venerdì 20 settembre 2024

MZ 755

La MZ 755 (Bundesarchiv, foto scattata dal tenente di vascello Horst Grund della Kriegsmarine, via La Voce del Marinaio)

Motozattera della prima serie della classe MZ, tipo "MZ-A", unità derivate dalle Marinefährprahme tedesche e costruite in vista del mai attuato sbarco a Malta. Lunga 47 metri e larga 6,5, con un pescaggio di un metro se scarica, dislocava 140 tonnellate, che potevano salire a 239 a pieno carico (poteva caricare 65 tonnellate di materiali).
Era propulsa da tre motori diesel prodotti dalle Officine Meccaniche di Milano, della potenza complessiva di 450 HP; raggiungeva una velocità di undici nodi, con un’autonomia di 1450 miglia a 8 nodi. L’armamento consisteva in un cannone da 76/40 mm ed una o due mitragliere da 20/70 mm, l’equipaggio era normalmente composto da tredici uomini.

Breve e parziale cronologia.

Giugno 1942
Impostazione presso i Cantieri del Tirreno di Riva Trigoso (numero di cantiere 165).
4 luglio 1942
Varo presso i Cantieri del Tirreno di Riva Trigoso. Risulterebbe entrata in servizio nella medesima data.
Estate 1942
Inviata in Cirenaica, dove viene assegnata alla 4a Flottiglia Motozattere impiegata nel traffico costiero di rifornimenti tra Tobruk e Marsa Matruh.
Novembre 1942
In seguito alla sconfitta di El Alamein, la MZ 755 è tra le venti motozattere che partecipano all’evacuazione della Cirenaica: in tre settimane, dal 3 al 24 novembre, le piccole unità trasportano 2151 uomini e 1734 tonnellate di materiali da Tobruk e Bengasi a Tripoli.
10 novembre 1942
La MZ 755 salpa da Tobruk diretta a Tripoli, con scali intermedi a Bengasi a Derna, in convoglio con le motozattere MZ 726 (capoconvoglio, capitano CREM Mario Bertini), MZ 716 e MZ 757.
13 novembre 1942
Dopo aver sostato a Bengasi, la MZ 755 riparte alle 16.50 diretta a Sirte in convoglio con MZ 726, MZ 716 e MZ 757, quest’ultima avente a rimorchio una barca pompa. In tutto le quattro motozattere trasportano 217 militari (oltre ai 60 degli equipaggi) e 230 tonnellate di materiali.
Appena fuori dal porto il piccolo convoglio viene investito da raffiche di vento e mare da ponente, in progressivo aumento via via che le motozattere si addentrano nel Golfo della Sirte: dopo non molto il mare raggiunge forza 6, facendo rollare violentemente le piccole unità con conseguenze nefaste soprattutto per i soldati dell’Esercito che trasportano, poco avvezzi agli strapazzi del mare.
15 novembre 1942
All’1.10 circa, in prossimità di Sirte ed a circa metà del golfo, il capoconvoglio dà ordine di fermarsi per aspettare la MZ 757, rimasta un po’ indietro (avendo la barca pompa a rimorchio, procedeva in coda alla formazione); durante l’attesa le motozattere, per effetto del vento e del mare forza 5 da nordovest, scarrocciano verso terra, che è poco distante, e quando dopo una ventina di minuti il convoglio rimette in moto la MZ 716 (sottotenente di vascello Antonio Forte) s’incaglia su una scogliera sommersa mentre manovra per rientrare in formazione. La MZ 726 rimane sul posto in attesa dei soccorsi, mentre le MZ 755 e 757 ricevono ordine di proseguire per Sirte (risultata non recuperabile, la MZ 716 dovrà essere abbandonata e fatta saltare tre giorni più tardi).
Le tre motozattere superstiti riprendono la navigazione verso Tripoli, facendo soste intermedie a Misurata (dove sbarcarono le truppe imbarcate) ed Homs.
6 gennaio 1943
Durante lo sgombero della Tripolitania, la MZ 755 lascia Tripoli alle 22 diretta a Trapani, insieme alle gemelle MZ 727MZ 736 e MZ 744, scortando il piroscafo Emilio Morandi, avente a bordo 250 tonnellate di materiali vari e 98 tra membri dell’equipaggio e militari e militarizzati rimpatrianti. Anche le motozattere trasportano personale e materiale della Piazza di Tripoli, di cui è iniziato lo sgombero. Capoconvoglio è il tenente di vascello Silvio Bagolini, comandante della MZ 727.
