lunedì 1 aprile 2024

Augusto Riboty

Il Riboty in una foto risalente ai primi anni di servizio (g.c. Giorgio Parodi, via www.naviearmatori.net)

Cacciatorpediniere, già esploratore leggero, della classe Mirabello (dislocamento standard 1840 tonnellate, a pieno carico 2377 tonnellate).

Durante la prima guerra mondiale fu attivo in Adriatico con base a Brindisi, effettuando 52 missioni principalmente di ricerca del nemico, appoggio ai MAS ed agli aerei impegnati in incursioni contro basi nemiche, posa di mine, pattugliamento del canale d’Otranto, scorta convogli; totalizzò 394 ore di moto, più altre 72 ore in cui fu pronto a muovere.

Durante la seconda guerra mondiale, adibito principalmente alla scorta convogli (data la sua età, la velocità massima ridotta ormai a 27 nodi e la mancanza di una stazione di direzione del tiro era ormai inadatto al servizio di squadra) svolse ben 514 missioni di ogni tipo, percorrendo 113.318 miglia nautiche e risultando così il più attivo cacciatorpediniere italiano del conflitto. Durante il periodo di conflitto contro gli Alleati (10 giugno 1940-8 settembre 1943) effettuò 365 missioni di guerra (una di ricerca del nemico, quattro di posa mine, otto di caccia antisommergibili, una di bombardamento controcosta, 269 di scorta convogli, 58 di trasferimento, 19 per esercitazione, cinque di altro tipo), più di qualsiasi altro cacciatorpediniere italiano (nessun altro superò le 250 missioni, e solo cinque, oltre al Riboty, superarono le duecento), percorrendo 70.350 miglia nautiche, trascorrendo 6010 ore in mare e passando 212 giorni ai lavori. Durante la cobelligeranza (8 settembre 1943-settembre 1945) svolse attività di scorta a convogli statunitensi e di collegamento con le corazzate internate ai Laghi Amari, dove trasportò personale e materiali, per un totale di 149 missioni e 42.968 miglia nautiche percorse. Questa indefessa attività, svolta perlopiù – data la sua età avanzata – sulle rotte più “tranquille” del Basso Adriatico e dello Ionio, scortando convogli da e per l’Albania e la Grecia (ed in minor misura dell’Egeo; ci fu anche qualche saltuaria missione di scorta verso l’Africa Settentrionale), gli valse il conferimento della Medaglia di Bronzo al Valor Militare “alla bandiera”, onore toccato a poche altre unità navali.

Il suo motto era "Viresque acquirit eundo" (“più avanza più acquista la forza”).


Breve e parziale cronologia.


27 febbraio 1915

Impostazione nei cantieri Ansaldo di Sestri Ponente.

24 settembre 1916

Varo nei cantieri Ansaldo di Sestri Ponente.

Durante le prove in mare, l’apparato motore del Riboty sviluppa una potenza massima di 38.962 HP, toccando i 35,03 nodi di velocità.

Il Riboty poco prima del varo (da www.wiki.wargaming.net)


Due immagini del varo (sopra: da www.wiki.wargaming.net; sotto: g.c. Dante Flore, via www.naviearmatori.net)

5 maggio 1917

Entra in servizio a Genova, classificato come esploratore. Progettato dal colonnello del Genio Navale Naborre Soliani, la sua costruzione è costata 5,1 milioni di lire dell’epoca.

Il Riboty ed il gemello Carlo Alberto Racchia si differenziano dal capoclasse Carlo Mirabello perché dotati di un cannone Armstrong da 152/40 mm Mod. 1891 installato a prua, in luogo dell’ottavo cannone da 102 mm; questo allo scopo di avvicinare la potenza di fuoco di queste unità a quella degli esploratori più pesanti, spesso veri e propri incrociatori leggeri. Nel corso del 1917 anche il Mirabello verrà dotato di quest’arma.

Il Riboty si differenzia inoltre sia da Racchia che da Mirabello per il numero delle mine che può trasportare e posare, 120 invece di 100.

7 maggio 1917

Arriva a Brindisi, dove entra a far parte del 2° Gruppo Esploratori, che forma con i gemelli Carlo Mirabello e Carlo Alberto Racchia, di base a Brindisi ed alle dipendenze della IV Divisione Navale.

Il Riboty nel 1917 (foto Ugo Pucci-La Spezia, via Marco Biorci ed Agenzia Bozzo)

15 maggio 1917

Il Riboty si trova a Valona durante la battaglia del Canale d’Otranto, il più grande scontro navale tra la Marina austroungarica e le forze navali congiunte italo-franco-britanniche durante la prima guerra mondiale, ma non viene fatto uscire in mare. (Per altra fonte, si sarebbe rifornito di carburante dalla portaidrovolanti Europa alle otto del mattino del 15 maggio, per poi uscire in mare alle 9.45 per partecipare alla ricerca delle navi avversarie, che comunque non riuscì a rintracciare prima della fine della battaglia).

Lo storico Paul G. Halpern scrive che “l’inerzia” del Riboty fu “spiacevole, perché la sua velocità sarebbe stata utile, ma l’ammiraglio a Valona non aveva ricevuto informazioni dirette, né ordini”.

16 luglio 1917

Insieme al gemello Carlo Alberto Racchia, il Riboty prende il mare per fornire supporto a distanza a 18 aerei decollati da Brindisi e Valona per un bombardamento su Durazzo. Riboty e Racchia costituiscono il gruppo di appoggio a distanza, mentre il supporto ravvicinato è fornito dalle torpediniere d’altura Ardea e Pegaso e dai cacciatorpediniere Insidioso, Intrepido, Impavido e Indomito in due sezioni.

19 luglio 1917

Riceve a Brindisi la bandiera di combattimento, donata dall’Associazione degli italiani di Nizza e della Savoia (Augusto Riboty era infatti nizzardo); presenzia alla cerimonia il capo di Stato Maggiore della Marina, ammiraglio Paolo Thaon di Revel.

L’ammiraglio Thaon di Revel sbarca dal Riboty dopo la consegna della bandiera di combattimento (da www.wiki.wargaming.net)

22 agosto 1917

All’alba il Riboty viene inviato ad incrociare nelle acque tra Ragusa Vecchia/Cavtat e Ragusa Nuova/Dubrovnik per distogliere l’attenzione degli austroungarici dalla contemporanea posa di un campo minato a Sabbioncello.

10 settembre 1917

Riboty e Racchia, insieme all’incrociatore leggero britannico Bristol e con la scorta delle torpediniere 33 PN, 56 AS, 57 AS e 61 OL, bombardano posizioni austroungariche sulla costa albanese (zona di Poiani) con le loro artiglierie.

Un’altra immagine della nave nel 1917 (Coll. Luigi Accorsi, via www.associazione-venus.it)

10 marzo 1918

Partecipa ad una missione di appoggio ad un attacco da parte dei MAS 99 e 100, rimorchiati fin nei pressi dell’obiettivo dai cacciatorpediniere Ippolito Nievo ed Antonio Mosto, contro le unità austroungariche all’ancora a Portorose. Il Riboty è nave ammiraglia del contrammiraglio Guido Biscaretti, comandante superiore in mare; fanno inoltre parte del gruppo di appoggio il gemello Carlo Mirabello, altri due esploratori leggeri, Alessandro Poerio e Cesare Rossarol, due cacciatorpediniere italiani, Giacinto Carini e Pilade Bronzetti, ed i cacciatorpediniere francesi della squadriglia «Casque-Mangini»; queste unità hanno il compito di posizionarsi a metà strada tra Brindisi e Punta d’Ostro, per fornire supporto alle operazioni. Le avverse condizioni del tempo costringono però ad Abbandonare l’operazione in quanto i piccoli MAS, non in grado di tenere il mare, sono costretti a rientrare a Brindisi, dove rimangono bloccati fino al 13.

16 marzo 1918

Nuovo tentativo di attacco contro Portorose; anch’esso dev’essere annullato per via del maltempo.

8 aprile 1918

Altro tentativo d’incursione contro Portorose, annullato dopo che ricognitori appurano che a Portorose non ci sono navi da attaccare. L’accorciamento della notte spinge poi a rinunciare, almeno per il momento, ad ulteriori progetti di attacco contro tale base.

9 aprile 1918

Il Riboty fornisce appoggio ad una missione di posa di mine da parte di un sommergibile al largo di Meleda.

12 maggio 1918

Riboty e Mirabello lasciano di nuovo Brindisi, alle 18.10, a protezione di un attacco notturno da parte dei MAS 99 (capitano di corvetta Gennaro Pagano di Melito) e 100 (tenente di vascello Mario Azzi), rimorchiati dai cacciatorpediniere Nievo e Bronzetti, stavolta contro i piroscafi alla fonda nella rada di Durazzo. Alle 23, giunta la formazione a dieci miglia da Durazzo, viene mollato il rimorchio, ed i due MAS si dirigono verso il porto per attaccare. I proiettori del porto si accendono a più riprese, ma non individuano i MAS in avvicinamento.

Il Riboty poco dopo l’entrata in servizio (g.c. Giorgio Parodi, via www.naviearmatori.net)

13 maggio 1918

Da bordo degli esploratori, rimasti al largo, si vedono alle 2.05 due luci che sembrano gli indicatori dell’allineamento del porto, indicanti movimento di navi che entrano od escono, ed alle 3 l’accensione di quattro potenti proiettori, due a Capo Durazzo e due a Sasso Bianco, seguita da bagliori di esplosioni, vampe d’artiglieria e razzi. Alle 3.40 vengono avvistate poco lontane una serie di linee di luce bianca, il segnale prestabilito per indicare la riuscita della missione dei MAS, per cui si dirige per rientrare a Brindisi.

Ciò che è successo, infatti, è che i MAS, giunti in prossimità delle ostruzioni, hanno notato che il porto è vuoto e si sono pertanto diretti verso l’uscita della baia, ma in seguito all’accensione dell’indicatore dell’allineamento alle due di notte, alle 2.30 hanno avvistato un grosso piroscafo, preceduto da una torpediniera e seguito da un’altra, in accostata a 12 nodi sull’allineamento. Il MAS 99, andato all’attacco, ha lanciato due siluri contro il piroscafo – distante appena duecento metri – e la torpediniera di coda, e poco dopo anche il MAS 100, che inizialmente non era riuscito a mettere in moto per un’avaria, ha lanciato contro la torpediniera.

Il convoglio attaccato dai due MAS era composto dal piroscafo misto austroungarico Bregenz, di 3905 tsl, adibito a trasporto truppe e diretto a Durazzo con a bordo 1203 tra soldati e marinai, scortato dal cacciatorpediniere Dukla e dalle torpediniere TB 84 e TB 98. Un siluro del MAS 99 (o forse anche due: da parte austroungarica risulta che mentre il piroscafo si apprestava ad entrare in porto si verificò una violenta esplosione a prua, seguita dopo pochi secondi da un’altra all’altezza delle caldaie) ha colpito il Bregenz, che è affondato di prua in pochi minuti, portando con sé 234 dei 1203 soldati e marinai a bordo. I 969 superstiti vengono soccorsi dalle tre unità di scorta, che hanno vanamente aperto il fuoco sui MAS avvistati nell’oscurità. (Secondo Enrico Cernuschi e Vincent O’Hara, l’affondamento del Bregenz sarebbe stato il primo caso di affondamento di una nave in movimento da parte di motosiluranti: in precedenza erano state affondate soltanto navi ferme in porto. Di lì a meno di un mese seguirà l’affondamento, ben più celebre, della Szent Istvan. Il relitto del Bregenz è stato individuato nel 2012 dal subacqueo albanese Igli Pustina e dall’italiano Mauro Pazzi).

L’affondamento della nave causa una violenta ma disordinata reazione nemica, e tutte le unità italiane fanno ritorno indenni a Brindisi, dove giungono alle 7.30.

25 maggio 1918

Riboty, Mirabello e gli esploratori Aquila e Sparviero escono in mare per fornire appoggio ad un’incursione di idrovolanti su Durazzo.

9 giugno 1918

Riboty, Mirabello, Aquila e Sparviero forniscono appoggio ad un altro gruppo di idrovolanti inviati a bombardare Durazzo.

14 giugno 1918

Il Riboty trasporta un reparto del Regio Esercito da Brindisi a Valona.

Il Riboty a Valona nel giugno 1918 (Illir Balili-Arkivi Digjital Shquiptar)

7 agosto 1918

Riboty, Racchia e due cacciatorpediniere escono in mare per fornire appoggio ad un’altra incursione aerea su Durazzo.

2 ottobre 1918

Il Riboty fa parte della squadra navale interalleata inviata a bombardare il porto di Durazzo in appoggio all’avanzata delle truppe di terra sul fronte balcanico. L’operazione è stata sollecitata dai vertici militari francesi nei Balcani (generale Louis Franchet d’Espèrey, comandante dell’Armata d’Oriente schierata sul fronte di Salonicco, ed ammiraglio Dominique-Marie Gauchet, comandante in capo delle forze navali interalleate del Mediterraneo) per impedire che il porto albanese sia usato come base di rifornimento per consentire alle forze degli imperi centrali di alimentare la resistenza sul fronte balcanico dopo lo sfondamento interalleato sul fronte macedone: con il collasso della Bulgaria e la ritirata delle forze austro-tedesche dalla Macedonia, Durazzo è rimasto il principale porto attraverso cui gli austroungarici possono inviare rifornimenti alle loro forze nei Balcani meridionali. Il governo francese ha richiesto l’autorizzazione a svolgere l’operazione a quello italiano, che ha ottenuto che questa sia svolta sotto il suo comando; il 26 settembre il capo di Stato Maggiore della Marina italiana, ammiraglio Paolo Thaon di Revel, ha autorizzato l’azione, che dirigerà personalmente.

In realtà, fin dal 28 settembre i comandi austroungarici hanno iniziato l’evacuazione di Durazzo, ritenuta indifendibile; ma questo, naturalmente, non è a conoscenza dei comandi dell’Intesa.

La squadra incaricata di eseguire il bombardamento, oltre al Riboty, comprende la corazzata Dante Alighieri (che batte l’insegna di Thaon di Revel), gli incrociatori corazzati San GiorgioSan Marco e Pisa (che formano la III Divisione del contrammiraglio Osvaldo Paladini), gli incrociatori leggeri britannici WeymouthDartmouthLowestoftGlasgow e Gloucester, gli esploratori italiani NibbioMarsalaAquilaSparvieroCesare RossarolCarlo Alberto RacchiaGuglielmo Pepe ed Alessandro Poerio, diciotto cacciatorpediniere (gli italiani Simone Schiaffino ed Ippolito Nievo, i britannici RubyCamaleonNympheNereideAcheronGosshawkTigressJackalFuryBadgerSharkTribuneAcorn e Lapwing, gli australiani Swan e Warrego), undici torpediniere italiane (le torpediniere costiere 8 PN, 35 PN, 36 PN, 37 PN, 38 PN, 42 PN e 67 PN e le torpediniere d’altura Pallade, Centauro, Calipso ed Alcione), sei MAS italiani (MAS 92, MAS 97, MAS 98, MAS 102, MAS 202, MAS 210) e undici cacciasommergibili statunitensi (SC 95, SC 128, SC 129, SC 130, SC 179, SC 215, SC 225, SC 324, SC 327, SC 337, SC 338, sotto il comando del capitano di vascello Charles Preston Nelson). Otto sommergibili (gli italiani H 3 e H 6, i francesi AmarantheVoltaFranklin e Faraday, i britannici E1 ed E12) sono schierati nelle acque tra Durazzo e Cattaro a supporto dell’operazione.

La squadra è divisa in due gruppi, una “forza da bombardamento” ed una “forza da crociera”: la prima, al comando del contrammiraglio Paladini, è incaricata di eseguire il bombardamento ed è composta dai tre incrociatori corazzati italiani (scortati dalle torpediniere costiere e dai cacciatorpediniere britannici Nymphe, Nereide, Ruby e Camaleon) e da Weymouth, Dartmouth e Lowestoft, questi ultimi al comando del commodoro William Archibald Howard Kelly – comandante della British Adriatic Force – e scortati da Fury, Shark, Tribune e Badger, nonché da quattro MAS (con funzioni di scorta) e dai cacciasommergibili statunitensi (questi ultimi hanno l’incarico di dragare il percorso della forza navale, per poi pattugliare le acque a sud ed a nord di essa per proteggerla da attacchi subacquei); la seconda, al comando diretto di Thaon di Revel, comprende il resto delle navi (più il rimorchiatore Titano; tra di esse anche il Riboty, che scorta la Dante Alighieri) e si tiene più verso il largo per fornire copertura alla forza incaricata del bombardamento contro eventuali interventi da parte delle forze navali austroungariche di base a Cattaro. La “forza da crociera” è sua volta divisa in tre gruppi, uno composto dalla Dante Alighieri, da quattro esploratori e due cacciatorpediniere, un altro formato da Glasgow e Gloucester scortati da quattro cacciatorpediniere (tra cui Swan e Warrego) ed il terzo formato da tre esploratori italiani.

Partecipano inoltre all’attacco 47 idrovolanti da bombardamento italiani e 38 britannici decollati dalle basi pugliesi, che sono anzi i primi a bombardare Durazzo, attaccando batterie e concentramenti di truppe in sette ondate nella mattina del 2 ottobre, prima ancora che le navi si presentino davanti alla città.

La flotta italo-britannico-statunitense salpa da Brindisi alle sette del mattino, giungendo davanti a Durazzo verso mezzogiorno. Gli incrociatori della “forza da bombardamento” si dispongono su due colonne parallele, con gli incrociatori corazzati italiani, armati con artiglierie dotate di maggior gittata, più verso il largo, e gli incrociatori leggeri britannici più vicini alla costa; i tre incrociatori corazzati italiani aprono il fuoco per primi alle 12.10, da 11.000 metri di distanza (altra fonte parla di 12.200 metri), mentre gli incrociatori leggeri del commodoro Kelly iniziano il tiro alle 12.42, da ottomila metri. Bersaglio del loro tiro sono le batterie costiere, le concentrazioni di truppe austroungariche, le installazioni portuali di Durazzo ed il poco naviglio nemico presente, contro il quale si scagliano anche i MAS.

La presenza navale austroungarica a Durazzo è piuttosto esigua, limitandosi ai cacciatorpediniere Scharfschütze e Dinara ed alla torpediniera TB 87, più la nave ospedale Baron Call, il tutto sotto il comando del capitano di corvetta Heinrich Pauer.

