30
di quel giorno. Le rimanenti sette navi proseguono verso Biserta.
Già
il 5 aprile “ULTRA” ha scoperto, tramite le sue decrittazioni,
che Rovereto, San
Diego e Caserta dovrebbero
giungere a Biserta (i primi due) e Tunisi (il terzo) in breve tempo;
questa informazione, di per sé insufficiente a pianificare un
attacco, viene però arricchita l’indomani da nuove decrittazioni:
i britannici vengono così a sapere che Rovereto, San
Diego e Caserta sono
partiti dal Golfo di Napoli intorno alle tre di notte del 5 aprile, a
dieci nodi di velocità, e che all’1.30 del 6, 15 miglia a
nordovest di Trapani, il Caserta si
dovrebbe separare da loro per raggiungere tale porto, mentre gli
altri due piroscafi dovrebbero raggiungere Biserta alle 15.30 dello
stesso giorno.
La maggior parte del viaggio trascorre senza
intoppi; quando le navi giungono in vista dell’isola di Zembra,
viene avvistata l’anziana torpediniera Enrico
Cosenz (tenente di
vascello Alessandro Senzi), salpata da Biserta e mandata incontro al
convoglio per pilotarlo sulla rotta di sicurezza di Zembra, che il
convoglio ha appena imboccato. Poco dopo l’accostata sulla rotta di
sicurezza, alle 9.25, sopraggiungono 18 bombardieri angloamericani,
che vengono ingaggiati dai caccia della Luftwaffe che costituiscono
la scorta aerea del convoglio. Nel combattimento tra gli aerei, uno
dei velivoli tedeschi viene abbattuto; le navi del convoglio escono
però indenni dalla pioggia di bombe sganciate dagli aerei avversari.
Alle 9.54 la Cosenz raggiunge
il convoglio.
Alle 11.10 l’attacco viene replicato, da parte
di altri 18 bombardieri; la Perseo richiama
ripetutamente sul posto i caccia tedeschi, ma questi non possono
intervenire, perché a loro volta impegnati contro altri aerei nemici
tra Tunisi e Biserta. Anche questo bombardamento viene tuttavia
superato senza danni.
Alle 17.17, al largo di Capo Zebib, ha
inizio il terzo attacco aereo: il convoglio ha appena accostato in
direzione di Biserta – l’ultima accostata da compiere durante la
navigazione – quando vengono avvistati 22 quadrimotori che volano
in formazione a 3000 metri di quota, con rotta perpendicolare a
quella del convoglio. Si tratta di bombardieri statunitensi Boeing B
17, le famose “fortezze volanti”. I sei caccia che formano in
quel momento la scorta aerea tentano di intercettare gli aerei
Alleati, ma invano.
La prima ondata di bombardieri non fa danni,
ma la seconda colpisce sia il Rovereto che
il San Diego:
mentre quest’ultimo viene colpito a prua, con conseguente incendio
a bordo, il Rovereto viene
centrato in pieno dalle bombe e, avendo a bordo anche un notevole
quantitativo di munizioni, salta in aria otto miglia ad est di
Biserta.
La Clio e
la Cosenz recuperano
i pochi naufraghi del Rovereto (le
vittime sono oltre cento), mentre l’Orione riceve
ordine dal caposcorta di andare a Biserta per chiedere mezzi di
salvataggio: vi giunge alle 18.20, e da quel porto escono i
rimorchiatori Tebessa e Gabes,
rispettivamente tedesco e francese, per tentare un rimorchio del San
Diego, assistito intanto da
Libra, Pallade e Perseo.
Tutto inutile: l’incendio si estende rapidamente ed il piroscafo,
abbandonato dall’equipaggio, esplode alle 19.27.
17
aprile 1943
Alle
00.50 l’Orione
salpa da Trapani per scortare a Tunisi il piroscafo tedesco Caserta
ed i trasporti militari KT
11 e KT
21, anch’essi tedeschi.
Alle
sette del mattino la scorta viene rinforzata dalla torpediniera
Libra.
Il
convoglio raggiunge Tunisi alle 15.
20
aprile 1943
Alle
4.30 l’Orione
lascia Tunisi per scortare a Napoli la motonave Belluno.
Alle 7.40 le due navi vengono infruttuosamente attaccate da aerei.
21
aprile 1943
Orione
e Belluno
arrivano a Napoli alle 00.50.
21
maggio 1943
L’Orione
(capitano di corvetta Luigi Colavolpe) salpa da Napoli insieme alla
torpediniera di scorta Groppo,
per scortare a Messina i piroscafi Siena,
Bologna
e Polluce.
Alle
16.55 il sommergibile britannico Unbroken
(tenente di vascello Bruce John Bevis Andrew) avvista il fumo del
convoglio, di cui stima correttamente la composizione come tre
mercantili e due “cacciatorpediniere”, e manovra per avvicinarsi;
alle 17.44, giunto a 3200 metri di distanza, lancia quattro siluri
contro il mercantile più grande, il Bologna,
di cui ha stimato la stazza come 4000 tsl. Subito dopo aver lanciato,
scende a 36 metri di profondità; due minuti e 21 secondi dopo i
lanci il Bologna
viene colpito da un siluro, affondando in pochi minuti ad otto miglia
per 210° da Capo Vaticano, in posizione 38°34' N e 15°44' E. Una
delle due torpediniere provvede al salvataggio dei naufraghi, mentre
l’altra dà la caccia al sommergibile, con lancio di bombe di
profondità a partire dalle 17.53. Le bombe esplodono lontane
dall’Urge,
che dopo essersi allontanato verso nordovest può tornare a quota
periscopica alle 18.34, osservando una delle due torpediniere ferma a
recuperare naufraghi e l’altra ancora impegnata nella caccia.
30
maggio 1943
Dà
infruttuosamente la caccia ad un sommergibile rilevato
all’ecogoniometro.
31
maggio 1943
Riclassificata
torpediniera di scorta.
16
giugno 1943
L’Orione
salpa da Napoli nelle prime ore della notte per scortare a Siracusa
il piroscafo Terni,
carico di rifornimenti per le forze stanziate in Sicilia. Alle 5.18
si uniscono alla scorta le corvette Driade
e Persefone;
l’Orione
mantiene il ruolo di caposcorta, ed ordina alle due corvette di
disporsi sui lati del Terni.
Alle 6.36 arrivano gli aerei della scorta aerea.
Alle
13.45 il piccolo convoglio imbocca lo stretto di Messina.
Alle
19.04 l’Orione
comunica alla Persefone
di aver rilevato due eco sospetti nei punti 37°19'30" N e
15°14'39" E e 34°20' N e 15°15'10" E: ed infatti, nei
paraggi è in agguato il sommergibile britannico Unison
(tenente di vascello Anthony Robert Daniell), che alle 18.22 ha
avvistato il fumo del convoglio su rilevamento 349°, in posizione
37°26' N e 15°15' E, e poco dopo due navi, delle quali sulle prime
non è riuscito a discernere la rotta. Immersosi rapidamente dopo
l’avvistamento, l’Unison
è poi tornato a quota periscopica alle 18.40 ed ha osservato il
Terni
e la sua scorta, identificando l’Orione
(che precede il piroscafo) come un “cacciatorpediniere” e le due
corvette (sui lati del mercantile) come “torpediniere”.