8 gennaio 1943
I decrittatori britannici di "ULTRA" intercettano alcune comunicazioni italiane che, decifrate, permettono loro di sapere dell’avvenuta partenza del convoglio, diretto da Tripoli in Italia, alle 22 del 6 gennaio.
9 gennaio 1943
Alle 14.16 il convoglietto, mentre procede al largo della costa tunisina con il Morandi al centro circondato dalle quattro motozattere che fungono da scorta (due per lato, in posizione di scorta), viene avvistato su rilevamento 190° dal sommergibile britannico P 35 (poi ribattezzato Umbra, al comando del tenente di vascello Stephen Lynch Conway Maydon). Quest’ultimo, avendo apprezzato la rotta del bersaglio in 345°, accosta nella sua direzione per intercettarlo, ed alle 14.40 lo identifica come un mercantile antiquato di circa 2000 tsl, apparentemente in zavorra, diretto verso nord e scortato da quattro motozattere tipo MFP (che infatti sono le motozattere tedesche delle quali le MZ italiane costituiscono una esatta riproduzione).
Alle 15.14, nel punto 35°37' N e 11°09' E, il P 35 lancia un primo siluro contro il Morandi da una distanza di 1100 metri, ma un errore nell’esecuzione del lancio fa sì che il siluro parta troppo tardi, mancando il bersaglio. Dopo qualche minuto viene lanciato un secondo siluro, da 1830 metri di distanza, da una posizione quasi esattamente a poppa del bersaglio, ma nemmeno questo va a segno. Da parte italiana non ci si accorge di niente.
Maydon decide allora di emergere per serrare le distanze e portarsi nuovamente in posizione adatta al lancio; alle 18.30 il P 35 emerge in posizione 35°49' N e 11°12' E e si mette all’inseguimento del lento convoglietto italiano, che procede ad appena cinque nodi di velocità.
Col favore del buio, il P 35 raggiunge e sorpassale unità italiane e si porta in una posizione favorevole al lancio; poi, alle 20.03, stando in superficie, lancia un altro siluro contro il piroscafo, che in quel momento si trova una ventina di miglia a nordest di Kuriat e procede con prora su Pantelleria (l’orario indicato dalle fonti italiane per il siluramento differisce di qualche minuto, essendo le 20.10). La distanza è di soli 550 metri.
Colpito dal siluro, l’Emilio Morandi s’inabissa nel giro di dodici minuti, scomparendo alle 20.22, nel punto 35°59' N e 11°22' E (circa 35 miglia ad est-nord-est di Susa, in Tunisia; la posizione registrata dal P 35 è invece 35°58' N e 11°20' E).
Secondo la versione italiana, il sommergibile attaccante affiora dopo il lancio, ma le due motozattere che si trovano su quel lato aprono subito il fuoco con i loro cannoni, inducendolo ad immergersi di nuovo e dileguarsi.
Da parte britannica, invece, risulta che il P 35 dopo il lancio si sarebbe immerso ed allontanato dall’area; è probabile che il sommergibile non sia venuto in affioramento, ma che già si trovasse in affioramento e sia stato visto dopo il lancio dalle motozattere, che a quel punto aprirono il fuoco.
Il mare grosso ed il buio complicano notevolmente il salvataggio dei superstiti da parte delle motozattere, che si concluderà soltanto all’alba del 10 gennaio: di 98 uomini imbarcati sul Morandi, solo 32 possono essere salvati (23 per altra fonte).
10 gennaio 1943
Le motozattere sostano a Pantelleria dalle 10 alle 18, poi proseguono per Trapani.
11 gennaio 1943
Le motozattere giungono a Trapani alle undici del mattino. (Per altra versione avrebbero sostato a Trapani dalle 13 del 16 gennaio alle 6.30 del 18, “per sbarcare i naufraghi” del Morandi; secondo altra fonte questi sarebbero stati sbarcati già a Pantelleria).
18 gennaio 1943
Le motozattere arrivano a Palermo alle 22.
Inizio giugno 1943
La MZ 755 si trova ai lavori a Castellammare di Stabia, nei cantieri Navalmeccanica.

