La Marco Foscarini (da “Storia del cantiere navale di Monfalcone, 1908-2008” di Pietro Valenti, Luglio Editore, 2007, via Francesco De Domenico e www.naviearmatori.net) |
Motonave da carico da
6404,87 (o 6406, o 6342) tsl, 3172 tsn e 10.325 (o 10.490) tpl, lunga 134,11
metri, larga 18,44-18,47 e pescante 11,84, con velocità di 14,5-16,5 nodi.
Appartenente alla Società Italiana di Armamento (SIDARMA), con sede a Fiume, ed
iscritta con matricola 107 al Compartimento Marittimo di Fiume.
Era armata, a scopo
difensivo, con un cannone da 120/45 mm (sistemato a poppa) e ben 13 mitragliere
contraeree singole da 20/70 mm, in plancette situate alle estremità e sulle
sovrastrutture.
Seconda di questo
nome (e per questo sovente menzionata come Foscarini
II), la Foscarini faceva parte di una serie di nove grandi e moderne motonavi
gemelle (nota come "classe Orseolo" o "classe Gritti"),
costruite nei CRDA di Monfalcone per la SIDARMA, tutte battezzate con nomi di
dogi ed altre figure importanti della storia della Repubblica di Venezia: le
altre erano Marco Foscarini (I), Vettor Pisani, Sebastiano Venier (I), Andrea
Gritti (I), Pietro Orseolo, Francesco Barbaro, Andrea Gritti (II) e Sebastiano
Venier (II). Le prime sei, tra cui la prima Foscarini, erano state completate prima dello scoppio della guerra:
Gritti (I), Orseolo e Pisani nel
1939, Foscarini (I), Barbaro e Venier (I) nel 1940. Foscarini
II, Gritti II e Venier II,
pressoché identiche alle prime sei, facevano invece parte del programma di
costruzioni di guerra; impostate durante il conflitto ed entrate in servizio a
partire dal 1943, ricevettero i nomi di tre navi del gruppo iniziale che nel
frattempo erano andate perdute. La prima Foscarini
era stata in assoluto la prima nave della serie ad andare perduta, venendo
incendiata da un attacco aereo nel maggio 1941; portata all’incaglio davanti a
Tripoli, era stata giudicata troppo danneggiata per poter essere riparata, ed
il suo nome era stato così assegnato alla prima delle tre nuove motonavi messe
in costruzione (il relitto della prima Foscarini
fu poi autoaffondato alla caduta di Tripoli, nel gennaio 1943, e
successivamente demolito dai britannici).
Nel dopoguerra, la
SIDARMA acquistò dagli Stati Uniti una nave tipo "North Sands" (noto
anche come tipo "Fort" o "Liberty canadese", un tipo
standardizzato di piroscafo da carico costruito durante la guerra in 198
esemplari), la Fort Grahame, e la
ribattezzò Marco Foscarini. La terza Foscarini era stata completata in Canada
come Fort Grahame nel febbraio 1943, cioè
proprio negli stessi giorni in cui la seconda Foscarini aveva lasciato i cantieri di Monfalcone. Passata sotto
bandiera italiana nel 1948, questa nave rimase in servizio con la SIDARMA fino
al 1959, terminando la sua esistenza in un cantiere di demolizione jugoslavo
nel 1966.
Breve e parziale cronologia.
30 dicembre 1940
Impostata nei
Cantieri Riuniti dell’Adriatico di Monfalcone (numero di costruzione 1254).
28 settembre 1942
Varata nei Cantieri
Riuniti dell’Adriatico di Monfalcone.
6 febbraio 1943
Completata per la
Società Italiana di Armamento (SIDARMA), con sede a Fiume.
7 febbraio 1943
Requisita a Venezia
dalla Regia Marina, senza essere iscritta nel ruolo del naviglio ausiliario
dello Stato.