Alle
19.05, in posizione 37°29' N e 15°13' E, l’Unison
lancia quattro siluri contro il Terni
da 915 metri di distanza: una delle armi, o forse anche due,
colpiscono il piroscafo sul lato sinistro, ed alle 19.09 la nave, che
ha a bordo anche un considerevole quantitativo di munizioni, salta in
aria in posizione 37°21'20" N e 15°13' E, a sette miglia per
170° da Capo Molino (due miglia a nord di Catania). L’Orione
ordina alle due corvette di dare la caccia all’Unison
e provvedere al salvataggio dei naufraghi; la caccia, con il lancio
di trenta bombe di profondità – nessuna delle quali esplosa
particolarmente vicina all’Unison
– a partire dalle 19.14, non arrecherà danni al sommergibile (che
invece ha subito danni, sebbene lievi, per effetto della concussione
provocata dall’esplosione del Terni,
che ha scosso violentemente il sommergibile rompendo numerose
lampadine e facendo staccare ruggine e vernice dalle paratie), mentre
dell’equipaggio del Terni
verranno tratti in salvo solo dieci superstiti, uno dei quali
successivamente deceduto.
17
giugno 1943
Alle
15.09 l’Orione
salpa da Milazzo per scortare a Napoli il piroscafo Tivoli.
Qualche
ora dopo la partenza, il piccolo convoglio viene avvistato a sud di
Stromboli (per altra fonte, al largo di Capo Milazzo), da una
distanza di 5600 metri, dal sommergibile polacco
Dzik
(capitano di corvetta Boleslaw Szymon Romanowski).
In quel momento l’Orione
precede il Tivoli
di circa 2000 metri; Romanowski
sovrastima le dimensioni di entrambe le navi, ritenendo che il Tivoli
stazzi circa 4000 tsl (in realtà meno di 1500) e che l’Orione
sia un cacciatorpediniere di squadra.
Alle
19.40, in posizione 38°40' N e 15°16' E, lo Dzik
lancia tre siluri contro il Tivoli
da circa 2700 metri di distanza. Nessuna delle armi va a segno; le
navi italiane avvertono due esplosioni, attribuite a siluri giunti a
fine corsa.
Anche
lo Dzik
avverte le esplosioni, e cinque minuti dopo Romanowski
dà un’occhiata al periscopio e vede “solo
l’albero e la poppa della nave
[mercantile] che
spuntavano fuori dall’acqua”
(doveva avere le traveggole) e l’Orione
in avvicinamento ad alta velocità (per altra fonte Romanowski
avrebbe affermato anche di aver visto la torpediniera intenta al
recupero di naufraghi), pertanto scende in profondità. La
torpediniera inizia il contrattacco un quarto d’ora dopo il lancio
dei siluri; lancia due pacchetti di bombe di profondità (sullo Dzik
vengono contate dodici detonazioni) ma lo stato del mare ostacola la
caccia, e nessuna delle bombe esplode particolarmente vicina al
sommergibile, che rimane indenne e dopo 40 minuti è in grado di
tornare a quota periscopica, osservando l’Orione
che si allontana su rotta 140°. La torpediniera italiana ha
avvertito un’esplosione subacquea, che ha indotto il suo comandante
a ritenere di aver forse affondato il sommergibile.
18
giugno 1943
Orione
e Tivoli
giungono a Napoli alle 19.13.
6
luglio 1943
L’Orione
scorta il sommergibile Volframio
(tenente di vascello Giovanni Manunta) durante il trasferimento da
Portoferraio, da dove parte alle 14.37, a La Spezia, dove arriva alle
22.21.
8
settembre 1943
L’annuncio
dell’armistizio tra l’Italia e gli Alleati sorprende l’Orione
(capitano di corvetta Emanuele Bertetti) a La Spezia.
Come
il resto della flotta da battaglia stanziata nella base ligure, la
nave, nei giorni precedenti, ha caricato carburante e munizioni per
quella che si pensa sarà l’ultima battaglia: gira notizia
dell’avvistamento di una flotta angloamericana di ben 450 navi,
diretta verso le coste della Campania;
gli Alleati stanno per sbarcare a Salerno, e la squadra da battaglia,
dopo mesi di immobilità nella base di La Spezia, si prepara a
salpare per contrastare la flotta d’invasione in un ultimo scontro
dall’esito tristemente scontato.
In
mattinata, in seguito all’avvistamento alle 7.30 di forze navali
nemiche dirette verso il golfo di Salerno (è la flotta d’invasione
Alleata incaricata dell’esecuzione dell’operazione "Avalanche"),
Supermarina ha ordinato l’approntamento della flotta da battaglia,
di stanza a Genova e La Spezia, per uscire in mare a contrastare
l’invasione (l’ordine di Supermarina, trasmesso alle dieci, è
“Accendere e passare agli
ormeggi in rada pronti in due ore con tutte unità (alt)”);
successivamente, a mezzogiorno, ha ordinato al Comando delle Forze
Navali da Battaglia di aggregare alla flotta l’Orione
ed altre cinque torpediniere (Orsa,
Ardimentoso,
Pegaso
ed Impetuoso,
più la Libra
che si trova però a Genova), inquadrate in un’unica squadriglia al
comando del capitano di fregata Riccardo Imperiali (imbarcato sulla
Pegaso),
per incrementare la scorta avanzata alle grandi unità della flotta o
per recuperare gli equipaggi in caso di autoaffondamento delle navi
maggiori.
Intorno
alle 18 il comandante della squadra da battaglia, ammiraglio Carlo
Bergamini, convoca il capitano di fregata Imperiali e gli altri
comandanti dipendenti sulla sua nave ammiraglia Roma.
Il giorno precedente, Bergamini ha partecipato a Roma,
presso il quartier generale della Marina, ad una riunione indetta dal
Ministro della Marina nonché capo di Stato Maggiore della forza
armata, ammiraglio Raffaele De Courten. Durante tale riunione, cui
hanno partecipato in tutto dieci ammiragli che detengono le posizioni
chiave all’interno della Marina, De Courten ha disposto che
naviglio ed installazioni a terra vengano posti in stato di difesa,
la sorveglianza venga rafforzata ovunque, ci si prepari a reagire ad
eventuali atti di ostilità da parte tedesca (tenendosi pronti ad
impedire l’occupazione di installazioni militari e la cattura di
navi da parte tedesca, ad interrompere i collegamenti delle forze
tedesche, ad eliminare reparti e navi tedesche che compissero atti
ostili) ed a far partire le navi in condizioni di efficienza per
Sardegna, Corsica, Elba, Sebenico e Cattaro, nonché ad autoaffondare
le navi non in grado di muovere; in caso di attacco tedesco, i
prigionieri Alleati dovranno essere liberati, ed in caso di attacco
tedesco si dovranno considerare come nemici i velivoli tedeschi che
sorvoleranno le navi italiane, mentre non si dovrà aprire il fuoco
contro quelli Alleati. Tutte questi provvedimenti verranno presi in
seguito a ricezione di un ordine convenzionale inviato da
Supermarina, oppure dai Comandi in Capo nel caso di un attacco da
parte tedesca. De Courten non ha rivelato ai presenti che sono in
corso le trattative per un armistizio tra l’Italia e gli Alleati
(anzi già conclusesi il 3 settembre con la firma dell’armistizio,
che però non è stata ancora resa nota), ma ai più non è sfuggito
il significato di quelle istruzioni.
Un
altro ordine dato nel corso della riunione è stato quello di
rifornire al completo le navi in grado di partire con provviste,
acqua e nafta; quest’ordine, eseguito nel pomeriggio dell’8
settembre, desta non pochi dubbi, dato che i marinai non capiscono
come mai, se la flotta deve partire a breve per l’ultima battaglia
nel Basso Tirreno, si imbarchino rifornimenti che sembrano destinati
ad una lunga navigazione.
Agli
ammiragli e comandanti riuniti sulla Roma,
Bergamini annuncia che non potrà riferire tutto quello che De
Courten gli ha detto, ma che sono imminenti gravissime decisioni da
parte del governo, e che solo la Marina, tra le forze armate
italiane, si può ritenere ancora integra ed ordinata.
