L’Ottavia era in principio un veliero da
carico, un brigantino goletta di 259 tsl e 220 tsl, lungo 30,7 metri, largo 8,1
e pescante 3,99. Era stato costruito nel cantiere di Eugenio Gotuzzo di
Chiavari nel 1921 (il varo era avvenuto il 2 od il 5 aprile di quell’anno, il
completamento prima della fine di quel mese), ed apparteneva agli armatori
viareggini Luigi Tomei e Duilio e Giuseppe Partiti, che lo avevano iscritto con
matricola 535 al Compartimento Marittimo di Viareggio. In precedenza, fino al
1930, era appartenuto all’armatore S. Bentivoglio D’Aragona, anch’egli
viareggino. Nel 1937 l’Ottavia era
stato sottoposto a lavori di rimodernamento: era stato installato a bordo un
motore Humboldt-Deutztmotoren a tre cilindri da 32 HP nominali, fabbricato a
Colonia, facendone un motoveliero (in grado di raggiungere una, non grande,
velocità di 5,7 nodi); lo scafo era inoltre stato allungato a 37,7 metri ed
allargato a 8,3 metri, e la stazza lorda e netta erano diventate rispettivamente
di 259 tsl e 204 tsn.
Il 24 giugno 1940,
due settimane dopo che l’Italia era entrato in guerra, l’Ottavia venne requisito a Napoli dalla Regia Marina, che lo
iscrisse con sigla V 4 nel ruolo del
naviglio ausiliario dello Stato, facendone una vedetta foranea. In seguito la
sua classificazione venne mutata: divenne cacciasommergibili, con la sigla AS 91, e fu dotato di idrofoni ed armato
con cannoni da 102 mm, mitragliere contraeree da 13,2 mm e tramogge per bombe
di profondità. Era un armamento ben superiore a quello, assai modesto, della
maggior parte dei cacciasommergibili ausiliari della Regia Marina: l’Ottavia, infatti, non doveva essere solo
un “semplice” cacciasommergibili, ma anche una «nave civetta», unità
antisommergibili potentemente armata che si celava sotto l’apparente aspetto di
un innocuo motoveliero. I sommergibili nemici, non volendo sprecare un siluro
per un bersaglio così piccolo, ed aspettandosi una reazione scarsa od
inesistenti, sarebbero emersi per attaccarlo col cannone; ed a questo punto si
sarebbero trovati sotto il tiro delle armi di bordo. Cannoni e mitragliere
dell’Ottavia, infatti, erano
adeguatamente camuffati.
Il servizio come nave
civetta ebbe inizio nel settembre 1941. Dapprima l’Ottavia ebbe base a La Spezia, da dove partì per innumerevoli,
lunghe missioni di caccia antisommergibili; in questo periodo ne fu comandante
il ventitreenne guardiamarina Catello Amendola, stabiese. Questi scriveva
orgogliosamente, in una lettera a casa: «Sono
stato incaricato dal Ministero ad assumere il comando di una nave ausiliaria, e
precisamente di un motoveliero da 560 tonnellate avente un equipaggio di 55
persone, e dei nuovi mezzi di cacciasommegibile, che sono la prima volta
impiegati in tutte le Marine del mondo [in questo, bisogna dirlo, Amendola
stava piuttosto esagerando, forse per impressionare i parenti]. È una specie di mezzo di ascolto con molte
probabilità di successo e nessuna di salvezza. Sono contentissimo sotto tutti i
punti di vista, prima perché non dipendo da nessun fesso, e poi anche per la
soddisfazione personale. Le mie missioni oscillano da un minimo di 15 giorni ad
un massimo di 30. La base è sempre La Spezia». Nel suo giovanile
entusiasmo, Amendola aggiungeva con una certa ingenuità: «Non so ancora per il momento quando comincerò a battere il mare, però
tenetelo in conto che alla prima missione, darò prova della mia abilità e
quando sentirete dal bollettino che una nostra unità ha affondato un
sommergibile inglese, questa unità è la mia».
Agli inizi del 1942,
l’Ottavia fu trasferito in Mar Ionio.
Il comandante Amendola si era improvvisamente ammalato, pertanto lo sostituì il
guardiamarina milanese Giovanni Fioretti.
Alla fine, lo
stratagemma della nave civetta funzionò, ma solo per la prima parte. Alle 9.15
del 5 marzo 1942, infatti, il sommergibile britannico Thorn (capitano di corvetta Robert Galliano Norfolk), che si
trovava a 2,5 miglia per 205° da Capo Gherogambo, avvistò l’Ottavia che procedeva a soli tre nodi su
rotta 260°, a cinque miglia per 70° dal sommergibile. La nave italiana era
partita poco prima da Argostoli, sull’isola di Cefalonia, per una missione di
ricerca e caccia antisommergibili: come previsto, Norfolk decise di seguirla
per attaccarla in superficie col cannone, una volta che fosse stata abbastanza
lontana da Argostoli (così che l’attacco non venisse notato dalla costa,
giacché questo avrebbe potuto portare all’invio di rinforzi). Alle 11.15 il Thorn sentì dei suoni prodotti da un
ecogoniometro su rilevamento 080°, ed alle 10.30 avvistò un cacciatorpediniere
a due fumaioli che identificò come della “classe Confienza”, in posizione
38°06’ N e 20°22’ E; a mezzogiorno il nuovo arrivato virò per 120°, e poco dopo
scomparve all’orizzonte. Frattanto Norfolk aveva studiato il suo bersaglio:
sembrava un brigantino goletta di circa 200 tonnellate, armato con un cannone da
76 mm a prua. Procedeva verso nord.
