L’Orione (g.c. Marcello Risolo, via www.naviearmatori.net) |
Torpediniera, o avviso scorta, della classe Orsa (dislocamento standard 840 tonnellate, in carico normale 1016 tonnellate, a pieno carico 1600 tonnellate).
Allo scoppio della guerra era, con le unità gemelle, una delle poche navi italiane espressamente pensate per la scorta ai convogli: e questa fu la sua attività principale, per tre anni, sulle rotte del Nordafrica.
Breve e parziale cronologia.
27 aprile 1936
Impostazione presso i Cantieri Navali Riuniti di Palermo.
21 aprile 1937
Varo presso i Cantieri Navali Riuniti di Palermo.
Sopra, l’Orione in costruzione (da www.naviearmatori.net, utente uilly); sotto, in allestimento a Palermo il 16 luglio 1937, in secondo piano è visibile l’Orsa (foto William H. Davis, via Naval History and Heritage Command)
31 marzo 1938
Entrata in servizio.
5 maggio 1938
L’Orione (tenente di vascello Luca Goretti de’ Flamini) partecipa alla rivista navale "H", tenuta nel golfo di Napoli in occasione della visita in Italia di Adolf Hitler. Partecipa alla rivista la maggior parte della flotta italiana: le corazzate Giulio Cesare e Conte di Cavour, i sette incrociatori pesanti della I e III Divisione, gli undici incrociatori leggeri della II, IV, VII e VIII Divisione, sette “esploratori leggeri” classe Navigatori, 18 cacciatorpediniere (le Squadriglie VII, VIII, IX e X, più il Borea e lo Zeffiro), 30 torpediniere (le Squadriglie IX, X, XI e XII, più le vecchie Audace, CastelfiDardo, Curtatone, Francesco Stocco, Nicola Fabrizi e Giuseppe La Masa ed i quattro “avvisi scorta” della classe Orsa), 85 sommergibili e 24 MAS (Squadriglie IV, V, VIII, IX, X e XI), nonché le navi scuola Cristoforo Colombo ed Amerigo Vespucci, il panfilo di Benito Mussolini, l’Aurora, la nave reale Savoia e la nave bersaglio San Marco.
L’Orione e le gemelle Orsa, Procione e Pegaso sono inquadrate nella Squadriglia Avvisi Scorta (al comando del capitano di corvetta Teodorico Capone della Procione), a disposizione di Maridipart Napoli.
21-24 luglio 1938
L’Orione scorta la motonave armata Adriatico, partita da Gaeta il 21 e diretta a Cadice con 209 militari del Corpo Truppe Volontarie, che combatte nella guerra civile spagnola a fianco delle forze nazionaliste di Francisco Franco. L’Orione scorta l’Adriatico da sud di Capo Spartivento fino a Ceuta, dopo di che questa prosegue da sola fino a Cadice.
31 luglio-3 agosto 1938
Altra missione di scorta dell’Adriatico, partita da Gaeta il 31 luglio con 200 uomini del C.T.V. e giunta a Cadice il 3 agosto, da sud di Capo Spartivento fino all’imbocco dello stretto di Gibilterra.
8-15 settembre 1938
Scorta nelle acque delle Baleari e poi fino all’altezza di Ceuta la motonave Aniene (ex spagnola Ebro, fuggita a Genova dopo lo scoppio della guerra civile, requisita dalle autorità italiane ed affidata in gestione alla Regia Marina), carica di 1200 tonnellate di munizioni e bombe d’aereo per le forze franchiste. Partita da La Spezia l’8 settembre, l’Aniene sosta a Palma di Maiorca dall’11 al 13 agosto e poi prosegue per Ceuta e Siviglia, dove arriva il 15.
5 settembre 1938
Inizialmente classificata avviso scorta, l’Orione viene in questa data riclassificata torpediniera.
6-11 novembre 1938
Nuova missione di scorta all’Adriatico, partita da Gaeta il 6 novembre e giunta a Cadice l’11 con 167 soldati e trenta tonnellate di materiali. Come al solito, l’Orione la scorta da sud di Capo Spartivento fino all’altezza di Ceuta.
29 novembre-7 dicembre 1938
Scorta da sud di Capo Spartivento allo stretto di Gibilterra il piroscafo Bologna (ex spagnolo Bachi, sorpreso dallo scoppio della guerra civile in Italia, requisito dalle autorità italiane ed affidato in gestione alla Cooperativa Garibaldi di Genova: al termine di questo viaggio verrà restituito al suo armatore spagnolo), partito da La Spezia il 29 novembre e giunto a Cadice il 7 dicembre con autocarri, provviste e munizioni per il Corpo Truppe Volontarie per un totale di 1440 tonnellate.
Il 4 dicembre i decrittatori britannici della Government Code and Cypher School (l’organizzazione che durante la seconda guerra mondiale darà vita a “ULTRA”) intercettano e decifrano un radiocifrato (numero 9975) trasmesso da Roma in cui il Ministero della Marina dispone lo spostamento (nel punto d’intersezione tra il meridiano di Malaga ed il parallelo 35°35' Nord) del previsto punto d’incontro tra l’Orione ed il Bologna, essendo emerso che la Marina repubblicana spagnola ha scoperto il punto d’incontro precedentemente concordato.
28 dicembre 1938-2 gennaio 1939
Altra missione di scorta all’Adriatico, partita da Napoli il 28 dicembre con 219 soldati e giunta a Cadice il 2 gennaio. L’Orione la scorta da sud di Capo Spartivento fino all’imbocco dello stretto di Gibilterra.
L’Orione nel 1939 (Coll. Marcello Risolo, via Giorgio Parodi e www.naviearmatori.net) |
6-9 febbraio 1939
Ulteriore missione di scorta dell’Adriatico, salpata da Gaeta il 6 e giunta a Cadice il 9 con 264 militari. Ancora una volta l’Orione la scorta da sud di Capo Spartivento fino all’altezza di Ceuta.
26 febbraio-1° marzo 1939
Scorta da sud di Capo Spartivento all’altezza di Ceuta il piroscafo spagnolo nazionalista Domine (che viaggia sotto il nome fittizio italiano di Stelvio), partito da La Spezia il 26 febbraio e giunto a Cadice il 1° marzo con 470 soldati e 3000 tonnellate di materiali vari.
6 marzo 1939
Di ritorno a Cagliari dopo la missione di scorta dello Stelvio, l’Orione riceve ordine di tenersi pronta a muovere per ogni eventualità: il giorno precedente quel che resta della flotta spagnola repubblicana (incrociatori Miguel De Cervantes, Mendez Nuñez e Libertad e cacciatorpediniere Lepanto, Escaño, Almirante Antequera, Almirante Miranda, Almirante Valdés, Gravina, Jorge Juan e Ulloa, aventi a bordo anche 600 profughi civili) ha lasciato Cartagena, dove insorti filofranchisti – la guerra civile è ormai agli sgoccioli, ed il blocco repubblicano si va sgretolando – hanno occupato la base navale e parte delle batterie costiere, imponendo la partenza della flotta, pena l’apertura del fuoco. Da parte italiana si vuole evitare con ogni mezzo che la flotta repubblicana raggiunga il Mar Nero e si consegni ai sovietici, e viene fatta uscire in mare la flotta da battaglia con l’incarico di impedire agli spagnoli di attraversare il Canale di Sicilia, dirottandoli ad Augusta ed aprendo il fuoco in caso di rifiuto; questa eventualità comunque non si concretizzerà, in quanto le navi repubblicane raggiungeranno invece Biserta, in Tunisia, dove si faranno internare dalle autorità francesi.
18-24 marzo 1939
Scorta da sud delle Baleari fino all’altezza di Ceuta il piroscafo spagnolo Castillo Oropesa (viaggiante sotto il nome fittizio italiano di Patti), partito da La Spezia il 18 con a bordo 489 militari e giunto a Cadice il 24.
10 giugno 1940
All’entrata in guerra dell’Italia, l’Orione (tenente di vascello Vincenzo Vecchio) fa parte della IV Squadriglia Torpediniere, di base a Napoli, che forma con le gemelle Procione (caposquadriglia, capitano di corvetta Riccardo Imperiali), Orsa e Pegaso.
Così questo periodo è descritto da un marconista imbarcato sull’Orione: “Poco più tardi dell’alba del 14 Aprile 1940, proveniente dal Centro Radio di Roma, imbarcai a Napoli sulla R. Torpediniera Orione. La R. Torp. Orione fa parte della 4^ Squadriglia Torpediniere , dunque, imbarcai con un indicibile entusiasmo e con una voglia matta di navigare. Mi sentivo che avrei considerato come luoghi comuni i nomi di sterminati Mari e di immense regioni, nomi che prima, nel periodo della mia adolescenza da poco trascorsa (avevo poco più di 17 anni quando mi imbarcai) li pronunciavo con un senso di sgomento o li leggevo con un senso di religiosa ammirazione e con un leggero fremito del mio io, di questo io sognatore di grandi imprese e di eroiche lotte. Ed ecco che questi sogni di tutte le gioventù sono diventati realtà e in seguito dovevano diventare realtà durissima, ma piena di poesia nella inesorabile legge della guerra. Infatti all’alba del 10 Giugno 1940, salpammo da Napoli assieme alle altre torpediniere della Squadriglia, con a bordo di ogni nave un numero considerevole di mine, per eseguire uno sbarramento al largo di Napoli, tra le isole di Capri, d’Ischia e di Procida. Da questo fatto ognuno capì esplicitamente che sarebbe stata imminente l’entrata in guerra dell’Italia. Difatti, nel pomeriggio, durante la rotta di rientro alla base, sentimmo alla radio il discorso del Duce che annunziava l’Italia in guerra contro l’Inghilterra e la Francia. Nespole! Qualche giorno dopo, anzi qualche notte dopo, si ebbe a Napoli il primo bombardamento aereo, condotto da aerei francesi, che causò lievi danni. Incominciò subito per la squadriglia e specialmente per la mia nave, l’Orione, una grande attività di guerra”.
La IV Squadriglia Torpediniere ormeggiata a Napoli in una foto dell’8 giugno 1940: l’Orione è la seconda da sinistra (Coll. Antonio Cavallini/ANMI Monza) |
16 giugno 1940
Alle 20 l’Orione ed il resto della Squadriglia (Procione, Orsa e Pegaso) salpano da Napoli per compiere un rastrello antisommergibili al largo della città Partenopea, per poi rientrare in porto l’indomani mattina.
25-26 giugno 1940
Secondo alcuni siti l’Orione ed il resto della IV Squadriglia Torpediniere (Procione – caposcorta –, Orsa e Pegaso) avrebbero scortato da Napoli a Tripoli in questa data i trasporti truppe Esperia e Victoria, partiti da Napoli alle 2.15 del 25 e giunti a Tripoli alle 13.30 del 26 con 937 militari e 2775 tonnellate di materiali, primo convoglio organico inviato in Libia. Dalla cronologia ufficiale dell’USMM ("La difesa del traffico con l’Africa Settentrionale dal 10 giugno 1940 al 30 settembre 1941") risulta però che Orione e Pegaso non abbiano partecipato a questa missione, mentre Orsa e Procione scortarono i due trasporti truppe soltanto fino a Siracusa, dove furono rilevate da altre unità.
2 luglio 1940
Orione, Procione (caposcorta), Orsa e Pegaso lasciano Tripoli alle 13, per scortare Esperia e Victoria che rientrano a Napoli. Oltre alla scorta diretta, è ora presente una forza di scorta a distanza costituita dalla I Divisione Navale (incrociatori pesanti Zara, Fiume e Gorizia) con la IX Squadriglia Cacciatorpediniere (Vittorio Alfieri, Alfredo Oriani, Vincenzo Gioberti, Giosuè Carducci) e dalla II Divisione Navale (incrociatori leggeri Giovanni delle Bande Nere e Bartolomeo Colleoni) con la X Squadriglia Cacciatorpediniere (Maestrale, Grecale, Libeccio, Scirocco).
4 luglio 1940
Il convoglio arriva a Napoli alle 23.
6 luglio 1940
La IV Squadriglia Torpediniere, con Orione, Procione (caposquadriglia), Orsa e Pegaso, salpa da Napoli alle 19.45 per scortare a Bengasi i trasporti truppe Esperia e Calitea, che hanno a bordo 2190 uomini, e le moderne motonavi da carico Marco Foscarini e Vettor Pisani. Al largo di Catania si unisce al convoglio la motonave Francesco Barbaro, scortata dalle vecchie torpediniere Giuseppe Cesare Abba e Rosolino Pilo. L’operazione è denominata «TCM» (Terra, Cielo, Mare).
Il convoglio segue la rotta che passa per lo Stretto di Messina, fingendo inizialmente di puntare su Tripoli onde ingannare la ricognizione britannica.
7 luglio 1940
Mentre il convoglio si trova in Mar Ionio, Supermarina viene informato che alle otto del mattino dello stesso 7 luglio la Forza H britannica (portaerei Ark Royal, corazzate Valiant e Resolution, incrociatore da battaglia Hood, incrociatori leggeri Arethusa, Delhi ed Enterprise, cacciatorpediniere Faulknor, Foxhound, Fearless, Douglas, Active, Velox, Vortingern, Wrestler, Escort e Forester) è uscita in mare da Gibilterra. Scopo di tale uscita (operazione «MA 5») è attaccare gli aeroporti della Sardegna, per distogliere l’attenzione dei comandi italiani da un traffico di convogli tra Alessandria a Malta (due convogli di mercantili per l’evacuazione di civili e materiali da inviare ad Alessandria, ed uno di cacciatorpediniere con alcuni rifornimenti per Malta), con l’appoggio dell’intera Mediterranean Fleet (corazzate Warspite, Malaya e Royal Sovereign, portaerei Eagle, incrociatori leggeri Orion, Neptune, Sydney, Gloucester e Liverpool, cacciatorpediniere Dainty, Defender, Decoy, Hasty, Hero, Hereward, Hyperion, Hostile, Ilex, Nubian, Mohawk, Stuart, Voyager, Vampire, Janus e Juno); questo, però, non è a conoscenza dei comandi italiani, che decidono di fornire protezione al convoglio diretto a Bengasi, facendo uscire in mare l’intera flotta italiana.
La scorta diretta viene così rinforzata dalla II Divisione Navale, con gli incrociatori Bande Nere e Colleoni, dalla X Squadriglia Cacciatorpediniere con Maestrale, Grecale, Libeccio e Scirocco, e dalle torpediniere Pilo e Missori; quale scorta a distanza, escono in mare la 1a Squadra Navale con le Divisioni IV (incrociatori leggeri Alberico Da Barbiano, Alberto Di Giussano, Luigi Cadorna ed Armando Diaz), V (corazzate Giulio Cesare e Conte di Cavour) e VIII (incrociatori leggeri Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi e Giuseppe Garibaldi) e le Squadriglie Cacciatorpediniere VII (Freccia, Dardo, Saetta, Strale), VIII (Folgore, Fulmine, Lampo, Baleno), XIV (Leone Pancaldo, Ugolino Vivaldi, Antonio Da Noli), XV (Antonio Pigafetta, Nicolò Zeno) e XVI (Nicoloso Da Recco, Emanuele Pessagno, Antoniotto Usodimare), e la 2a Squadra Navale con l’incrociatore pesante Pola (nave ammiraglia), le Divisioni I (Zara, Fiume, Gorizia), III (incrociatori pesanti Trento e Bolzano) e VII (incrociatori leggeri Emanuele Filiberto Duca d'Aosta, Eugenio di Savoia, Raimondo Montecuccoli e Muzio Attendolo) e le Squadriglie Cacciatorpediniere IX (Alfieri, Oriani, Gioberti, Carducci), XI (Aviere, Artigliere, Geniere, Camicia Nera), XII (Lanciere, Carabiniere, Ascari, Corazziere) e XIII (Granatiere, Bersagliere, Fuciliere, Alpino). Pola, I e III Divisione, con le relative squadriglie di cacciatorpediniere (IX, XI e XII), si posizionano 35 miglia ad est del convoglio, per proteggerlo da un attacco navale proveniente da est, mentre la VII Divisione e la XIII Squadriglia, posizionate 45 miglia ad ovest, forniscono protezione da attacchi provenienti da Malta; il resto della flotta (IV, V e VIII Divisione, VII, VIII, XIV, XV e XVI Squadriglia) forma infine un gruppo di sostegno. Non è tutto: viene organizzata un’intensa ricognizione aerea con grandi aliquote dei velivoli della ricognizione marittima, il posamine ausiliario Barletta viene inviato a posare mine a protezione del porto di Bengasi, e vengono inviati in tutto 14 sommergibili in agguato nel Mediterraneo orientale.
L’avvistamento anche della Mediterranean Fleet, uscita da Alessandria nel pomeriggio del 7 – come si è detto – per proteggere i convogli con Malta, non fa che confermare la convinzione di Supermarina circa la necessità delle misure adottate.
Il convoglio, procedendo a 14 nodi, segue rotta apparente verso Tobruk fino a giungere in un punto situato 245 miglia a nordovest di Bengasi, quindi assume rotta verso quest’ultimo porto; dopo altre 100 miglia il convoglio si divide, lasciando proseguire a 18 nodi le più veloci Esperia e Calitea, mentre le motonavi da carico manterranno una velocità di 14 nodi.
8 luglio 1940
All’1.50 l’ammiraglio Inigo Campioni, comandante della flotta italiana, a seguito di avvistamenti della ricognizione che rivelano la presenza in mare della Mediterranean Fleet britannica (anch’essa uscita a tutela di convogli), ordina al convoglio, che si trova in rotta 147° (per Bengasi) di assumere rotta 180°, in modo da essere pronto ad essere dirottato su Tripoli in caso di necessità. Alle 7.10, appurato che la Mediterranean Fleet non può essere diretta ad intercettare il convoglio, Campioni ordina a quest’ultimo di tornare sulla rotta per Bengasi.
L’Orione e le altre navi del convoglio (le torpediniere seguono in porto i mercantili) entrano a Bengasi tra le 18 e le 22, così concludendo la traversata senza inconvenienti. In tutto il convoglio porta in Libia 2190 uomini (1571 sull’Esperia e 619 sulla Calitea), 72 carri armati M11/39, 232 automezzi, 5720 tonnellate di carburante e 10.445 tonnellate di rifornimenti.
Durante la navigazione di rientro alle basi, la flotta italiana si scontrerà con quella britannica, nell’inconclusivo confronto divenuto poi noto come battaglia di Punta Stilo.
9 luglio 1940
L’Orione lascia Bengasi alle 19.30, per scortare a Tripoli Esperia e Calitea.
10 luglio 1940
Il piccolo convoglio arriva a Tripoli alle 15.
19 luglio 1940
Alle sei del mattino l’Orione lascia Bengasi insieme al resto della IV Squadriglia (Procione, caposcorta, Orsa e Pegaso) per scortare in Italia Esperia, Calitea, Foscarini, Pisani e Barbaro.
In mattinata la scorta diretta viene rinforzata dalla X Squadriglia Cacciatorpediniere (Maestrale, Grecale, Libeccio, Scirocco) proveniente da Tripoli. Per scorta indiretta esce da Taranto l’VIII Divisione Navale (Duca degli Abruzzi e Garibaldi) con i relativi cacciatorpediniere, mentre la III Divisione si tiene pronta a Messina, per intervenire rapidamente in caso di necessità.
21 luglio 1940
Il convoglio arriva a Napoli alle 00.30, senza che si siano manifestati problemi.
27 luglio 1940
Orione, Orsa, Procione (caposquadriglia) e Pegaso salpano da Napoli alle 5.30 per scortare a Tripoli un convoglio composto dai piroscafi Maria Eugenia, Bainsizza e Gloriastella e dalle motonavi Mauly, Col di Lana, Francesco Barbaro e Città di Bari, nell’ambito dell’operazione «Trasporto Veloce Lento» (T.V.L.). Si tratta del convoglio lento dell’operazione, avente velocità 7,5 nodi.
A protezione di questo e di un secondo convoglio diretto a Bengasi (quello veloce, che procede a 16 nodi: trasporti truppe Marco Polo, Città di Palermo e Città di Napoli, torpediniere Alcione, Airone, Aretusa ed Ariel) saranno in mare, dal 30 luglio al 1° agosto, gli incrociatori pesanti Pola, Zara, Fiume, Trento e Gorizia (I Divisione), gli incrociatori leggeri Alberico Da Barbiano ed Alberto Di Giussano della IV Divisione e Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi, Eugenio di Savoia, Raimondo Montecuccoli e Muzio Attendolo della VII Divisione, e le Squadriglie Cacciatorpediniere IX (Alfieri, Oriani, Gioberti, Carducci), XII (Lanciere, Corazziere, Carabiniere, Alpino), XIII (Granatiere, Bersagliere, Fuciliere, Ascari) e XV (Pigafetta, Malocello, Zeno).
28 luglio 1940
A seguito dell’avvistamento di notevoli forze navali britanniche uscite in mare sia da Alessandria (il grosso della Mediterranean Fleet) che da Gibilterra (l’incrociatore da battaglia Hood, le corazzate Valiant e Resolution e le portaerei Argus ed Ark Royal), i due convogli dell’operazione T.V.L. ricevono ordine da Supermarina di rifugiarsi immediatamente nei porti della Sicilia.
Il convoglio lento, con la IV Squadriglia, giunge a Catania in serata e vi sosta per due giorni.
30 luglio 1940
Passata la minaccia, il convoglio riparte in mattinata da Catania, con il rinforzo della X Squadriglia Cacciatorpediniere (Maestrale, Grecale, Libeccio e Scirocco).
Intorno alle 14 il convoglio viene attaccato, circa 20 miglia a sud di Capo dell’Armi (ed a sudovest di Capo Spartivento), dal sommergibile britannico Oswald (capitano di corvetta David Alexander Fraser), che lancia alcuni siluri contro il Grecale e la Col di Lana: il cacciatorpediniere riesce però a schivare le armi, che mancano anche la motonave. L’Oswald lancia via radio un segnale di scoperta relativo al convoglio.
1° agosto 1940
Il convoglio raggiunge indenne Tripoli alle 9.45.
2 agosto 1940
Orione, Procione, Orsa e Pegaso salpano da Tripoli alle 8.30 per scortare a Bengasi Maria Eugenia, Gloriastella, Mauly, Caffaro, Col di Lana e Città di Bari.
4 agosto 1940
Il convoglio raggiunge Bengasi a mezzogiorno.
12 agosto 1940
Orione (caposcorta) e Pegaso salpano da Bengasi alle 14 per scortare a Tripoli il Marco Polo.
13 agosto 1940
Orione, Pegaso e Marco Polo arrivano a Tripoli alle 10.30.
16 agosto 1940
Orione, Procione, Orsa e Pegaso lasciano da Tripoli alle 18.30 per scortare in Italia Marco Polo, Città di Palermo e Città di Napoli.
Nella notte si uniscono alla scorta la X Squadriglia Cacciatorpediniere (Maestrale, Grecale, Libeccio e Scirocco) e la I Squadriglia Torpediniere (Alcione, Airone, Ariel ed Aretusa).
18 agosto 1940
Il convoglio arriva a Palermo alle tre, per poi proseguire alla volta di Napoli.
19 agosto 1940
Il convoglio giunge a Napoli alle 19.
25 agosto 1940
L’Orione salpa da Tripoli per Palermo alle 14.20, di scorta ai piroscafi Caffaro e Bosforo.
27 agosto 1940
Il convoglio arriva a Palermo alle 13.
7 settembre 1940
L’Orione (che sarà rinforzata durante il viaggio da varie unità di scorta locali) salpa da Napoli alle 7.30 per scortare a Tripoli i piroscafi Ogaden, Maria Eugenia e Gloriastella.
Durante la navigazione il convoglio riceve tuttavia ordine di entrare a Palermo per allarme nella zona.
8 settembre 1940
Il convoglio arriva a Palermo a mezzogiorno.
9 settembre 1940
Il convoglio riparte da Palermo alle 20.
12 settembre 1940
Le navi arrivano a Tripoli alle 11.
13 settembre 1940
L’Orione lascia Tripoli a mezzogiorno per scortare a Palermo i piroscafi Absirtea e Vincenzina e la piccola motonave cisterna Alcione.
16 settembre 1940
Il convoglio arriva a Palermo alle 11.
14 ottobre 1940
L’Orione parte da Napoli alle 15.30 per scortare a Tripoli la motonave Tergestea.
16 ottobre 1940
Orione e Tergestea arrivano a Tripoli in mattinata.
21 novembre 1940
L’Orione ed il cacciatorpediniere Turbine partono da Napoli all’1.50 scortando i trasporti truppe Esperia e Marco Polo, diretti a Tripoli.
Il convoglio giunge a Palermo alle dieci del mattino; qui Orione e Turbine vengono sostituiti nel ruolo di scorta dalla XIV Squadriglia Cacciatorpediniere (Ugolino Vivaldi, Antonio Da Noli, Luca Tarigo).
1° dicembre 1940
L’Orione parte da Napoli alle 21 scortando la motonave Calino, diretta a Tobruk. A Trapani viene sostituita nella scorta dalla gemella Procione.
8
dicembre 1940
Alle
17.30 l’Orione
salpa da Tripoli per scortare a Palermo il piroscafo Tembien,
la motonave Mauly
e la nave cisterna Marangona.
10
dicembre 1940
Alle
13.30 (secondo "La difesa del traffico con l’Africa
Settentrionale dal 10 giugno 1940 al 30 settembre 1941",
dell’USMM; "Navi mercantili perdute", anch’esso
dell’USMM, parla invece di mezzogiorno) la Marangona
urta in successione due mine, probabilmente appartenenti ad uno
sbarramento italiano e strappate dagli ormeggi dal mare mosso, 27
miglia a sud di Pantelleria (secondo i citati libri dell’USMM: il
diario storico del Comando Supremo parla però di 40 miglia a sud di
tale isola). Nonostante l’assistenza prestata dal Tembien,
la vecchia pirocisterna s’inabissa alle 16.30 (secondo "La
difesa del traffico"; le 15 secondo "Navi mercantili
perdute") nel punto 36°13' N e 11°59' E, così diventando una
delle prime navi mercantili ad andare perdute sulla rotta per la
Libia.
Due uomini risultarono dispersi; il resto dell’equipaggio
viene tratto in salvo dal Tembien.
11 dicembre 1940
Il convoglio raggiunge Palermo alle 19.30.
13 dicembre 1940
L’Orione salpa da Tripoli alle 3.45 per scortare a Bengasi il piroscafo Fenicia, che vi arriverà il 19 dicembre (?).
14 dicembre 1940
L’Orione parte da Tripoli per scortare in Italia il piroscafo Capo Orso e la nave cisterna Caucaso.
16 dicembre 1940
Il convoglio arriva a Palermo alle 23.30.