Sotto il cannoneggiamento delle navi italo-britanniche il piroscafo austroungarico Stambul, alla fonda in rada, viene affondato, mentre i piroscafi Graz ed Herzegovina sono danneggiati; le tre navi da guerra austroungariche presenti nella base, dopo aver incrociato nelle acque della baia schivando cannonate e siluri e rispondendo al fuoco con il loro armamento, sono costrette alla fuga, uscendo dall’imboccatura meridionale del porto alle 12.20. Subito i MAS italiani li avvistano e vanno all’attacco: uno riesce a colpire la TB 87 con siluro, che però non esplode; un altro viene danneggiato. Le tre unità austroungariche combattono una breve schermaglia con i cacciatorpediniere britannici, inviati a bloccarle ed inseguirle (lo Scharfschütze viene raggiunto da alcuni colpi, con tre morti e cinque feriti tra l’equipaggio), ma riescono a seminarli e fuggire verso nord, raggiungendo Cattaro. La nave ospedale Baron Call, uscita dal porto, viene fermata ed ispezionata da due cacciatorpediniere britannici e due cacciasommergibili statunitensi, che non avendo riscontrato irregolarità la lasciano proseguire verso Cattaro.

Alle 11.05 il cacciasommergibili statunitense SC 129 ha avvistato il sommergibile austroungarico U 29 (tenente di vascello Robert Dürrigl) mentre tentava di avvicinarsi agli incrociatori e lo ha sottoposto per un quarto d’ora a caccia con bombe di profondità, danneggiandolo seriamente, mentre durante il bombardamento l’U 31 (tenente di vascello Hermann Rigele) silura e danneggia gravemente l’incrociatore britannico Weymouth (che ha la poppa distrutta, con quattro vittime tra l’equipaggio: dovrà interrompere l’azione e rientrare a Brindisi con l’assistenza di cacciatorpediniere), che ha da poco aperto il fuoco, per poi essere a sua volta sottoposto ad infruttuosa caccia con bombe di profondità (gli statunitensi riterranno, erroneamente, di aver affondato entrambi i sommergibili). Le batterie costiere austroungariche rispondono al fuoco, arrecando danni non gravi a quattro incrociatori britannici, ma vengono progressivamente distrutte o comunque messe fuori uso. Un cacciatorpediniere viene colpito da un siluro, rimasto inesploso.

Il fuoco viene cessato alle 12.55 (altra fonte, probabilmente erronea, parla dell’1.30 del 3 ottobre), dopo di che la flotta interalleata rientra alla base; al termine del bombardamento il porto e la città sono ridotti a «un immenso braciere da cui altissime si levavano le fiamme». La città vecchia di Durazzo subisce gravi danni, va distrutto anche il palazzo reale che era stato brevemente sede dell’unico sovrano dell’effimero principato d’Albania. Numerose le vittime tra la popolazione civile, fuggita in massa all’inizio del bombardamento.

Nei giorni seguenti le ultime truppe austroungariche Abbandonano Durazzo, che sarà completamente evacuata il 10 ottobre e verrà occupata dalle truppe italiane il 16 ottobre.

4 novembre 1918

Mentre la guerra volge al termine sul fronte italiano, il Riboty (capitano di vascello Gustavo Vettori) lascia Brindisi per occupare Lagosta, dove giunge alle due del pomeriggio. Nell’isola dalmata il Riboty sbarca un gruppo di marinai, incontrando l’opposizione di un comitato jugoslavo (la popolazione di Lagosta è in maggioranza croata, anche se vi è una comunità italiana di circa duecento individui, un decimo del totale) che chiede che oltre alla bandiera italiana vengano issate nell’isola anche le bandiere delle altre potenze vincitrici. Il comandante Vettori respinge la richiesta – l’isola è stata assegnata all’Italia dal trattato di Londra del 1915 – e viene alzata soltanto la bandiera italiana, ma successivamente il Riboty viene ritirato. (Secondo alcuni siti, probabilmente erronei, il Riboty avrebbe precedentemente preso contatti con la popolazione delle Isole Curzolane già il 2 novembre, ed oltre all’occupazione di Lagosta avrebbe partecipato anche a quella di Lissa).

11 novembre 1918

Il Riboty, il gemello Carlo Alberto Racchia e la nave trasporto Zenson (ex incrociatore corazzato Carlo Alberto) trasportano a Pola 1800 marinai, 1100 soldati e 40 carabinieri, nonché viveri e materiali per il corpo d’occupazione italiano che ha preso possesso della città dopo la firma dell’armistizio di Villa Giusti.

Nei giorni successivi l’occupazione della città continua, con lo sgombero da parte delle truppe ex austroungariche, passate ora agli ordini del neoproclamato stato dei serbi, croati e sloveni (poi Jugoslavia), dei forti del fronte a mare e di parte di quelli del fronte a terra, che sono occupati dalle truppe italiane, e la consegna di parte del naviglio da guerra presente (tutti i sommergibili, insieme alla relativa base, quattro cacciatorpediniere classe Tatra, dodici torpediniere da 200 tonnellate e l’affondamine Camaleon) nonché il disarmo del rimanente. Il 12 novembre entra a Pola la Brigata "Arezzo" (generale Riccardo Bonnaini da Cignano), mentre i dragamine ex austroungarici vengono mobilitati per dragare la rotta centrale d’accesso al porto ed i campi minati più pericolosi per il traffico normale, e vengono riattivati i segnali per la segnalazione delle coste, a partire da quelli per l’atterraggio di Pola.

27 dicembre 1918

Il Riboty viene inviato a Spalato a protezione della locale minoranza italiana, presa di mira dai nazionalisti croati in quanto ritenuta potenziale “quinta colonna” che potrebbe fornire all’Italia il pretesto per tentare di annettere la città (a questo scopo torna utile per i nazionalisti croati l’arrivo in città di centinaia di profughi croati sfollati dai territori della Dalmazia settentrionale occupati dalle truppe italiane, carichi di rancore verso l’Italia e gli italiani). Il 18 novembre il governo provinciale della Dalmazia ha imposto a tutti i funzionari pubblici di giurare fedeltà allo stato dei serbi, croati e sloveni (futura Jugoslavia), ma alcuni funzionari di nazionalità italiana (tra cui rientra gran parte dei dirigenti del Fascio Nazionale Italiano di Spalato) hanno opposto il loro rifiuto, non essendo ancora stata definitivamente stabilita la sovranità del nuovo e provvisorio stato jugoslavo sulla Dalmazia, in attesa della decisione definitiva della conferenza di pace; per questo a inizio dicembre sono stati destituiti dalle autorità jugoslave. Peggio è successo il 23 dicembre, quando decine di nazionalisti croati armati di rivoltelle, guidati da Edo Bulat (futuro gerarca ustascia) hanno dato l’assalto alle sedi del Fascio Nazionale Italiano di Spalato, del Gabinetto di Lettura (associazione autonomista di stampo filo-italiano) e della Società Operaia (altra storica associazione autonomista, di orientamento socialista ma composta per la maggioranza da italiani), devastandole ed imponendone la chiusura, oltre ad aggredire decine di italiani per strada e vandalizzare negozi italiani, distruggendone le insegne. Sempre il 23 dicembre sono scoppiati disordini tra i nazionalisti croati ed i marinai del cacciatorpediniere italiano Carabiniere, presente in quel momento nel porto.

Dinanzi all’inazione delle autorità jugoslave nei confronti delle violenze contro gli italiani, a fine dicembre il governo di Roma ha deciso di inviare stabilmente una propria nave da guerra a Spalato (in precedenza altre unità, come il Carabiniere, vi si sono trattenute solo saltuariamente); compito del Riboty è “mostrare la bandiera”, svolgere attività informativa ed aggiornare le autorità italiane sull’evolversi della situazione in loco e più in generale nella Dalmazia centrale, proteggere ed assistere gli italiani sia moralmente che materialmente (con distribuzioni di viveri ed altri generi di prima necessità, il che assolve anche ad un ruolo propagandistico a favore dell’Italia) ed esercitare pressione sulle autorità locali. Ufficialmente, come l’ammiraglio Enrico Millo (governatore della Dalmazia) ha ordinato di dire al comandante del Riboty, la presenza della nave a Spalato viene giustificata con la necessità di seguire direttamente la requisizione del naviglio ex austroungarico ivi presente.

Gli italiani di Spalato accolgono calorosamente i marinai del Riboty (non si può dire lo stesso dei nazionalisti croati, che all’arrivo della nave inscenano una manifestazione di protesta), la cui presenza costringe effettivamente le autorità jugoslave, non poco infastidite dalla sua presenza, a tentare di agire per moderare gli eccessi dei nazionalisti locali, rafforzando la vigilanza a tutela degli italiani (nel timore che ulteriori incidenti possano offrire all’Italia il pretesto per estendere verso sud, nei territori dalmati rivendicati dagli jugoslavi, la propria area d’occupazione); d’altra parte, a più riprese scoppieranno liti tra marinai italiani e nazionalisti croati, sedate dagli stessi ufficiali italiani, dalla gendarmeria jugoslava e talvolta da pattuglie interalleate (la città è divisa in quattro zone e sotto occupazione congiunta italo-franco-britannico-statunitense) alle dipendenze dell’ammiraglio statunitense Philip Andrews, comandante delle forze navali statunitensi nel Mediterraneo orientale e membro statunitense del Comitato navale interalleato per l’Adriatico. Il console Marcello Roddolo, in servizio proprio sul Riboty, scrive in una sua relazione che “Le nostre truppe che occupano mano mano i confini dell’armistizio e perciò si avvicinano a Spalato fanno credere agli Jugoslavi prossima una nostra occupazione di quella terra, alla quale occupazione quasi certamente i reparti serbi si opporrebbero con le armi”; più ottimista, forse anche troppo, è l’ammiraglio Millo, secondo il quale la maggioranza degli spalatini sarebbe favorevole all’annessione all’Italia, avendo la presenza delle navi e truppe interalleate permesso “di constatare quanti siano effettivamente gli Italiani, quanti i partigiani dell’annessione all’Italia, e quanta strada ha fatto fra quegli abitanti la convinzione che solo coll’Italia essi potranno avere un Governo stabile e sicuro, e godere di quella libertà che solo i popoli civili possono assicurare. Io non esito ad assicurare che noi abbiamo oggi in Spalato e dintorni la maggioranza; e che solo in questi ultimi tempi vi è un poco da guardarsi dalla continua emigrazione che dalla Balcania, cioè dall’al di là delle Dinariche, avviene con elementi torbidi e pericolosi. (…) La società operaia di Spalato che conta più di mille soci, di tinta socialista, è passata tutta a noi e pertanto, calcolando le famiglie, si arriva alle 8.000 teste alle quali bisogna aggiungere i Baiamontini, e gli italiani di classe elevata; tutto ciò di una popolazione che non arriva ai 20.000 abitanti in città. Aggiungo che solo il terrore delle rappresaglie, sempre minacciate dagli Jugoslavi con sistemi abissini, trattiene altri anche di razza croata, dal dichiararsi per noi; mentre la promessa dell’assegnazione delle terre ai contadini ha fatto volgere i proprietari all’Italia come l’unica nazione che può dare solide garanzie di sicurezza”.

Il 12 gennaio 1919 il Riboty verrà rilevato nel ruolo di stazionario a Spalato dall’ariete torpediniere Puglia, ma le tensioni tra italiani e croati continueranno a degenerare fino a culminare, l’11 luglio 1920, nell’uccisione del comandante e di un marinaio del Puglia e nella devastazione dei negozi italiani di Spalato, cui i fascisti risponderanno due giorni dopo con l’incendio dei “Narodni Dom” (sedi delle associazioni culturali slovene e croate) di Pola e Trieste.

1919

Lavori di modifica dell’armamento: l’unico cannone da 152/45 mm, che è troppo pesante (tanto da causare problemi di stabilità), ha un ritmo di tiro troppo lento ed esercita uno sforzo ecessivo sulle strutture della prua quando spara, viene eliminato e sostituito con un ottavo pezzo da 102/35 mm.

11 agosto 1919

Passa alle dipendenze del Comando navale dell’Albania.

23 agosto 1919

Trasferito alle dipendenze dell’alto comando navale di Taranto, per un periodo di lavori che si protrarranno fino ad ottobre.

6 ottobre 1919

Posto a disposizione dell’Ispettorato Silurati, fino al 5 aprile 1920.

7 dicembre 1919

Il Riboty viene fatto salpare da Trieste per inseguire il cacciatorpediniere Agostino Bertani, che ha preso il largo da quel porto alle 23.30 sotto il controllo di un gruppetto di “uscocchi” (“legionari” fiumani divenuti “corsari” agli ordini di Gabriele D’Annunzio), che sono saliti a bordo ed hanno assunto il controllo della nave armi alla mano ed imprigionandone il comandante, per raggiungere Fiume, occupata due mesi prima dai “legionari” agli ordini del celebre poeta-soldato. Da Pola, allo stesso scopo, esce in mare il cacciatorpediniere Francesco Stocco. Tutto inutile: il Bertani semina gli inseguitori e raggiunge Fiume, dove si pone agli ordini di D’Annunzio, entrando a far parte della piccola Marina della “Reggenza del Carnaro”, composta da altre unità ammutinatesi o catturate dai seguaci del “Vate”.

1920

Altri lavori di modifica dell’armamento: gli otto pezzi singoli da 102/35 mm Mod. 1914 vengono sostituiti con altrettanti pezzi del più moderno modello Schneider-Armstrong 1917 da 102/45 mm.

12 aprile 1920

Diventa nave ammiraglia delle forze navali di base a Pola, fino al 7 giugno.

18 novembre 1920

Diventa nave ammiraglia della flottiglia leggera, alle dipendenze del comando navale dell’Alto Adriatico, ruolo che mantiene fino allo scioglimento della flottiglia, il 10 febbraio 1921. Rimane di stanza a Pola fino all’aprile 1921.

Dicembre 1920

Il Riboty viene assegnato alla formazione navale dell’ammiraglio Diego Simonetti, che comprende anche la corazzata Andrea Doria e tre cacciatorpediniere, posta dal governo Giolitti alle dipendenze del generale Enrico Caviglia (nominato commissario straordinario per la Venezia Giulia) con l’incarico di porre fine con la forza all’occupazione dannunziana di Fiume.

(Un sito di storia postale indica il Riboty, insieme agli esploratori Falco e Mirabello, alla corazzata Dante Alighieri, al cacciatorpediniere Giuseppe Cesare Abba ed alle torpediniere Calipso e 1 PN, tra le navi che il 1° dicembre 1920, nell’imminenza dello “sgombero forzoso” di D’Annunzio e dei suoi seguaci da Fiume, ricevettero ordine di salpare immediatamente, il che significherebbe che era stato inviato già a Fiume da qualche tempo, unendosi al gruppo di navi rimaste a Fiume sin dall’inizio dell’occupazione dannunziana quale simbolo della presenza “governativa”. Abba e Mirabello, inutilizzati perché non se ne impadronissero i “legionari”, dovettero essere presi a rimorchio perché non riuscivano ad accendere le caldaie, mentre la Dante Alighieri accese le caldaie ma fu bloccata in porto dalla nave ausiliaria Cortellazzo, messa di traverso dai legionari all’imboccatura del porto per ostruire il passaggio).

Il ritorno al governo di Giovanni Giolitti, nel giugno 1920, ha portato ad un inasprimento della posizione del governo italiano nei confronti dell’occupazione dannunziana di Fiume, specialmente dopo la firma, il 12 novembre dello stesso anno, del trattato di Rapallo, avente lo scopo di dirimere definitivamente la disputa sui confini tra l’Italia ed il regno dei serbi, croati e sloveni (poi Jugoslavia). Il trattato prevede che Fiume non entri a far parte né dell’Italia, né della Jugoslavia, diventando invece una città-stato indipendente (Stato Libero di Fiume); le vicine isole di Arbe e Veglia sono invece assegnate alla Jugoslavia. D’Annunzio, informato dal generale Caviglia dei dettagli del trattato, lo ha subito respinto, ed anzi ha inviato i suoi legionari a occupare Arbe e Veglia, in un gesto di aperta sfida.

In seguito alla ratifica del trattato da parte del parlamento italiano, il generale Caviglia schiera le sue truppe – ottomila uomini, a fronte dei 2500 agli ordini di D’Annunzio – intorno a Fiume, ed il 20 dicembre presenta un ultimatum a D’Annunzio: o si ritirerà dalla città e dalle isole con i suoi seguaci, sciogliendo i reparti “legionari”, permettendo alle navi rimaste fedeli al governo di uscire dal porto e riconsegnando le navi che erano passate alle sue dipendenze, o verrà costretto a sloggiare con la forza. D’Annunzio respinge l’ultimatum, e Caviglia concede altre quarantott’ore per evacuare i civili e consegnarsi alle autorità, ma il “Vate” non demorde; i “legionari”, anzi, preparano trincee e barricate in vista dell’attacco delle truppe governative. Questo si manifesta nel pomeriggio del 24 dicembre, dando il via a quello che D’Annunzio battezzerà “Natale di Sangue”. Caviglia dichiara lo stato di guerra.

Dopo alcune ore di combattimento, viene proclamata una tregua temporanea per il giorno di Natale, dopo di che gli scontri riprendono il 26 dicembre; i “legionari” di D’Annunzio si difendono con mitragliatrici e bombe a mano, e per agevolare l’attacco delle truppe governative viene richiesto l’intervento delle corazzate Duilio e Doria, che bombardano le posizioni dei legionari ed anche il palazzo del governo, dove D’Annunzio ha il suo quartier generale, ferendolo lievemente. Nel corso della giornata del 26 Riboty e Doria, scortati da cacciatorpediniere, incrociano fin dal mattino davanti al porto, a ridottissima distanza dalle dighe, ed alle dieci la corazzata spara su Porto Baross e sul cacciatorpediniere “legionario” Espero, che viene danneggiato. Alle 15.30 la Doria apre invece il fuoco sul palazzo del governo, danneggiando anche gli edifici vicini, con vittime tra la popolazione civile. Fino a sera, le siluranti sparano con i loro cannoni sul rovescio delle linee tenute dai “legionari” e sulla città.

Il cannoneggiamento prosegue fino al 29 dicembre, ma già il 28 D’Annunzio, riunito il consiglio della sua “Reggenza del Carnaro”, ha deciso di accettare di trattare, rassegnando le sue dimissioni nelle mani di Giovanni Host Venturi, comandante della “Legione fiumana” e “ministro della difesa” della “Reggenza”, di Riccardo Gigante, sindaco della città.

Il 31 dicembre, D’Annunzio firma la resa; negli scontri sono rimasti uccisi 22 legionari, 25 militari delle forze governative (tra cui cinque ufficiali) e sette civili, mentre sono rimasti feriti 46 legionari, 139 militari delle forze governative (tra cui 18 ufficiali) e sette civili. A Veglia, dove ci sono stati alcuni scontri, si sono registrati altri quattro morti tra i legionari. I legionari vengono sgomberati nel corso di gennaio, D’Annunzio lascerà Fiume per Venezia il 18 del mese.

Marzo 1921

Il Riboty partecipa a Trieste alle celebrazioni per l’annessione della città all’Italia, ufficialmente sancita il 5 gennaio 1921 in seguito al trattato di Rapallo del precedente 12 novembre tra l’Italia ed il regno dei serbi, croati e sloveni (poi Jugoslavia).