Qualsiasi
cosa dovesse accadere, fa presente Bergamini, nessuna nave dovrà
cadere in mano straniera, né britannica né tedesca; piuttosto,
verrà trasmesso il messaggio in codice «Raccomando massimo riserbo»
ricevuto il quale le navi si dovranno autoaffondare. Qualora il
comando centrale fosse impossibilitato a trasmettere tale messaggio,
i comandanti dovranno agire di propria iniziativa, in relazione alla
situazione che si dovesse presentare, ricordando la direttiva di non
consegnare nessuna nave in mani straniere. Nel caso di un
autoaffondamento, questo dovrà avvenire per quanto possibile in
acque profonde, ma a distanza dalla costa tale da permettere agli
equipaggi di mettersi in salvo (per ordine del re, gli uomini non
devono sacrificarsi); se ciò non sarà possibile, le navi si
dovranno autodistruggere.
In
caso di ricezione del telegramma convenzionale «Attuare
misure ordine pubblico Promemoria n. 1 Comando Supremo»,
si dovrà procedere alla cattura del personale tedesco presente a
bordo per i collegamenti ed attuare l’allarme speciale, cioè
preparare le navi a respingere qualsiasi colpo di mano proveniente
dall’esterno.
Sempre
durante questa riunione, l’ammiraglio Bergamini ordina al capitano
di fregata Imperiali di assumere il comando di un Gruppo Torpediniere
formato da Orsa,
Orione,
Pegaso,
Impetuoso
e Ardimentoso,
di considerarsi da quel momento alle sue dipendenze, e di tenersi
pronto a prendere il mare insieme alla squadra da battaglia. Compito
del Gruppo Torpediniere sarà di svolgere esplorazione avanzata
durante la navigazione, e di recuperare gli equipaggi se le navi
saranno costrette ad autoaffondarsi. Bergamini spiega che la flotta
potrebbe salpare da un momento all’altro, e che gli obiettivi
potrebbero essere tre, radicalmente differenti: andare incontro alla
flotta britannica che deve appoggiare lo sbarco, presumibilmente nel
Golfo di Salerno, ed ingaggiarla in battaglia; raggiungere La
Maddalena per sottrarsi ad eventuali azioni ostili da parte tedesca;
oppure autoaffondarsi. Terminata la riunione, il capitano di fregata
Imperiali convoca immediatamente sulla Pegaso
i comandanti delle unità dipendenti, ossia i capitani di corvetta
Bertetti dell’Orione,
Giuseppe Cigala Fulgosi dell’Impetuoso
e Gino Del Pin dell’Orsa,
mentre i comandanti della Libra e
dell’Ardimentoso,
capitani di corvetta Nicola Riccardi e Domenica Ravera, non possono
partecipare alla riunione perché la prima si trova in mare e la
seconda in manutenzione nell’Arsenale di La Spezia. Dopo aver
concordato un piano per la navigazione, i comandanti tornano alle
rispettive mansioni; ma poco più tardi, alle otto di sera, la radio
dà l’annuncio dell’armistizio tra l’Italia e gli Alleati.
Alle
22 l’ammiraglio Bergamini, dopo una telefonata da parte
dell’ammiraglio De Courten, convoca di nuovo gli ammiragli e
comandanti dipendenti e dice loro che il personale tedesco presente
sulle navi è stato sbarcato, conferma le disposizioni date quattro
ore prima e dice di non sapere se alla squadra da battaglia verrà
ordinato di restare in porto oppure di trasferirsi in Sardegna od in
altra località; gli ordini a questo proposito, dice, saranno stati
probabilmente impartiti dopo un colloquio tra l’ammiraglio De
Courten ed il maresciallo Badoglio, che deve svolgersi proprio in
quei momenti. Il mattino seguente verranno impartiti nuovi ordini.
Alle
23.45 Supermarina ordina all’ammiraglio Bergamini di salpare per La
Maddalena.
9
settembre 1943
Alle
00.21 l’ammiraglio Bergamini ordina a tutte le unità della squadra
"Attivate. Passate
pronti a muovere".
Alle
00.52 il Comando Forze Navali da Battaglia ordina ad Orione,
Orsa,
Pegaso,
Impetuoso
e Ardimentoso
"Partire ore 02.00
giorno 9 V.22 per ancoraggio. Lat.42°.36'N Long.80°.19'E. A Isola
Asinara". Le forze
tedesche hanno dato il via all’operazione "Achse" per
l’eliminazione delle forze armate italiane e l’occupazione del
territorio italiano, e Supermarina ha ordinato alla squadra da
battaglia di lasciare La Spezia per sottrarsi alla cattura.
Le
torpediniere sono le prime unità della squadra a lasciare La Spezia,
alle due di notte: per prima la capogruppo Pegaso,
seguita da Impetuoso, Orsa ed Orione (l’Ardimentoso,
trovandosi in Arsenale, non può invece partire con le altre: salperà
per proprio conto, alcune ore dopo, raggiungendo Portoferraio). Rotta
su La Maddalena, passando a ponente della Corsica.
Le
tre moderne corazzate dell’ammiraglio Bergamini, Roma, Italia (nave
di bandiera dell’ammiraglio di divisione Enrico Accorretti,
comandante della IX Divisione) e Vittorio
Veneto, lasciano La Spezia
un’ora più tardi, insieme agli incrociatori
leggeri Raimondo Montecuccoli, Attilio
Regolo ed Eugenio
di Savoia (VII
Divisione Navale, al comando dell’ammiraglio di divisione Romeo
Oliva, con bandiera sull’Eugenio
di Savoia), nonché ai
cacciatorpediniere Mitragliere (caposquadriglia,
capitano di vascello Giuseppe
Marini), Fuciliere, Carabiniere e Velite della
XII Squadriglia ed Artigliere, Alfredo
Oriani, Legionario (caposquadriglia,
capitano di vascello Amleto Baldo) e Grecale della
XIV Squadriglia; la flotta assume rotta 218° e velocità 24 nodi.
Più o meno nello stesso momento, salpano da Genova anche la Libra ed
i tre incrociatori leggeri dell’VIII Divisione (Luigi
di Savoia Duca
degli Abruzzi, Giuseppe
Garibaldi ed Emanuele
Filiberto Duca d'Aosta), al
comando dell’ammiraglio di divisione Luigi Biancheri.
La
destinazione per tutte le navi è la base di La Maddalena, in
Sardegna, dove la flotta deve inizialmente trasferirsi (come De
Courten ha spiegato a Bergamini la sera prima, ordine poi
ufficializzato da un fonogramma di Supermarina delle 23.45) per poi
ricevere ulteriori istruzioni sul da farsi: nella base sarda,
l’ammiraglio Bruno Brivonesi dovrà consegnare all’ammiraglio
Bergamini i documenti relativi all’armistizio (i cui dettagli non
sono noti a Bergamini) e gli ordini conseguenti. Inizialmente, è
stato previsto anche che il re ed il governo si dovranno trasferire
da Roma
a La Maddalena (così ha detto a De Courten, il 6 settembre, il capo
di Stato Maggiore generale, generale Vittorio Ambrosio), ma poi gli
eventi prenderanno una piega differente.
Alle
due di notte l’ammiraglio Bergamini ha diramato un telecifrato con
i dettagli di trasferimento e di navigazione: "DA
COMANDO IN CAPO FF.NN. – 15749 TABELLA ASTI – Previsione partenza
Forza Navale da La Spezia 030009 velocità 24 punto 42°36’
latitudine 8°19’ longitudine; 41°09’ latitudine 8°19’
longitudine (alt) Arrivo La Maddalena ore 1430 (alt) Ore 060009
riunione con 8a Divisione et torpediniera Libra (alt) Torpediniere
Pegaso Torpediniera Impetuoso Torpediniera Orsa Torpediniera Orione
precedono Forza Navale scorta avanzata (alt) 020009".