19 dicembre 1940
L’Orione ed i cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi (caposcorta), Antonio Da Noli, Luca Tarigo e Lanzerotto Malocello partono da Tripoli per Napoli alle 10, scortando i trasporti truppe Esperia, Conte Rosso e Marco Polo che rientrano vuoti in Italia.
20 dicembre 1940
Il convoglio giunge a Napoli alle 20.30.
1940-1941
Lavori di modifica dell’armamento contraereo: le otto mitragliere da 13,2/76 mm (6 in impianti binati e due in impianti sIngoli) vengono eliminate e sostituite con otto più moderne Breda 1935 da 20/65 mm in impianti binati.
(Da una fonte risulterebbe anche la sostituzione dei due cannoni da 100/47 mm Mod. 1935 con il più moderno modello OTO 1937).
18 gennaio 1941
L’Orione salpa da Napoli alle 16.30 per scortare a Tripoli le motonavi Andrea Gritti e Sebastiano Venier.
20 gennaio 1941
Il
convoglio giunge a Tripoli a mezzogiorno.
22
gennaio 1941
L’Orione riparte da Tripoli alle 20 per scortare a Derna e Bengasi la motonave Calino.
23 gennaio 1941
Orione e Calino arrivano a Derna alle 23. Da qui la Calino proseguirà successivamente per Bengasi, dove giungerà alle 9.30 del 3 febbraio.
25 gennaio 1941
L’Orione lascia Bengasi alle 18 per scortare a Tripoli il piroscafo Ogaden.
27 gennaio 1941
Orione ed Ogaden arrivano a Tripoli alle 19.
28 gennaio 1941
L’Orione (tenente di vascello Alessandro Frigerio) viene fatta uscire da Tripoli per andare in soccorso del piroscafo tedesco Duisburg, silurato e gravemente danneggiato alle 5.38 dal sommergibile britannico Upholder (capitano di corvetta Malcolm David Wanklyn) al largo di Zuara, una ventina di miglia a nord di Tripoli (per altra fonte, al largo di Capo Bon). L’incrociatore ausiliario Caralis, unità di scorta del Duisburg al momento dell’attacco, non si è fermato a prestare assistenza in considerazione delle sue scarse possibilità di offesa e difesa contro un sommergibile, e della presenza a bordo di 255 naufraghi di un’altra nave tedesca, l’Ingo, affondata da aerosiluranti il giorno precedente; ha informato Marina Tripoli dell’accaduto e dell’impossibilità di trattenersi sul posto, e Marina Tripoli ha pertanto ordinato all’Orione di uscire in mare ed andare in soccorso del Duisburg. (Alcuni siti affermano che l’Orione avrebbe raggiunto il convoglio già dopo l’affondamento dell’Ingo, recuperandone i naufraghi, ma si tratta di un errore; parimenti errata la versione secondo cui il Caralis, rimasto sul posto, avrebbe preso a rimorchio il Duisburg, mentre l’Orione forniva assistenza).
Quando la torpediniera giunge sul luogo del siluramento, alle 10.40, constata che il Duisburg è ancora galleggiante, visibilmente appruato, ma che è stato abbandonato dall’equipaggio e dal personale militare di passaggio, che ha preso posto nelle lance; li prende tutti a bordo ed il comandante Frigerio ordina che siano rifocillati con caffè e cognac. Successivamente, dal momento che il Duisburg ha smesso di affondare di prua e si è assestato con l’ancora a circa un metro dalla superficie, parte dell’equipaggio del mercantile viene rimandato a bordo per tentare di salvare la nave; nel frattempo arrivano anche un rimorchiatore e tre motopescherecci mandati da Marina Tripoli. Constatato che le paratie confinanti con le stive 1 e 2 (quelle allagate) tengono bene, Frigerio ordina al rimorchiatore di prendere il Duisburg a rimorchio di poppa, e fa preparare anche l’Orione al rimorchio. Dapprima il piccolo convoglio si avvicina alla costa, in modo che qualora le paratie dovessero cedere il Duisburg si adagi sui bassifondali, dopo di che, appurato che il mercantile continua a reggere bene e che il vento fresco ed il mare mosso da ponente sono favorevoli alla navigazione verso Tripoli (la velocità del rimorchio riesce a sfiorare i cinque nodi), il comandante Frigerio fa dirigere sulle mede di entrata. Incaricati i motopescherecci di occuparsi delle scialuppe, Frigerio, d’accordo con il comandante tedesco del Duisburg e con il regio commissario del piroscafo, fa rimandare a bordo il personale per riattivare i motori diesel e prosciugare eventuali infiltrazioni d’acqua nei compartimenti non colpiti dai siluri.
Il Duisburg riesce a raggiungere Tripoli alle 15. Per il salvataggio del piroscafo danneggiato il comandante Frigerio riceverà la Croce di Guerra al Valor Militare, con motivazione “Comandante di torpediniera, in navigazione di trasferimento, accorreva prontamente in soccorso di una unità sinistrata e, superando notevoli difficoltà frapposte dall’oscurità della notte e dalle avverse condizioni atmosferiche, riusciva con abile manovra e perizia marinaresca a darle rimorchio ed a portarla in un porto nazionale, evitando una zona minata”.
(g.c. Giorgio Parodi, via www.naviearmatori.net) |
29 gennaio 1941
Al largo di Kelibia l’Orione (tenente di vascello Alessandro Frigerio) sostituisce la torpediniera Sirio nella scorta di un convoglio proveniente da Trapani e formato dai piroscafi Motia, Delfin e Maria Adelaide, scortati oltre che da essa dalla torpediniera Aldebaran (tenente di vascello Osvaldo Pappaianni, caposcorta).
Fin verso le 11 la navigazione procede senza intoppi, ma a quell’ora, quando il convoglio è ormai giunto nei pressi delle secche di Kerkennah, viene avvistato a 19 km di distanza un idrovolante da ricognizione britannico Short Sunderland: avvistato il convoglio, il velivolo si allontana verso est per poi ammarare, come i Sunderland sono soliti fare quando intendono comunicare subito un avvistamento. Poco dopo sopraggiunge un secondo Sunderland, che si tiene per qualche tempo a 8-10 km dal convoglio e poi si allontana anch’esso; più o meno contemporaneamente – sono le 15 – arriva sul cielo dei mercantili un caccia della Regia Aeronautica, che però se ne va dopo pochi minuti. Dalle 16.25 alle 17.10, inoltre, il convoglio viene sorvolato da un idroricognitore italiano.
30 gennaio 1941
Alle 17.04 il sommergibile britannico Upholder (tenente di vascello Malcolm David Wanklyn) rileva rumore di motrici su rilevamento 295° e poco dopo avvista il convoglio in avvicinamento da ovest su rilevamento 298°, con rotta 085° ed alla distanza di 7315 metri; Wanklyn ne apprezza la composizione come due navi mercantili, scortate da un “cacciatorpediniere” ad un fumaiolo ed un’altra nave scorta non identificata.
Il convoglio, in quel momento, procede in linea di fila sulle rotte costiere della Libia con il Maria Adelaide in testa, seguito a 400 metri dal Delfin, a sua volta seguito a 700 metri dal Motia; Orione ed Aldebaran zigzagano rispettivamente a dritta ed a sinistra dei mercantili (l’Aldebaran, a distanze comprese tra i 900 ed i 1500 metri), mentre sul cielo del convoglio volano due caccia della Regia Aeronautica in crociera di protezione, ed un idrovolante procede a proravia delle navi, in funzione antisommergibili.
La rotta vera è 98°, la velocità 6-7 nodi, il mare è calmo ed il cielo è sereno.
Alle 17.20, in posizione 32°55' N e 12°41' E (30 miglia a nord di Zavia, a ponente di Tripoli; per le fonti italiane, 32°52',7 E a 5,6 miglia dalla costa), l’Upholder lancia due siluri contro la nave più grande da 3660 metri, per poi scendere in profondità; subito l’Aldebaran avvista la bolla di lancio (a circa mille metri di distanza, secondo il suo comandante) e poi le scie dei due siluri, provenienti dalla dritta del convoglio (cioè dal lato terra), che mancano il Delfin passandogli poco a poppavia e proseguono verso l’Aldebaran stessa. La torpediniera alza il segnale “YK” (cioè “sommergibile a dritta”) e, messe le macchine a tutta forza, passa a proravia del Delfin, che intanto emette due fischi ed accosta a sinistra (mentre il Motia emette due fischi ma prosegue per la sua rotta), per raggiungere il punto in cui è comparsa la bolla di lancio e contrattaccare. Anche l’Orione accosta per portarsi in quel punto.
Alle 17.22 l’idrovolante contrattacca per primo, lanciando due bombe di profondità sulla verticale del punto in cui è comparsa la bolla di lancio; anche l’Aldebaran inizia, alle 17.23, a gettare le proprie bombe di profondità, subito imitata dall’Orione, che compie una decisa accostata a sinistra ed inizia a lanciare le bombe.
In tutto vengono lanciate 25 bombe di profondità, tra le 17.22 e le 17.39; le torpediniere vedono quella che sembra molta nafta venire a galla, ma l’Upholder (che intanto è sceso a 67 metri di profondità ed ha avvertito una forte esplosione alle 17.23) non subisce in realtà alcun danno.
Il convoglio arriva a Tripoli alle 21.
29 gennaio 1941
Orione (caposcorta) e Procione salpano da Napoli per Tripoli alle 14.30, scortando i piroscafi tedeschi Reichenfels, Marburg e Wachtfels. (Viaggio evidentemente incompatibile con quello sopra descritto, entrambi riportati dalla cronologia dell’USMM. La presenza dell’Orione con il convoglio Motia-Delfin-Maria Adelaide è certa, risultando dal rapporto dell’Aldebaran).
31 gennaio 1941
Il convoglio arriva a Tripoli alle 11.30.
4 febbraio 1941
Orione (caposcorta) e Procione partono da Tripoli per Napoli alle 16.30, scortando i piroscafi tedeschi Marburg e Reichenfels (per altra fonte fanno parte del convoglio e della scorta anche, rispettivamente, il piroscafo tedesco Wachtfels e l’incrociatore ausiliario Caralis).
6 febbraio 1941
Il convoglio giunge a Napoli alle 15.
24 febbraio 1941
L’Orione, insieme alla torpediniera Aldebaran ed ai cacciatorpediniere Camicia Nera (caposcorta) e Baleno, salpa da Napoli per Tripoli alle 20, scortando i trasporti truppe Esperia, Victoria, Conte Rosso e Marco Polo riuniti in convoglio veloce. Capoconvoglio è il contrammiraglio Luigi Aiello, imbarcato sull’Esperia, e su ogni trasporto è imbarcato come comandante militare un ufficiale superiore della riserva navale. Alla scorta si uniscono successivamente anche i cacciatorpediniere Geniere e Saetta; vi è anche una scorta a distanza, costituita dagli incrociatori leggeri Bande Nere e Diaz (cioè la IV Divisione dell’ammiraglio Alberto Marenco di Moriondo, con bandiera sul Bande Nere) e dai cacciatorpediniere Ascari e Corazziere.
25 febbraio 1941
Alle 3.40, mentre il convoglio si trova nei pressi delle isole Kerkennah, il Diaz viene centrato da due siluri lanciati dal sommergibile britannico Upright: devastato dall’esplosione di un deposito munizioni, l’incrociatore affonda in soli sei minuti in posizione 34°33' N e 11°45' E, portando con sé 484 dei 633 uomini dell’equipaggio. Ascari e Corazziere ne recuperano i superstiti; il primo ritorna poi a seguire il convoglio (che prosegue per la sua rotta), mentre il secondo rientra a Palermo insieme al Bande Nere.
26 febbraio 1941
Il convoglio arriva a Tripoli alle 15.45. Esperia, Victoria, Conte Rosso e Marco Polo imbarcano altri 3750 profughi civili e 1860 militari (1200 dell’Aeronautica, 400 dell’Esercito e 260 della Marina, compresi alcuni naufraghi del Diaz) rimpatriati dalla Cirenaica invasa dai britannici.
1° marzo 1941
Orione, Pegaso e la torpediniera Clio (caposcorta) salpano da Napoli per Tripoli alle 4 (o 4.15), scortando i piroscafi Amsterdam, Castellon, Ruhr e Maritza (italiano il primo, tedeschi gli altri), carichi di rifornimenti per l’Afrika Korps (convoglio “Sonnenblume 5”).
3 marzo 1941
Il convoglio arriva a Tripoli alle 18.
5 marzo 1941
Orione, Pegaso e l’incrociatore ausiliario RAMB III lasciano Tripoli alle 12 di scorta a Castellon, Ruhr e Maritza che ritornano a Napoli.
7 marzo 1941
Il convoglio giunge a Napoli alle 15.
12 marzo 1941
Orione, Orsa e Procione (caposcorta) salpano da Napoli per Tripoli alle 3.30, di scorta ai piroscafi tedeschi Maritza, Ruhr, Castellon e Leverkusen, carichi di truppe e materiali dell’Afrika Korps ("Sonnenblume 10").
14 marzo 1941
Il convoglio arriva a Tripoli alle 13.
16 marzo 1941
Orione, Orsa e Procione (caposcorta) ripartono da Tripoli per Napoli alle 11, scortando le quattro navi dell’andata nella navigazione di ritorno.
18 marzo 1941
Il convoglio raggiunge Napoli alle 14.
22 marzo 1941
Orione, Orsa e Procione (caposcorta) salpano da Napoli alle 5.30 per scortare a Tripoli Castellon, Alicante, Maritza e Leverkusen (convoglio "Sonnemblume 14" dell’Afrika Korps).
24 marzo 1941
Il convoglio arriva a Tripoli alle 11.
25 marzo 1941
Orione, Orsa e Procione (caposcorta) lasciano Tripoli alle 14 per scortare a Napoli Castellon, Maritza ed Alicante.
27 marzo 1941
Il convoglio raggiunge Napoli alle 18.30.
8 aprile 1941
Orione, Cigno e Procione partono da Napoli per Tripoli alle due, di scorta ad un convoglio formato dal piroscafo italiano Ernesto e dai tedeschi Castellon, Arcturus, Leverkusen e Wachtfels, con truppe e materiali dell’Afrika Korps.
10 aprile 1941
Il convoglio raggiunge Tripoli alle 12.
12 aprile 1941
Orione, Orsa e Procione (caposcorta) ripartono da Tripoli alle 11 per scortare in Italia Castellon, Arcturus, Leverkusen e Wachtfels.
13 aprile 1941
All’1.53 il sommergibile britannico Upholder (capitano di corvetta Malcolm David Wanklyn), che sta procedendo ad alta velocità alla ricerca di un convoglio di cui ha contezza dalle segnalazioni dei ricognitori e dall’avvistamento di bengala verso sud alle 23.45 del 12, avvista un convoglio diretto verso nord, circa tre miglia a ponente di Pantelleria; si tratta, con ogni probabilità, del convoglio scortato dall’Orione. Il battello britannico cerca di lanciare il segnale di scoperta, ed alle 2.12 spara alcuni proiettili illuminanti a proravia del convoglio, per indurlo a tornare indietro. Le navi della scorta si avvicinano, inducendo l’Upholder ad immergersi; dopo tre minuti il convoglio inverte la rotta dirigendo verso sud, ed il sommergibile lancia un altro segnale di scoperta, senza avere risposta, e poi ancora un altro alle tre di notte, cui risponde la nave appoggio sommergibili Medway, di stanza ad Alessandria come nave appoggio della 1st Submarine Flotilla.
Il convoglio torna poi ad assumere la rotta originaria.
14 aprile 1941
Wachtfels ed Orione si separano dal resto del convoglio per dirigere a Palermo, dove arrivano alle 10.
Poco dopo, l’Orione prende nuovamente il mare per andare in soccorso del cacciatorpediniere Libeccio, che ha perso la poppa in seguito ad una collisione con il trasporto truppe Esperia a cinque miglia da Capo Gallo. Giunta sul posto, la torpediniera prende a rimorchio il Libeccio e dirige per Palermo insieme all’Esperia, che ha imbarcato trecento tonnellate d’acqua da una falla apertasi a prua.
15 aprile 1941
Orione, Libeccio ed Esperia entrano a Palermo alle 15.
16
aprile 1941
L’Orione
salpa da Palermo per Tripoli alle otto del mattino, scortando la nave
cisterna Luisiano.
18
aprile 1941
Il
convoglietto viene dirottato su Trapani da Supermarina a scopo
precauzionale, nel quadro di una momentanea sospensione del traffico
con la Libia in seguito alla distruzione del convoglio "Tarigo"
ad opera di una squadriglia di cacciatorpediniere britannici.
Passato
il pericolo, nel pomeriggio dello stesso 18 aprile Orione e
Luisiano
ripartono da Trapani e si aggregano al convoglio "Nicolò
Odero",
partito da Palermo alle 23 del 18 e composto dai
piroscafi Isarco, Nicolò
Odero e Maddalena
Odero scortati dalle
torpediniere Antonio
Mosto (per
altra versione, probabilmente erronea, dal cacciatorpediniere Alvise
Da Mosto)
e Giuseppe
La
Farina (caposcorta),
successivamente sostituite dalla torpediniera Calliope e
dalla Polluce inviata
da Marilibia.
19 aprile
1941
Si aggregano al
convoglio anche la nave cisterna Alberto
Fassio e la
torpediniera Climene,
uscite da Trapani alle 5.40.
21
aprile 1941
Il
convoglio giunge nelle acque della Tripolitania mentre il porto di
Tripoli si trova sotto attacco da parte della Mediterranean Fleet,
uscita in mare con le corazzate Barham, Valiant e Warspite,
gli incrociatori leggeri Ajax, Orion, Perth e Gloucester e
tredici cacciatorpediniere per sottoporre il porto libico ad un
bombardamento navale. Fortunatamente, il convoglio avvista la flotta
nemica senza che questa, che non ha distaccato cacciatorpediniere per
cercare eventuali convogli in arrivo, faccia altrettanto; può così
tenersi defilato dalla zona battuta in attesa che il bombardamento si
concluda. Insoddisfatto da questa inazione, il comandante
della Polluce (capitano
di corvetta Massimo Marzi) si separa dal convoglio e dirige verso la
squadra britannica nella speranza di riuscire ad attaccala, ma prima
che l’alba inizi a schiarire la Mediterranean Fleet inverte la
rotta e se ne va, vanificando il tentativo.
Il convoglio entra
a Tripoli tra le 18 e le 22, ma l’Orione
risulterebbe essersene già separata in precedenza per fare ritorno a
Palermo, da dove parte alle 14 del 21 di scorta al piroscafo tedesco
Wachtfels,
diretto a Tripoli. Una volta in mare aperto, il Wachtfels
si unisce ad un convoglio («Arcturus»)
proveniente da Napoli e formato dai piroscafi tedeschi Arcturus,
Castellon
e Leverkusen
e dalla motonave italiana Giulia,
con la scorta dei cacciatorpediniere Folgore
(caposcorta), Saetta,
Turbine
e Strale.
24 aprile 1941
Orione e Procione (caposcorta, capitano di corvetta Riccardo Imperiali) salpano da Napoli alle 23 insieme alla torpediniera Castore ed ai cacciatorpediniere Fulmine ed Euro, per scortare a Tripoli un convoglio formato dalle motonavi italiane Birmania e Rialto e dai piroscafi tedeschi Reichenfels, Marburg e Kybfels (convoglio «Birmania» o «Seetransportstaffel. 23»).
25 aprile 1941
Al convoglio si unisce anche il trasporto truppe Marco Polo, scortato dalla torpediniera Orsa.
A causa di movimenti delle forze navali britanniche sia ad est che ad ovest del Canale di Sicilia (e conseguente allarme navale) e del mare tempestoso, il convoglio viene dirottato in porti della Sicilia, diviso in due gruppi: piroscafi e torpediniere vengono fatti rifugiare a Palermo alle 21.30 del 25, mentre le motonavi riparano a Messina alle 18. (Per altra versione il convoglio sarebbe stato dapprima dirottato su Palermo e poi diviso tra Augusta e Messina).
Ripartiranno solo nella notte tra il 29 ed il 30 aprile.
30 aprile 1941
I due gruppi salpano da Palermo a Messina nelle prime ore della notte e riformano il convoglio (cui si è frattanto unita un’altra torpediniera, la Canopo) al largo di Augusta. Quest’ultimo passa a nord della Sicilia e poi imbocca la rotta delle Kerkennah, la più adatta per restare il più lontano possibile dalle navi britanniche ancora in movimento nel Mediterraneo Orientale.
Per ordine di Supermarina, le Divisioni incrociatori III (incrociatori pesanti Trieste e Bolzano) e VII (costituita in questa circostanza dal solo incrociatore leggero Eugenio di Savoia) ed i cacciatorpediniere Ascari, Carabiniere (per la III Divisione) e Gioberti (per la VII Divisione) escono in mare per proteggere il convoglio da eventuali attacchi da parte delle forze di superficie britanniche che sono ancora in mare.
1° maggio 1941
Alle 12.51, nei pressi delle Kerkennah ed ottanta miglia a nord di Tripoli, il sommergibile britannico Undaunted (tenente di vascello James Lees Livesey) attacca il convoglio con lancio di siluri, che vengono evitati con la manovra e passano tra i mercantili (uno passa a poppavia della Rialto); alle 12.44 il sommergibile ha lanciato un segnale di scoperta relativo ad un grosso convoglio scortato in posizione 34°40' N e 12°20' E, su rotta 205° e con velocità 8 nodi.
Il convoglio viene anche infruttuosamente attaccato da aerei; da Malta prende il mare per intercettarlo una formazione composta dall’incrociatore leggero Gloucester e dai cacciatorpediniere Kelly, Kelvin, Kashmir, Kipling, Jersey e Jackal, ma non riesce a rintracciarlo.
Tutte le navi raggiungono indenni Tripoli alle 23 (o 21).
3 maggio 1941
L’Orione si trova nel porto di Tripoli, insieme ad altre unità mercantili (tra cui il trasporto truppe Marco Polo) e militari (tra cui la Procione, la torpediniera Castore ed i cacciatorpediniere Fulmine ed Euro) quando saltano in aria, per cause controverse, la motonave Birmania e l’incrociatore ausiliario Città di Bari, cariche di munizioni, arrecando seri danni alle strutture portuali.
4 maggio 1941
Orione, Pegaso e la torpediniera Cassiopea partono da Napoli per Tripoli all’1.15, insieme ai cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi (caposcorta), Antonio Da Noli e Lanzerotto Malocello della XIV Squadriglia Cacciatorpediniere, formando la scorta diretta di un convoglio (convoglio «Victoria») diretto a Tripoli e scortato dalle motonavi Victoria, Andrea Gritti, Marco Foscarini, Sebastiano Venier, Barbarigo, Ankara (tedesca) e Calitea.
Dal momento che a Malta sono state avvistate unità leggere della Royal Navy, il convoglio gode anche della scorta a distanza della VII Divisione Navale (ammiraglio di divisione Ferdinando Casardi), con gli incrociatori leggeri Eugenio di Savoia, Muzio Attendolo ed Emanuele Filiberto Duca d'Aosta, ed i cacciatorpediniere Nicoloso Da Recco, Alvise Da Mosto, Antonio Pigafetta, Giovanni Da Verrazzano e Nicolò Zeno. Queste navi prendono posizione in testa al convoglio «Victoria» alle 20.03, a circa tre chilometri di distanza, con i cacciatorpediniere in posizione di scorta avanzata. La formazione di marcia notturna disposta da Casardi è così articolata: cacciatorpediniere in scorta avanzata, seguiti dagli incrociatori in linea di fila, seguiti dal convoglio disposto su tre colonne, con scorta laterale. Ciò al fine di consentire alle navi della VII Divisione di reagire prontamente contro unità di superficie che dovessero attaccare dai settori dove ciò appare più probabile, senza essere intralciati nelle manovre da convoglio e scorta, che avrebbe inoltre così modo di allontanarsi senza perdite. La scorta diretta, secondo la valutazione dell’ammiraglio, dovrebbe bastare a proteggere il convoglio da attacchi nei settori poppieri, che comunque sono poco probabili, stante la velocità del convoglio e la posizione delle basi britanniche.
Fino al tramonto, il convoglio fruisce di numerosa scorta aerea con velivoli sia da caccia che da bombardamento.
5 maggio 1941
La navigazione notturna si svolge senza inconvenienti.
Alle 5.45 la VII Divisione si porta sulla congiungente Malta-convoglio, sulla quale poi si mantiene zigzagando per tutta la giornata, tenendosi in vista del convoglio. Alle 6.40 sopraggiungono i primi velivoli della scorta aerea (idrovolanti della ricognizione marittima e bombardieri).
Alle 14.26 viene avvistato un secondo convoglio, il «Marco Polo», in navigazione su rotta opposta, e la VII Divisione passa a scortare quest’ultimo, mentre il «Victoria» dirige su Tripoli.
Dopo un viaggio nel quale il convoglio «Victoria», continuamente pedinato da ricognitori, ha subito diversi infruttuosi attacchi aerei, le navi entrano a Tripoli alle 20.45.
12 maggio 1941
Alle dieci l’Orione, insieme alla Pegaso ed alla torpediniera Clio (caposcorta), salpa da Tripoli scortando i piroscafi Nicolò Odero e Maddalena Odero, diretti in Italia. Il convoglio (che gode della scorta indiretta dell’VIII Divisione Navale, con gli incrociatori leggeri Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi e Giuseppe Garibaldi e dei cacciatorpediniere Granatiere e Bersagliere), in base agli ordini ricevuti deve seguire la costa della Tripolitania fino all’altezza di Zuara, per poi fare rotta per Trapani.
Alle 18.40, a nord di Tripoli ed al largo di Zuara, uno dei velivoli della scorta aerea segnala la presenza di un sommergibile sul lato del convoglio rivolto verso il mare aperto; la Pegaso, che in quel momento dista diverse miglia dal convoglio, lascia la formazione e si dirige sul posto indicato dall’aereo. La nave attacca il presunto sommergibile con bombe di profondità, dopo di che vede emergere in superficie vaste chiazze di nafta; alle 20.28, ritenendo di aver affondato il sommergibile, ritorna in formazione, comunicando alla Clio quanto accaduto. (È possibile che il sommergibile attaccato dalla Pegaso fosse il britannico Undaunted, del tenente di vascello James Lees Livesey, alla sua prima missione in Mediterraneo, scomparso negli stessi giorni e nella stessa zona. A favore dell’ipotesi di un suo affondamento da parte della Pegaso, vi sono l’avvistamento da parte dell’aereo di scorta, l’abbondante quantità di nafta vista affiorare in superficie, ed il fatto che l’attacco della Pegaso avvenne effettivamente nel settore d’agguato assegnato all’Undaunted; contro quest’ipotesi, invece, vi è il fatto che il 12 maggio l’Undaunted, in base agli ordini, non si sarebbe dovuto trovare nella zona dove avvenne l’attacco, bensì già in navigazione di ritorno verso Malta, ma è possibile che il suo comandante avesse deciso di restare in zona per un altro giorno, o che qualche avaria avesse impedito al sommergibile di tornare. Rimane anche la possibilità che il sommergibile sia affondato su un campo minato).