Per l’occasione, la città si riempie di bandiere ed addobbi tricolori ed il municipio, il palazzo del governatore, la sede del Lloyd Triestino, gli uffici pubblici e le sedi delle principali banche, società di assicurazione ed esercizi commerciali sono illuminate con luminarie elettriche. Molte aziende locali elargiscono gratifiche economiche ai dipendenti, come la società “Ars Redenta” che paga al personale del suo teatro la doppia giornata di stipendio; le scuole sono chiuse per un giorno. A presenziare la cerimonia giungono rappresentanti della Camera e del Senato ed i sindaci di Roma, Ancona, Aquila, Fiume, Trento, Venezia, Padova, Napoli e Reggio Calabria ed il rettore dell’università di Padova.

La cerimonia si tiene il 20 marzo; il 18 marzo entra a Trieste, accolta da una folla festante (una “bora di entusiasmo”, nelle parole del capitano di vascello Fausto Gambardella), una squadra formata dalle corazzate Duilio (capitano di vascello Fausto Gambardella) e Vittorio Emanuele (capitano di vascello Raffaele Fiorese), dal Riboty (capitano di fregata Gustavo Bogetti) e dai cacciatorpediniere Francesco Stocco ed Angelo Bassini.

20 aprile 1921

Nuovamente inviato come stazionario a Spalato; vi rimane fino al 19 gennaio 1922, a disposizione del locale console italiano.

1° luglio 1921

Riclassificato esploratore leggero.

26 dicembre 1921

Durante una visita del Riboty a Sebenico, un gruppo di marinai recatisi a terra viene aggredito e bastonato da parte di nazionalisti croati.

21 aprile 1922-4 febbraio 1923

Dislocato a Zara.

1922-1923

I due cannoncini singoli da 76/40 mm dell’armamento contraereo vengono sostituiti con altrettanti cannoncini singoli Vickers-Terni 1917 da 40/39 mm; vengono inoltre installati nuovi idrofoni e due tramogge per bombe di profondità. (Per altra fonte, probabilmente erronea, i pezzi da 40/39 sarebbero stati installati in aggiunta a quelli da 76/40).

28 ottobre 1922

Il Riboty ed il Mirabello si trovano ad Ancona durante i fatti della “marcia su Roma”: nella città marchigiana “marciano” a loro volta le “camicie azzurre” dell’Associazione Nazionalista Italiana agli ordini di Serafino Mazzolini, che radunatesi all’alba sotto il comando del maggiore Ernesto Galeazzi, veterano del fronte dolomitico, inviano delegazioni alla Prefettura (dove Mazzolini e Galeazzi arringano la folla insieme al deputato fascista Silvio Gai, capo del fascismo marchigiano) ed al Comune e marciano in un lungo corteo attraverso la città e fino al porto, dove “rendono omaggio” alle due navi della Regia Marina prima di dirigersi a loro volta a Roma.

3 marzo 1923

Assegnato alla Flotta del Mediterraneo come capoflottiglia della 1a Flottiglia Cacciatorpediniere. Lo stesso giorno parte per una crociera in Libia, facendo scalo a Misurata, Homs e Tripoli, fino all’11 giugno.

17 maggio 1923

Assume il comando del Riboty il capitano di vascello Giuseppe Cantù.

30 agosto 1923

Nel corso della crisi di Corfù, scatenata dall’assassinio (avvenuto il 27 agosto tra Giannina e Santi Quaranta ad opera di ignoti) del generale Enrico Tellini e di una delegazione italiana – maggiore Luigi Corti, tenente Mario Bonacini, autista Remigio Farnetti, interprete albanese Thanas Gheziri – che avrebbe dovuto definire i confini tra Grecia ed Albania per conto della Società delle Nazioni al fine di risolvere la disputa confinaria in atto tra i due Paesi balcanici, il Riboty salpa da Taranto con una forza navale (composta, oltre che dal Riboty, dalle corazzate Caio Duilio ed Andrea Doria, dai cacciatorpediniere Giuseppe SirtoriGiuseppe La Masa, Generale Antonio CantoreGenerale Antonio Chinotto, Generale Marcello Prestinari e Generale Achille Papa, da un dragamine e da due navi ausiliarie) incaricata di difendere il Dodecaneso da possibili azioni ostili da parte della Grecia. La squadra viene dislocata a Portolago, nell’isola di Lero.

I giornali italiani ed il governo albanese hanno attribuito le responsabilità dell’eccidio di Giannina alla Grecia, considerate le pessime relazioni esistenti tra la delegazione italiana e le autorità greche, che tramite un delegato avevano apertamente accusato il generale Tellini di parzialità in favore dell’Albania; il governo greco e l’ambasciatore romeno a Giannina hanno invece imputato la strage a banditi albanesi, ma nessun oggetto è stato rubato dalle vittime o dall’automobile su cui viaggiavano (secondo lo storico greco Aristotle Kallis, vi sarebbero indizi sufficienti da far ritenere che la strage fosse stata compiuta da provocatori albanesi che avrebbero attraversato il confine allo scopo di far incolpare la Grecia). L’opinione pubblica italiana è schierata contro la Grecia, e subito scoppiano manifestazioni antigreche; i giornali ellenici condannano l’eccidio di Giannina e si esprimono amichevolmente nei confronti dell’Italia, auspicando che il governo greco soddisfi quello italiano senza travalicare i confini dettati dall’orgoglio nazionale greco.
A capo del governo italiano è Benito Mussolini, in carica da pochi mesi e desideroso di “mostrare i muscoli” in campo internazionale: l’occasione è per lui perfetta sia per dare una dimostrazione di forza che aumenti il suo prestigio presso i nazionalisti italiani (presentandosi come il vendicatore della “vittoria mutilata”) e che rafforzi la posizione dell’Italia come potenza militare in campo internazionale, in grado di ottenere ciò che vuole con la forza, sia, se possibile, per impadronirsi stabilmente di Corfù, il cui possesso faciliterebbe il controllo da parte italiana del Basso Adriatico e del Mar Ionio (e che Mussolini vede come “più italiana che greca” per via della plurisecolare dominazione veneziana). Mussolini, pertanto, accusa la Grecia di responsabilità dell’eccidio ed il 29 agosto impone un durissimo ultimatum al governo greco: questi ha ventiquattr’ore per porgere scuse solenni all’Italia (tramite la sua legazione di Atene) ed avviare un’inchiesta, con la collaborazione dell’addetto militare italiano in Grecia (colonnello Perone), che porti entro cinque giorni all’arresto e condanna a morte dei responsabili della strage; inoltre tutti i componenti del governo ellenico dovranno presenziare ai funerali delle vittime, che si dovranno tenere in forma solenne nella cattedrale cattolica di Atene, dovranno essere tributati gli onori militari agli uccisi, la flotta greca dovrà tributare gli onori alla bandiera di una squadra navale italiana che sarà appositamente inviata al Pireo, e la Grecia dovrà pagare all’Italia cinquanta milioni di lire a titolo di risarcimento entro cinque giorni. In caso contrario, l’Italia invaderà ed occuperà per ritorsione Corfù.
Il 30 agosto il governo greco risponde all’ultimatum, accettando soltanto in parte le richieste italiane, che vengono fortemente ridimensionate: il comandante militare del Pireo esprimerà il cordoglio del governo greco per l’accaduto al locale ministro italiano, sarà tenuto un servizio religioso di commemorazione delle vittime alla presenza di membri del governo greco, un distaccamento della Guardia di Palazzo greca renderà gli onori alla bandiera italiana presso la sede della legazione d’Italia, e reparti militare greci renderanno onori ai feretri delle vittime quando questi saranno trasbordati su una nave da guerra italiana per essere riportati in patria. Viene inoltre offerta disponbilità a pagare un giusto indennizzo ai familiari delle vittime, mentre viene opposto un rifiuto alla conduzione di un’inchiesta in presenza dell’addetto militare italiano, dal quale però verrebbe accettata qualsiasi informazione che potesse agevolare l’individuazione degli assassini. Le altre richieste vengono respinte in quanto lederebbero l’onore e la sovranità della Grecia.
Mussolini ed il governo italiano dichiarano insoddisfacente ed inaccettabile la controproposta greca, con l’appoggio della stampa, che insiste affinché la Grecia ceda pienamente alle richieste italiane.

Non avendo il governo greco ottemperato alle condizioni, l’operazione contro Corfù prende il via: contemporaneamente alla squadra salpata alla volta del Dodecaneso e della quale fa parte il Riboty, prende il mare da Taranto una seconda squadra navale composta dalle corazzate Giulio Cesare e Conte di Cavour, dagli incrociatori corazzati San Giorgio e San Marco, dall’esploratore Premuda e da cinque cacciatorpediniere, due torpediniere, due sommergibili e quattro MAS: le comanda l’ammiraglio Emilio Solari; insieme ad esse salpano alcuni piroscafi con a bordo cinquemila soldati incaricati di occupare Corfù. La squadra italiana si presenta davanti all’isola il 31 agosto; respinto dalle autorità locali l’ultimatum di Solari, alle 16 le unità italiane iniziano il cannoneggiamento delle fortezze e delle installazioni militari di Corfù, proseguendo il tiro per un quarto d’ora. Il bombardamento causa 16 morti e 32 feriti, tutti profughi provenienti dall’Anatolia che erano alloggiati in un edificio colpito dal tiro delle navi; in seguito all’avvistamento di una bandiera bianca sulle fortezze, viene cessato il fuoco e vengono sbarcate le truppe, che procedono all’occupazione della città senza incontrare resistenza.

Il bombardamento dell’isola, e specialmente le vittime civili da esso causate, provocheranno rimostranze in campo internazionale da parte del presidente del Save the Children Fund (in quanto tra le vittime vi sono anche diversi bambini), del Near East Relief e della Società delle Nazioni, che definiranno il bombardamento di Corfù come un atto disumano, inutile ed ingiustificabile, “un assassinio ufficiale da parte di una nazione civilizzata”.
In Grecia, il governo decreta la legge marziale e ritira la flotta nel golfo di Volo, onde evitare contatti con la flotta italiana. Nella cattedrale di Atene viene tenuta una messa solenne in ricordo delle vittime del bombardamento di Corfù, e le campane di tutte le chiese suonano a lutto; sempre in segno di lutto, vengono chiusi tutti i luoghi di divertimento, mentre nelle piazze scoppiano proteste antiitaliane, tanto che un distaccamento di trenta militari greci dev’essere inviato a proteggere la sede della Legazione d’Italia ad Atene. I giornali greci condannano l’attacco italiano a Corfù, ed il quotidiano “Eleftheros Typos” si esprime pesantemente nei confronti degli italiani, tanto che a seguito delle proteste del Ministro d’Italia il governo ellenico ne sospende per un giorno la pubblicazione e destituisce il censore che ha permesso la pubblicazione dell’articolo incriminato.
Anche in Italia scoppiano nuove dimostrazioni antigreche, mentre il governo italiano chiude il Canale d’Otranto alle navi greche, chiude i porti alle navi greche (mentre i porti greci rimangono aperti alle navi italiane), ordina alle compagnie di navigazione italiane di evitare la Grecia e persino sequestra tutte le navi greche che si trovano in porti italiani (una viene addirittura fermata e catturata nel Canale d’Otranto da un sommergibile italiano); il 2 settembre, tuttavia, le navi greche verranno rilasciate per decisione del Ministero della Marina. Vengono espulsi dall’Italia i giornalisti greci, viene richiamato in patria l’addetto militare inviato ad indagare sull’eccidio di Giannina, ed i riservisti ricevono l’ordine di tenersi pronti ad un’eventuale mobilitazione; Vittorio Emanuele III lascia la sua residenza estiva per fare ritorno a Roma.
Anche altri Paesi nella regione prendono le parti dell’uno o dell’altro contendente e si preparano ad un eventuale conflitto: l’Albania rinforza il suo confine con la Grecia e proibisce a chiunque di attraversarlo, mentre la Jugoslavia dichiara che appoggerà la Grecia ed in Turchia la fazione più nazionalista suggerisce a Mustafà Kemal di cogliere l’occasione per riconquistare la Tracia occidentale ai danni della Grecia. La Cecoslovacchia esprime solidarietà alla Grecia e condanna l’iniziativa italiana.
Tra le poche voci contrarie, in Italia, all’occupazione di Corfù vi sono i diplomatici di professione, che ritengono che la spregiudicatezza di Mussolini possa mettere a repentaglio le trattative in corso per la cessione all’Italia, da parte del Regno Unito, dell’Oltregiuba e dell’oasi di Giarabub. Il segretario generale del Ministero degli Affari Esteri Salvatore Contarini, l’ambasciatore italiano in Francia Romano Avezzana ed il delegato italiano presso la Lega delle Nazioni Antonio Salandra (già primo ministro italiano nel 1915) cercano di persuadere Mussolini ad
Abbandonare le richieste più estreme ed accetti un compromesso.
George Curzon, segretario agli Affari Esteri del Regno Unito, definisce le richieste di Mussolini come eccessive e “
molto peggiori dell’ultimatum [imposto alla Serbia dall’Impero Austroungarico] dopo Sarajevo”, e scrive al primo ministro britannico Stanley Baldwin che l’azione di Mussolini è stata “violenta ed ingiustificabile” e che se il Regno Unito non appoggerà l’appello della Grecia presso la Società delle Nazioni, tanto varrebbe per tale istituzione chiudere baracca. Howard William Kennard, temporaneamente a capo dell’ambasciata britannica a Roma, scrive in un dispaccio a Curzon che Mussolini potrebbe essere pazzo, “un miscuglio di megalomania ed estremo patriottismo”, e che potrebbe volutamente esasperare la situazione fino a scatenare una guerra tra Italia e Grecia. In generale, il Foreign Office si mostra orientato a proteggere la Grecia dall’Italia servendosi come tramite della Società delle Nazioni; Curzon propone di affidare la risoluzione della disputa alla Società delle Nazioni, ma Mussolini per tutta risposta minaccia di lasciarla. Inoltre, da parte britannica si ritiene probabile che la Francia porrebbe il veto su qualsiasi tentativo di imporre sanzioni contro l’Italia; per di più, gli Stati Uniti non sono un Paese membro della Società delle Nazioni e non sarebbero vincolati a rispettare eventuali sanzioni contro l’Italia, vanificandole ulteriormente, mentre l’Ammiragliato britannico asserisce che per imporre un blocco navale contro l’Italia dovrebbe prima esserci una dichiarazione di guerra. Il Regno Unito rafforza la Mediterranean Fleet in vista di un possibile scontro con l’Italia, mossa che provoca delle spaccature all’interno del “fronte” italiano: il ministro della Marina Paolo Thaon di Revel, insieme ai vertici della Marina, afferma che è necessario mantenere rapporti di amicizia con il Regno Unito, la cui flotta è troppo superiore a quella italiana per poterla affrontare con successo in un eventuale conflitto. In generale, tutti i ministri militari cercano di dissuadere Mussolini dal tirare troppo la corda, minacciando le dimissioni e paventando un conflitto che vedrebbe l’Italia contrapposta a Grecia, Jugoslavia, Regno Unito e probabilmente anche la Francia (che mentre è stata finora favorevole all’Italia, non lo sarebbe più se al partito antiitaliano dovesse unirsi anche la Jugoslavia, sua protetta).
Il 1° settembre la Grecia si appella alla Società delle Nazioni, ma il rappresentante dell’Italia, Antonio Salandra, spiega al Consiglio della Società delle Nazioni di non essere autorizzato a discutere la questione; Mussolini si rifiuta di collaborare con la Società delle Nazioni ed asserisce invece che la risoluzione della crisi dovrebbe essere affidata alla Conferenza degli Ambasciatori (organo istituito nel 1920 e formato dai rappresentanti di Italia, Francia, Regno Unito e Giappone, con l’incarico di far rispettare i trattati di pace e mediare le contese territoriali tra i Paesi europei), ripetendo che l’Italia lascerebbe la Società delle Nazioni piuttosto che accettarne l’interferenza. Francia e Regno Unito sono divisi: quest’ultimo sarebbe favorevole all’intervento della Società delle Nazioni, mentre la Francia è contraria, temendo che ciò possa costituire un precedente per una successiva interferenza della Società delle Nazioni nell’occupazione francese della Ruhr. Il risultato è che, come vuole Mussolini, la risoluzione della crisi viene affidata alla Conferenza degli Ambasciatori, che l’8 settembre 1923 annuncia le condizioni che le due parti dovranno adempiere per la risoluzione della disputa. Come previsto da Mussolini, la decisione della Conferenza degli Ambasciatori è in massima parte favorevole alle richieste italiane: la flotta greca dovrà salutare con 21 salve la flotta italiana, che allo scopo si recherà al Pireo insieme a navi da guerra francesi e britanniche (che saranno comprese nel saluto); il governo greco presenzierà ad una cerimonia funebre; i greci dovranno rendere gli onori militari alle vittime dell’eccidio di Giannina quando queste verranno imbarcate a Prevesa per il ritorno in Italia; la Grecia dovrà depositare in una banca svizzera 50 milioni di lire a titolo di garanzia; la massima autorità militare greca dovrà porgere le sue scuse ai rappresentanti italiano, francese e britannico ad Atene; la Grecia dovrà condurre un’inchiesta sull’eccidio di Giannina, da condurre sotto la supervisione di un’apposita commissione internazionale (presieduta dal tenente colonnello Shibuya, addetto militare presso l’ambasciata giapponese) e da completare entro il 27 settembre; la Grecia dovrà garantire la sicurezza della commissione d’inchiesta ed assumersene le spese. L’unica richiesta rivolta al governo albanese è di facilitare l’operato della commissione nel proprio territorio. La decisione è accolta favorevolmente dalla stampa italiana e dallo stesso Mussolini, la cui immagine esce rafforzata da questo episodio, mentre viceversa la Società delle Nazioni ha dato in questa occasione i primi segni della cronica debolezza che caratterizzerà tutta la sua travagliata esistenza: non è stata capace di proteggere una potenza minore da una più grande, la sua autorità è stata sminuita da uno dei suoi membri fondatori, nonché membro permanente del suo consiglio. Il regime fascista ha concluso con un successo la sua prima disputa internazionale; la prova di forza da parte dell’Italia dissuaderà inoltre la Grecia dall’insistere ulteriormente per la cessione delle isole del Dodecaneso e, secondo alcuni autori, avrebbe anche indotto la Jugoslavia a riconoscere la sovranità italiana su Fiume con il trattato di Roma, firmato nel 1924.
La Grecia accetta lo stesso 8 settembre le condizioni della Conferenza degli Ambasciatori, mentre l’Italia fa lo stesso due giorni dopo, e non prima di aver precisato che ritirerà le proprie truppe da Corfù soltanto una volta che la Grecia avrà interamente adempiuto alle propri obbligazioni.
L’11 settembre il delegato greco presso la Società delle Nazioni, Nikolaos Politis, informa il consiglio della Conferenza degli Ambasciatori che la Grecia ha depositato i 50 milioni di lire, e quattro giorni dopo la Conferenza informa Mussolini che l’Italia dovrà evacuare Corfù entro il 27 settembre.

