Lo
Scirocco (g.c. Giorgio Parodi via www.naviearmatori.net)
|
Cacciatorpediniere della classe Maestrale (dislocamento standard 1680 tonnellate, in carico normale 2025, a pieno carico 2235). In guerra fu impiegato sia nelle azioni con la squadra da battaglia che nella scorta ai convogli tra l’Italia e l’Africa Settentrionale, effettuando complessivamente 96 missioni (16 addestrative, 14 di scorta convogli, 13 con la squadra navale, 4 di posa di mine, 2 di trasporto, una di caccia antisommergibile e 46 di trasferimento o di altro tipo) e percorrendo 33.906 miglia, passando 2288 ore in mare e 109 giorni ai lavori.
Breve
e parziale cronologia.
29
settembre 1931
Impostazione nei Cantieri Navali del Tirreno di
Riva Trigoso (numero di costruzione 114).
22
aprile 1934
Varo nei Cantieri Navali del Tirreno di Riva
Trigoso.
Durante il successivo trasferimento a rimorchio da
Riva Trigoso a Genova un forte vento con mare in aumento costringono il
cacciatorpediniere incompleto ed il rimorchiatore (al comando del capitano
Tommaso Stagnaro) a riparare tra Portofino e Rapallo.
Due
immagini del varo dello Scirocco:
sopra, da Flickr (utente Nicola Ceragioli); sotto, da “Riva Trigoso. Il
cantiere e la sua storia” di Edoardo Bo, via Franco Lena e www.naviearmatori.net
31
ottobre 1934
Entrata in servizio. Inizialmente è classificato
come esploratore, e va quindi a formare, con i gemelli Maestrale, Grecale e Libeccio, la X Squadriglia Esploratori;
solo a fine anni ’30 le navi saranno riclassificate cacciatorpediniere e di
conseguenza la squadriglia cambierà nome in X Squadriglia Cacciatorpediniere.
Lo
Scirocco procede ad alta velocità nel
Tirreno, foto scattata alle 15 del 10 aprile 1935 da un aereo della 141a
Squadriglia da Ricognizione (Coll. M. Brescia, via www.associazione-venus.it)
|
19 ottobre 1936
Lo Scirocco
è tra le navi che accorrono in soccorso del transatlantico Vulcania (capitano Stuparich), partito da Napoli per New York alle
4 del mattino con 1100 persone a bordo e dal quale, alle 7 del mattino, è sato
lanciato un SOS per incendio a bordo (scoppiato alle 5.15 a circa 45 miglia da
Napoli), chiedendo assistenza immediata. La nave è stata fermata poco dopo
l’inizio dell’incendio, e le lance preparate per l’ammaino (anche se non ci
sarà bisogno di usarle). Sul luogo giungono per primi due battelli antincendio ed
una motonave passeggeri, tutte inviate dal comandante del Porto di Napoli.
Oltre allo Scirocco sono inviate in
soccorso della Vulcania anche le
motonavi passeggeri Città di Tunisi e
Città di Palermo, la motonave mista Esquilino e due battelli antincendio, ma
nessuna delle unità giungerà sul luogo, perché l’incendio – probabilmente
causato da un cortocircuito in un corridoio che porta in sala macchine – potrà
essere domato nel giro di un’ora con i mezzi disponibili a bordo. Si dovranno
però lamentare quattro morti tra l’equipaggio della Vulcania, che sarà costretta a riparare a Palermo, giungendovi nel
pomeriggio.
Lo
Scirocco passa nel canale navigabile
di Taranto intorno al 1935-1936 (Coll. Maurizio Brescia, via www.associazione-venus.it)
|
1937-1938
Partecipa alle operazioni della guerra civile
spagnola, scortando i mercantili che trasportano in Spagna i militari italiani
del Corpo Truppe Volontarie.
Due
foto dello Scirocco in missione di
scorta a navi con truppe e rifornimenti del Corpo Truppe Volontarie, scattate
da bordo di una di tali navi (g.c. Giacomo Toccafondi via
miles.forumcommunity.net)
7 aprile 1939
Prende parte allo sbarco e occupazione italiana
dell’Albania inquadrato nel 3° Gruppo Navale, che lo Scirocco forma insieme ai gemelli Grecale e Libeccio, ad un
quarto cacciatorpediniere, il Saetta,
alle corazzate Giulio Cesare e Conte di Cavour, alle torpediniere Castore, Climene, Centauro e Cigno, al posamine Azio, alla cisterna militare Isonzo
ed al grosso piroscafo Sannio. Il 3°
Gruppo, al comando dell’ammiraglio di squadra Arturo Riccardi (che ha il
comando generale delle operazioni navali) ed incaricato dell’occupazione di Valona,
giunge dinanzi al proprio obiettivo nelle prime ore del 7 aprile. Lo sbarco
avviene con un ritardo di circa un’ora, e le truppe italiane – sbarcano per
prime le compagnie da sbarco di marinai (tra cui anche quelli dello Scirocco, che partecipano anche
all’occupazione del locale ufficio postale), seguite poi dalla fanteria – sono
accolte da quelle albanesi, asserragliate negli edifici della gendarmeria,
della dogana e del museo archeologico, con tiro di fucili e mitragliere che
viene però ridotto al silenzio dopo un cannoneggiamento di circa dieci minuti
da parte delle torpediniere. Così spezzate le resistenze nell’area portuale, il
resto della città sarà agevolmente occupato dai reparti italiani.
1939-1940
In seguito a lavori di modifica dell’armamento, le
due mitragliere singole da 40/39 mm vengono rimosse, e l’armamento contraereo
viene potenziato e ammodernato con l’imbarco di due mitragliere binate da
13,2/76 mm e di sei Breda singole da 20/65 mm modello 1939/1940 (in
controplancia ed a poppavia del fumaiolo); sono imbarcati anche due
scaricabombe per bombe di profondità.
31
maggio 1940
Lo Scirocco
fa parte della X Squadriglia Cacciatorpediniere, che forma con i gemelli Libeccio, Maestrale e Grecale: la
Squadriglia dei “Quattro Venti”. La X Squadriglia è assegnata alla II Divisione
Navale (incrociatori leggeri Giovanni
delle Bande Nere e Bartolmeo Colleoni)
della 2a Squadra Navale.
10
giugno 1940
L’Italia entra nella seconda guerra mondiale.
Lo stesso 10 giugno la X Squadriglia esegue una
ricognizione notturna tra Marettimo e Capo Bon; in suo appoggio escono da
Messina e Napoli gli incrociatori pesanti Pola
(nave ammiraglia), Trento e Bolzano (III Divisione Navale), gli
incrociatori leggerei Eugenio di Savoia,
Emanuele Filiberto Duca d’Aosta, Muzio Attendolo e Raimondo Montecuccoli (VII Divisione Navale) e quattro
cacciatorpediniere. Tutte le navi rientrano alle basi entro la sera dell’11
giugno.
22-24
giugno 1940
La X Squadriglia prende il mare insieme alle
Squadriglie Cacciatorpediniere IX e XII, alle Divisioni incrociatori I, II e
III ed all’incrociatore pesante Pola
(tutta la II Squadra Navale, più la I Divisione) per fornire copertura alla VII
Divisione ed alla XIII Squadriglia Cacciatorpediniere, inviate a compiere
un’incursione contro il traffico mercantile francese nel Mediterraneo
occidentale. Le forze della II Squadra, partite da Messina (Pola e III Divisione), Augusta (I
Divisione, lì giunta da Taranto la notte tra il 21 ed il 22) e Palermo (II
Divisione) il 22 giugno, si riuniscono al tramonto dello stesso giorno a nord
di Palermo. L’operazione non porta comunque ad incontrare alcuna nave nemica.
2
luglio 1940
Lo Scirocco,
le tre unità gemelle, la I Divisione (incrociatori pesanti Zara, Fiume e Gorizia), gli incrociatori leggeri Giovanni delle Bande Nere e Bartolomeo Colleoni e la IX Squadriglia
Cacciatorpediniere (Vittorio Alfieri,
Alfredo Oriani, Vincenzo Gioberti, Giosuè
Carducci) forniscono scorta indiretta ai trasporti truppe Esperia e Victoria, di ritorno vuoti da Tripoli a Napoli con la scorta delle
torpediniere Procione, Orsa, Orione e Pegaso.
4
luglio 1940
Il convoglio raggiunge Napoli.
6
luglio 1940
Salpa da Napoli (per altra fonte da Augusta) alle
19.45, insieme ai tre gemelli ed agli incrociatori leggeri Bande Nere e Colleoni, costituendo
il gruppo di scorta diretta al primo convoglio di grandi dimensioni inviato in
Libia (operazione «TCM»): lo compongono il piroscafo Esperia (con 1571 militari a bordo) e le motonavi Calitea (con 619 militari a bordo), Marco Foscarini, Francesco Barbaro e Vettor
Pisani (queste ultime tre, da carico, aventi a bordo in tutto 232
automezzi, 5720 tonnellate di carburanti e lubrificanti e 10.445 tonnellate di
altri rifornimenti), partite da Napoli alle ore 18 (tranne la Barbaro che si aggiungerà l’indomani da
Catania) e scortate dalle moderne unità della XIV Squadriglia Torpediniere (Orsa, Procione, Orione e Pegaso).
A protezione del convoglio è in mare pressoché
tutta la flotta italiana: 35 miglia ad est, per scorta indiretta, vi sono
l’incrociatore pesante Pola, la I e
III Divisione con cinque incrociatori pesanti e le Squadriglie
Cacciatorpediniere IX, XI e XII con dodici unità in tutto; 45 miglia ad ovest
vi sono i quattro incrociatori leggeri della VII Divisione ed i quattro
cacciatorpediniere della XIII Squadriglia. In più vi è un gruppo di
protezione/sostegno costituito dall’intera 1a Squadra Navale, con le
due corazzate della V Divisione, i sei incrociatori leggeri della IV e VIII
Divisione ed i tredici cacciatorpediniere della VII, VIII, XV e XVI Squadriglia.
7
luglio 1940
In mattinata si uniscono al convoglio la Barbaro e le obsolete torpediniere Rosolino Pilo e Giuseppe Cesare Abba, assegnate alla sua scorta, provenienti da
Catania. Il convoglio, procedendo a 14 nodi, segue rotta apparente verso Tobruk
fino a giungere in un punto situato 245 miglia a nordovest di Bengasi, quindi assume
rotta verso quest’ultimo porto; dopo altre 100 miglia il convoglio si divide,
lasciando proseguire a 18 nodi le più veloci Esperia e Calitea, mentre
le motonavi da carico manterranno una velocità di 14 nodi.
8
luglio 1940
All’1.50 l’ammiraglio Inigo Campioni, comandante
della flotta italiana, a seguito di avvistamenti della ricognizione che
rivelano la presenza in mare della Mediterranean Fleet britannica (anch’essa uscita
a tutela di convogli), ordina al convoglio, che si trova in rotta 147° (per
Bengasi) di assumere rotta 180°, in modo da essere pronto ad essere dirottato
su Tripoli in caso di necessità. Alle 7.10, appurato che la Mediterranean Fleet
non può essere diretta ad intercettare il convoglio, Campioni ordina a
quest’ultimo di tornare sulla rotta per Bengasi.
Il convoglio «TCM» arriva a Bengasi, dopo una
navigazione tranquilla, tra le 18 e le 22; la II Divisione e la X Squadriglia
vengono inviate a Tripoli.
9 luglio
1940
La II Divisione e la X Squadriglia vengono
dislocate a Tripoli. Queste unità non parteciperanno quindi alla battaglia di
Punta Stilo, scatenatasi il giorno seguente tra la flotta italiana (1a
e 2a Squadra Navale) e quella britannica e conclusasi senza
vincitori né vinti.
Successivamente, mentre la II Divisione sarà
inviata in Mediterraneo Orientale (subendo la perdita del Colleoni ed il danneggiamento del Bande Nere nello scontro di Capo Spada del 20 luglio), la X
Squadriglia rientrerà in Italia scortando un convoglio.
27
luglio 1940
Lo Scirocco,
assieme a Maestrale, Libeccio e Grecale, salpa da Catania e si aggrega alla scorta (torpediniere Orsa, Procione, Orione e Pegaso) di un convoglio composto dai
piroscafi Maria Eugenia, Bainsizza e Gloriastella e dalle motonavi Mauly,
Col di Lana, Francesco Barbaro e Città di
Bari, in navigazione da Napoli a Tripoli nell’ambito dell’operazione
«Trasporto Veloce Lento». A protezione di questo e di un secondo convoglio
diretto a Bengasi sono in mare, dal 30 luglio al 1° agosto, gli incrociatori
pesanti Pola, Zara, Fiume, Trento e Gorizia, gli incrociatori leggeri Alberico Da Barbiano, Alberto
Di Giussano, Luigi di Savoia Duca
degli Abruzzi, Eugenio di Savoia,
Raimondo Montecuccoli e Muzio Attendolo e la IX, XII, XIII e XV
Squadriglia Cacciatorpediniere con quindici unità.
30
luglio 1940
Intorno alle 14 il convoglio viene attaccato,
circa 20 miglia a sud di Capo dell’Armi (ed a sudovest di Capo Spartivento),
dal sommergibile britannico Oswald,
che lancia alcuni siluri contro il Grecale
e la Col di Lana: il
cacciatorpediniere riesce però a schivare le armi, che mancano anche la
motonave.
1°
agosto 1940
Il convoglio raggiunge indenne Tripoli alle 9.45.
8
agosto 1940
Lo Scirocco
(capitano di fregata Gatteschi), insieme a Maestrale
(caposquadriglia, capitano di vascello Garofalo), Grecale (capitano di fregata Cacace) e Libeccio (capitano di fregata Simola), lascia Palermo diretto a
Trapani in preparazione della posa degli sbarramenti di mine 5 AN (200 mine
tipo P 200) e 5 AN bis (240 mine tipo Elia), tra Pantelleria e la Tunisia. Qui
i quattro cacciatorpediniere dell X Squadriglia imbarcano le mine da posare,
per poi partire alle 17.40, preceduti di quaranta minuti dal posamine
ausiliario (ex traghetto ferroviario) Scilla
che è scortato dalle torpediniere Antares
(tenente di vascello Senese) e Sagittario
(capitano di fregata Del Cima).
9
agosto 1940
La posa – effettuata dallo Scilla per il 5 AN e dalla X Squadriglia per il 5 AN bis - avviene
regolarmente; per determinare correttamente la posizione, vengono usati oltre
al faro di Pantelleria anche quelli di Capo Bon e Kelibia, accesi dal Comando
francese di Biserta su richiesta della Commissione Italiana di Armistizio con
la Francia (CIAF) a sua volta sollecitata da Supermarina.
Il 23 agosto il cacciatorpediniere britannico Hostile (capitano di corvetta Anthony
Frank Burnell-Nugent) urterà una delle mine dello sbarramento 5 AN, riportando
danni tanto gravi da costringere il gemello Hero
a dargli il colpo di grazia, affondandolo nel punto 36°53’ N e 11°19’ E, una
ventina di miglia a sudest di Capo Bon.