Il mare è calmo, ben illuminato dalla luna.
I gruppi partiti da
Genova e La Spezia si riuniscono alle 6.15 (o 6.30) a nord di Capo
Corso, per poi proseguire in un unico gruppo verso sud lungo una
rotta che passa ad ovest della Corsica, procedendo a 22 nodi e
tenendosi ad una quarantina di miglia (per altra fonte, ad una
ventina) dalla costa corsa.
Dopo la riunione, la Libra si
aggrega temporaneamente alla XIV Squadriglia Cacciatorpediniere,
mentre la VII e la VIII Divisione si scambiano Regolo e Duca
d'Aosta per ottenere
una maggiore omogeneità delle due formazioni. Le navi della squadra
si dispongono su cinque colonne.
Il
Gruppo Torpediniere precede la flotta di alcune miglia, oltre
l’orizzonte; la Libra
procede in testa alla squadra seguita dagli incrociatori, che
procedono su due colonne parallele, con i cacciatorpediniere sui
fianchi. Le corazzate sono per ultime, in posizione centrale rispetto
alle colonne degli incrociatori.
Alle
6.30 Supermarina trasmette a tutte le unità un breve messaggio
dell’ammiraglio De Courten: "Supermarina
18475: Truppe tedesche marciano su Roma (alt) Fra poco Supermarina
potrà non poter comunicare (alt) Per ordine del Re eseguite
lealmente clausole armistizio (alt) Con questa leale esecuzione la
Marina renderà altissimo servizio al Paese".
Alla stessa ora l’ammiraglio Bergamini ordina "Da
CC.FF.NN.BB. a tutti: Disponetevi secondo dispositivo di marcia G.E.
12, 5a colonna",
e la squadra si dispone con la Libra in
avanguardia ravvicinata seguita dalla IX Divisione in posizione
centrale, la VII Divisione a proravia sinistra di quest’ultima e
con la XII Squadriglia sul lato esterno e l’VIII Divisione a
proravia dritta della IX Divisione e con la XIV Squadriglia sul lato
esterno. Rotta 220°, la velocità viene portata a 22 nodi.
Alle
8.40 le navi di Bergamini avvistano di prua le torpediniere del
gruppo Imperiali, che si mantengono in avanguardia lontana come
scorta avanzata. Già alle 4.13 l’ammiraglio Bergamini ha
comunicato a tutte le unità «Attenzione
agli aerosiluranti all’alba»,
ed alle 7.07 ribadisce «Massima
attenzione attacchi aerei».
In testa alla formazione procede la Libra,
seguita dalle due divisioni di incrociatori che navigano su due
colonne parallele, con Duca
degli Abruzzi, Garibaldi e Regolo a
dritta ed Eugenio, Duca
d'Aosta e Montecuccoli a
sinistra; le tre corazzate procedono in linea di fila a poppavia
degli incrociatori. La XIV Squadriglia Cacciatorpediniere è in
posizione di scorta laterale sulla dritta della formazione, in linea
di fila, mentre la XII Squadriglia ha analoga posizione sul lato
opposto.
Alle nove del mattino le navi, arrivate nel punto di
atterraggio previsto per fare rotta verso il Golfo dell’Asinara,
accostano a sinistra, riducono la velocità a 20 nodi ed assumono
rotta 180° (verso sud), procedendo a zig zag.
I movimenti della
squadra italiana non sono passati inosservati; le navi italiane
vengono avvistate e seguite da alcuni ricognitori britannici (il
primo, alle 9.45, è un Martin Marauder, che dopo l’avvistamento
prende a girare intorno alla flotta) ed alle 9.41 sono localizzate
anche da un ricognitore della Luftwaffe, uno Junkers Ju 88, che
allerta immediatamente il proprio comando, informandolo della rotta e
composizione della squadra italiana.
Alle 10.29 viene avvistato
un altro aereo, anch’esso tedesco, con conseguente allarme aereo;
la velocità della squadra viene portata a 27 nodi, ed anche le
torpediniere si ricongiungono con il resto della squadra,
dispiegandosi in formazione di battaglia. Temendo un prossimo attacco
aereo, che avverrebbe senza la minima copertura aerea nazionale, le
navi iniziano a zigzagare. Alle 10.46 viene avvistato un terzo aereo,
identificato come Alleato, e viene dato ancora l’allarme aereo;
alle 10.56 viene avvistato un ulteriore ricognitore, riconosciuto
come britannico. Alle 11, dato che alcune navi hanno aperto il fuoco
col proprio armamento contraereo, l’ammiraglio Bergamini ordina a
tutte le unità di non aprire il fuoco contro aerei riconosciuti come
britannici o statunitensi.
In tutto, tra le 9.45 e le 10.56,
sono quattro gli allarmi aerei causati dall’avvistamento di
ricognitori che si tengono fuori tiro; l’ultimo allarme aereo cessa
alle 11, quando viene accertato che gli aerei avvistati sono
britannici. Alle 11.24 Supermarina comunica a tutte le unità in mare
“PAPA n. 85982 – Non
eseguite eventuali ordini dirottamento se nel testo non figura la
parola convenzionale Milano alt Per alti Comandi verranno dati ordini
a parte 092609”.
A
mezzogiorno, ormai in prossimità delle coste della Sardegna,
l’ammiraglio Bergamini ordina alla Libra di
unirsi alle torpediniere del Gruppo Pegaso,
ed a quest’ultimo di passare in scorta ravvicinata; alle 12.04
ordina di assumere il dispositivo di marcia GE11, ossia una
formazione in linea di fila con il Gruppo torpediniere in testa,
seguito nell’ordine dalla VII, VIII e IX Divisione, con i
cacciatorpediniere in scorta ravvicinata sui lati. Viene cessato lo
zigzagamento. Alle 12.05 la squadra italiana, giunta nei pressi
dell’imboccatura occidentale delle Bocche di Bonifacio, aggira
un’ampia zona di mare minata (al largo di Golfo di Porto, in
Corsica) per poi raggiungere La Maddalena. Alle 12.10, avvistata
l’Asinara, la formazione accosta di 45° a sinistra per imboccare
la rotta di sicurezza verso l’ingresso occidentale dell’estuario
della Maddalena; le due squadriglie di cacciatorpediniere vengono
disposte di poppa alle navi maggiori, con la XIV Squadriglia in coda
alla formazione (a poppavia della XII Squadriglia), mentre la
direzione della navigazione passa all’Eugenio
di Savoia. L’ordine della
linea di fila è Gruppo torpediniere-Eugenio-Duca
d'Aosta-Montecuccoli-Duca
degli Abruzzi-Garibaldi-Regolo-Roma-Italia-Vittorio
Veneto-Mitragliere-Fuciliere-Carabiniere-Velite-Legionario-Oriani-Artigliere-Grecale.
Le
torpediniere – data la loro maggiore agilità, che meglio consente
loro di passare tra i campi minati – sono tornate in testa alla
formazione, e sono prossime a giungere a destinazione, quando vengono
avvistati da bordo numerosi incendi sulla vicina costa della
Sardegna. Poco dopo (secondo una fonte, alle 13.30, ma le 12.30
sembrano un orario più verosimile) il semaforo di Capo Testa inizia
ad eseguire una sequenza di segnali luminosi, comunicando in codice
morse che il presidio della Maddalena sta per essere sopraffatto
dalle forze tedesche, che hanno attaccato gli ex alleati, e
dissuadendo le navi italiane dall’entrare a La Maddalena ("Fermate!