Il Riboty rimane in Egeo fino all’8 settembre, quando ritorna in Italia con la crisi ormai avviata verso la conclusione.

Il Riboty, a destra, insieme all’esploratore Aquila ed al cacciatorpediniere Confienza nel Porto Militare Sant’Antonio di Gaeta, 1925-1927 (g.c. Carlo Di Nitto, via www.naviearmatori.net)


4 novembre 1923

Assume il comando del Riboty il capitano di vascello Umberto Bucci, in sostituzione del comandante Cantù.

Novembre 1923

Il Riboty fa parte della scorta d’onore delle navi spagnole che portano in Italia i reali di Spagna, in visita ufficiale.

Maggio 1924

Scorta la corazzata Dante Alighieri durante una campagna in Sicilia.

4 giugno 1924

Il Riboty, insieme ad una squadriglia di cinque torpediniere ed alle corazzate Duilio e Conte di Cavour, salpa da La Spezia per scortare la corazzata Dante Alighieri, avente a bordo Vittorio Emanuele III, la regina Elena ed il principe ereditario Umberto in partenza per la Spagna (vanno a “ricambiare” la visita del novembre precedente).

6 giugno 1924

Al largo delle isole Columbretes, tra le Baleari e la costa, la squadra di cui fa parte il Riboty s’incontra in mattinata con una squadra spagnola recatalesi incontro, assumendone la corta fino a Valencia, dove la famiglia reale sbarca per proseguire via terra fino a Madrid, dove incontreranno i reali di Spagna.

13 giugno 1924

Al termine della visita, la famiglia reale s’imbarca sulla Dante Alighieri a Barcellona, e la squadra italiana riparte alla volta dell’Italia.

(da www.kreiser.unoforum.pro)

20-24 agosto 1924

Il Riboty (capitano di vascello Umberto Bucci) partecipa alle grandi manovre della flotta al largo della Sicilia. La flotta è divisa in due gruppi, di cui quello “nazionale”, avente base ad Augusta al comando dell’ammiraglio Massimiliano Lovatelli, deve scortare un convoglio (avente velocità non superiore ai 7 nodi) da Tobruk ad un porto a scelta della Sicilia orientale, della costa ionica o del Basso Adriatico, mentre quello “nemico”, avente base a Trapani al comando dell’ammiraglio Angelo Conz, deve impedire al convoglio di giungere a destinazione. Il Riboty, che fa parte della squadra “nazionale”, è dislocato a Tobruk insieme ai cacciatorpediniere Generale Antonino Cascino, Generale Carlo Montanari, Generale Marcello Prestinari e Generale Achille Papa, con l’incarico di scortare il convoglio. Alla mezzanotte del 20 agosto, aperte le “ostilità”, il Riboty ed i cacciatorpediniere lasciano Tobruk con il convoglio – formato dai piroscafi Otranto, Augusta, Gallipoli, Lussin, Porto Corsini e Corazzin – per ordine dell’ammiraglio Lovatelli, facendo rotta su Capo Colonne (la rotta più breve e diretta) in modo da approdare a Crotone (rotta nord per le prime trenta miglia, poi accostata per 330° e navigazione su tale rotta per ventiquattr’ore). Lovatelli fa sbarrare il canale di Malta con siluranti, MAS e sommergibili, per costringere la squadra dell’ammiraglio Conz a passare a sud di Malta, mentre con il grosso delle sue forze (corazzate Duilio ed Andrea Doria, esploratori Aquila e Leone, due squadriglie di cacciatorpediniere delle classi Generali e Soldato) lascia Augusta per raggiungere il convoglio e fornirgli protezione diretta. La squadra di Conz, erroneamente convinto che il convoglio seguirà la costa libica mentre forze principali di Lovatelli lo attenderanno a sud di Malta per dare battaglia, dirige verso Tolmetta, dove pensa di intercettare il convoglio con una scorta leggera. Alle otto del 22 agosto la squadra di Lovatelli raggiunge il convoglio, con il quale naviga indisturbata per le successive dodici ore; ma il sommergibile Agostino Barbarigo, inviato da Conz al largo di Tobruk, scopre però la formazione, informandone l’ammiraglio via radio. L’esploratore Nino Bixio, del gruppo “nemico”, che tenta di pedinare il convoglio, viene avvistato da circa 15 miglia dal Riboty ed il Leone viene inviato ad affrontarlo, ma dopo un lungo inseguimento il Bixio fa perdere le proprie tracce nella nebbia, per poi tornare a seguire il convoglio a distanza aggiornando Conz sui suoi movimenti. La squadra di Conz dirige per intercettare il convoglio, ma durante la notte del 23 quest’ultimo, avendo modificato la rotta al tramonto (dirigendo su Augusta invece che su Capo Colonne), sfugge alle ricerche passando proprio tra il gruppo principale di Conz (che attraversa la sua rotta trenta miglia più a nord) ed un suo gruppo esplorante avanzato.

Vince” l’esercitazione il gruppo “nazionale”, con l’arrivo del convoglio a Siracusa e la “perdita”, da parte del “nemico”, della corazzata Dante Alighieri, del cacciatorpediniere Palestro e di un sommergibile, mentre il gruppo “nazionale” subisce il “siluramento” della corazzata Andrea Doria. L’ammiraglio Alfredo Acton, comandane in capo dell’armata navale, segue le manovre dalla corazzata Conte di Cavour, su cui si è imbarcato con tutto il suo stato maggiore; alle 18 del 23 agosto la Cavour incontra il convoglio, tra il parallelo di Capo Passero ed il meridiano di Santa Maria di Leuca, per poi tornare a separarsene dopo mezz’ora. Alle undici del 24 agosto il convoglio con la squadra di Lovatelli giunge a Siracusa, dove li attende la Cavour, ed alle 11.10 viene proclamata la cessazione delle “ostilità”. Le navi che hanno partecipato all’esercitazione verranno poi passate in rivista il 5 settembre nel Golfo di Napoli.

12-18 ottobre 1924

Per sei giorni il Riboty batte l’insegna dell’ammiraglio Acton, comandante in capo della flotta.

Il Riboty nella primavera del 1925 (da “Esploratori, fregate, corvette e avvisi italiani” dell’USMM, via Marcello Risolo e www.naviearmatori.net)

21 febbraio 1925

Il capitano di vascello Bucci lascia il comando del Riboty.

9 luglio 1925

Cede il ruolo di conduttore della I Flottiglia Cacciatorpediniere al Mirabello e passa in riserva.

21 giugno 1926

Rientra in servizio.

9 luglio 1926

Diventa conduttore della 3a Flottiglia Cacciatorpediniere, fino al 1° novembre 1927.

Il Riboty nel 1926 (da www.wiki.wargaming.net)

27 dicembre 1927

Entra in cantiere per un periodo di lavori.

1928

È imbarcato sul Riboty il guardiamarina Costantino Borsini, futura Medaglia d’Oro al Valor Militare. Qualche anno dopo vi presteranno servizio altre due future MOVM, il sottocapo meccanico Virginio Fasan ed il tenente di vascello Jerzy Sas Kulczycki (quest’ultimo nel 1931-1932 come direttore del tiro).

15 marzo 1928

Il Riboty diviene conduttore della 4a Flottiglia Cacciatorpediniere della II Divisione Siluranti, inquadrata nella 2a Squadra Navale di base a Taranto. Formano la flottiglia le Squadriglie Cacciatorpediniere VII (Palestro, ConfienzaSan Martino e Solferino) e VIII (CurtatoneCastelfidardoCalatafimi e Monzambano).

18-22 aprile 1928

Compie una crociera a Tripoli con la 4a Flottiglia Cacciatorpediniere.

15-30 giugno 1928

Compie una crociera in Grecia con 4a Flottiglia Cacciatorpediniere.

La nave attraversa il canale navigabile di Taranto nel 1929 (sopra: da www.marina.difesa.it; sotto: foto Mazza-Taranto, via Marco Biorci ed Agenzia Bozzo)


Maggio-Agosto 1929

Il Riboty, insieme ai cacciatorpediniere CurtatoneCastelfidardoCalatafimi e Monzambano, partecipa con funzioni di supporto alla «Crociera aerea del Mediterraneo orientale» di Italo Balbo, nella quale 35 idrovolanti (32 Savoia Marchetti SM. 55 di cui 31 nella versione militare SM. 55A ed uno nella versione civile SM. 55P), due SM. 59bis ed un CANT 22), decollati in meno di mezz’ora poco dopo l’alba del 5 giugno dall’idroscalo del Mar Piccolo a Taranto, compiono un anello da Orbetello ad Orbetello via Taranto, Atene (5 giugno), Istanbul (6 giugno), Varna (7 giugno), Odessa (andata) e Costanza (10 giugno), Istanbul, Atene e Taranto (ritorno), percorrendo in tutto 5300 km. Su uno dei cacciatorpediniere, dislocati lungo la rotta che gli aerei dovranno percorrere, è imbarcato un intero ufficio meteorologico, diretto dal professor Filippo Eredia, che realizza previsioni sulla rotta in base ai dati forniti dalle stazioni di Taranto ed Atene.

L’organizzazione della crociera è stata meticolosa: nelle basi di sosta all’estero sono stati inviati per l’occasione nuclei di personale italiano con compiti logistici, al comando di ufficiali della Regia Aeronautica; per evitare avarie che possano compromettere la crociera, ogni aereo è fornito di parti di ricambio. Altre parti di ricambio, insieme a personale tecnico dell’Aeronautica ed attrezzature per la riparazione degli aerei, sono trasportate dalle navi, che inoltre hanno compiti di supporto tecnico e logistico, di salvataggio (in caso di ammaraggio forzato in mare aperto), di ponte radio a grandi distanze ed appunto di stazioni meteorologiche. Per mantenere il contatto tra navi e aerei, gli aerei dei capi formazione e quello di Balbo sono muniti di stazioni radio trasmittenti della Marina.

La crociera aerea soddisfa varie esigenze: propaganda internazionale per il regime fascista e la Regia Aeronautica; addestramento per gli equipaggi dei velivoli (tanto che i 33 idrovolanti militari mantengono il loro armamento e munizionamento a bordo, come in un’esercitazione militare – allo scopo è stata ottenuta l’autorizzazione al sorvolo da parte di velivoli armati dai Paesi il cui spazio aereo sarà attraversato dalla formazione –, e nel foglio d’ordini esecutivo emesso da Balbo la trasvolata è definita “Crociera d’istruzione di un reparto da bombardamento marittimo”); pubblicità per l’industria aeronautica italiana. Si vogliono “stringere rapporti di amicizia” con Grecia, Turchia, Bulgaria ed Unione Sovietica e creare con questi Paesi rapporti di affari, espandendo il mercato dell’industria aeronautica italiana.

Il 18 giugno gli idrovolanti concludono la crociera ammarando sempre in Mar Piccolo a Taranto, dove sono entusiasticamente accolti dalla popolazione. Unico inconveniente della crociera, l’ammaraggio notturno forzato di tre idrovolanti a causa di un fortunale.

In tutto partecipano all’impresa 180 uomini: oltre agli equipaggi, prendono parte alla crociera anche rappresentanti dell’Esercito, della Marina e della M.V.S.N., rappresentanti delle ambasciate di Francia, Regno Unito, Stati Uniti e Turchia e giornalisti e cineoperatori, imbarcati sugli unici due idrovolanti civili (un SM. 55 ed un CANT 22) dei 35 che partecipano alla crociera. Ideatore della trasvolata è il maresciallo dell’aria e Ministro dell’Aeronautica Italo Balbo, che vi partecipa da “capo politico” su un idrovolante fuori formazione, mentre l’attività di organizzazione e supervisione è stata svolta soprattutto dal generale di divisione aerea Francesco De Pinedo, sottocapo di Stato Maggiore dell’Aeronautica. Tra Balbo e De Pinedo sono sorti da qualche tempo dei dissapori (manifestatisi anche durante la crociera, attraverso ordini contrastanti e violazione delle norme di rappresentanza), dovuti all’avversione di Balbo verso le imprese aviatorie individuali, di cui De Pinedo è invece un fervente sostenitore: e questi contrasti si ripercuoteranno anche sull’organizzazione della trasvolata, nella quale Balbo ridurrà la formazione da brigata aerea a stormo (composto da tre gruppi su cinque squadriglie), così sottraendone il comando a De Pinedo (che da generale di divisione aerea non può comandare uno stormo, che per le regole vigenti dev’essere comandato da un colonnello) per darlo al colonnello Aldo Pellegrini, fedelissimo di Balbo. Il fondamentale ruolo organizzativo di De Pinedo sarà largamente ignorato dalla stampa e dal regime, che non gli conferirà riconoscimenti ufficiali; anche per questo il generale ed aviatore si dimetterà dall’incarico di sottocapo di Stato Maggiore poco dopo il rientro in Italia.

Durante la missione di appoggio alla crociera aerea, il Riboty visita Costantinopoli, Costanza, Moudania, Rodi, Lero, Castelrosso, Milo e Paleros, facendo ritorno a Taranto il 12 agosto.

Il Riboty nel 1929 (foto Falzone-La Spezia, via www.wiki.wargaming.net)

30 agosto 1929

Diventa conduttore della 3a Flottiglia Cacciatorpediniere, facente parte della IV Divisione della 2a Squadra Navale.

15 settembre-8 ottobre 1930

Compie una crociera in acque libiche e greche, con scali a Tripoli, Bengasi, Tobruk, Navarino, Zante ed Argostoli.

Il Riboty in uscita dal Mar Piccolo di Taranto, in data imprecisata tra il 1930 ed il 1938 (foto Priore, via Coll. Luigi Accorsi e www.associazione-venus.it)

12 aprile 1931

Salpa da Napoli per fungere da scorta d’onore alla motonave Città di Palermo, che trasporta in Libia il principe di Piemonte Umberto, diretto a Tripoli per inaugurarvi la fiera campionaria. Il Riboty si trattiene poi a Tripoli fino al 18 aprile, facendo ritorno a Napoli il 20.

20 maggio 1931

Lascia il ruolo di nave comando della 3a Flottiglia Cacciatorpediniere.

Un’altra immagine della nave a Taranto negli anni Trenta (da www.wiki.wargaming.net)

9 dicembre 1931

Torna ad essere nave comando della 3a Flottiglia Cacciatorpediniere.

21 aprile 1932

Salpa da Taranto per una crociera nel Levante, facendo scalo a Tobruk, Beirut, Rodi, Coo, Stampalia, Lero ed Argostoli, per poi rientrare a Taranto il 20 maggio.

Il Riboty ormeggiato alla stazione torpediniere di Taranto nell’agosto 1932 (g.c. Marcello Risolo, via www.naviearmatori.net)

1932

Trasferito a Pola come come nave ammiraglia della VI Divisione della flotta di riserva, ma rimane in attività fino al 1934.

15 gennaio 1934

Posto in riserva.

13 agosto 1935

Torna in servizio attivo.

25 agosto 1935

Dislocato in Libia, dove rimane fino all’11 dicembre 1936, salvo brevi periodi in cui rientra in Italia.

Il Riboty a Tolone nel 1937 (foto Marius Bar, via Coll. Luigi Accorsi e www.associazione-venus.it)

Gennaio-Luglio 1937

Dislocato in Spagna durante la guerra civile spagnola. Si reca a Palma di Maiorca, Tangeri, Cadice, Huelva, Algeciras, Malaga, Ceuta, Melilla e Gibilterra.

20 febbraio 1938

Sempre nel quadro della guerra civile spagnola, il Riboty (capitano di vascello Ignazio Castrogiovanni) viene dislocato a Cadice per tutelare gli interessi italiani in Spagna e fornire appoggio alle forze nazionaliste di Francisco Franco. Entra così a far parte della VI Divisione Navale dell’ammiraglio Alberto Marenco di Moriondo, che riunisce tutte le navi italiane dislocate in acque spagnole (l’esploratore Quarto, nave ammiraglia di Marenco, ed il cacciatorpediniere Francesco Nullo a Palma di Maiorca, e gli esploratori leggeri Nicoloso Da Recco ed Antonio Pigafetta a Tangeri).

Durante la sua permanenza in Spagna, che si protrarrà fino ad agosto, il Riboty si reca in varie occasioni a Tangeri (dov’è già stato nel 1937), a Ceuta, a Melilla ed a Larache.

Il capitano di vascello Ignazio Castrogiovanni, comandante del Riboty durante la guerra di Spagna (da www.movm.it)

5 settembre 1938

Ormai obsoleto, viene declassato a cacciatorpediniere.

25 settembre 1938
Dislocato a Tobruk, dove rimane fino al 3 ottobre 1939.

1938-1939

Riboty e Mirabello formano la V Squadriglia Cacciatorpediniere, poi rinominata II Squadriglia Cacciatorpediniere nel 1939.

Nell’autunno del 1938, durante la crisi dei Sudeti, le due vecchie navi vengono comprese in una bozza di piano redatta dall’ammiraglio Riccardo Paladini, comandante in capo del Dipartimento Militare Marittimo dello Ionio e Basso Adriatico, per l’eventualità che una portaerei britannica tentasse di spingersi al largo delle coste sudoccidentali della Grecia per lanciare un attacco di aerosiluranti contro Taranto (come infatti avverrà due anni dopo, nella celebre “notte di Taranto” dell’11-12 novembre 1940) nelle prime ventiquattr’ore di un conflitto tra Italia e Regno Unito. Nella bozza, trasmessa dall’ammiraglio Paladini a Supermarina il 16 ottobre 1938, si prevede che Riboty, Mirabello, il vecchio incrociatore leggero Bari, le torpediniere della IV e VI Squadriglia ed alcuni avvisi scorta conducano un rastrellamento notturno, fino all’alba, del tratto di mare compreso tra i punti 38°50' N e 17°49' E ("A"), 39°05' N e 18°29' E ("B"), 38°42' N e 18°52' E ("C") e 38°22' N e 18°00' E ("D"), nel quale si ritiene manovrerebbe la portaerei. Le navi, divise in due gruppi, dovrebbero condurre il rastrello mantenendosi sempre in contatto visivo tra loro.

La proposta viene scartata da Supermarina, e lo stesso avviene per una nuova bozza presentata da Paladini il 29 luglio 1939, che prevede un’operazione analoga ma condotta da due gruppi navali più consistenti, l’uno formato dal vecchio incrociatore leggero Taranto con Riboty e Mirabello, l’altro composto dal Bari e dalla VII Squadriglia Torpediniere "Missori", con la XVI Squadriglia Cacciatorpediniere "Da Recco" incaricata di sorvegliare il Canale d’Otranto più a nord.

Il Riboty in transito nel canale navigabile di Taranto nel 1937-1938 (da www.wiki.wargaming.net)

Fine 1939

Dislocato in Albania, inizialmente a Durazzo (dal 4 al 10 novembre) e poi a Valona (dal 3 al 10 dicembre). (Per altra fonte avrebbe partecipato anche all’occupazione del Paese balcanico, nell’aprile 1939).