15 maggio 1941
Il convoglio giunge a Napoli alle 5.
25 luglio 1941
L’Orione salpa da Napoli alle 21 per scortare a Tripoli la motonave cisterna Poza Rica.
26 luglio 1941
Le arrivano a Palermo alle dieci, sostandovi per qualche giorno.
30 luglio 1941
Altra sosta, a Trapani. Qui l’Orione si unisce ad un convoglio proveniente da Napoli e formato dalle motonavi Andrea Gritti, Rialto, Ankara (tedesca) e Vettor Pisani, scortate da Procione, Pegaso e dal cacciatorpediniere Lanzerotto Malocello (caposcorta). (Per altra fonte l’Orione sarebbe proseguita il 31 luglio con la Poza Rica, arrivando a Tripoli alle 13.30 del 1° agosto).
31 luglio 1941
Tra le 19.30 e le 20.45, circa 20 miglia a nordovest di Pantelleria (altra fonte parla di 50 miglia a nordovest dell’isola), il convoglio viene attaccato da bombardieri Bristol Blenheim della Royal Air Force decollati al tramonto da Luqa (Malta) e guidati dal maggiore George Goode; la reazione della scorta abbatte uno degli aerei (colpito dal tiro del Malocello e poi inseguito e colpito ancora da due caccia FIAT CR. 42 della scorta aerea) e li costringe tutti a sganciare le proprie bombe in mare e ritirarsi.
1° agosto 1941
Raggiunto nell’ultimo tratto dalla torpediniera Partenope, il convoglio arriva a Tripoli alle 13.30.
2 agosto 1941
L’Orione riparte da Tripoli alle 17 per scortare a Palermo il piroscafo Motia.
6 agosto 1941
Orione e Motia arrivano a Palermo alle 15.30.
4 agosto 1941
Orione, Orsa e Procione (caposcorta) lasciano Tripoli alle 9 scortando i piroscafi Caffaro e Motia, il primo dei quali ha a rimorchio la cannoniera Palmaiola. (Evidente incongruenza con il viaggio precedente, entrambi riportati nella storia ufficiale dell’USMM).
7 agosto 1941
Il convoglio raggiunge Napoli alle 7.
10 settembre 1941
Alle 10.30 Orione, Procione, Orsa, Pegaso, Fulmine ed Alfredo Oriani (capitano di fregata Vittorio Chinigò, caposcorta) salpano da Napoli diretti a Tripoli, scortando i piroscafi Tembien, Caffaro, Nirvo, Bainsizza e Nicolò Odero e la motonave Giulia. Si tratta del convoglio «Tembien», che, essendo composto da navi piuttosto lente, riceve l’ordine di seguire la rotta di ponente (Marettimo-Canale di Sicilia-Secche di Kerkennah).
Nel Canale di Sicilia si aggrega alla scorta anche la torpediniera Circe, proveniente da Trapani.
12 settembre 1941
Alle 3.10 di notte il convoglio, dopo essere stato scoperto da un ricognitore a sud di Pantelleria, viene attaccato da bombardieri od aerosiluranti, ma nessuna nave viene colpita, grazie alle manovre evasive, all’emissione di cortine nebbiogene ed alla reazione dell’armamento contraereo delle navi. Il mattino seguente, il convoglio procede su rotte varie nella zona delle Kerkennah, senza alcun allarme.
Alle 14, mentre il convoglio procede sotto scorta di velivoli della Regia Aeronautica, si verifica un nuovo attacco aereo, da parte di otto bombardieri (Fairey Swordfish dell’830th Squadron della Fleet Air Arm, decollati da Malta): i velivoli, provenienti da ovest, si avvicinano a bassa quota e sganciano le loro bombe. Sia le unità della scorta che i mercantili aprono il fuoco, puntato e di sbarramento: tre aerei nemici vengono abbattuti e precipitano in fiamme, ma alle 14.10 il Caffaro viene colpito ed incendiato da una bomba. Circe, Orsa e più tardi anche il Fulmine ricevono ordine di fornirgli assistenza, mentre il resto del convoglio prosegue. Alle 16.05 il Caffaro esplode ed affonda in posizione 34°14' N e 11°54' E (a nordovest di Tripoli); Circe ed Orsa si ricongiungono al convoglio, mentre il Fulmine, avendo a bordo un ferito gravissimo, dirige verso Tripoli.
Alle 23.54 il convoglio raggiunge il punto «C» della rotta di sicurezza di Tripoli; i piroscafi si dispongono in linea di fila.
13 settembre 1941
All’1.05 vengono avvistati 4-5 aerei che procedono con rotta 240° ed i fanali di via accesi; il caposcorta dirama l’allarme aereo, ed all’1.20 diversi razzi illuminanti (diciotto in tutto) si accendono sulla sinistra del convoglio. Le unità di scorta, in base agli ordini del caposcorta, emettono fumo; sia queste che i mercantili aprono il fuoco, puntato e di sbarramento.
Alle 2.30 l’attacco si conclude senza danni, e la formazione si riordina e riprende la navigazione.
Alle 3.45 si sentono rumori di aerei di poppa, ed alle 3.55 viene avvistato un fuoco galleggiante sulla dritta del convoglio. Di nuovo le unità di scorta iniziano ad emettere fumo, e tutte le navi aprono il fuoco di sbarramento: ma alle quattro del mattino, il Nicolò Odero viene colpito. Circe, Orsa e la torpediniera Perseo (inviata incontro al convoglio da Zuara e giunta durante l’attacco) vengono inviate ad assisterlo, mentre il resto del convoglio, riordinatosi in formazione alle cinque, prosegue.
All’alba partono da Tripoli i rimorchiatori Pronta e Porto Palo, che tentano vanamente di domare le fiamme sul Nicolò Odero con ogni mezzo disponibile, poi lo prendono a rimorchio e tentano dapprima di portarlo a Tripoli, indi lo portano ad incagliare in costa. Sarà tutto vano, perché alle 15 del 14 le fiamme raggiungeranno una stiva piena di munizioni, ed il Nicolò Odero salterà in aria.
All’alba otto bombardieri Bristol Blenheim del 105th Squadron RAF, guidati dal maggiore Smithers, attaccano il convoglio in posizione 34°14' N e 11°52' E: la scorta aerea, composta da tre caccia Macchi MC. 200 ed altrettanti FIAT CR. 42 del 230° Gruppo della Regia Aeronautica, interviene ed abbatte tre dei Blenheim, cioè i velivoli numero Z7357, Z7423 e Z7504. L’attacco fallisce.
Il resto del convoglio giunge a Tripoli alle 12.30 del 13.
18 settembre 1941
L’Orione, insieme al rimorchiatore militare Teseo, viene inviata in soccorso della motonave cisterna Ardor, silurata e danneggiata dal sommergibile britannico Triumph (capitano di fregata Wilfrid John Wentworth Woods) alle 8.43, al largo di Capo Colonna; il Teseo prende a rimorchio la petroliera e la porta a Crotone, mentre l’Orione fornisce loro scorta. (Secondo il giornale di bordo del Triumph, l’Ardor era scortata sul lato rivolto verso il mare aperto da una torpediniera “classe Spica”, spostata verso poppavia, che dopo il siluramento avrebbe incrociato avanti e indietro sempre sul lato rivolto verso il mare aperto, lanciando un totale di 44 bombe di profondità fino alle 9.50 per poi allontanarsi verso nord. Non è chiaro se la torpediniera in questione fosse l’Orione oppure un’altra unità).
22 settembre 1941
L’Orione salpa da Brindisi alle 14 per scortare a Bengasi i piroscafi Iseo e Capo Faro.
25 settembre 1941
Alle 00.30 il sommergibile britannico Thrasher (capitano di corvetta Patrick James Cowell), in agguato in posizione 32°17' N e 19°44' E in attesa del convoglio scortato dall’Orione, avvista due navi a proravia dritta ed accosta per avvicinarsi, ma poco dopo identifica le due unità come navi scorta in navigazione su rotta 320°; ritenendo che siano dirette incontro al convoglio, alle 00.42 Cowell si ritira verso ovest ad alta velocità e poi dirige verso nord per intercettare il convoglio. All’1.32, in posizione 32°27.5' N e 19°41.5' E, avvista del fumo su rilevamento 280°, accosta verso di esso ed identifica quelle che ritiene essere quattro navi, di cui un mercantile di 1500 tsl in testa, uno di 2000 tsl che lo segue a un miglio e mezzo di distanza, e due “cacciatorpediniere” che girano in cerchio, uno attorno a ciascun mercantile. In realtà, le navi sono solo tre e cioè Iseo, Capo Faro ed Orione, cui poco più tardi si unirà un’altra torpediniera, la Centauro.
Il Thrasher procede con rotta parallela ed opposta a quella del convoglio sul lato sinistro, per poi accostare verso di esso all’1.50; dieci minuti più tardi un “cacciatorpediniere” compare da poppavia del mercantile più vicino, già scelto come bersaglio, e punta dritto sul sommergibile britannico. Cowell decide quindi di rompere gli indugi e lanciare: alle 2.02 lancia quattro siluri, alle 2.05 ne lancia un quinto dopo un’accostata a sinistra, ed alle 2.06, essendo il “cacciatorpediniere” sempre diretto verso di lui, s’immerge. Nessuno dei siluri va a segno, ed anzi le navi italiane non si accorgono neanche dell’attacco; alle 2.28 il Thrasher riemerge ed inizia a seguire il convoglio.
Alle 2.40 il convoglio incontra il sommergibile Onice ed i cacciasommergibili Zuri e Zirona, recatiglisi incontro per informarlo dell’avvistamento in zona (alle 00.45, in posizione 32°25' N e 19°45' E, da parte dell’Onice) di un sommergibile nemico, cui hanno dato infruttuosamente la caccia un’ora prima: si tratta proprio il Thrasher, che alle 3.04 avvista due unità, identificate come navi scorta (forse Zuri e Zirona), ed alle 3.11 s’immerge dal momento che queste si stanno avvicinando rapidamente. Alle 3.21 il sommergibile rileva l’arrivo di una terza nave scorta, ma alle 3.30 il loro rumore inizia ad allontanarsi, per poi scomparire del tutto alle 3.45. Alle 3.50 il Thrasher riemerge: non ci sono più navi in vista.
Il convoglio giunge a Bengasi alle sei (o 6.20); tredici ore dopo, l’Orione ne riparte scortando i piroscafi Petrarca e Capo Orso, diretti in Italia.
28 settembre 1941
Il convoglio raggiunge Brindisi alle 9.30.
7 ottobre 1941
Alle 17 l’Orione va a rinforzare la scorta del piroscafo Bravo (carico di duemila tonnellate di carbone ed un centinaio di tonnellate di motorina in fusti), in navigazione da Taranto a Bengasi con la scorta dell’incrociatore ausiliario Olbia. Quest’ultimo lascia il piccolo convoglio alle 23.
10 ottobre 1941
Raggiunte dalla torpediniera Calliope con compiti di pilotaggio, Orione e Bravo entrano a Bengasi alle undici.
12 ottobre 1941
Orione, Calliope ed il sommergibile Onice effettuano un pattugliamento antisommergibili al largo di Bengasi.
16 novembre 1941
L’Orione (tenente di vascello Mario Gambetta) salpa da Brindisi alle 17 per scortare a Bengasi il piroscafo italiano Bolsena (con un carico di 341 tonnellate di viveri e materiali di commissariato, 395 tonnellate di munizioni, 140 tonnellate di viveri e materiali vari per gli enti civili della Libia, 330 tonnellate di munizioni e materiali vari per le forze tedesche e cinque tra automezzi e rimorchi) ed il tedesco Tinos (avente a bordo 3383 tonnellate di materiale bellico per le forze tedesche, 14 tonnellate di materiale per il Regio Esercito e quattro tra automezzi e rimorchi).
17 novembre 1941
Nell’arco di meno di un’ora, il convoglio subisce due attacchi di sommergibili britannici.
Il primo ad attaccare è l’Upright (tenente di vascello John Somerton Wraith), che alle 11.10 avvista fumo ed un aereo verso nord: avvicinatosi, alle 11.25 scende a quota periscopica ed avvista alberature e fumaioli di due navi mercantili e di un cacciatorpediniere. Tuttavia, dal momento che le navi avvistate sono troppo lontane e sembrano seguire una rotta che le terrebbe al di fuori della portata dell’Upright, il sommergibile torna a scendere in profondità; tornato poi a quota periscopica alle 11.40, nota che le navi hanno accostato verso di lui, pertanto inizia una manovra d’attacco, ma alle 11.50 il convoglio accosta di nuovo e torna sulla rotta precedente, obbligando Wraith ad attaccare da una distanza maggiore rispetto a quanto auspicato. Alle 12.05, in posizione 38°09' N e 19°29' E (una cinquantina di miglia ad ovest di Cefalonia), l’Upright lancia quattro siluri contro Bolsena e Tinos (la cui stazza ha correttamente valutato in circa 3000 tsl), due per nave, da una distanza di 4600 metri; nessuna delle armi va a segno, e nemmeno viene avvistata dalle navi dell’Asse.
Alle 12.25 il secondo sommergibile, l’Urge (capitano di corvetta Edward Philip Tomkinson), avvista le tre navi del convoglio (identificate come due mercantili di circa 3500 tsl diretti verso sud e scortati da un “cacciatorpediniere”) ad otto miglia di distanza, su rilevamento 300°, ed alle 13.02, in posizione 37°57' N e 19°47' E (una quarantina di miglia ad ovest di Cefalonia), lancia tre siluri contro il mercantile di coda, anch’esso da 4600 metri. Anche stavolta i siluri non vanno a segno; alle 13.10 l’Urge rileva l’esplosione di quattro bombe di profondità.
Poco prima delle 15 il convoglio viene pesantemente attaccato da sei bombardieri britannici a trenta miglia per 200° da Zante; l’attacco coglie le navi italiane di sorpresa, le bombe iniziano a cadere subito dopo che è stato ordinato il posto di combattimento. Nonostante la sorpresa, nessuna bomba va a segno, ma alcune cadono vicine ai due mercantili, arrecando loro alcuni danni; il convoglio viene pertanto dirottato su Navarino.
18 novembre 1941
Il convoglio giunge a Navarino alle 7.40. Questa missione è così descritta da un radiotelegrafista dell’Orione (che fornisce una spiegazione diversa per la sosta a Navarino rispetto a quanto riportato dalla storia ufficiale dell’USMM): “17 NOVEMBRE 1941 Ore 14.54 a 30 miglia per 200° dall’isola di Zante siamo attaccati, quasi di sorpresa, da sei bombardieri inglesi. Facciamo appena in tempo a battere posto di combattimento che le bombe cominciano a cadere sul convoglio. Malgrado la sorpresa, l’attacco riesce infruttuoso, perché le bombe pur cadendo molto vicine ai piroscafi vanno a finire tutte in mare. Riusciamo a colpire con le mitragliatrici alcuni aerei. Finito l’attacco la navigazione prosegue normale. Poche ore dopo in posizione 36° 51’ lat. Nord e 20° 20’ long. Est riceviamo via radio un messaggio cifrato da Roma col quale ci ordina di rientrare nel porto di Navarrino (Grecia) perché nei nostri paraggi si trovano ingenti forze navali nemiche. Cambiamo immediatamente rotta e alla massima velocità dirigiamo per Navarrino. Alle ore 8.30 del 18 novembre entriamo in porto. Salpiamo le ancore alle 18.30 dello stesso giorno e col convoglio riprendiamo la rotta per Bengasi. Si naviga alla velocità di 10 nodi orari. Mezzanotte. “Guardia a rilevare!” Vado nella stazione radio per le mie quattro ore di guardia. Mi sono appena messo la cuffia che sento Roma chiamarmi e trasmettermi un cifrato col quale ci ordina di nuovo di rientrare a Navarrino. Arriviamo alle 9.50 del 19 novembre. Diamo fondo all’ancora nella piccola rada. Durante le giornate del 19 e del 20, quasi ogni ora da verso le 10 del mattino, fino al tardo pomeriggio aerei nemici da ricognizione sci sorvolano, con lo scopo evidente di controllare i nostri movimenti. Li accogliamo discretamente bene a cannonate e mitragliate”.
Nel tardo pomeriggio dello stesso 18 ottobre, verso le quattro, il sommergibile polacco Sokol (capitano di corvetta Borys Karnicki) riceve ordine dal comando della 1st Submarine Flotilla di portarsi nella baia di Navarino, da dove secondo informazioni dell’intelligence britannica dovrà partire prossimamente un convoglio di tre navi mercantili e due cacciatorpediniere diretto in Nordafrica (con ogni probabilità il convoglio in questione è proprio quello dell’Orione).
19 novembre 1941
Alle 8.30 il Sokol tenta di entrare nella baia di Navarino per attaccare le navi italiane alla fonda al suo interno, ma incappa nelle reti antisommergibili posate proprio per impedire incursioni del genere; dopo otto minuti riesce a liberarsi e si ritira verso il mare aperto, con il periscopio principale danneggiato.
21 novembre 1941
Alle 12.05 il Sokol torna alla carica: riavvicinatosi all’imboccatura della baia di Navarino, osserva due siluranti all’ormeggio, identificate come un cacciatorpediniere classe Aviere (si tratta in realtà dello Strale) ed una torpediniera classe Spica (si tratta in realtà dell’Orione). Alle 15.40 lancia due siluri contro lo Strale da una distanza di 3660 metri, seguiti da un terzo alle 15.42; quest’ultimo ha però il giroscopio difettoso e torna indietro, mancando di stretta misura lo stretto Sokol. Sebbene l’equipaggio polacco avverta alle 15.43 due esplosioni, seguite da “gorgoglii” ed esplosioni di minore entità rilevate dal sonar, nessun siluro va a segno; uno manca l’Orione di pochi metri, passandole a prua. Il Sokol si ritira poi verso nordovest.
Qualche ora dopo, constatato che i danni subiti dai due piroscafi nell’attacco aereo di due giorni prima non sono gravi, il convoglio riparte da Navarino alle 19, con l’aggiunta del cacciatorpediniere Strale (capitano di corvetta Luca Goretti) di rinforzo alla scorta.
Alle 23.15 il Sokol avvista di nuovo il convoglio a dieci miglia per 270° da Capo Sapienza, da una distanza di 3600 metri. Nella notte estremamente buia, in cui il convoglio a tratti scompare del tutto tra le nubi all’orizzonte, Karnicki scambia una delle due navi scorta per un terzo mercantile; il comandante polacco apprezza la rotta delle navi italiane come sudovest, la stazza dei mercantili come 3000 tsl, e la velocità come dieci nodi. Alle 23.20 il convoglio accosta verso sud, e Karnicki lo insegue a tutta forza; alle 23.35 accosta di nuovo verso sudovest, ed alle 23.38, da una distanza di 5500-6400 metri, il Sokol lancia tre siluri su rotta 125° a venti secondi d’intervallo l’uno dall’altro, con la nave di testa come punto di mira (in quel momento la sua posizione è 36°35' N e 21°28' E). Dopo aver lanciato, accosta di 90°, ed alle 23.40 s’immerge per ricaricare. Alle 23.45 il Sokol avverte due forti esplosioni a tre secondi d’intervallo, seguite da un rumore stridente prolungatosi per circa due minuti, ma in realtà nessun siluro è andato a segno.
23 novembre 1941
Il convoglio giunge a Bengasi alle 8.15.
8 dicembre 1941
All’una di notte l’Orione (tenente di vascello Mario Gambetta) parte da Brindisi per una missione di trasporto verso Derna, nel periodo più critico della guerra dei convogli; trasporta 40 tonnellate di benzina.
È il momento più critico della guerra dei convogli per il Nordafrica: nel mese precedente le forze aeronavali britanniche hanno causato la perdita di quasi il 70 % dei rifornimenti inviati in Libia, percentuale mai sfiorata prima e mai raggiunta in seguito; la Forza K di Malta ha completamente annientato due convogli («Duisburg» e «Maritza») e del carburante inviato in Africa nel corso del mese appena l’8 % è giunto a destinazione. Forti della critica situazione dei rifornimenti delle forze italo-tedesche, i britannici sono passati all’offensiva, scatenando il 18 novembre l’operazione "Crusader" che li porterà nel giro di poco più di un mese alla conquista di tutta la Cirenaica, per la seconda volta in meno di un anno.
La gravità della situazione (e le pressioni tedesche) hanno indotto Supermarina ad impostare, il 22 novembre, un programma d’emergenza di trasporto di rifornimenti in Cirenaica per mezzo di navi da guerra, che compiranno i loro viaggi in navigazione isolata od a coppie, facendo affidamento sulla maggior velocità e capacità di autodifesa rispetto alle navi mercantili: il programma prevede l’impiego in missioni veloci di trasporto degli incrociatori leggeri Luigi Cadorna, Alberico Da Barbiano ed Alberto Di Giussano, dei cacciatorpediniere Corazziere, Carabiniere, Ugolino Vivaldi, Nicoloso Da Recco, Antonio Pigafetta, Emanuele Pessagno ed Antoniotto Usodimare delle torpediniere Orsa, Procione ed Orione e dei sommergibili Ammiraglio Cagni, Ammiraglio Millo, Ammiraglio Saint Bon, Ammiraglio Caracciolo, Pietro Micca, Ciro Menotti e Ruggiero Settimo. I sommergibili dovranno trasportare rifornimenti (140 tonnellate di carburante e tre tonnellate di materiali vari i quattro “Ammiragli”, 175 tonnellate di carburante il Micca, tra le 11 e le 20 tonnellate di viveri i più piccoli Menotti e Settimo) a Derna e Bardia, gli ancoraggi più vicini alla linea del fronte, al ritmo di un’unità ogni due giorni, mentre i cacciatorpediniere trasporteranno ciascuno circa 95 tonnellate di carburante in fusti e lattine a Bengasi, facendo la spola con Suda su base giornaliera (od anche due unità al giorno) e le torpediniere trasporteranno ciascuna 65 tonnellate di carburante in lattine e fusti a Derna, facendo la spola tra quel porto e Suda, anch’esse su base giornaliera. Gli incrociatori effettueranno invece missioni eccezionali, con destinazione Tripoli e Bengasi, trasportando varie centinaia di tonnellate di carburante, provviste e munizioni. A Suda dovrà dislocarsi il piroscafo tedesco Bellona, carico di fusti di carburante, che fungerà da deposito galleggiante di carburante dal quale le siluranti preleveranno i carichi da portare in Cirenaica.
Delle torpediniere, in particolare, l’Orione partirà da Brindisi per Derna e poi dirigerà per Suda, mentre l’Orsa effettuerà analogo percorso ma con partenza da Taranto, e la Procione andrà da Argostoli a Bengasi e poi raggiungerà anch’essa Suda, da dove farà poi la spola con Derna.
La navigazione dell’Orione è ostacolata dal forte vento da sud-sud-ovest, con piovaschi e fitta nebbia; in serata la torpediniera avvista il faro di Capo Gherogambo e dirige per entrare nel porto di Argostoli, ma non presentandosi nessuna unità per il pilotaggio il comandante Gambetta, in considerazione delle condizioni meteorologiche, decide di pendolare fuori dalla baia in attesa che il tempo migliori.
Alle 22 l’Orione avvista una scia di siluro, e subito dopo un sommergibile emerge sulla sua dritta: si tratta del britannico Talisman (tenente di vascello Michael Willmott), che ha avvistato la torpediniera italiana in navigazione a luci spente alle 21.54, in posizione 38°00' N e 20°28' E (all’imbocco del golfo di Livadi ed una decina di miglia a sud di Argostoli; la posizione indicata dalle fonti italiane è 36°10' N e 24°36' E). A causa dell’oscurità, il comandante britannico ha ritenuto erroneamente che l’unità avvistata fosse un sommergibile, ed alle 21.57 ha lanciato tre siluri contro l’Orione da appena 365 metri di distanza; Willmott avrebbe voluto lanciarne anche un quarto, ma ha rinunciato dopo che la nave italiana ha avvistato le scie e messo subito le macchine indietro tutta.
Tutti e tre i siluri lanciati mancano l’Orione, passandole a proravia o passando sotto lo scafo senza esplodere. Ancora convinto di avere a che fare con un sommergibile, il Talisman apre il fuoco con il cannone di coperta e le mitragliere da ridottissima distanza, ma alle 22 l’Orione accosta verso di lui per speronarlo; il sommergibile, tuttavia, si trova all’interno del raggio d’evoluzione della torpediniera, che dopo una virata di circa 180° finisce col defilare sul lato opposto, mancando la sua poppa di circa 45 metri. Solo a questo punto Willmott si rende conto che l’unità che ha attaccato è una torpediniera o cacciatorpediniere, e precipitosamente ordina l’immersione rapida; intanto l’Orione ha aperto il fuoco a sua volta, ma trovandosi sottovento con mare grosso di prua gli spruzzi generati dal mare mosso limitano fortemente la visibilità per il personale addetto a cannoni e mitragliere. (Secondo il volume USMM "La lotta antisommergibili", una raffica di mitragliera del Talisman avrebbe colpito in pieno l’Orione, uccidendo un sottufficiale e ferendo alcuni marinai; anche un messaggio del Comando della Divisione "Acqui" al Comando Supremo parla di un morto sull’Orione. Tuttavia, l’albo dei caduti e dispersi della Marina Militare nella seconda guerra mondiale non riporta alcuna perdita tra l’equipaggio della torpediniera).
Subito dopo che il Talisman si è immerso, l’Orione si porta sulla sua verticale e dalle 22.05 alle 23.15 lo sottopone a caccia con il lancio di un totale di 43 bombe di profondità in vari passaggi (sul sommergibile vengono contate 44 esplosioni), causando la rottura di alcune lampadine e pochi altri danni a bordo del sommergibile. Tornato a quota periscopica alle 23.51, il Talisman non vede più alcuna nave, pertanto riemerge.
Nel suo rapporto, il comandante Gambetta ipotizzerà correttamente che il sommergibile che ha attaccato l’Orione non avesse compreso di avere a che fare con una nave da guerra, avendo visto il personale del sommergibile correre alle armi per rispondere al fuoco (il che sarebbe stato del tutto suicida contro un’unità di superficie) e gridare al suo indirizzo. Riterrà anche, in questo a torto, di aver messo a segno un paio di colpi con i cannoni da 100/47 mm a dispetto del mare mosso che ostacolava il tiro.