I tedeschi hanno occupato la base!").
Il comandante del Gruppo Torpediniere, capitano di fregata Riccardo
Imperiali sulla Pegaso,
decide allora di invertire la rotta d’iniziativa. Mentre comunica
la notizia all’ammiraglio Bergamini, vede che il resto della
flotta, a dieci miglia di distanza, sta a sua volta invertendo la
rotta.
Ciò che è successo è che il generale Carl Hans
Lungerhausen, comandante della 90a Divisione
tedesca di stanza in Sardegna, ha concordato con il comandante
militare dell’isola, generale Antonio Basso, la pacifica
evacuazione delle sue truppe (32.000 uomini) verso la Corsica,
attraverso il porto di La Maddalena, ed il capitano di fregata Helmut
Hunäus, sottoposto di Lungerhausen ed ufficiale di collegamento
tedesco presso Marisardegna (questo ufficiale viene sovente
menzionato erroneamente dalle fonti italiane come “colonnello
Uneus”), ha a sua volta preso accordi con l’ammiraglio Bruno
Brivonesi, comandante militare marittimo della Sardegna, affinché il
passaggio delle truppe tedesche attraverso La Maddalena avvenga senza
atti di ostilità (ed in questo senso, d’altro canto, andavano gli
ordini impartiti dal generale Basso all’ammiraglio Brivonesi); ma
alle 11.25 di quel 9 settembre Hunäus ha tradito l’accordo preso,
attuando un colpo di mano con le sue truppe ed assumendo così il
controllo di diverse posizioni chiave all’interno del perimetro
della base. Le truppe tedesche hanno circondato anche il Comando
Marina di La Maddalena; l’ammiraglio Brivonesi, prima di essere
catturato, ha però fatto in tempo ad avvertire Supermarina di quanto
sta accadendo, ed alle 13.16 Supermarina ne informa a sua volta
Bergamini, ordinandogli di fare rotta per Bona, in Algeria (messaggio
ricevuto sulla Roma alle
14.24). Bergamini ordina al Gruppo torpediniere di seguire la squadra
da battaglia sulla nuova rotta.
Alle 13.21 viene avvistato un
altro aereo, riconosciuto per tedesco, e viene dato l’allarme
aereo; le navi accostano a sinistra per 120°.
Alle 13.29, per
attraversare in sicurezza una zona di campi minati, viene assunta una
formazione in linea di fila con in testa il Gruppo torpediniere
seguito, nell’ordine, dalla Libra,
dalla VII, VIII e IX Divisione e dalla XII e XIV Squadriglia
Cacciatorpediniere. La velocità viene ridotta a 20 nodi, e la
squadra accosta a sinista, assumendo rotta 110°.
Secondo il
volume dell’USMM relativo agli eventi seguiti all’armistizio,
alle 13.16 Supermarina, saputo verso le 13 dell’occupazione di La
Maddalena, ordina alla squadra di Bergamini di cambiare rotta e
dirigere per Bona; tale messaggio viene ricevuto sulla Roma alle
14.24 (secondo altra fonte, alle 14.37), ed alle 14.45 la formazione
inverte la rotta ad un tempo di 180° sulla sinistra (accostata
eseguita alla velocità di 24 nodi), puntando in direzione
dell’Asinara, finendo con l’invertire l’ordine di marcia
precedentemente assunto: ora la XIV Squadriglia Cacciatorpediniere è
finita in testa, seguita nell’ordine dalla XII Squadriglia,
dalla Libra,
dalla IX Divisione, dall’VIII Divisione e dalla VII Divisione, con
le navi ammiraglie o caposquadriglia che procedono in coda alle
rispettive Divisioni e Squadriglie
(ordine: Grecale, Artigliere, Oriani, Legionario, Velite, Carabiniere, Fuciliere, Mitragliere, Libra,
Vittorio
Veneto, Italia, Roma, Regolo, Garibaldi, Duca
degli Abruzzi, Montecuccoli, Duca
d'Aosta, Eugenio).
In coda alla formazione è il Gruppo Torpediniere.
Alle 13.30
viene assunta rotta 65°, per dirigere verso le Bocche di Bonifacio;
alle 14.41 l’ammiraglio Bergamini ordina per ultracorte a tutte le
unità dipendenti "Accostate
ad un tempo di 180° a sinistra",
in modo da ridurre il raggio di evoluzione delle navi ed evitare così
di finire sui campi minati. Alle 14.46 il Comando Forze Navali da
Battaglia ordina di ridurre la velocità a 18 nodi ed assumere rotta
285°, la rotta di sicurezza che dovrà condurre le navi fuori dal
Golfo dell’Asinara, dove poi accosteranno verso sud per raggiungere
Bona.
Un ricognitore tedesco, tuttavia, osserva la squadra
italiana durante la manovra d’inversione della rotta; apprezzati i
dati relativi alla nuova rotta e velocità, alle 14.47 li riferisce
al Comando della II. Luftflotte, retto dal feldmaresciallo Von
Richtofen. Quest’ultimo, avuta così la certezza che la flotta
italiana sia ora diretta in un porto Alleato, ordina al
Kampfgeschwader 100 (100° Stormo da Bombardamento) di inviare i
bombardieri ad attaccarla: dall’aeroporto di Istres (nei pressi di
Marsiglia), pertanto, decollano in tre ondate 28 bombardieri bimotori
Dornier Do 217K, undici dei quali appartenenti al 2° Gruppo del
Kampfgeschwader 100 (sono stati trasferiti da Cognac e li comanda il
capitano Franz Hollweck) e 17 al 3° Gruppo del Kampfgeschwader 100
(maggiore Bernhard Jope), un reparto specializzato nel bombardamento
antinave. (Per altra fonte, l’avvistamento da parte del ricognitore
tedesco sarebbe avvenuto alle 13.23, ed i bombardieri sarebbero
decollati alle 14).
Intanto, la flotta di Bergamini si sta
dirigendo a nord dell’Asinara; all’ammiraglio giungono le
drammatiche notizie degli scontri in corso in tutti i porti italiani,
che si concludono invariabilmente con la loro caduta in mano tedesca.
Di tornare in Italia, ormai, non c’è più la possibilità: non
rimane altro da fare che dirigere su Bona, come ordinato.
Proprio
in questi confusi e critici momenti, alle 15.15 (quando la flotta si
trova 14 miglia a sudovest di Capo Testa, a ponente delle Bocche di
Bonifacio), si verifica un nuovo allarme aereo, con l’avvistamento
verso ponente di un gruppo di aerei che si avvicinano: dopo un minuto
questi vengono identificati dalle navi come “Junkers” tedeschi, e
la Roma alza
a riva il segnale "Posto
di combattimento pronti ad aprire il fuoco".
Gli
aerei avvistati non sono Junkers, bensì gli undici Dornier Do 217 K2
del III. Gruppe del Kampfgeschwader 100, decollati da Istres ed
armati con innovative bombe plananti radioguidate FX 1400, meglio
note come “Fritz X”, precorritrici dei moderni missili antinave
radiocomandati. Un’arma rivoluzionaria, che vede qui uno dei suoi
primi impieghi in combattimento: a differenza delle normali bombe “a
caduta”, questi ordigni possono essere sganciati da un’angolazione
di oltre 80 gradi rispetto all’obiettivo (quelle normali non
possono essere invece sganciate da un’angolazione superiore ai 60
gradi), e poi guidati a distanza da un operatore che si trova
sull’aereo che li ha sganciati, mediante impulsi radio; la loro
velocità di caduta è di 300 metri al secondo, molto superiore
rispetto alle bombe “tradizionali”.
