sabato 10 agosto 2024

Maria Immacolata

Il Maria Immacolata (Coll. Vincenzo Cincotta, foto tratta dal libro “Con il favore di Eolo” di Rossana Copez)


Motoveliero da carico (nave goletta) di 248 tsl e 221 tsn, lungo 37,89 metri, largo 8,2 e pescante 3,87. Di proprietà dell’armatrice Maddalena Del Gatto & C. di Torre del Greco, iscritto con matricola 1072 al Compartimento Marittimo di Torre del Greco, nominativo di chiamata IQFM.

Breve e parziale cronologia.

1921
Costruito nel cantiere Gabella del Pesce di Torre del Greco.
1937-1940
È comandante del Maria Immacolata il capitano S. Palomba.
10 giugno 1940
L'Italia entra nella seconda guerra mondiale. Il Maria Immacolata, a differenza della maggior parte dei motovelieri, non sarà mai requisito dalla Regia Marina, né tanto meno iscritto nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato.

Un’altra immagine del Maria Immacolata (Coll. Vincenzo Cincotta, da “Con il favore di Eolo” di Rossana Copez)


8 aprile 1941
Rimane danneggiato a Durazzo in conseguenza di una collisione con la motonave Aquileia.
11 maggio 1941
Il Maria Immacolata, i motovelieri San Paolo e Sparviero, il piroscafo per recuperi Raffio e la piccola nave cisterna Elisa salpano da Trapani per Tripoli all'1.30, navigando senza scorta.
16 maggio 1941
Il convoglio sosta a Pantelleria.
19 maggio 1941
Il convoglio sosta a Lampedusa.
21 maggio 1941
Il convoglio giunge a Tripoli a mezzogiorno.
Fine 1941
Assume il comando del Maria Immacolata, a Napoli, il padrone marittimo Bartolo Cincotta, che sarà il suo ultimo comandante. Con equipaggio misto civile e militare, il motoveliero, pur non essendo requisito, è impiegato nel trasporto di viveri e munizioni per conto dell’autorità militare.

L’equipaggio del Maria Immacolata nel 1941-1942 (da “Con il favore di Eolo” di Rossana Copez)


L'affondamento

Alle dieci del mattino del 10 marzo 1942 il Maria Immacolata, al comando del padrone marittimo Bartolo Cincotta, salpò da Trapani diretto a Tripoli in convoglio con altri due motovelieri, il Daino ed il Maria Camali: tutti e tre trasportavano viveri destinati alla popolazione civile della Libia.
Il piccolo convoglio sostò a Pantelleria dalle otto di sera dell'11 marzo alle cinque del pomeriggio del giorno successivo, dopo di che proseguì verso la Libia, sempre senza scorta: ma alle 11.40 del 13 marzo, il Maria Immacolata venne avvistato da 5500 metri di distanza, su rilevamento 040°, dal sommergibile britannico Una, al comando del tenente di vascello Compton Patrick Norman.
Questi identificò la sua preda come una goletta a tre alberi, apprezzandone la rotta come 130°; non si accorse invece, per loro fortuna, della presenza di Daino e Maria Camali, che seguivano il Maria Immacolata a distanza.
L'Una era in mare da sei giorni, dopo essere partito da Malta per la sua sesta missione di guerra (la quarta in Mediterraneo, ma la prima al comando di Norman, che aveva preso imbarco sul battello meno di un mese prima), un pattugliamento nelle acque delle Kerkennah; non aveva colto successi, attaccando infruttuosamente un mercantile scortato il 10 marzo e venendo sottoposto a caccia dall’unità di scorta.

Norman giudicò che il motoveliero avvistato fosse probabilmente diretto a Tripoli con un carico di armi, pertanto decise alle 11.45 di inseguirlo per attaccarlo; alle 12.18, serrate le distanze a soli 550 metri, emerse in posizione 35°26' N e 11°11' E, a 60° a proravia sinistra del Maria Immacolata, ed aprì il fuoco con il cannone da 76 mm, che tuttavia fece cilecca.
Il motoveliero italiano tentò allora di accostare in fuori e fuggire verso la costa, ma l'Una lo inseguì ed alle 12.22 aprì il fuoco con la mitragliera Lewis; un minuto più tardi, dopo una breve reazione con la mitragliera da 20 mm che costituiva il suo unico armamento difensivo (questo secondo il volume USMM "La difesa del traffico con l'Africa Settentrionale dal 1° ottobre 1941 al 30 settembre 1942"; nel giornale di bordo dell'Una non si parla invece di fuoco di mitragliera ma di un singolo colpo di fucile), l'equipaggio del Maria Immacolata abbandonò la nave prendendo posto in un battellino.
Riparata l'avaria al cannone da 76 mm e lasciato al battellino il tempo di allontanarsi un poco dal motoveliero, l'Una aprì il fuoco da soli 70 metri di distanza, praticamente a bruciapelo, e venti minuti più tardi, alle 12.43, il relitto crivellato del Maria Immacolata scivolò sotto le onde a 7,8 miglia per 135° dal faro di Mahdia, sulla costa tunisina (secondo il giornale di bordo dell'Una; secondo fonti italiane, a circa 6 miglia per 135°, cioè a sud/sudest, di Mahdia ed al largo di Ras Selaetà).