17 marzo 1943
La Foscarini salpa da Taranto per Biserta
alle 2.30, insieme alla motonave Nicolò
Tommaseo, con la scorta del cacciatorpediniere Lubiana (capitano di fregata Luigi Caneschi, caposcorta),
della torpediniera di scorta Tifone (capitano
di corvetta Stefano Baccarini), della torpediniera Antares (capitano di corvetta Maurizio Ciccone) e del
cacciasommergibili VAS 221. La
navigazione durante la notte si svolge tranquilla sino alla prima mattina.
Verso le 10, nel
Golfo di Squillace, si verifica un primo allarme, e viene avvistato un
ricognitore, che ha localizzato il convoglio e lo tallona tenendosi fuori tiro.
Tra le 13.30 e le 14.30, al largo di Punta Stilo, il convoglio viene attaccato a
più riprese da quelli che da parte italiana vengono identificati come dodici
aerosiluranti. Dalle fonti britanniche risulta che la forza attaccante era
composta da nove aerosiluranti Bristol Beaufort del 39th Squadron
della Royal Air Force (guidati dal tenente colonnello Larry Gaine, comandante
del 39th Squadron), decollati da Malta alle 11.25 e scortati da
altrettanti caccia Bristol Beaufighter del 272nd Squadron R.A.F.
(guidati dal tenente colonnello John Buchanan, comandante del 272nd
Squadron). Uno dei Beaufort, pilotato dal sergente D. W. Frazer, è dovuto
ammarare al largo della costa maltese appena cinque minuti dopo il decollo, a
causa di un improvviso guasto ai motori (i due membri dell’equipaggio sono
stati subito soccorsi); gli altri incontrano il convoglio al largo di Punta
Stilo (alle 13.25 circa, secondo l’orario britannico), e vanno all’attacco. I
Beaufighters, intanto, ingaggiano la scorta aerea, che viene apprezzata da
parte britannica come composta da due bombardieri Junkers Ju 88, dieci caccia
bimotori Messerschmitt Bf 110, uno Junkers Ju 52 (identificazione quasi
certamente errata), un bombardiere Dornier Do 217 ed un idrosilurante Heinkel
He 115 (identificazione quasi certamente errata), che volano in cerchio sopra
il convoglio a quote comprese tra i 240 e i 300 metri. Nella battaglia aerea,
diversi Beaufighters lamentano l’inceppamento dei loro cannoncini proprio nei
momenti cruciali in cui hanno i bersagli nel mirino; nondimeno, i caccia
britannici rivendicano il danneggiamento di un Me 110, un Do 217, uno Ju 52 ed
un He 115, mentre subiscono la perdita di un Beaufighter, con la morte del suo
equipaggio (sergenti Lancelot H. Schultz, della RAAF, e William R. Wainwright).
Si buttano nella mischia anche quattro caccia Messerschmitt Bf 110 del III./ZG
26, i quali, trovandosi in volo da Trapani a Gerbini, hanno avvistato l’attacco
in corso e sono subito intervenuti, gettando in mare (per alleggerirsi) i
serbatoi alari supplementari. Godendo del vantaggio della sorpresa e della
quota (attaccano infatti da quota più elevata), i quattro Me 110 del ZG 26
rivendicano l’abbattimento di quattro o cinque Beaufighters; in realtà risulta
che solo due di questi aerei siano andati perduti: quello già citato di Schultz
e Wainwright ed un altro precipitato in mare al largo di Malta durante il volo
di rientro, a causa di problemi ai motori. Da parte tedesca risulta la perdita
di uno Ju 88 del 2./KG. 54, caduto in mare al largo di Punta Stilo (tratti in
salvo il pilota ed altri due uomini).