Alle 15.37 i primi
cinque Do 217K (guidati dal maggiore Bernhard Jope), volando a
5000-6000 metri di quota, hanno già oltrepassato il punto di angolo
massimo previsto per lo sgancio di bombe a caduta (60 gradi, come
sopra detto: a bordo si ignora l’esistenza delle “Fritz X”)
senza aver sganciato alcunché: sulle navi italiane, pertanto, si
pensa che ormai i bombardieri siano in allontanamento, dato che non
possono più sganciare bombe con un angolo tanto elevato. Non avendo
gli aerei manifestato “definite
azioni ostili”, non è
possibile aprire preventivamente il fuoco contraereo, nell’incertezza
sulle intenzioni degli ex alleati.
Pochi attimi dopo, però, gli
aerei iniziano a sganciare le loro bombe, mirando soprattutto a
colpire le corazzate. La codetta luminosa della prima bomba viene
inizialmente scambiata per un segnale di riconoscimento, ma subito
dopo si comprende che è invece una bomba; viene allora ordinata
l’apertura del fuoco. Alle 15.36 la prima FX-1400, mancato il
bersaglio, cade in mare vicino alla poppa dell’Italia, sollevando
un’immensa colonna d’acqua e mettendone momentaneamente fuori uso
il timone.
Subito la formazione si dirada, manovrando in modo da
ostacolare la punteria dei bombardieri, e viene aperto il fuoco con
tutte le armi a disposizione, alla massima elevazione; le
torpediniere si avvicinano al grosso della squadra facendo fuoco con
le mitragliere, e manovrando in modo tale da proteggere le navi
maggiori col loro tiro di sbarramento senza però intralciarne le
evoluzioni. Orione,
Ardimentoso
e Libra,
rimaste in coda alla formazione, perdono progressivamente il contatto
con Pegaso,
Orsa
ed Impetuoso;
l’unità caposquadriglia, avendo la radio ad ultracorte in avaria e
potendo quindi comunicare soltanto a mezzo radiosegnalatore, fatica a
comunicare con le unità dipendenti, ed Orione
e Libra
rimangono indietro per “irregolare funzionamento dell’apparato
motore”, fino a perdere il contatto con le altre unità.
Il
pur violento fuoco contraereo delle navi italiane risulta inutile,
dato che gli aerei sganciano le loro bombe tenendosi fuori tiro, a
quota troppo elevata per le armi contraeree delle navi italiane.
Alle
15.42 (o 15.50) la Roma,
nave ammiraglia di Bergamini, viene colpita da una prima bomba:
l’ordigno la raggiunge a poppavia dritta, trapassandone lo scafo ed
esplodendo sotto di esso, aprendo una falla che causa l’allagamento
delle motrici poppiere. Ciò riduce la velocità e manovrabilità
della corazzata, che dieci minuti dopo viene centrata da una seconda
bomba, questa volta a proravia sinistra: nell’esplosione sono
coinvolti i depositi munizioni delle torri prodiere da 381 mm, che
erompono in una catastrofica deflagrazione, proiettando in aria la
torre numero 2 da 381 ed investendo il torrione prodiero con
un’enorme fiammata che uccide l’ammiraglio Bergamini e tutto il
suo stato maggiore. Nel giro di meno di venti minuti, la Roma si
capovolge, si spezza in due ed affonda, portando con sé 1393 dei
2021 uomini dell’equipaggio.
In seguito alla morte
dell’ammiraglio Bergamini, il comando della squadra passa
all’ammiraglio Oliva, comandante della VII Divisione, essendo
questi il più anziano tra i tre ammiragli di divisione (Oliva,
Biancheri, Accorretti): questi comunica di aver assunto il comando
alle 16.12. Già tre minuti prima, alle 16.09, Oliva ha preso
l’iniziativa di distaccare il Regolo,
la XII Squadriglia Cacciatorpediniere e le torpediniere del gruppo
"Pegaso"
per il salvataggio dei naufraghi della Roma.
Tutte queste unità, ad eccezione dell’Orione e
del Velite,
rimasti con la squadra, non si riuniranno più al resto della
formazione: dopo aver recuperato i naufraghi, infatti, raggiungeranno
le Baleari, dove saranno internate dalle autorità spagnole (o, nel
caso di Pegaso
ed Impetuoso,
si autoaffonderanno per evitare l’internamento). Nella baraonda
seguita all’affondamento della Roma,
però, l’Orione
e la Libra
hanno perso il contatto con le altre torpediniere, a causa dei
problemi della radio ad ultracorte della Pegaso:
proseguiranno per conto proprio, senza partecipare al salvataggio dei
naufraghi, tentando di riunirsi al grosso della flotta.
Alle
16.20 Oliva contatta Supermarina dando notizia dell’affondamento
della Roma e
dell’assunzione del comando da parte sua, e chiedendo istruzioni:
messaggio che tuttavia potrà essere trasmesso soltanto alle 17, a
causa del sovraccarico dei canali radio. Nel mentre, alle 16.49,
l’ammiraglio Biancheri, il più riluttante a portare le navi in un
porto Alleato, contatta Oliva proponendogli di rientrare a La Spezia;
Oliva respinge tuttavia la proposta, invitando il collega ad
attenersi agli ordini del re.
Nel mentre, la Luftwaffe torna
ripetutamente all’attacco, non paga del successo già conseguito:
un nuovo attacco aereo ha luogo alle 16.29, quando anche l’Italia
viene colpita a prua da una FX 1400, ma nel suo caso la bomba,
trapassato lo scafo, esplode in mare limitandosi ad aprire una falla;
la corazzata imbarca ottocento tonnellate d’acqua, ma è in grado
di proseguire alla velocità di 24 nodi.
Ulteriori attacchi
tedeschi hanno luogo alle 18, alle 18.34 ed alle 19.10, tutti accolti
dalla vivace reazione contraerea delle navi e tutti senza successo,
grazie anche alle continue evoluzioni eseguite dalle navi della
squadra per confondere la mira dei bombardieri.
Durante uno di
questi attacchi gli aerei tedeschi abbattono un ricognitore
britannico che seguiva la formazione italiana: il suo equipaggio è
tratto in salvo dal Legionario.
Alle
18.40 l’ammiraglio Oliva riceve conferma dell’ordine di
raggiungere Bona; per disorientare eventuali ricognitori tedeschi,
tuttavia, il nuovo comandante della squadra navale decide di
continuare la navigazione verso ovest fino alle 21, quando ormai è
calata l’oscurità, accostando verso sud (verso Bona) soltanto a
quel punto. Alle 20.15 (con messaggio trasmesso alle 20.30) Oliva
comunica questa decisione a Supermarina, fornendo altresì maggiori
dettagli sull’affondamento della Roma,
sul danneggiamento dell’Italia e sulla decisione di distaccare
parte delle unità per il salvataggio dei naufraghi (e
sull’impossibilità di contattarle); chiede infine di poter inviare
i cacciatorpediniere rimasti a Bona e di raggiungere Algeri con le
navi maggiori. Dal canto suo Supermarina, alle 20.25, ha diramato un
messaggio circolare cifrato volto ad informare tutte le unità della
situazione generale: «Supermarina
47570 – Situazione ore 19 alt Forza Navale da battaglia ore 17 in
lat. 41°17’ long. 08°22’ rotta ponente dirette Bona semialt
corazzata Roma colpita da bombe velivoli inglesi [informazione,
quest’ultima, errata] est
affondata ore 16.30 semialt corazzata Italia colpita non gravemente
alt 5a Divisione partita da Taranto per Malta ore 17 alt Piroscafi
Vulcania et Saturnia con torp. Audace su cui est Altezza Reale in
partenza da Venezia alt Risultano parzialmente occupate da tedeschi
Genova Livorno Civitavecchia Comando Marina La Maddalena Trieste alt
Mancano notizie La Spezia alt Conflitto a Bari alt Truppe germaniche
stanno avvicinandosi a Roma alt Unità germaniche attaccano
sistematicamente nostre unità alt Amm. Martinengo deceduto in azione
tra due vedette antisom et motosiluranti tedesche presso Gorgona alt
Chiesto notizie ammiraglio Bergamini alt Milano [parola
convenzionale inserita nel messaggio per confermare che provenisse
realmente da Supermarina] alt
192609».