10 giugno 1940

Quando ormai la loro vetustà – sono tra i cacciatorpediniere più vecchi della Regia Marina, sprovvisti di centrale di tiro, con armamento obsoleto e con una velocità massima ormai ridotta a soli 27 nodi – ne renderebbe prossima la radiazione, la vita operativa del Riboty e del gemello Mirabello viene prolungata dall’entrata dell’Italia nella seconda guerra mondiale, che rende necessaria ogni nave disponibile.

Al 10 giugno 1940, Riboty e Mirabello formano la VI Squadriglia Cacciatorpediniere, di base a Brindisi ed alle dipendenze del Comando Militare Marittimo del Basso Adriatico. Con i vecchi incrociatori leggeri Bari e Taranto ed una squadriglia di altrettanto anziane torpediniere tipo “tre pipe”, i due cacciatorpediniere (le più vecchie unità di questo tipo ancora in servizio nella Regia Marina, fatta eccezione per quelle frattanto declassate a torpediniere) formano un nucleo navale noto colloquialmente, a ragione della vetustà delle sue navi, come “Divisione ruggine”.

6 giugno-10 luglio 1940

Il Riboty partecipa alla posa di numerosi campi minati difensivi nel Basso Adriatico nei giorni immediatamente precedenti e successivi la dichiarazione di guerra: otto sbarramenti antisommergibili di mine tipo Bollo tra Otranto e Capo Santa Maria di Leuca, di cui uno di 100 ordigni e sette di 70 mine ciascuno, insieme al Mirabello ed al posamine ausiliario Barletta; otto, anch’essi antisommergibili, di mine tipo Harlé al largo di Brindisi, dei quali due di 100 mine ciascuno e sei di 50 mine ciascuno, insieme al Mirabello ed al vecchio incrociatore leggero Taranto; quattro antisommergibili (50 mine ciascuno) ed uno antinave (70 mine), tutti con ordigni tipo Harlè, tra Bari e Barletta, insieme a Taranto e Mirabello; tre antinave (due da 70 mine ciascuno ed uno da 50), tipo Bollo e tipo Harlé, nel Golfo di Manfredonia, di nuovo con Taranto e Mirabello; due antinave (70 e 50 mine tra Bollo e Harlé), insieme al Mirabello, al largo di Valona.

Il 9 giugno la piccola goletta da pesca San Teodoro di sole 11 tsl, entrata in acque minate ed interdette alla navigazione al largo di Brindisi, salta su un campo minato posato da Riboty, Mirabello e Taranto, con la morte di sei uomini.

11 giugno 1940

Inviato al largo di Corfù in cerca del nemico: è la sua prima missione di guerra.

Fine giugno 1940

Nel quadro di un piano volto a rafforzare le forze di stanza in Nordafrica in seguito alla resa della Francia, viene proposto tra l’altro da Supermarina al Comando Supremo di dislocare Riboty e Mirabello a Tripoli. Tuttavia non se ne farà niente.

20 agosto 1940

Posto alle dipendenze del Comando Superiore Traffico Albania (Maritrafalba), avente sede a Brindisi, assieme al Mirabello, alle vecchie torpediniere PalestroSolferinoCastelfidardoMonzambanoAngelo BassiniNicola Fabrizi e Giacomo Medici, alle più moderne PollucePartenope e Pleiadi, agli incrociatori ausiliari RAMB IIICapitano A. Cecchi e Barletta ed alla XIII Squadriglia MAS con i MAS 534535538 e 539; viene destinato a compiti di scorta ai convogli tra Italia ed Albania, nonché ricerca e caccia antisommergibili sulle stesse rotte.

6 settembre 1940

Il Riboty scorta da Brindisi a Durazzo la motonave postale Piero Foscari.

7 settembre 1940

Scorta la Foscari di ritorno da Durazzo a Brindisi.

8 settembre 1940

Scorta di nuovo la Foscari da Brindisi a Durazzo, sempre in servizio postale.

9 settembre 1940

Scorta la Foscari che torna da Durazzo a Brindisi.

10 settembre 1940

Scorta ancora la Foscari in servizio postale da Brindisi a Durazzo.

11 settembre 1940

Scorta di nuovo la Foscari da Durazzo a Brindisi.

17 settembre 1940

Scorta da Durazzo a Bari i piroscafi Oreste, Premuda ed Antonietta Costa, scarichi.

19 settembre 1940

Riboty, Mirabello e le torpediniere Polluce e Castelfidardo vengono inviati a dare la caccia al sommergibile britannico Osiris (capitano di corvetta John Robert Garstin Harvey), avvistato dalla torpediniera Pallade, di scorta ad un convoglio, alle 11.15-11.45 in posizione 41°15' N e 18°38' E. Non riescono tuttavia ad individuarlo.

27 settembre 1940

Scorta da Brindisi a Durazzo la motonave Filippo Grimani e poi la Piero Foscari sulla rotta inversa, entrambe in servizio postale.

Lo stesso giorno, in manovra nel porto di Brindisi, il Riboty entra in collisione con il cacciatorpediniere Nicolò Zeno a causa dell’oscuramento. Lo Zeno rimarrà fermo fino a novembre per le riparazioni, mentre il Riboty riporta lievi danni alla prua.

12 ottobre 1940

Maritrafalba viene sciolto.

21 ottobre 1940

Il Riboty viene nuovamente posto alle dipendenze del ricostituito Maritrafalba, insieme al  Mirabello, alle vecchie torpediniere Generale Antonio CantoreGenerale Marcello PrestinariCastelfidardoCurtatoneConfienza CalatafimiMonzambanoSolferinoNicola Fabrizi e Giacomo Medici, agli incrociatori ausiliari RAMB IIICapitano A. CecchiLago Tana e Lago Zuai ed alla XIII Squadriglia MAS con i MAS 534535538 e 539, ed adibito alla scorta ai convogli tra Italia ed Albania ed a ricerca e caccia antisommergibile.

Fine ottobre 1940 (22 ottobre?)

Sempre a fine ottobre il Riboty, insieme al Mirabello, ai vecchi incrociatori leggeri Bari e Taranto, alle torpediniere AntaresAltairAretusaAndromeda, Angelo BassiniNicola Fabrizi e Giacomo Medici ed alle navi cisterna e da sbarco TirsoSesia e Garigliano, viene assegnato alla neonata Forza Navale Speciale, al comando dell’ammiraglio di squadra Vittorio Tur (con bandiera sul Bari), creata per la prevista operazione di sbarco a Corfù, all’inizio dell’invasione della Grecia. La Forza Navale Speciale ha l’incarico di scortare i convogli con le truppe da sbarco (due dovranno partire da Taranto ed un terzo da Brindisi, più un gruppo di motovelieri anch’esso da Brindisi) e di appoggiare le operazioni di sbarco.

Il piano prevede che il convoglio da sbarco, formato da TirsoSesiaGarigliano e da un’altra motocisterna, l’Adige, nonché da piroscafi e da bragozzi trasformati in mezzi da sbarco, sbarchi all’alba del giorno previsto, in quattro punti dell’isola, la 47a Divisione Fanteria "Bari" ed un battaglione del Reggimento "San Marco" della Marina. La scorta del convoglio è costituita appunto dalla Forza Navale Speciale, con BariTarantoMirabelloRiboty, le sette torpediniere, una squadriglia di MAS ed il posamine Azio, mentre la IV e VII Divisione Navale, con 7 incrociatori leggeri e 7 cacciatorpediniere, dovranno fornire protezione a distanza.

Gli ordini d’operazione vengono diramati il 22 (Supermarina, ordine generale di operazione) e 26 ottobre (Forza Navale Speciale, ordine più particolareggiato), ed in quest’ultimo giorno viene disposta la sospensione di tutte le partenze dai porti nel Basso Adriatico a sud di Manfredonia, tranne che per le navi dipendenti da Maritrafalba; negli ultimi giorni di ottobre confluiscono a Brindisi la IX Squadriglia MAS (da Crotone), la XII Squadriglia Torpediniere (da Augusta) e gli incrociatori Bari e Taranto (da Taranto), mentre Tirso e Sesia vengono trasferite da Brindisi a Valona. Vengono emanati anche gli ordini per l’impiego della 1a e 2a Squadra Navale (ammiragli Inigo Campioni ed Angelo Iachino) per la protezione indiretta dell’operazione (il 29 sarà ordinato all’incrociatore pesante Pola, nave ammiraglia della 2a Squadra, ed alla I e VII Divisione Navale di tenersi pronti a muovere in due ore).

Lo sbarco è inizialmente pianificato per il 28 ottobre, in contemporanea con l’inizio delle operazioni terrestri contro la Grecia, ma il maltempo (mare in tempesta) costringe a rimandare l’operazione dapprima al 30 e poi al 31 ottobre (anche perché i comandi militari, ritenendo che l’occupazione della Grecia dovrebbe avvenire in tempi rapidi, considerano di scarsa utilità un’invasione di Corfù dal mare). Alle 18 del 31 Supermarina dirama l’ordine esecutivo per lo sbarco, da effettuarsi il 2 novembre, ma nel frattempo la situazione rivelata dai primi giorni di combattimento in Grecia, con operazioni che vanno molto più a rilento del previsto e si rivelano molto più difficili a causa del maltempo, delle interruzioni nella rete stradale e dell’accanita resistenza greca, induce Mussolini ad annullare l’operazione contro Corfù, inviando invece la Divisione "Bari" in Albania come rinforzo. Informata per telefono, Supermarina annulla l’ordine esecutivo; lo sbarco a Corfù non si farà.

5 novembre 1940

Il Riboty ed il piccolo incrociatore ausiliario Lago Tana salpano da Valona alle 00.30 per scortare a Brindisi, dove giungono alle 9.45, le motonavi Città di Agrigento, Città di Savona, Città di Trapani e Viminale, scariche.

6 novembre 1940

Il Riboty, il gemello Mirabello e l’incrociatore ausiliario Capitano A. Cecchi salpano da Bari alle 00.30 per scortare a Durazzo le motonavi Verdi e Puccini, aventi a bordo 1497 militari e 43 quadrupedi. Il convoglio giunge a destinazione alle 18.30.

7 novembre 1940

Riboty e Mirabello lasciano Durazzo alle 15 per scortare a Bari Verdi e Puccini che ritornano vuote.

8 novembre 1940

Il convoglio giunge a Bari alle cinque del mattino.

10 novembre 1940

Riboty e Capitano Cecchi partono da Bari alle 18 per scortare a Durazzo i piroscafi Nita, Oreste e Brunner (quest’ultimo adibito a traffico civile), aventi a bordo 129 automezzi, 59 soldati e 342 quadrupedi.

11 novembre 1940

Il convoglio giunge a Durazzo alle dieci.

14 novembre 1940

Il Riboty lascia Durazzo alle 7.30 insieme alla torpediniera Confienza, scortando la motonave Città di Trapani ed i piroscafi scarichi Milano ed Aventino, con i quali arriva a Brindisi alle 15.15.

16 novembre 1940

Riboty, Mirabello e Lago Tana salpano da Brindisi alle 9.20 per scortare a Durazzo, ove giungono alle 18, i piroscafi Aventino e Milano, che trasportano 1490 soldati, 235 quadrupedi e 140 tonnellate di materiali vari.

(da www.marina.difesa.it)

18 novembre 1940

Il Riboty parte da Durazzo alle 7.45 per scortare a Brindisi i piroscafi Aventino e Milano, che rientrano scarichi, insieme alla torpediniera Francesco Stocco. Il convoglio arriva a Brindisi alle 16.20.

20 novembre 1940

Riboty e Mirabello salpano da Brindisi all 7.20, insieme all’incrociatore ausiliario RAMB III, per scortare a Durazzo i piroscafi Monstella, Italia e Quirinale e la motonave Città di Trapani, aventi a bordo 1627 militari, 726 quadrupedi, dodici automezzi, diciotto corvette (?) e 169,5 tonnellate di materiali vari.

Il convoglio arriva a Durazzo alle 16.20.

22 novembre 1940

Il Riboty lascia Durazzo alle 6.30 per scortare a Brindisi, dove giunge alle 14.25, Italia, Quirinale e Città di Trapani, di ritorno scarichi.

25 novembre 1940

Il Riboty salpa da Brindisi alle sei del mattino per scortare a Durazzo le motonavi postali Foscari e Grimani, che trasportano anche 23 automezzi e 58 tonnellate di munizioni e materiali vari.

Sbarcato il carico, le due motonavi ripartono subito per Brindisi, sempre scortate dal Riboty e con l’aggiunta del piroscafo Firenze. Il convoglio arriva a Brindisi alle 19.

27 novembre 1940

Salpa da Brindisi alle 5.30 per scortare a Durazzo Foscari e Grimani, sempre in servizio postale. Scorta poi le due motonavi sulla rotta inversa, arrivando a Brindisi alle 17.

28 novembre 1940

Il Riboty, insieme ai cacciatorpediniere Antonio Pigafetta ed Emanuele Pessagno (per una fonte anche un quarto, il Nicoloso Da Recco, che con Pigafetta e Pessagno forma la XVI Squadriglia Cacciatorpediniere) ed alle torpediniere Angelo Bassini e Generale Marcello Prestinari (queste ultime sono incaricate di precedere i cacciatorpediniere eseguendo dragaggio in corsa), salpa da Brindisi alle 2.45 per eseguire un’azione di bombardamento contro le installazioni militari greche sulla costa settentrionale e nordorientale di Corfù. Le cinque navi iniziano il bombardamento alle 7.58 e lo concludono alle 8.57, dopo aver sparato in tutto circa 1600 colpi da 102 e 120 mm, da distanze comprese tra i 3 ed i 9 (o 10) km. I risultati del cannoneggiamento vengono giudicati come soddisfacenti (per altra fonte, il bombardamento non avrebbe prodotto effetti apprezzabili), mentre la reazione delle batterie costiere greche è valutata come debole (per altra fonte, del tutto assente); le navi italiane rientrano a Brindisi alle 14.50 per rifornirsi di munizioni.

Quella del 28 novembre è la prima delle tredici azioni di bombardamento controcosta effettuate da navi da guerra italiane durante la campagna di Grecia: lo Stato Maggiore della Marina, poco convinto – a ragione – dell’efficacia di azioni di questo tipo (come ha potuto constatare dall’osservazione dei risultati di analoghe azioni di bombardamento navale britanniche contro obiettivi costieri italiani in Africa Settentrionale, che hanno in genere causato danni piuttosto limitati), ha alla fine ceduto – per considerazioni di natura “etica e politica” – alle insistenti pressioni dell’Esercito, che da tempo richiede che la Marina bombardi con le sue navi obiettivi costieri sul fronte greco-albanese.

29 novembre 1940

Salpa da Brindisi alle 6.30 per scortare a Durazzo Foscari e Grimani, ancora una volta in servizio postale. Scorta poi le due motonavi, più la motonave a carico Barbarigo, nel viaggio di ritorno da Durazzo a Brindisi, dove arrivano alle 17.25.

5 dicembre 1940

Il Riboty e la torpediniera Generale Antonio Cantore partono da Brindisi alle 10.30 per scortare a Durazzo Foscari e Grimani, in servizio postale ma con a bordo anche 18 automezzi e 251 soldati. (Secondo la cronologia dei convogli in appendice al volume USMM "La difesa del traffico con l’Albania, la Grecia e l’Egeo" il Riboty avrebbe scortato le due motonavi anche nel viaggio di ritorno, con arrivo a Brindisi alle otto del 6 dicembre; ma ciò risulta incompatibile con l’episodio descritto di seguito, anch’esso tratto dalla medesima opera).

Alle 23.45 il Riboty lascia Durazzo per scortare a Brindisi i piroscafi scarichi Carnia (capitano Giovanni Becker) ed Olimpia (capitano Cacace). Il mare è agitato; dato l’elevato chiarore lunare, il Riboty zigzaga ad alta velocità, mentre i due piroscafi procedono a dieci nodi senza zigzagare.

6 dicembre 1940

Alle 4.55 l’Olimpia viene colpito a poppa estrema da uno o due siluri lanciati dal sommergibile britannico Triton (capitano di corvetta Guy Claud Ian St. Barbe Slade Watkins), in posizione 41°06' N e 18°39' E (ad una quarantina di miglia da Brindisi). Maritrafalba, ricevuto l’SOS del piroscafo alle 5.30, fa uscire in mare il MAS 512 da Brindisi e la XIII Squadriglia MAS da Otranto, e dirotta sul posto la torpediniera Castelfidardo, in arrivo da Taranto, ordinando a tutte queste unità di dare la caccia al sommergibile. Da Brindisi, a questo scopo, escono successivamente anche le torpediniere Altair ed Andromeda.

Il Riboty non effettua contrattacchi (anche perché sulle prime non è chiaro se l’Olimpia sia stato silurato od abbia urtato una mina: non è stata segnalata la presenza di sommergibili nemici nel Basso Adriatico, ed inizialmente l’ipotesi prevalente sarà che il piroscafo abbia urtato una mina alla deriva, pur avendo Marina Brindisi e Maritrafalba adottato precauzionalmente tutti i provvedimenti necessari alla scorta della nave danneggiata ed alla caccia contro l’eventuale sommergibile) ed ordina al Carnia di prendere a rimorchio il danneggiato Olimpia per portarlo verso Brindisi; la manovra di presa a rimorchio viene effettuata in meno di mezz’ora. Quando il cacciatorpediniere ne dà comunicazione, Marina Brindisi fa uscire il rimorchiatore Ercole.

Alle 10.15 il Riboty riferisce per radio che il rimorchio dell’Olimpia da parte del Carnia procede alla velocità di quattro nodi; per fare in modo che la nave giunga in porto prima di notte, quando l’Ercole giunge sul posto gli viene ordinato di mettersi di proravia al Carnia. Questo accorgimento permette di incrementare di molto la velocità del convoglietto, che riesce a raggiungere Brindisi alle 17.30.

7 dicembre 1940

Salpa ancora una volta da Brindisi, alle 6.20, per scortare a Durazzo Foscari, Grimani e l’incrociatore ausiliario Città di Genova, aventi a bordo 474 soldati, dodici automezzi e 227 tonnellate di materiali vari. Scorta le tre motonavi anche nel viaggio di ritorno, che si conclude a Brindisi alle 18.30.

9 dicembre 1940

Ancora una scorta a Foscari e Grimani da Brindisi (partenza alle 6) a Durazzo e ritorno (arrivo a Brindisi alle 17.50). Le due motonavi, in servizio postale, all’andata trasportano anche 449 militari, dieci automezzi e 108 tonnellate di materiali vari e munizioni.

11 dicembre 1940

Altra scorta a Foscari e Grimani da Brindisi (partenza alle 6.10) a Durazzo e ritorno (arrivo a Brindisi alle 17.40). All’andata le due motonavi trasportano 108 militari e 217 tonnellate di materiali vari e munizioni; al ritorno si aggrega al convoglio la motonave Barbarigo.