Nel mentre, i
Beauforts attaccano le navi dalla direzione della costa, volando a pelo
d’acqua: Lubiana e Antares, che si trovano tra gli aerei e
le motonavi, aprono il fuoco per primi con tiro di sbarramento; la Tifone accelera per difendere
la Foscarini, quindi apre il
fuoco con i cannoni da 100/47 mm e le mitragliere da 20 mm, scompaginando la
formazione attaccante e ritenendo (con eccessivo ottimismo) di aver abbattuto tre
aerei. Gli aerei rimasti tornano all’attacco da un’altra direzione e lanciano
siluri rimanenti, che vengono evitati con la manovra dall’Antares e dalle motonavi, poi si allontanano inseguiti dai
caccia della Luftwaffe.
Sette dei Beaufort,
fatti segno ad intenso fuoco contraereo dalle navi della scorta (mentre i
velivoli della Luftwaffe interferiscono poco o niente, essendo impegnati nello
scontro con i Beaufighter), sganciano i loro siluri; l’ottavo aerosilurante,
pilotato dal tenente Norman Petch, ha perso il suo siluro a causa di un difetto
nel congegno di sgancio. Nonostante i piloti britannici rivendichino tre siluri
certamente a segno (quelli lanciati dai Beaufort del tenente colonnello Gaine,
del sergente Harry Deacon e del sergente E. P. Twiname) e quattro probabili
(maggiore Don Tilley, maggiore Colin Milson, capitano Stanley Muller-Rowland,
sergente ‘Paddy’ Garland), in realtà nessun siluro ha fatto centro, e tutte le
navi escono completamente indenni dall’attacco. Uno dei Beaufort, pilotato dal
capitano australiano Donald I. Fraser, viene abbattuto da un caccia tedesco (un
Messerschmitt Bf 109, secondo una fonte); i quattro uomini dell’equipaggio
vengono salvati e fatti prigionieri dalla VAS
221. Gli altri Beaufort, terminato l’attacco, si riuniscono in formazione
compatta per potersi meglio proteggere dai caccia della scorta aerea; rientreranno
tutti alla base di Luqa (Malta) dopo aver rivendicato l’abbattimento di un
Messerschmitt Bf 110, un secondo e forse un terzo Bf 110 probabilmente abbattuti
e quattro o cinque danneggiati.
Al tramonto il
convoglio raggiunge Messina, dove sosta in rada dalle 19 alle 22, poi prosegue
per Biserta senza più la VAS 221 ma
con il rinforzo del cacciatorpediniere Lampo (capitano
di corvetta Loris Albanese) e delle torpediniere Perseo (capitano di corvetta Saverio Marotta) e Cassiopea (capitano di corvetta
Virginio Nasta).
18 marzo 1943
Alle 14 Lubiana e Tifone lasciano la scorta del convoglio, dirigendo per Napoli, dove
devono assumere la scorta di altri convogli in partenza per la Tunisia.
La sovrastruttura prodiera della Foscarini in una foto scattata a Trieste il 6 febbraio 1943 (g.c. STORIA militare) |
19 marzo 1943
All’1.30 il Lampo subisce una grave avaria di
macchina, al punto da dover essere preso a rimorchio dalla Cassiopea; entrambe le unità devono così lasciare la scorta del
convoglio e dirigere per Napoli (dove arriveranno alle 2.50 del 20, scortate
dal cacciatorpediniere Gioberti). La
scorta di Foscarini e Tommaseo si trova così ridotta alla sola
Antares: di conseguenza, il convoglio
viene dirottato a Trapani, dove giunge alle 11.20.
20 marzo 1943
Il convoglio lascia
Trapani alle 4.30, rinforzato nella scorta dalle torpediniere Sagittario (capitano di corvetta
Vittorio Barich) e Fortunale (capitano
di corvetta Mario Castelli della Vinca, che diviene il nuovo caposcorta), per
raggiungere Biserta.