La fine

La fine della
MZ 755 si consumò nell’infuocato agosto del 1943, durante i giorni conclusivi dell’evacuazione della Sicilia.
Fu questa una delle pagine più epiche della laboriosa quanto dimenticata storia delle motozattere: sotto gli incessanti attacchi aerei angloamericani queste piccole unità, scelte proprio per il ridotto bersaglio che offrivano grazie alle loro modeste dimensioni, compirono centinaia di viaggi traghettando, insieme ad un pugno di piroscafetti costieri ed ai pochi traghetti ferroviari lasciati a galla dai continui bombardamenti che da mesi martellavano Messina, decine di migliaia di soldati italiani e tedeschi, con i loro mezzi ed il loro armamento, tra le due sponde dello stretto di Messina, così sottraendoli alla cattura.
Attorno a Messina venne preparata una mezza dozzina di punti d’imbarco, solitamente in fondo alle valli, dove le motozattere sia italiane che tedesche imbarcavano truppe e mezzi che provvedevano poi a traghettare attraverso lo stretto, sbarcandoli in altrettante località prestabilite della costa calabra. Siccome vi erano più motozattere tedesche che italiane, venne deciso che queste ultime avrebbero trasportato soltanto truppe, mentre i veicoli, indipendentemente dall’esercito cui appartenevano, sarebbero stati imbarcati sulle unità tedesche; il risultato fu però che i tedeschi tennero per sé quasi tutti gli automezzi italiani evacuati sulle loro motozattere.

L’attività delle motozattere in quell’infuocata estate fu come sempre instancabile, e svolta in condizioni infernali. Non appena avevano sbarcato le truppe in Calabria, i “muli del mare” ripartivano subito per un nuovo viaggio verso la costa siciliana; strada facendo, come anche sulle spiagge di imbarco e di sbarco, erano oggetto di continui attacchi aerei, che tuttavia il più delle volte fallivano grazie alla loro rabbiosa reazione contraerea, oltre che all’opera delle poderose artiglierie antiaeree appostate su entrambe le sponde dello Stretto, che impedirono agli Alleati di sfruttare appieno la loro superiorità aerea.
In un’evacuazione paragonata talvolta a quella che tre anni prima si era svolta a Dunkerque, il naviglio dell’Asse riuscì a portare in salvo attraverso lo Stretto oltre 100.000 uomini (62.182 italiani e 39.659 tedeschi), 47 carri armati (tutti tedeschi), 14.332 veicoli (di cui solo 227 italiani), 135 cannoni (41 italiani e 94 tedeschi), 1100 tonnellate di munizioni e 20.700 di altri materiali.

Questa notevole impresa non poté naturalmente essere portata a termine senza perdite tra il naviglio impiegato nell’evacuazione, anche se la fortuna fece sì che non una sola motozattera italiana venisse centrata e affondata mentre era in navigazione nello stretto carica di truppe: le perdite avvennero sempre sulle spiagge od in prossimità di esse e coinvolsero sempre motozattere scariche, i cui equipaggi riuscirono in massima parte a mettersi in salvo.
Prima ad andare perduta fu la MZ 734, distrutta da un attacco aereo a Taormina il 31 luglio 1943; la MZ 756 e la MZ 765 subirono la stessa sorte il 6 agosto, rispettivamente a Gioia Tauro ed a Ganzirri, e la MZ 787 fece la medesima fine a Bagnara Calabra il giorno seguente. La MZ 701 II (già MZ 759) venne affondata sulla spiaggia di Vibo Valentia l’11 agosto.
Per rimpiazzare queste perdite, altre motozattere vennero inviate nello Stretto da Taranto e da Castellammare di Stabia: tra i rimpiazzi mandati da Taranto vi era anche la MZ 755, che ebbe però breve vita nelle infernali acque dello Stretto.
Nel pomeriggio del 14 agosto 1943 la MZ 755, partita da Messina con truppe e materiali da sgomberare verso il continente, venne colpita da una bomba d’aereo che provocò l’allagamento delle stive; pur gravemente danneggiata, non affondò subito e poté essere portata ad incagliare sulla costa calabrese presso Capo dell’Armi, ma i danni subiti erano tali da rendere impossibile il suo recupero, pertanto venne abbandonata sul posto, semiaffondata. Non vi furono perdite tra l’equipaggio.

Il relitto della
MZ 755 non venne mai recuperato: scomparso nel tempo sotto la sabbia, è tornato alla “luce” nel 2011, quando una mareggiata ha asportato i circa tre metri di sabbia che lo ricoprivano, rendendolo nuovamente visibile ai subacquei. Oggi i resti della motozattera giacciono a profondità compresa tra i 7 ed i 10 metri, a meno di cento metri dalla riva.

Una serie di immagini del relitto della MZ 755 (g.c. Filippo Mallamaci):

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