13 dicembre 1940

Ennesima scorta a Foscari e Grimani da Brindisi (partenza alle 6.15) a Durazzo e ritorno (arrivo a Brindisi alle 17.40). All’andata le due motonavi trasportano sei automezzi e 158 tonnellate di materiali vari.

15 dicembre 1940

Scorta a Foscari e Grimani da Brindisi (partenza alle 5) a Durazzo e ritorno (arrivo a Brindisi alle 17). All’andata le due motonavi, in servizio postale, trasportano 122 militari, sei automezzi e 106 tonnellate di materiali vari, carburante e provviste; al ritorno si aggrega al convoglio la motonave Barbarigo.

18 dicembre 1940
Nel primo pomeriggio il Riboty partecipa, insieme agli incrociatori leggeri Eugenio di Savoia e Raimondo Montecuccoli (VII Divisione) ed ai cacciatorpediniere Nicoloso Da Recco, Emanuele Pessagno, Antonio Pigafetta, Alvise Da Mosto, Giovanni Da Verrazzano e Nicolò Zeno, ad un’azione di bombardamento lungo la costa greco-albanese, contro posizioni greche nella zona di Lukova, località costiera situata trenta chilometri a nord del Canale di Corfù.

Le navi italiane sono divise in due gruppi: i due incrociatori più RibotyDa ReccoPessagno e Pigafetta (che formano la XVI Squadriglia Cacciatorpediniere, cui il Riboty è temporaneamente aggregato) sparano contro Lukova (i due incrociatori tirano in tutto 160 colpi da 152 mm contro la strada costiera, arrestando l’avanzata ellenica e dando così alla 51a Divisione Fanteria "Siena" il tempo di riorganizzarsi; i greci mettono frettolosamente in batteria alcuni di cannoni di piccolo calibro e rispondono al fuoco con una quindicina di salve, ma non causano niente più che lievi danni da schegge agli incrociatori ed al Pigafetta), mentre ZenoDa Mosto e Da Verrazzano bersagliano la strada costiera più a nord, bloccando il traffico che si svolge lungo di essa e facendo così fallire il tentativo dei greci di avanzare su Valona dalla Val Sushitza.

L’azione di fuoco si protrae dalle 14.24 alle 14.58. Le batterie costiere greche (altra fonte parla di alcuni cannoni di piccolo calibro messi rapidamente in batteria per l’occasione) reagiscono con sedici salve di due colpi ciascuna, nessuna delle quali va a segno (subiscono lievi danni da schegge, col ferimento non grave di tre uomini, il Pigafetta e gli incrociatori).
Quest’azione, sollecitata dal generale Giovanni Messe (comandante il Corpo d’Armata Speciale, dislocato nel settore costiero del fronte), contribuirà al fallimento dell’offensiva ellenica contro Valona.

Lo stesso giorno il Riboty trova anche il tempo di scortare la Foscari in servizio postale da Durazzo, da dove parte alle 13.30, a Brindisi, dove arriva sei ore più tardi.

20 dicembre 1940

Scorta da Brindisi, da dove parte alle 9, a Durazzo, dove arriva alle 14.50, Foscari e Barbarigo, con a bordo 255 soldati, 105 automezzi e 619 tonnellate di viveri e materiali vari, parte dei quali per la Regia Aeronautica.

21 dicembre 1940

Scorta la Foscari in servizio postale da Durazzo (partenza alle 10.30) a Brindisi (arrivo alle 16.30).

23 dicembre 1940

Salpa da Brindisi alle 6.10 per scortare a Durazzo, dove giunge alle 12.25, la motonave Foscari, con 346 soldati e 25,5 tonnellate di vestiario e materiali vari.

26 dicembre 1940

Scorta la Foscari, con 327 soldati, un automezzo e 111,5 tonnellate di materiali vari (ma contemporaneamente in servizio postale), da Brindisi, da dove parte alle 6.10, a Durazzo, dove arriva alle 13.10.

30 dicembre 1940

Scorta la Foscari (in servizio postale) ed il piroscafo Rosandra, carichi di 294 militari, un automezzo e 134 tonnellate di materiali, da Brindisi (con partenza alle 6.15) a Durazzo (con arrivo alle 14.30).

31 dicembre 1940

Scorta la Foscari in servizio postale da Durazzo, da dove parte alle 10.20, a Brindisi, dove arriva alle 16.45.

Il Riboty in due foto del 1940-1941 (da www.wiki.wargaming.net)


20 febbraio 1941

Salpa da Brindisi alle 6.10 per scortare a Durazzo, dove arrivano alle 15.25, il piroscafo Merano (in servizio postale) e la motonave Riv, aventi a bordo 67 soldati, 63 automezzi e trenta tonnellate di materiali.

21 febbraio 1941

Lascia Durazzo alle 23.45 per scortare a Bari il piroscafo Italia e la motonave Rossini, di ritorno vuoti.

22 febbraio 1941

Il convoglio giunge a Bari a mezzogiorno.

24 febbraio 1941

Scorta da Brindisi, con partenza alle 00.25, a Durazzo, con arrivo alle 8.20, il piroscafo postale Campidoglio, con a bordo 58 tonnellate di viveri e vestiario.

25 febbraio 1941

Scorta da Durazzo, con partenza alle 9.30, a Brindisi, con arrivo alle 19.15, il Campidoglio, sempre in servizio postale.

27 febbraio 1941

Il Riboty salpa da Brindisi alle 00.35 per scortare a Durazzo, dove arrivano alle 10.30, i piroscafi Merano (in servizio postale), Bolsena e Bucintoro, aventi a bordo 126 automezzi, 1753 tonnellate di munizioni e 59 tonnellate di vestiario.

28 febbraio 1941

Lascia Durazzo alle dieci per scortare il Merano di ritorno a Brindisi (sempre in servizio postale), dove arriva dopo sette ore.

1/2 marzo 1941

Nella notte tra l’1 ed il 2 il Riboty e la torpediniera Andromeda, accompagnati da alcuni MAS della IV Squadriglia, bombardano posizioni greche sulla costa albanese (zona di Porto Palermo; altra fonte parla della strada costiera tra Himara e Pikerasi) con le loro artiglierie, in appoggio alle truppe italiane che combattono a terra.

3 marzo 1941

Salpa da Brindisi alle 00.30 per scortare a Durazzo il postale Campidoglio, con a bordo un carico di vestiario. Le due navi arrivano a destinazione alle 8.45.

4 marzo 1941

Scorta da Durazzo a Brindisi i piroscafi Diana e Campidoglio, di ritorno vuoti (il Campidoglio in servizio postale).

Nel primo pomeriggio dello stesso giorno il Riboty, la torpediniera Andromeda e tre MAS effettuano un’altra azione di bombardamento della strada costiera tra Himara e Porto Palermo (controllata dai greci), in un tratto di costa di circa quattro miglia.

I comandi britannici, informati di quest’azione (pur con una certa esagerazione circa le dimensioni delle navi in essa impiegate, indicate come “due incrociatori e tre cacciatorpediniere”), inviano quindici bombardieri Bristol Blenheim (nove del 211th Squadron della Royal Air Force, guidati dal maggiore James Richmond Gordon-Finlayson, e sei dell’84th Squadron, guidati dal maggiore Edward Gordon Jones; uno di questi ultimi però non può decollare per un guasto, riducendo così il totale dei bombardieri a quattordici) ad attaccare le navi italiane, facendoli scortare da ben 27 caccia, dieci Hawker Hurricane (sei del 33rd Squadron e quattro dell’80th Squadron, questi ultimi guidati dal capitano sudafricano Marmaduke Thomas St. John “Pat” Pattle, il più grande asso dell’aviazione da caccia del Commonwealth) e 17 più datati biplani Gloster Gladiator (tre dell’80th Squadron e quattordici del 112th Squadron, sotto il comando del maggiore Harry Lennox Innes Brown). I quattro Hurricane dell’80th Squadron coprono il fianco destro dei Blenheim, quattro del 33rd Squadron proteggono quello sinistro e due sorvolano il gruppo.

Alle tre del pomeriggio la formazione aerea britannica avvista le navi italiane una decina di miglia a sud di Valona, ed i bombardieri attaccano avventanosi sulle navi da poppa, in linea di fila; diverse bombe mancano di poco i bersagli, ma nessuna va a segno. Mentre i Blenheim stanno completando lo sgancio delle bombe, sei caccia FIAT G. 50bis del 24° Gruppo Autonomo Caccia Terrestre, che insieme a dei biplani FIAT CR. 42 del medesimo gruppo costituiscono la scorta aerea della formazione navale italiana, attaccano i caccia britannici di scorta ai bombardieri, Abbattendo l’Hurricane V7801 del sottufficiale Harry J. Goodchild, che rimane ucciso. Stranamente i piloti italiani, che attaccano dall’alto, non notano i Blenheim, che riescono così ad allontanarsi indisturbati, ma solo i caccia di scorta, che identificano come “dieci Spitfire, tre [Fairey] Battle e venti Gladiator”. Mentre i Blenheim iniziano il volo di ritorno, “Pat” Pattle ordina ai suoi Hurricane di pattugliare il cielo delle navi italiane, ingaggiando a coppie i caccia nemici; ne segue una cruenta battaglia aerea. Un solitario FIAT G. 50bis attacca Pattle ed il suo gregario Nigel Cullen (un asso australiano con sedici vittorie all’attivo) poco a nord di Himare, ma viene Abbattuto all’asso sudafricano; subito dopo, però, un altro G. 50bis Abbatte l’Hurricane di Cullen, il V7288 (l’australiano muore con il suo aereo). Gli Hurricane volano verso Valona e Pattle rivendica l’Abbattimento di altri due G. 50bis, che lo avevano attaccato separatamente e che Pattle riferisce di aver visto precipitare in mare. Subito dopo, i piloti degli Hurricane notano nove CR. 42 sotto di loro, e vanno immediatamente all’attacco: Pattle ne colpisce uno, che si cade in vite lasciando dietro di sé una scia di fumo (verrà ritenuto “probabilmente Abbattuto”), mentre l’Hurricane pilotato dal sergente Edward Hewett rivendica l’Abbattimento di ben tre CR. 42 (vicino a Valona) ed un G. 50bis (presso Himara), ed il sottotenente William Vale rivendica l’Abbattimento di un altro G. 50bis. Nel frattempo, anche i Gladiator vengono assaliti da dieci G. 50bis e cinque CR. 42, dei quali rivendicano l’Abbattimento certo di due, quello probabile di altri quattro ed il danneggiamento di ulteriori quattro. Più precisamente, il capitano Joseph Fraser guida la terza sezione della squadriglia all’attacco di alcuni G.50bis che si rifugiano nelle nubi, rivendicando di averne Abbattuto uno da solo ed un altro in collaborazione con il maggiore Brown, il sottotenente Jack Groves ed il sottotenente Douglas Gordon Haig MacDonald. Il sottotenente Richard Acworth, attaccato e costretto a scendere a 600 metri mentre si apprestava ad attaccare un aereo italiano, ne colpisc un altro vedendo del fumo uscire dal suo motore prima di essere costretto a desistere dall’attacco dall’arrivo di un terzo caccia italiano, e rivendica un Abbattimento probabile. Il tenente Edwin Banks attacca un G.50bis che vede precipitare in vite, osservando poi un paracadute e rivendicando anch’egli un Abbattimento probabile, mentre altri “probabili” sono rivendicati dal capitano Charles Fry e dal sergente George Millar (“Paddy”) Donaldson, e Groves, Brown, MacDonald ed il tenente Homer Cochrane rivendicano il danneggiamento di altri quattro.

Da parte italiana viene rivendicato l’Abbattimento di quattro Gladiator, uno “Spitfire” ed un “Battle”, mentre vengono subite la perdita di un G. 50 della 354a Squadriglia (pilotato dal sergente Marcello De Salvia, rimasto ucciso dopo aver contribuito ad Abbattere cinque aerei nemici) e di un CR. 42 della 355a Squadriglia (pilotato dal sottotenente Nicolò Cobolli Gigli) ed il danneggiamento di un altro CR. 42 della 355a Squadriglia (pilotato dal tenente Francesco Rocca) (questo a fronte di un totale di ben dieci Abbattimenti “certi” e cinque “probabili” rivendicati dai britannici!). “Pat” Pattle riceverà per quest’azione una seconda Distinguished Flying Cross; il sergente De Salvia ed il sottotenente Cobolli Gigli verranno entrambi decorati alla memoria con la Medaglia d’Oro al Valor Militare.
Altra fonte afferma che la formazione che effettuò il bombardamento del 4 marzo e che subì la conseguente azione di bombardamento non era composta da
Riboty ed Andromeda, bensì dagli incrociatori leggeri Duca degli Abruzzi e Garibaldi, dai cacciatorpediniere Da Recco e Pessagno e dalle torpediniere Altair ed Aretusa.

6 marzo 1941

Salpa da Brindisi alle due di notte per scortare a Durazzo, dove giunge nove ore più tardi, i piroscafi Merano (postale) e Loreto, aventi a bordo 572 tonnellate di munizioni e materiale da costruzione.

7 marzo 1941

Lascia Durazzo alle 9.15 per scortare il Merano in servizio postale alla volta di Brindisi, dove arriva alle 17.45.

10 marzo 1941

Salpa da Brindisi alle 7 scortando a Durazzo, dove arrivano alle 13.30, le motonavi Foscari e Birmania, con 613 soldati, 90 automezzi e 726 tonnellate di provviste e materiali vari.

11 marzo 1941

Parte da Brindisi alle 6.15 e scorta a Valona, dove arriva alle 15.30, un convoglio formato dai piroscafi Silvano, Iseo, Santa Maria e Fanny Brunner, con a bordo in tutto 80 militari, 496 quadrupedi, 2773 tonnellate di viveri, 1202 tonnellate di munizioni e 1082 tonnellate di materiali vari.

Il Riboty assume poi la scorta, insieme all’incrociatore ausiliario Francesco Morosini, del piroscafo Piemonte, di ritorno dall’Albania con 643 feriti leggeri. Arriva a Brindisi alle 20.

13 marzo 1941

Il Riboty salpa da Brindisi alle 8.40 e scorta a Durazzo, dove giunge alle 18.15, un convoglio formato dai piroscafi Merano (postale), Istria e Sant'Agata e dalla motonave Piero Foscari, con a bordo 718 soldati.

14 marzo 1941

Lascia Durazzo alle 9.15 scortando Foscari (vuota) e Merano (in servizio postale) di ritorno a Brindisi, dove arriva alle 18.

17 marzo 1941

Parte da Brindisi alle 6.45 e scorta a Durazzo, dove arriva alle 14, il piroscafo postale Campidoglio e la motonave Città di Trapani, con a bordo 508 soldati e 4270 tonnellate di rifornimenti.

Alle 17 il Riboty riparte da Durazzo per scortare a Bari i piroscafi Monstella, Scarpanto e Casaregis e la piccola nave cisterna Abruzzi, scarichi.

18 marzo 1941

Il convoglio arriva a Bari alle 10.30.

20 marzo 1941

Salpa da Brindisi alle 5.15 e scorta a Durazzo, dove arriva alle 15.30, il postale Merano, con a bordo 23 tonnellate di materiale dell’Aeronautica.

21 marzo 1941

Lascia Durazzo alle 9.10 e scorta a Brindisi, dove arriva alle 18.20, il solito postale Merano ed il piroscafo scarico Bucintoro.

24 marzo 1941

Lascia Brindisi alle 00.00 e scorta a Durazzo, dove arriva alle 8.35, il postale Campidoglio e la motonave Caldea, con 67 tonnellate di materiale dell’Aeronautica.

25 marzo 1941

Riparte da Durazzo alle dieci e scorta a Brindisi, dove arriva alle 17.55, il postale Campidoglio, la motonave Puccini ed il piroscafo Rosandra. Questi ultimi due, vuoti, proseguono poi per Bari.

27 marzo 1941

Salpa da Brindisi all’1.10 e scorta a Durazzo, dove arriva alle 9.40, il postale Merano.

28 marzo 1941

Lascia Durazzo alle 9 e scorta a Brindisi, dove arriva alle 18.30, il postale Merano e la motonave scarica Maria.

Un’altra immagine del Riboty (da www.marina.difesa.it)

3 aprile 1941

Il Riboty e l’incrociatore ausiliario Brioni partono da Brindisi alle 3.25 e scortano a Valona, dove arrivano alle 10.15, i trasporti truppe Francesco Crispi e Viminale, aventi a bordo 1808 soldati e 95,5 tonnellate di materiali.

4 aprile 1941

Lascia Valona alle 6.30 per scortare Crispi e Viminale che rientrano a Brindisi, il primo vuoto, la seconda con 149 prigionieri. Il convoglio arriva a Brindisi alle 15.35.

6 aprile 1941

Salpa da Bari alle 3.30 e scorta a Durazzo, dove arriva tredici ore più tardi, le motonavi Maria (aggregatasi nel punto convenzionale "Y" davanti a Brindisi) e Narenta ed il piroscafo Laura C., che trasportano in tutto 280 soldati, 208 autoveicoli e 1557 tonnellate di materiali.

7 aprile 1941

Lascia Durazzo alle 6 per scortare a Bari un convoglio formato dalle motonavi Città di Agrigento e Città di Trapani e dai piroscafi Zena ed Istria, di ritorno scarichi.

8 aprile 1941

Il convoglio raggiunge Bari alle 00.30.

9 aprile 1941

Il Riboty, l’incrociatore ausiliario Barletta e la torpediniera Giuseppe Cesare Abba salpano da Bari alle 00.00 per scortare a Durazzo, dove giungono alle 15, un convoglio formato dalle motonavi Rossini, Puccini e Città di Marsala e dal piroscafo Italia, aventi a bordo 3672 soldati e 182 tonnellate di materiali.

16 aprile 1941

Il Riboty e l’incrociatore ausiliario Brindisi partono da Brindisi alle 5.45, scortando le motonavi ViminaleCaldea e Genepesca II, aventi a bordo in tutto 941 militari, 41 veicoli, 1990 tonnellate di benzina e 264 tonnellate di materiali vari. Il convoglio giunge a Valona alle 13.15.

18 aprile 1941

Il Riboty scorta la motonave vuota Viminale da Valona (partenza alle 8) a Brindisi (arrivo alle 15.20).

Aprile 1941

Gli alberi del Riboty vengono accorciati durante un turno di lavori.

2 maggio 1941

Scorta da Brindisi (partenza alle 00.15) a Valona (arrivo alle 7.05) la Viminale, con a bordo automezzi e materiali vari. Lascia poi Valona alle 14.55, insieme all’incrociatore ausiliario Zara, per scortare a Brindisi (dove arriva alle 21.25) la Viminale, con a bordo 800 soldati rimpatrianti ed un carico di materiali vari.