L’11 dicembre uomini della 33a Divisione Fanteria "Acqui", di stanza a Cefalonia, rinverranno un cadavere nella zona in cui si è svolto lo scontro tra Orione e Talisman, ed un respiratore d’emergenza Davis sulla costa di Theodoros, il che indurrà il Comando della Divisione a ritenere che il sommergibile sia stato affondato dall’Orione. In realtà, il cadavere ed il respiratore provengono da un altro sommergibile britannico, il Perseus, saltato su una mina nella stessa zona due giorni prima.
Supermarina, sulla base delle informazioni disponibili, concluderà che l’Orione abbia seriamente danneggiato il sommergibile avversario.
9 dicembre 1941
Entra ad Argostoli alle 10.30, sostandovi fino all’indomani.
10 dicembre 1941
Lascia Argostoli alle 17.30.
11 dicembre 1941
Entra a Suda alle dieci, ma poco dopo riceve ordine di prendere nuovamente il mare per andare in soccorso della torpediniera Alcione, silurata dal sommergibile britannico Truant. Una volta giunta sul posto, l’Orione constata che l’Alcione è già stata portata all’incaglio, e non necessita più di aiuto (affonderà in acque basse poco dopo); provvede allora a dare la caccia al sommergibile fino a sera, ma senza successo.
Dal
diario del già citato radiotelegrafista: “10
DICEMBRE 1941 Verso sera il mare è quasi calmo per cui possiamo
riprendere la navigazione. Salpiamo alle ore 17.30 per Suda (Isola di
Candia), velocità 18 nodi orari. Entriamo nel porto di Suda alle ore
10 dell’11 Dicembre, diamo fondo alle ancore in rada. Ore 15.45 un
piroscafo entrando in porto si avvicina al nostro bordo, il
comandante della nave ci grida col microfono: “Orione! Andate a
dare assistenza alla torpediniera Alcione che è stata colpita a
poppa da un siluro corre il rischio di affondare.” Salpiamo
immediatamente, ma appena fuori dal porto vediamo l’Alcione arenata
sotto costa. Diamo caccia al sommergibile fino al tramonto, lanciando
numerose bombe, ma senza visibili risultati, qualche ora dopo il
tramonto rientriamo in porto. Poco prima della mezzanotte salpiamo
per Derna, con un mare abbastanza mosso.
A metà strada
intercetto un messaggio cifrato da Roma, che avvisa della presenza di
due incrociatori nemici che navigano al largo di Derna per il
recupero di naufraghi di aerei nemici abbattuti. Comunico la scoperta
al comandante, il quale, calcolata la distanza tra la nostra
posizione e quella delle navi nemiche, rileva che essa è
relativamente piccola. Questa notizia non fa certamente piacere al
comandante né ad ognuno di noi.
Il capo marconista entra in
stazione radio, si siede, accende una sigaretta e si mette a
discutere con me sulla questione. Noto in lui una certa ansia … una
certa trepidazione … ma non gli do torto, perché la situazione è
alquanto tragica. Calcoliamo che non cambiando nulla dovremmo aver
contatto con le navi nemiche nella mattinata seguente. E incontrarci
con forze di gran lunga superiori a noi e carichi di benzina come
eravamo certo l’avremmo passata brutta. Pure, il comandante
seguitava ad andare avanti, rassegnati ci auguravamo di non scorgere
il fatale “fil di fumo” all’estremo confine dl mare. Il capo
marconista non potendone più si recò dal comandante per
consigliarli di fare dietro-front
“Sapete comandante … non è
prudente … soli … con tanta benzina a bordo … seguitare ad
andare avanti”. Ed il comandante “Ma io non ho avuto nessun
ordine da Roma”. “Va bene, ma l’iniziativa è vostra”
“Credete, capo, che sia bene tornare indietro? Nell’indecisione
del comandante ci spingemmo fino a 80 miglia da Derna. Finalmente si
decise e ci fece trasmettere un telegramma a Roma chiedendo ordine di
tornare indietro. Il Ministero rispose subito comunicandoci di
tornare indietro a Suda. Arrivammo a Suda la mattina del 15
dicembre”.
16 dicembre 1941
Lascia Suda alle 20.30, diretta a Derna, ma alle 21.44 avvista ad ottocento metri di distanza sulla dritta un sommergibile emerso in navigazione con rotta nord, in posizione 35°31' N e 23°19' E (sedici miglia ad ovest di Phalasarna, nell’isola di Creta, ed al largo di Cerigotto; altre fonti affermano che l’azione sarebbe avvenuta a sud di Creta od a sud di Salamina, ma sembra trattarsi di un errore, altre ancora parlano di 18 miglia ad ovest di Creta o nel Canale di Cerigotto, mentre altre indicano come coordinate 35.517° N e 23.317° E, 35°19' N e 23°11' E, 35°33' N e 23°14' E o ancora 35°18'35″ N e 23°11'28″ E. Il KTB del comando navale tedesco di Creta indica la posizione come 13 miglia a sudovest di Grabusa, mentre il Comando Navale tedesco in Italia riporta un’ora diversa, le 22.30, e la posizione come 15 miglia ad ovest di Creta). Non risultando la presenza di sommergibili amici nei paraggi, l’Orione lo ritiene un’unità britannica, apre il fuoco contro di esso con cannoni e mitragliere e manovra per speronarlo a tutta forza. Il sommergibile tenta di evitare la collisione accostando con tutta la barra a sinistra, ma invano; l’Orione lo sperona a poppavia della torretta, con un angolo di 60 gradi, mandandolo immediatamente a fondo. (Curiosamente, nel volume USMM "La difesa del traffico con l’Africa Settentrionale dal 1° ottobre 1941 al 30 settembre 1942" si afferma che il sommergibile – che viene descritto come un’unità nemica, senza ulteriori dettagli – avrebbe anche attaccato l’Orione, senza successo, e che sarebbe stato soltanto danneggiato dallo speronamento: “nella notte è attaccata da sommergibile che non colpisce. La torpediniera sperona l’unità avversaria danneggiandola”. È parimenti interessante notare che questa missione, a differenza di quelle effettuate nello stesso periodo da altre siluranti impiegate nel trasporto di carburante verso la Libia, non viene descritta in dettaglio nel corpo del testo, ma soltanto riassunta succintamente nella cronologia in appendice).
Dopo lo speronamento vengono osservati dei segnali luminosi intermittenti, forse provenienti da dei naufraghi, ma la torpediniera, seriamente danneggiata nella collisione, si allontana senza cercare eventuali superstiti (un sito Internet afferma che non sarebbe stata tentata una ricerca di eventuali naufraghi nel timore di un peggioramento delle condizioni meteorologiche, ma la fonte non è chiara). Per i gravi danni subiti a prua nella collisione, l’Orione deve fare ritorno a Suda.
(L’U-Boot Archiv ipotizza che i segnali luminosi osservati dall’Orione possano essere in realtà stati visti dall’Orione prima dello speronamento, e che questi potessero essere i segnali di riconoscimento effettuati dall’U 557, che aveva avvistato l’Orione e, comprendendo che doveva trattarsi di un’unità amica, aveva proseguito per la sua rotta, per poi immergersi dopo aver effettuato il segnale di riconoscimento senza aver avuto risposta; lo speronamento sarebbe avvenuto proprio mentre l’U-Boot si stava immergendo, e ciò spiegherebbe il mancato ritrovamento non solo di superstiti, ma anche di corpi od altre tracce del sommergibile durante le successive ricerche condotte dalla Luftwaffe. È singolare notare che il citato volume USMM, pur pubblicato decenni dopo la fine della guerra, nel descrivere sinteticamente questo episodio non menzionato l’U 557, ma accenna ad un’unità “avversaria” che sarebbe stata solo danneggiata dallo speronamento).
Risulterà poi che il sommergibile affondato era in realtà il tedesco U 557 (tenente di vascello Ottokar Arnold Pahulsen), entrato in Mediterraneo il 26 novembre (con scalo intermedio a Messina dal 7 al 9 dicembre) e diretto alla base di Salamina dopo aver affondato l’incrociatore leggero britannico Galatea al largo di Alessandria il giorno precedente. Alle 18.06 del del 16 dicembre l’U 557 aveva comunicato la propria posizione, annunciando il suo arrivo a Salamina diciotto ore più tardi, ma il Comando tedesco ha informato quello italiano del passaggio dell’U 557 nella zona attraversata dall’Orione solo verso le 22 del 16 dicembre, quando la tragedia si è già consumata.
Aerei della Luftwaffe, inviati l’indomani a cercare eventuali superstiti dei 43 uomini dell’equipaggio dell’U 557 (saputo dell’attacco dell’Orione, il Comando navale tedesco dell’Egeo e quello della 23. Unterseebootsflottille cui apparteneva l’U 557 hanno subito intuito la reale identità del sommergibile affondato, ordinando un’operazione di ricerca e soccorso con gli aerei), non ne troveranno nessuno.
Il diario del Comando dei sommergibili tedeschi in Italia riporta circa l’accaduto che “l’U 557 non aveva adempiuto alla richiesta di riferire la sua posizione” e che “lo speronamento si è verificato in una zona in cui d’ora in poi bisogna vietare la caccia ai sommergibili”. Questa tragedia indurrà a rivedere le regole circa il traffico marittimo e l’attivitò antisommergibile in Egeo; il Comando navale tedesco dell’Egeo proporrà, tra l’altro, che quando un U-Boot sta per partire o fare ritorno alla base le attività antisommergibili vengano temporaneamente sospese in una fascia di 40 miglia dalla base (tranne che per un raggio di dieci miglia da eventuali convogli in transito nella zona, dove questa sarebbe sempre consentita) e che l’U-Boot attenda conferma di tale sospensione prima di salpare o di fare ritorno alla base, e che l’attraversamento dei canali di Cerigo e Cerigotto avvenga solo in immersione. Il Comando degli U-Boote in Italia tuttavia contesterà queste proposte, rilevando in una nota inviata il 22 dicembre 1941 (al Comando Navale Sud della Kriegsmarine, al Comando della Marina tedesca in Egeo, a quello della 23a Flottiglia U-Boot, al X Fliegerkorps, ai Comandi della Kriegsmarine di Creta e dell’Attica ed a Marisudest, il Comando navale italiano ad Atene) che le restrizioni alla partenza od al rientro alla base fino all’avvenuta sospensione delle attività antisom contrastano con l’esigenza della massima libertà d’azione degli U-Boote, che l’attraversamento dei canali di Cerigo e Cerigotto in immersione non apporterebbe alcun miglioramento sul piano della sicurezza (“la proposta che gli U-Boote dovrebbero attraversare i canali di Cerigo e Cerigotto in immersione è incomprensibile. Se le misure antisommergibili sono sospese, si possono attraversare gli stretti in superficie. Se le misure antisommergibili non sono sospese, non si possono attraversare neanche in immersione. Perché gli U-Boote dovrebbero passare soltanto in immersione? Cosa dovrebbero fare i sommergibili che non si possono immergere?”), e che nel caso del passaggio di un convoglio, con la sua libertà di svolgere attività antisom in un raggio di dieci miglia, all’interno della fascia “di sicurezza” di 40 miglia i sommergibili potrebbero finire col ritrovarsi senza saperlo nella zona di pericolo, specialmente in caso di presenza di scorta aerea (“se è attiva la scorta aerea è fuori discussione di lasciare che siano gli aerei a decidere se un sommergibile è dentro o fuori dal raggio delle dieci miglia”). La controproposta del comandante degli U-Boote in Italia è invece di separare nettamente le aree in cui possono operare gli U-Boote da quelle in cui possono operare le navi di superficie, e laddove ciò non fosse possibile, di dare la priorità alla protezione degli U-Boote rispetto alla caccia ai sommergibili nemici. Più in dettaglio: “a) nelle aree in cui operano i nostri U-Boote, le misure antisommergibili dovrebbero essere sempre vietate. Potranno essere permesse in alcuni casi dal Comando Navale dell’Egeo se nessuno dei nostri U-Boote si troverà [in quel momento] ad attraversare l’area. Il comandante della 23a Flottiglia U-Boot dovrà sempre informare l’Ammiraglio dell’Egeo in questi casi. b) se possibile, i nostri convogli e navi isolate etc. dovrebbero attraversare queste aree solo se in quel momento non vi si trova nessuno dei nostri U-Boote. c) se ciò non fosse possibile in casi individuali, allora le misure antisommergibili dovrebbero essere eseguite dalle forze navali di scorta solo contro sommergibili identificati sicuramente come ostili. È del tutto vietato alla scorta aerea di attaccare sommergibili in quest’area. Il sommergibile dovrebbe essere soltanto costretto ad immergersi e poi segnalato. d) I probabili movimenti delle nostre navi etc., che nonostante tutto devono attraversare queste aree dovranno essere comunicati agli U-Boote attraverso il Comando della 23a Flottiglia U-Boot. e) In sostanza, le nostre navi dovrebbero considerare tutti i sommergibili incontrati in queste aree come amici, a meno che non siano state espressamente informate che nessuno dei nostri sommergibili si trovano nell’area”.
17 dicembre 1941
Entra a Suda alle 9.40 (8.15 secondo una fonte tedesca, che menziona che la nave entrò in porto con i propri mezzi, sebbene accompagnata dal cacciatorpediniere Pigafetta, dal rimorchiatore Voltaire e dalla vedetta 13 V 1). Rimarrà poi a lungo in riparazione.
L’affondamento
dell’U 557
e la successiva permanenza a Creta sono così descritte nel già
citato diario: “16
DICEMBRE 1941. Ore 17.50 salpiamo per riprendere la missione a Derna.
Ma era destino che detta missione non dovevamo portarla a termine.
Ore 21.40 nel punto di 35° 30’ lat. Nord e 23° long. Est (nelle
acque di Capo Spada) avvistammo sulla dritta, a 80 metri di distanza
un grosso sommergibile nemico in emersione. Si aprì il fuoco con
tutte le armi di bordo e cercammo di speronarlo. Gli ordini vennero
dati con calma e precisione: “Macchine attenzione! …. giri 360”
“Timoniere tutta la barra a dritta …. Macchina di sinistra a
tutta forza …..” Ed ecco che con una rapida accostata puntiamo
sul sommergibile. “Pari avanti a tutta forza” Ore 21.45
Speronamento. Un poderoso urto scuote la nave in ogni sua vertebra.
Il sommergibile scompare tra i flutti. Il seguito al tremendo urto la
nostra prora si squarcia per una lunghezza di 5/6 metri. L’acqua
invadendo i prodieri fa appronare la nave e minaccia gravi
conseguenze. Per fortuna la paratia del locale specialisti resiste,
ed ogni pericolo sembra scongiurato. Impossibile proseguire,
invertiamo la rotta. Con tutta la forza dei suoi polmoni
radiotelegrafici l’Orione chiamò Radio Roma e trasmise un cifrato
col quale avvisava Supermarina che in seguito a danneggiamento della
prora causato da speronamento si rientrava a Suda, alla velocità di
sei nodi orari. Alle ore 9.10 del 17 dicembre entriamo nella baia di
Suda, si scaricarono le latte di benzina. Da allora iniziammo un
tristissimo periodo di tempo durato tre circa mesi, tempo
strettamente necessario per la riparazione della prora. Per i primi
quaranta giorni non dammo né ricevemmo più notizie, dato che non
esisteva un servizio postale con l’Italia. Ma dopo, ogni quindici o
venti giorni, molta posta dall’Italia ci raggiunse.
Ma quei
tre mesi sono memorabili per la fame sofferta, tutto il nostro vitto
consisteva in un bicchiere di surrogato di caffè alla sveglia, alle
nove un cucchiaio di marmellata nera che raspava la gola (non sono
mai riuscito a capire di cosa fosse fatta),. A mezzogiorno un piatto
di brodo in scatola per primo, per secondo piatto due cucchiaiate di
carne in scatola (che spesso aveva cattivo odore) e un pezzo di pane
nero, sovente ammuffito del peso di duecento – trecento grammi, di
cui se ne dovevano buttare a mare 50 grammi se non si voleva mangiare
la muffa col pane. Naturalmente, detta razione di pane doveva bastare
per una giornata. Tutti questi viveri ci venivano forniti da comando
tedesco che presidiava Suda. Era una festa quando, qualche volta, a
mezzogiorno si mangiava per primo un piatto di chicchi di grano con
lenticchie, conditi con un po’ di sale ed alcune gocce d’olio.
Almeno ci alzavamo da tavola con lo stomaco pieno e le mascelle
addolenzite per tre quarti d’ora di masticazione continua perché i
chicchi di grano messi a cuocere per quattro ore non volevano saperne
di diventare teneri. Ma ci rifacevamo quando andavamo a terra in
franchigia. Attraversando gli sterminati aranceti, per raggiungere la
strada che da Suda porta alla Canea, attaccavamo gli alberi carichi
di deliziosi aranci e mandarini e ne facevamo delle scorpacciate.
Nei
giorni in cui doveva arrivare il convoglio dal Pireo, avevamo il
cuore pieno di gioia e di speranza. “Finalmente si mangia!
Finalmente si fuma!” Ci avrebbe portato farina, pasta, sigarette,
anche le bombole di idrogeno e di ossigeno per tagliare le lamiere
contorte della prora. Ma spesso al suo arrivo svanivano le speranze
per far posto alle delusioni, niente farina, niente pasta, niente
sigarette ma solo qualche bombola di ossigeno e balle di stoppa.
Pazienza! Pure l’allegria non mancava. Ci volle il S. Natale per
darci assieme il caro ricordo di altri Natali trascorsi in tempi
migliori, un pranzetto discreto. Dopo tanti giorni mangiammo la pasta
al burro, era un po’ pochetta …. circa 16 Kg. di pasta divisi in
160 persone ….. Durante la giornata della vigilia pregustammo
questo pranzetto, ci occupammo anche della costruzione dell’albero
di Natale. Un grosso ramo di pino piantato a prora sopra castello,
carico di aranci, mandarini e piccole lampadine fasciate di carta
velina colorata in rosso, azzurro, e verde. Infine coprimmo l’albero
di piccoli batuffoletti di bambagia. La sera di fine anno ci fu poi
una sfrenata allegria. Aiutati da alcune bottiglie di vino resinato
greco, acquistate dai greci della Canea e da un mandolino di
proprietà della Stazione Radio, cantammo tutte le canzoni del
repertorio di Piedigrotta (non avevamo da fare altro).
Cantando
facemmo le ore piccole, ed alla fine andammo in branda tutti con la
voce rauca e la gola gonfia. C’era un mio collega che amava di
sconfinato amore due tortorelle chiuse in gabbia, che s lamentavano
…. Si lamentavano …. Ma poiché erano moribonde decidemmo di
mangiarle a capodanno. Le facemmo cuocere dal cuoco, che le ammannì
come un gran chef di un ghiotto gran signore avrebbe potuto fare. Ma
ci volle l’appetito dei miei giovani anni, rinforzato da una
passeggiata di tre quarti d’ora, per mangiarla. Ma se vi ci
avessero lasciato la testina, proprio non ce l’avrei fatta a
tenerla nel piatto, perché quelle occhiaie vuote mi avrebbero troppo
ricordato la bestiola che si lamentava … si lamentava…”.
11 luglio 1942
L’Orione salpa da Trapani all’1.30 per scortare a Tripoli il piroscafo Amsterdam.
12 luglio 1942
Dopo aver percorso le rotte costiere della Tunisia, sfuggendo alla sorveglianza area avversaria, Orione ed Amsterdam raggiungono Tripoli alle 16.
14 luglio 1942
L’Orione lascia Napoli alle 22 per scortare a Tripoli la nave cisterna Saturno.
16 luglio 1942
Il piccolo convoglio entra a La Goletta alle 23.30, sostandovi un paio di giorni.
18 luglio 1942
Orione e Saturno lasciano La Goletta alle 10.30.
20 luglio 1942
Arrivano a Tripoli alle 17.30.
23 luglio 1942
Al largo delle Kerkennah l’Orione assume la scorta del piroscafo Paolina, proveniente da Napoli e diretto a Tripoli, e lo accompagna fino a destinazione, dove giunge alle 15.20.
25 luglio 1942
L’Orione (tenente di vascello Mario Gambetta) lascia Tripoli alle 17.30 per scortare la Saturno a Palermo. Poco al largo, la torpediniera avvista nel mare burrascoso quella che sembra essere la scia di un siluro e la evita con la manovra, per poi attaccare con le bombe di profondità un contatto ottenuto all’ecogoniometro. Al termine della caccia viene in superficie della nafta molto densa, diversa dal tipo utilizzato sui sommergibili, che impiegano nafta leggera o motorina. In realtà non c’è nessun sommergibile: la “scia” avvistata era probabilmente solo un’increspatura prodotta dal mare mosso, mentre il contatto all’ecogoniometro non era un sommergibile ma il relitto del piroscafo Tembien, affondato in quelle acque alcuni mesi prima. Dal relitto, danneggiato dalle bombe di profondità, è affiorata la nafta.
27 luglio 1942
Orione e Saturno arrivano a Palermo a mezzanotte.
L’Orione al Pireo, in una foto di Aldo Fraccaroli del 12 agosto 1942 (per altra fonte, probabilmente erronea, del 24 dicembre 1941) (Coll. Maurizio Brescia/Domenico Jacono e www.associazione-venus.it)
14 agosto 1942
L’Orione salpa dal Pireo alle tre di notte per scortare a Bengasi la motonave Foscolo, insieme alla torpediniera Sirio.
Alle 8.30 le tre navi vengono raggiunte dal cacciatorpediniere Saetta, che assume la funzione di caposcorta del piccolo convoglio, ed alle 15 la Sirio se ne separa.
15 agosto 1942
Il piccolo convoglio arriva a Bengasi alle 9.30.
16 agosto 1942
Alle 15 l’Orione salpa da Bengasi per scortare, insieme ai cacciatorpediniere Nicoloso Da Recco (caposcorta, capitano di vascello Aldo Cocchia) e Saetta ed alla torpediniera Castore, le motonavi Nino Bixio e Sestriere, che rientrano in Italia con 2800 prigionieri di guerra ciascuna (per altra fonte, sulla Bixio se ne trovano 3200).
17 agosto 1942
Alle 16 il sommergibile britannico Turbulent (capitano di fregata John Wallace Linton) avvista a 12.800 metri per 160° il convoglio, scortato anche da diversi aerei, ed alle 16.33 lancia quattro siluri da 3300 metri, per poi scendere subito in profondità. Linton regola i siluri della salva in modo da “coprire” entrambi i mercantili, che per la loro posizione rispetto al Turbulent formano una linea quasi continua; stima che si tratti di due moderne motonavi di 7000-8000 tsl (ed ha ragione) e che siano in zavorra (ed ha drammaticamente torto).
Una delle armi, con giroscopio difettoso, torna indietro e compie tre giri passando sopra il Turbulent, ma altre due centrano la Nino Bixio nel punto 36°36' N e 21°30' E o 36°35' N e 21°34' E (al largo di Sapienza e dodici miglia a sudovest di Navarino; le fonti italiane, indietro di un’ora rispetto all’orario del Turbulent, indicano il siluramento come avvenuto alle 15.30).
Mentre Castore e Da Recco proseguono con l’indenne Sestriere (mancata dai siluri), il Saetta prende subito a rimorchio la Bixio e dirige verso Navarino; per ordine del caposcorta, anche l’Orione rimane a dare assistenza alla motonave danneggiata. Alle tre navi si unisce successivamente per assistenza anche la torpediniera Polluce, uscita da Navarino.
L’Orione, insieme ad altre unità uscite da Navarino, recupera anche numerosi uomini gettatisi in mare dalla Bixio dopo il siluramento.
18 agosto 1942
Orione, Polluce, Bixio e Saetta entrano a Navarino alle sette.
La motonave viene così salvata, ma si lamentano comunque 434 vittime, tra cui 336 prigionieri.
24 agosto 1942
L’Orione e la torpediniera Calliope salpano da Corfù verso le quattro del pomeriggio, per condurre un rastrello sistematico al largo di Capo Dukato, tra Corfù ed il Canale di Corinto, fino alla sera del 25 agosto. Terminato il rastrello, le due torpediniere si mettono alla fonda.
26 agosto 1942
Alle sei del mattino Orione e Calliope si recano incontro, all’imbocco del Canale di Corinto, ad un convoglio formato dalla motonave Manfredo Camperio (proveniente da Brindisi e diretta al Pireo) scortata dal cacciatorpediniere Nicoloso Da Recco e dalla torpediniera Centauro, cui forniscono protezione antisommergibili a distanza; successivamente dirigono per il Pireo, dove giungono a mezzogiorno.
27 agosto 1942
L’Orione (munita di ecogoniometro), insieme a due cacciasommergibili tedeschi, viene inviata ad effettuare un rastrello antisommergibili all’uscita del canale di Cerigo, nelle acque che a breve dovranno essere attraversate dal convoglio «Camperio», partito dal Pireo e diretto a Bengasi con le motonavi Tergestea e Manfredo Camperio scortate dal cacciatorpediniere Nicoloso Da Recco e dalle torpediniere Polluce e Climene. Verso l’alba del 27, il convoglio incontra l’Orione ed i cacciasommergibili intenti nel rastrello; nonostante la loro vicinanza, tuttavia, il sommergibile britannico P 35 (poi Umbra) riuscirà a silurare ed affondare la Camperio alle 7.49, poco dopo che l’Orione è stata persa di vista.
Successivamente l’Orione raggiunge Suda dove rinforza temporaneamente la scorta (torpediniere Orsa, Sirio e Partenope) di un convoglio formato dalla nave cisterna Giorgio e dal piroscafo Anna Maria Gualdi, diretto a Tobruk. L’Orione lascia il convoglio in serata.
6 settembre 1942
L’Orione viene inviata in soccorso della motonave Luciano Manara, colpita da un aerosilurante alle 15.40, al largo di Corfù, e presa a rimorchio dal cacciatorpediniere Freccia (capitano di fregata Alvise Minio Paluello). Giunta sul posto, l’Orione assume la scorta del convoglio Freccia-Manara (che procede a soli quattro nodi) insieme al cacciatorpediniere Legionario, fornendo protezione contro i sommergibili con il suo ecogoniometro; alle 20, giunti sotto la costa della più vicina delle Isole Ionie, il Legionario se ne va per riunirsi al convoglio, ed in tarda serata la motonave danneggiata viene portata ad incagliare nella baia di Arilla (costa greca, all’altezza di Capo Bianco di Corfù). Orione e Freccia pattugliano poi la zona fino all’indomani mattina, dopo di che il Freccia entra a Corfù e successivamente l’Orione dirige per Suda.