Scirocco, Maestrale, Libeccio, Grecale, Scilla, Sagittario ed Antares
rientrano a Trapani tra le 11 e le 12; le quattro unità della X Squadriglia e
lo Scilla imbarcano subito le mine
per altri due campi minati, il 6 AN (200 mine tipo P 200) ed il 6 AN bis (240
mine tipo Elia), e ripartono nel pomeriggio (lo Scilla è scortato ancora da Antares
e Sagittario). Anche queste
operazioni di posa (effettuate dallo Scilla
per il 6 AN e dalla X Squadriglia per il 6 AN bis) sono effettuate
regolarmente; la X Squadriglia raggiunge poi Palermo, da dove ripartirà per
ricongiungersi con la sua Squadra.
1°
settembre 1940
A seguito della riorganizzazione delle forze
navali e dello scioglimento della II Divisione a seguito dello scontro di Capo
Spada, la X Squadriglia Cacciatorpediniere viene assegnata, insieme alla XIII (Granatiere, Bersagliere, Fuciliere, Alpino), alla IX Divisione Navale
(corazzate Littorio e Vittorio Veneto) della 1a
Squadra Navale.
1-2
settembre 1940
Lo Scirocco
partecipa all’uscita in mare della flotta a contrasto dell’operazione
britannica «Hats». La X Squadriglia cui appartiene (con Maestrale, Grecale e Libeccio) parte da Taranto alle sei del
mattino del 31 agosto insieme alla IX Divisione (corazzate Littorio, nave di bandiera
dell’ammiraglio di squadra Inigo Campioni, e Vittorio Veneto), alla V Divisione (corazzate Caio Duilio, Conte di Cavour e Giulio
Cesare, quest’ultima aggregatasi solo il 1° settembre a causa di avarie),
alla I Divisione (incrociatori pesanti Zara,
Pola, Fiume e Gorizia),
all’VIII Divisione (incrociatori leggeri Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi e Giuseppe Garibaldi) ed ad alle Squadriglie Cacciatorpediniere VII (Freccia, Dardo, Saetta, Strale), VIII (Folgore, Fulmine, Lampo, Baleno), XIII (Granatiere,
Bersagliere, Fuciliere, Alpino), XV (Antonio Pigafetta, Alvise Da Mosto, Giovanni Da
Verrazzano e Nicolò Zeno), e XVI
(Nicoloso Da Recco, Emanuele Pessagno, Antoniotto Usodimare). Complessivamente all’alba del 31 prendono il
mare da Taranto, Brindisi e Messina 4 corazzate, 13 incrociatori della I, III,
VII e VIII Divisione e 39 cacciatorpediniere. Alle 22.30 la formazione
italiana, che procede a 20 nodi, riceve l’ordine di impegnare le forze nemiche
lungo la rotta 155°, a nord della congiungente Malta-Zante, dunque deve
cambiare la propria rotta per raggiungerle (o non potrebbe prendere contatto
con esse), dirigendo più verso sudovest (verso Malta) e superando la
congiungente Malta-Zante. Il mattino del 1° settembre, tuttavia, il vento, già
in aumento dalla sera precedente, dà origine ad una violenta burrasca da
nordovest forza 9, che verso le 13 costringe la flotta italiana a tornare alle
basi, perché i cacciatorpediniere non sono in grado di tenere il mare compatibilmente
con le necessità operative (non potendo restare in formazione né usare
l’armamento). Poco dopo la mezzanotte del 1° settembre le unità italiane
entrano nelle rispettive basi; tutti i cacciatorpediniere sono stati
danneggiati (specie alle sovrastrutture) dal mare mosso, alcuni hanno perso
degli uomini in mare. Le navi verranno tenute pronte a muovere sino al
pomeriggio del 3 settembre, ma non si concretizzerà alcuna nuova occasione.
7-9
settembre 1940
Lo Scirocco
lascia Taranto alle 16 del 7, insieme ai tre gemelli, al resto della 1a
Squadra (corazzate Littorio e Vittorio Veneto della IX Divisione, Cesare e Cavour della V Divisione e Duilio della VI Divisione;
cacciatorpediniere Granatiere, Bersagliere, Fuciliere ed Alpino della
XIII Squadriglia, Freccia, Saetta e Dardo della VII Squadriglia, Folgore,
Fulmine e Baleno dell’VIII Squadriglia) ed alla 2a Squadra
(incrociatore pesante Pola,
ammiraglia della squadra; incrociatori pesanti Zara e Gorizia della I
Divisione, Trento, Trieste e Bolzano della III Divisione; cacciatorpediniere Carabiniere, Ascari e Corazziere della
XII Squadriglia, Alfieri della IX
Squadriglia e Geniere della XI
Squadriglia). La flotta italiana, che procede a 24 nodi, è diretta a sud della
Sardegna (in modo da trovarsi 50 miglia a sud di Cagliari entro le 16 del
giorno seguente), per intercettare la Forza H britannica che si presume diretta
verso Malta; in realtà tale formazione, salpata da Gibilterra alle 6, ha
soltanto simulato un’incursione in Mediterraneo, per coprire il vero obiettivo
per della propria uscita in mare: dirigersi in Atlantico e raggiungere
Freetown, per poi attaccare le forze francesi a Dakar. Qualora non sia
possibile ottenere il contatto con il nemico, gli ordini prevedono di dirigere
per il Basso Tirreno a levante della congiungente Capo Carbonara-Marettimo, poi
raggiungere il meridiano 8° Est per le ore 7 del 9 settembre.
Le due squadre navali attraversano lo stretto di
Messina nella notte tra il 7 e l’8 e raggiungono il punto prestabilito a sud
della Sardegna alle 16 dell’8 settembre; però, dato che la ricognizione non ha
avvistato alcuna nave nemica (visto che la Forza H, dopo la “finta”, si è
diretta in Atlantico), la formazione italiana inverte la rotta e, per ordine di
Supermarina, raggiunge le basi del Tirreno meridionale (Napoli per la 1a
Squadra, Palermo e Messina per la I e III Divisione rispettivamente). Le navi
si riforniscono di carburante e rimangono pronte a muovere, ma non ci sono novità sul nemico,
ergo nel pomeriggio del 10 settembre lasciano Napoli e Palermo per tornare
nelle basi di dislocazione; la 1a Squadra giungerà a Taranto nel
tardo pomeriggio dell’11.
29
settembre-1° ottobre 1940
Lo Scirocco
lascia Taranto la sera del 29 settembre, insieme ai tre gemelli nonché
all’incrociatore pesante Pola,
alle Divisioni I (incrociatori pesanti Zara,
Fiume, Gorizia), V (corazzate Giulio
Cesare e Conte di Cavour), VII
(incrociatori leggeri Muzio Attendolo
e Raimondo Montecuccoli, da
Brindisi), VIII (incrociatori leggeri Giuseppe
Garibaldi e Luigi di Savoia Duca
degli Abruzzi) e IX (corazzate Littorio
e Vittorio Veneto) e le Squadriglie
Cacciatorpediniere VII (Dardo, Saetta, Strale), XIII (Granatiere, Bersagliere, Alpino), XV
(Da Mosto, Da Verrazzano) e XVI (Pessagno,
Usodimare) (il Pola con la I Divisione e 4 cacciatorpediniere partono alle
18.05 e le altre unità alle 19.30) e da Messina la III Divisione con 4
cacciatorpediniere per contrastare un’operazione britannica in corso, la «MB. 5».
La formazione uscita da Taranto assume rotta 160° e velocità 18 nodi,
riunendosi con le navi provenienti da Messina alle 7.30 del 30 settembre. In
mancanza di elementi sufficienti ad apprezzare la composizione ed i movimenti
della Mediterranean Fleet ed in considerazione dello svilupparsi di una
burrasca da Scirocco (che avrebbe
reso impossibile una navigazione ad alta velocità verso sud da parte dei
cacciatorpediniere) Supermarina decide di rinunciare a contrastare l’operazione
ed ordina alle unità in mare di invertire la rotta alle 6.25 del 30 ed
incrociare dapprima tra i paralleli 37° e 38°, poi (dalle 10.30) 38° e 39° ed
alle 14 fare rotta verso sudovest sino a raggiungere il 37° parallelo, poi,
alle 17.20, di rientrare alle basi. Navigando nella burrasca, la flotta
italiana raggiunge le basi tra l’una e le quattro del mattino del 1° ottobre,
vi si rifornisce in fretta e rimane in attesa di un’eventuale nuova uscita per
riprendere il contrasto, ma in base alle nuove informazioni ottenute ciò
risulterà impossibile, pertanto, alle 14.00 del 2 ottobre, le navi riceveranno
l’ordine di spegnere le caldaie.
11-12
novembre 1940
Lo Scirocco
si trova ormeggiato in Mar Piccolo a Taranto (banchina torpediniere/banchina di
Porta Ponente) insieme al resto della X Squadriglia, quando la base viene
attaccata da aerosiluranti britannici che affondano la corazzata Conte di Cavour e pongono fuori uso la Littorio e la Duilio. Della X Squadriglia, il Libeccio
viene leggermente danneggiato da una bomba che non esplode.
Nel pomeriggio del 12 novembre la X Squadriglia,
insieme alla XIII Squadriglia ed alle corazzate Vittorio Veneto, Giulio
Cesare ed Andrea Doria (uniche
uscite indenni dall’attacco) lascia Taranto, base non più sicura, e raggiunge
Napoli.
La
nave a Taranto (da www.marina.difesa.it
via Marcello Risolo)
|
11-12 gennaio 1941
Lo Scirocco,
insieme ai tre gemelli, ad una sezione della XIII Squadriglia
Cacciatorpediniere (Granatiere ed Alpino) ed ai cacciatorpediniere Freccia e Saetta della VII Squadriglia, parte da La Spezia alle 4 dell’11
gennaio, scortando le corazzate Andrea
Doria e Vittorio Veneto (nave di
bandiera dell’ammiraglio di squadra Angelo Iachino) inviate ad intercettare e
finire la portaerei britannica Illustrious,
che è stata gravemente danneggiata dalla Luftwaffe, nel canale di Sicilia (cioè
a più di un giorno di navigazione da La Spezia). Le navi dirigono verso sud a
20 nodi, ma alle 14.30 Supermarina, informata che l’Illustrious ha già raggiunto Malta nella notte precedente, ordina a
Iachino, che si trova in quel momento nelle aque delle Isole Pontine, di
tornare indietro. Durante il rientro alla base le navi effettuano una serie di
esercitazioni di tiro e di manovra, per poi giungere a La Spezia alle 9 del 12
gennaio.
8-11
febbraio 1941
Alle 18.30 dell’8 febbraio lo Scirocco ed il resto della X Squadriglia (Maestrale, Libeccio e Grecale) superano le ostruzioni foranee
uscendo per primi dal porto di La Spezia, insieme alle corazzate Vittorio Veneto (ammiraglia
dell’ammiraglio Iachino), Giulio Cesare
ed Andrea Doria (della V Divisione)
ed alla XIII Squadriglia Cacciatorpediniere (Granatiere, Fuciliere, Alpino) per intercettare l’aliquota
della Forza H britannica (incrociatore da battaglia Renown, corazzata Malaya,
portaerei Ark Royal, incrociatore
leggero Sheffield, cacciatorpediniere
Fury, Foxhound, Foresight, Fearless, Encounter, Jersey, Jupiter, Isis, Duncan e Firedrake) che sta facendo rotta su
Genova con l’intento di bombardare il capoluogo ligure (ma l’obiettivo della
Forza H non è noto ai comandi italiani). Una volta in mare la X Squadriglia
assume posizione di scorta ravvicinata a dritta (la XIII Squadriglia assume
invece la scorta ravvicinata a sinistra) delle tre navi da battaglia, che
procedono su rotta 220° ad una velocità di 16 nodi. Alle otto del mattino del 9
le unità uscite da La Spezia si riuniscono, a 40 miglia ad ovest di Capo Testa
sardo, alla III Divisione (Trento, Trieste, Bolzano) partita da Messina unitamente ai cacciatorpediniere Carabiniere e Corazziere della XII Squadriglia, ed alle 8.25 l’intera formazione
assume rotta 230°, dirigendo per quella che è ritenuta la probabile zona ove si
trovano le navi nemiche, nell’ipotesi, errata, che la loro azione sia diretta
contro la Sardegna.
La squadra italiana, in navigazione verso sudest
(verso la posizione in cui si ritiene probabile trovarsi il nemico), non
raggiunge così la Forza H prima che il bombardamento di Genova si compia
(questo avviene dalle 8.14 alle 8.54, mentre la squadra italiana, del tutto
ignara di quanto sta accadendo, si sta radunando al largo dell’Asinara, e la
ricognizione aerea sta cercando inutilmente il nemico ad ovest della Sardegna:
le navi britanniche sparano 273 colpi da 381 mm, 782 da 152 mm e 405 da 114 mm,
distruggendo o danneggiando gravemente 254 edifici, uccidendo 144 civili e
ferendone 272 ed affondando due mercantili), e viene inviata alla sua ricerca
mentre questa rientra a Gibilterra: alle 9.35 le navi italiane assumono rotta
270° (verso ovest), ed alle dieci, in seguito alle informazioni pervenute con
nuovi messaggi (solo alle 9.50 Iachino viene a sapere del bombardamento di
Genova), fanno rotta verso nord, con le corazzate precedute di 10 km dalla III
Divisione. La formazione si trova 30 miglia più a sud di quanto previsto. Alle
12.44, dopo vari messaggi contraddittori su rotta e posizione delle forze
britanniche, la formazione italiana assume rotta 330° in modo da poterle
intercettare nel caso stiano navigando verso ovest costeggiando la Provenza
(una ipotesi corretta, che avrebbe effettivamente permesso alle forze italiane
di intercettare la Forza H entro un’ora), ma alle 13.16, dopo aver ricevuto
nuovi messaggi su (errati) avvistamenti delle navi britanniche (una portaerei
ancora nel Golfo di Genova, diretta a sud, ed altre tre navi ad ovest-sud-ovest
di Capo Corso con rotta nordest: queste ultime sono in realtà un convoglio
francese, il «CN 4», in navigazione da Tolone a Bona), che spingono Iachino a
pensare che le forze britanniche, divise in due gruppi, intendano riunirsi ad
ovest di Capo Corso per poi ritirarsi verso sud lungo la costa occidentale
della Sardegna (impressione rafforzata dal fatto che un idroricognitore catapultato
dal Trieste non ha avvistato nulla
nelle acque della Provenza, nonché da rilevamenti radiogoniometrici sospetti
che sembrano confermare tale ipotesi), le corazzate accostano di 60° assumendo
rotta 30° (la III Divisione assume invece rotta 50° alle 13.07), accelerando a
24 nodi (30 per gli incrociatori), e la X Squadriglia riceve l’ordine di
riunirsi e posizionarsi all’estremità settentrionale della formazione
(analogamente fa la XIII Squadriglia, che però si posiziona all’estremità
meridionale).