Alle
21.07 la squadra navale accosta a 23 nodi per rotta 168° verso Bona:
ormai la compongono esclusivamente la VII, VIII ed IX Divisione
(queste ultime due, private rispettivamente di Regolo e Roma),
la XIV Squadriglia Cacciatorpediniere ed il Velite.
10
settembre 1943
Durante
la notte l’ammiraglio Oliva fa trasmettere alle unità dipendenti
un proclama dell’ammiraglio De Courten delle 11.50 del giorno
precedente («Marinai
d'Italia – Durante quaranta mesi di durissima guerra avete tenuto
testa alla più potente Marina del mondo compiendo eroismi che
rimarranno scritti a lettere d'oro nella nostra storia e affrontando
sacrifici di sangue che vi hanno meritato l'ammirazione della Patria
e il rispetto del nemico. Avreste meritato di poter compiere il
vostro dovere fino all'ultimo combattendo ad armi pari le forze
navali nemiche. Il destino ha voluto diversamente: le gravi
condizioni materiali nelle quali versa la Patria ci costrIngono a
deporre le armi. E' possibile che altri duri doveri vi saranno
riservati, imponendovi sacrifici morali rispetto ai quali quello
stesso del sangue appare secondario: occorre che voi dimostriate in
questi momenti che la salDezza del vostro animo è pari al vostro
eroismo e che nulla vi sembra impossibile quando i futuri destini
della Patria sono in giuoco. Sono certo che in ogni circostanza
saprete essere all'altezza delle vostre tradizioni nell'assolvimento
dei vostri doveri. Potete dunque guardare fieramente negli occhi gli
avversari di quaranta mesi di lotta, perché il vostro passato di
guerra ve ne dà pieno diritto. de Courten»)
e l’ordine del re di eseguire lealmente le clausole
dell’armistizio, che non comportano la cessione delle navi né
l’abbassamento della bandiera.
Alle
dieci Orione
e Libra,
che hanno precedentemente perso il contatto con la formazione,
vengono avvistate verso nord dal grosso della squadra, che frattanto
è stata raggiunta dalla Mediterranean Fleet ed ha assunto rotta
verso Malta: a corto di nafta, vengono mandate a Bona per fare
rifornimento.
Giunte
nel porto algerino il mattino stesso, le due torpediniere si
riforniscono e poi ripartono nel tardo pomeriggio alla volta di
Malta.
12
settembre 1943
Orione
e Libra
giungono a Malta all’alba e vanno ad ancorarsi a Marsa Scirocco;
il resto della flotta le ha precedute l’11 settembre.
13
settembre 1943
Orione
e Libra
si spostano da Marsa Scirocco
a St. Paul’s Bay insieme ad altre unità (il cacciatorpediniere
Augusto Riboty
ed i sommergibili Atropo,
Jalea,
Fratelli
Bandiera
e Ciro
Menotti).
|
L’Orione a Malta nel settembre 1943, ormeggiata tra la nave portaidrovolanti Giuseppe Miraglia ed alcuni sommergibili (da “Navi e marinai italiani nella seconda guerra mondiale”) |
17
settembre 1943
Orione,
Libra
e Riboty,
insieme alla portaidrovolanti Giuseppe
Miraglia
ed al piroscafetto requisito Luana
(frattanto giunti a St. Paul’s Bay), tornano a Marsa Scirocco.
4
ottobre 1943
Orione
e Libra
lasciano Malta per fare ritorno in Italia, insieme agli incrociatori
leggeri Luigi di Savoia
Duca degli Abruzzi,
Giuseppe Garibaldi
e Pompeo
Magno,
ai cacciatorpediniere Legionario
ed Alfredo Oriani
ed alla torpediniera Calliope
(lo stesso giorno partono da Malta per l’Italia, ma separatamente,
anche le corvette Ape,
Danaide,
Minerva,
Pellicano
e Cormorano,
le motosiluranti MS
35,
MS
54,
MS
55,
MS
56,
MS
61
e MS
64
ed i cacciasommergibili VAS
201,
VAS
204,
VAS
224,
VAS
233,
VAS
237,
VAS
240,
VAS
241,
VAS
246
e VAS
248).
Per
altra fonte l’Orione
avrebbe lasciato Malta il 6 ottobre, insieme alla
torpediniera Ariete,
al cacciatorpediniere Augusto
Riboty, ai
sommergibili Giada, Marea, Nichelio, Platino e Vortice
ed ai cacciasommergibili ausiliari Luana e Regina
Elena.
28
ottobre 1943
Partecipa
ad un’esercitazione al largo di Taranto, insieme alla torpediniera
di scorta Indomito,
al sommergibile Axum
ed al rimorchiatore Ercole.
|
Il complesso quadrinato Flakvierling dell’Orione, installato nella tarda estate del 1943, in una foto risalente probabilmente al 1944. Curiosamente, i serventi indossano elmetti di tipo tedesco, probabilmente appartenenti alla dotazione originaria dell’arma o lasciati a bordo dagli istruttori tedeschi incaricati di addestrare l’equipaggio nel suo utilizzo, sbarcati in seguito all’armistizio. Il motivo dell’utilizzo di questi elmetti invece di quelli italiani in questa immagine non è chiaro (g.c. STORIA militare) |
Inizio
1944
L’armamento
contraereo dell’Orione
viene potenziato con l’aggiunta di sei mitragliere Oerlikon da
20/70 mm, due in impianti singoli
e le restanti quattro in un impianto quadrinato. Cambia anche la
colorazione della nave: abbandonata la livrea mimetica, l’Orione
viene riverniciata in due tonalità di grigio, chiaro per le
sovrastrutture e scuro per lo scafo.
24
maggio 1944
L’Orione
salpa da Taranto alle otto del mattino insieme alle torpediniere
Calliope
e Nicola
Fabrizi,
al cacciatorpediniere Granatiere
ed alle corvette Gabbiano
e Cormorano,
per scortare ad Augusta un convoglio di dieci navi mercantili.
Inizialmente
le condizioni meteomarine sono buone, ma nel pomeriggio, dopo la
riunione con un altro gruppo di nove mercantili provenienti da Bari,
il mare diventa leggermente mosso.
25
maggio 1944
Il
convoglio raggiunge Augusta alle 15.
|
L’Orione in uscita da Taranto nella primavera del 1944, con colorazione a due toni di grigio (scuro per lo scafo e chiaro per le sovrastrutture) utilizzata durante la cobelligeranza. Subito a poppavia della tuga del cannone poppiero da 100/47 mm sono visibili due mitragliere singole Oerlikon da 20/70 mm, da poco installate, insieme ad un impianto quadrinato del medesimo calibro, per potenziare l’armamento antiaereo della nave (g.c. STORIA militare) |
30
gennaio 1945
Inviata
ai Laghi Amari, dove sono internate le corazzate Italia
e Vittorio Veneto,
per trasportare rifornimenti per i loro equipaggi.
3
settembre 1945
Alto
viaggio ai Laghi Amari.
15
ottobre 1947
L’Orione
salpa da Augusta nel pomeriggio per scortare a La Spezia la corazzata
Italia
(ex Littorio),
in quello che sarà il suo ultimo viaggio.