7 settembre 1942
L’Orione salpa da Suda alle 13.30 per scortare a Tobruk l’incrociatore ausiliario Brioni, in missione di trasporto.
8 settembre 1942
In mattinata Orione e Brioni si uniscono ad un convoglio proveniente da Brindisi e diretto a Tobruk, composto dalla motonave tedesca Ankara scortata dai cacciatorpediniere italiani Lampo e Geniere e dalla torpediniera Partenope. Il convoglio entra a Tobruk alle 14.
11 novembre 1942
Partecipa ad un’esercitazione al largo di Pola insieme al sommergibile Vettor Pisani (capitano di corvetta Mario Resio).
12 novembre 1942
Partecipa ad un’esercitazione al largo di Pola, insieme al sommergibile Fratelli Bandiera (capitano di corvetta Mario Vannutelli) ed al rimorchiatore militare Parenzo.
15 novembre 1942
L’Orione e le vecchie torpediniere Audace e Rosolino Pilo, insieme al cacciatorpediniere Lubiana, salpano da Venezia alle 5.45 per scortare a Trieste l’incompleta corazzata Impero, che nei cantieri del capoluogo giuliano dovrà essere completata. L’Impero, in grado di muovere con le proprie macchine, riesce a procedere ad otto nodi, e raggiunge Trieste alle 13.05, ormeggiandosi alla banchina allestimento del cantiere San Marco.
27? novembre 1942
L’Orione (capitano di corvetta Luigi Colavolpe) salpa da Bari per scortare a Tunisi il piroscafo Minerva, carico di carburante in fusti. Strada facendo si unisce al piccolo convoglio anche un altro piroscafo carico di fusti di benzina, l’Audace, proveniente da Messina, ma successivamente Supermarina dirotta il convoglio su Trapani.
28 novembre 1942
Orione, Audace e Minerva entrano a Trapani alle dieci. Successivamente l’Orione riceve ordine di recarsi a Napoli per assumere la scorta di altri convoglio in partenza per la Tunisia, mentre Audace e Minerva verranno avviati verso Tripoli (anziché Tunisi) in navigazione isolata; nessuno dei due vi arriverà, entrambi cadranno vittime degli aerosiluranti britannici.
30 novembre 1942
L’Orione parte da Napoli alle 14.30 per scortare in Tunisia, insieme alle torpediniere Sirio (caposcorta, capitano di corvetta Romualdo Bertone), Groppo e Pallade, il convoglio «B», formato dai piroscafi Arlesiana, Achille Lauro, Campania, Menes e Lisboa. Il convoglio procede a soli sette nodi.
1° dicembre 1942
Alle 7.10 la torpediniera di scorta Uragano si aggrega alla scorta del convoglio.
Alle 14.40 il convoglio viene avvistato in Mar Tirreno da ricognitori britannici, che da questo momento in poi lo manterranno sotto sorveglianza; Supermarina intercetta il segnale di scoperta trasmesso dai ricognitori avversari, e come fa abitualmente con tutti i segnali di questo tipo, dopo averlo decrittato lo ritrasmette all’aria, per allertare il convoglio.
Alle 17.30 salpa da Bona la Forza Q britannica (incrociatori leggeri Aurora, Sirius ed Argonaut, cacciatorpediniere Quiberon e Quentin), a caccia di convogli italiani. Supermarina ha contezza dei movimenti nemici già il 30 novembre, quanto ha intercettato un segnale di un ricognitore nemico che, alle 23 di quel giorno, ha comunicato di aver avvistato due convogli a sudovest di Napoli: si tratta del «B» e del «C», diretto invece a Tripoli; al contempo (sera del 30) Supermarina ha appreso che alle 13.30 di quel giorno sono state avvistate nel porto di Bona sei navi da guerra non identificate con certezza, ma ritenute essere un incrociatore e cinque cacciatorpediniere. Calcolato che, viaggiando a 30 nodi, queste navi potrebbero raggiungere in sei ore i convogli «B» e «H» (altro convoglio diretto in Tunisia), Supermarina ha chiesto all’alto comando tedesco dello scacchiere sud (Oberbefehlshaber Süd), con sede a Frascati, una ricognizione su tale porto al tramonto del 1° dicembre. (La notizia della presenza a Bona di navi nemiche è anche il motivo che ha indotto Supermarina ad inviare l’Uragano in rinforzo alla scorta del convoglio «B»). Tuttavia, l’aereo tedesco inviato a compiere la ricognizione (uno Junkers Ju 88 del 122° Gruppo ricognizione strategica della Luftwaffe) e l’aereo italiano (un CANT Z. 1007bis del 51° Gruppo Ricognizione Strategica) che lo accompagnava non fanno ritorno (entrambi sono stati abbattuti alle otto del mattino da due caccia Supermarine Spitfire del 242nd Squadron della RAF), come annuncia via telefono a Superaereo il comando tedesco, alle 20.35 del 1° dicembre, in seguito alle ripetute richieste italiane. Al contempo viene comunicato che gli aerei del 122° Gruppo ricognizione strategica non hanno avvistato movimenti navali in mare aperto fino alle 18.
Nel pomeriggio del 1° dicembre, verso le 15, l’Aeronautica Sardegna ha inviato due gruppi di aerei ad attaccare le navi avversarie presenti a Bona: cinque cacciabombardieri Reggiane Re 2001 del 22° Gruppo, armati con bombe da 250 kg e guidati dal capitano Germano La Ferla, hanno effettuato un’azione di bombardamento in picchiata senza riuscire ad accertare il risultato per via di copertura dell’obiettivo di 10/10 causata da banchi di nuvole; e dieci bombardieri Savoia Marchetti SM. 84 del 32° Stormo hanno sganciato le loro bombe senza successo, subendo la perdita di tre aerei (tra cui quelli dei comandanti della 228a e 229a Squadriglia, capitani Enzo Stefani ed Umberto Camera) ad opera degli Spitfire dell’81st e 242nd Squadron (hanno partecipato all’azione anche dieci caccia Spitfire statunitensi della 52a Squadriglia, guidati dal colonnello West, che però sono riusciti a danneggiare un solo bombardiere) ed il grave danneggiamento di altri tre, costretti all’atterraggio di fortuna.
Alle 16.30 Supermarina ha chiesto a Superaereo di sollecitare il Comando del II. Fliegerkorps affinché durante la notte bombardi gli aeroporti della zona compresa tra Bona e Bougie per impedire agli aerei ivi stanziati di attaccare i convogli; i tedeschi hanno acconsentito, destinando a questo scopo sei bombardieri Junkers Ju 88, dieci Heinkel He 111 e due Dornier Do 217.
Alle 23.30 Supermarina viene informata da Superaereo che alle 22.40 un altro Ju 88 tedesco del 122° Gruppo ricognizione strategica ha avvistato in posizione 37°42' N e 09°45' E (una ventina di miglia a nord di Biserta ed a 60 miglia per 290° da Capo Bon; per altra fonte, l’avvistamento sarebbe avvenuto al largo delle coste algerine) cinque navi da guerra britanniche di medio tonnellaggio in navigazione ad alta velocità con rotta 90° (quasi corretta: quella reale tenuta dalla Forza Q è di 104°); dieci minuti dopo (per altra fonte, alle 23.44) Supermarina lancia il segnale di scoperta. L’Oberbefehlshaber Süd chiede a Supermarina l’autorizzazione ad attaccare con i propri aerei le navi avvistate, e Supermarina la fornisce prontamente, comunicando però anche la rotta e posizione dei convogli «B» e «H» e sottolineando la necessità di evitare errori di riconoscimento.
Alle 19.35, intanto, la scorta del convoglio «B» viene ulteriormente rinforzata con l’arrivo della X Squadriglia Cacciatorpediniere, con i cacciatorpediniere Maestrale (caposquadriglia, capitano di vascello Nicola Bedeschi), Ascari e Grecale: erano di ritorno da una missione di posa di mine nel Canale di Sicilia, ed essendo gli unici disponibili nell’immediato, Supermarina ha ordinato loro alle 15.08 di rinforzare la scorta del convoglio «Sirio» “contro eventuale provenienza da Bona dove stamane erano presenti alcuni cc.tt.”. Supermarina, dopo aver esaminato la situazione dei quattro convogli in navigazione nel Canale di Sicilia rispetto al rischio d’intercettazione da parte della forza navale avvistata dall’aereo tedesco, conclude che quelli più a rischio siano il «B» e l’«H» (il «C» è troppo lontano rispetto al raggio d’azione della forza navale avvistata, ed il «G» è già stato attaccato da aerei che hanno incendiato la nave cisterna Giorgio, unico mercantile che ne fa parte); decide di non ordinare al convoglio «B» (che all’una di notte del 2 dicembre si trova arretrato di una sessantina di miglia rispetto all’«H») di invertire la rotta, preferendo lasciar decidere sul da farsi al caposcorta, che potrà regolarsi come più riterrà opportuno avendo ricevuto sia il segnale di scoperta relativo alla Forza Q trasmesso da Supermarina alle 23.40, sia, alle 00.40, un altro segnale di scoperta trasmesso dal cacciatorpediniere Nicoloso Da Recco, caposcorta del convoglio «H» (che proprio a quell’ora, infatti, viene attaccato dalla Forza Q).
Il convoglio «H», trovandosi ormai in posizione troppo avanzata per poter tornare indietro, viene fatto anch’esso proseguire (si è inizialmente considerato se inviare la X Squadriglia – i cui tre cacciatorpediniere sono gli unici disponibili al momento – a rinforzare quest’ultimo convoglio anziché il «B», ma alla fine si è deciso di assegnarla al convoglio «B» perché quest’ultimo è ritenuto più importante e perché l’«H» è il più protetto dei due, oltre che il più veloce nonché in posizione più avanzata, così che si ritiene che entro mezzanotte sarà parzialmente protetto dai bassifondali del banco Keith e dai campi minati difensivi presenti nella zona); verrà distrutto nella notte seguente dalla Forza Q, con gravissime perdite, nello scontro divenuto noto come del banco di Skerki.
Alle 20.15, infatti, la Sirio avvista dei bengala a proravia sinistra, e poi molti altri bengala nella direzione in cui si trova il convoglio «H». Alle 22.30 il comandante Bertone ordina alle navi di accostare verso est per non avvicinarsi troppo al convoglio «H», che appare sotto attacco; successivamente fa accostare peR 150°.
2 dicembre 1942
All’una di notte il comandante Bedeschi del Maestrale, di grado superiore a Bertone, interviene ed ordina di fare rotta su Palermo, accostando a sinistra per rotta 80°, essendo ormai evidente che il convoglio «H» è sotto attacco da parte di una formazione navale. Alle 4.30 il convoglio «B» si trova a dodici miglia per 305° da Marettimo, ed alle 7.06 riceve ordine di dirigere per Trapani, dove giunge alle 10.50.
Alle 19 riparte da Palermo per riprendere la traversata: lo formano ora Arlesiana, Achille Lauro, Menes e Campania (rimane in porto il Lisboa, che partirà alle 12.20 del 5 ed arriverà alle 16 del 6), scortati da Sirio, Groppo, Orione, Animoso, Antonio Mosto ed Uragano.
3 dicembre 1942
Alle 10.01 il sommergibile britannico P 37 (poi Unbending; tenente di vascello Edward Talbot Stanley), in agguato a nord del Golfo di Tunisi, avvista verso nord il fumo delle navi del convoglio, ed i velivoli della scorta aerea. Avvicinatosi a tutta forza, avvista quattro mercantili, un motoveliero e due “cacciatorpediniere”; alle 10.37, in posizione 37°26' N e 10°43' E, lancia quattro siluri contro due dei mercantili (che si “sovrappongono” nel suo periscopio) da ben 8200 metri di distanza, non essendo riuscito ad avvicinarsi di più. I siluri non vanno a segno.
Si è appena concluso questo primo attacco quando alle 10.39 un altro sommergibile britannico, il P 48 (tenente di vascello Michael Elliot Faber), avvista le alberature ed i fumaioli delle navi del convoglio su rilevamento 360°, e si avvicina a tutta forza per attaccare a sua volta. Faber identifica la composizione del convoglio come quattro mercantili e due cacciatorpediniere; zigzagando, le navi accostano proprio verso il suo sommergibile, agevolandolo nella manovra di attacco, in quanto il P 48 si ritrova ad essere appena all’interno dello “schermo” protettivo della scorta, sul lato sinistro, oltrepassando non visto quello che il comandante britannico ritiene erroneamente essere un cacciatorpediniere classe Navigatori.
Alle 11.14, in posizione 37°22' N e 10°37' E (a nord del Golfo di Tunisi), il P 48 lancia quattro siluri contro il mercantile di testa, di cui Faber ha stimato la stazza in 6000 tsl, mentre il “cacciatorpediniere” che protegge il fianco sinistro si trova meno di 400 metri a poppavia del battello. I siluri mancano il bersaglio, ed alle 11.22 la Groppo contrattacca con il lancio di quindici bombe di profondità, seguite da altre quindici in un secondo passaggio, ritenendo di aver “probabilmente danneggiato” l’avversario per poi riunirsi al convoglio (da parte britannica vengono contate le detonazioni di nove bombe di profondità, che esplodono piuttosto vicine a quota insufficiente per arrecare danni al P 48, che intanto si ritira su rotta 080°).
Tornato a quota periscopica alle 11.55, il sommergibile avvista nuovamente il convoglio, ora distante cinque miglia, su rilevamento 230°; il “cacciatorpediniere classe Navigatori” si trova su rilevamento 340°, ad un miglio e mezzo di distanza, su rotta 080°. Il P 48 torna in profondità e vi rimane fino alle 12.35, quando, tornato a quota periscopica e constatato che il convoglio non è più in vista, dirige per il Basso Tirreno.
Poco più tardi, il convoglio si scinde in due gruppi che dirigono verso le rispettive destinazioni: Menes, Arlesiana ed Achille Lauro con Sirio, Orione, Groppo e Pallade verso Tunisi, e Campania con Animoso, Mosto ed Uragano verso Biserta. Si uniscono alla scorta alcune motosiluranti tedesche della 3. Schnellbootflottille.
Dopo aver superato indenne due attacchi di sommergibili, il convoglio «B» subisce una dolorosa perdita a causa dei campi minati: alle 14.15 il Menes urta una mina una decina di miglia ad est dell’Isola dei Cani ed esplode, uccidendo duecento uomini. Le motosiluranti tedesche S 57 e S 59 recuperano una quarantina di superstiti.
Le altre navi di questo gruppo giungono a Tunisi alle 18.45, mentre il Campania arriva a Biserta alle 15.45.
L’Orione in un’immagine di fine 1942: una mitragliera da 20 mm è stata aggiunta in una piazzola a poppavia del fumaiolo (g.c. STORIA militare) |
4 dicembre 1942
Alle 3.30 l’Orione e la torpediniera di scorta Groppo (caposcorta) lasciano Tunisi scortando i piroscafi Sant'Antioco ed Honestas. Alle 17.15 il convoglio viene infruttuosamente attaccato da un sommergibile al largo di Marettimo.
5 dicembre 1942
Alle 14.35 il convoglio viene avvistato a 12.800 metri per 140°, una decina di miglia a sudovest di Capri, dal sommergibile britannico P 217 (poi Sibyl; tenente di vascello Ernest John Donaldson Turner): dapprima il sommergibile avvista alberature e fumaioli, poi distingue due navi mercantili stimate in 5000 tsl, scortate da tre (?) torpediniere o cacciatorpediniere. Iniziata la manovra d’attacco, alle 15.15 il P 217, nel punto 40°27' N e 14°02' E (o 40°26' N e 14°06' E), lancia quattro siluri da 5500 metri. Nessuna nave viene colpita, anche se il P 217 sente tre esplosioni attribuite a siluri a segno alle 15.20; la Groppo viene mancata da un siluro ed inizia il contrattacco con bombe di profondità alle 15.35, proseguendo sino alle 17.30 con il lancio in tutto di 62 bombe, ma nessuna viene gettata tanto vicina da danneggiare il P 217 (tanto che alle 15.45 questi può portarsi a quota periscopica ed osservare Orione e Groppo impegnate nel contrattacco). Non avendo ottenuto risultati apprezzabili, la Groppo si riunisce al convoglio e viene rilevata nella caccia da cacciasommergibili della difesa locale.
Le navi giungono a Napoli alle 20.
13 dicembre 1942
Orione (capitano di corvetta Luigi Colavolpe) e Groppo (capitano di corvetta Beniamino Farina, caposcorta) salpano da Napoli alle 15.15, scortando il piroscafo italiano Sant'Antioco (avente a bordo circa 200 uomini ed un consistente carico di benzina in fusti) ed il tedesco Brott, diretti a Biserta.
Superate le Egadi verso la mezzanotte del 14, il convoglio prosegue a soli 3-4 nodi di velocità, il massimo che il piccolo e lento Brott possa fare con mare vivo di prora.
14
dicembre 1942
Alle
14.53 il sommergibile britannico P
219 (tenente di vascello
Norman Limbury Auchinleck Jewell) avvista fumo su rilevamento 240°,
ed alle 15.11 avvista il convoglio di cui fa parte l’Orione,
di cui valuta la composizione come “due mercantili di 5000 tsl
scortati da un cacciatorpediniere, due motosiluranti con un
idrovolante in pattugliamento nel cielo”, la rotta come 050° e la
velocità come dieci nodi. Essendogli rimasto un solo siluro, nei
tubi di poppa, il P 219
manovra per un attacco da poppa; ma alle 15.45, quando sta per
lanciare, perde improvvisamente il controllo dell’assetto e giunge
quasi ad affiorare in superficie. Tornato a quota periscopica, alle
17.07 può lanciare il suo siluro in posizione 38°13' N e 11°44' E,
da 3100 metri di distanza, contro il mercantile di coda. Il
Sant'Antioco
avvista un siluro, che lo manca; non vi è reazione da parte della
scorta.
15 dicembre 1942
Alle 10.50 il sommergibile britannico P 46 (poi Unruffled; tenente di vascello John Samuel Stevens) avvista degli aerei che girano in cerchio all’orizzonte, su rilevamento 050°, ed accosta per avvicinarsi; alle 12.40 avvista il convoglio scortato dall’Orione, che identifica con buona precisione come composto da un mercantile di circa 4000 tsl (il Sant'Antioco) ed una nave da carico di medie dimensioni che assomiglia ad una nave cisterna (il Brott, che sembra una petroliera per via del fumaiolo a poppa), scortati da due torpediniere ed aventi rotta verso Biserta. Alle 13.30, in posizione 37°32' N e 10°39' E, il P 46 lancia quattro siluri contro il Sant'Antioco, da 3650 metri di distanza, per poi scendere in profondità.
Alle 13.33 il Sant'Antioco viene colpito da due siluri sul lato sinistro, s’incendia ed affonda in un paio di minuti, in posizione 37°32' N e 10°39' E (o 37°37' N e 10°44' E), circa 35 miglia a nord-nord-ovest (per 335°) di Capo Bon. Al contempo gli aerei di scorta indicano la presenza di un sommergibile a circa 6000 metri dal mercantile affondato.
In acqua ci sono circa 200 superstiti del Sant'Antioco, ma Orione e Groppo, impegnate nella caccia antisommergibile, non possono provvedere subito al salvataggio; le due torpediniere danno intensa caccia al battello avversario per mezz’ora. Alle 13.36 il P 46 avverte una prima esplosione di bomba di profondità, seguita da altre due e poi da una quarta isolata; indi alle 14.06 viene lanciato un “pacchetto” di dodici bombe che esplodono molto vicine al sommergibile, causando alcuni danni non gravi (secondo il giornale di bordo del P 46, la caccia sarebbe proseguita fino alle 18.30 circa, con il lancio di un totale di 62 bombe di profondità). La Groppo ritiene erroneamente di aver gravemente danneggiato od affondato il sommergibile attaccante; terminata la caccia, la caposcorta prosegue per Biserta scortando il Brott (che vi arriverà alle 16 dell’indomani), mentre l’Orione rimane sul posto per salvare i naufraghi. Successivamente viene raggiunta dalla Squadriglia Cacciatorpediniere «Mitragliere» (Mitragliere, Ascari e Corazziere), uscita da Tunisi e dirottata sul posto per partecipare ai soccorsi; le operazioni, ostacolate dal mare agitato, si protraggono fino a tarda serata. Alla fine, del Sant'Antioco si riuscirà a salvare la maggior parte del personale imbarcato, ad eccezione di 29 uomini. L’Orione recupera 62 naufraghi, dopo di che dirige per Trapani.
18 dicembre 1942
L’Orione, inviata ad effettuare un rastrello antisom 35 miglia a nord di Biserta insieme alle torpediniere Cigno, Ardente e Sagittario, attacca un contatto subacqueo con bombe di profondità. Successivamente si scopre che il contatto non era un sommergibile, ma il relitto del piroscafo Sant'Antioco, affondato pochi giorni prima proprio mentre l’Orione lo stava scortando; è presente non lontano un sommergibile britannico, il P 212 (tenente di vascello John Henry Bromage), che alle 00.17 ha avvistato due torpediniere in avvicinamento ed è sceso a 24 metri, per poi contare 37 esplosioni di bombe di profondità alle 00.30 alle due di notte, nessuna delle quali molto vicina (perché non dirette contro di esso).
26 dicembre 1942
L’Orione salpa da Palermo alle 20 scortando il piroscafo Zenobia Martini, una delle ultime navi mercantili mandate in Libia.
28 dicembre 1942
Le due navi sostano a Pantelleria dall’1.05 alle 9.50, per poi proseguire alla volta dell’Africa. L’Orione scorta lo Zenobia Martini soltanto fino nei pressi di Sfax (dove il piroscafo entra il mattino del 30 dicembre), dopo di che il mercantile proseguirà con la scorta della torpediniera San Martino, inviata da Tripoli.
29 dicembre 1942
Alle 4.30 l’Orione parte da Susa per scortare a Tripoli il trasporto militare tedesco KT 2. Se ne separa però alle 13.30 (dopo una sosta a Sfax, il KT 2 raggiungerà anch’esso Tripoli con la scorta della San Martino).
1° gennaio 1943
Alle 16.40 (o 17) l’Orione (capitano di corvetta Luigi Colavolpe) salpa da Tripoli per scortare a Palermo la motonave Chisone.
2 gennaio 1943
Alle 22 Orione e Chisone subiscono un attacco aereo, che non causa danni; due ore dopo entrano nel porticciolo di Favignana, dove sostano fino all’indomani. Ormai il traffico verso Tripoli è cessato (la città cadrà in mano britannica di lì a tre settimane), e l’offensiva angloamericana si concentra sui convogli di ritorno, con materiali di sgombero dalla Tripolitania.
3 gennaio 1943
Orione e Chisone ripartono da Favignana alle undici, ma due ore dopo la torpediniera deve lasciare la scorta e puggiare a Trapani a causa del mare troppo tempestoso da nordovest.
5
febbraio 1943
L’Orione
e la torpediniera Libra lasciano
Napoli per Biserta alle quattro del mattino, scortando la motonave
italiana Ines Corrado,
la tedesca Pierre
Claude ed il trasporto
militare tedesco KT 13,
diretti in Tunisia. Poche ore dopo la partenza, tuttavia, Orione
e Libra
vengono sostituite nella scorta dalle torpediniere Pallade
e Ciclone.
1943
Nuovi lavori di potenziamento dell’armamento contraereo, incrementato con l’aggiunta di tre mitragliere singole Scotti-Isotta Fraschini 1939 da 20/70 mm. Viene inoltre installato un radar tedesco Fu.MO 21/40 ed eliminato l’albero poppiero per ampliare il campo di tiro del cannone poppiero.
20 febbraio 1943
Alle due di notte l’Orione (caposcorta, capitano di corvetta Luigi Colavolpe) e la moderna torpediniera di scorta Animoso (capitano di corvetta Camillo Cuzzi) partono da Napoli per scortare a Biserta il piroscafo Fabriano (con 1700 tonnellate di viveri e munizioni) e la grossa nave cisterna Thorsheimer (carica di 13.000 tonnellate di benzina).
Alle 14.50 (o 15.40) la scorta viene rinforzata dalla torpediniera Pegaso (capitano di corvetta Mario De Petris), uscita da Palermo. C’è anche una poderosa scorta aerea, con numerosi velivoli da caccia.
Lo stesso giorno, tuttavia, l’organizzazione britannica “ULTRA” intercetta e decifra un messaggio dal quale apprende che «Petroliera Thorsheimer e piroscafo Fabriano debbono raggiungere Biserta alle 17.00 del 21, lasciando Napoli alle 10.00 del 20».
Da Malta decollano pertanto diversi aerosiluranti Fairey Albacore dell’828th Squadron della Fleet Air Arm, in parte armati con bombe ed in parte con siluri, nonché quattro Bristol Beaufort del 39th Squadron della Royal Air Force, armati di siluri. Dei quattro Beaufort, che dopo il decollo s’imbattono in pioggia, grandine e tempeste di elettricità, che riducono fortemente la visibilità, soltanto uno (pilotato dal tenente Stanley R. Muller-Rowland) riuscirà a trovare i bersagli ed a sganciare il suo siluro, ma senza comunque colpire nulla.
Alle 19.40 il convoglio viene attaccato infruttuosamente da bombardieri ed aerosiluranti (gli Albacore), accolti dal violento tiro contraereo delle navi; alle 21 le navi entrano nel porto di Trapani, dove sostano fino alle prime ore del giorno seguente, ma di nuovo i messaggi relativi al convoglio vengono decrittati da “ULTRA”, permettendo ai comandi britannici di apprendere che «Thorsheimer e Fabriano salperanno da Trapani alle 03.00 del 21, velocità 12 nodi, diretti a Biserta dove arriveranno alle 15.30 del 21».
Durante un’incursione aerea verificatasi mentre le navi sono alla fonda, il Fabriano viene colpito e subisce danni alle caldaie, che lo costringono a rimanere a Trapani.
21 febbraio 1943
Nelle prime ore del 21, le navi del convoglio sono infruttuosamente attaccate da altri quattro Beaufort del 39th Squadron (erano decollati in cinque, ma il quinto non è riuscito a trovare il convoglio), pilotati rispettivamente dal tenente John Cartwright, dal sergente maggiore L. T. Garland, dal sergente maggiore Stanley H. Balkwill e dal maresciallo Richard J. S. Dawson. Nessuna nave viene colpita dai quattro siluri sganciati; uno dei Beaufort, quello di Balkwill, viene gravemente danneggiato dal tiro contraereo delle navi italiane poco prima di lanciare il siluro, anche se riesce a rientrare a Luqa (Malta).