Alle 13.21 viene diramato l’ordine a tutte le
unità di prepararsi al combattimento, ritenendo prossimo l’incontro con il
nemico, ed alle 15.24 e 15.38 vengono avvistate delle navi sospette, che però
si rivelano essere mercantili francesi in navigazione: quelli del convoglio «CN
4». Alle 15.50 la squadra italiana accosta verso ovest (rotta 270°) e prosegue
a 24 nodi (per il gruppo delle corazzate; 30 per gli incrociatori) per
intercettare la Forza H nel caso stia navigando verso ovest lungo la costa
francese (infatti Supermarina ha comunicato che tra le 12 e le 13 aerei
italiani hanno avvistato ed attaccato la Forza H a sud della Provenza), ma alle
17.20 la velocità viene ridotta a 20 nodi, mentre vengono meno le speranze di
trovare le navi britanniche. Alle 18 le navi accostano verso nord, ed alle 19
verso est, riducendo la velocità a 18 nodi e cessando il posto di
combattimento. Durante la notte, in seguito ad un ordine ricevuto alle 22.50,
la squadra italiana incrocia nel golfo di Genova a 15 nodi (accelerando poi a
20 nodi alle otto del mattino del 10), venendosi così a trovare, alle nove del
mattino del 10, al centro del quadratino 19-61, come ordinato. Alle 9.07 viene
ricevuto l’ordine di rientrare a Napoli (Messina per la III Divisione), dove le
navi arrivano nel mattino dell’11 febbraio, in quanto l’accesso al porto di La
Spezia è temporaneamente ostruito dalle mine lanciate da aerei britannici
durante l’attacco; dragate queste ultime, il gruppo delle corazzate potrà
lasciare Napoli nel tardo pomeriggio dell’11, giungendo a La Spezia nel
pomeriggio del 12.
22
marzo 1941
Lo Scirocco
e le altre tre unità della X Squadriglia, insieme alla XIII Squadriglia (che
poi prosegue per Messina) ed ad una sezione della VII Squadriglia, lasciano La
Spezia per Napoli, scortando la corazzata Vittorio
Veneto, che giunge nel porto partenopeo il mattino del 23, per poi
attendere l’inizio dell’operazione «Gaudo».
26-27
marzo 1941
Scirocco (capitano di
fregata Domenico Emiliani), Maestrale
(caposquadriglia, capitano di vascello Ugo Bisciani), Libeccio (capitano di fregata Errico Simola) e Grecale (capitano di fregata Edmondo Cacace) lasciano Pozzuoli alle
21 per scortare da Napoli a Messina la corazzata Vittorio Veneto (nave di bandiera dell’ammiraglio Angelo Iachino,
partita da Napoli alle 20.30), che insieme alla I Divisione (Zara, Pola, Fiume), alla III
Divisione (Trento, Trieste, Bolzano), alla VIII Divisione (incrociatori leggeri Duca degli Abruzzi e Giuseppe Garibaldi), alla IX Squadriglia
Cacciatorpediniere (Vittorio Alfieri,
Alfredo Oriani, Vincenzo Gioberti, Giosuè
Carducci), alla XVI Squadriglia (Nicoloso
Da Recco, Emanuele Pessagno) ed
alla XII Squadriglia (Ascari, Corazziere, Carabiniere), parteciperà all’operazione «Gaudo», un’incursione
contro il naviglio britannico nel Mediterraneo orientale, a nord di Creta. Alle
6.15 del 27, davanti a Messina, la X Squadriglia viene rilevata dalla XIII
Squadriglia (Granatiere, Bersagliere, Fuciliere, Alpino) che
scorterà la Vittorio Veneto per il
resto della missione, e poi entra a Messina, rifornendosi di carburante e restandovi
poi pronta a muovere in due ore. La X Squadriglia non prenderà quindi parte
all’operazione, che sfocerà nella tragica sconfitta di Capo Matapan.
28
marzo 1941
Alle 22.20 la X Squadriglia, su richiesta
dell’ammiraglio Iachino, viene fatta partire da Messina per raggiungere in un
punto a 92 miglia per 231° da Capo Matapan la I Divisione Navale (incrociatori
pesanti Zara e Fiume, cacciatorpediniere Alfieri,
Oriani, Gioberti e Carducci della
IX Squadriglia), che è stata inviata in soccorso del Pola, immobilizzato da aerosiluranti britannici nel punto
sopraindicato. Proprio in quei minuti, però, le corazzate britanniche Valiant, Warspite e Barham, giunte
vicine al Pola prima della I
Divisione, si accingono ad aprire il fuoco contro quest’ultima: colta
completamente di sorpresa, la I Divisione viene annientata, con l’affondamento
di Zara, Fiume, Alfieri e Carducci (oltre al Pola) ed il danneggiamento dell’Oriani,
che riesce a sfuggire insieme all’indenne Gioberti.
29
marzo 1941
Iachino, che ha assistito a distanza al disastro,
all’1.18 chiede che la X Squadriglia – per la I Divisione non c’è più nulla da
fare – raggiunga la Vittorio Veneto
(anch’essa danneggiata da un aerosilurante la giornata del 28, e costretta a
procedere a velocità ridotta) a 60 miglia per 139° da Capo Colonne. Ciò viene
fatto; con le luci dell’alba, la X Squadriglia assume posizione di scorta a
sinistra dell’VIII Divisione, che a sua vlta è posizionata a sinistra della Vittorio Veneto (mentre alla dritta
della corazzta c’è la III Divisione), in formazione diurna di marcia. Alle 6.23
sopraggiungono cinque bombardieri tedeschi Junkers Ju 88 di scorta aerea,
seguiti più tardi da caccia tedeschi e poi (già dentro il Golfo di Taranto)
anche tre caccia italiani. Alle 9.08 la formazione italiana assume rotta 343°,
ed alle 9.40 Maestrale e Libeccio vengono distaccati per
raggiungere l’Oriani, rimasto
immobilizzato per i danni a 110 miglia per 280° da Capo Matapan.
La formazione italiana giunge a Taranto alle 15.30,
dopo di che Scirocco e Grecale vengono fatti proseguire per
Brindisi scortando l’VIII Divisione.
7
aprile 1941
Parte da Tripoli e scorta in Italia, insieme ai
cacciatorpediniere Turbine e Saetta ed alle torpediniere Orsa e Pegaso, il convoglio «Maritza» composto dai piroscafi tedeschi Maritza, Procida, Alicante e Santa Fe di ritorno scarichi.
21
aprile 1941
Scirocco, Maestrale e gli incrociatori leggeri Giovanni delle Bande Nere e Luigi Cadorna danno scorta indiretta ad
un convoglio composto dai piroscafi tedeschi Arcturus, Leverkusen e Castellon e dalla motonave italiana Giulia, carichi di rifornimenti per
l’Afrika Korps e scortati dai cacciatorpediniere Turbine, Folgore, Saetta e Strale.
24
aprile 1941
Il convoglio raggiunge Tripoli.
11-14
maggio 1941
Partito da Palermo (forse il 12 maggio), insieme
agli incrociatori leggeri Giovanni delle
Bande Nere, Luigi Cadorna, Duca
degli Abruzzi e Garibaldi ed ai
cacciatorpediniere Bersagliere, Fuciliere, Alpino, Maestrale, Da Recco, Pessagno ed Antoniotto Usodimare,
lo Scirocco fornisce protezione a
distanza ad un convoglio (trasporti Ernesto,
Tembien, Giulia, Col di Lana, Preussen e Wachtels, scortati dai cacciatorpediniere Dardo, Aviere, Geniere, Grecale e Camicia Nera)
in navigazione da Napoli a Tripoli, dove arriva il 14. La nave torna poi a
Palermo.
Lo
Scirocco all’ancora (Ministero della
Difesa, via it.wikipedia.org)
|
2 giugno 1941
Lo Scirocco
(capitano di fregata Emiliani), aggregato alla XVI Squadriglia
Cacciatorpediniere, salpa da Augusta insieme al cacciatorpediniere Vincenzo Gioberti (capitano di fregata
Raggio) per scortare gli incrociatori leggeri Giovanni delle Bande Nere
(capitano di vascello Sestini, nave di bandiera dell’ammiraglio di divisione
Porzio Giovanola) ed Alberto Di Giussano
(capitano di vascello Marabotto) della IV Divisione, incaricati, con altre
unità, di posare alcune spezzate dello sbarramento minato difensivo «T» al
largo di Tripoli.
Alle 18.10 Scirocco,
Gioberti e la IV Divisione giungono
in vista delle altre navi incaricate dell’operazione, cioè la VII Divisione
dell’ammiraglio Ferdinando Casardi, comandante superiore in mare (incrociatori
leggeri Eugenio di Savoia, Muzio Attendolo ed Emanuele Filiberto Duca d’Aosta), la XV Squadriglia
Cacciatorpediniere (Antonio Pigafetta,
Alvise Da Mosto e Giovanni Da Verrazzano) e parte della
XVI Squadriglia (Nicoloso Da Recco ed
Antoniotto Usodimare); alle 18.30
assumono la loro posizione in formazione. Gli ordini prevedono di portare la
velocità a 22 nodi, ma essa dev’essere tenuta sui 18 nodi a causa di un’avaria
del Da Mosto; in serata sarà
possibile portare la velocità a 20 nodi.
Alle 22.12 è lo Scirocco, in posizione di scorta avanzata notturna, ad essere colto
da un’avaria, questa volta al timone, ma riesce a ripararla celermente ed a
riassumere la sua posizione alle 22.52.
3
giugno 1941
All’alba la formazione, che a causa dell’avaria
del Da Mosto ha accumulato due ore di
ritardo, si ritrova senza scorta aerea, perché il ghibli e la scarsa visibilità
impediscono agli aerei di decollare ed individuare le navi. Alle 10.05 viene
avvistato il fumo emesso dalla torpediniera Castore
per segnalare la posizione della posa, ed alle 10.37, dopo aver via via ridotto
la velocità, le unità ricevono l’ordine di dividersi nei gruppi stabiliti per
la posa.
Mentre le altre unità, riunite nel gruppo «Eugenio»,
effettuano dalle 11.31 alle 12.51 la posa delle linee «b» (Bande Nere, 139 mine; Di
Giussano, 139 mine; Eugenio di Savoia,
228 boe esplosive; Da Mosto, 116 boe
strappanti; e Da Verrazzano, 95 boe
strappanti e 17 esplosive) e «c» (Attendolo,
88 mine, ed Eugenio di Savoia, 88
mine), lo Scirocco, il Gioberti ed il Pigafetta scortano il Duca
d’Aosta intento, da solo, nella posa delle linee «h» (95 mine tedesche), «ha»
(40 mine tedesche) e «hb» (40 mine tedesche) di mine antisommergibile.
Alle 14.10 le quattro navi si ricongiungono con le
altre, già riunitesi alle 13.30 (meno il Da
Mosto, mandato a Tripoli per via dell’avaria), dopo di che viene assunta
rotta per il rientro e velocità 22 nodi. Alle 14.52 vengono avvistati degli
aerei da caccia che si allontanano, ed alle 17 il Di Giussano avvista un ricognitore sconosciuto, che viene perso di
vista dopo poco. Da Malta decollano degli aerosiluranti, e Supermarina,
debitamente informata, ne avvisa le navi in mare alle 23.15; Casardi decide di
proseguire sulla rotta transitoria 45°, invece che accostare per nord come
deciso precedentemente, così da mantenere la luna nei settori poppieri e
permettere ai cacciatorpediniere della scorta avanzata di vegliare sul settore
più pericoloso; dato che tale diversione provocherà un allungamento del
percorso, l’ammiraglio fa anche aumentare la velocità a 25 nodi, in modo da
trovarsi lo stesso, all’alba, sotto la protezione dei caccia della Regia
Aeronautica (nonché allo scopo di incrementare la possibilità di manovra delle
sue navi). Vi sono due allarmi, a poca distanza l’uno dall’altro, a seguito di
presunti avvistamenti da parte di Usodimare
e Bande Nere; la formazione accosta
per imitazione di manovra, ma nessuna nave apre il fuoco e non si verificano
attacchi.
4
giugno 1941
All’1.14, dato che la luna più bassa mette in
risalto le sagome delle navi, queste accostano per rotta 70° così da avere la
luna di poppa, ma all’1.53, tramontata la luna, riassumono rotta verso nord.
6
luglio 1941
Salpa da Palermo alle 19.30 insieme a Maestrale, Grecale e Libeccio, per
scortare la IV Divisione (Bande Nere
e Di Giussano, al comando
dell’ammiraglio Porzio Giovanola) che deve prendere parte alla posa della terza
tratta («S 3», con le spezzate «S 31» e «S 32» per un totale di 292 mine e 444
boe esplosive) dello sbarramento «S».
7
luglio 1941
Poco dopo le cinque del mattino la X Squadriglia e
la IV Divisione si accodano alla VII Divisione (Attendolo e Duca d’Aosta,
che ha a bordo l’ammiraglio Casardi, comandante superiore in mare) ed ai
cacciatorpediniere Da Recco, Da Mosto, Da Verrazzano, Pigafetta
e Pessagno (questi ultimi due partiti
da Trapani, mentre le altre unità sono salpate da Augusta). Data la scarsa
visibilità, l’ammiraglio Casardi tiene i cacciatorpediniere in posizione di
scorta ravvicinata anche di notte, e fa zigzagare nelle zone dove più probabile
è l’incontro con sommergibili avversari.
Alle 7 le navi (le mine saranno posate dagli
incrociatori nonché da Pessagno e Pigafetta) iniziano a manovrare per
assumere rotta e formazione di posa – durante tale manovra un aereo della
ricognizione marittima avvista una mina, che segnala con una fumata verde: uno
dei cacciatorpediniere della X Squadriglia viene quindi distaccato per
distruggerla –, ed alle 7.45 iniziano a posare le mine, terminando alle 8.57.
La VII Divisione dirige poi per Taranto; alle
15.11 la IV Divisione viene lasciata libera di raggiungere Palermo.
21-22
luglio 1941
Scirocco, Maestrale, Libeccio e Grecale
scortano le corazzate Littorio e Vittorio Veneto della IX Divisione
durante esercitazioni di tiro diurno e notturno.
15
agosto 1941
A seguito di una nuova riorganizzazione delle
forze navali, la X Squadriglia Cacciatorpediniere viene assegnata alla VII
Divisione Navale (incrociatori leggeri Montecuccoli,
Attendolo e Duca d’Aosta).