Alle 11.15 il
convoglio viene avvistato in posizione 37°57’ N e 11°44’ E dal sommergibile
britannico Saracen (tenente di
vascello Michael Geoffrey Rawson Lumby), che ne apprezza la rotta in 240° e la velocità
in 15 nodi; oltre alle torpediniere (che Lumby identifica come
cacciatorpediniere, e delle quali sovrastima il numero, credendo di vederne
quattro), Foscarini e Tommaseo godono in quel momento anche di
nutrita scorta aerea (16 velivoli, sempre secondo l’apprezzamento del
comandante britannico). Il Saracen si
avvicina fino a 1460 metri dal convoglio e si appresta a lanciare i suoi siluri
contro la Foscarini, che appare come
la nave più grande, ma proprio quando Lumby sta per lanciare, la motonave
italiana lancia un allarme sommergibili e vira prontamente nella direzione del Saracen, così vanificandone il tentativo
di attacco. Dato che le distanze sono troppo ridotte per poter tentare di
manovrare per lanciare col tubo poppiero, il sommergibile britannico deve
rinunciare all’attacco. Contemporaneamente all’allarme lanciato dalla Foscarini, anche l’ecogoniometro della Sagittario localizza il Saracen; anche la torpediniera accosta
in direzione del battello nemico, ma non inizia subito il lancio delle bombe di
profondità, per cercare di mantenere il contatto sonar (le esplosioni delle
bombe, infatti, farebbero perdere il contatto). Poco dopo, tuttavia, la Sagittario perde egualmente il contatto,
ed il caposcorta le ordina di riunirsi al convoglio.
Avvistato di nuovo
nel Canale di Sicilia, verso mezzogiorno il convoglio viene duramente attaccato
(ad est-nord-est di Pantelleria) da ben 21 bombardieri quadrimotori
Consolidated B-24 "Liberator" dell’USAAF (altra fonte parla di
bimotori North American B-25 "Mitchell"), scortati da 25 caccia
pesanti Lockheed P-38 "Lightning", anch’essi statunitensi. Mentre i "Liberator"
attaccano il convoglio, i "Lightning" vengono attaccati da un nutrito
“sciame” di caccia italiani Macchi M.C. 200 e tedeschi Messerschmitt Bf 109
(questi ultimi del Jadgeschwader 53) provenienti dalla Sicilia; i caccia
statunitensi reagiscono, contrattaccando a coppie attraverso lo strato di nubi
che coprono il mare. Nella successiva battaglia aerea, i piloti dei "Lightning"
(appartenenti al 96th Fighter Squadron dell’USAAF) rivendicano
l’abbattimento di undici aerei dell’Asse (due Ju 88, otto Bf 109 più altri due
probabili, ed “un caccia italiano monomotore a due posti”: forse un idrovolante
CANT Z. 501 della 197a Squadriglia della Ricognizione Marittima,
perduto quel giorno al largo di Alicudi), mentre i piloti italiani rivendicano
l’abbattimento di un bimotore e di un secondo aereo di tipo non identificato,
entrambi a nord di Capo Bon, ed i tedeschi quello di tre P-38 e due B-25. In
realtà, come sempre, le rivendicazioni sono esagerate da tutte le parti:
complessivamente, le perdite statunitensi consistono in due bombardieri
abbattuti al largo di Capo Serrat ed in un P-38 gravemente danneggiato e
costretto ad un atterraggio d’emergenza (nel quale subisce danni tali da essere
considerato perduto), quelle italiane in un Macchi C. 200 precipitato presso
Chinisia durante il ritorno alla base (presumibilmente per danni riportati nel
combattimento) e quelle tedesche in un Messerschmitt Bf 109 del 6./JG 53
(tenente Herst, deceduto) ed in un Messerschmitt Me 210 dell’8/ZG. 1 (abbattuto
dai mitraglieri dei B-25).