Thorsheimer e torpediniere ripartono da Trapani alle 5.50, ma appena uscita dal porto (5.51) la petroliera viene mitragliata da un Albacore dell’828th Squadron F.A.A., che ferisce a morte il comandante; l’Orione ordina alle navi di ancorarsi nuovamente, preleva il moribondo comandante della Thorsheimer e lo porta a Trapani, dove imbarca il comandante del Fabriano, che viene poi trasbordato sulla nave cisterna per assumerne il comando. Alle 11.15 il convoglio è in grado di mettere nuovamente in moto verso Biserta.
Stante l’importanza del carico della Thorsheimer, il convoglio gode anche di una nutrita scorta aerea, con dieci caccia della Luftwaffe e quattro idrovolanti antisommergibili della Regia Aeronautica.
Alle 14.25, venti miglia a sudovest di Marettimo, le navi sono attaccate da otto bombardieri statunitensi North American B-25 Mitchell, scortati da dodici caccia, che sganciano le loro bombe a bassa quota. Il tiro delle torpediniere abbatte due degli attaccanti, mentre un terzo viene abbattuto da un caccia; la scorta aerea dell’Asse perde uno Junkers Ju 88 tedesco ed un idrovolante CANT Z. 506 italiano.
La Thorsheimer viene colpita da due degli ordigni (uno dei quali non esplode), rimanendo immobilizzata con principio d’incendio a bordo; Pegaso ed Animoso le danno assistenza, mentre l’Orione è costretta a fermarsi perché la concussione di tre bombe scoppiate a pochissima distanza le ha temporaneamente messo fuori uso il timone. Riparato il timone, alle 15.15 l’Orione imbarca i 49 membri dell’equipaggio della Thorsheimer (tra cui il comandante del Fabriano, rimasto a sua volta gravemente ferito) e poi dirige a Trapani per sbarcarveli, lasciando Pegaso ed Animoso a proteggere la petroliera immobilizzata in attesa dell’arrivo di due rimorchiatori – il cui intervento è stato subito richiesto – inviati da Trapani.
Alle 20 l’Orione giunge a Trapani, dove sbarca l’equipaggio della Thorsheimer; quindici minuti più tardi, mentre si predispone il rimorchio, la petroliera danneggiata viene nuovamente attaccata da sei aerosiluranti Bristol Beaufort del 39th Squadron R.A.F.: uno dopo l’altro, sono ben quattro i siluri che vanno a segno (sganciati, rispettivamente, dal capitano Don Tilley, dal sergente maggiore Ewen Gillies, dal tenente Feast e dal sergente maggiore H. H. Deacon). Questa volta la nave esplode, per poi affondare in un mare di fiamme.
Questa missione è così descritta dal radiotelegrafista dell’Orione: “21 FEBBRAIO 1943. Alle ore 10.45 salpiamo dalla fonda di Trapani assieme alle torpediniere “Pegaso” e “Animoso” per scortare la cisterna “THOSHEIMER per Biserta, velocità di crociera nodi 12,5 orari in 37° 54’ 40” e 11° 50’ 30” (10 miglia per 255° da punta Libeccio – Trapani) la torpediniera Pegaso segnala con le ultracorte la presenza di aerei nemici di poppa al convoglio (5 Wellington, 3 Beaufighter, 12 Lightrining). Tutte le unità aprono il fuoco con i cannoni e le mitragliere, gli aerei a bassa quota raggiungono rapidamente il convoglio nei settori poppieri dividendosi in due gruppi. Un gruppo che passa tra “l’Animoso” e la cisterna, un gruppo che si mantiene sulla sinistra esternamente alla formazione. Questo secondo gruppo è formato da aerei da caccia già impegnati con alcuni aerei alleati. Il gruppo che passa tra l’Animoso e la cisterna si divide a sua volta in due parti, una va all’attacco della cisterna una all’attacco dell’Orione. Gli aerei che puntano sulla cisterna eseguono i primi sganci a distanza molto forte (500 mt.) sicché le colonne d’acqua appaiono cortissime e in un primo momento fanno dubitare che si tratti di siluri. La cisterna manovra, ma gli aerei la centrano con una salva di bombe colpendola. Il gruppo di aerei che dirige su di noi, attraversa la nave da poppa a prora ed esegue uno sgancio di bombe che cadono all’altezza del centro sinistro, plancia dritta e poppa dritta. La nave era sotto accostata sulla sinistra, perché già all’inizio dell’attacco stava accostando sulla nuova rotta. Alcune bombe non esplodono. La distanza di caduta è stata valutata intorno ai 10-20-30 metri. Le mitragliere di sinistra prima, e quelle di dritta poi reagiscono all’attacco abbattendo un apparecchio nemico che si infila in mare alla distanza di circa 400 metri, sulla sinistra lasciando una cortina bianca sull’acqua. Gli altri aerei si allontanano verso ponente. Un altro aereo viene abbattuto da un’altra unità della scorta e cade lontano. La cisterna s’incendia, a prora è presente uno squarcio sulla murata sinistra dalla quale si elevano fiamme. A poppavia della plancia, sul lato sinistro del galleggiamento si eleva una cortina di fumo a di vapore, il che fa supporre che una bomba esplodendo sott’acqua abbia rotto l’opera viva. Vengono chiesti mezzi di soccorso alla base di Trapani che ne dispone l’invio. La torpediniera Orione, all’atto della caduta delle bombe viene anche mitragliata. Per effetto dello scoppio delle bombe si blocca la turbodinamo e viene a mancare corrente a tutti gli apparecchi e macchinari di bordo. Il timone resta alla banda, si rompe l’antenna del radiosegnalatore, si spezza il basamento della pompa d’incendio di poppa, l’ecogoniometro viene messo fuori uso, si verificano avarie leggere all’apparato U.C.. Due uomini risultano leggermente feriti per il mitragliamento”.
26 febbraio 1943
Al largo di Palermo l’Orione, la Groppo, la corvetta Gabbiano, il dragamine tedesco R 15, le navi cisterna Bivona e Labor ed il piroscafo Volta si uniscono ad un convoglio proveniente da Napoli e diretto a Biserta, formato dai piroscafi Forlì e Teramo scortati dalle torpediniere Ciclone e Generale Antonino Cascino. Altre due torpediniere, Sirio e Sagittario, e tre cacciasommergibili tedeschi, che hanno scortato il convoglio nel tratto iniziale della navigazione, fanno ritorno a Napoli, mentre un’altra torpediniera, la Castore, entra a Palermo per avaria.
La Groppo assume il ruolo di caposcorta del convoglio unico così formato (Volta, Forlì, Teramo, Bivona e Labor scortate da Orione, Groppo, Ciclone, Cascino, Gabbiano e R 15).
Al largo di Trapani la Gabbiano lascia la scorta.
27 febbraio 1943
Alle 10.40 un aereo da caccia italiano, di scorta al convoglio, precipita per avaria; l’Orione ne salva il pilota, lanciatosi con il paracadute.
28 febbraio 1943
Il convoglio giunge a Biserta all’1.45.
1° marzo 1943
In rientro a Napoli di ritorno da una missione, l’Orione viene mancata di stretta misura da alcune bombe che cadono in mare sui lati. Non subisce danni di rilievo, ma ci sono alcuni feriti tra l’equipaggio.
6 marzo 1943
L’Orione (capitano di corvetta Luigi Colavolpe) lascia Napoli alle 2.30 del 6 marzo insieme alle torpediniere Ardito (capitano di corvetta Silvio Cavo), Cigno (capitano di corvetta Carlo Maccaferri), Groppo (capitano di corvetta Beniamino Farina, caposcorta) e Generale Antonino Cascino (tenente di vascello Gustavo Galliano), per scortare a Biserta e Tunisi un convoglio composto dalla motonave italiana Ines Corrado e dai piroscafi tedeschi Henry Estier e Balzac (questi ultimi diretti a Tunisi con arrivo previsto per le 15.30 del 7, mentre nel tratto finale la Ines Corrado dovrebbe separarsi dal convoglio per raggiungere Biserta alle 16 dello stesso giorno). A partire dalle 7.02, e fino alle 19.52, il convoglio fruisce di una scorta aerea antisommergibili, con l’impiego complessivamente di undici Junkers 88 e quattro Messerschmitt Bf 110 del II Fliegerkorps.
“ULTRA”, il servizio di decrittazione britannico dei messaggi in codice dell’Asse, ha intercettato le informazioni relative a questo convoglio, preavvisando che l’arrivo dei tre mercantili (più un quarto, il Nuoro, poi non partito), partiti da Napoli, è previsto a Tunisi per il pomeriggio del 7: vengono pertanto organizzati attacchi aerei e subacquei.
Alle 7.45 del 6 marzo, l’Ardito vede un bombardiere tedesco Junkers Ju 88 gettare una bomba di profondità (per altra fonte, due) in posizione 40°03' N e 13°57' E, a 34 miglia per 264° (cioè ad ovest) da Punta Licosa (Calabria), 3 km a proravia della torpediniera ed a 3 km dal lato di dritta del convoglio. Il pilota tedesco vede affiorare in superficie una grossa chiazza di nafta; al contempo l’Estier, subito dopo aver osservato il lancio delle bombe da parte dell’aereo di prora, avvista la scia di un siluro, che evita con la manovra. Il convoglio vira a sinistra per evitare eventuali attacchi da parte di sommergibili che si trovino in quella direzione, e l’Ardito viene distaccata per attaccare il sommergibile, con l’assistenza dello Ju 88; ottenuto un contatto alle 1300 metri, la torpediniera lo bombarda con due pacchetti di cariche di profondità fino a perdere il contatto alle 9.35. Probabilmente l’Ardito ha affondato il sommergibile britannico Turbulent (capitano di corvetta John Wallace Linton), che era stato inviato a sorvegliare le acque al largo della Bocca Piccola in seguito alle intercettazioni di “ULTRA” circa la partenza del convoglio di cui fa parte l’Orione.
Alle 12.30 gli aerei tedeschi della scorta aerea avvistano quello che viene identificato come un Bristol Beaufighter, probabilmente un ricognitore inviato a verificare la partenza del convoglio da Napoli.
7 marzo 1943
Alle 9.15 otto bombardieri britannici, scortati da 14 caccia, attaccano il convoglio 22 miglia ad est dello scoglio Keith (34 miglia ad ovest-sudovest di Marettimo). La scorta reagisce con un intenso fuoco contraereo ed anche i caccia della scorta aerea (in inferiorità numerica rispetto agli aerei attaccanti) contrattaccano, ma la Ines Corrado viene colpita da diverse bombe: carica di 5000 tonnellate di rifornimenti tra cui benzina, carri armati, autoveicoli ed artiglierie, la motonave diviene subito preda di un violento incendio, che l’equipaggio non riesce a contrastare a causa del danneggiamento delle tubolature antincendio.
Orione, Ardito e Cascino sono distaccate per recuperare l’equipaggio e le truppe imbarcate sulla motonave: i circa duecento uomini presenti sull’Ines Corrado vengono così ordinatamente trasbordati sulle tre torpediniere, mentre Groppo e Cigno proseguono con i due residui piroscafi, Estier e Balzac. Ultimi ad abbandonare la motonave, alle 10.30, sono i comandanti civile e militare, capitano di lungo corso Vasco Pertosi e tenente di vascello Ivo Vancini. Tutti i feriti vengono riuniti sulla Cascino, che alle 11.25 dirige per Trapani, porto più vicino, affinché possano ricevere assistenza medica il più presto possibile; Orione ed Ardito rimangono invece vicino all’Ines Corrado fino al tramonto, trasbordando i naufraghi illesi sulla nave soccorso Capri – sopraggiunta da Trapani alle 17 – per poi dirigere esse stesse verso Trapani, entrandovi durante la notte, seguite a distanza dalla più lenta nave soccorso.
L’Ines Corrado colerà a picco alle tre di notte dell’8, in posizione 37°47' N e 11°23' E. Nessuno dei tre mercantili del convoglio giungerà a destinazione: poche ore dopo, il Balzac sarà affondato da un altro attacco aereo, mentre l’Estier salterà su un campo minato, al pari della torpediniera di scorta Ciclone (capitano di corvetta Luigi Di Paola), uscita da Biserta per andare incontro al convoglio.
12 marzo 1943
Alle 14.40 (o 14.45) Orione (capitano di corvetta Luigi Colavolpe) e Cigno (capitano di corvetta Carlo Maccaferri), salpate da Messina di scorta alla cisterna militare Sterope, si aggregano con essa – a nord della città sullo stretto – al convoglio «D», partito da Napoli alle 00.30 del 12 e diretto a Tunisi con i piroscafi tedeschi Esterel e Caraibe scortati dalle torpediniere Sirio (capitano di corvetta Antonio Cuzzaniti, caposcorta capitano di vascello Corrado Tagliamonte), Generale Antonino Cascino (tenente di vascello Gustavo Galliano) e Pegaso (capitano di corvetta Mario De Petris) e dalle corvette Cicogna (tenente di vascello Augusto Migliorini) e Persefone (capitano di corvetta Oreste Tazzari).
Alle 16.10, al largo di Capo Cefalù, si unisce alla scorta anche la torpediniera Libra, proveniente da Palermo, e più tardi i cacciasommergibili VAS 231 e VAS 232.
Già dal 10 marzo, tuttavia, i comandi britannici – attraverso le decrittazioni di “ULTRA” – sanno che la Sterope e la motonave Nicolò Tommaseo devono arrivare a Messina alle 20 del 9, provenienti da Brindisi, per poi unirsi ad Esterel e Caraibe e Manzoni, provenienti da Napoli e diretti a Messina o Trapani, e fare rotta insieme verso Tunisi e Biserta, dove giungere nel pomeriggio dell’11. Il 12 marzo “ULTRA” ha poi appreso del rinvio di 48 ore di tale programma, con l’arrivo a Messina di Sterope e Tommaseo alle 14 dell’11 anziché la sera del 9; i comandi britannici deducono correttamente che la prevista riunione in mare avverrà nella giornata del 12, e pertanto inviano numerosi aerei a cercare il convoglio.
Lo trovano alle 20.40: tra quell’ora e le 21.20 il convoglio viene continuamente sorvolato da aerosiluranti, bersagliati più volte dal tiro di tutte le navi (per altra fonte, il convoglio sarebbe stato localizzato per la prima volta alle otto di sera da un velivolo munito di proiettore «Leigh Light», che avrebbe illuminato le navi e comunicato l’avvistamento, scatenando alle nove di sera l’attacco degli aerosiluranti).
Alle 21.25 (o 21.35), dodici miglia ad ovest di Capo Gallo, la Sterope viene colpita a prora sinistra da un siluro, sganciato da un Bristol Beaufort del 39th Squadron R.A.F. (pilotato dal capitano Stanley Muller-Rowland). Per ordine del caposcorta, Cascino e Pegaso sono distaccate per assistere la petroliera danneggiata, mentre il resto del convoglio prosegue.
Altri quattro Beaufort del 39th Squadron attaccano le navi italiane, senza ottenere ulteriori centri; tre di essi sono colpiti, uno dei quali (tenente Arnold M. Feast) viene abbattuto alle 22.15 da Orione e Persefone, con quest’ultima che ne recupera i tre superstiti tra cui il pilota, mentre un quarto uomo è rimasto ucciso (secondo fonti britanniche questo aereo sarebbe stato abbattuto dieci minuti prima del siluramento della Sterope, il che se corretto sarebbe spiegato da una differenza di fuso orario tra l’ora britannica e quella italiana). Un secondo Beaufort della stessa squadriglia (sergente William A. Blackmore) viene abbattuto senza superstiti, mentre il terzo (sergente J. T. “Paddy” Garland) viene gravemente danneggiato ma riesce a tornare alla base maltese di Luqa.
Alle
22.19 (o 22.10) il convoglio viene nuovamente attaccato, stavolta dal
sommergibile britannico Thunderbolt (capitano
di corvetta Cecil Bernard Crouch), che silura e danneggia
l’Esterel sei
miglia ad est di Capo San Vito siculo (per altra fonte, due miglia a
nord del Capo). Il Thunderbolt è
partito da Malta il precedente 9 marzo per la sua quindicesima
missione di guerra, la sesta in Mediterraneo, con l’ordine di
pattugliare le acque ad ovest di Marettimo e la costa nordoccidentale
della Sicilia e poi raggiungere Algeri al termine della missione; non
si è mai avuta una formale conferma che sia stato questo battello a
silurare l’Esterel,
non essendo il Thunderbolt mai
rientrato dalla sua missione, ma non avendo alcun altro sommergibile
britannico rivendicato un attacco in circostanze compatibili con
questo siluramento, è pressoché certo che sia stata proprio opera
del Thunderbolt.
Dopo
l’attacco, il convoglio viene raggiunto da due cacciasommergibili,
il VAS 231 ed
il VAS 232,
che danno assistenza all’Esterel per
qualche minuto prima di allontanarsi di nuovo.
Su ordine del caposcorta, l’Orione e la Persefone danno assistenza all’Esterel; il piroscafo danneggiato viene anch’esso preso a rimorchio (prima dall’Orione e successivamente da due rimorchiatori inviati da Trapani, mentre la Persefone assicura la scorta) e portato a Trapani.
Dopo l’attacco, la Libra (capitano di corvetta Gustavo Lovatelli) riceve ordine dalla Sirio di attaccare il sommergibile, che riesce a localizzare e bombardare con sette scariche di bombe di profondità tra le 23.47 e l’1.38 del 15, forse danneggiando il battello nemico, che verrà affondato l’indomani dalla Cicogna.
13 marzo 1943
Orione, Persefone ed Esterel arrivano a Trapani alle 14.20 (o 14). Nelle ore precedenti, per ordine superiore (in seguito all’avvistamento da parte di un ricognitore della Luftwaffe di quattro cacciatorpediniere britannici al largo di Bona, con rotta nordest ed elevata velocità), sono entrate in quel porto anche le altre unità del convoglio; alle 22.45 Caraibe e scorta, ora costituita da Sirio (caposcorta), Cigno, Libra, Orione, Cascino e Pegaso nonché dalle VAS 231 e 232 (le quali precedono il convoglio per effettuare dragaggio nei fondali di profondità inferiore ai 300 metri), ripartono da Trapani per unirsi, dieci miglia ad est del banco di Skerki, ad un altro convoglio formato dalle motonavi Manzoni e Mario Roselli, provenienti da Olbia e dirette a Biserta.
14 marzo 1943
All’1.34 aerei avversari iniziano a sorvolare il convoglio, e tra le 2.42 e le 2.44 questi lanciano tre siluri: la Pegaso abbatte un aereo, ma alle 2.44 il Caraibe viene colpito da un siluro, il terzo lanciato. Incendiato, il piroscafo viene scosso da varie esplosioni ed affonda alle 4.35; le unità della scorta subiscono insistenti attacchi di bombardieri ed aerosiluranti fino alle quattro del mattino, ma non subiscono danni. Cascino e Pegaso recuperano 63 sopravvissuti del Caraibe (su un centinaio di uomini presenti a bordo) e dirigono per Trapani.
Le altre torpediniere ed i due VAS (sempre con funzione di dragaggio) raggiungono alle 8.15, una settantina di miglia a sudovest di Trapani, il convoglio formato da Manzoni e Roselli scortate da Sagittario (capitano di corvetta Vittorio Barich) e Clio (capitano di corvetta Carlo Brambilla), col quale giungono a Biserta alle 16.40 (o 16.59), precedute nell’ultimo tratto della navigazione da tre dragamine usciti da Biserta per dragare la rotta del convoglio (per altra versione, anche la Pegaso si sarebbe riunita alla scorta delle due motonavi nell’ultimo tratto di navigazione); Orione e Libra, poco prima di entrare a Biserta, ricevono ordine di recarsi a Tunisi.
Qui giunta, già alle 19.30 l’Orione riparte scortando il piroscafo Fabriano e la motonave Belluno, diretti in Italia.
15 marzo 1943
Alle 13.45, all’altezza di Zembra, il convoglio di cui fa parte l’Orione si congiunge con un altro, partito da Biserta, formato dalla motonave italiana Caterina Costa, dalla motonave tedesca Pierre Claude e dalle torpediniere Sagittario e Clio. Alle 14 l’Orione assume il ruolo di caposcorta del convoglio unico così formato; poco dopo giunge in rinforzo alla scorta anche la Pegaso, uscita da Trapani alle 3.15.
Alle 20.37, una trentina di miglia a sud di Capri, il sommergibile britannico Trooper (tenente di vascello John Somerton Wraith) avvista verso est le sagome oscurate di almeno cinque navi dirette verso Napoli, ed alle 20.46 lancia quattro siluri contro la Belluno (la seconda sagoma, che sembra una nave piuttosto grande), da una distanza di circa quattro miglia. Nessuna delle armi va a segno, per quanto da parte britannica vengano avvertite due esplosioni; il Trooper s’immerge e si allontana alle 20.48.
Dalle 21.35 aerei nemici prendono a sorvolare le navi italiane a più riprese, ma sono sempre respinti dal tiro delle armi di bordo.
16 marzo 1943
Il convoglio giunge a Napoli tra le 4 e le 7.
30 marzo 1943
Nelle prime ore della notte Orione e Pegaso, in navigazione da Biserta a Trapani nel buio più totale (essendo la notte senza luna), incrociano le corvette Antilope e Persefone, in navigazione con rotta opposta, al largo di Favignana. A causa dell’oscurità e di un errore di manovra, in condizioni di mare forza 8, la Pegaso sperona a poppa l’Antilope, che verso le 2.30 chiede aiuto, via radio, alla Persefone; quest’ultima, che non aveva notato quanto accaduto, raggiunge rapidamente il luogo del sinistro e recupera una decina di uomini caduti in mare, che vengono rifocillati e ricevono indumenti asciutti. L’Orione e la danneggiata Pegaso dirigono per Trapani, scortando Antilope e Persefone, la prima a rimorchio della seconda. Le quattro navi arrivano in porto intorno alle 18.
31 marzo 1943
Parte da Trapani alle due di notte in missione di trasporto a Biserta di carburante ed altri materiali; raggiunge Biserta alle 17.01.
1° aprile 1943
L’Orione e le torpediniere Antares (caposcorta) e Fortunale lasciano Biserta a mezzogiorno (per altra versione, alle 13.20) per scortare a Napoli la motonave Marco Foscarini.
2 aprile 1943
Il convoglio giunge a Napoli alle 15.55 (o 17.45).
5
aprile 1943
Alle 3.20
l’Orione (capitano
di corvetta Luigi Colavolpe) parte da Napoli per Biserta insieme alle
torpediniere Pallade (capitano
di corvetta Antonio Giungi), Libra (capitano
di corvetta Gustavo Lovatelli) e Perseo (capitano
di corvetta Saverio Marotta; a bordo anche il comandante superiore in
mare, capitano di fregata Ernesto
Pellegrini), di scorta ad un convoglio formato dai piroscafi
italiani Caserta e Rovereto e
dai tedeschi Carbet e San
Diego.
Alle 16.15 si
uniscono alla scorta anche il vecchio cacciatorpediniere Augusto
Riboty (tenente di
vascello di complemento Nicola Ferrone) e la
torpediniera Clio (capitano
di corvetta Carlo Brambilla), usciti da Messina.
Subito dopo la
partenza, il Caserta subisce
un’avaria al timone, non riparabile in mare, che lo costringe a
tornare in porto.
6
aprile 1943
Alle 2.30
il Carbet,
scortato dal Riboty,
si separa dal convoglio e fa rotta per Trapani, dove giunge alle 9.30
di quel giorno. Le rimanenti sette navi proseguono verso Biserta.
Già
il 5 aprile “ULTRA” ha scoperto, tramite le sue decrittazioni,
che Rovereto, San
Diego e Caserta dovrebbero
giungere a Biserta (i primi due) e Tunisi (il terzo) in breve tempo;
questa informazione, di per sé insufficiente a pianificare un
attacco, viene però arricchita l’indomani da nuove decrittazioni:
i britannici vengono così a sapere che Rovereto, San
Diego e Caserta sono
partiti dal Golfo di Napoli intorno alle tre di notte del 5 aprile, a
dieci nodi di velocità, e che all’1.30 del 6, 15 miglia a
nordovest di Trapani, il Caserta si
dovrebbe separare da loro per raggiungere tale porto, mentre gli
altri due piroscafi dovrebbero raggiungere Biserta alle 15.30 dello
stesso giorno.
La maggior parte del viaggio trascorre senza
intoppi; quando le navi giungono in vista dell’isola di Zembra,
viene avvistata l’anziana torpediniera Enrico
Cosenz (tenente di
vascello Alessandro Senzi), salpata da Biserta e mandata incontro al
convoglio per pilotarlo sulla rotta di sicurezza di Zembra, che il
convoglio ha appena imboccato. Poco dopo l’accostata sulla rotta di
sicurezza, alle 9.25, sopraggiungono 18 bombardieri angloamericani,
che vengono ingaggiati dai caccia della Luftwaffe che costituiscono
la scorta aerea del convoglio. Nel combattimento tra gli aerei, uno
dei velivoli tedeschi viene abbattuto; le navi del convoglio escono
però indenni dalla pioggia di bombe sganciate dagli aerei avversari.
Alle 9.54 la Cosenz raggiunge
il convoglio.
Alle 11.10 l’attacco viene replicato, da parte
di altri 18 bombardieri; la Perseo richiama
ripetutamente sul posto i caccia tedeschi, ma questi non possono
intervenire, perché a loro volta impegnati contro altri aerei nemici
tra Tunisi e Biserta. Anche questo bombardamento viene tuttavia
superato senza danni.
Alle 17.17, al largo di Capo Zebib, ha
inizio il terzo attacco aereo: il convoglio ha appena accostato in
direzione di Biserta – l’ultima accostata da compiere durante la
navigazione – quando vengono avvistati 22 quadrimotori che volano
in formazione a 3000 metri di quota, con rotta perpendicolare a
quella del convoglio. Si tratta di bombardieri statunitensi Boeing B
17, le famose “fortezze volanti”. I sei caccia che formano in
quel momento la scorta aerea tentano di intercettare gli aerei
Alleati, ma invano.
La prima ondata di bombardieri non fa danni,
ma la seconda colpisce sia il Rovereto che
il San Diego:
mentre quest’ultimo viene colpito a prua, con conseguente incendio
a bordo, il Rovereto viene
centrato in pieno dalle bombe e, avendo a bordo anche un notevole
quantitativo di munizioni, salta in aria otto miglia ad est di
Biserta.
La Clio e
la Cosenz recuperano
i pochi naufraghi del Rovereto (le
vittime sono oltre cento), mentre l’Orione riceve
ordine dal caposcorta di andare a Biserta per chiedere mezzi di
salvataggio: vi giunge alle 18.20, e da quel porto escono i
rimorchiatori Tebessa e Gabes,
rispettivamente tedesco e francese, per tentare un rimorchio del San
Diego, assistito intanto da
Libra, Pallade e Perseo.