19
agosto 1941
Lo Scirocco,
insieme ai gemelli Maestrale e Grecale, lascia Trapani e si uniscone
alle 14.50, al largo delle Egadi, alla scorta – cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi (caposcorta e comandante
superiore in mare, contrammiraglio Amedeo Nomis di Pollone), Nicoloso Da Recco, Alfredo Oriani e Vincenzo
Gioberti partiti col convoglio da Napoli, più la vecchia torpediniera
Giuseppe Dezza aggregatasi alle 13.30
– di un convoglio salpato da Napoli per Tripoli alle due di notte e composto
dai trasporti truppe Marco Polo (capo
convoglio, contrammiraglio Francesco Canzoneri), Esperia, Neptunia e Oceania. Il convoglio segue la rotta che
passa a ponente di Malta (Canale di Sicilia, Pantelleria, Isole Kerkennah); Scirocco e gemelli si sono uniti per la
scorta all’inizio del tratto più pericoloso. Di giorno il convoglio fruisce
anche di scorta aerea fornita da bombardieri Savoia Marchetti S.M. 79
“Sparviero”, caccia biplani Fiat CR. 42 “Falco” e idrovolanti antisommergibile
CANT Z. 501 “Gabbiano” e CANT Z. 506 “Airone”.
Nel tardo pomeriggio il convoglio incappa in uno
sbarramento di sommergibili britannici, venendo attaccato pressoché
contemporaneamente dall’Urge (tenente
di vascello Edward Philip Tomkinson) e dall’Unbeaten
(capitano di corvetta Edward Arthur Woodward).
Quest’ultimo avvista il convoglio alle 18.18 in
posizione 37°02’ N e 12°00’ E, circa 15 miglia a nord di Pantelleria (a 8700
metri di distanza per 325° dall’Unbeaten),
ed alle 18.31 lancia tre siluri (un quarto non parte) contro le navi italiane;
le armi passano tutte a molto proravia del convoglio, senza colpire nulla, ed
un CANT Z. 501 della 196a Squadriglia avvista le scie e lancia due bombe contro
l’Unbeaten, che tuttavia è già sceso
in profondità dopo il lancio.
L’Urge,
invece, avvista il convoglio (avente rotta 180°) alle 18.26, nel punto 37°04’ N
e 11°51’ E (una quindicina di miglia a nord-nord-ovest di Pantelleria), a
6400-7315 metri per 30°, e manovra per attaccare, ma alle 18.32 la sua manovra
d’attacco è interrotta da un’accidentale perdita di assetto, mentre uno dei
cacciatorpediniere, avvisato da un aereo che lo ha avvistato alle 18.15, si
avvicina per contrattaccare. Tra le 18.36 e le 19.25 Vivaldi e Gioberti
bombardano l’Urge con bombe di
profondità, senza riuscire a danneggiarlo, ma costringendolo a ritirarsi verso
nordovest e rinunciare all’attacco.
Prima di questi attacchi, alle 17.20 (a nord di
Pantelleria), il Marco Polo ha già
evitato due siluri con la manovra, dopo che è stato diramato il segnale «Scie
di siluri a sinistra».
20
agosto 1941
All’una di notte il Maestrale ed il Grecale
tornano a Trapani, mentre alle 8.30 si aggregheranno al convoglio la
torpediniera Partenope, giunta da Tripoli per pilotare il convoglio sulla rotta
di sicurezza (le cui acque sono state dragate da un gruppo di dragamine, che
precedono inoltre il convoglio lungo la rotta di sicurezza), e due MAS
anch’essi usciti da Tripoli.
Purtroppo un altro sommergibile britannico, l’Unique del tenente di vascello Anthony
Richard Hezlet, ha avvistato nella prima mattina – tra le 6.36 e le 7.25 – la
Partenope ed i MAS diretti incontro al convoglio e tre dei dragamine, e ne ha
così dedotto la posizione del canale dragato: di conseguenza, si è piazzato
vicino al suo imbocco per attendere il previsto arrivo del convoglio (per
intercettare il quale, oltre all’Unique,
erano stati inviati anche i sommergibili P 32 e P 33, perdutisi entrambi il 18
agosto). E infatti, alle 9.56, Hezlet avvista nel punto 33°03’ N e 13°03’ E, a
otto miglia per 305°, il convoglio in avvicinamento con rotta 155°. Il cielo è
sgombro, il mare quasi calmo, la visibilità eccellente. Alle 10 viene avvistato
il faro di Tripoli; il convoglio prosegue a 17 nodi sulla rotta di sicurezza
numero 3 (rotta 138°), preceduto dalla Partenope e sorvolato da due CANT Z. 501
e due caccia. Pur essendo sulla rotta di sicurezza, il convoglio mantiene la
formazione di mare aperto e la scorta continua a zigzagare, dato il pericolo
costituito dai sommergibili che si sa frequentare assiduamente la zona, e
presso il punto d’atterraggio «A» di Tripoli l’Oriani lancia 6 bombe di profondità a scopo intimidatorio.
Alle 10.19, dopo aver superato lo schermo della
scorta, l’Unique lancia una salva di
quattro siluri da appena 600 metri di distanza, contro l’Esperia, per poi scendere subito a 27 metri ed iniziare a ritirarsi
verso nord.
L’Esperia
avvista una scia e tenta di evitare i siluri con la manovra, ma la distanza è
troppo ridotta: il piroscafo viene colpito da ben tre dei siluri, sbanda subito
fortemente a sinistra ed affonda rovesciandosi in una decina di minuti a 11
miglia per 318° dal faro di Tripoli. Intanto gli altri trasporti accostano
subito a dritta, come prescritto, dopo di che il Marco Polo segnala alle altre navi di seguirlo e prosegue alla
massima velocità verso Tripoli, preceduto dalla Partenope e seguito dal resto
del convoglio.
Le navi della scorta sono sulle prime incerte se
l’Esperia sia stato colpito da
siluri, mine o persino bombe sganciate da aerei in alta quota, ma i dubbi sono
dissipati quando, dopo qualche minuto, gli aerei della scorta sganciano bombe
contro il sommergibile, un chilometro al traverso a sinistra del piroscafo in
affondamento. L’ammiraglio Nomis di Pollone distacca il Gioberti ed i MAS (e più tardi anche il Da Recco, che inizialmente aveva lasciato a scorta dei mercantili
nell’ultimo tratto) a dare la caccia al battello avversario. Dalle 10.37 alle
11.37 l’Unique viene bombardato con
15 cariche di profondità da parte di navi ed aerei della scorta, ma nessuna
scoppia abbastanza vicina da causare danni.
Nonostante la rapidità dell’affondamento ed il
caos scoppiato a bordo dell’Esperia,
ben 1139 dei 1182 uomini imbarcati sul piroscafo potranno essere tratti in
salvo. 43 sono i morti e dispersi, e 53 i feriti. Perdite tanto ridotte –
inferiori a quelle subite in qualunque altro affondamento di trasporto truppe
sulle rotte per la Libia – sono dovute in gran parte al pronto soccorso delle
unità della scorta, e precisamente di Scirocco,
Dezza e Oriani, distaccate da Nomis di Pollone per le operazioni di
salvataggio. Proprio lo Scirocco è in
assoluto la nave che recupera più naufraghi: ben 471, a fronte di 254 salvati
dall’Oriani, 76 dal Vivaldi e 61 dalla Dezza. A mezzogiorno, con l’arrivo di tre rimorchiatori ed alcuni
motovelieri inviati da Marina Tripoli, Nomis di Pollone ordina alle unità di
scorta – che hanno già salvato la maggior parte dei naufraghi – di raggiungere
Tripoli, onde non correre rischio di essere attaccate da sommergibili; sul
posto rimane la sola Dezza a
proteggere tali mezzi di salvataggio, che recuperano gli ultimi 277
sopravvissuti dell’Esperia.
Diversi membri dell’equipaggio dello Scirocco riceveranno decorazioni per la
loro profusione di sforzi nel salvataggio dei naufraghi dell’Esperia.
Marco
Polo,
Neptunia e Oceania giungono a Tripoli alle 12.30, procedendo quindi alla
celere messa a terra delle truppe imbarcate.
Lo
Scirocco si ormeggia di poppa in un
porto siciliano, carico di naufraghi, intorno alla metà del 1941 (foto Aldo
Fraccaroli, Coll. Maurizio Brescia, via www.associazione-venus.it)
|
21 agosto 1941
Scirocco, Vivaldi (caposcorta), Da Recco, Oriani e Gioberti
ripartono da Tripoli alle 17 scortando Marco
Polo, Neptunia e Oceania che rientrano scariche a Napoli.
23-26
agosto 1941
Nella giornata del 23 lo Scirocco ed il Maestrale
lasciano Palermo per andare a rinforzare la III Divisione (incrociatori pesanti
Trieste, Trento, Bolzano e Gorizia, più i cacciatorpediniere Lanciere, Corazziere, Ascari e Carabiniere della XII Squadriglia),
partita da Messina alle 9.50, e la raggiungono alle 18; alle cinque del mattino
del 24 le dieci navi si ricongiungono, al largo di Capo Carbonara, al gruppo «Littorio»
(corazzate Littorio e Vittorio Veneto e cacciatorpediniere Aviere e Camicia Nera della XI Squadriglia e Granatiere, Bersagliere, Fuciliere ed Alpino della XIII Squadriglia), formazione che viene poco dopo
rinforzata da altri cinque cacciatorpediniere (Ugolino Vivaldi, Nicoloso Da
Recco e Lanzerotto Malocello da
Napoli, ed Antonio Pigafetta e Giovanni Da Verrazzano da Trapani). Le
navi italiane sono in mare, dirette al centro del Tirreno, per contrastare
l’operazione britannica «Mincemeat», che vede l’uscita da Gibilterra di parte
della Forza H (comprese la portaerei Ark
Royal e la corazzata Nelson) per
bombardare gli stabilimenti industriali ed i boschi di sughero nella Sardegna
settentrionale (con gli aerei dell’Ark
Royal), posare mine al largo di Livorno (con il posamine veloce Manxman) e dissuadere, con tale
dimostrazione di forza, la Spagna dall’entrare in guerra a fianco dell’Asse. I
veri obiettivi dell’azione britannica non sono comunque noti a Supermarina, che
ha ordinato l’uscita in mare della III e IX Divisione pensando ad un nuovo
tentativo britannico di inviare a Malta un convoglio di rifornimenti.
Tra le 6.30 e le 6.40 il Trieste catapulta il proprio idrovolante da ricognizione, che
tuttavia non riesce a trovare nulla.
La formazione italiana, al comando dell’ammiraglio
Iachino, ha l’ordine di trovarsi per le otto del 24 trenta miglia a sud di Capo
Carbonara, essendo la Forza H stata avvistata da un ricognitore alle 9.10 del
23, una novantina di miglia a sud di Maiorca. Verso le 5 gli aerei dell’Ark Royal attaccano la zona di Coghinas
e Tempio Pausania, causando però pochissimi danni, ed alle 7.45 la squadra
italiana viene avvistata da un ricognitore britannico, proprio mentre anche la
Forza H viene localizzata 30 miglia ad est di Minorca, con rotta 105° e
velocità 20 nodi.
In base a quest’ultimo dato, Supermarina, ritenendo
improbabile che le forze italiane possano incontrare quelle britanniche entro
il 24, a meno di non uscire dal raggio di copertura della caccia aerea, ordina
a Iachino di tenersi ad est del meridiano 8° (a meno, appunto, di non riuscire
ad incontrare la Forza H di giorno ed entro la zona protetta dalla caccia
italiana) e di rientrare nel Tirreno dopo aver appoggiato la ricognizione che
l’VIII Divisione è stata inviata ad effettuare nelle acque di Capo Serrat e
dell’isola di La Galite; ordina poi alla III ed alla IX Divisione di trovarsi
alle dieci del mattino del 25 a 28 miglia per 150° da Capo Carbonara, onde
replicare la manovra del 24, ritenendo possibile un incontro per il 25.
Il mattino del 25, dato che la ricognizione aerea
non trova traccia della Forza H, ed il traffico radio britannico sta tornando
ai ritmi usuali, Supermarina decide di far rientrare alle basi le proprie forze
navali, ordinando pertanto a Iachino, alle 13.35, di rientrare a Napoli, e alla
III Divisione di tornare a Messina.
Nel corso dell’operazione, per due volte la III
Divisione ha avvistato sommergibili nemici: la seconda, purtroppo, quando alle
sei del mattino del 26 agosto il sommergibile britannico Triumph avvista a nordovest la Divisione nel punto 38°22’ N e
15°38’ E, mentre questa si accinge ad imboccare lo stretto di Messina, di
rientro dalla missione. Alle 6.38, poco a nord dello stretto, il Triumph lancia due siluri da 4850 iarde
contro l’incrociatore di coda, il Bolzano:
colpito a poppa da una delle armi e gravemente danneggiato, questi riuscirà
comunque a raggiungere Messina assistito da due rimorchiatori, restando però
fuori combattimento per diversi mesi. I cacciatorpediniere e gli aerei
antisommergibile della scorta contrattaccano subito, ritenendo, a torto, di
aver affondato il Triumph.
La III Divisione giunge a Messina il 26 mattina.
26-29
settembre 1941
Il 26 settembre Scirocco, Maestrale e Grecale prendono il mare da La Maddalena
(dove le navi si sono trasferite il giorno precedente da Palermo) unitamente
agli incrociatori leggeri Muzio Attendolo
e Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi
(VIII Divisione) per raggiungere ed attaccare un convoglio britannico diretto a
Malta (cisterna militare Breconshire
e mercantili Ajax, City of Calcutta, City of Lincoln, Clan
Ferguson, Clan MacDonald, Imperial Star, Dunedin Star e Rowallan
Castle, con 81.000 tonnellate di rifornimenti) e scortato dalla Forza H
britannica con tre corazzate (Nelson,
Rodney e Prince of Wales) ed una portaerei (Ark Royal), oltre a cinque incrociatori (Kenya, Edinburgh, Sheffield, Hermione ed Euryalus) e
18 cacciatorpediniere (i britannici Cossack,
Duncan, Farndale, Fury, Forester, Foresight, Gurkha, Heythrop, Laforey, Lance, Legion, Lively, Lightning, Oribi e Zulu, i polacchi Garland
e Piorun e l’olandese Isaac Sweers) nell’ambito
dell’operazione britannica «Halberd». Da parte italiana, però, si ignora del
vero obiettivo dei britannici: i comandi italiani, dato che la ricognizione ha
avvistato solo parte delle navi nemiche, pensano che i britannici intendano lanciare
un bombardamento aeronavale contro le coste italiane, e al contempo rifornire
Malta di aerei. L’ordine per le forze italiane è di riunirsi a nord della
Sardegna in una posizione difensiva, e di non ingaggiare il nemico a meno di
non essere in condizioni di netta superiorità (precisamente: radunarsi alle 12
del 27 50 miglia a sud di Capo Carbonara per intercettare il convoglio intorno
alle 15, ad est di La Galite, e di attaccare solo se l’Aeronautica riuscirà a
danneggiare almeno una delle corazzate che saranno presumibilmente presenti).