Quello lanciato
dall’USAAF contro Foscarini e Tommaseo costituisce uno dei più pesanti
attacchi aerei fino a quel momento subiti da un convoglio diretto in Tunisia,
ma nessuna nave subisce danni; le bombe cadono tutte in mare e l’Antares abbatte uno degli aerei nemici
(per altre fonti, due), mentre un altro viene abbattuto dai caccia tedeschi che
formano la scorta aerea. La Sagittario
setaccia lungamente il mare alla ricerca dell’equipaggio di uno degli aerei
tedeschi abbattuti durante lo scontro, ma senza successo (per questo, arriverà
in porto quattro ore più tardi del resto del convoglio).
Alle 19 il convoglio
raggiunge Biserta.
1° aprile 1943
La Foscarini lascia Biserta a mezzogiorno
alla volta di Napoli, scortata dalle torpediniere Antares (caposcorta), Orione
e Fortunale.
2 aprile 1943
Il convoglio giunge a
Napoli alle 15.55.
14 aprile 1943
Alle 5.10 la Foscarini salpa da Napoli per Biserta,
scortata dalle torpediniere Sagittario
(caposcorta, capitano di fregata Marco Notarbartolo), Cigno e Groppo. Alle
10.45 si unisce alla scorta anche la torpediniera Cassiopea; il convoglio entra a Trapani alle 21.10 e ne riparte
alle 23.40.
15 aprile 1943
Tra le 00.53 e le
5.43, tra Trapani e Zembra, il convoglio viene continuamente sorvolato da aerei
isolati e subisce sei attacchi da parte di essi, che lanciano varie bombe ed un
siluro. Nel primo attacco la Foscarini
viene mitragliata, con la morte di un militare tedesco; nell’ultimo, un siluro
manca la motonave di pochissimo, passandole qualche metro a proravia. Il
caposcorta Notarbartolo osserverà poi che è stato probabilmente grazie alla
notte molto buia, con nuvole basse, se non si sono verificati attacchi da parte
di formazioni aeree più numerose.
Alle sei del mattino Cigno e Cassiopea lasciano la scorta per rientrare a Trapani, venendo
rimpiazzate dalle gemelle Libra e Perseo.
Il resto del
convoglio giunge a Biserta alle 11.08.
La Foscarini fotografata a Trieste al termine dell’allestimento, il 6 febbraio 1943. E' visibile il cannone da 120 mm installato a poppa (g.c. STORIA militare) |
L’affondamento
Alle 4.30 del 21
aprile 1943 la Foscarini lasciò
Biserta per rientrare a Napoli, scortata dalla moderna torpediniera di scorta Ardimentoso (caposcorta, capitano di
corvetta Domenico Ravera) e dalla torpediniera Libra (capitano di corvetta Gustavo Lovatelli).
I comandi britannici
sapevano del viaggio: già il giorno precedente i decrittatori di "ULTRA"
avevano intercettato e decifrato delle comunicazioni dalle quali risultava che
«la Belluno avrebbe dovuto lasciare
Tunisi e la Foscarini II Biserta nella mattina del 20, per
incontrarsi alle 7.00 e procedere insieme verso l’Italia»; e dato che la
partenza della Foscarini era stata
poi posticipata di un giorno, il 21 aprile un nuovo dispaccio di "ULTRA"
si era affrettato a precisare che «…la Foscarini,
che doveva lasciare Biserta per unirsi a questo piroscafo [Belluno, salpato da Tunisi alle 4 del 20 come previsto], è stata
ritardata di ventiquattr’ore».
Le condizioni
meteomarine non erano delle migliori: mare grosso e tempo pessimo.
Al largo delle Egadi,
le sorti della Foscarini
s’incrociarono con quelle del sommergibile britannico Unison (tenente di vascello Anthony Robert Daniell), che stava
rientrando a Malta al termine di una missione particolarmente infruttuosa. Partito
da Malta il 10 aprile, l’Unison aveva
pattugliato per una decina di giorni il mare a nord della Sicilia, ma non aveva
avvistato altro che navi ospedale; stava tornando alla base a mani vuote
quando, giunto a ponente delle Egadi, aveva ricevuto ordine di trattenersi in
quella zona (a sudovest di Marettimo) per un altro giorno, in quanto c’era una
sorta di “ingorgo” di sommergibili nel Canale di Sicilia, ed era meglio evitare
incidenti. Fu proprio questo rinvio di un giorno a risultare fortunato per l’Unison, e fatale per la Foscarini.