16
ottobre 1947
Orione
ed Italia
arrivano a La Spezia poco dopo mezzogiorno.
|
L’Orione a Savona in una foto probabilmente risalente all’estate 1949. La nave porta ancora la colorazione in uso negli ultimi anni della guerra, ed i segni evidenti delle ristrettezze finanziarie in cui versava la Marina in quegli anni difficili (g.c. STORIA militare) |
1951
Secondo
Navyworld, in quest’anno l’Orione
sarebbe stata nuovamente riclassificata avviso scorta. Di ciò non vi
è però menzione da nessun’altra parte.
1952
È
comandante dell’Orione
il capitano di fregata Luigi Tomasuolo.
1953
In
seguito all’ingresso dell’Italia nella NATO, l’Orione
riceve la nuova sigla identificativa F
559;
contestualmente viene riclassificata fregata antisommergibili (per
altra fonte, come corvetta veloce).
|
L’Orione negli anni Cinquanta/Sessanta (da it.wikipedia.org) |
1953-1954
Lavori
di rimodernamento dell’armamento: vengono eliminati il cannone
prodiero da 100/47 mm, quattro mitragliere binate da 20/65 mm, tre
mitragliere singole
da 20/70 mm, i quattro tubi lanciasiluri da 450 mm e quattro
lanciabombe per bombe di profondità (per altra fonte i lanciabombe
eliminati sarebbero stati soltanto due, sostituiti con due
scaricabombe), mentre vengono installati quattro cannoncini antiaerei
Bofors Mk 3 da 40/60 mm (due dei quali in un impianto binato
installato al posto del cannone prodiero da 100/47), un lanciatore
antisommergibili a 24 canne da 178 mm “Porcospino” Mk 10, e le
attrezzature per trasportare e posare 20 mine. Vengono altresì
installati un nuovo radar di scoperta aerea (modello AN/SPS-6C,
installato in testa d’albero) e sonar, e viene esteso il castello
di prua.
|
L’Orione, in primo piano, alla fonda in Mar Grande a Taranto insieme (nell’ordine, da più vicina a più lontana) la nave ausiliaria Stromboli, la fregata Aldebaran ed il cacciatorpediniere Artigliere (da “Dal trattato di pace alla legge navale. Lo sviluppo della Marina Militare dal 1945 al 1975” di Michele Cosentino, supplemento alla “Rivista Marittima” n. 4 dell’aprile 1996) |
16
settembre 1956
L’Orione,
insieme alla corvetta Gazzella
ed a tre dragamine, rende gli onori con l’equipaggio schierato sul
ponte per il saluto alla voce al presidente della Repubblica Giovanni
Gronchi, in visita a Livorno.
|
L’Orione in uscita dal Mar Piccolo di Taranto nell’estate 1957, poco prima della sostituzione del vecchio ponte girevole. La precedono nella linea di fila due fregate classe Aldebaran, due nuove fregate della classe Centauro e l’incrociatore leggero Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi (g.c. Marcello Risolo, via www.naviearmatori.net) |
1958
Adibita
al lancio di bersagli aerei, insieme all’Orsa
ed in sostituzione delle vecchie torpediniere Giuseppe
Cesare
Abba
ed Antonio Mosto,
precedentemente adibite al servizio bersagli ma infine radiate per
vetustà; per adattarle al nuovo servizio, le due fregate sbarcano
anche il rimanente cannone da 100/47 mm (quello poppiero), al posto
del quale viene installata un’apparecchiatura ottica per
l’osservazione degli scarti del tiro contro bersagli rimorchiati
(nota tra gli equipaggi come “pollaio”); sul lato sinistro del
castello di prua viene installata una catapulta di lancio per il
lancio di bersagli aerei radiocomandati (B.R.C.), con relativa tuga
per l’alloggio dei radiobersagli a proravia della plancia.
L’armamento contraereo viene potenziato con altri due cannoncini
Bofors da 40/60 mm.
Orione
ed Orsa,
con un solo equipaggio per entrambe, si alterneranno nel servizio di
rimorchio bersagli negli ultimi anni della loro vita operativa.
|
L’Orione attraversa il canale navigabile di Taranto nel periodo compreso tra il 1958 ed il 1964 (g.c. Marcello Risolo, via www.naviearmatori.net) |
Luglio
1959
Partecipa
ad un’esercitazione di scorta convogli nel Golfo di Taranto, della
durata di due giorni, insieme al caccia conduttore San
Giorgio,
al cacciatorpediniere Indomito,
alle corvette Fenice
e Farfalla
ed alle fregate Castore,
Centauro,
Airone,
Albatros
ed Aldebaran,
a caccia dell’Aeronautica Militare italiana (quale scorta aerea
contro gli attacchi aerei) e ad un bombardiere Lockheed P-2 “Neptune”
della Marina statunitense (decollato da Malta, in funzione
antisommergibili). Nell’esercitazione, Orione
e Farfalla
ricoprono il ruolo delle navi “mercantili” da proteggere, mentre
le altre unità sono la scorta; il ruolo dell’attaccante è assolto
dal sommergibile Giada,
che durante i due giorni dell’esercitazione riesce per due volte a
penetrare lo schermo della scorta, venendo sottoposto ad un totale di
quindici attacchi. L’esercitazione comprende inoltre esercitazioni
di tiro, simulazioni di trasferimento di feriti da una nave
all’altra, attacchi aerei, attacchi notturni di motosiluranti e,
dopo l’arrivo in porto, attacchi di “uomini rana”.
1961
È
comandante dell’Orione
il tenente di vascello Roberto Barat.
1961 (o 1962)
Rimane
seriamente danneggiata in una collisione con il cacciatorpediniere
Indomito,
a 45 miglia da Taranto, durante un’esercitazione con le
strumentazioni disattivate; la prua viene completamente distrutta per
una lunghezza di quindici metri e vi è una vittima tra l’equipaggio,
il sottocapo guardia Benzi di Milano.
I
lavori di riparazione verranno completati il 21 gennaio 1963 con
l’installazione di una nuova prua presso l’Arsenale di Taranto.
Sopra,
l’Orione
con
la prua schiacciata dopo la collisione con l’Indomito,
probabilmente ormeggiata al molo Chiapparo (Coll. Francesco Albano,
via www.betasom.it); sotto, una
sequenza di immagini che mostrano l’applicazione della nuova prua nell'Arsenale di Taranto,
il 21 gennaio 1963 (dal “Notiziario della Marina”, via Marcello
Risolo e www.betasom.it)
1°
gennaio 1965
Radiata
dai quadri del naviglio militare (radiazione
ufficializzata con decreto del presidente della Repubblica numero
83043 del 18 marzo 1965).
Successivamente
demolita, probabilmente a fine anni ’60 o inizio anni ’70 (nel
maggio 1969 era ancora in disarmo a La Spezia).
L’Orione,
sulla sinistra, in disarmo a La Spezia insieme alla torpediniera
Libra
(al centro) ed alla corvetta Fenice
(in primo piano) in una fotografia datata 19 marzo 1969 (Coll. Carlo
Martinelli)
L’Orione
sul sito della Marina Militare
Estratti del diario di un marconista imbarcato sull’Orione
Le torpediniere classe Pegaso
su Navypedia
8 settembre 1943, il dramma della flotta italiana
Hitler's U-Boat War: The Hunters 1939-1942 (Volume 1)
War Diary of Captain U-Boats, Italy, 8 December 1941-30 June 1942
War Diary, German Naval Staff Operations Division, December 1941
L’U 557
su U-Boot Archiv
L’U 557
su Uboat.net
L’impegno navale italiano durante la guerra civile spagnola