Partono anche la III (Trento, Trieste, Gorizia) e la IX Divisione (Littorio, Vittorio Veneto) rispettivamente da Messina e Napoli, accompagnate
rispettivamente dalla XII (Lanciere, Carabiniere, Corazziere, Ascari) e dalla
XIII (Granatiere, Bersagliere, Fuciliere e Gioberti) e
XVI Squadriglia Cacciatorpediniere (Folgore,
Da Recco, Pessagno).
A mezzogiorno del 27 la III, la VIII e la IX
Divisione, con le rispettive squadriglie di cacciatorpediniere, si riuniscono
una cinquantina di miglia ad est di Capo Carbonara, per intercettare il
convoglio, poi dirigono verso sud (o sudest) a 24 nodi per l’intercettazione,
con gli incrociatori che precedono di 10.000 metri le corazzate. A mezzogiorno,
dato che la ricognizione ha avvistato una sola corazzata britannica ed una
portaerei, e che la Regia Aeronautica sta per attaccare in massa (gli
aerosiluranti italiani, al prezzo di sette velivoli abbattuti, riusciranno a
silurare e danneggiare la Nelson), la
flotta italiana viene autorizzata ad ingaggiare battaglia (Iachino riceve
libertà d’azione); alle 14 viene ordinato il posto di combattimento, e le
corazzate sono schierate nella direzione di probabile avvicinamento del nemico.
Quando però il contatto appare imminente, in seguito a nuove segnalazioni dei
ricognitori viene appreso che le forze britanniche ammontano in realtà a due
corazzate (in realtà tre), una portaerei e sei incrociatori, il che pone la
squadra italiana in condizioni di inferiorità rispetto alla forza britannica, e
per giunta la prima è sprovvista di copertura aerea (soltanto sei caccia, con
autonomia dalle basi non superiore a 100 km), mentre le navi italiane sono
tallonate da ricognitori maltesi dalle 13.07 (e più tardi, dalle 15.15 alle
17.50, da aerei dell’Ark Royal) ed
esposte ad attacchi di aerosiluranti lanciati dalla portaerei. Alle 14.30,
considerata la propria inferiorità numerica, la scarsa visibilità e la mancanza
di copertura, la squadra italiana inverte la rotta per portarsi fuori dal
raggio degli aerosiluranti nemici. Alle 15.30 sopraggiungono tre caccia
italiani FIAT CR. 42 assegnati alla scorta aerea, ma, per via della loro
somiglianza agli aerosiluranti britannici (sono anch’essi biplani), vengono
inizialmente scambiati per aerei inglesi ed il Fuciliere ne abbatte il capo pattuglia (il pilota sarà tratto in
salvo dal Granatiere), mentre gli
altri due si allontanano. Alle 17.18, avendo ricevuto comunicazioni secondo cui
la squadra britannica avrebbe subito pesanti danni (una corazzata e due
incrociatori silurati e daneggiati, un incrociatore affondato) a causa degli
attacchi aerei, la formazione italiana dirige nuovamente verso sud (prima stava
procedendo verso nord), salvo invertire nuovamente la rotta (dirigendo per
est-nord-est) alle 18.14, portandosi al centro del Mar Tirreno, come ordinato
da Supermarina perché ormai non è più possibile intercettare il convoglio prima
del tramonto. Alle otto del mattino del 28 le navi italiane attraversano il
canale di Sardegna e, come ordinato, raggiungono un punto 80 miglia ad est di
Capo Carbonara, poi fanno rotta per ovest-sud-ovest ma infine, alle 14.00, dato
che i ricognitori non trovano più alcuna nave nemica a sud ed ad ovest della
Sardegna (il convoglio è infatti passato) viene ordinato il rientro alle basi;
l’VIII Divisione viene fatta dirigere a Messina, ma lo Scirocco viene mandato a Cagliari a seguito di un’avaria.
22
dicembre 1941
Lo Scirocco
ed un altro cacciatorpediniere, lo Strale,
vengono avvistati dal sommergibile britannico Torbay (capitano di corvetta Anthony Cecil Capel Miers) mentre
escono dalla baia di Navarino. Il battello nemico manovra per attaccarli alle
10.20, ma deve rinunciare a seguito di un improvviso cambiamento di rotta da
parte dei due cacciatorpediniere.
1941-1942
A seguito di nuovi lavori, viene aggiunto un pezzo
singolo da 120/15 mm Odero-Terni-Orlando 1933/1934.
La
nave nell’Almanacco Navale del 1942 (g.c. Giuseppe Garufi, via www.grupsom.com)
|
3 gennaio 1942
Lo Scirocco
parte da Napoli (o Taranto) alle 16 insieme ai cacciatorpediniere Maestrale, Oriani e Gioberti, agli
incrociatori leggeri Emanuele Filiberto
Duca d’Aosta (nave di bandiera dell’ammiraglio di divisione Raffaele De
Courten), Muzio Attendolo, Raimondo Montecuccoli e Giuseppe Garibaldi ed alla nave da
battaglia Duilio (nave di bandiera
dell’ammiraglio di squadra Carlo Bergamini), formando il gruppo di scorta per i
tre convogli diretti a Tripoli da Messina, Taranto e Brindisi per l’operazione
di traffico «M. 43». Oltre ai tre convogli con le relative scorte dirette ed al
gruppo scorta di cui fa parte lo Scirocco
(gruppo «Duilio»), è in mare anche un gruppo di appoggio (gruppo «Littorio») con
le corazzate Littorio (ammiraglio di
squadra Angelo Iachino, comandante superiore in mare), Doria (ammiraglio di divisione Guido Porzio Giovanola) e Cesare, gli incrociatori pesanti Gorizia (ammiraglio di divisione Angelo
Parona) e Trento ed i
cacciatorpediniere Aviere, Alpino, Geniere, Carabiniere, Ascari, Camicia Nera, Antonio
Pigafetta ed Antonio Da Noli. Il
gruppo di scorta, che navigherà per la prima volta ad immediato contatto con il
convoglio, sin quasi a formare un tutt’uno con esso (“scorta indiretta
incorporata nel convoglio”, ideata dall’ammiraglio Bergamini), ha il compito di
respingere eventuali attacchi da parte di formazioni navali leggere (incrociatori
leggeri e cacciatorpediniere) come la Forza K, mentre il gruppo di appoggio si
terrà pronto ad intervenire contro un eventuale attacco con forze pesanti da
parte della Mediterranean Fleet (che comunque è rimasta senza più corazzate
efficienti dall’incursione della X MAS ad Alessandria del 19 dicembre, ma questo
in Italia ancora non lo si sa).
Aerei impiegati in compiti di ricognizione e
bombardamento sulle basi aeree e navali di Malta e della Cirenaica, nonché
scorta da caccia, antiaerosilurante ed antisommergibile sulle navi e sul porto
di Tripoli, e sommergibili dislocati ad est di Malta e tra Creta e la Cirenaica
completano l’imponente dispiegamento di forze predisposto a tutela
dell’importante convoglio (il cui carico assomma a 15.379 tonnellate di
carburante, 2417 tonnellate di munizioni, 10.242 tonnellate di altri materiali,
144 carri armati, 520 automezzi e 901 uomini).
4
gennaio 1942
Il gruppo «Duilio» raggiunge i tre convogli, che
si sono frattanto riuniti come previsto in un unico grande convoglio composto
dalle moderne motonavi da carico Nino
Bixio, Lerici, Monginevro, Monviso e Gino Allegri e
dalla grande nave cisterna Giulio
Giordani, scortate dai cacciatorpediniere Ugolino Vivaldi (caposcorta, contrammiraglio Amedeo Nomis di
Pollone), Nicoloso Da Recco, Antoniotto Usodimare, Bersagliere, Freccia e Fuciliere e
dalle torpediniere Castore, Orsa, Aretusa, Procione ed Antares.
Mentre al gruppo «Duilio» si unisce al convoglio
«Allegri» (Allegri, Freccia e Procione) la III Divisione (Trento
e Gorizia) viene avvistata da un
ricognitore britannico; più tardi il convoglio viene avvistato anche da un
altro aereo avversario, ma la formazione aerea inviata da Malta ad attaccarlo
non riuscirà a trovarlo.
Al tramonto il gruppo «Duilio» s’incorpora nella
formazione; durante la notte le navi assumono rotta per Tripoli, e poco dopo le
tre di notte del 5 gennaio il gruppo «Duilio» lascia il convoglio e si
allontana a 22 nodi verso est. I mercantil giungeranno in porto alle 12.30
dello stesso giorno, senza nemmeno essere stati attaccati.
6
gennaio 1942
Lo Scirocco
ed il resto del gruppo di scorta indiretta rientrano a Taranto alle 4.20.
Gennaio
1942
Assume il comando dello Scirocco il capitano di fregata Francesco Dell’Anno, reduce
dall’affondamento, avvenuto il mese precedente, del suo cacciatorpediniere Alvise Da Mosto.
Il capitano di fregata Francesco Dell’Anno, ultimo comandante dello Scirocco, scomparso con la nave (USMM) |
22-24
gennaio 1942
Lo Scirocco parte da Taranto
alle 17 del 22 gennaio insieme ai cacciatorpediniere Oriani, Ascari e Pigafetta (che con esso formano la XV
Squadriglia Cacciatorpediniere, al comando del capitano di vascello Enrico
Mirti della Valle imbarcato sul Pigafetta)
ed alla corazzata Duilio (gruppo «Duilio»,
al comando dell’ammiraglio di divisione Carlo Bergamini imbarcato sulla
corazzata omonima, comandante superiore in mare) per fornire protezione
ravvicinata all’operazione «T. 18», che prevede l’invio a Tripoli di un
convoglio formato dalla motonave passeggeri Victoria,
salpata da Taranto con 1125 soldati a bordo, e dalle moderne motonavi da carico
Ravello, Monviso, Monginevro e Vettor Pisani, partite da Messina con
circa 15.000 tonnellate di rifornimenti, il tutto con la scorta diretta di Vivaldi, Malocello, Da Noli, Aviere, Geniere e Camicia Nera
nonché delle torpediniere Castore ed Orsa.
La Victoria salpa insieme al
gruppo «Duilio», che con essa forma il convoglio numero 2 (del quale è capo
scorta il Pigafetta: la XV
Squadriglia ne è la scorta diretta), mentre il convoglio 1 si forma in mare con
l’unione delle quattro motonavi da carico, salpate in precedenza da Napoli e
Messina, scortate dal gruppo «Vivaldi» (contrammiraglio Amedeo Nomis di Pollone)
che conta sui cacciatorpediniere Ugolino
Vivaldi (nave ammiraglia di Nomis di Pollone), Antonio Da Noli e Lanzerotto
Malocello della XIV Squadriglia, Aviere
(caposquadriglia), Geniere e Camicia Nera della XI Squadriglia
(capitano di vascello Luciano Bigi sull’Aviere),
sulla torpediniera Castore (capitano
di corvetta Congedo) e sulla torpediniera di scorta Orsa (capitano di corvetta Eugenio Henke). Prima del gruppo «Duilio»
è già salpato da Taranto, alle 11 del 22, il gruppo «Aosta» (ammiraglio di
divisione Raffaele De Courten sul Duca
d’Aosta), con gli incrociatori leggeri Emanuele
Filiberto Duca d’Aosta, Muzio
Attendolo e Raimondo Montecuccoli
della VII Divisione ed i cacciatorpediniere Bersagliere,
Carabiniere, Fuciliere ed Alpino della
XIII Squadriglia (capitano di vascello Ferrante Capponi sull’Alpino). Inoltre nove sommergibili sono
stati inviati in agguato ad est di Malta e tra Creta e l’Egitto occidentale,
mentre la Regia Aeronautica e la Luftwaffe forniscono copertura aerea con
ricognitori, aerei antisommergibili e soprattutto caccia, i quali di giorno saranno
sempre presenti sopra le navi italiane.
I convogli numero 1 (privato della Ravello,
rientrata a Messina per problemi al timone, ed unitosi al gruppo «Aosta» nel
pomeriggio del 22) e 2 (che procede a 19 nodi) seguono rotte che, prima e dopo
la riunione, li fanno passare a 190 miglia da Malta, dieci miglia in più di
quello che si ritiene essere il massimo raggio operativo degli aerosiluranti
basati in quell’isola e nella Cirenaica (stime che però si riveleranno
inesatte, causa l’avanzata britannica in quei territori); si prevede che la
sera del 23 le navi, riunite in un unico convoglio, accosteranno per Tripoli,
sempre mantenendosi ai margini del cerchio di 190 miglia di raggio con centro
su Malta.
La Royal Navy, informata dai decrittatori di “ULTRA” che «un importante
convoglio diretto a Tripoli dall’Italia e coperto dalla flotta sarà in mare
oggi [22 gennaio], così come il 23 e il 24 gennaio» (il giorno seguente “ULTRA”
riesce a fornire ai comandi britannici informazioni più dettagliate, sebbene
meno del solito, indicando che un «importante convoglio» è partito dall’Italia
per Tripoli con probabile arrivo il giorno 24, e che, sebbene la sua esatta
composizione non sia nota, probabilmente esso comprende la Victoria con mille soldati e la motonave Vettor Pisani partita da Messina il 22 mattina, il tutto coperto
«da un certo numero delle principali unità della Marina italiana»), ha disposto
numerosi sommergibili in agguato nel Golfo di Taranto; nel primo pomeriggio del
22 la VII Divisione viene avvistata da due o tre sommergibili britannici, che
segnalano l’avvistamento ai rispettivi comandi. Le basi britanniche a Malta ed
in Egitto e Cirenaica sono poste in allarme, e vengono inviati dei ricognitori per
appurare rotta, velocità e composizione delle forze italiane.
Il gruppo «Duilio» viene avvistato il 22 sera dal ricognitore «B6KT»: i
suoi messaggi vengono però subito intercettati e decifrati dai decrittatori
imbarcati sulla Duilio, permettendo
all’ammiraglio Bergamini di apprendere che il suo gruppo era stato avvistato.
Il ricognitore britannico rimane in contatto con il gruppo di Bergamini in modo
da poter raccogliere informazioni più precise e dettagliate, e poco dopo
mezzanotte invia un secondo segnale più particolareggiato, anch’esso intercettato
e decifrato dalla Duilio; alle 00.47 lancia
una cortina di bengala su uno dei lati del gruppo «Duilio», poi si porta sul
lato opposto in modo da poter contare una per una le navi che lo compongono, le
cui sagome sono ora chiaramente visibili nel controluce generato dai bengala;
solo a questo punto, inviato a Malta un ulteriore messaggio ancora più ricco di
dettagli, il ricognitore si allontana.
Il 23 mattina, mentre sul cielo della formazione giungono i primi
bombardieri tedeschi Junkers Ju 88 della scorta aerea, compaiono nuovamente i
ricognitori britannici: restando molto lontani sia dalle navi italiane che
dagli aerei tedeschi, non vengono attaccati ed inviano alle loro basi ulteriori
informazioni, con crescente precisione, sulle navi del convoglio, senza che né le
ripetute variazioni di rotta da parte di Victoria
e Duilio, né la doppia inversione di
marcia del gruppo «Aosta» possano trarli in inganno.