5 maggio 1941

Salpa da Brindisi all’1.35 per scortare a Durazzo il piroscafo postale Campidoglio ed il piroscafo scarico Monrosa.

6 maggio 1941

Il convoglio arriva a Durazzo alle 10.30. Il Riboty rientra a Brindisi (dove arriva alle 14) scortando il postale Campidoglio, partito da Durazzo alle 6.30.

10 giugno 1941

Alle 9.40, a 4,8 miglia per 259° da Capo Hellas (al largo dei Dardanelli), un convoglio scortato dal Riboty e dalle torpediniere Giuseppe Dezza e Sagittario, formato dal piroscafo romeno Alba Julia e dalle navi cisterna Albaro ed Utilitas dirette in Mar Nero per caricarvi nafta romena, viene avvistato a cinque miglia per 280° dal sommergibile britannico Torbay (capitano di corvetta Anthony Cecil Capel Miers) mentre procede su rotta 080°. Miers apprezza la composizione del convoglio come sei navi, scortate da due torpediniere; ha però difficoltà a portarsi in posizione adatta al lancio, a causa delle manovre del convoglio. Alle 10.43 Miers riesce infine a lanciare tre siluri contro uno dei mercantili (l’Utilitas o l’Alba Julia), a 6,1 miglia per 251° da Capo Hellas, per poi scendere in profondità.

L’Utilitas viene colpita da un siluro, che tuttavia non esplode; la nave scampa così indenne all’attacco, eccetto che per una lieve ingobbatura dello scafo. La scorta contrattacca col lancio di numerose bombe di profondità dalle 10.49 alle 11.25 (cinque bombe alle 10.49, poi un intero “pacchetto” che esplode piuttosto vicino al Torbay alle 10.55, poi altre più lontane dalle 11 alle 11.25), ma il Torbay non subisce danni, e qualche ora dopo ripeterà il suo attacco ai danni della nave cisterna Giuseppina Ghirardi, che verrà affondata.

12 giugno 1941

Scorta il piroscafo Francesco Crispi, con truppe e materiali, da Brindisi a Valona e poi ad Argostoli.

14 giugno 1941

Il Riboty e l’incrociatore ausiliario Arborea scortano da Valona a Patrasso i piroscafi Crispi e Galilea, carichi di materiali vari.

18 giugno 1941

Scorta il Crispi con truppe e materiali da Argostoli a Patrasso.

21 giugno 1941

Il Riboty e l’incrociatore ausiliario Egitto scortano da Patrasso a Brindisi il piroscafo tedesco Maritza e la nave cisterna italiana Dora C.

2 luglio 1941

Il Riboty, lo Zara e la torpediniera Solferino scortano da Durazzo a Bari i trasporti truppe PucciniCittà di MarsalaCittà di AgrigentoRosandra e Milano, aventi a bordo 3250 militari rimpatrianti ed i relativi materiali.

9 luglio 1941

Il Riboty e l’incrociatore ausiliario Olbia scortano Crispi e Galilea da Patrasso a Taranto.

15 luglio 1941

Il Riboty e la torpediniera Antares scortano da Brindisi a Patrasso i piroscafi Francesco CrispiArgentina e Galilea e la motonave Viminale, carichi di truppe italiane e tedesche, autoveicoli, rimorchi e materiali vari.

18 luglio 1941

Riboty ed Antares scortano da Valona a Patrasso CrispiArgentinaViminale e Galilea, carichi di truppe e materiali. Nel Canale d’Otranto il convoglio viene attaccato da un sommergibile, che il Riboty sottopone a caccia con bombe di profondità.

22 luglio 1941

Riboty ed Olbia scortano da Patrasso a Brindisi Argentina e Viminale, con a bordo truppe rimpatrianti.

26 luglio 1941

Il Riboty scorta da Brindisi a Lero i piroscafi Città di Bergamo (italiano) e Thessalia (tedesco), con a bordo truppe e materiali.

28 luglio 1941

Scorta da Patrasso a Catania il piroscafo Sagitta e la nave cisterna tedesca Ossag.

5 agosto 1941

Dà la caccia ad un sommergibile al largo di Zante.

10 agosto 1941

Il Riboty e l’incrociatore ausiliario Attilio Deffenu scortano da Patrasso a Brindisi i piroscafi Capo Arma (italiano), Balcic (romeno) ed Alba Julia (romeno), con personale militare rimpatriante.

13 agosto 1941

Il Riboty e l’incrociatore ausiliario Brindisi scortano da Bari a Durazzo la motonave Città di Marsala ed il piroscafo Quirinale, con truppe e materiale militare.

14 agosto 1941

Riboty e Brindisi scortano il Quirinale, con a bordo mille soldati rimpatrianti, da Durazzo a Bari.

17 agosto 1941

Riboty e Brindisi scortano Milano e Rosandra, con personale militare che rimpatria, da Durazzo a Bari.

19 agosto 1941

Riboty e Brindisi scortano da Bari a Durazzo la motonave Città di Alessandria ed i piroscafi MilanoRosandra e Quirinale, carichi di truppe e materiali.

29 agosto 1941

Il Riboty e l’incrociatore ausiliario Città di Napoli scortano da Brindisi a Patrasso Viminale, Crispi e Galilea, con a bordo personale delle varie forze armate.

1° settembre 1941

Riboty e Città di Napoli scortano da Patrasso a Taranto i piroscafi Perla e Casaregis.

4 settembre 1941

Riboty e Città di Napoli scortano Crispi, Argentina ed il piroscafo Aventino da Patrasso a Brindisi, con 1720 soldati rimpatrianti.

9 settembre 1941

Riboty e Brindisi scortano da Patrasso a Brindisi i piroscafi italiani Palermo e Fanny Brunner e la nave cisterna tedesca Campina, aventi a bordo personale militare rimpatriante.

13 settembre 1941

Riboty e Brindisi scortano da Bari a Durazzo Aventino e Rosandra, con a bordo truppe e materiali.

18 settembre 1941

Scorta da Brindisi a Patrasso le motonavi Calino e Calitea, dirette a Rodi.

28 settembre 1941

Scorta da Brindisi a Patrasso la motonave Calino, con a bordo 623 militari, 40 civili ed un carico di materiali vari.

Settembre 1941

Posto alle dipendenze del Comando Marina di Brindisi.

7 ottobre 1941

Scorta da Brindisi a Patrasso Calino e Calitea, di nuovo dirette a Rodi.

10 ottobre 1941

Riboty e Brindisi scortano Aventino e Galilea, con a bordo prigionieri e personale rimpatriante del Regio Esercito, da Patrasso a Bari.

15 ottobre 1941

Riboty e Zara scortano da Bari a Durazzo i piroscafi Aventino, Milano, Italia e Rosandra, con truppe, autoveicoli e materiali.

17 ottobre 1941

Riboty e Zara scortano Aventino, Milano, Italia e Rosandra di ritorno da Durazzo a Bari con 4350 soldati rimpatrianti.

24 ottobre 1941

Il Riboty salpa da Brindisi per scortare a Patrasso Calino e Calitea, sempre dirette a Rodi.

25 ottobre 1941

Alle 6.18 il convoglio, che procede in linea di fila, viene avvistato nel punto 38°24' N e 20°13' E (al largo della costa occidentale greca) dal sommergibile britannico Trusty (capitano di corvetta William Donald Aelian King), a 4600 metri di distanza su rilevamento 351°. King descrive nel suo rapporto la composizione del convoglio, che procede in linea di fila, come: in testa, un cacciatorpediniere ad un (?) fumaiolo, di tipo sconosciuto; al centro, un mercantile di circa 5000 tsl, con un fumaiolo al centro; in coda, un mercantile anch’esso di 5000 tsl, con la prua verticale da rompighiaccio, la poppa ad incrociatore ed un fumaiolo al centro.

Il Trusty lancia due salve di tre siluri ciascuna, una contro la Calino e l’altra contro la Calitea, ma nessuna delle armi va a segno (anche se King, avendo sentito un’esplosione cinque minuti dopo il lancio del primo siluro della seconda salva, seguita da un’altra dopo 42 secondi, ritiene erroneamente di aver messo a segno due siluri); la Calino avvista la scia di un siluro e lo evita con la manovra, e dopo otto minuti il Riboty risponde con un pacchetto di bombe di profondità. Dopo aver eluso la caccia ed essere tornato a quota periscopica per osservare il risultato dei lanci (ritenendo, a torto, di aver affondato una nave, che secondo King sarebbe rimasta arretrata rispetto all’altra motonave, apparentemente assistita dal cacciatorpediniere portatosi nei pressi, e poco dopo sarebbe scomparsa, non essendo più visibile al periscopio), il Trusty s’immerge in profondità per ricaricare i tubi, mentre il Riboty lancia infruttuosamente (“a caso”, secondo King) altre 14 cariche di profondità. (Le esplosioni delle bombe di profondità sono menzionate dal rapporto del sommergibile; per altra fonte, l’attacco del Trusty non viene nemmeno notato).

Il convoglio giunge a Patrasso in giornata.

4 novembre 1941

Riboty e Zara scortano Aventino, Milano, Italia e Rosandra da Bari a Durazzo con truppe, automezzi, rimorchi e materiali vari.

8 novembre 1941

Scorta Aventino, Galilea, Italia, Milano e Rosandra da Durazzo a Bari con 5300 soldati rimpatrianti.

13 novembre 1941

Scorta Campidoglio e Città di Marsala, carichi di truppe, da Brindisi a Durazzo, e poi il piroscafo Armando da Durazzo a Bari.

16 novembre 1941

Scorta Calino e Calitea, sempre dirette a Rodi, da Brindisi a Patrasso.

21 novembre 1941

Il Riboty salpa da Brindisi alle 18.50 (per altra versione, 19.40) scortando l’incrociatore leggero Luigi Cadorna (capitano di vascello Leone Riccati di Ceva), in missione di trasporto urgente di rifornimenti in Nordafrica (ha a bordo 330 tonnellate di gasolio in fusti, 360 cassette di cartucce da 47/32 mm, 56 sacchi di riso e dieci casse di salsa di pomodoro, oltre a 103 tra sottufficiali e marinai della Regia Marina diretti in Libia), nel primo tratto della navigazione verso Bengasi.

Il Riboty lascia il Cadorna a mezzanotte (l’incrociatore arriverà indenne a Bengasi l’indomani mattina). (Per altra versione il Riboty avrebbe scortato il Cadorna fino alle 24 del 22 ed il Cadorna sarebbe arrivato a Bengasi il mattino del 23).

23 novembre 1941

Scorta da Brindisi a Patrasso il piroscafo Vesta, diretto a Rodi.

27 novembre 1941

Scorta Calino e Calitea da Patrasso a Bari.

17 dicembre 1941

Scorta da Brindisi a Patrasso il piroscafo Motia, carico di munizioni.

18 dicembre 1941

Scorta da Valona a Bari la nave cisterna Utilitas.

24 dicembre 1941

Scorta da Bari a Patrasso Piemonte, Galilea e Viminale.

30 dicembre 1941

Scorta l’Aventino, con truppe e materiali, da Brindisi a Corfù.

31 dicembre 1941

Scorta l’Aventino di ritorno da Corfù a Brindisi.


Il Riboty in Grecia nel 1941-1942, sulla sinistra la nave appoggio sommergibili Alessandro Volta (Axel Aboulker, via Platon Alexiades e forum AIDMEN - diritti riservati)


13 gennaio 1942

Scorta il piroscafo tedesco Hans Arp da Brindisi a Corfù.

15 gennaio 1942

Il Riboty e la torpediniera Antares scortano da Corfù a Patrasso il piroscafo italiano Polcevera, il piroscafo tedesco Hans Arp e la nave cisterna bulgara Balkan.

13 marzo 1942

Riboty e Zara scortano da Bari a Durazzo Rosandra, Quirinale, il piroscafo Città di Catania e la motonave Donizetti, carichi di truppe e materiali.

16 marzo 1942

Riboty, Zara e l’incrociatore ausiliario Arborea scortano da Durazzo a Bari Donizetti, Città di Catania, Rosandra e Quirinale, con truppe rimpatrianti.

15 marzo 1942

Riboty e Zara scortano la Calino, diretta a Rodi, da Bari a Patrasso.

6 maggio 1942

Il Riboty effettua prove di rimorchio del pontone per trasporto carburanti GR. 247, ottenuto dalla trasformazione del vecchio sommergibile Balilla, nelle acque di Pola. Al termine delle prove, il GR. 247 viene nuovamente rimorchiato in porto con laiuto del rimorchiatore N 90.

22 maggio 1942

Il Riboty scorta la nave cisterna Rondine da Taranto a Patrasso.

24 maggio 1942

Scorta il piroscafo tedesco Cagliari da Patrasso a Valona.

27 maggio 1942

Scorta il piroscafo tedesco Thessalia da Brindisi a Patrasso.

28 maggio 1942

Scorta la Calino da Patrasso a Bari.

3 giugno 1942

Scorta la Calino, diretta a Rodi, da Bari a Patrasso.

6 giugno 1942

Scorta i piroscafi Hermada (italiano) ed Hans Arp (tedesco) da Patrasso a Brindisi.

13 giugno 1942

Posa uno sbarramento difensivo di 50 mine antisommergibile tipo Harlé al largo di Trani.

15 giugno 1942

Scorta i piroscafi Arezzo e Probitas da Brindisi a Patrasso.

16 giugno 1942

Scorta la Calino da Patrasso a Bari.

21 giugno 1942

Riboty ed Arborea scortano il piroscafo italiano Bucintoro ed il bulgaro Balkan da Brindisi a Patrasso, con truppe e materiali.

8 luglio 1942

Scorta da Navarino a Brindisi la cisterna militare Devoli.

9 luglio 1942

Scorta la Devoli da Brindisi a Navarino.

12 luglio 1942

Scorta il Thessalia da Patrasso a Brindisi.

Il Riboty a Brindisi nell’estate del 1942, insieme alla vecchia torpediniera Antonio Mosto ed alla moderna torpediniera di scorta Tifone (foto Aldo Fraccaroli, via g.c. Giorgio Parodi e www.naviearmatori.net)

15 luglio 1942

Scorta il trasporto militare Asmara, carico di materiali vari, da Brindisi a Patrasso.

22 luglio 1942

Scorta la nave cisterna Dora C. da Valona a Bari.

25 luglio 1942

Alle quattro del mattino il Riboty, il più moderno cacciatorpediniere Lampo, la torpediniera Antonio Mosto e l’incrociatore ausiliario Zara partono da Bari per scortare a Patrasso i piroscafi Aventino e Milano, diretti in Nordafrica con 1871 soldati, quindici tra automezzi e rimorchi e 213 tonnellate di munizioni, artiglieria e materiali vari. Fa parte del convoglio anche la motonave Donizetti, che però è diretta a Corfù; quando il convoglio giunge al largo dell’isola, Donizetti e Mosto se ne separano e raggiungono pertanto Corfù.

Da Patrasso i due piroscafi proseguiranno per Bengasi, via il Pireo e Suda, con la scorta di altre unità (cacciatorpediniere Saetta e Bersagliere, torpediniere Lince e Sagittario); giungeranno a destinazione, nonostante ripetuti attacchi aerei che causeranno alcuni danni all’Aventino.

29 luglio 1942

Il Riboty e la torpediniera Antonio Mosto scortano i piroscafi Tagliamento ed Orsolina Bottiglieri e la nave cisterna Arca, carichi di materiali vari, da Brindisi a Patrasso.

20 agosto 1942

Scorta la motonave Città di La Spezia da Valona a Brindisi.

22 agosto 1942

Scorta i piroscafi Motia e Capo Pino da Brindisi a Patrasso.

25 agosto 1942

Scorta il piroscafo Aventino da Patrasso a Bari.

1° settembre 1942

Scorta la Calino da Brindisi a Patrasso.

3 settembre 1942

Il Riboty ed il cacciatorpediniere Folgore scortano il piroscafo romeno Alba Julia da Patrasso a Brindisi.

6 settembre 1942

Il Riboty scorta la nave cisterna Arca ed il piroscafo Palomba da Brindisi a Patrasso.

10 settembre 1942

Scorta l’Aventino da Patrasso a Bari.

13 settembre 1942

Scorta il piroscafo Re Alessandro da Brindisi a Patrasso.

20 settembre 1942

Scorta da Brindisi a Patrasso la Calino, diretta a Rodi.

29 settembre 1942

Scorta la cisterna militare Devoli ed il piroscafo tedesco Macedonia da Brindisi a Patrasso.

2 ottobre 1942

Il Riboty e la torpediniera Angelo Bassini scortano la Devoli da Patrasso a Navarino.

4 ottobre 1942

Riboty e Bassini scortano la Calino da Patrasso a Bari.

12 ottobre 1942

Il Riboty, la torpediniera Francesco Stocco e l’incrociatore ausiliario Città di Genova scortano Rosandra e Quirinale, con truppe e materiali, da Bari a Durazzo.

14 ottobre 1942

Riboty, Città di Genova e la torpediniera Orsa scortano il piroscafo Aventino da Valona a Corinto.

19 ottobre 1942

Scorta la Dora C. da Patrasso a Brindisi.

22 ottobre 1942

Il Riboty e la moderna torpediniera di scorta Uragano scortano da Brindisi a Patrasso i piroscafi Gigliola, Ivorea, Valentino Coda e Dubac, quest’ultimo diretto a Rodi.

24 ottobre 1942

Il Riboty scorta da Argostoli a Navarino la motonave frigorifera Genepesca I.

26 ottobre 1942

Scorta la nave cisterna bulgara Balcik da Patrasso a Bari.

29 ottobre 1942

Scorta Devoli e Macedonia da Brindisi a Patrasso.

Novembre 1942

Lavori di modifica dell’armamento, effettuati nell’Arsenale di Venezia: vengono eliminati due degli otto cannoni da 102/45 mm (dal castello di prua), mentre viene aggiunto un terzo cannoncino contraereo da 40/39 mm (per altra fonte, altri due). Le due mitragliere singole Colt da 6,5/80 mm vengono sostituite con altrettante armi Breda da 8/80 mm (per altra fonte, invece, le mitragliere sarebbero state eliminate fin dal 1920, il che però sembra illogico). Vengono inoltre installati due lanciabombe del tipo tedesco WBD, e la riserva di bombe di profondità da 50 kg viene aumentata a 24 ordigni; infine, a poppa viene installata una gruetta Sabiem per trainare torpedini da rimorchio, ma quest’ultima verrà eliminata dopo poco tempo. La nave riceve inoltre una colorazione mimetica, e vengono ulteriormente accorciati gli alberi.

Assegnato al I Gruppo Cacciatorpediniere, alle dipendenze del Dipartimento Militare Marittimo dello Ionio e Basso Adriatico, con sede a Taranto. Comandante del Riboty è il tenente di vascello Nicola Ferrone.