Tutto inutile: l’incendio si estende rapidamente ed il piroscafo,
abbandonato dall’equipaggio, esplode alle 19.27.
17 aprile 1943
Alle 00.50 l’Orione salpa da Trapani per scortare a Tunisi il piroscafo tedesco Caserta ed i trasporti militari KT 11 e KT 21, anch’essi tedeschi.
Alle sette del mattino la scorta viene rinforzata dalla torpediniera Libra.
Il convoglio raggiunge Tunisi alle 15.
20 aprile 1943
Alle 4.30 l’Orione lascia Tunisi per scortare a Napoli la motonave Belluno. Alle 7.40 le due navi vengono infruttuosamente attaccate da aerei.
21 aprile 1943
Orione e Belluno arrivano a Napoli alle 00.50.
21 maggio 1943
L’Orione (capitano di corvetta Luigi Colavolpe) salpa da Napoli insieme alla torpediniera di scorta Groppo, per scortare a Messina i piroscafi Siena, Bologna e Polluce.
Alle 16.55 il sommergibile britannico Unbroken (tenente di vascello Bruce John Bevis Andrew) avvista il fumo del convoglio, di cui stima correttamente la composizione come tre mercantili e due “cacciatorpediniere”, e manovra per avvicinarsi; alle 17.44, giunto a 3200 metri di distanza, lancia quattro siluri contro il mercantile più grande, il Bologna, di cui ha stimato la stazza come 4000 tsl. Subito dopo aver lanciato, scende a 36 metri di profondità; due minuti e 21 secondi dopo i lanci il Bologna viene colpito da un siluro, affondando in pochi minuti ad otto miglia per 210° da Capo Vaticano, in posizione 38°34' N e 15°44' E. Una delle due torpediniere provvede al salvataggio dei naufraghi, mentre l’altra dà la caccia al sommergibile, con lancio di bombe di profondità a partire dalle 17.53. Le bombe esplodono lontane dall’Urge, che dopo essersi allontanato verso nordovest può tornare a quota periscopica alle 18.34, osservando una delle due torpediniere ferma a recuperare naufraghi e l’altra ancora impegnata nella caccia.
30 maggio 1943
Dà infruttuosamente la caccia ad un sommergibile rilevato all’ecogoniometro.
31 maggio 1943
Riclassificata torpediniera di scorta.
16 giugno 1943
L’Orione salpa da Napoli nelle prime ore della notte per scortare a Siracusa il piroscafo Terni, carico di rifornimenti per le forze stanziate in Sicilia. Alle 5.18 si uniscono alla scorta le corvette Driade e Persefone; l’Orione mantiene il ruolo di caposcorta, ed ordina alle due corvette di disporsi sui lati del Terni. Alle 6.36 arrivano gli aerei della scorta aerea.
Alle 13.45 il piccolo convoglio imbocca lo stretto di Messina.
Alle 19.04 l’Orione comunica alla Persefone di aver rilevato due eco sospetti nei punti 37°19'30" N e 15°14'39" E e 34°20' N e 15°15'10" E: ed infatti, nei paraggi è in agguato il sommergibile britannico Unison (tenente di vascello Anthony Robert Daniell), che alle 18.22 ha avvistato il fumo del convoglio su rilevamento 349°, in posizione 37°26' N e 15°15' E, e poco dopo due navi, delle quali sulle prime non è riuscito a discernere la rotta. Immersosi rapidamente dopo l’avvistamento, l’Unison è poi tornato a quota periscopica alle 18.40 ed ha osservato il Terni e la sua scorta, identificando l’Orione (che precede il piroscafo) come un “cacciatorpediniere” e le due corvette (sui lati del mercantile) come “torpediniere”.
Alle 19.05, in posizione 37°29' N e 15°13' E, l’Unison lancia quattro siluri contro il Terni da 915 metri di distanza: una delle armi, o forse anche due, colpiscono il piroscafo sul lato sinistro, ed alle 19.09 la nave, che ha a bordo anche un considerevole quantitativo di munizioni, salta in aria in posizione 37°21'20" N e 15°13' E, a sette miglia per 170° da Capo Molino (due miglia a nord di Catania). L’Orione ordina alle due corvette di dare la caccia all’Unison e provvedere al salvataggio dei naufraghi; la caccia, con il lancio di trenta bombe di profondità – nessuna delle quali esplosa particolarmente vicina all’Unison – a partire dalle 19.14, non arrecherà danni al sommergibile (che invece ha subito danni, sebbene lievi, per effetto della concussione provocata dall’esplosione del Terni, che ha scosso violentemente il sommergibile rompendo numerose lampadine e facendo staccare ruggine e vernice dalle paratie), mentre dell’equipaggio del Terni verranno tratti in salvo solo dieci superstiti, uno dei quali successivamente deceduto.
17 giugno 1943
Alle 15.09 l’Orione salpa da Milazzo per scortare a Napoli il piroscafo Tivoli.
Qualche ora dopo la partenza, il piccolo convoglio viene avvistato a sud di Stromboli (per altra fonte, al largo di Capo Milazzo), da una distanza di 5600 metri, dal sommergibile polacco Dzik (capitano di corvetta Boleslaw Szymon Romanowski). In quel momento l’Orione precede il Tivoli di circa 2000 metri; Romanowski sovrastima le dimensioni di entrambe le navi, ritenendo che il Tivoli stazzi circa 4000 tsl (in realtà meno di 1500) e che l’Orione sia un cacciatorpediniere di squadra.
Alle 19.40, in posizione 38°40' N e 15°16' E, lo Dzik lancia tre siluri contro il Tivoli da circa 2700 metri di distanza. Nessuna delle armi va a segno; le navi italiane avvertono due esplosioni, attribuite a siluri giunti a fine corsa.
Anche lo Dzik avverte le esplosioni, e cinque minuti dopo Romanowski dà un’occhiata al periscopio e vede “solo l’albero e la poppa della nave [mercantile] che spuntavano fuori dall’acqua” (doveva avere le traveggole) e l’Orione in avvicinamento ad alta velocità (per altra fonte Romanowski avrebbe affermato anche di aver visto la torpediniera intenta al recupero di naufraghi), pertanto scende in profondità. La torpediniera inizia il contrattacco un quarto d’ora dopo il lancio dei siluri; lancia due pacchetti di bombe di profondità (sullo Dzik vengono contate dodici detonazioni) ma lo stato del mare ostacola la caccia, e nessuna delle bombe esplode particolarmente vicina al sommergibile, che rimane indenne e dopo 40 minuti è in grado di tornare a quota periscopica, osservando l’Orione che si allontana su rotta 140°. La torpediniera italiana ha avvertito un’esplosione subacquea, che ha indotto il suo comandante a ritenere di aver forse affondato il sommergibile.
18 giugno 1943
Orione e Tivoli giungono a Napoli alle 19.13.
6 luglio 1943
L’Orione scorta il sommergibile Volframio (tenente di vascello Giovanni Manunta) durante il trasferimento da Portoferraio, da dove parte alle 14.37, a La Spezia, dove arriva alle 22.21.
8
settembre 1943
L’annuncio
dell’armistizio tra l’Italia e gli Alleati sorprende l’Orione
(capitano di corvetta Emanuele Bertetti) a La Spezia.
Come il resto della flotta da battaglia stanziata nella base ligure, la nave, nei giorni precedenti, ha caricato carburante e munizioni per quella che si pensa sarà l’ultima battaglia: gira notizia dell’avvistamento di una flotta angloamericana di ben 450 navi, diretta verso le coste della Campania; gli Alleati stanno per sbarcare a Salerno, e la squadra da battaglia, dopo mesi di immobilità nella base di La Spezia, si prepara a salpare per contrastare la flotta d’invasione in un ultimo scontro dall’esito tristemente scontato.
In mattinata, in seguito all’avvistamento alle 7.30 di forze navali nemiche dirette verso il golfo di Salerno (è la flotta d’invasione Alleata incaricata dell’esecuzione dell’operazione "Avalanche"), Supermarina ha ordinato l’approntamento della flotta da battaglia, di stanza a Genova e La Spezia, per uscire in mare a contrastare l’invasione (l’ordine di Supermarina, trasmesso alle dieci, è “Accendere e passare agli ormeggi in rada pronti in due ore con tutte unità (alt)”); successivamente, a mezzogiorno, ha ordinato al Comando delle Forze Navali da Battaglia di aggregare alla flotta l’Orione ed altre cinque torpediniere (Orsa, Ardimentoso, Pegaso ed Impetuoso, più la Libra che si trova però a Genova), inquadrate in un’unica squadriglia al comando del capitano di fregata Riccardo Imperiali (imbarcato sulla Pegaso), per incrementare la scorta avanzata alle grandi unità della flotta o per recuperare gli equipaggi in caso di autoaffondamento delle navi maggiori.
Intorno alle 18 il comandante della squadra da battaglia, ammiraglio Carlo Bergamini, convoca il capitano di fregata Imperiali e gli altri comandanti dipendenti sulla sua nave ammiraglia Roma. Il giorno precedente, Bergamini ha partecipato a Roma, presso il quartier generale della Marina, ad una riunione indetta dal Ministro della Marina nonché capo di Stato Maggiore della forza armata, ammiraglio Raffaele De Courten. Durante tale riunione, cui hanno partecipato in tutto dieci ammiragli che detengono le posizioni chiave all’interno della Marina, De Courten ha disposto che naviglio ed installazioni a terra vengano posti in stato di difesa, la sorveglianza venga rafforzata ovunque, ci si prepari a reagire ad eventuali atti di ostilità da parte tedesca (tenendosi pronti ad impedire l’occupazione di installazioni militari e la cattura di navi da parte tedesca, ad interrompere i collegamenti delle forze tedesche, ad eliminare reparti e navi tedesche che compissero atti ostili) ed a far partire le navi in condizioni di efficienza per Sardegna, Corsica, Elba, Sebenico e Cattaro, nonché ad autoaffondare le navi non in grado di muovere; in caso di attacco tedesco, i prigionieri Alleati dovranno essere liberati, ed in caso di attacco tedesco si dovranno considerare come nemici i velivoli tedeschi che sorvoleranno le navi italiane, mentre non si dovrà aprire il fuoco contro quelli Alleati. Tutte questi provvedimenti verranno presi in seguito a ricezione di un ordine convenzionale inviato da Supermarina, oppure dai Comandi in Capo nel caso di un attacco da parte tedesca. De Courten non ha rivelato ai presenti che sono in corso le trattative per un armistizio tra l’Italia e gli Alleati (anzi già conclusesi il 3 settembre con la firma dell’armistizio, che però non è stata ancora resa nota), ma ai più non è sfuggito il significato di quelle istruzioni.
Un altro ordine dato nel corso della riunione è stato quello di rifornire al completo le navi in grado di partire con provviste, acqua e nafta; quest’ordine, eseguito nel pomeriggio dell’8 settembre, desta non pochi dubbi, dato che i marinai non capiscono come mai, se la flotta deve partire a breve per l’ultima battaglia nel Basso Tirreno, si imbarchino rifornimenti che sembrano destinati ad una lunga navigazione.
Agli ammiragli e comandanti riuniti sulla Roma, Bergamini annuncia che non potrà riferire tutto quello che De Courten gli ha detto, ma che sono imminenti gravissime decisioni da parte del governo, e che solo la Marina, tra le forze armate italiane, si può ritenere ancora integra ed ordinata.
Qualsiasi cosa dovesse accadere, fa presente Bergamini, nessuna nave dovrà cadere in mano straniera, né britannica né tedesca; piuttosto, verrà trasmesso il messaggio in codice «Raccomando massimo riserbo» ricevuto il quale le navi si dovranno autoaffondare. Qualora il comando centrale fosse impossibilitato a trasmettere tale messaggio, i comandanti dovranno agire di propria iniziativa, in relazione alla situazione che si dovesse presentare, ricordando la direttiva di non consegnare nessuna nave in mani straniere. Nel caso di un autoaffondamento, questo dovrà avvenire per quanto possibile in acque profonde, ma a distanza dalla costa tale da permettere agli equipaggi di mettersi in salvo (per ordine del re, gli uomini non devono sacrificarsi); se ciò non sarà possibile, le navi si dovranno autodistruggere.
In caso di ricezione del telegramma convenzionale «Attuare misure ordine pubblico Promemoria n. 1 Comando Supremo», si dovrà procedere alla cattura del personale tedesco presente a bordo per i collegamenti ed attuare l’allarme speciale, cioè preparare le navi a respingere qualsiasi colpo di mano proveniente dall’esterno.
Sempre durante questa riunione, l’ammiraglio Bergamini ordina al capitano di fregata Imperiali di assumere il comando di un Gruppo Torpediniere formato da Orsa, Orione, Pegaso, Impetuoso e Ardimentoso, di considerarsi da quel momento alle sue dipendenze, e di tenersi pronto a prendere il mare insieme alla squadra da battaglia. Compito del Gruppo Torpediniere sarà di svolgere esplorazione avanzata durante la navigazione, e di recuperare gli equipaggi se le navi saranno costrette ad autoaffondarsi. Bergamini spiega che la flotta potrebbe salpare da un momento all’altro, e che gli obiettivi potrebbero essere tre, radicalmente differenti: andare incontro alla flotta britannica che deve appoggiare lo sbarco, presumibilmente nel Golfo di Salerno, ed ingaggiarla in battaglia; raggiungere La Maddalena per sottrarsi ad eventuali azioni ostili da parte tedesca; oppure autoaffondarsi. Terminata la riunione, il capitano di fregata Imperiali convoca immediatamente sulla Pegaso i comandanti delle unità dipendenti, ossia i capitani di corvetta Bertetti dell’Orione, Giuseppe Cigala Fulgosi dell’Impetuoso e Gino Del Pin dell’Orsa, mentre i comandanti della Libra e dell’Ardimentoso, capitani di corvetta Nicola Riccardi e Domenica Ravera, non possono partecipare alla riunione perché la prima si trova in mare e la seconda in manutenzione nell’Arsenale di La Spezia. Dopo aver concordato un piano per la navigazione, i comandanti tornano alle rispettive mansioni; ma poco più tardi, alle otto di sera, la radio dà l’annuncio dell’armistizio tra l’Italia e gli Alleati.
Alle 22 l’ammiraglio Bergamini, dopo una telefonata da parte dell’ammiraglio De Courten, convoca di nuovo gli ammiragli e comandanti dipendenti e dice loro che il personale tedesco presente sulle navi è stato sbarcato, conferma le disposizioni date quattro ore prima e dice di non sapere se alla squadra da battaglia verrà ordinato di restare in porto oppure di trasferirsi in Sardegna od in altra località; gli ordini a questo proposito, dice, saranno stati probabilmente impartiti dopo un colloquio tra l’ammiraglio De Courten ed il maresciallo Badoglio, che deve svolgersi proprio in quei momenti. Il mattino seguente verranno impartiti nuovi ordini.
Alle 23.45 Supermarina ordina all’ammiraglio Bergamini di salpare per La Maddalena.
9 settembre 1943
Alle 00.21 l’ammiraglio Bergamini ordina a tutte le unità della squadra "Attivate. Passate pronti a muovere".
Alle 00.52 il Comando Forze Navali da Battaglia ordina ad Orione, Orsa, Pegaso, Impetuoso e Ardimentoso "Partire ore 02.00 giorno 9 V.22 per ancoraggio. Lat.42°.36'N Long.80°.19'E. A Isola Asinara". Le forze tedesche hanno dato il via all’operazione "Achse" per l’eliminazione delle forze armate italiane e l’occupazione del territorio italiano, e Supermarina ha ordinato alla squadra da battaglia di lasciare La Spezia per sottrarsi alla cattura.
Le torpediniere sono le prime unità della squadra a lasciare La Spezia, alle due di notte: per prima la capogruppo Pegaso, seguita da Impetuoso, Orsa ed Orione (l’Ardimentoso, trovandosi in Arsenale, non può invece partire con le altre: salperà per proprio conto, alcune ore dopo, raggiungendo Portoferraio). Rotta su La Maddalena, passando a ponente della Corsica.
Le tre moderne corazzate dell’ammiraglio Bergamini, Roma, Italia (nave di bandiera dell’ammiraglio di divisione Enrico Accorretti, comandante della IX Divisione) e Vittorio Veneto, lasciano La Spezia un’ora più tardi, insieme agli incrociatori leggeri Raimondo Montecuccoli, Attilio Regolo ed Eugenio di Savoia (VII Divisione Navale, al comando dell’ammiraglio di divisione Romeo Oliva, con bandiera sull’Eugenio di Savoia), nonché ai cacciatorpediniere Mitragliere (caposquadriglia, capitano di vascello Giuseppe Marini), Fuciliere, Carabiniere e Velite della XII Squadriglia ed Artigliere, Alfredo Oriani, Legionario (caposquadriglia, capitano di vascello Amleto Baldo) e Grecale della XIV Squadriglia; la flotta assume rotta 218° e velocità 24 nodi. Più o meno nello stesso momento, salpano da Genova anche la Libra ed i tre incrociatori leggeri dell’VIII Divisione (Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi, Giuseppe Garibaldi ed Emanuele Filiberto Duca d'Aosta), al comando dell’ammiraglio di divisione Luigi Biancheri.
La destinazione per tutte le navi è la base di La Maddalena, in Sardegna, dove la flotta deve inizialmente trasferirsi (come De Courten ha spiegato a Bergamini la sera prima, ordine poi ufficializzato da un fonogramma di Supermarina delle 23.45) per poi ricevere ulteriori istruzioni sul da farsi: nella base sarda, l’ammiraglio Bruno Brivonesi dovrà consegnare all’ammiraglio Bergamini i documenti relativi all’armistizio (i cui dettagli non sono noti a Bergamini) e gli ordini conseguenti. Inizialmente, è stato previsto anche che il re ed il governo si dovranno trasferire da Roma a La Maddalena (così ha detto a De Courten, il 6 settembre, il capo di Stato Maggiore generale, generale Vittorio Ambrosio), ma poi gli eventi prenderanno una piega differente.
Alle
due di notte l’ammiraglio Bergamini ha diramato un telecifrato con
i dettagli di trasferimento e di navigazione: "DA
COMANDO IN CAPO FF.NN. – 15749 TABELLA ASTI – Previsione partenza
Forza Navale da La Spezia 030009 velocità 24 punto 42°36’
latitudine 8°19’ longitudine; 41°09’ latitudine 8°19’
longitudine (alt) Arrivo La Maddalena ore 1430 (alt) Ore 060009
riunione con 8a Divisione et torpediniera Libra (alt) Torpediniere
Pegaso Torpediniera Impetuoso Torpediniera Orsa Torpediniera Orione
precedono Forza Navale scorta avanzata (alt) 020009".
Il mare è calmo, ben illuminato dalla luna.
I gruppi partiti da
Genova e La Spezia si riuniscono alle 6.15 (o 6.30) a nord di Capo
Corso, per poi proseguire in un unico gruppo verso sud lungo una
rotta che passa ad ovest della Corsica, procedendo a 22 nodi e
tenendosi ad una quarantina di miglia (per altra fonte, ad una
ventina) dalla costa corsa.
Dopo la riunione, la Libra si
aggrega temporaneamente alla XIV Squadriglia Cacciatorpediniere,
mentre la VII e la VIII Divisione si scambiano Regolo e Duca
d'Aosta per ottenere
una maggiore omogeneità delle due formazioni. Le navi della squadra
si dispongono su cinque colonne.
Il Gruppo Torpediniere precede la flotta di alcune miglia, oltre l’orizzonte; la Libra procede in testa alla squadra seguita dagli incrociatori, che procedono su due colonne parallele, con i cacciatorpediniere sui fianchi. Le corazzate sono per ultime, in posizione centrale rispetto alle colonne degli incrociatori.
Alle 6.30 Supermarina trasmette a tutte le unità un breve messaggio dell’ammiraglio De Courten: "Supermarina 18475: Truppe tedesche marciano su Roma (alt) Fra poco Supermarina potrà non poter comunicare (alt) Per ordine del Re eseguite lealmente clausole armistizio (alt) Con questa leale esecuzione la Marina renderà altissimo servizio al Paese". Alla stessa ora l’ammiraglio Bergamini ordina "Da CC.FF.NN.BB. a tutti: Disponetevi secondo dispositivo di marcia G.E. 12, 5a colonna", e la squadra si dispone con la Libra in avanguardia ravvicinata seguita dalla IX Divisione in posizione centrale, la VII Divisione a proravia sinistra di quest’ultima e con la XII Squadriglia sul lato esterno e l’VIII Divisione a proravia dritta della IX Divisione e con la XIV Squadriglia sul lato esterno. Rotta 220°, la velocità viene portata a 22 nodi.
Alle
8.40 le navi di Bergamini avvistano di prua le torpediniere del
gruppo Imperiali, che si mantengono in avanguardia lontana come
scorta avanzata. Già alle 4.13 l’ammiraglio Bergamini ha
comunicato a tutte le unità «Attenzione
agli aerosiluranti all’alba»,
ed alle 7.07 ribadisce «Massima
attenzione attacchi aerei».
In testa alla formazione procede la Libra,
seguita dalle due divisioni di incrociatori che navigano su due
colonne parallele, con Duca
degli Abruzzi, Garibaldi e Regolo a
dritta ed Eugenio, Duca
d'Aosta e Montecuccoli a
sinistra; le tre corazzate procedono in linea di fila a poppavia
degli incrociatori. La XIV Squadriglia Cacciatorpediniere è in
posizione di scorta laterale sulla dritta della formazione, in linea
di fila, mentre la XII Squadriglia ha analoga posizione sul lato
opposto.
Alle nove del mattino le navi, arrivate nel punto di
atterraggio previsto per fare rotta verso il Golfo dell’Asinara,
accostano a sinistra, riducono la velocità a 20 nodi ed assumono
rotta 180° (verso sud), procedendo a zig zag.
I movimenti della
squadra italiana non sono passati inosservati; le navi italiane
vengono avvistate e seguite da alcuni ricognitori britannici (il
primo, alle 9.45, è un Martin Marauder, che dopo l’avvistamento
prende a girare intorno alla flotta) ed alle 9.41 sono localizzate
anche da un ricognitore della Luftwaffe, uno Junkers Ju 88, che
allerta immediatamente il proprio comando, informandolo della rotta e
composizione della squadra italiana.
Alle 10.29 viene avvistato
un altro aereo, anch’esso tedesco, con conseguente allarme aereo;
la velocità della squadra viene portata a 27 nodi, ed anche le
torpediniere si ricongiungono con il resto della squadra,
dispiegandosi in formazione di battaglia. Temendo un prossimo attacco
aereo, che avverrebbe senza la minima copertura aerea nazionale, le
navi iniziano a zigzagare. Alle 10.46 viene avvistato un terzo aereo,
identificato come Alleato, e viene dato ancora l’allarme aereo;
alle 10.56 viene avvistato un ulteriore ricognitore, riconosciuto
come britannico. Alle 11, dato che alcune navi hanno aperto il fuoco
col proprio armamento contraereo, l’ammiraglio Bergamini ordina a
tutte le unità di non aprire il fuoco contro aerei riconosciuti come
britannici o statunitensi.
In tutto, tra le 9.45 e le 10.56,
sono quattro gli allarmi aerei causati dall’avvistamento di
ricognitori che si tengono fuori tiro; l’ultimo allarme aereo cessa
alle 11, quando viene accertato che gli aerei avvistati sono
britannici. Alle 11.24 Supermarina comunica a tutte le unità in mare
“PAPA n. 85982 – Non
eseguite eventuali ordini dirottamento se nel testo non figura la
parola convenzionale Milano alt Per alti Comandi verranno dati ordini
a parte 092609”.
A
mezzogiorno, ormai in prossimità delle coste della Sardegna,
l’ammiraglio Bergamini ordina alla Libra di
unirsi alle torpediniere del Gruppo Pegaso,
ed a quest’ultimo di passare in scorta ravvicinata; alle 12.04
ordina di assumere il dispositivo di marcia GE11, ossia una
formazione in linea di fila con il Gruppo torpediniere in testa,
seguito nell’ordine dalla VII, VIII e IX Divisione, con i
cacciatorpediniere in scorta ravvicinata sui lati. Viene cessato lo
zigzagamento. Alle 12.05 la squadra italiana, giunta nei pressi
dell’imboccatura occidentale delle Bocche di Bonifacio, aggira
un’ampia zona di mare minata (al largo di Golfo di Porto, in
Corsica) per poi raggiungere La Maddalena. Alle 12.10, avvistata
l’Asinara, la formazione accosta di 45° a sinistra per imboccare
la rotta di sicurezza verso l’ingresso occidentale dell’estuario
della Maddalena; le due squadriglie di cacciatorpediniere vengono
disposte di poppa alle navi maggiori, con la XIV Squadriglia in coda
alla formazione (a poppavia della XII Squadriglia), mentre la
direzione della navigazione passa all’Eugenio
di Savoia. L’ordine della
linea di fila è Gruppo torpediniere-Eugenio-Duca
d'Aosta-Montecuccoli-Duca
degli Abruzzi-Garibaldi-Regolo-Roma-Italia-Vittorio
Veneto-Mitragliere-Fuciliere-Carabiniere-Velite-Legionario-Oriani-Artigliere-Grecale.
Le
torpediniere – data la loro maggiore agilità, che meglio consente
loro di passare tra i campi minati – sono tornate in testa alla
formazione, e sono prossime a giungere a destinazione, quando vengono
avvistati da bordo numerosi incendi sulla vicina costa della
Sardegna. Poco dopo (secondo una fonte, alle 13.30, ma le 12.30
sembrano un orario più verosimile) il semaforo di Capo Testa inizia
ad eseguire una sequenza di segnali luminosi, comunicando in codice
morse che il presidio della Maddalena sta per essere sopraffatto
dalle forze tedesche, che hanno attaccato gli ex alleati, e
dissuadendo le navi italiane dall’entrare a La Maddalena ("Fermate!
I tedeschi hanno occupato la base!").
Il comandante del Gruppo Torpediniere, capitano di fregata Riccardo
Imperiali sulla Pegaso,
decide allora di invertire la rotta d’iniziativa. Mentre comunica
la notizia all’ammiraglio Bergamini, vede che il resto della
flotta, a dieci miglia di distanza, sta a sua volta invertendo la
rotta.