Alle 15 del 23 i convogli 1 e 2, in ritardo piuttosto considerevole
rispetto al previsto, si riuniscono in una posizione prossima a quella
prestabilita; le motonavi si dispongono su due colonne di due navi ciascuna
(con la Victoria, capoconvoglio, in
testa alla colonna sinistra). La XI e XIV Squadriglia Cacciatorpediniere si
posizionano a scorta diretta intorno ai mercantili, mentre la Duilio e la VII Divisione si portarono
ai lati del convoglio; il complesso navale assume una velocità di 14 nodi,
sempre pedinato dai ricognitori nemici (uno dei quali appare alle 15.55 volando
a bassissima quota, procedendo ad est delle navi italiane e mantenendo il
contatto da circa 20 km di distanza). Sia l’ammiraglio Bergamini che
l’ammiraglio De Courten hanno l’impressione che gli aerei provengano dalla
Cirenaica.
Alle 16.16 ebbero cominciano gli attacchi aerei:
dapprima alcune bombe di piccolo calibro mancano di poco la Victoria, che non subisce danni, poi la
VII Divisione viene bombardata con ordigni di maggiore calibro, ma la sua
reazione contraerea respinge l’attacco senza danni. Ritenendo insufficiente la
scorta aerea di nove bombardieri tedeschi Ju 88 presente sopra il convoglio,
l’ammiraglio Bergamini chiede via radio al comando della Luftwaffe della
Sicilia – primo caso di comunicazione radio diretta effettuata con successo tra
i comandi navali ed aerei italo-tedeschi – l’invio di altri aerei in rinforzo
alla scorta; giungono perciò altri tre Ju 88, che rafforzarono la scorta aerea.
Alle 17.25 vengono avvistati altri tre velivoli
britannici: provenienti dalla direzione del sole ormai prossimo a tramontare,
si avvicinano con decisione al convoglio volando bassi, divenendo presto
oggetto di violento fuoco contraereo da parte delle torpediniere che si trovano
su quel lato del convoglio; poi, giunti a più di un chilometro dalle siluranti
ed ad oltre tre dalla Victoria, cabrano
ed invertirono la rotta, gettando in mare il carico offensivo, senza che gli Ju
88 riescano ad evitarlo.
Agli uomini a bordo delle siluranti della scorta,
che hanno negli occhi la luce del sole basso che impedisce di vedere bene, i
tre aerei attaccanti sono sembrati dapprincipio dei bombardieri, e si pensa che
abbiano rinunciato ad attaccare, gettando in mare per alleggerirsi quelle che sembrano
bombe; ma in realtà sono aerosiluranti Bristol Beaufort del 39th Squadron della
Royal Air Force, decollati da Berka (Bengasi), e dopo 60-90 secondi, il Vivaldi avvista le scie di due siluri,
che evita passandoci in mezzo, ordinado al contempo ai mercantili di accostare
d’urgenza di 90° a dritta, ma non tutti comprendono bene l’ordine. Quelli che
erano stati scambiati per bombardieri, erano in realtà aerosiluranti.
Alle 17.30 un siluro colpisce a poppa la Victoria, sul lato dritto, lasciandola
immobilizzata e leggermente appoppata, mentre a dritta del convoglio, gli Ju 88
attaccano ed abbattono uno degli aerei britannici.
Ad assistere la Victoria vengono distaccati Aviere,
Ascari e Camicia Nera, mentre il resto del convoglio prosegue per non
esporsi inutilmente ad ulteriori attacchi. La Victoria sarà affondata da un nuovo attacco aerosilurante alle 19,
con la perdita di 409 uomini, mentre 1046 potranno essere tratti in salvo.
Alle 19.15 la Duilio
e la XV Squadriglia Cacciatorpediniere, come previsto, si posizionano a nord
del 36° parallelo ed ad est del 19° meridiano, per difendere il convoglio da
eventuali navi da guerra britanniche provenienti dal Mediterraneo orientale, ma
tale minaccia non si concretizza; le motonavi proseguono invece per Tripoli
scortate dai gruppi «Vivaldi» e «Aosta».
Il convoglio, dopo aver superato indenne altri
attacchi aerei e subacquei, giunge a destinazione alle 14 del 24, mentre il
gruppo «Duilio» rientra a Taranto alle 6 del 25.
21 febbraio
1942
Alle 13.30 del 21 febbraio lo Scirocco lascia Corfù insieme ai cacciatorpediniere Maestrale, Antonio Pigafetta (caposcorta, capitano di vascello Mirti della
Valle), Emanuele Pessagno ed Antoniotto Usodimare ed alla
torpediniera Circe, per scortare
a Tripoli un convoglio composto dalla Giulio
Giordani e dalle motonavi da carico Lerici
e Monviso: si tratta del convoglio n.
2 (trasferitosi da Brindisi a Corfù nelle ore precedenti) nell’ambito
dell'operazione «K. 7», consistente nell’invio in Libia di due convogli per
totali sei mercantili, scortati da dieci cacciatorpediniere e due torpediniere.
I convogli fruiscono inoltre della scorta indiretta del gruppo «Gorizia» (ammiraglio
di divisione Angelo Parona; incrociatori pesanti Trento e Gorizia, incrociatore
leggero Bande Nere,
cacciatorpediniere Alpino, Oriani e Da Noli) e del gruppo «Duilio», formato dall’omonima corazzata (ammiraglio
di squadra Carlo Bergamini) insieme a quattro cacciatorpediniere (Aviere, Geniere, Ascari e Camicia Nera).
Vista
da tre quarti di poppa (da www.micheleperugini.it)
|
22 febbraio 1942
Intorno alle 12.45, 180 miglia ad est di Malta, il
convoglio n. 2 si accoda – con una manovra piuttosto lenta – al convoglio n. 1
(motonavi Monginevro, Unione, Ravello, cacciatorpediniere Vivaldi,
Zeno, Malocello, Premuda e Strale, torpediniera Pallade), salpato da Messina e che è già
stato raggiunto dai gruppi «Gorizia» e «Duilio» (quest’ultimo segue il resto
delle navi italiane a breve distanza). La formazione assume rotta 184° e
velocità 14 nodi; sin dalla prima mattina (e fino alle 19.45) volano sul suo
cielo aerei tedeschi Junkers Ju 88 e Messerschmitt Bf 110 decollati dalla
Sicilia per la sua scorta.
Dalle prime ore del mattino compaiono anche
ricognitori britannici, che segnalano il convoglio agli aerei di base a Malta;
tra le 14 e le 16 si verifica un attacco aereo, che i velivoli della Luftwaffe
respingono, abbattendo tre degli aerei attaccanti ed impedendo agli altri di portare
a fondo l’attacco (tranne un Boeing B 17 che lancia delle bombe di piccolo
calibro contro la Duilio, senza
colpirla). Quando l’ammiraglio Bergamini chiede altri aerei mediante il
collegamento radio diretto, la richiesta viene prontamente soddisfatta.
La sera del 22, in base agli ordini ricevuti, il
gruppo «Duilio» lascia i convogli, che proseguono con la scorta diretta ed il
gruppo «Gorizia».
Nella notte seguente il convoglio, che è rimasto
diviso in due gruppi (cioè i convogli 1 e 2, che procedono uno dietro l’altro
ma separati), viene più volte sorvolato da dei bengalieri nemici (tra le 00.30
e le 5.30 del 23 dei bengala si accendono sul cielo dei convogli), ma non
subisce danni, grazie alle manovre ed all’emissione di cortine fumogene.
23
febbraio 1942
Poco dopo le otto del mattino sopraggiungono due
torpediniere inviate da Marilibia in rinforzo alla scorta, cui l’ammiraglio
Parona ordina di unirsi al gruppo «Vivaldi». La foschia impedisce ai due
convogli, distanti solo 8-9 miglia, di vedersi, ed alla scorta aerea della
Luftwaffe di trovare le navi; le trovano invece, ma solo quelle del gruppo «Gorizia»,
i caccia italiani FIAT CR. 42 inviati anch’essi per la scorta.
Alle 10.14 del mattino, una novantina di miglia ad
est di Tripoli ed al largo di Capo Misurata, la Circe localizza con l’ecogoniometro il sommergibile britannico P 38, che sta tentando di attaccare il
convoglio (poco dopo ne viene avvistato anche il periscopio, che però subito
scompare poiché il sommergibile, capendo di essere stato individuato, s’immerge
a profondità maggiore), e, dopo aver ordinato al convoglio di virare a dritta,
alle 10.32 lo bombarda con bombe di profondità, arrecandogli gravi danni.
Subito dopo il P 38 affiora in
superficie, per poi riaffondare subito: a questo punto si uniscono alla caccia
anche l’Usodimare ed il Pessagno, che gettano altre cariche di
profondità, e, insieme ad aerei della scorta, mitragliano il sommergibile.
L’attacco è tanto violento e confuso che un marinaio, su una delle navi
italiane, rimane ucciso dal tiro delle mitragliere, e la Circe deve richiamare le altre unità al loro posto per poter
proseguire nella sua azione. Dopo questi ulteriori attacchi, la Circe effettua un nuovo attacco con
bombe di profondità, ed alle 10.40 il sommergibile affiora di nuovo con la
poppa, fortemente appruato, le eliche che girano all’impazzata ed i timoni
orientati a salire, per poi affondare di prua con l’intero equipaggio in
posizione 32°48’ N e 14°58’ E. Un’ampia chiazza di carburante, rottami e resti
umani marcano la tomba dell’unità britannica.
Nel frattempo, alle 10.30, lo Scirocco, come stabilito in precedenza, lascia la scorta del
convoglio numero 2 e si aggrega al gruppo «Gorizia», che, essendo ormai il
convoglio vicino a Tripoli, e non presentandosi più rischi di attacchi di navi
di superficie, si avvia sulla rotta di rientro.
I convogli giungono indenni a Tripoli entro le
16.40 del 23.
7 marzo 1942
Lo Scirocco salpa da Taranto
alle 18.30 assieme agli incrociatori leggeri Giuseppe Garibaldi (nave ammiraglia dell’ammiraglio di divisione
Raffaele De Courten), Eugenio di Savoia
e Raimondo Montecuccoli ed i
cacciatorpediniere Aviere, Geniere, Oriani e Ascari, formando
il gruppo scorta dei tre convogli in mare nell'ambito dell'operazione di
traffico «V 5».
Successivamente lo Scirocco
viene distaccato a sostituire la torpediniera Aretusa, una delle unità di scorta al convoglio numero 1, salpato
da Brindisi per Tripoli alle 12.30 con le motonavi Nino Bixio e Reginaldo
Giuliani, il cacciatorpediniere caposcorta Antonio Pigafetta, del capitano di vascello Mirti della Valle, ed
appunto l’Aretusa.
Alle 19.20 il convoglio 1 si riunisce con il numero 2, proveniente da
Messina con la motonave Gino Allegri
scortata di cacciatorpediniere Bersagliere
ed Antonio Da Noli, formando così un
unico convoglio. Le navi seguono rotte costiere, a 15 nodi, sino a Santa Maria
di Leuca, poi proseguono per meridiano sino all’imbocco del Golfo della Sirte,
quando assumono rotta per Tripoli.
8 marzo 1942
Alle 7.30 si riunisce al convoglio principale (che si trova in quel
momento a 190 miglia da Leuca) anche il convoglio numero 3, costituito dalla
motonave Monreale (salpata da Napoli)
scortata dai cacciatorpediniere Ugolino
Vivaldi e Fuciliere e dalle
torpediniere Circe e Castore. Caposcorta dell’intero
convoglio, che è formato alle 8.30, è il Pigafetta.
Alle 9.45 il convoglio viene raggiunto anche dal gruppo di scorta
dell’ammiraglio De Courten.
Il convoglio procede verso sud a 15 nodi, seguendo una rotta che lo
porti a passare a circa 190 miglia da Malta; sin dalla prima mattina è presente
una scorta aerea con due bombardieri italiani CANT Z. 1007 e sei tra Junkers Ju
88 e Messerschmitt Bf 110 tedeschi. Durante la navigazione diurna il gruppo di
scorta naviga di poppa al convoglio, mentre con il crepuscolo si “incorpora” ad
esso.
9 marzo 1942
Giunte le navi al largo di Ras Cara, a giorno fatto, il gruppo di
scorta lascia il convoglio e si posiziona in modo da coprirlo da eventuali,
improbabili, attacchi di navi di superficie.
Alle 7.30 il convoglio ne incrocia un altro partito da Tripoli alle 21
della sera precedente (lo compongono le motonavi Unione, Lerici e Ravello e la petroliera Giulio Giordani, con la scorta del
cacciatorpediniere Strale e delle
torpediniere Cigno e Procione) per tornare in Italia: come
pianificato in precedenza, Scirocco e
Pigafetta lasciano la scorta del
convoglio diretto a Tripoli (che vi giungerà indenne in serata) per unirsi a
quella del convoglio di ritorno. Anche il gruppo «Garibaldi» di De Courten
assume la scorta di tale convoglio.
Durante la mattinata i decrittatori imbarcati sul Garibaldi avvisano che la formazione italiana è stata avvistata da
aerei britannici, che inviano vari messaggi sulla sua posizione; l’ammiraglio
De Courten, ritenendo prossimi degli attacchi da parte di aerei decollati da
Malta, ordina al convoglio ed al gruppo di scorta di dirottare verso est per
allontanarli dall’isola.
Ma gli aerei attaccanti, degli aerosiluranti Bristol Beaufort decollati
proprio da Malta, riescono egualmente a raggiungere il convoglio, e lo
attaccano tra le 16.40 e le 17.20, in un momento in cui la scorta aerea
(presente sulle navi in maniera pressoché continua) è molto ridotta. L’attacco
fallisce però completamente: nessuna nave è danneggiata.
Da Alessandria, in seguito all’errata notizia che uno degli
incrociatori leggeri italiani sarebbe stato silurato e danneggiato dai
Beaufort, esce per intercettarlo una formazione al comando del viceammiraglio
Philip Vian. Le navi britanniche non solo non troveranno nulla, ma subiranno
anche, durante la navigazione di rientro, la perdita dell’incrociatore leggero Naiad, ammiraglia di Vian, affondato dal
sommergibile tedesco U 565.
Nella notte seguente il convoglio (al quale si è di nuovo “incorporato”
il gruppo scorta) viene più volte sorvolato da bengalieri che la illuminano a
più riprese tra l’una e le tre richiamando gli aerei di base nella Marmarica,
ma di nuovo non si subiscono danni: il primo gruppo di aerei inviati
all’attacco non riesce a trovare, nel buio, le navi italiane; del secondo,
composto da 20 bombardieri Vickers Wellington, solo in tre rintracciano il
convoglio, ma nemmeno le loro bombe vanno a segno.