Alle 14.54, il Thorn emerse per attaccare con il
cannone in posizione 38°16’ N e 20°20’ E, da una distanza di 460 metri. Nel
breve scontro a fuoco che ne seguì, però, fu il sommergibile ad avere la
meglio: alle 15.05 l’Ottavia era
fortemente appoppato, il suo scafo era crivellato di colpi ed aveva una grossa
falla sotto la linea di galleggiamento, le vele erano tutte cadute, a poppa
divampava un violento incendio che si sarebbe presto esteso al resto della nave.
In tutto, il Thorn aveva sparato 65
colpi di cannone, ad alzo zero, nello spazio di undici minuti. Secondo Norfolk,
il cannone “da 76 mm” a prua dell’Ottavia
non fu mai utilizzato durante il combattimento, mentre una mitragliera a poppa
rispose al fuoco, ma fu ridotta al silenzio dopo il terzo colpo di cannone. Il Thorn non aveva riportato alcun danno e,
a quel punto, s’immerse e si allontanò per evitare il prevedibile ritorno del
cacciatorpediniere avvistato in precedenza. Alle 15.35, l’Ottavia esplose ed affondò a 1,37 km per 270° da Capo Ortholiti (per
altra fonte, ad un miglio da Ortholitia) ed a due miglia da Capo Athera.
Dei ventidue uomini
che componevano il suo equipaggio, solo cinque furono recuperati vivi; erano
tutti feriti. Venne recuperato anche un cadavere. Il comandante Fioretti fu tra
i caduti; alla sua memoria venne conferita la Medaglia d’Argento al Valor
Militare con motivazione «Comandante di unità, destinata a particolare impiego,
offertosi volontariamente, pur conscio dei gravi rischi ai quali sarebbe andato
incontro, dedicava la sua attività operosa e costante al raggiungimento della
massima efficienza del personale e del mezzo affidatogli. Scontratosi con unità
nemica, accettava con cuore impavido l’arduo ed impari combattimento, opponendo
all’avversario una pronta reazione di fuoco, e scompariva in mare con la sua
nave incendiata. Esempio di sereno, coraggioso comportamento di fronte al
pericolo e di elevate virtù militari. Mare Ionio, 5 marzo 1942».
Perirono con l'Ottavia:
Ciro Addezio, marinaio, da Napoli
Ugo Adoni, sergente silurista, da Firenze
Antonio Este, sottocapo nocchiere, da Carloforte
Francesco Baroni, capo nocchiere di prima classe, da Viareggio
Michele Campione, sottocapo cannoniere, da Cerami
Ferdinando Coclite, marinaio cannoniere, da Sangineto
Evangelista Cominotto, marinaio, da Udine
Salvatore De Leo Crocifisso, marinaio cannoniere, da Brindisi
Giovanni Fioretti, guardiamarina (comandante), da Milano
Renato Fornaciari, capo meccanico di terza classe, da Viareggio
Attilio Lavander, marinaio cannoniere, da Castelfranco Veneto
Giuseppe Lippi, secondo capo nocchiere, da Viareggio
Fortunato Passaglia, marinaio, da Viareggio
Angelo Polesso, marinaio silurista, da Venezia
Eugenio Presta, marinaio cannoniere, da Diamante
Rocco Tortorella, marinaio, da Pozzuoli
Giuseppe Vannucchi, secondo capo meccanico, da Viareggio
È il caso di notare
che le altre tre navi civetta della Regia Marina, cioè AS 92 Elena, AS 93 Ninetta
ed AS 94 Ariella, tutti motovelieri
trasformati come l’Ottavia, cessarono
il servizio come navi civetta nell’aprile 1942, proprio il mese successivo
all’affondamento dell’Ottavia: fu
probabilmente la triste fine di questa nave, distrutta da un sommergibile
proprio nelle circostanze in cui, in teoria, avrebbe dovuto essere lei ad
affondare l’unità nemica, ad indurre a ripensare l’utilizzo di queste unità.
Interessante, a
questo proposito, un documento redatto proprio da Marina Argostoli, datato 15
aprile 1942: si diceva tra l’altro che «Le unità in argomento hanno dimostrato
in pratica, come del resto era prevedibile, di possedere requisiti del tutto
negativi per l’impiego come navi civetta». Prevedibile, eppure ci vollero i morti dell'Ottavia prima di abbandonare questa idea...
L'affondamento dell’Ottavia nel giornale di bordo del Thorn (da Uboat.net):
"0915 hours - In position
205°, Cape Gheroghambo, 2.5 nautical miles sighted a sailing vessel bearing
070°, range 5 nautical miles. Course of the enemy was 260°, speed was only 3
knots. Lt.Cdr. Norfolk decided to follow and to engage with the gun when the
enemy was far enough from Argostoli to be unobserved.
1115 hours - Heard
Asdic impulses bearing 080°.
1130 hours - Sighted
a two-funnelled destroyer thought to be of the Confienza-class. in position
38°06'N, 20°22'E. The course of the enemy was 190°, speed 12 knots.
1200 hours - The
destroyer was seen to alter course to 120°. She was soon lost out of sight
bearing 125°. Meanwhile the sailing vessel was seen to be a brigantine of about
200 tons. She was armed with a 12pdr gun forward. She was now proceeding
Northwards.
1454 hours - Surfaced
for gun action in position 38°16'N, 20°20'E. Range to the target was 500 yards.
1505 hours - The
enemy was now well on fire aft and all her sails were down. Her hull was a
shambles and she was well down by the stern. Thorn then dived as it was expected that the destroyer sighted
earlier would be rushing in.
1535 hours - The
target blew up and sank. Shortly afterwards the destroyer was sighted coming
from the South along with an aircraft. Two depth charges were dropped but these
were way off."
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