Alle 11.54 dello
stesso 21 aprile, infatti, l’Unison
rilevò in posizione 37°48’ N e 11°32’ E dei rumori prodotti da un motore diesel
che stava andando a velocità piuttosto bassa, e si portò a quota periscopica per
vedere di cosa si trattasse. Alle 11.57 il sommergibile britannico avvistò una
grossa nave mercantile, scortata da una torpediniera (la seconda,
evidentemente, non era visibile): si trattava della Foscarini e della sua scorta. L’Unison
iniziò la manovra di attacco; giunto a circa mille metri di distanza, lanciò
quattro siluri contro la motonave italiana, in una salva piuttosto ampia. Per
ovviare al mare grosso, Daniell lanciò i siluri “parallelamente” alla direzione
delle onde.
Le fonti italiane,
con una divergenza di alcuni minuti rispetto a quelle britanniche, riportano
l’attacco come avvenuto alle 12.18, a 28 miglia per 270° da Marettimo (cioè ad
ovest di quell’isola). Dei quattro siluri lanciati dall’Unison, due andarono a segno, rispettivamente 60 e 66 secondi dopo
il lancio del primo siluro (per altra fonte, la Foscarini fu colpita da un solo siluro); la Foscarini affondò in soli quattro minuti nel punto 37°50’ N e
11°30’ E (a nordest della Tunisia ed a ponente di Marsala), una quarantina di
miglia (42, per una fonte) ad ovest di Favignana.
A bordo dell’Unison, il comandante Daniell invitò il
secondo capo William George Barnett di dare un’occhiata al periscopio per
assistere all’affondametno della loro vittima; Barnett avrebbe in seguito
ricordato che la Foscarini, colpita
da due siluri, “affondò come un sasso”. Furono anche scattate, attraverso il
periscopio, alcune fotografie.
La Libra sottopose il sommergibile
attaccante a pesante caccia, e vide affiorare in superficie una chiazza di
nafta, il che indusse a ritenere di averlo certamente danneggiato. In realtà,
l’Unison non subì danni; il
comandante Daniell registrò nel diario di bordo che il contrattacco durò dalle
12.13 alle 13.12, con il lancio di 14 bombe di profondità che esplosero tutte
lontane, in quanto la nave italiana non era riuscita ad ottenere un contatto.
Secondo
William George Barnett, imbarcato sull’Unison,
queste due immagini – scattate attraverso il periscopio del sommergibile –
mostrerebbero il siluramento e affondamento della Foscarini (da www.bbc.co.uk). Si
esprimono qui però dei dubbi su tale identificazione.
Secondo i documenti
dell’U.S.M.M., consultati dal ricercatore Platon Alexiades, dei 125 uomini
imbarcati sulla Foscarini 97 poterono
essere salvati da Libra ed Ardimentoso, nonostante il mare grosso; le
vittime furono 29, perché uno dei sopravvissuti, un militare tedesco, morì in
seguito per le ferite.
Altra fonte (Uboat.net)
fornisce dei dati leggermente differenti; gli uomini imbarcati sulla Foscarini sarebbero stati 120, ed i
naufraghi raccolti 96, uno dei quali, un ufficiale tedesco, sarebbe
successivamente deceduto per le ferite. In questo caso le vittime ed i
superstiti sarebbero state rispettivamente 25 e 95.
Ultimato il
salvataggio, le due torpediniere diressero per Trapani, dove giunsero alle
18.30 dello stesso giorno.