10 marzo 1942
I ricognitori nemici sono sempre presenti, ma non si verificano altri
attacchi aerei. Alle 17.30 la scorta è rinforzata dalla torpediniera Aretusa.
11 marzo 1942
Alle tre di notte Giordani, Lerici, Scirocco, Pigafetta, Cigno ed Aretusa (Unione, Strale e Procione si sono invece separate per
raggiungere Brindisi) entrano a Taranto senza danni, precedute di poco dal
gruppo scorta di De Courten.
16-18
marzo 1942
Lo Scirocco
ed il gemello Grecale escono da
Taranto alle 18.15 del 16 insieme all’incrociatore leggero Emanuele Filiberto Duca d’Aosta (ammiraglio di divisione Alberto Da
Zara) per dare protezione a distanza
al convoglio – motonavi Vettor Pisani
e Reichenfels (il cui carico assomma
a 36 carri armati, 278 veicoli e 13.124 tonnellate di materiali oltre a 103
militari), cacciatorpediniere Ugolino
Vivaldi (caposcorta, capitano di vascello Ignazio Castrogiovanni), Emanuele Pessagno, Lanzerotto Malocello e Nicolò
Zeno e torpediniera Pallade (più,
nell’ultimo tratto, anche la vecchia torpediniera Generale Marcello Prestinari – in navigazione da Napoli e Messina
per Tripoli in occasione dell’operazione di traffico «Sirio», che prevede anche
la navigazione di altri tre convogli (piroscafo Assunta De Gregori, cacciatorpediniere Premuda e torpediniera Castore
da Palermo a Tripoli; motonavi Gino
Allegri e Reginaldo Giuliani e
torpediniere Circe e Perseo da Tripoli a Palermo; motonavi Nino Bixio e Monreale da Tripoli a Napoli scortate da Vivaldi, Pessagno, Malocello, Zeno e Pallade dopo che
il convoglio di andata è giunto a Tripoli). La formazione passa a circa 200
miglia da Malta, seguendo la rotta di levante; il convoglio giunge inenne a
Tripoli il 18 marzo, dopo di che Scirocco,
Grecale e Duca d’Aosta rientrano a Taranto alle 18.40 dello stesso giorno.
Lo
Scirocco (a sinistra) con i gemelli Grecale, Libeccio e Maestrale (in
quest’ordine, andando verso destra) a Venezia, nel 1935-1936 (Foto Baschetti Venezia,
Coll. A. Asta, via www.associazione-venus.it)
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Tempesta di Scirocco…
Alle 2.50 del 22 marzo 1942 lo Scirocco, al comando del capitano di fregata
Francesco Dell’Anno, lasciò Taranto insieme al cacciatorpediniere Geniere per unirsi alla squadra italiana
(corazzata Littorio, incrociatori
pesanti Trento e Gorizia, incrociatore leggero Giovanni
delle Bande Nere e cacciatorpediniere Aviere,
Alpino, Ascari, Bersagliere, Fuciliere, Grecale, Lanciere ed Oriani) uscita in mare da Taranto e
Messina nelle ore precedenti per intercettare un convoglio britannico diretto a
Malta (l’«MW. 10», con la cisterna militare Breconshire
ed i piroscafi Clan Campbell, Pampas e Talbot scortati dagli incrociatori leggeri Dido, Euryalus, Cleopatra e Carlisle e dai cacciatorpediniere Hasty, Havock, Hero, Sikh, Zulu, Lively, Jervis, Kelvin, Kingston, Kipling, Avon Vale, Dulverton, Beaufort, Eridge, Southwold e Hurworth), operazione sfociata nell’inconclusiva seconda battaglia
della Sirte. Lo Scirocco, al pari del
Geniere, sarebbe dovuto partire alle
00.30 insieme ad altri quattro cacciatorpediniere – Aviere, Ascari, Oriani e Grecale, della XI Squadriglia – per scortare la Littorio (gruppo «Littorio», mentre le
altre navi formavano il gruppo «Gorizia», partito da Messina), ma non era
potuto salpare insieme al resto della squadra perché in ritardo
sull’approntamento, per via di lavori di riparazione in corso nell’apparato
motore, a seguito di avarie verificatesi durante l’accensione delle caldaie.
Risultando però pronto a muovere in 24 ore, gli era stato ordinato di partire
appena possibile per unirsi alle navi già in mare; gli ordini erano di navigare
insieme al Geniere e seguire le rotte
della Littorio a 28 nodi di velocità.
Questo suo ritardo di circa tre ore, insieme alla
velocità moderata mantenuta per tutta la navigazione, impedì allo Scirocco di raggiungere la formazione
italiana prima che il combattimento fosse terminato; per questo, alle 18.40 del
22 – quando la flotta italiana si avviò sulla rotta del rientro verso le basi
–, anche lo Scirocco, senza neppure
essersi ricongiunto con il grosso delle forze italiane, ricevette ordine dall’ammiraglio
Iachino (comandante superiore in mare) di invertire la rotta (dirigendo quindi
verso nord) e tornare a Taranto, insieme al Geniere,
che era il capo sezione: era infatti ormai evidente che le due unità non
avrebbero fatto in tempo a partecipare allo scontro.
Quando le navi avevano lasciato le basi c’era solo
un vento debole da sudest e mare leggermente mosso, ma il rientro avvenne in
condizioni estremamente avverse, con forte vento da scirocco ed un mare molto
mosso, che divenne infine una vera e propria tempesta da sudest, con mare forza
8, di intensità continuamente crescente. L’usura dell’apparato motore, la
leggerezza della costruzione dei cacciatorpediniere italiani e la tenuta non
ottimale della portelleria di coperta fecero il resto.
Alle 20.45 la motrice di sinistra dello Scirocco andò in avaria, costringendo
l’unità ad abbassare la velocità a 14 nodi e procedere con la sola motrice di
dritta (alle 20.54 anche il Geniere
dovette regolarsi su tale velocità per tenere il passo con il sezionario); dopo
una decina di minuti i due cacciatorpediniere, per cercare di ridurre il forte
rollio, assunsero rotta verso nord (secondo il rapporto dell’ammiraglio
Iachino, comandante superiore in mare, Scirocco
e Geniere assunsero alle 21.30 rotta
0° e velocità 14 nodi, di propria iniziativa).
Alle 23 fu possibile riportare la velocità a 20
nodi, ma alle 00.07 del 23 marzo, mentre la tempesta andava incessantemente
peggiorando, lo Scirocco, in seguito
ad ulteriori avarie, dovette ridurre la velocità ad appena 6-7 nodi; lo stesso
fece il Geniere, per non lasciarlo
indietro.
Scirocco e Geniere erano soli nel mare in tempesta,
ancora lontani dal resto della squadra italiana, che a sua volta stava passando
momenti drammatici (un cacciatorpediniere, il Lanciere, sarebbe affondato la mattina seguente, e diversi altri
avrebbero evitato la stessa fine di stretta misura).
Alle 4.06 (o 4.12) il Geniere domandò se potesse accompagnare lo Scirocco ad Augusta o Siracusa invece che verso la più lontana
Taranto, stante la gravità della situazione; la diversione venne subito autorizzata,
ma era già troppo tardi.
Alle 5.39 del 23 marzo, tutte le caldaie dello Scirocco cessarono definitivamente di
funzionare: il cacciatorpediniere era ora alla deriva, impossibilitato a
muovere, alla mercé del mare spietato. La nave si traversò alle onde, dando
inizio all’ultimo, breve atto della tragedia.
Allo Scirocco
sarebbe toccata l’amara sorte di dover soccombere ad una tempesta scatenata dal
vento del quale portava il nome.
Poco si sa su cosa accadde sulla nave in quegli
ultimi momenti. Un’enorme onda ferì gravemente il medico di bordo; il sergente
nocchiere Michele Perugini accorse in suo aiuto e lo trascinò sanguinante nel
quadrato ufficiali, ma il medico, capendo che non ce l’avrebbe fatta, si sfilò
dal dito l’anello di fidanzamento e lo consegnò a Perugini, raccomandandogli di
consegnarlo alla sua fidanzata, perché lui si sarebbe salvato.
L’equipaggio tentò tutto il possibile per salvare
la nave, ma né gli sforzi dei suoi uomini, né il tentativo di soccorso da parte
del Geniere poterono salvare lo Scirocco: intorno alle 5.45 il
cacciatorpediniere, dopo essersi ingavonato sulla sinistra, affondò di poppa
nel punto 35°50’ N e 17°35’ E, circa 150 miglia a levante di Malta. Non ci poté
nemmeno essere un’ultima comunicazione da parte della nave, della quale
inizialmente non si conobbe nemmeno con esattezza la sorte: ancora alle 7,
infatti, il Geniere riferì di vedere
lo Scirocco in difficoltà e sempre
più lontano («Nave SCIROCCO ferma è
scaduta miglia 15 di poppa a me lat. 38° alt Non posso dirigere verso nave SCIROCCO data mia situazione et
sicurezza nave alt Nave SCIROCCO non
risponde chiamate radiosegnalatore alt Pregasi disporre diversamente
assistenza»), ma in quel momento lo sfortunato cacciatorpediniere era già
affondato da più di un’ora. Doveva trattarsi di un’illusione ottica; d’altra
parte l’ora stessa dell’affondamento non è certa (le 5.45 sono l’orario
indicato dal superstite Michele Perugini, mentre il superstite Domenico
Frisenda affermò che lo Scirocco
fosse affondato a mezzanotte dello stesso giorno; le fonti ufficiali hanno dato
maggior credito alla versione di Perugini, in quanto fu da questi riferita già
il 26 marzo, subito dopo il salvataggio, dunque avendo ancora la memoria
fresca). Il Geniere, rimasto solo,
rientrò a Messina per ultimo, alle 19.36 di quel tragico 23 marzo.
Per giorni il mare fu setacciato da navi (la nave
ospedale Arno, il cacciatorpediniere Folgore, la torpediniera Pallade) e aerei (idrovolanti da
soccorso CANT Z. 506, che esplorarono un’area compresa tra il parallelo dove si
era svolta la battaglia ed il parallelo di Siracusa e tra il meridiano 18°00’ E
e le coste sicilane) in cerca dei superstiti dello Scirocco e del Lanciere,
l’altro cacciatorpediniere inabissatosi nella tempesta.
La Pallade
ed il Folgore, in particolare, furono
fatti salpare da Messina alle 6.35 del 24, con l’ordine di raggiungere il punto
36°24’ N e 16°02’ E, a 46 miglia per 111° da Capo Passero: era quello il punto
stimato di massima deriva possibile per lo Scirocco,
del quale non si sapeva più nulla, neanche se fosse affondato o meno,
dall’ultimo “avvistamento” del Geniere
risalente alle 7 del giorno precedente. Pallade
e Folgore arrivarono nel punto
prestabilito alle 15, dopo di che iniziarono la ricerca lungo la direttrice 115°,
in linea di fronte a qualche chilometro l’uno dall’altro; percorse 50 miglia,
invertirono la rotta, spostandosi cinque miglia più a nord. La ricerca proseguì
fino alle 19.30, ma non fu trovato nulla: le due navi ricevettero ordine di
tornare ad Augusta, dove giunsero il giorno seguente dopo aver dovuto
affrontare anche un’improvvisa burrasca da nord, che causò loro danni e avarie.
Il maltempo e la pessima visibilità vanificarono del tutto le ricerche aeree
durante quella giornata.
Alle 8.10 del 25 marzo un idrovolante e avvistò un
battello con tre naufraghi nel punto 35°40’ N e 16°58’ E (a circa 110 miglia
per 126° da Capo Passero); non poté ammarare a causa dello stato del mare,
quindi comunicò l’avvistamento all’Arno
e rimase sul posto per tenere d’occhio il galleggiante. Tutto inutile: il
battellino fu perso di vista, e né altri due idrovolanti inviati a cercarlo, né
l’Arno sopraggiunta più tardi
riuscirono a ritrovarlo. Non si saprà mai se fossero naufraghi del Lanciere o dello Scirocco.
Alle 8.30 del 26 marzo un altro degli idrovolanti
impegnati nei soccorsi avvistò uno zatterino nel punto 36°14’ N e 15°26’ E (a
circa 30 miglia per 150° da Capo Passero), ammarò nei suoi pressi e raccolse
due sopravvissuti dello Scirocco, il
sergente nocchiere Michele Perugini ed il marinaio Domenico Frisenda,
quest’ultimo ferito.
Erano gli unici superstiti di un equipaggio
composto da 12 ufficiali e 224 tra sottufficiali, sottocapi e marinai, e dei
sette uomini che si erano originariamente trovati su quel minuscolo galleggiante
sballottato dalle onde.
Il mare in tempesta, in quei tre giorni, li aveva
allontanati di ben ottanta miglia dal punto in cui la loro nave aveva dovuto
soccombere alla furia del mare.
Nessun altro cacciatorpediniere della Marina
italiana andò mai perduto con così pochi sopravvissuti.
Il comandante Dell’Anno, distintosi nel suo
precedente comando del cacciatorpediniere Alvise
Da Mosto (col quale aveva difeso contro forze soverchianti la nave cisterna
Iridio Mantovani) e ora scomparso in
mare con lo Scirocco, venne decorato
con la Medaglia d’oro al Valor Militare alla memoria.