Il Riboty a Venezia nel novembre 1942, al termine di un periodo di lavori (sopra: g.c. STORIA militare; sotto: Coll. Luigi Accorsi, via www.associazione-venus.it)


24 dicembre 1942

Riboty e Città di Genova scortano il piroscafo Milano, con a bordo truppe rimpatrianti, da Patrasso a Bari.

5 febbraio 1943

Il Riboty salpa da Taranto nella notte, insieme alle torpediniere Sagittario e Giuseppe Dezza, per scortare a Palermo la nave cisterna Utilitas, carica di 5000 tonnellate di nafta destinate alle forze navali di base in Sicilia.

Alle 4.45 del mattino il piccolo convoglio, che procede con l’Utilitas preceduta dalla Sagittario, seguita dalla Dezza ed il Riboty al traverso a dritta della petroliera, viene avvistato dal sommergibile britannico Turbulent (capitano di fregata John Wallace Linton), in pattugliamento al largo di Capo Cefalù. Linton decide di immergersi ed avvicinarsi per attaccare; immersosi alle 6.14, valuta la stazza del bersaglio in 6000 tsl, sbagliando di poco, e identifica le unità della scorta come tre torpediniere delle classi Spica, Cosenz e Confienza (sbaglia solo in quest’ultima, che invece è il Riboty). Alle 6.49 il Turbulent lancia quattro siluri da 4115 metri di distanza, in posizione 38°10' N e 13°43' E.

Intorno alle sette, a sette miglia da Capo Zafferano (all’estremità orientale del Golfo di Palermo), l’Utilitas viene colpita da due dei siluri ed affonda una quindicina di miglia ad est di Palermo. Del suo equipaggio vengono tratti in salvo 24 uomini su 26.

La Sagittario, cui successivamente si unisce la torpediniera di scorta Animoso, contrattacca infruttuosamente tra le 7.29 e le 7.39 con il lancio di una trentina di bombe di profondità (un primo “pacchetto” di dieci bombe alle 7.29, poi altri due di sette e dodici bombe nei dieci minuti successivi); il Turbulent, che dopo essere sceso a 24 metri di profondità alle 7.27 aveva iniziato la risalita verso quota periscopica nell’erronea convinzione che la scorta fosse lontana, torna rapidamente a 24 metri, ma nessuna delle bombe esplode particolarmente vicina, anche se Linton nota che sembrano bombe più potenti di quelle usate di solito. Alle 8.30 il Turbulent può tornare a quota periscopica, ed avvista in lontananza due unità della scorta che dirigono verso Palermo, insieme ad alcuni aerei di pattuglia in quella direzione.

15 febbraio 1943

Il Riboty (tenente di vascello di complemento Nicola Ferrone) salpa da Palermo alle 11.20 insieme alle torpediniere Sirio (capitano di corvetta Antonio Cuzzaniti, caposcorta) e Monsone (capitano di corvetta Emanuele Filiberto Perucca Orfei) ed alle corvette Antilope (capitano di corvetta Roberto Lucciardi) e Gabbiano (tenente di vascello Alberto Ceccacci) per scortare a Biserta un convoglio formato dai piroscafi Alcamo, Chieti e Frosinone e dalla piccola motonave cisterna Labor.

Alle 19.25, davanti a Trapani, il Riboty deve lasciare la scorta per problemi alle macchine; viene sostituito dalla torpediniera Clio (capitano di corvetta Carlo Brambilla), appositamente uscita da Trapani. (Il convoglio raggiungerà indenne Biserta il giorno seguente, dopo aver respinto un attacco di motosiluranti).

4 aprile 1943

Il Riboty, insieme alle coetanee torpediniere Antonio Mosto ed Angelo Bassini ed alla ben più recente Climene, salpa da Brindisi per scortare a Messina (per altra fonte, a Crotone) la motonave italiana Carbonello A. e la nave cisterna tedesca Regina. La Mosto lascia il convoglio alle 12.35 per raggiungere Taranto.

Alle 14.15 il sommergibile britannico Unbroken (tenente di vascello Alastair Campbell Gillespie Mars), in agguato al largo di Punta Stilo (Sicilia), avverte degli impulsi sonar e rumori di navi in avvicinamento e si prepara a sostenere un attacco con bombe di profondità; alle 14.29, venuto a quota periscopica una volta divenuto evidente che nelle vicinanze ci sono diverse navi, avvista con una certa sorpresa, con una breve occhiata (10 secondi) al periscopio, il convoglio scortato dal Riboty (“due torpediniere a tre quarti sulla dritta ed una a sinistra, tre aerei ed una nave cisterna molto grossa verso poppa”).

Alle 14.34 l’Unbroken lancia quattro siluri da 2290 metri di distanza: dopo due minuti e 24 secondi, la Regina viene colpita da due siluri sul lato sinistro, in posizione 38°15' N e 16°30' E, ma rimane a galla.

Dopo l’attacco, il Riboty scorta a Messina la Carbonello A. (mancata di stretta misura dagli altri due siluri, che le sono passati pochi metri a poppavia, evitati con la manovra anche dal Riboty), mentre la Climene dà la caccia al sommergibile attaccante (lanciando infruttuosamente venti bombe di profondità tra le 14.36 e le 14.57 e concludendo erroneamente di averlo affondato, anche se le prime bombe sono effettivamente esplose piuttosto vicine al bersaglio) e la Bassini rimane ad assistere la danneggiata Regina, che tenta di tornare a Taranto; il rimorchiatore Vigoroso viene inviato ad assistere la cisterna danneggiata, ma alla fine la petroliera dev’essere portata all’incaglio presso Punta Stilo (vicino a Roccella Ionica).

5 aprile 1943

Alle 16.15 il Riboty (tenente di vascello di complemento Nicola Ferrone) e la torpediniera Clio (capitano di corvetta Carlo Brambilla), usciti da Messina, vanno a rinforzare la scorta di  un convoglio formato dal piroscafo italiano Rovereto e dai tedeschi Carbet e San Diego, in navigazione da Napoli a Biserta con la scorta delle torpediniere Pallade (capitano di corvetta Antonio Giungi), Orione (capitano di corvetta Luigi Colavolpe), Libra (capitano di corvetta Gustavo Lovatelli) e Perseo (capitano di corvetta Saverio Marotta; a bordo il comandante superiore in mare, capitano di fregata Ernesto Pellegrini). (Per altra fonte Riboty e Clio si sarebbero uniti al convoglio alle 16.15 del 6, ma sembra probabile un errore).

6 aprile 1943

Alle 2.30 il Carbet, scortato dal Riboty, si separa dal convoglio e fa rotta per Trapani, dove le due navi giungono alle 9.30. (Per altra versione Riboty e Carbet avrebbero lasciato il convoglio già la sera del 5 aprile).

11 aprile 1943

Il Riboty salpa da Trapani per scortare a Palermo, insieme alla torpediniera Pegaso (caposcorta), al cacciasommergibili tedesco UJ 2210 ed al dragamine tedesco M 6524, un convoglio formato dai piroscafi italiani Macerata e Giovanni Bottiglieri, dal piroscafo tedesco Carbet, dalla nave cisterna Bivona e dalla cisterna militare Prometeo.

Alle 13.30 il sommergibile britannico Sibyl (tenente di vascello Ernest John Donaldson Turner) avvista fumo ed un aereo che gira in cerchio su rilevamento 240°, pertanto accosta per avvicinarsi. Alle 14.30 il Sibyl avverte degli impulsi sonar dritti di prora, ed avvista le alberature di navi provenienti da Capo San Vito e dirette verso nordest; avvistato tutto il convoglio – che Turner giudica composto da tre mercantili scortati da sei cacciatorpediniere e da un gran numero di aerei, tra cui caccia ed idrovolanti – alle 14.50, il sommergibile manovra per attaccare ed alle 15.54 lancia quattro siluri, in posizione 38°19' N e 13°00' E (una decina di miglia a nord-nord-ovest di Punta Raisi), da distanze comprese tra i 4600 ed i 5500 metri, per poi scendere in profondità.

Poco dopo, il Carbet avvista il periscopio del Sibyl ed apre il fuoco con una mitragliera da 20 mm, mentre l’UJ 2210, posizionato a poppavia dritta del convoglio, avvista ed evita con la manovra, di stretta misura (virando a sinistra con tutta la barra), tre siluri che gli passano 40-60 metri a poppa. Il cacciasommergibili risale poi le scie dei siluri, ottiene un contatto e lancia alle 16.12 un pacchetto di bombe di profondità (che esplodono piuttosto vicine al Sibyl); un aereo italiano lancia due bombe, ma senza colpire. L’UJ 2210 effettua poi un secondo attacco con cariche di profondità, al termine del quale ritiene di aver affondato l’attaccante; in realtà il Sibyl ha riportato solo lievi danni dallo scoppio delle 36 bombe di profondità lanciate tra le 16.12 e le 16.38.

25 aprile 1943

Il Riboty e l’incrociatore ausiliario Francesco Morosini scortano la motonave Città di Alessandria da Brindisi a Prevesa.

Maggio-Agosto 1943

Sottoposto a grandi modifiche dell’armamento nell’Arsenale di Venezia: in linea con le necessità di una nave primariamente adibita alla scorta di convogli, vengono sbarcati i due impianti lanciasiluri binati da 450 mm, due dei rimanenti sei cannoni da 102/45 mm (quelli ubicati davanti alla sovrastruttura di poppa) ed i tre cannoncini da 40/39 mm, mentre viene potenziato l’armamento contraereo, con l’installazione di sei mitragliere singole Oerlikon da 20/70 mm (due sul castello di prua, due al posto dei pezzi da 102/45 rimossi a poppa, una a cento nave al posto di un cannoncino da 40/39 mm, una a poppa), e quello antisommergibili, con l’incremento della dotazione di bombe di profondità. Per migliorare il campo di tiro delle armi contraeree, l’albero principale viene eliminato; gli aerei dell’antenna radio vengono sistemati sul secondo fumaiolo. La plancia viene dotata di una corazzatura leggera.

(Per altra fonte i tubi lanciasiluri sarebbero stati sbarcati nel 1944, mentre per altra ancora queste modifiche avrebbero avuto luogo già nel 1942; secondo un sito al loro posto sarebbero stati installati dei lanciabombe per bombe di profondità, un altro parla dell’aggiunta di mitragliere da 37 mm oltre a quelle da 20 mm).

(da www.kreiser.unoforum.pro)

Estate 1943

Il Riboty, insieme al Sebenico, forma la III Squadriglia Cacciatorpediniere, alle dipendenze del Dipartimento Militare Marittimo Ionio e Basso Adriatico, avente sede a Taranto. Rimane però a Venezia fino a settembre.

8 settembre 1943

Nel pomeriggio, cinque ore prima dell’annuncio alla radio della firma dell’armistizio tra l’Italia e gli Alleati, il Riboty salpa da Venezia per scortare a Bari la nave cisterna militare Nettuno.

10 settembre 1943

In mattinata Riboty e Nettuno arrivano a Bari, dove si sono da poco conclusi i combattimenti nel porto tra squadre di sabotatori tedeschi, che hanno invaso il porto attaccando le navi all’ormeggio (di queste sono state affondate le motonavi Vanda M. e Genepesca II ed il piroscafo Frosinone, mentre ha subito gravi danni la motonave Volodda e danni lievi il piroscafo Motia), e l’eterogenea forza di difesa portuale al comando del generale Nicola Bellomo, che dopo scontri costati la vita a tre italiani e sette tedeschi ha circondato e costretto questi ultimi alla resa. Calmatasi la situazione, giunge a terra un battellino con un ufficiale del sommergibile britannico Unrivalled, inviato in avanscoperta dal suo comandante; l’ufficiale chiede di provvedere a rifornire il prima possibile le navi mercantili e militari presenti in porto per poi farle salpare alla volta di Malta, come da disposizioni armistiziali, onde sottrarle ad eventuali nuove aggressioni tedesche.

Alle 13.30 lo stesso Unrivalled entra in porto, ed il suo comandante, tenente di vascello Hugh Bentley Turner, si reca a conferire con il contrammiraglio Tommaso Panunzio, comandante superiore del porto di Bari e del relativo Comando Marina. L’ammiraglio Panunzio fa notare che l’unica unità militare presente, a parte alcuni dragamine ausiliari, è il Riboty, che dovrebbe rimanere in un porto italiano e non andare a Malta; Turner si dichiara d’accordo ma chiede comunque di trasferire il Riboty a Taranto, per ragioni di sicurezza, e le navi mercantili a Malta, assumendosi personalmente il compito di scortare queste ultime.

Poco dopo le 17 il Riboty lascia dunque Bari alla volta di Taranto, mentre qualche ora dopo nove mercantili partiranno per Malta in convoglio con la scorta dell’Unrivalled. L’indomani salperanno alla volta di Malta anche la Nettuno ed altri sette mercantili, questi ultimi in convoglio e scortati dal sommergibile Unruly.

11 settembre 1943

Arriva a Taranto alle 23.

12 settembre 1943

Lascia Taranto poco prima delle dieci del mattino per trasferirsi a Malta come da disposizioni armistiziali, insieme ai sommergibili Atropo, Jalea e Fratelli Bandiera.

13 settembre 1943

Raggiunto alle 13.20 dal cacciatorpediniere britannico Troubridge, con compiti di scorta e pilotaggio nel tratto finale della navigazione, il piccolo convoglio giunge a Malta alle 20.35. Strada facendo sono state incontrate dapprima la corazzata Giulio Cesare con la portaidrovolanti Giuseppe Miraglia, anchesse dirette a Malta dallAdriatico (alle 00.20), e poi un convoglio britannico di sei mercantili scortati da due cacciatorpediniere e due navi maggiori (alle tre di notte).

A Malta, il Riboty si ormeggia inizialmente nella baia di St. Paul (insieme alla Miraglia, alle torpediniere Libra ed Orione ed ai sommergibili Atropo, Jalea, Fratelli Bandiera e Ciro Menotti), per poi trasferirsi a Marsa Scirocco dopo qualche giorno unitamente a Miraglia, Libra, Orione ed al piroscafetto requisito Luana.

6 ottobre 1943

Lascia Malta per fare ritorno in Italia, insieme alle torpediniere Ariete ed Orione, ai sommergibili Giada, Marea, Nichelio, Vortice, Onice e Platino, al cacciasommergibili ausiliario AS 121 Regina Elena ed al Luana.

Secondo il volume USMM "La Marina dall’8 settembre 1943 alla fine del conflitto" risulterebbe però che già il 30 settembre 1943 il Riboty abbia trasportato da Malta a Taranto un gruppo di una quarantina di superstiti del cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi, affondato da aerei tedeschi al largo della Sardegna l’11 settembre, soccorsi la notte seguente dal sommergibile britannico Sportsman, da questi sbarcati ad Algeri e poi portati a Malta il 28 settembre dai cacciatorpediniere Legionario ed Alfredo Oriani.

6 dicembre 1943

Il Riboty, le torpediniere Aliseo, Fortunale e Giuseppe Cesare Abba, la corvetta Urania ed il peschereccio armato antisommergibili britannico Grilse salpano da Augusta verso le sette del mattino per trasferirsi a Taranto, scortando i sommergibili Giada, Brin, Dandolo e Goffredo Mameli, insieme al convoglio AH. 11 (partito da Augusta il 6 dicembre, arrivato a Bari due giorni dopo, composto dai mercantili britannici Appledore, Atlantic Coast, Bantria, British Chancellor, Cap Padaran, Cape Howe, Deseado, Dornoch, Empire Franklin, Empire Capulet, Empire Tern, Fort Ash, Fort Erie, Fort Glenora, Fort Souris, Fort Nashwaak, Fort Caribou, Harlesden II, Ousel, Ocean Vengenance e Skeldergate, dagli statunitensi John R. Park e Timothy Bloodworth, dal norvegese Brisk, dal polacco Lech e dal danese Marit Maersk, con la scorta della corvetta britannica Sunflower).

Fine 1943-Maggio 1945

Durante la cobelligeranza scorta convogli Alleati ed effettua attività di collegamento con le corazzate Italia e Vittorio Veneto, internate nel Grande Lago Amaro.

1945

Dopo la fine delle ostilità in Europa, il Riboty viene impiegato per qualche tempo nel trasporto di materiali e personale lungo le coste italiane.

Marzo 1946

Ormai usurato dall’intensa attività bellica, viene posto in disarmo a Taranto.

Gagliardetto del Riboty, conservato a La Spezia (da www.catalogo.beniculturali.it)

2 febbraio 1947

Trasferito alla riserva.

10 febbraio 1947

Il Riboty è tra le unità assegnate dal trattato di pace firmato a Parigi all’Unione Sovietica in conto riparazione danni di guerra, insieme alla corazzata Giulio Cesare, all’incrociatore leggero Emanuele Filiberto Duca d’Aosta, ai cacciatorpediniere Artigliere e Fuciliere, alle torpediniere di scorta Animoso, Ardimentoso e Fortunale, ai sommergibili Marea e Nichelio, alla nave scuola Cristoforo Colombo ed a varie unità minori ed ausiliarie (MAS, motosiluranti, vedette antisommergibili, navi cisterna, motozattere, una nave trasporto e dodici rimorchiatori).

In vista del trasferimento, la Marina sovietica ha già scelto un nuovo nome per il Riboty, ed anzi ha trovato anche il tempo di cambiare idea: dapprima Nepristupnyy, poi Lyubopytnyy (o Lubopytnyi); tuttavia i sovietici, dopo aver ispezionato il vecchio cacciatorpediniere, ne rifiuteranno la consegna per via della sua obsolescenza e delle cattive condizioni in cui versa, tali persino da impedirgli di trasferirsi con i propri mezzi ad Odessa (per lo stesso motivo vengono rifiutati i MAS 520 e 521, la motosilurante MS 53 ed i rimorchiatori Rapallo, Lampedusa, N 35, N 37, N 80 e N 94, mentre la VAS 246 è stata distrutta da un incendio a Venezia prima della consegna). Viene invece concordata una compensazione economica.

1° maggio 1950

Radiato dai quadri del naviglio militare.

1951

Avviato alla demolizione. Per altra fonte ("Mussolini’s Navy" di Maurizio Brescia e "Navi e marinai italiani nella seconda guerra mondiale" di Erminio Bagnasco), invece, dopo la radiazione la nave sarebbe stata invece impiegata come pontone/nave caserma a Taranto per alcuni anni con la denominazione di F 3 (altra fonte afferma che F 3 fosse una sigla provvisoria assegnata in vista della cessione all’Unione Sovietica, ma sembra improbabile, considerato che le sigle assegnate alle unità destinate all’URSS iniziavano tutte per "Z"), venendo demolita soltanto a metà anni ’50.


Il cofano portabandiera del Riboty, conservato al Sacrario delle Bandiere del Vittoriano a Roma (da www.ilmarenelcuore.it)


L’Augusto Riboty su Trentoincina

I cacciatorpediniere classe Mirabello

L’impegno navale italiano durante la guerra civile spagnola

Spoils of War: The Fate of Enemy Fleets after the Two World Wars