Ciò che è successo è che il generale Carl Hans
Lungerhausen, comandante della 90a Divisione
tedesca di stanza in Sardegna, ha concordato con il comandante
militare dell’isola, generale Antonio Basso, la pacifica
evacuazione delle sue truppe (32.000 uomini) verso la Corsica,
attraverso il porto di La Maddalena, ed il capitano di fregata Helmut
Hunäus, sottoposto di Lungerhausen ed ufficiale di collegamento
tedesco presso Marisardegna (questo ufficiale viene sovente
menzionato erroneamente dalle fonti italiane come “colonnello
Uneus”), ha a sua volta preso accordi con l’ammiraglio Bruno
Brivonesi, comandante militare marittimo della Sardegna, affinché il
passaggio delle truppe tedesche attraverso La Maddalena avvenga senza
atti di ostilità (ed in questo senso, d’altro canto, andavano gli
ordini impartiti dal generale Basso all’ammiraglio Brivonesi); ma
alle 11.25 di quel 9 settembre Hunäus ha tradito l’accordo preso,
attuando un colpo di mano con le sue truppe ed assumendo così il
controllo di diverse posizioni chiave all’interno del perimetro
della base. Le truppe tedesche hanno circondato anche il Comando
Marina di La Maddalena; l’ammiraglio Brivonesi, prima di essere
catturato, ha però fatto in tempo ad avvertire Supermarina di quanto
sta accadendo, ed alle 13.16 Supermarina ne informa a sua volta
Bergamini, ordinandogli di fare rotta per Bona, in Algeria (messaggio
ricevuto sulla Roma alle
14.24). Bergamini ordina al Gruppo torpediniere di seguire la squadra
da battaglia sulla nuova rotta.
Alle 13.21 viene avvistato un
altro aereo, riconosciuto per tedesco, e viene dato l’allarme
aereo; le navi accostano a sinistra per 120°.
Alle 13.29, per
attraversare in sicurezza una zona di campi minati, viene assunta una
formazione in linea di fila con in testa il Gruppo torpediniere
seguito, nell’ordine, dalla Libra,
dalla VII, VIII e IX Divisione e dalla XII e XIV Squadriglia
Cacciatorpediniere. La velocità viene ridotta a 20 nodi, e la
squadra accosta a sinista, assumendo rotta 110°.
Secondo il
volume dell’USMM relativo agli eventi seguiti all’armistizio,
alle 13.16 Supermarina, saputo verso le 13 dell’occupazione di La
Maddalena, ordina alla squadra di Bergamini di cambiare rotta e
dirigere per Bona; tale messaggio viene ricevuto sulla Roma alle
14.24 (secondo altra fonte, alle 14.37), ed alle 14.45 la formazione
inverte la rotta ad un tempo di 180° sulla sinistra (accostata
eseguita alla velocità di 24 nodi), puntando in direzione
dell’Asinara, finendo con l’invertire l’ordine di marcia
precedentemente assunto: ora la XIV Squadriglia Cacciatorpediniere è
finita in testa, seguita nell’ordine dalla XII Squadriglia,
dalla Libra,
dalla IX Divisione, dall’VIII Divisione e dalla VII Divisione, con
le navi ammiraglie o caposquadriglia che procedono in coda alle
rispettive Divisioni e Squadriglie
(ordine: Grecale, Artigliere, Oriani, Legionario, Velite, Carabiniere, Fuciliere, Mitragliere, Libra,
Vittorio
Veneto, Italia, Roma, Regolo, Garibaldi, Duca
degli Abruzzi, Montecuccoli, Duca
d'Aosta, Eugenio).
In coda alla formazione è il Gruppo Torpediniere.
Alle 13.30
viene assunta rotta 65°, per dirigere verso le Bocche di Bonifacio;
alle 14.41 l’ammiraglio Bergamini ordina per ultracorte a tutte le
unità dipendenti "Accostate
ad un tempo di 180° a sinistra",
in modo da ridurre il raggio di evoluzione delle navi ed evitare così
di finire sui campi minati. Alle 14.46 il Comando Forze Navali da
Battaglia ordina di ridurre la velocità a 18 nodi ed assumere rotta
285°, la rotta di sicurezza che dovrà condurre le navi fuori dal
Golfo dell’Asinara, dove poi accosteranno verso sud per raggiungere
Bona.
Un ricognitore tedesco, tuttavia, osserva la squadra
italiana durante la manovra d’inversione della rotta; apprezzati i
dati relativi alla nuova rotta e velocità, alle 14.47 li riferisce
al Comando della II. Luftflotte, retto dal feldmaresciallo Von
Richtofen. Quest’ultimo, avuta così la certezza che la flotta
italiana sia ora diretta in un porto Alleato, ordina al
Kampfgeschwader 100 (100° Stormo da Bombardamento) di inviare i
bombardieri ad attaccarla: dall’aeroporto di Istres (nei pressi di
Marsiglia), pertanto, decollano in tre ondate 28 bombardieri bimotori
Dornier Do 217K, undici dei quali appartenenti al 2° Gruppo del
Kampfgeschwader 100 (sono stati trasferiti da Cognac e li comanda il
capitano Franz Hollweck) e 17 al 3° Gruppo del Kampfgeschwader 100
(maggiore Bernhard Jope), un reparto specializzato nel bombardamento
antinave. (Per altra fonte, l’avvistamento da parte del ricognitore
tedesco sarebbe avvenuto alle 13.23, ed i bombardieri sarebbero
decollati alle 14).
Intanto, la flotta di Bergamini si sta
dirigendo a nord dell’Asinara; all’ammiraglio giungono le
drammatiche notizie degli scontri in corso in tutti i porti italiani,
che si concludono invariabilmente con la loro caduta in mano tedesca.
Di tornare in Italia, ormai, non c’è più la possibilità: non
rimane altro da fare che dirigere su Bona, come ordinato.
Proprio
in questi confusi e critici momenti, alle 15.15 (quando la flotta si
trova 14 miglia a sudovest di Capo Testa, a ponente delle Bocche di
Bonifacio), si verifica un nuovo allarme aereo, con l’avvistamento
verso ponente di un gruppo di aerei che si avvicinano: dopo un minuto
questi vengono identificati dalle navi come “Junkers” tedeschi, e
la Roma alza
a riva il segnale "Posto
di combattimento pronti ad aprire il fuoco".
Gli
aerei avvistati non sono Junkers, bensì gli undici Dornier Do 217 K2
del III. Gruppe del Kampfgeschwader 100, decollati da Istres ed
armati con innovative bombe plananti radioguidate FX 1400, meglio
note come “Fritz X”, precorritrici dei moderni missili antinave
radiocomandati. Un’arma rivoluzionaria, che vede qui uno dei suoi
primi impieghi in combattimento: a differenza delle normali bombe “a
caduta”, questi ordigni possono essere sganciati da un’angolazione
di oltre 80 gradi rispetto all’obiettivo (quelle normali non
possono essere invece sganciate da un’angolazione superiore ai 60
gradi), e poi guidati a distanza da un operatore che si trova
sull’aereo che li ha sganciati, mediante impulsi radio; la loro
velocità di caduta è di 300 metri al secondo, molto superiore
rispetto alle bombe “tradizionali”.
Alle 15.37 i primi
cinque Do 217K (guidati dal maggiore Bernhard Jope), volando a
5000-6000 metri di quota, hanno già oltrepassato il punto di angolo
massimo previsto per lo sgancio di bombe a caduta (60 gradi, come
sopra detto: a bordo si ignora l’esistenza delle “Fritz X”)
senza aver sganciato alcunché: sulle navi italiane, pertanto, si
pensa che ormai i bombardieri siano in allontanamento, dato che non
possono più sganciare bombe con un angolo tanto elevato. Non avendo
gli aerei manifestato “definite
azioni ostili”, non è
possibile aprire preventivamente il fuoco contraereo, nell’incertezza
sulle intenzioni degli ex alleati.
Pochi attimi dopo, però, gli
aerei iniziano a sganciare le loro bombe, mirando soprattutto a
colpire le corazzate. La codetta luminosa della prima bomba viene
inizialmente scambiata per un segnale di riconoscimento, ma subito
dopo si comprende che è invece una bomba; viene allora ordinata
l’apertura del fuoco. Alle 15.36 la prima FX-1400, mancato il
bersaglio, cade in mare vicino alla poppa dell’Italia, sollevando
un’immensa colonna d’acqua e mettendone momentaneamente fuori uso
il timone.
Subito la formazione si dirada, manovrando in modo da
ostacolare la punteria dei bombardieri, e viene aperto il fuoco con
tutte le armi a disposizione, alla massima elevazione; le
torpediniere si avvicinano al grosso della squadra facendo fuoco con
le mitragliere, e manovrando in modo tale da proteggere le navi
maggiori col loro tiro di sbarramento senza però intralciarne le
evoluzioni. Orione,
Ardimentoso
e Libra,
rimaste in coda alla formazione, perdono progressivamente il contatto
con Pegaso,
Orsa
ed Impetuoso;
l’unità caposquadriglia, avendo la radio ad ultracorte in avaria e
potendo quindi comunicare soltanto a mezzo radiosegnalatore, fatica a
comunicare con le unità dipendenti, ed Orione
e Libra
rimangono indietro per “irregolare funzionamento dell’apparato
motore”, fino a perdere il contatto con le altre unità.
Il
pur violento fuoco contraereo delle navi italiane risulta inutile,
dato che gli aerei sganciano le loro bombe tenendosi fuori tiro, a
quota troppo elevata per le armi contraeree delle navi italiane.
Alle
15.42 (o 15.50) la Roma,
nave ammiraglia di Bergamini, viene colpita da una prima bomba:
l’ordigno la raggiunge a poppavia dritta, trapassandone lo scafo ed
esplodendo sotto di esso, aprendo una falla che causa l’allagamento
delle motrici poppiere. Ciò riduce la velocità e manovrabilità
della corazzata, che dieci minuti dopo viene centrata da una seconda
bomba, questa volta a proravia sinistra: nell’esplosione sono
coinvolti i depositi munizioni delle torri prodiere da 381 mm, che
erompono in una catastrofica deflagrazione, proiettando in aria la
torre numero 2 da 381 ed investendo il torrione prodiero con
un’enorme fiammata che uccide l’ammiraglio Bergamini e tutto il
suo stato maggiore. Nel giro di meno di venti minuti, la Roma si
capovolge, si spezza in due ed affonda, portando con sé 1393 dei
2021 uomini dell’equipaggio.
In seguito alla morte
dell’ammiraglio Bergamini, il comando della squadra passa
all’ammiraglio Oliva, comandante della VII Divisione, essendo
questi il più anziano tra i tre ammiragli di divisione (Oliva,
Biancheri, Accorretti): questi comunica di aver assunto il comando
alle 16.12. Già tre minuti prima, alle 16.09, Oliva ha preso
l’iniziativa di distaccare il Regolo,
la XII Squadriglia Cacciatorpediniere e le torpediniere del gruppo
"Pegaso"
per il salvataggio dei naufraghi della Roma.
Tutte queste unità, ad eccezione dell’Orione e
del Velite,
rimasti con la squadra, non si riuniranno più al resto della
formazione: dopo aver recuperato i naufraghi, infatti, raggiungeranno
le Baleari, dove saranno internate dalle autorità spagnole (o, nel
caso di Pegaso
ed Impetuoso,
si autoaffonderanno per evitare l’internamento). Nella baraonda
seguita all’affondamento della Roma,
però, l’Orione
e la Libra
hanno perso il contatto con le altre torpediniere, a causa dei
problemi della radio ad ultracorte della Pegaso:
proseguiranno per conto proprio, senza partecipare al salvataggio dei
naufraghi, tentando di riunirsi al grosso della flotta.
Alle
16.20 Oliva contatta Supermarina dando notizia dell’affondamento
della Roma e
dell’assunzione del comando da parte sua, e chiedendo istruzioni:
messaggio che tuttavia potrà essere trasmesso soltanto alle 17, a
causa del sovraccarico dei canali radio. Nel mentre, alle 16.49,
l’ammiraglio Biancheri, il più riluttante a portare le navi in un
porto Alleato, contatta Oliva proponendogli di rientrare a La Spezia;
Oliva respinge tuttavia la proposta, invitando il collega ad
attenersi agli ordini del re.
Nel mentre, la Luftwaffe torna
ripetutamente all’attacco, non paga del successo già conseguito:
un nuovo attacco aereo ha luogo alle 16.29, quando anche l’Italia
viene colpita a prua da una FX 1400, ma nel suo caso la bomba,
trapassato lo scafo, esplode in mare limitandosi ad aprire una falla;
la corazzata imbarca ottocento tonnellate d’acqua, ma è in grado
di proseguire alla velocità di 24 nodi.
Ulteriori attacchi
tedeschi hanno luogo alle 18, alle 18.34 ed alle 19.10, tutti accolti
dalla vivace reazione contraerea delle navi e tutti senza successo,
grazie anche alle continue evoluzioni eseguite dalle navi della
squadra per confondere la mira dei bombardieri.
Durante uno di
questi attacchi gli aerei tedeschi abbattono un ricognitore
britannico che seguiva la formazione italiana: il suo equipaggio è
tratto in salvo dal Legionario.
Alle
18.40 l’ammiraglio Oliva riceve conferma dell’ordine di
raggiungere Bona; per disorientare eventuali ricognitori tedeschi,
tuttavia, il nuovo comandante della squadra navale decide di
continuare la navigazione verso ovest fino alle 21, quando ormai è
calata l’oscurità, accostando verso sud (verso Bona) soltanto a
quel punto. Alle 20.15 (con messaggio trasmesso alle 20.30) Oliva
comunica questa decisione a Supermarina, fornendo altresì maggiori
dettagli sull’affondamento della Roma,
sul danneggiamento dell’Italia e sulla decisione di distaccare
parte delle unità per il salvataggio dei naufraghi (e
sull’impossibilità di contattarle); chiede infine di poter inviare
i cacciatorpediniere rimasti a Bona e di raggiungere Algeri con le
navi maggiori. Dal canto suo Supermarina, alle 20.25, ha diramato un
messaggio circolare cifrato volto ad informare tutte le unità della
situazione generale: «Supermarina
47570 – Situazione ore 19 alt Forza Navale da battaglia ore 17 in
lat. 41°17’ long. 08°22’ rotta ponente dirette Bona semialt
corazzata Roma colpita da bombe velivoli inglesi [informazione,
quest’ultima, errata] est
affondata ore 16.30 semialt corazzata Italia colpita non gravemente
alt 5a Divisione partita da Taranto per Malta ore 17 alt Piroscafi
Vulcania et Saturnia con torp. Audace su cui est Altezza Reale in
partenza da Venezia alt Risultano parzialmente occupate da tedeschi
Genova Livorno Civitavecchia Comando Marina La Maddalena Trieste alt
Mancano notizie La Spezia alt Conflitto a Bari alt Truppe germaniche
stanno avvicinandosi a Roma alt Unità germaniche attaccano
sistematicamente nostre unità alt Amm. Martinengo deceduto in azione
tra due vedette antisom et motosiluranti tedesche presso Gorgona alt
Chiesto notizie ammiraglio Bergamini alt Milano [parola
convenzionale inserita nel messaggio per confermare che provenisse
realmente da Supermarina] alt
192609».
Alle 21.07 la squadra navale accosta a 23 nodi per rotta 168° verso Bona: ormai la compongono esclusivamente la VII, VIII ed IX Divisione (queste ultime due, private rispettivamente di Regolo e Roma), la XIV Squadriglia Cacciatorpediniere ed il Velite.
10
settembre 1943
Durante
la notte l’ammiraglio Oliva fa trasmettere alle unità dipendenti
un proclama dell’ammiraglio De Courten delle 11.50 del giorno
precedente («Marinai
d'Italia – Durante quaranta mesi di durissima guerra avete tenuto
testa alla più potente Marina del mondo compiendo eroismi che
rimarranno scritti a lettere d'oro nella nostra storia e affrontando
sacrifici di sangue che vi hanno meritato l'ammirazione della Patria
e il rispetto del nemico. Avreste meritato di poter compiere il
vostro dovere fino all'ultimo combattendo ad armi pari le forze
navali nemiche. Il destino ha voluto diversamente: le gravi
condizioni materiali nelle quali versa la Patria ci costrIngono a
deporre le armi. E' possibile che altri duri doveri vi saranno
riservati, imponendovi sacrifici morali rispetto ai quali quello
stesso del sangue appare secondario: occorre che voi dimostriate in
questi momenti che la salDezza del vostro animo è pari al vostro
eroismo e che nulla vi sembra impossibile quando i futuri destini
della Patria sono in giuoco. Sono certo che in ogni circostanza
saprete essere all'altezza delle vostre tradizioni nell'assolvimento
dei vostri doveri. Potete dunque guardare fieramente negli occhi gli
avversari di quaranta mesi di lotta, perché il vostro passato di
guerra ve ne dà pieno diritto. de Courten»)
e l’ordine del re di eseguire lealmente le clausole
dell’armistizio, che non comportano la cessione delle navi né
l’abbassamento della bandiera.
Alle dieci Orione e Libra, che hanno precedentemente perso il contatto con la formazione, vengono avvistate verso nord dal grosso della squadra, che frattanto è stata raggiunta dalla Mediterranean Fleet ed ha assunto rotta verso Malta: a corto di nafta, vengono mandate a Bona per fare rifornimento.
Giunte nel porto algerino il mattino stesso, le due torpediniere si riforniscono e poi ripartono nel tardo pomeriggio alla volta di Malta.
12 settembre 1943
Orione e Libra giungono a Malta all’alba e vanno ad ancorarsi a Marsa Scirocco; il resto della flotta le ha precedute l’11 settembre.
13 settembre 1943
Orione e Libra si spostano da Marsa Scirocco a St. Paul’s Bay insieme ad altre unità (il cacciatorpediniere Augusto Riboty ed i sommergibili Atropo, Jalea, Fratelli Bandiera e Ciro Menotti).
L’Orione a Malta nel settembre 1943, ormeggiata tra la nave portaidrovolanti Giuseppe Miraglia ed alcuni sommergibili (da “Navi e marinai italiani nella seconda guerra mondiale”) |
17 settembre 1943
Orione, Libra e Riboty, insieme alla portaidrovolanti Giuseppe Miraglia ed al piroscafetto requisito Luana (frattanto giunti a St. Paul’s Bay), tornano a Marsa Scirocco.
4 ottobre 1943
Orione e Libra lasciano Malta per fare ritorno in Italia, insieme agli incrociatori leggeri Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi, Giuseppe Garibaldi e Pompeo Magno, ai cacciatorpediniere Legionario ed Alfredo Oriani ed alla torpediniera Calliope (lo stesso giorno partono da Malta per l’Italia, ma separatamente, anche le corvette Ape, Danaide, Minerva, Pellicano e Cormorano, le motosiluranti MS 35, MS 54, MS 55, MS 56, MS 61 e MS 64 ed i cacciasommergibili VAS 201, VAS 204, VAS 224, VAS 233, VAS 237, VAS 240, VAS 241, VAS 246 e VAS 248).
Per altra fonte l’Orione avrebbe lasciato Malta il 6 ottobre, insieme alla torpediniera Ariete, al cacciatorpediniere Augusto Riboty, ai sommergibili Giada, Marea, Nichelio, Platino e Vortice ed ai cacciasommergibili ausiliari Luana e Regina Elena.
28 ottobre 1943
Partecipa ad un’esercitazione al largo di Taranto, insieme alla torpediniera di scorta Indomito, al sommergibile Axum ed al rimorchiatore Ercole.
Inizio 1944
L’armamento contraereo dell’Orione viene potenziato con l’aggiunta di sei mitragliere Oerlikon da 20/70 mm, due in impianti singoli e le restanti quattro in un impianto quadrinato. Cambia anche la colorazione della nave: abbandonata la livrea mimetica, l’Orione viene riverniciata in due tonalità di grigio, chiaro per le sovrastrutture e scuro per lo scafo.
24 maggio 1944
L’Orione salpa da Taranto alle otto del mattino insieme alle torpediniere Calliope e Nicola Fabrizi, al cacciatorpediniere Granatiere ed alle corvette Gabbiano e Cormorano, per scortare ad Augusta un convoglio di dieci navi mercantili.
Inizialmente le condizioni meteomarine sono buone, ma nel pomeriggio, dopo la riunione con un altro gruppo di nove mercantili provenienti da Bari, il mare diventa leggermente mosso.
25 maggio 1944
Il convoglio raggiunge Augusta alle 15.
30 gennaio 1945
Inviata ai Laghi Amari, dove sono internate le corazzate Italia e Vittorio Veneto, per trasportare rifornimenti per i loro equipaggi.
3 settembre 1945
Alto viaggio ai Laghi Amari.
15 ottobre 1947
L’Orione salpa da Augusta nel pomeriggio per scortare a La Spezia la corazzata Italia (ex Littorio), in quello che sarà il suo ultimo viaggio.
16 ottobre 1947
Orione ed Italia arrivano a La Spezia poco dopo mezzogiorno.
1951
Secondo Navyworld, in quest’anno l’Orione sarebbe stata nuovamente riclassificata avviso scorta. Di ciò non vi è però menzione da nessun’altra parte.
1952
È comandante dell’Orione il capitano di fregata Luigi Tomasuolo.
1953
In seguito all’ingresso dell’Italia nella NATO, l’Orione riceve la nuova sigla identificativa F 559; contestualmente viene riclassificata fregata antisommergibili (per altra fonte, come corvetta veloce).
L’Orione negli anni Cinquanta/Sessanta (da it.wikipedia.org) |
1953-1954
Lavori di rimodernamento dell’armamento: vengono eliminati il cannone prodiero da 100/47 mm, quattro mitragliere binate da 20/65 mm, tre mitragliere singole da 20/70 mm, i quattro tubi lanciasiluri da 450 mm e quattro lanciabombe per bombe di profondità (per altra fonte i lanciabombe eliminati sarebbero stati soltanto due, sostituiti con due scaricabombe), mentre vengono installati quattro cannoncini antiaerei Bofors Mk 3 da 40/60 mm (due dei quali in un impianto binato installato al posto del cannone prodiero da 100/47), un lanciatore antisommergibili a 24 canne da 178 mm “Porcospino” Mk 10, e le attrezzature per trasportare e posare 20 mine. Vengono altresì installati un nuovo radar di scoperta aerea (modello AN/SPS-6C, installato in testa d’albero) e sonar, e viene esteso il castello di prua.
16 settembre 1956
L’Orione, insieme alla corvetta Gazzella ed a tre dragamine, rende gli onori con l’equipaggio schierato sul ponte per il saluto alla voce al presidente della Repubblica Giovanni Gronchi, in visita a Livorno.
L’Orione in uscita dal Mar Piccolo di Taranto nell’estate 1957, poco prima della sostituzione del vecchio ponte girevole. La precedono nella linea di fila due fregate classe Aldebaran, due nuove fregate della classe Centauro e l’incrociatore leggero Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi (g.c. Marcello Risolo, via www.naviearmatori.net) |
1958
Adibita al lancio di bersagli aerei, insieme all’Orsa ed in sostituzione delle vecchie torpediniere Giuseppe Cesare Abba ed Antonio Mosto, precedentemente adibite al servizio bersagli ma infine radiate per vetustà; per adattarle al nuovo servizio, le due fregate sbarcano anche il rimanente cannone da 100/47 mm (quello poppiero), al posto del quale viene installata un’apparecchiatura ottica per l’osservazione degli scarti del tiro contro bersagli rimorchiati (nota tra gli equipaggi come “pollaio”); sul lato sinistro del castello di prua viene installata una catapulta di lancio per il lancio di bersagli aerei radiocomandati (B.R.C.), con relativa tuga per l’alloggio dei radiobersagli a proravia della plancia. L’armamento contraereo viene potenziato con altri due cannoncini Bofors da 40/60 mm.
Orione ed Orsa, con un solo equipaggio per entrambe, si alterneranno nel servizio di rimorchio bersagli negli ultimi anni della loro vita operativa.
L’Orione attraversa il canale navigabile di Taranto nel periodo compreso tra il 1958 ed il 1964 (g.c. Marcello Risolo, via www.naviearmatori.net) |
Luglio 1959
Partecipa ad un’esercitazione di scorta convogli nel Golfo di Taranto, della durata di due giorni, insieme al caccia conduttore San Giorgio, al cacciatorpediniere Indomito, alle corvette Fenice e Farfalla ed alle fregate Castore, Centauro, Airone, Albatros ed Aldebaran, a caccia dell’Aeronautica Militare italiana (quale scorta aerea contro gli attacchi aerei) e ad un bombardiere Lockheed P-2 “Neptune” della Marina statunitense (decollato da Malta, in funzione antisommergibili). Nell’esercitazione, Orione e Farfalla ricoprono il ruolo delle navi “mercantili” da proteggere, mentre le altre unità sono la scorta; il ruolo dell’attaccante è assolto dal sommergibile Giada, che durante i due giorni dell’esercitazione riesce per due volte a penetrare lo schermo della scorta, venendo sottoposto ad un totale di quindici attacchi. L’esercitazione comprende inoltre esercitazioni di tiro, simulazioni di trasferimento di feriti da una nave all’altra, attacchi aerei, attacchi notturni di motosiluranti e, dopo l’arrivo in porto, attacchi di “uomini rana”.
L’Orione in una pubblicazione del 1961 (g.c. Marcello Risolo, via www.naviearmatori.net) |
1961
È comandante dell’Orione il tenente di vascello Roberto Barat.
L’Orione a Taranto nei primi anni Sessanta (g.c. Marcello Risolo, via www.naviearmatori.net) |
1961 (o 1962)
Rimane seriamente danneggiata in una collisione con il cacciatorpediniere Indomito, a 45 miglia da Taranto, durante un’esercitazione con le strumentazioni disattivate; la prua viene completamente distrutta per una lunghezza di quindici metri e vi è una vittima tra l’equipaggio, il sottocapo guardia Benzi di Milano.
I lavori di riparazione verranno completati il 21 gennaio 1963 con l’installazione di una nuova prua presso l’Arsenale di Taranto.
Sopra, l’Orione con la prua schiacciata dopo la collisione con l’Indomito, probabilmente ormeggiata al molo Chiapparo (Coll. Francesco Albano, via www.betasom.it); sotto, una sequenza di immagini che mostrano l’applicazione della nuova prua nell'Arsenale di Taranto, il 21 gennaio 1963 (dal “Notiziario della Marina”, via Marcello Risolo e www.betasom.it)
1° gennaio 1965
Radiata dai quadri del naviglio militare (radiazione ufficializzata con decreto del presidente della Repubblica numero 83043 del 18 marzo 1965).
Successivamente demolita, probabilmente a fine anni ’60 o inizio anni ’70 (nel maggio 1969 era ancora in disarmo a La Spezia).
L’Orione sul sito della Marina Militare
Estratti del diario di un marconista imbarcato sull’Orione
Le torpediniere classe Pegaso su Navypedia
8 settembre 1943, il dramma della flotta italiana
Hitler's U-Boat War: The Hunters 1939-1942 (Volume 1)
War Diary of Captain U-Boats, Italy, 8 December 1941-30 June 1942
War Diary, German Naval Staff Operations Division, December 1941