Scomparsi nell’affondamento:
Rocco Abrignani,
marinaio, disperso
Agostino Accardi,
marinaio fuochista, disperso
Ettore Alcaro,
sottocapo torpediniere, disperso
Sergio Ambrosio,
marinaio meccanico, disperso
Guerrino
Antolloni, marinaio, disperso
Gennaro Antonini,
marinaio cannoniere, disperso
Luigi Apollonio,
marinaio cannoniere, disperso
Bruno Arnoldi,
sottocapo cannoniere, disperso
Marco Azzolin,
sottocapo cannoniere, disperso
Francesco
Balistreri, secondo capo meccanico, disperso
Agatino
Barbagallo, marinaio, disperso
Tommaso
Barchielli, marinaio segnalatore, disperso
Vito Barracco,
marinaio fuochista, disperso
Angelo Bassani,
marinaio fuochista, disperso
Baldassarre Battaglia,
marinaio, disperso
Michele Bavaro,
capo radiotelegrafista di seconda classe, disperso
Gino Becucci, capo
meccanico di seconda classe, disperso
Dante Belloni,
marinaio, disperso
Edgardo Bertocchi,
marinaio meccanico, disperso
Emilio Bertolotti,
sottocapo cannoniere, disperso
Mario Biancardi,
sottocapo cannoniere, disperso
Giordano Biaggio,
marinaio fuochista, disperso
Antonino
Bisognano, marinaio, disperso
Vittorio
Borgatello, sergente cannoniere, disperso
Gino Borselli,
marinaio torpediniere, disperso
Aldo Boscolo,
marinaio, disperso
Vittorio Bozza,
sottocapo furiere, disperso
Giovanni Brenna,
sottocapo radiotelegrafista, deceduto
Angelo Bressanin,
marinaio fuochista, disperso
Roberto Brucciani,
marinaio, disperso
Antonio Brugnoli,
marinaio, disperso
Domenico Bruni,
marinaio cannoniere, disperso
Lorenzo Brusco,
marinaio elettricista, disperso
Giovanni
Buccicardo, sottocapo cannoniere, disperso
Narvalo
Bonaccorsi, marinaio, disperso
Giuseppe
Burrascano, marinaio motorista, disperso
Giovanni Buscema,
sergente cannoniere, disperso
Placido
Buttacavoli, marinaio, disperso
Rosario Caccamo,
sottotenente del Genio Navale, disperso
Luciano Cagna,
marinaio, disperso
Ciro Cane,
marinaio cannoniere, disperso
Lorenzo Canepa,
marinaio fuochista, disperso
Gaetano Cannavò,
marinaio cannoniere, disperso
Eliseo Cantagalli,
marinaio fuochista, disperso
Flavio Caprioglio,
sottocapo radiotelegrafista, disperso
Mario Carità,
sottocapo cannoniere, disperso
Silvio Carniglia,
marinaio fuochista, disperso
Bruno Carpanini,
sottocapo infermiere, disperso
Alberto Caselli,
capo silurista di prima classe, deceduto
Giobatta Chissone,
marinaio, disperso
Rocco Chiriaco,
marinaio cannoniere, disperso
Fernando
Cianfrini, marinaio elettricista, disperso
Eugenio Cimino,
secondo capo furiere, disperso
Pasquale Ciotola,
marinaio, disperso
Giuseppe Cipriano,
sottotenente del Genio Navale, disperso
Ottavio Ciribe,
marinaio fuochista, disperso
Gregorio
Colaprete, marinaio cannoniere, disperso
Ailemo Colombo,
marinaio meccanico, disperso
Gino Condini,
marinaio meccanico, disperso
Enrico Corbatto,
marinaio fuochista, disperso
Alessandro
Corradi, sottocapo cannoniere, disperso
Renzo Cruciani,
marinaio elettricista, disperso
Luigi D’Angelo,
marinaio elettricista, disperso
Antonio Dalla
Corte, sottocapo cannoniere, disperso
Igino De Angelis,
secondo capo cannoniere, disperso
Davide De Candia
Cipriani, marinaio silurista, disperso
Paolo De Felici,
marinaio, disperso
Vincenzo De
Donatis, sergente cannoniere, disperso
Federico De Luise,
sottotenente di vascello, disperso
Domenico De
Martino, sottocapo elettricista, disperso
Antonio De Quarto,
secondo capo cannoniere, disperso
Francesco De
Rimini, sottocapo cannoniere, disperso
Alfredo Del
Maestro, sottocapo S. D. T., disperso
Antonio
Dell’Acqua, capo meccanico di prima classe, disperso
Francesco
Dell’Anno, capitano di fregata (comandante), disperso
Raffaele Della
Rocca, sottocapo cannoniere, disperso
Ferruccio Della
Vedova, sottocapo cannoniere, disperso
Giovanni Desinano,
marinaio, disperso
Vitale Di Falco,
sottocapo fuochista, deceduto
Raffaele Di Iorio,
marinaio, disperso
Giorgio Di Napoli,
marinaio furiere, disperso
Demetrio Di
Stefano, secondo capo cannoniere, disperso
Arturo Emanueli,
marinaio cannoniere, disperso
Carlo Emilio,
marinaio, disperso
Enrico Ermilli,
marinaio fuochista, disperso
Alessandro Facchi,
marinaio fuochista, disperso
Giobatta Fasce,
marinaio cannoniere, disperso
Emanuele Favretti,
marinaio, disperso
Fedo Fedi, tenente
di vascello, disperso
Paolo Ferrario,
marinaio fuochista, disperso
Vincenzo
Fiasconara, marinaio cannoniere, disperso
Mario Filippi,
marinaio fuochista, disperso
Salvatore Florio,
marinaio cannoniere, disperso
Giordano Fogolin,
marinaio cannoniere, disperso
Gerolamo
Francesconi, sottocapo torpediniere, disperso
Pericle Franchi,
sottocapo cannoniere, disperso
Giuseppe
Franchini, marinaio fuochista, disperso
Lorenzo Frigerio,
marinaio fuochista, disperso
Nered Frigo,
marinaio, disperso
Agostino Frusca,
marinaio cannoniere, disperso
Renato Fugazza,
marinaio, disperso
Niceta Galati,
sottocapo cannoniere, disperso
Luigi Galluzzo,
marinaio fuochista, disperso
Raffaele GalZarano, marinaio cannoniere, disperso
Mario Gattinoni,
marinaio fuochista, disperso
Galfardo Gaudenzi,
marinaio nocchiere, disperso
Giuseppe Genovese,
marinaio, disperso
Luigi Ghirardello,
marinaio nocchiere, disperso
Alfredo
Ginanneschi, marinaio S. D. T., disperso
Giuseppe Ginevra,
marinaio fuochista, disperso
Elio Giudetti,
sergente silurista, disperso
Carlo Giussani,
marinaio, disperso
Antonio Gregori,
capo radiotelegrafista di terza classe, disperso
Domenico
Gugliandolo, marinaio cannoniere, disperso
Giuseppe Gusmano,
capo di terza classe, disperso
Concetto Iannello,
marinaio, disperso
Gaetano Imbo,
sottocapo cannoniere, disperso
Rosario La
Mattina, marinaio cannoniere, disperso
Giovanni Lain,
sottocapo meccanico, disperso
Antonio Laus,
sottocapo S. D. T., disperso
Attilio Leardini,
marinaio, disperso
Luigi Leghissa,
marinaio fuochista, disperso
Leonardo Lizzano,
marinaio, disperso
Pietro Longhi,
marinaio fuochista, disperso
Oscar Lucchesi,
capo segnalatore di seconda classe, disperso
Angelo Lupo,
sottocapo S. D. T., disperso
Giuseppe Machin,
marinaio silurista, disperso
Enrico Maggi,
marinaio fuochista, disperso
Bruno Magni, capo
S. D. T. di terza classe, disperso
Francesco
Maiorano, marinaio fuochista, disperso
Francesco Manis,
secondo capo cannoniere, disperso
Giuseppe
Maniscalco, secondo capo cannoniere, disperso
Salvatore
Mangione, sottocapo radiotelegrafista, disperso
Tolmino
Mariannini, secondo capo cannoniere, disperso
Ferriero
Marinelli, marinaio cannoniere, disperso
Italo Marrazzi,
marinaio meccanico, disperso
Guido Martani,
marinaio silurista, disperso
Arnaldo Martini,
capitano del Genio Navale, disperso
Giovanni Massafra,
sottotenente di vascello, disperso
Ernesto Massardo,
tenente di vascello, disperso
Angelo Mastandrea,
marinaio S. D. T., disperso
Giuseppe
Materassi, capo meccanico di prima classe, disperso
Luigi Mattiello,
sottocapo furiere, disperso
Celeste Mauri,
marinaio fuochista, disperso
Pasquale Melucci,
marinaio fuochista, disperso
Enrico Minut,
marinaio cannoniere, disperso
Sergio Mocellini,
marinaio silurista, disperso
Ferrero Molfesi,
capo meccanico di terza classe, disperso
Alfredo Morellini,
marinaio cannoniere, disperso
Vincenzo Morello,
sottocapo cannoniere, disperso
Romolo Morici,
marinaio, disperso
Pietro Movio,
marinaio fuochista, disperso
Arturo Mura,
marinaio, disperso
Michele Nappo,
marinaio cannoniere, disperso
Giorgio Nuti,
marinaio fuochista, disperso
Antonio Oggiano,
marinaio, disperso
Astro Ottaviani,
tenente di vascello, disperso
Ciro Pacello,
sottocapo elettricista, disperso
Antonio Paolillo,
marinaio cannoniere, disperso
Giovanni
Pappalardo, sottocapo cannoniere, disperso
Giuseppe
Pappalardo, marinaio, disperso
Gaspare Parrinello,
sottocapo cannoniere, disperso
Francesco
Passariello, marinaio fuochista, disperso
Carmelo Patanè,
marinaio, disperso
Libero Patteri,
marinaio cannoniere, disperso
Bruno Pecile,
marinaio fuochista, disperso
Giuseppe Pecorari,
marinaio fuochista, disperso
Raffaele Peluso,
marinaio fuochista, disperso
Vittorio Pesce,
capitano di corvetta, disperso
Paolo Petrelli,
marinaio fuochista, disperso
Ovidio
Pietrantoni, marinaio silurista, disperso
Sergio Pignatelli,
marinaio silurista, disperso
Giovanni Pingue, marinaio
elettricista, disperso
Antonio Pirozzi,
marinaio fuochista, disperso
Luigi Porcaro,
marinaio fuochista, disperso
Bruno Porchieri,
marinaio cannoniere, disperso
Bruno
Pracchinetti, marinaio fuochista, disperso
Umberto Preite,
sottocapo cannoniere, disperso
Vincenzo Puddu,
sottocapo cannoniere, disperso
Abramo Pulitini,
marinaio fuochista, disperso
Luigi Puntalti,
meccanico, disperso
Adriano
Rabagliati, meccanico, disperso
Sergio Raccis,
marinaio cannoniere, disperso
Giovanni Ragusa,
sottotenente medico, disperso
Virginio Rapetti,
sottocapo nocchiere, disperso
Serafino Ratto,
marinaio fuochista, disperso
Nicola Renegaldo,
marinaio, disperso
Savino Riglietti,
marinaio segnalatore, disperso
Angelo Rigo,
marinaio cannoniere, disperso
Giuseppe Rizzo,
marinaio, disperso
Agostino Roberti,
marinaio, disperso
Pietro Rolfi,
secondo capo meccanico, disperso
Aristodemo Romani,
marinaio, disperso
Giuseppe Rossi,
marinaio fuochista, disperso
Francesco Rosso,
marinaio fuochista, disperso
Italo Russo,
marinaio segnalatore, disperso
Tommaso Russo,
marinaio cannoniere, disperso
Francesco Salvi,
marinaio fuochista, disperso
Giuseppe Sansone,
secondo capo meccanico, disperso
Livio Sardara,
meccanico, disperso
Arenello Sardi,
marinaio, disperso
Giovanni Scalisi,
marinaio fuochista, disperso
Orlando Schraider,
marinaio S. D. T., deceduto
Vincenzo
Sciarrone, sottocapo nocchiere, disperso
Aldo Scopelli,
marinaio fuochista, disperso
Mario Scotti,
marinaio cannoniere, disperso
Vincenzo
Scrimieri, marinaio, disperso
Angelo Secchi,
marinaio, disperso
Alfredo Serafini,
sottocapo S. D. T., disperso
Mario Silvano,
marinaio, disperso
Pietro Simeoni,
capo meccanico di seconda classe, disperso
Alfredo Simonelli,
marinaio fuochista, disperso
Nicola Siri,
marinaio cannoniere, disperso
Giorgio Sofi,
marinaio cannoniere, disperso
Salvatore Sorbino,
marinaio fuochista, disperso
Daniele Stucchi,
sottocapo cannoniere, disperso
Roberto Taddei,
sottocapo fuochista, disperso
Bruno Tessieri,
marinaio, disperso
Pasquale Tiano,
marinaio, disperso
Carlo Tito,
marinaio nocchiere, disperso
Battista
Tocchella, marinaio cannoniere, disperso
Arcadio Tomasi,
capo elettricista di terza classe, disperso
Eligio Tommasi,
marinaio elettricista, disperso
Antonio Ungar,
tenente del Genio Navale, disperso
Raffaele Vargiu,
meccanico, disperso
Arnaldo Vibi, capo
cannoniere di prima classe, deceduto
Giuseppe Virgilio,
sergente meccanico, disperso
Giobatta Zanini,
marinaio, disperso
Corrado Zoso,
marinaio nocchiere, disperso
In precedenza erano caduti sullo Scirocco:
Angelo Carboni,
marinaio silurista, deceduto nel Mediterraneo centrale il 6.8.1940
Odino Dordit,
marinaio cannoniere, deceduto in territorio metropolitano il 24.11.1941
Cartoline inviate ai genitori dal marinaio fuochista Paolo Ferrario, 21 anni, da Milano, imbarcato sullo Scirocco e scomparso nell’affondamento (si ringrazia Carlo Giammarini):
Cartoline inviate ai genitori dal marinaio fuochista Paolo Ferrario, 21 anni, da Milano, imbarcato sullo Scirocco e scomparso nell’affondamento (si ringrazia Carlo Giammarini):
Un’altra
immagine dello Scirocco (Archivio
Stefano Cioglia, via www.regiamarinaitaliana.forumgratis.org)
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ONORE AI CADUTI DELLO SCIROCCO
RispondiEliminaoggi 23 marzo 2021 sono ormai 79 anni Padre mio che non abbiamo avuto modo di conoscerci spero che se esiste davvero un aldilà potremo avere la speranza di conoscerci lassù altrimenti per me la vita è stata una vera fregatura.Riposa in pace insieme ai tuoi
EliminaMio zio Francesco Balistreri era sullo Scirocco
RispondiEliminaOggi, a 78 anni esatti da quella sciagurata giornata, è sempre vivo nei figli e nipoti tutti, il ricordo di Pasquale Melucci e dell'intero equipaggio dello Scirocco.
RispondiEliminaGrazie per l'immenso e prezioso lavoro.
Il mio prozio Agostino Accardi era sullo Svirocco, aveva 19 anni. Nemmeno una medaglia nè una pensiOne alle madri per questi eroi morti per la patria.
RispondiEliminaOggi , a distanza di quasi 80 anni
RispondiEliminaè stato dato un piccolo riconoscimento per i caduti, di Porto Torres, nella 1° e 2° guerra mondiale.
Insieme a tanti altri è stato ricordato il nome di mio zio paterno: Gerolamo Francesconi-sottocapo torpediniere- disperso nel cacciatorpediniere Scirocco.
Ringrazio la persona che ha fatto di tutto per fare in modo che oggi questi poveri figli fossero ricordati uno ad uno: Moreno Nocco.
Ieri ho lasciato un commento, ho sbagliato scrivendo il grado di parentela : era mio zio materno.
RispondiEliminaScusate l'errore.
Il marò Domenico Frisenda di Crotone era mio zio. Fratello maggiore di mio padre. Fu veramente fortunato a salvarsi insieme al nocchiere Perugini.
RispondiEliminaGiuseppe Montrone mio padre classe 1918 inbarcato sullo Scirocco radiotelegrafista,salvo x un permesso di 24 ore a Bari sua città,ponte levatoio aperto,salutò lo Scirocco e i suoi compagni e non li rivide mai più.
RispondiEliminaMolfesi Ferrer classe 1910 era il marito della mia mamma. Aveva 33 anni, la mia mamma 28. Sottocapo meccanico, era nato a Pozzuoli
RispondiElimina