Alcune delle vittime della Foscarini:
Guglielmo Almerigotti, marittimo civile, da
Trieste (Marina Mercantile)
Vito Barravecchia, marinaio carpentiere, da
Catania (Regia Marina) (*)
Antonio Bonich, marittimo civile, da Lussinpiccolo
(Marina Mercantile)
Matteo Bussani, mozzo, da Lussinpiccolo
(Marina Mercantile)
Rodolfo Finderle, elettricista, da Fiume
(Marina Mercantile)
Filippo Keliner, marittimo civile, da Muggia
(Marina Mercantile)
Grazio Laghezza, marinaio fuochista, nato negli
U.S.A. (Regia Marina) (*)
Egidio Lettis, marittimo civile, da Volosca
(Marina Mercantile)
Cataldo Lupo, marinaio fuochista, da San
Cataldo (Regia Marina) (*)
Ivo Maurizi, marinaio fuochista, da Arezzo
(Regia Marina) (*)
Bruno Viezzoli, marittimo civile, da Pirano
(Marina Mercantile)
(*) I nomi dei quattro marinai della Regia Marina sono stati
estrapolati dall’albo dei caduti e dispersi della Marina Militare nella seconda
guerra mondiale, nel quale non è indicato esplicitamente il nome della nave mercantile
su cui erano imbarcati; tuttavia è indicata per essi, come reparto, la sigla
"non specificato (012)" che designa il personale imbarcato su navi
mercantili, e la data di dispersione del 21 aprile 1943. La Marco Foscarini è
l’unica nave mercantile italiana affondata il 21 aprile 1943.
L’affondamento della Foscarini nel giornale di bordo dell’Unison (da Uboat.net):
“1154 hours - In position 37°48'N, 11°32'E heard slow diesel HE bearing 230°. Went to periscope depth.
1157 hours - On
coming to periscope depth sighted a large merchant vessel escorted by a
torpedo-boat. Started attack in which four torpedoes were fired from 1100
yards. Two torpedo hits were heard after 1m and 1m 6s after firing the first
torpedo.
1213 hours - The
escort started a counter attack but was never in contact. She dropped fourteen
depth charges but none were close.
1312 hours - HE faded
and A/S transmissions ceased.”
Il relitto della Foscarini, la cui presenza era nota ad
alcuni pescatori delle Egadi (che però ne ignoravano l’identità), è stato
ritrovato nell’agosto del 2017 dai subacquei del gruppo Rebreather Sicilia (tra
cui Riccardo Cingillo, Mariano Pulizzi, Aldo Ferrucci, Massimiliano Piccolo e,
per la seconda immersione, Mario Arena), indirizzati sul posto proprio da un amico
pescatore, che aveva più volte parlato loro del relitto di una grossa nave che
giaceva a sole 24 miglia dalle Egadi. La Foscarini
giace adagiata sul fianco di dritta, a 98 metri di profondità; il relitto è
strutturalmente integro ad eccezione della poppa, che è staccata dal resto
della nave e giace poco lontano, orientata perpendicolarmente rispetto al resto
del relitto. A causa dei decenni trascorsi in fondo al mare, e forse anche di
lavori di recupero svolti in passato, la nave si presenta molto danneggiata, ad
eccezione della sovrastruttura della plancia (che appare invece piuttosto ben
conservata); le due stive prodiere contengono una grande quantità di fusti di carburante,
che per effetto della corrosione causata dal mare perdono tuttora il loro contenuto,
al punto che in condizioni di mare calmo si sente distintamente una forte puzza
di carburante anche in superficie (il che ha contribuito ad agevolarne il
ritrovamento). Sulla poppa è ancora riconoscibile una mitragliera contraerea. La
zona in cui giace il relitto è spazzata da forti correnti, che insieme alla
notevole profondità rendono difficile l’immersione.
Due fotografie
del relitto della Marco Foscarini (da
www.blogsicilia.it): sopra, la
sovrastruttura prodiera adagiata su un fianco; sotto, fusti di carburante in
una stiva.
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