Non si lamentarono vittime tra i dieci uomini che componevano l'equipaggio del Maria Immacolata; unico ferito fu il comandante Cincotta, colpito dal tiro della mitragliera Lewis. L'Una si avvicinò al battellino contenente i naufraghi, cui Norman disse di raggiungere la costa, distante otto miglia; poi s'immerse, alle 12.55, e si ritirò verso est. L'Una aveva sparato in tutto 30 colpi con il cannone da 76 mm e 500 con la mitragliatrice Lewis.
I naufraghi del Maria Immacolata raggiunsero indenni Susa a forza di remi; qui approdarono, quello stesso pomeriggio, anche il Daino ed il Maria Camali.

Il già citato volume USMM "La difesa del traffico con l’Africa Settentrionale dal 1° ottobre 1941 al 30 settembre 1942" dà per morto il povero comandante Cincotta, affermando che «il motoveliero… è ben presto paralizzato per la morte del suo comandante»: si tratta, fortunatamente, di un errore.
Bartolo Antonino Gaetano (noto come “Vartulu” o “Lillino”) Cincotta era nato a Lipari, nel villaggio di Agliozzo, nel 1915, da una stirpe di marinai: il padre, Vincenzo Cincotta, originario di Stromboli, era comandante ed armatore di tre velieri; sul suo veliero più grande, bello e nuovo, il brigantino goletta Giuseppe, lo stesso Bartolo aveva iniziato a farsi le ossa da ragazzino, come da tradizione, per poi passare sui piccoli postali che collegavano le Eolie alla Sicilia. Nel 1940 era secondo ufficiale sulla nave cisterna Frisco, sorpresa in Brasile dallo scoppio della guerra: dopo quasi un anno d’internamento, la vecchia petroliera aveva lasciato il Sudamerica e raggiunto la Francia occupata violando il blocco britannico, impresa che era valsa a Cincotta, come agli altri ufficiali, la Croce di Guerra al Valor Militare, una ricompensa in denaro ed una licenza premio. Dopo essersi riunito a Lipari con la giovane moglie, alla fine del 1941 era stato richiamato in servizio e destinato al comando del Maria Immacolata, fino al fatale incontro con l'Una.

Sopra, il padrone marittimo Bartolo Cincotta, ultimo comandante del Maria Immacolata; sotto, Bartolo Cincotta e la moglie Lola a bordo del Maria Immacolata, a Vibo Valentia nel 1941 (da “Con il favore di Eolo” di Rossana Copez)



Quel giorno, dopo aver ordinato il “si salvi chi può”, Cincotta si trattenne a bordo mentre l'equipaggio s’imbarcava sul battellino, dovendo abbandonare la nave per ultimo; mentre si stava calando nell’imbarcazione lungo una biscaglina, fu colpito al torace da una scheggia di mitragliatrice (o da un proiettile) e cadde nel battellino, gravemente ferito. Portato a terra dai suoi uomini, fu ricoverato nell’ospedale di Susa, come la moglie apprese il 18 marzo da un telegramma a firma del capo di Stato Maggiore della Marina, ammiraglio Arturo Riccardi: sulle prime era circolata notizia che il marito fosse morto o disperso (forse da qui trae origine l'equivoco del volume USMM accennato più sopra), ma lei non aveva voluto crederci, ed aveva avuto ragione. Dopo tre mesi di convalescenza Cincotta poté finalmente fare ritorno a Lipari; non navigò più, sia per le pressioni della moglie che per i postumi delle ferite, tra cui un dolore persistente alla gamba destra, che si scoprì in seguito essere causato da un proiettile lungo 5 cm rimasto conficcato nel polpaccio (la commissione medica che visitò Cincotta nel 1966 per l'assegnazione della pensione di guerra parlò di «migrazione del proiettile dall’emitorace destro alla coscia destra», senza riuscire a trovare una spiegazione su come potesse essere avvenuta). Non fu mai estratto: Cincotta lo avrebbe portato nella gamba fino alla morte, avvenuta nel 1977.
Trasferitosi nel 1945 a Cagliari, a guerra appena finita, per rimettere in piedi una fabbrica di materiale edilizio impiantata negli anni Trenta dal cognato Francesco La Cava e distrutta dai bombardamenti, nel 1946 Cincotta vi fondò un'agenzia di servizi marittimi e portuali, attiva ancora oggi sotto la guida dei suoi figli e nipoti.

Sopra, telegramma a firma dell’ammiraglio Riccardi con cui si comunica la notizia del ferimento di Bartolo Cincotta; sotto, documenti medici relativi al ferimento (da “Con il favore di Eolo” di Rossana Copez)




L'affondamento del Maria Immacolata nel giornale di bordo dell'Una (da Uboat.net):

"1140 hours - Sighted a 3-masts schooner bearing 040°, range 6000 yards, enemy course 130°.
1145 hours - Gave chase to this schooner.
1218 hours - Surfaced in position 35°26'N, 11°11'E, 60° on the Port bow of the schooner at a range of 600 yards. Engaged with the gun but it misfired.
1222 hours - The schooner turned away towards the coast. Gave chase and engaged it with the Lewis gun.
1223 hours - The crew of the schooner abandoned ship after firing one round with a rifle. The defect on the 12pdr. gun was made good and fire was opened from 80 yards.
1243 hours - The schooner sank in position 135°, Mahedia Light, 7.8 nautical miles. Closed the survivors in their boat. They were not picked up and ordered to make for the coast 8 nautical miles away.
1255 hours - Dived and withdrew to the East. During the action 30 round were fired with the 12pdr. gun and 500 with the Lewis gun."


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